Programma Electorale

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NOI CON L’ITALIA - UDC CIRCOSCRIZIONE

EUROPA

PROGR AMMA ELET TOR ALE

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Cara italiana, caro italiano, Il mio nome è Maurizio Bragagni, candidato al Senato per la circoscrizione europea per il centrodestra, per lo scudo crociato, per Noi con l’Italia. Prima di tutto voglio ringraziare le migliaia di persone in tutta Europa che stanno partecipando alla nostra campagna elettorale; che vogliono un portavoce forte al Senato, che vogliono che i nostri talenti vengano finalmente riconosciuti anche in Italia e che vogliono far sentire a Roma la propria voce. Molti di voi non mi conoscono. Lasciate che vi parli un po’ di me e del perchè stasera sto chiedendo il vostro sostegno. Sono cresciuto in Toscana da una famiglia di semplici agricoltori, ho frequentato il Liceo locale, e mi sono laureato in legge a Pisa. Sebbene abbia vissuto nel Regno Unito per tanti anni, continuo a sentire l’Italia casa mia. La Toscana è dove mio nonno allevatore di polli sognava un futuro migliore per i propri figli. Lì la mia famiglia continua ad avavere un’azienda che fornisce lavoro e benessere al nostro paese. Come molti italiani che vivono all’estero, ho imparato che per coltivare i miei talenti dovevo lasciare il paese. Lasciare la mia famiglia ed i miei amici non è stato facile. Ho lavorato sodo e ho colto le opportunità che l’estero mi offriva. Ora sono l’amministratore delegato di una compagnia inglese. Non ce l’avrei mai fatta senza l’aiuto di mia moglie, dei miei amici e delle mie figlie. Adesso il Regno Unito è la mia nuova casa. Ma io continuo ad essere italiano. Sono ancora quel bambino toscano che continua a sognare. Molti di noi sono andati all’estero cercando opportunità che l’Italia non offriva. Perchè lo stato non faceva che ostacolare la nostra strada. Credo in uno stato che non limiti la nostra libertà, che non limiti i nostri talenti, che ci lasci liberi di esprimere ciò’ che siamo. È quando avremo davvero la possibilità di scegliere di avere successo in Italia o all’estero che saremo liberi. Per me la famiglia è la soddisfazione più grande di qualunque italiano. Quando andiamo all’estero diciamo “arrivederci” alle nostre famiglie. Dobbiamo lottare per rendere migliori anche le loro vite. Per dare alla prossima generazione di italiani la possibilità di raggiungere il proprio potenziale senza dover lasciare il Paese. Questo significa che tutti in Italia devono poter trovare opportunità - a prescindere dalla propria estrazione sociale, sesso o religione. Significa anche proteggere i nostri cittadini - garantendo la loro sicurezza senza limitare le loro libertà individuali.

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Significa ridurre la burocrazia che soffoca le imprese, ma non a spese di chi lavora sodo per mantenere la propria famiglia. E si, significa anche agire contro l’immigrazione clandestina senza però ignorare le richieste di aiuto di rifugiati che sono scappati dalla guerra e dal terrore. Significa non avere timore di affrontare questioni difficili. Noi italiani all’estero abbiamo vissuto appieno la libertà di movimento e di scambio all’interno dell’Europa. Non tutti quelli che sono rimasti a casa sono riusciti a viverle appieno. Quando i tempi sono duri, è comprensibile che si cerchi una spiegazione. E in queste elezioni ci sono partiti che cercano di incolpare l’Unione Europea dei problemi dell’Italia. Cercano di trovare capri espiatori invece di trovare soluzioni. Questi partiti vogliono che gli italiani dimenticano che sono stati la forza trainante dell’Unione Europea. Che siamo stati noi, con i nostri alleati in Francia, Germania, Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi che abbiamo creato un’unione che ha portato pace in un continente da secoli diviso da conflitti. L’entrata dell’Euro ha aggravato la situazione italiana perché è stato il NOSTRO governo che non è stato in grado di preparare il paese. Alcuni in queste elezioni vi diranno che c’è una soluzione molto semplice a questo problema: uscire dall’Euro. Ma dimenticano che il mondo è cambiato. Dimenticano il danno che questo può fare all’economia italiana. E dimenticano che questo non porterà altro che difficoltà per l’Italia. Dicono che ritornare alla Lira aiuterebbe l’industria italiana. Dimenticano che nessun’azienda potrebbe svilupparsi in un’Italia isolata da tutti. Il dovere di ogni politico e quello che voglio perseguire da Senatore è quello di dare ad ognuno di noi e ai nostri figli le opportunità di avere successo nella carriera scelta. Di dare ad ognuno la libertà di vivere dove ci sono opportunità senza la pressione di uno stato burocrate. Io sono per essere parte di un’Europa Unita, che affronta i propri problemi, che riduce la sua burocrazia e che è in grado di dare stabilità, pace ed opportunità. Un’Europa Unita che riconosce l’importanza di limitare l’immigrazione ma che ha anche compassione nei confronti di coloro che hanno visto devastazioni e tirannia. Un’Europa Unita dove il capitalismo ha regole ma dove è possibile avere un’Italia aperta agli investimenti e alla creazione di nuovi lavori per le generazioni a venire. Ma tutto questo è a rischio. L’ascesa di movimenti populisti in Europa e in particolare in Italia mettono a rischio il nostro futuro. Parlo di quei capi di partito che offrono di salvare l’Italia senza però dire come. Condannando le aziende senza riconoscere che sono le aziende che danno lavoro e benessere. Sempre pronti a dire cosa c’è che non va ma senza mai offrire soluzioni concrete. Quei partiti che vogliono distruggere l’Europa a costo di distruggere il nostro lavoro, la nostra sicurezza, le nostre opportunità e tutto quello che abbiamo costruito.

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Immaginate essere rappresentati da coloro le cui idee rischiano di lasciarci in miseria. O il cui messaggio proviene dagli sketch di un comico? Abbiamo l’opportunità di garantire che la nostra voce sia ascoltata nel mondo. L’opportunità di essere una nazione che guarda avanti - non indietro. Questa è la nostra occasione di dare un futuro nuovo all’Italia. I nostri prodotti e il talento delle nostre persone riconosciuti in tutto il mondo, associati alla qualità, creatività ed ingegno. Un nuovo mondo dove siamo in grado di cogliere le opportunità che la tecnologia ci offre. Riducendo il divario tra ricchi e poveri e premiando coloro che si impegnano per creare benessere. Un paese il cui sistema sanitario e l’istruzione sono invidiati dal mondo. Un paese che si occupa dei propri cittadini che vivono in Italia e all’estero. Un paese che si alza in piedi orgoglioso di essere protagonista nella scena internazionale. Sarò il vostro portavoce al Senato. Farò in modo che la vostra voce venga ascoltata e che il Governo Italiano risponda alle nostre richieste di un governo migliore, con più opportunità, meno burocrazia e senza corruzione. Dico di sì all’Europa costruita da De Gasperi, fondatore dello scudo crociato, che ci ha garantito pace per 70 anni. Maurizio Bragagni

Londra, 01/02/2018

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METTERSI IN GIOCO PER UN’IDEALE CON L’ORGOGLIO DI ESSERE ITALIANO ALL’ESTERO Ho messo in gioco il mio nome e la mia faccia perché credo nella politica e nell’ideale della politica: servire la gente. Darò voce a chi come te è dovuto andare all’estero per far f ruttare i propri talenti. Queste elezioni sono importanti perché si vedrà la “stoffa” dei personaggi in gioco. Io ho messo in gioco il mio nome e la mia faccia, l’ho fatto perché a me piace la politica, perché credo nella politica e credo nell’ideale della politica, che è servire la mia gente.

Fare politica per me è servire la gente, così come fare l’imprenditore è servire la gente. Questa idea di “mettersi al servizio” l’ho imparata dalla mia famiglia, da mio padre, da mio nonno e da mio zio, che hanno vissuto così il loro essere imprenditori. Per me è sempre stato così e sempre lo sarà. Servizio vuol dire anche accettare gli “schiaffi”, accettare la fatica, vuol dire che quando si comincia a fare qualcosa si va fino in fondo senza fermarsi, per verificare, alla prova dei fatti, se ciò che si sta facendo è giusto oppure no.

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Per questo mi sono candidato al Senato della Repubblica: per mettermi in gioco; per vedere se a vostro giudizio sono degno o no di essere chiamato “onorevole”, di venire eletto al Senato; per portare avanti la vostra voce, per dare voce a talenti italiani. Io mi sono candidato perché sono orgoglioso di essere Italiano, sono orgoglioso di essere Italiano all’estero e sarò orgoglioso di essere il vostro Senatore. Soprattutto mi sono candidato perché è ora di far vedere di che pasta siamo fatti noi Italiani all’Estero. Noi siamo sia quelli che hanno dovuto lasciare il Paese negli anni ’60, ’70 e ’80 per mancanza di lavoro, sia quelli che negli anni ’90 e negli anni 2000 sono usciti perché erano cittadini d’Europa, e hanno deciso di andarsene dal Paese non perché non trovassero lavoro, ma perché volevano lavorare da italiani all’estero. Tutte e due queste realtà sono importanti, anzi fondamentali. Io le voglio rappresentare tutte e due, perché noi Italiani della “seconda migrazione” abbiamo goduto del lavoro degli italiani della prima, di quelli che hanno sofferto. Vi ricordate quando, anni fa in alcuni bar della Germania e della Svizzera c’era scritto “Non si accettano cani e gli italiani”? Oggi il contesto è molto cambiato, il nome “Italia” è un nome importante, grazie al lavoro dei nostri concittadini all’estero e grazie anche ai cittadini italiani che hanno contribuito al grande sviluppo industriale del nostro Paese e dell’Europa. Eppure c’è una grande infamia che grava ancora su di noi. Un’infamia dovuta a pochi, che mette a repentaglio la stessa esistenza dei rappresentanti di noi italiani all’estero: il problema della corruzione e della compravendita dei voti nelle circoscrizioni estere.

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Questo purtroppo non è un problema che io posso risolvere da solo, però su questo c’è una cosa che voglio dire a ognuno di noi: mostriamo a tutto il mondo che le nostre elezioni sono elezioni vere. Difendiamo il voto, difendiamo la possibilità che abbiamo di esprimere i nostri rappresentanti, difendiamo la dignità di essere italiani e difendiamo la dignità del nostro voto. Il 2 giugno 1946, con il referendum tra Repubblica o Monarchia, noi abbiamo acquisito il diritto di voto, esteso per la prima volta nella storia d’Italia a tutti gli uomini e le donne sopra i 21 anni. Siamo tornati a votare, con un voto che è costato sacrificio a moltissime persone, ai miei nonni, e che è costato la vita a migliaia di italiani morti per la difesa della Libertà. Oggi sta noi difendere quei valori, dando al nostro voto il suo peso. E dare al proprio voto il giusto peso vuol dire innanzitutto non venderlo. I mascalzoni che comprano voti sono mascalzoni che verranno puniti, ma io mi rivolgo a chi oggi è disposto a vendere il proprio voto e chiedo: “Perché?”. Rispettiamo perlomeno la nostra storia, e ricordiamoci che se siamo italiani e abbiamo un piccolo beneficio nel mondo è anche grazie a migliaia di italiani che sono venuti prima di noi e che hanno dimostrato che gli italiani sono bravi, forti e lavoratori. Come sempre accade, è sufficiente che una sola persona non lavori per danneggiare la reputazione di tutti i connazionali che lavorano duramente. Allo stesso modo, chi oggi vende il proprio voto danneggia non solo se stesso, ma anche chi come noi è onesto e vuole solo che il proprio valore venga giustamente riconosciuto.

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RIMANERE IN EUROPA L’UE così com’è ha fallito. Riformiamo l’UE. Voglio un’Europa piú forte, piú vicina agli europei e meno burocrate. Rendere l’Europa semplice, al servizio della gente. Noi italiani all’estero siamo europeisti, non per motivi ideologici, ma perché viviamo l’esperienza dell’Europa a 360°. Sentire parlare alcuni partiti di “uscita dall’Europa”, “uscita dall’Euro” o di “ritorno alla Lira” fa venire i brividi, in quanto non solo non è possibile da un punto di vista pratico (l’Italia è troppo legata all’Europa dal punto di vista economico), ma vorrebbe dire far diventare “Extracomunitari” due milioni e mezzo di italiani che si trovano in Europa, tagliarli fuori da ogni rapporto, costringerli a far le file davanti ai consolati dei vari Paesi Europei per rinnovare ogni 6 mesi il permesso di soggiorno. Chiunque parla di uscire dall’Europa in questo momento non ha la più pallida idea di quello che dice. Facciamo un semplice esempio di cosa succederebbe nel momento stesso in cui si annunciasse l’uscita dell’Italia dall’Euro: per prima cosa infatti, tutti noi andremmo nelle nostre banche per ritirare i nostri soldi e trasferirli all’estero su conti in in Euro per sfuggire alla svalutazione pazza della nostra moneta, che comincerebbe immediatamente. A questo punto, le banche sarebbero costrette a bloccare le operazioni, bloccando quindi tutta l’economia italiana fino all’uscita dell’Italia dall’Euro e facendoci assistere nel frattempo a scene apocalittiche come quelle viste in America del 1929, quando la gente dava l’assalto agli sportelli bancari per ritirare i soldi e scopriva di aver perso tutto dalla mattina alla sera. L’Euro ha portato certamente un aumento dei costi, soprattutto a causa di errori storici nei primi anni di passaggio dalla Lira

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(durante i quali si è verificata una tremenda perdita del potere d’acquisto degli Italiani), però ha anche bloccato la svalutazione e dato stabilità contro l’inflazione. Certo bisogna correggere le storture che si sono verificate in quei primi anni (ed è per questo che proponiamo di alzare le pensioni minime a €1000 al mese), ma bisogna anche tener presente che l’assenza di svalutazione e l’inflazione bassa proteggono il valore degli stipendi, proteggono il valore delle pensioni, proteggono il valore dei risparmi e delle proprietà, proteggono i più deboli. Non da ultimo, ricordiamo che il costo degli interessi sul nostro debito pubblico si sono ridotti negli ultimi anni grazie alle conseguenze del quantitative easing della Banca Centrale Europea e al basso costo del denaro. La nostra economia oggi è completamente connessa con l’Europa. Noi esportiamo in Europa, siamo due milioni e mezzo di Italiani che vivono e lavorano in Europa, siamo ambasciatori del nostro Paese, produciamo, vendiamo, facciamo sì che il nostro Paese rimanga importante. Uscire dall’Europa significherebbe rendere Extracomunitari (nel senso tecnico di “fuori dalla Comunità Europea”) questi due milioni e mezzo di Italiani, met-

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tendo a rischio il loro posto di lavoro, costringendoli a rinnovare ogni sei mesi il loro permesso di soggiorno (con l’onere aggiuntivo di dover dimostrare che il loro lavoro non può essere svolto da un locale), rischiando insomma di distruggere le loro vite e le loro carriere. Al momento di votare per eleggere un Senatore per gli Italiani all’estero, pensate bene a chi scegliere, perché in queste elezioni la vittoria in Italia di partiti o gruppi antieuropeisti potrebbe per la prima volta rimettere in discussione la Costituzione stessa dell’Europa, mettendo dunque in pericolo il nostro presente e il nostro futuro.

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RIFORMARE L’EUROPA L’Unione Europea così com’è ha fallito. Riformiamo l’Unione Europea. Vogliamo un’Europa piú forte, piú vicina agli europei e meno burocrate. La questione Catalogna, come del resto la questione scozzese e come tutti gli altri tentativi secessionisti che si sono verificati, è chiaramente un fallimento per l’Europa. L’Europa ha portato benessere, ha consentito a noi italiani di muoverci all’estero (in Europa siamo ufficialmente 2,5 milioni, in realtà quasi 5 milioni), di trovare lavoro, di avere possibilità che non trovavamo in Italia oppure semplicemente di soddisfare il nostro desiderio di muoverci. L’Europa inoltre ha permesso di mantenere la pace per 70 anni sul suolo europeo, e al tempo stesso ha avuto un ruolo importantissimo nell’arricchimento della popolazione dei vari stati europei. In generale, al netto di tutte le distorsioni del nostro sistema economico e di quelle situazioni di povertà grave da risolvere al più presto, oggi più dell’80% della nostra popolazione sta bene, mentre all’inizio del Novecento la popolazione benestante era solo il 20%. É logico allora che un simile sviluppo, che un tale benessere stia ancora attraendo il mondo, anche perché l’Europa non solo è l’area più ricca del mondo (seppur con una bassa natalità), ma è anche quella dove si sta meglio di tutti, dove chiunque può avere accesso gratuitamente a Sistemi Sanitari Nazionali (che non esistono per esempio negli USA) e dove questi Sistemi Sanitari sono in alcuni casi eccellenze mondiali assolute (in Italia abbiamo terza migliore sanità mondiale, dopo Giappone e Hong Kong). Il welfare europeo tiene conto degli anziani, dei più deboli che non vengono abbandonati per strada come accade ancora in alcune parti del mondo.

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Tutto questo attrae migliaia e migliaia di persone dall’Africa che non hanno nulla. Spesso si tratta di giovani, forti, magari istruiti e che parlano anche tre o quattro lingue (a seconda del passato coloniale del loro Paese d’origine), che dicono “perché rimanere qui a guadagnare 10-12 dollari al mese mentre in Italia ne potrei prendere 1.000, 1.200 o anche molti di più?”. Si tratta di persone che giustamente vogliono una vita migliore, come noi Italiani che siamo andati all’estero lo abbiamo fatto per migliorare la nostra condizione. Dall’altro lato però questa emigrazione forzata di migliaia e migliaia di persone dall’Africa verso l’Europa ha spaventato tante persone, soprattutto in regioni ricche come la Catalogna, la Scozia, la stessa Gran Bretagna. Le ha spaventate al punto tale che nel tentativo di fermare questa ondata migratoria hanno cercato di staccarsi da comunità più grandi (il proprio Stato o l’Europa stessa) che non sembrano più essere in grado di fare da “filtro” e impedire l’accesso a persone che potrebbero mettere a rischio un benessere acquisito. Brexit e indipendentismo in Catalogna sono figlie dello stesso fenomeno: la paura dell’immigrazione, la paura dello straniero, la paura che la propria ricchezza sia messa a rischio da qualcuno che sta arrivando. Certo non si può negare che in questa massa umana che si muove ci siano persone – portate spesso da organizzazioni mafiose o terroristiche – che finiscono per delinquere, per essere assoldati dalle mafie locali, per preparare o attuare azioni terroristiche, o per venire sfruttati illegalmente da associazioni criminali (si pensi al traffico di esseri umani, soprattutto donne, costretti a prostituirsi nelle strade). Tuttavia, insieme a questi individui, ci sono comunque migliaia di persone che invece vengono qui soltanto per un futuro migliore. E come noi italiani all’estero non vogliamo essere giudicati come secondo un elenco di stereotipi (quanto ci offende il vecchio “italiani pizza spaghetti e mandolino”), così noi non possiamo giudicare queste persone come una massa indistinta di criminali, terroristi o prostitute.

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Nei confronti di queste migliaia di persone oneste e in cerca di una vita prospera e pacifica insieme alla propria famiglia, il primo aiuto che possiamo dare è quello di portare pace nei loro Paesi. Questo significa innanzitutto un contrasto totale alla diffusione degli armamenti, bandire a livello Europeo la vendita di armi ai Paesi in via di sviluppo, e applicare severe sanzioni ai Paesi non democratici. Il secondo compito che abbiamo, stavolta sul versante europeo, è invece quello di accettare il fatto che l’Europa così com’è ha fallito, e che dopo Brexit e Catalogna (che hanno mostrato come l’Europa sia impotente nel difendere i propri confini, nel placare le paure della propria gente, e nel tenere stretti a sé i propri membri impauriti) occorre lavorare insieme per riformare l’Europa. “Nessun uomo è un isola”. Questa è una delle mie citazioni preferite, la ripeto spesso, e la considero tanto più vera ora davanti al lavoro che è necessario fare. Rifiutarsi di lavorare insieme per riformare l’Europa significa soltanto aumentare il rischio di nuove Brexit e casi Catalogna ovunque, con un Europa frantumata di nuovo in tanti piccoli particolarismi. La storia dell’Europa degli ultimi cento anni però ci insegna che mentre i particolarismi hanno portato soltanto povertà nel particolare e guerra nel generale, l’unione, l’integrazione, la libertà di circolazione negli ultimi 70 anni hanno voluto dire pace, prosperità, benessere per tutti. L’errore originale, il primo da correggere e che è responsabile di tanti problemi, è quello di aver voluto istituire una moneta unica senza un Governo unico dell’Europa. Questo errore fu fatto per una menzogna, per la menzogna di governi che non vollero dire apertamente “dobbiamo andare verso un Governo unico”. Tornare indietro rispetto alla moneta unica ormai non è più possibile; vorrebbe dire inflazione, disoccupazione, mettere a rischio la stessa pace in Europa. Di conseguenza, dobbiamo andare avanti, verso un Governo Europeo che sia davvero eletto dal popolo, scalzando quella burocrazia europea che nessuno vuole più, e creando un nuovo inizio per la storia dell’Europa.

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UNA VOCE PER GLI EUROPEI NEL REGNO UNITO POST BREXIT Proteggeremo i diritti degli italiani ed europei nel Regno Unito e in Europa contro l’incertezza della Brexit e contro i movimenti antieuropeisti.

Io sono un italiano residente a Londra, e dall’inizio della battaglia referendaria sulla Brexit ho sostenuto il “Remain”, appoggiando la campagna di David Cameron e Nick Clegg per rimanere in Europa. Io ho sostenuto il “Remain”, ma dopo che il popolo britannico ha espresso la sua volontà in favore del “Leave” ho deciso di mettere a disposizione tutte le mie energie e tutto il mio tempo per difendere il rapporto tra l’Europa e la Gran Bretagna, agevolando il dialogo tra le parti per evitare una “hard brexit”. Abbiamo speso tantissime energie – anche con la collaborazione del Governo italiano – per tentare di promuovere il dialogo, per tenere sempre la porta aperta, per mantenere un confronto il più possibile costruttivo in difesa dei cittadini europei in Inghilterra. Abbiamo speso tantissimo tempo a colloquio con vari membri del Governo britannico, con incontri mensili, settimanali e in alcuni momenti anche quotidiani, tutto questo per “fare presenza”, per essere presenti, per far sì che la Brexit non danneggi gli europei residenti in Gran Bretagna.

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Nel prossimo futuro continueremo a impegnarci come abbiamo fatto finora. Personalmente, spero di poterlo fare come Senatore rappresentante degli italiani all’estero, in modo da avere ancora maggior peso e far sÏ che si raggiunga un accordo tra l’Europa e la Gran Bretagna che sia di mutuo beneficio.

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ASSISTENZA SANITARIA NAZIONALE PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO Ci impegneremo per conservare il nostro diritto all’assistenza sanitaria in Italia per tutti gli iscritti all’AIRE.

Noi Italiani all’estero sappiamo bene che nel momento stesso in cui prendiamo residenza fuori, perdiamo il diritto all’assistenza sanitaria nazionale in Italia. Questa cosa non ha senso. Noi siamo cittadini italiani, abbiamo contribuito e contribuiamo al benessere del Paese grazie al fatto che noi siamo i primi ambasciatori dell’Italia, grazie fatto che consumiamo prodotti italiani, e molto altro. Noi siamo una grande ricchezza per l’Italia e siamo cittadini della Repubblica Italiana, e come tali abbiamo il diritto al Sistema Sanitario Nazionale, tant’è che se torniamo nel Paese riacquistiamo sin da subito tale diritto. Ma allora per quale motivo non possiamo avere la possibilità di continuare ad avere i nostri dottori ed accesso ai nostri servizi in Italia anche mentre siamo iscritti AIRE? In fondo, il fatto di non contribuire alla fiscalità italiana può essere facilmente ovviato attraverso altre forme di contribuzione, come per esempio il pagamento del ticket. Noi abbiamo uno dei migliori Sistemi Sanitari al mondo, e se noi italiani all’estero tramite l’utilizzo del ticket potessimo accedere a

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tutto il sistema sanitario nazionale (a cui comunque potremmo accedere nel momento stesso in cui tornassimo in Italia) questo consentirebbe all’Italia di avere un valore aggiunto, perché noi italiani all’estero avremmo tutto l’interesse a curarci nella nostra bella Italia, di avere una garanzia in più, di contribuire e di essere parte del Paese. Il tutto sarebbe estremamente semplice: basterebbe dire agli italiani che sono all’estero, ma che per esempio vogliono continuare ad avere il dottore in Italia, che per farlo devono essere iscritti all’AIRE e devono pagare un ticket. Basterebbe una cosa così semplice per eliminare la burocrazia, eliminare il ricorso a sotterfugi. Questo tra l’altro permetterebbe di avere anche più chiarezza su quanti effettivamente sono gli italiani all’estero, perché al momento siamo registrati in due milioni e mezzo ma in realtà siamo quasi il doppio, e questo dato deve essere conosciuto dal Paese perché il nostro contributo al PIL dell’Italia è enorme e deve ricevere il giusto riconoscimento.

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SOSPENDERE LE TASSE LOCALI SULLA PROPRIETÀ Ci impegneremo a sospendere le tasse locali sulla proprietà degli italiani all’estero in Italia per non costringere nessuno a vendere le proprie radici. È inaccettabile che in alcuni casi noi italiani all’estero, pur essendo iscritti all’AIRE, dobbiamo pagare IMU e altre tasse locali per le nostre proprietà in Italia. Non ha alcun senso perché il fatto di dover pagare le tasse su una nostra proprietà ci costringe (se non la frequentiamo spesso) a vendere, e così facendo a tagliare via una parte delle radici che ci legano all’Italia. Tutto questo però nel medio e lungo termine danneggia tutti: svaluta il mercato interno con l’immissione sul mercato di nuovi immobili; scoraggia gli italiani all’estero dall’investire in una proprietà in Italia; danneggia chi vende perché sente indebolirsi la propria italianità; danneggia tutto il sistema Italia perché chi vende non è incoraggiato a tornare in Italia, non è incoraggiato a invitarci i propri amici, non è incoraggiato a promuovere la propria terra e a portarvi nuova ricchezza. Le tasse locali per i gli iscritti AIRE devono essere sospese per il periodo di permanenza all’estero. Questo consente a chi è all’estero di mantenere la proprietà di un bene, di rimanere legato all’Italia, e quindi anche di essere incoraggiato a investire in nuove proprietà, o magari anche a ritornare stabilmente, portando con sé la ricchezza guadagnata o la pensione maturata all’estero.

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La sospensione delle tasse locali porterebbe sul lungo periodo un beneficio e un arricchimento per tutti. Insistere sul mantenere le tasse attuali invece sarà l’ennesimo caso in cui l’applicazione ottusa di un principio astratto sarà controproducente, costringendo gli italiani all’estero a vendere le loro proprietà e causando un impoverimento generale.

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DIFENDIAMO LE PENSIONI DEGLI ITALIANI ALL’ESTERO La disuguaglianza nella tassazione delle diverse pensioni degli italiani all’estero è ingiusta e ci impegneremo affinché la legge sia davvero uguale per tutti. Noi che oggi lavoriamo e ci avviciniamo all’età pensionabile abbiamo il dovere verso le generazioni che ci hanno preceduto di garantire loro un’esistenza dignitosa dopo tutto il lavoro fatto nel corso degli anni.

*Spagna e Portogallo

Al momento le pensioni si dividono in due gruppi: quelle INPS e quelle non-INPS*. Se un pensionato si trasferisce all’estero, con le pensioni INPS ha diritto a ricevere la pensione senza tasse per un periodo di 10 anni, mentre con le pensioni non-INPS la pensione continua ad essere tassata alla fonte come se il pensionato si trovasse ancora in italia. Noi ci attiveremo per eliminare questa ingiusta discriminazione tra i due tipi di strutture pensionistiche, facendo sì che tutte le pensioni degli italiani all’estero siano esentate dalle tasse per i primi 10 anni, come del resto già previsto dalla Convenzione Europea. Inoltre, sempre nella stessa prospettiva, sosterremo anche la proposta di elevare le pensioni minime a €1000 al mese. Ci impegneremo affinchè questa Convenzione sia applicata anche tra la Francia e l’Italia. Al momento la convenzione Sanitaria e e quella Pensionistica non sono funzionanti.

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UNA CAPILLARE PRESENZA IN EUROPA: “DESK ITALIA” Creeremo una serie di uffici permanenti nelle principali capitali europee per mantenere un contatto diretto tra noi e voi per tutta la durata della legislatura. Io come voi ho dovuto lasciare l’Italia per sviluppare i miei talenti, ed è importante che questo rapporto tra me e voi continui dopo le elezioni e lungo tutti i 5 anni della prossima legislatura. Per questo dobbiamo creare una presenza capillare attraverso un “Desk Italia”, che sarà l’opportunità per un rapporto diretto tra voi elettori e i vostri eletti, in modo da ottenere più facilmente i servizi offerti da consolati e ambasciate, e in modo da portare avanti in maniera più efficace le nostre sollecitazioni e richieste in base alle nostre necessità. Questo è un modo per continuare il lavoro che abbiamo cominciato in questi mesi. Noi siamo un gruppo di “amici” che si sono candidati per portare avanti questa presenza degli italiani all’estero nel Parlamento italiano, e anche se in questo gruppo verranno eletti alcuni in qualità di deputati e di senatori alle prossime elezioni, continueremo ad essere presenti nella circoscrizione Europa, per diventare ponti verso i nostri elettori e far continuare il rapporto cominciato in queste elezioni lungo tutta la legislatura.

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DIFENDERE LA NOSTRA ITALIANITÀ Difendiamo la nostra italianità sostenendo le scuole e i licei, le associazioni nazionali, culturali, radio e quotidiani online per gli italiani all’estero. Noi italiani all’estero veniamo all’estero per lavorare, per poter formare una famiglia, per poter seguire quello che è il nostro desiderio, per sviluppare i nostri talenti. Tuttavia, in questa situazione a volte abbiamo la percezione di un rischio: che nel tempo si possa perdere l’italianità, in particolare per i nostri figli. Infatti spesso una delle cosa che cerchiamo come italiani quando arriviamo all’estero sono le associazioni, quei grandissimi, importanti luoghi come le associazioni culturali italiane e regionali (dei Lucchesi, dei Toscani dei Triestini dei Napoletani, dei Calabresi, dei Sicilian, Veneti ecc.). Dobbiamo difendere la nostra italianità. Questo vuol dire innanzitutto aiutare le scuole italiane all’estero, i nostri licei esteri, che sono un punto fondamentale perché si continui a preservare (soprattutto nei nostri figli) la lingua italiana. Bisogna inoltre sostenere anche quelle associazioni culturali estere, non soltanto per le scadenze elettorali come questa, ma perché sono punti fondamentali in cui si sviluppa la personalità di ogni cittadino italiano che si trova all’estero. Un altro punto fondamentale circa la difesa della nostra cultura è la creazione di “desk”, di punti di sostegno che si devono aggiungersi ai luoghi istituzionali (Consolati o ambasciate) di assistenza ai nostri connazionali fuori dall’Italia. Bisogna rafforzare tutti quei patronati che già esistono o si stanno sviluppando, come ad esempio quelli del Movimento Lavoratori Cattolici, a cui

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dobbiamo essere grati per la loro grande presenza in alcuni Paesi; e in generale va sostenuta la possibilità dell’associazionismo libero di essere riconosciuto e allo stesso tempo di poter offrire un servizio, un sostegno vero, concreto al cittadino nel processo di integrazione all’interno di una nuova comunità. Pensiamo a tutto l’aiuto che offrono in queste situazioni le associazioni di italiani nel mondo, i patronati, le chiese italiane o gli altri “corpi intermedi”. Il modo più semplice di sostenerli e di riconoscerne il valore è dare la possibilità di fare donazioni dall’Italia che possano poi essere dedotte fiscalmente, o dare a queste istituzioni la possibilità di ricevere donazioni da soggetti esteri che poi possano dedurle nei singoli Paesi d’origine. Ma al di là della modalità, che nel caso del sostegno economico è molto semplice e concreta, si tratta di riconoscere e potenziare il lavoro di soggetti che sono già veri, fondamentali rappresentanti degli italiani all’estero e sostegno alla loro italianità. È necessario cambiare i regolamenti che al momento non consentono ai giornali online e alle radio di ottenere parte dei fondi che il Ministero degli Esteri assegna ai giornali esteri. Non è possibile ignorare il contributo che alcuni giornali online o radio libere dano oggi al sostegno dell’italianità. Pensiamo ad esempio a “London One Radio”.

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10. FLAT TAX PER LE IMPRESE

Facciamo ripartire l’economia italiana. Riduciamo la burocrazia e le tasse per fare dell’Italia il paese

ideale per investire e per aiutare le aziende italiane a svilupparsi.

Le grandi imprese hanno ormai lasciato l’Italia. Le grandi multinazionali hanno tutte trasferito il loro interessi in altri Paesi con regimi fiscali più vantaggiosi, facendo sì che di fatto le tasse sulle imprese siano pagate soltanto dalle piccole e medie aziende che rimangono in Italia. Io stesso ricevo ogni anno nel mio ufficio di Londra funzionari di governi stranieri (ad esempio la Svizzera o il Belgio) che mi invitano a trasferire il mio Headquarter nei loro Paesi, promettendomi tassazioni personali al 15% e tassazioni aziendali a 0%. Noi siamo in competizione con questi Paesi, e dobbiamo far capire all’Italia che bisogna smettere di avere paura della ricchezza del successo, che bisogna essere grati per gli Enrico Fermi, per i Fiorello Laguardia, per i nostri connazionali all’estero che hanno reso grande il nome dell’Italia e che continuano a renderlo grande. Dobbiamo riportare in Italia il senso della dignità del lavoro, della dignità del benessere raggiunto e goduto grazie al proprio impegno e al proprio duro lavoro. Noi Italiani all’estero viviamo la grande opportunità di poter sviluppare i nostri talenti, di poterci mettere all’opera, e insieme alle storie di grandissimo successo di alcuni nostri connazionali – come i Costa o Lord Forte nel Regno Unito – abbiamo davanti agli occhi anche i grandissimi esempi di solidarietà generati dai

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nostri connazionali, come per esempio sempre in Inghilterra l’Ospedale Italiano, che fu costruito dagli Italiani all’estero benestanti proprio per dare assistenza ai nostri immigrati meno fortunati, prima che l’Europa nascesse e ci desse la possibilità di accedere alla Sanità pubblica europea. Dobbiamo incoraggiare il successo, dobbiamo consentire al successo di verificarsi perché dentro al successo c’è la possibilità anche di far nascere la solidarietà, mentre al momento in Italia, principalmente a causa di una tassazione esagerata, si continua a spaventare chi fa impresa, a spaventare chi può generare lavoro. Occorre portare la tassazione italiana il più vicino possibile alle medie europee, e la media Europea ci indica una tassazione totale per le imprese inferiore al 15% In Belgio ad esempio esiste la cosiddetta “Synergy Tax” cioè la possibilità di dedurre dalle tasse fino al 7% delle lavorazioni e trasformazioni intermedie pagate in altri Paesi. In altre parole se ho un’azienda in Belgio e la tassazione di base è del 17%, posso dedurre un ulteriore 7% per tutte quelle le fasi di produzione intermedie su cui ho pagato comunque altre tasse in giro per l’Europa. Con questo genere di meccanismi, in alcuni paesi la tassazione per certe imprese (come per esempio Google) si avvicina allo zero. Noi dobbiamo accettare l’esistenza di una tassazione indiretta (come la VAT o l’IVA) e una tassazione sui redditi personali per tutti, ma se vogliamo continuare a sostenere il lavoro e l’occupazione dobbiamo far sì che in Italia vengono create nuove aziende, e per far questo dobbiamo andare verso una tassazione delle imprese il più vicina possibile allo zero, eliminando al tempo stesso gli ostacoli burocratici per la formazione delle aziende. Questo consentirà di avere di nuovo le aziende in Italia, e chi ne avrà beneficio in particolare saranno le piccolissime aziende e le aziende unipersonali. Finalmente chi fa impresa potrà fare il proprio lavoro e vivere del proprio lavoro.

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