William Blake
Il Matrimonio del Paradiso e dell'Inferno Traduzione ed immagini di Maurizio Costantino
“Nel senso di una percezione organica e definita, Io non ho né visto né udito alcun Dio, ma i miei sensi scoprirono l'infinito in ogni cosa; e poiché fui allora - e restai anche poi persuaso che la voce dell'indignazione è la voce di Dio, non mi curai delle conseguenze, e scrissi”
Blake non ha da essere introdotto. Può, piuttosto, essere proiettato su questo schermo. E' in ciò che “vede” che Blake vive. Non è affatto un “visionario”, è l'infinitezza dei sensi. Vede, e crea le parole per dirlo. Vede e descrive, anzi no, racconta ciò che vede. E' in visioni che conosce e si conosce. A fianco di una donna, qualche amico vivo ed altri conosciuti solo attraverso storie, immagini, parole, suoni. E' in visioni che ci invita, ci prega e ci preme, ci aiuta, a conoscerci. Noi, tutti, siamo già nel matrimonio tra paradiso ed inferno. Noi viviamo del matrimonio tra paradiso ed inferno. Di più. Ne siamo i creatori. Ed i frutti. Buona visione.
Maurizio Costantino (Quanto a noi, arrivederci in postfazione).
Rintrah ? ( Per non bloccarsi alla prima parola… ) Rintrah è uno dei “personaggi” della mitologia blakiana: appare per la prima volta nel “Matrimonio”, personificando l'ira rivoluzionaria. In libri che seguirono il “Matrimonio” è presentato come figlio di Los e Enitarmon, ed insieme a Bromion, Palambron e Theotormon rappresenta una delle possibili differenti risposte alla oppressione/repressione.
La Questione Ruggisce Rintrah e scuote le sue fiamme nell'aria appesantita. Nuvole affamate fino all'orizzonte. Semplice come è nato, si mosse il giusto, E fremente, Nella valle della morte; Rose appaiono dove crescono spine, E nell'arida brughiera Cantano le api. Poi, lungo il pericoloso cammino ha seminato, E un ruscello, una fonte Su ogni picco e tomba; E sulle ossa imbianchite Si depone argilla rossa.
FinchÊ, fattosi furfante, lasciò i sentieri del semplice E condusse, nel pericolo, Il giusto in terre brulle Ora il serpente avanza furtivo In appiccicosa umiltà , Ed il giusto grida la sua rabbia nei territori Che sono dei leoni. Ruggisce Rintrah e scuote le sue fiamme nell'aria sovraccarica. Nuvole affamate minaccian l'infinito.
( Ed il giusto grida la sua rabbia nei territori Che sono dei leoni.)
Poiché un nuovo paradiso si è manifestato, e sono ormai trentatré anni dal suo avvento, l'Eterno Inferno rivive. Ed ecco! Swedenborg è l'angelo seduto sulla tomba: i suoi scritti sono panni di lino ripiegati. Ora è il dominio di Edom, ed il ritorno di Adamo in Paradiso: vedi Isaia XXXIV e XXXV capitolo. Senza Contrari non c'è progressione. Attrazione e Repulsione, Ragione ed Energia, Amore ed Odio, sono necessari all'Umana esistenza. Da questi Contrari si sprigiona ciò che il religioso chiama Bene e Diavolo. Bene è il passivo che obbedisce alla Ragione. Diavolo è l'attivo che Energia sprigiona. Bene è Paradiso; Diavolo è Inferno.
La voce del Diavolo Tutte le Bibbie o sacri codici sono stati causa dei seguenti Errori: Che l'uomo sia da due princìpi reali di esistenza, e cioè un Corpo e un'Anima. Che il Male, nome dato all'Energia, nasca solo dal Corpo e che il Bene, nome dato alla Ragione, nasca solo dall'Anima. Che Dio tormenterà l'Uomo in Eterno per aver dato corpo alle sue Energie. Ma sono proprio i Contrari a questi Errori che sono veri: L'Uomo non ha alcun Corpo distinto dall'Anima; i cinque sensi non sono che le antenne dell'Anima che, attraverso il Corpo, sperimentano il Tempo. L'Energia è il solo flusso e proviene dal Corpo, la Ragione regola l'Energia, ne è la circonferenza esterna. L'Energia è Eterna Delizia.
( L'Energia è eterna delizia )
Coloro che comprimono il desiderio sono quelli il cui desiderio è abbastanza debole da poter essere incarcerato; è la Ragione che reprime, usurpando il governo in colui che non ha volontà. Ed essendo immiserito, il desiderio si fa passivo, e non è più che ombra di desiderio. Tutto ciò è scritto ne Il Paradiso Perduto, ed il Tiranno, o Ragione, è chiamato Messia. E l'Arcangelo originario, detentore del comando delle armate celesti, è chiamato Diavolo o Satana, ed i suoi figli Peccato e Morte. Ma, ne Il Libro di Giobbe, il Messia di Milton è chiamato Satana. Poiché questa storia è stata adottata da ambo le parti.
In effetti la Ragione credette che il Desiderio fosse stato scacciato; ma, a dire del Diavolo, fu proprio il Messia a cedere ed a fare un paradiso proprio di ciò che aveva rubato all'Abisso. Questo ci è mostrato nel Vangelo, quando si prega il Padre che allerti il consolatore (il Desiderio) affinché alla Ragione vengano delle idee sulle quali creare; ché il Jehovah della Bibbia altro non è che colui che fa del fuoco ardente la propria dimora. Sappiate che dopo la morte, Cristo divenne Jehovah. Ma, in Milton il Padre è il destino, il Figlio l'organizzazione dei cinque sensi, e lo Spirito Santo il Vuoto!
Nota: La ragione per cui Milton scrisse sugli angeli e su Dio mentre era ai ferri, e libero quando scrisse dei Demoni e dell'Inferno, è che era un vero Poeta e, senza saperlo, dalla parte del Diavolo.
( ...chÊ il Jehovah della Bibbia altro non è che colui che fa del fuoco ardente la propria dimora. )
( Mentre camminavo tra le fiamme dell'Inferno, godendo dei piaceri del Genio, che agli angeli sembrano tormenti e follia, raccolsi alcuni dei Proverbi di laggiĂš, pensando che, come i detti in uso in una nazione esprimono il suo carattere, cosĂŹ i Proverbi dell'Inferno mostrano la natura dell'Infernale saggezza meglio di qualunque descrizione di edifici o abbigliamenti. )
Quando rientrai in me, nell'abisso dei cinque sensi, sul bordo piatto di un precipizio che dĂ sul mondo vero, vidi un Diavolo potente, vestito di nuvole nere, planare sui fianchi lisci della roccia: con fiamme corrosive egli scrisse questa frase di cui ora si accorgono le menti degli uomini, e leggibile nelle cose della terra:
Non lo sai che ogni Uccello che solca le vie dell'aria E' un immenso mondo di delizia – racchiuso nei tuoi cinque sensi ?
( Non lo sai che ogni Uccello che solca le vie dell'aria E' un immenso mondo di delizia – racchiuso nei tuoi cinque sensi ? )
Proverbi dell'Inferno
Nel tempo del seme impara, in quello del raccolto insegna, in inverno godi. Conduci il tuo carro ed il tuo aratro sopra le ossa del morto. La strada dell'eccesso punta dritto al palazzo della saggezza. La prudenza è una vecchia ricca e brutta zitella lusingata dall'Impotenza. Chi desidera ma non agisce, coltiva la peste. Il verme tagliato in due perdona il vomere. Immergi nel fiume chi ama l'acqua. Uno sciocco non vede un albero come lo vede un saggio. Colui il cui viso non dà luce non potrà mai divenire una stella.
( Colui il cui viso non dĂ luce non potrĂ mai divenire una stella. )
L'eternità è in amore con ciò che il tempo crea. L'ape affaccendata non ha tempo per dolersi. Le ore della follia sono misurate dall'orologio e quelle della saggezza non conoscono misura. Tutto il cibo sano è preso senza rete o trappola. Tempo di carestia: è il momento di riportare in vita numeri, pesi e misure.
( Tempo di carestia: è il momento di riportare in vita numeri, pesi e misure. )
Nessun uccello vola troppo alto se vola con le proprie ali. Un cadavere non si vendica delle offese. L'atto più sublime è porre un altro davanti a te. Se il folle potesse persistere nella sua follia diventerebbe saggio. Stoltezza è il travestimento della malizia. Vergogna è la maschera dell'Orgoglio. Le Prigioni sono costruite con pietre di Legge, i Bordelli con mattoni di Religione. L'orgoglio del pavone è la gloria di Dio. La libidine del capro è l'abbondanza di Dio. La collera del leone è la saggezza di Dio. La nudità della donna è opera di Dio.
L'eccesso di dolore, ride. L'eccesso di gioia, piange.
Il ruggire dei leoni, l'ululare dei lupi, la potenza del mare in tempesta e la spada distruttrice sono momenti di eternitĂ troppo grandi per gli occhi degli uomini.
La volpe biasima la trappola, non se stessa. Le Gioie fecondano: i Dolori fanno nascere. Che l'uomo indossi la pelle del leone e la donna il vello della pecora.
L'uccello un nido, il ragno una rete, l'uomo l'amicizia.
Il pazzo egoista e sorridente e quello cupo e minaccioso saranno infine considerati saggi, essi potranno essere frusta. Ciò che oggi è dimostrato fu una volta solo immaginato. Il topo, il gatto, la volpe, il coniglio osservano tra le radici. Il leone, la tigre, il cavallo, l'elefante guardano ai frutti. La cisterna trattiene, la fontana distribuisce.
Un pensiero riempie l'immensità. Sii sempre pronto a dire il tuo vero ed il vile ti eviterà.
Qualunque cosa possa essere creduta è un'immagine di verità. L'aquila non sprecò mai tanto il suo tempo come quando accettò di imparare dal corvo. La volpe provvede a se stessa, al leone Iddio.
Rifletti al mattino. Agisci a mezzogiorno. Nutriti a sera. Dormi di notte. Chi ha sofferto il tuo potere su di lui, ti conosce.
( Chi ha sofferto il tuo potere su di lui, ti conosce. )
Come l'aratro segue le parole, così Iddio esaudisce le preghiere. Le tigri nell'ira sono più sagge dei cavalli obbedienti al sapere. Aspettati veleno dall'acqua stagnante. Non sai mai cosa è abbastanza finché non conosci cosa è più di abbastanza. Ascolta le proteste dei pazzi: è un privilegio da re. Gli occhi di fuoco, le narici d'aria, la bocca d'acqua, la barba di terra. Il debole nel coraggio è forte nella malizia. Il melo non domanda al faggio come crescere, così il leone non chiede al cavallo come catturare la sua preda. Chi ricevendo è grato, ha un ricco raccolto.
Se altri non fossero stati sciocchi, lo saremmo stati noi. L'essenza del dolce piacere non può essere contaminata. Quando Tu vedi un'aquila, Tu vedi l'esistenza del Genio: tieni alto il Tuo sguardo! Come il bruco sceglie le foglie più tenere per deporre le sue uova, così il prete impone la sua maledizione sulle gioie più dolci. Creare un piccolo fiore è lavorio di epoche.
( Creare un piccolo fiore è lavorÏo di epoche. )
Una maledizione fortifica. Una benedizione rilassa. Il vino migliore è il più vecchio. L'acqua migliore la più fresca. Preghiere non arano. Lodi non mietono. Gioie non ridono. Dispiaceri non piangono. La testa il Sublime, il cuore la Passione, i genitali la Bellezza, le mani ed i piedi la Misura. Come l'aria per un uccello od il mare per un pesce, così il disprezzo per lo spregevole. Il corvo vorrebbe che tutto fosse nero, il gufo che tutto fosse bianco. Esuberanza è Bellezza. Il leone, se si facesse consigliare dalla volpe, sarebbe astuto. Progresso significa strade dritte, ma le strade tortuose e senza manutenzione sono quelle del Genio. Piuttosto uccidere un bimbo nella sua culla che nutrire desideri non perseguiti. Dove manca l'uomo la natura è sterile. Verità mai può esser detta si da essere capita e non creduta.
Abbastanza! O Troppo!
( La testa il Sublime, il cuore la Passione, i genitali la Bellezza, le mani ed i piedi la Misura. )
[ Abbastanza ! O troppo ! ]
I poeti antichi animarono gli oggetti sensibili con Divinità o Geni, diedero loro nomi e qualità di boschi, di fiumi, monti, laghi e città e nazioni, o di qualunque altra entità i loro sensi – numerosi ed illimitati - fossero accorti. Ed in particolare osservarono città e paesi e misero ciascuno sotto la sua mentale divinità: Finché un sistema fu formato dal quale alcuni trassero vantaggio – rendendo gli altri schiavi del loro tentativo di estrarre dagli oggetti le divinità che li abitavano: così nacque il Clero, Organizzando forme di preghiera dai racconti dei Poeti. Ed infine dichiararono che gli Dei avevano ordinato che le cose fossero tali. Fu così che gli uomini dimenticarono che tutte le divinità abitavano nei loro cuori.
Fu cosĂŹ che gli uomini dimenticarono che tutte le divinitĂ abitavano nei loro cuori.
Una memorabile visione Cenavo con i Profeti Isaia ed Ezechiele e chiesi loro come potessero con tanta presunzione affermare che Iddio aveva parlato loro, e se all'epoca non avessero considerato che sarebbero stati poco capiti e quindi, causa di imposture. Isaia rispose: “Nel senso di una percezione organica e definita, Io non ho né visto né udito alcun Dio, ma i miei sensi scoprirono l'infinito in ogni cosa; e poiché fui allora - e restai anche poi - persuaso che la voce dell'indignazione è la voce di Dio, non mi curai delle conseguenze, e scrissi”. Allora io chiesi: “Può la ferma convinzione che una cosa sia tale, renderla tale?”. Rispose: “Tutti i Poeti credono che sia così e nelle epoche dell'immaginazione questa ferma convinzione smosse le montagne; ma molti sono quelli incapaci di avere una ferma convinzione di alcunché.”.
Allora Ezechiele intervenne: “La filosofia d'oriente insegnò i primi principi della percezione umana. Alcuni popoli contenevano l'origine in un solo principio, altri in un altro; noi di Israele sapevamo che il Genio Poetico (come lo chiamate voi oggi) fu il primo principio e tutti gli altri ne erano semplici filiazioni; da ciò nacquero il nostro spregio per i Sacerdoti ed i Filosofi di altre nazioni, e le profezie per cui si sarebbe alfine dimostrato che tutti gli Dei avevano origine nei nostri ed erano tributari dell'unico Genio Poetico. Era questo che il nostro grande poeta, il Re David, agognava ardentemente e che invoca con passione quando dice “col tuo aiuto conquisto i nemici e governo i regni”: e a tal punto amammo il nostro Dio, che in suo nome abbiamo giudicato ribelli le nazioni vicine e maledetto tutti i loro dei. Fu così che il volgo fu condotto a ritenere che infine tutte le nazioni sarebbero state assoggettate dagli ebrei”.
“Ciò” aggiunse “come ogni ferma convinzione, è destino che accada; oggi tutte le nazioni credono nel codice degli ebrei e venerano il dio degli ebrei, e quale più profondo assoggettamento può esservi?”. Ascoltai queste parole con stupore e dovetti confessare che mi risultavano convincenti. Finito di desinare chiesi ad Isaia di riportare alla luce del mondo le sue opere smarrite; mi disse che nessuna di qualche valore era andata perduta. Anche Ezechiele rispose allo stesso modo. Chiesi anche ad Isaia cosa lo avesse indotto ad andare in giro nudo ed a piedi nudi per tre anni: “Ciò che mosse il nostro amico Diogene il Greco a farlo” - rispose. Ed allora chiesi ad Ezechiele perché avesse mangiato sterco, giacendo così a lungo sul fianco destro e sul sinistro. “Il desiderio di elevare altri uomini ad una percezione dell'infinito. E' una pratica degli indiani del Nord America e ti pare onesto resistere al proprio genio od alla propria coscienza solo per qualche comodità o gratificazione?” - mi rispose.
L'antica tradizione che il mondo si consumerà nel fuoco e che ciò avverrà alla fine di seimila anni risponde a verità, così ho sentito dall'Inferno. Non appena al cherubino con la spada fiammeggiante sarà ordinato di smontare la guardia all'albero della vita, d'un tratto l'intero creato in estinzione apparirà infinito e sacro, laddove oggi è creduto finito ed imperfetto. Ciò avverrà attraverso una intensificazione del piacere sensuale. Ma prima l'idea dell'uomo con un corpo distinto dalla propria anima dovrà essere espunta; questo io farò, stampando con l'infernale metodo dei corrosivi - che all'Inferno sono salutari e curativi - dissolvendo le superfici apparenti, e rivelando l'infinito che vi era nascosto. Una volta le porte della percezione ripulite, tutto apparirà agli uomini come esso è, infinito. Poiché l'uomo si è da sé rinchiuso, fino a non vedere che attraverso strette fenditure della propria caverna.
( Una volta le porte della percezione ripulite, tutto apparirà agli uomini come esso è, infinito. Poiché l'uomo si è da sé rinchiuso, fino a non vedere che attraverso strette fenditure della propria caverna. )
Una memorabile visione
In una Tipografia all'Inferno vidi il metodo con il quale la conoscenza è trasmessa di generazione in generazione. Nella prima stanza, tantissimi Dragoni svuotavano una caverna ed un Dragone-Uomo ne sgombrava l'entrata dal ciarpame. Nella seconda stanza, una Vipera avvolgeva rocce e caverna, mentre altre l'adornavano con oro, argento e pietre preziose. Nella terza stanza, un'Aquila con le ali e le piume al vento: rendeva infinito l'interno della caverna, mentre innumerevoli Aquile-Uomo costruivano palazzi su rupi immense. Nella quarta stanza, Leoni di fuoco ardente imperversavano ovunque fondendo i metalli in fluidi viventi. Nella quinta stanza, forme Innominate spargevano i metalli nei cieli. Ed essi erano raccolti da Uomini che stavano nella sesta stanza, prendevano forma di libri, e venivano ordinati in biblioteche.
I Giganti che diedero al mondo la sua forma di esistenza sensuale e che ora sembrano viverla in catene, sono in veritĂ le cause di ogni vita e fonti di ogni attivitĂ ; ma le catene sono l'astuzia di menti deboli e docili che hanno il potere di resistere sovrabbondante di astuzia.
all'energia; come dice il proverbio, chi manca di coraggio è
Così una parte dell'essere è il Prolifico, l'altra il Divoratore. Il divoratore pensa di avere il produttore tra le sue catene; ma non è così; il Divoratore afferra solo parti dell'esistenza ed immagina che siano il tutto. Il Prolifico cesserebbe tuttavia di essere il Prolifico se il Divoratore, come un mare, non raccogliesse l'eccesso delle sue gioie. Qualcuno dirà: “Non è il solo Dio il Prolifico?”. Io rispondo: “Solamente Dio Agisce ed E', negli esseri esistenti o Uomini”. Ci sono questi due tipi di uomini al mondo, e devono essere nemici: chiunque cerchi di riconciliarli cerca di distruggere l'esistenza. La religione è un modo di tentare di riconciliare i due. Nota: Gesù Cristo non voleva unirli, ma separarli come nella Parabola delle pecore e dei capri, e dice: Io venni non a dare Pace, ma la Spada”. Messia o Satana o Tentatore era in origine creduto uno degli Antidiluviani, una delle nostre Energie.
( Il Prolifico cesserebbe tuttavia di essere il Prolifico se il Divoratore, come un mare, non raccogliesse l'eccesso delle sue gioie. )
Una memorabile visione
Un Angelo mi si avvicinò e disse: “ O povero giovane pazzo! O terribile! O spaventosa situazione! Guarda la prigione di fuoco ardente che ti stai costruendo, per l'eternità, e a cui ti porti con questo modo di procedere”. Risposi: “ Forse vorrai mostrami la mia sorte eterna, bene, l'osserveremo insieme e si vedrà se la tua sorte è più desiderabile della mia”. Allora mi condusse attraverso una stalla e poi una chiesa, mi fece scendere nella cripta, in fondo alla quale era un mulino. Attraversammo il mulino ed arrivammo in una spelonca. A tentoni indovinammo la nostra tediosa strada in quell'intrico sotterraneo, finché apparve sotto di noi una volta, infinita come un cielo abissale; eravamo sorretti da radici di alberi e penzolavamo in quella immensità. Ma io dissi: “Se ti va, potremmo affidarci a questo vuoto e vedere se anche qui esiste provvidenza. Se non vuoi, io comunque si”. Mi rispose: ”Non presumere giovanotto, piuttosto: mentre qui siamo cogli la tua sorte, che presto apparirà mentre l'oscurità ci lascia”.
Così restai con lui, io seduto sulla radice attorcigliata di una quercia, lui attaccato ad un fungo chino con il capo verso l'abisso. Lentamente l'infinito Abisso si svelò ai nostri occhi, rosseggiante come il fumo di una città incendiata; sotto di noi, ad un'immensa distanza, c'era il sole, nero e tuttavia splendente; nei solchi di fuoco che lo circondavano, ragni enormi scivolavano dietro alle loro prede che volavano, meglio, nuotavano, nell'infinita profondità nelle più terrificanti forme di animali nati dall'imputridimento; e l'aria ne era piena, anzi ne sembrava composta. Erano Diavoli, ed erano chiamati Poteri dell'aria. Fu allora che chiesi al mio compagno qual'era la mia sorte eterna. “Tra i ragni neri e quelli bianchi”, mi rispose. Ma allora, proprio tra i ragni neri e bianchi, una nube ed un fuoco esplosero rotolando di traverso alle profondità ed oscurando il baratro di sotto che crebbe come un mare nero, rombando come un tuono. Non c'era più nulla da vedere sotto di noi, se non la nera tempesta, finché, guardando ad est tra onde e nubi, vedemmo una cataratta di sangue mischiato a fuoco, e a non molti lanci di pietra da noi apparire, e poi affondare il dorso squamoso di un mostruoso serpente. Infine, a tre gradi circa verso l'est, apparve tra le onde una cresta fiammeggiante; si sollevò lentamente come crinale di rocce dorate, finché apparvero due globi di fuoco cremisi, attorno ai quali il mare scivolò via in nuvole di fumo; ora potevamo vedere che era la testa del Leviatano.
Come quella di una tigre, anche la sua fronte era striata, di verde e di porpora; presto scorgemmo la sua bocca e le branchie che pendevano fino alle spume furiose del mare, tingendo il nero dell'abisso con sprazzi color sangue; avanzava verso di noi con tutto il furore di una esistenza spirituale.
Il mio amico angelo abbandonò il suo posto arrampicandosi fin dentro il mulino. Restai solo e la visione si dissolse; mi ritrovai seduto sulla sponda di un fiume gentile, al chiaro di luna, sentendo che qualcuno cantava al suono di un'arpa; e cantava: “L'uomo che non cambia mai opinione è come l'acqua stagnante, cibo per i rettili della mente”.
Mi alzai, mi diressi verso il mulino dove trovai il mio angelo che, sorpreso, mi domandò come avessi potuto fuggire. Io risposi: “ Tutto ciò che abbiamo visto era dovuto alla tua metafisica; per questo quando andasti via io mi ritrovai sulla sponda di un fiume, alla luce della luna e con un arpista. Ed ora che abbiamo visto il mio eterno destino, posso infine mostrarti il tuo?” . Egli rise alla mia proposta, ma io allora lo presi improvvisamente tra le braccia e volai nella notte, verso ovest, fino a sollevarci oltre l'ombra della terra. Così mi scagliai con lui nel centro del sole, lì giunto mi vestii di bianco e tenendo tra le mani gli scritti di Swedemborg lasciai quella regione gloriosa oltrepassando tutti i pianeti, finché arrivammo a Saturno. E lì, dopo essermi riposato un po', balzai nel vuoto tra Saturno e le stelle fisse. “Questo – dissi – è il tuo destino, in questo spazio, se spazio lo si può chiamare”. Quasi subito ritrovammo la stalla e la chiesa, lo condussi fino all'altare ed aprii la Bibbia e, oh! C'era un un pozzo profondo nel quale discesi spingendo l'angelo davanti a me.
Presto scorgemmo sette case di mattoni ed entrammo nella prima: c'era una quantità di scimmie, babbuini ed altri - di tutte le forme della loro specie - incatenati alla vita, che si mostravano i denti e si slanciavano l'uno contro l'altro, impediti peraltro dalle catene troppo corte. Ciononostante vidi che il loro numero sembrava crescere ed allora i forti afferravano i deboli, si accoppiavano tra mille smorfie, prima di divorarli strappando loro le membra una dopo l'altra, fino a che del corpo non restasse che il tronco. Tronco che abbracciavano e baciavano, sorridendo con falsa tenerezza, prima di divorarlo del tutto; il mio sguardo cadde allora su una scimmia che strappava con appetito pezzi di carne dalla propria coda; il fetore ci divenne presto insopportabile; rientrammo al mulino e portai con me uno scheletro che, appena entrati si mutò nelle Analitiche di Aristotele. Allora l'Angelo disse: “Hai imposto la tua visione su di me, dovresti vergognartene”. Io ribattei: “Ci siamo imposti l'uno sull'altro, ed è solo tempo perso discutere con te, le cui opere sono solo Analitiche”.
[Opposizione è vera Amicizia.]
Ho sempre trovato che gli angeli hanno la vanità di parlare di se stessi come fossero i soli saggi; lo fanno con una fiducia piena di presunzione che germoglia nel ragionamento sistematico. Così Swedemborg si vanta che ciò che scrive sia novità, sebbene egli non sia che un Indice, un Catalogo di libri già pubblicati. Un uomo portò in giro una scimmia per farne spettacolo e, poiché era un po' più saggio di lei, diventò vanitoso e si considerava tanto saggio quanto sette uomini. Così è Swedemborg; egli mostra la follia delle chiese e smaschera tutti religiosi come ipocriti, fino a supporre se stesso come l'unico al mondo a non essere caduto in trappola. Ascolta ora questo fatto incontestabile: Swedemborg non ha scritto una sola nuova verità. Ora ascoltane un'altra: non ha fatto che rimettere per iscritto tutte le vecchie menzogne. Ed ora ascoltane la ragione. Egli ha parlato con gli angeli, che sono tutti religiosi, e - poiché le sue pretenziose convinzioni glielo impedivano - non ha mai parlato con i diavoli che, tutti, odiano la religione. Cosicché gli scritti di Swedemborg sono una ricapitolazione di tutte le opinioni superficiali ed una disamina delle più sublimi, niente di più. Ed ora, quest'altro fatto incontestabile: ogni uomo col talento della catalogazione come Swedemborg può produrre migliaia di volumi partendo dalle opere di Paracelso o di Jacob Behmen - nonché infiniti volumi dalle opere di Dante o di Shakespeare. Ma una volta che avesse fatto questo, non permettiamogli di dire che la sua conoscenza è più profonda di quella del suo maestro, perché in realtà egli non fa che accendere una candela in pieno brillar del sole.
Una memorabile visione
Tempo fa vidi apparire in una vampata di fuoco un Diavolo, davanti ad un Angelo che sedeva su una nuvola; ed il Diavolo scandì queste parole: “Rivolgersi a Dio è onorare i suoi doni negli uomini, a ciascuno di essi secondo il suo genio, ed amare ancora di più i più grandi tra gli uomini. Coloro che invidiano o calunniano i grandi odiano Dio, perché non c'è altro Dio”. Udendo queste parole l'angelo si fece quasi blu, poi cercò di controllarsi ed ingiallì, ed infine, biancorosa e sorridente, replicò: “Oh Idolatra!, non è Dio Uno, e non è visibile in Gesù Cristo? E Gesù Cristo non ci ha dato la sua approvazione Alla Legge dei Dieci Comandamenti, e gli uomini non sono tutti stolti, peccatori, nullità?”. Il Diavolo rispose; “Pesta insieme al frumento un folle nel mortaio ed ancora la sua follia non sarà stata scacciata fuori di lui. Se Gesù Cristo è il più grande tra gli uomini, ebbene devi amarlo come nessun altro.
Ascolta ora come ha dato la sua approvazione alla legge dei Dieci Comandamenti: non si fece beffe forse del sabato, beffandosi così del Dio del sabato? Non uccise forse quelli che a causa sua furono uccisi? Non allontanò forse la legge dalla donna colta in adulterio? Non rubò il lavoro di altri che pure lo sostenevano? Non prestò falsa testimonianza quando evitò di difendersi di fronte a Ponzio Pilato? Non fu avido di bene quando pregò per i suoi discepoli e quando ordinò loro di scuotere la polvere dai loro piedi su coloro i quali avevano rifiutato di alloggiarli? Io ti dico che non c'è virtù che possa esistere senza rompere con questi Dieci Comandamenti. Gesù che era tutto virtù agì per impulso, non per regole”. Finito che ebbe di parlare vidi l'Angelo allungare le braccia e stringersi alla vampata di fuoco, consumarsi ed assurgere come Elia.
Nota: Quest'Angelo, ora divenuto Diavolo, è mio particolare amico. Spesso leggiamo insieme la Bibbia nella sua versione diabolica o infernale, che un giorno il mondo avrà, se la meriterà. Io possiedo pure la Bibbia dell'Inferno, che il mondo un dì conoscerà, che lo voglia o no.
Una Legge per il Leone e per il Bue è Oppressione.
“Io ti dico che non c'è virtù che possa esistere senza rompere con questi Dieci Comandamenti. Gesù che era tutto virtù agì per impulso, non per regole”. ( Michelangelo decit, a diciannove anni. S.Spirito, Firenze. )
A mo' di Postfazione
“
Non c'è dubbio che questo poveraccio fosse pazzo, ma c'è qualcosa nella sua pazzia che
attira il mio interesse più dell'equilibrio di Lord Byron e Walter Scott”. William Wordsworth
“
Per me esiste solo il cammino lungo sentieri che
hanno un cuore, lungo qualsiasi sentiero che abbia un cuore. Lungo questo io cammino, e la sola prova che vale è attraversarlo in tutta la sua lunghezza. E qui io cammino guardando, guardando, senza fiato” Don Juan /Carlos Castaneda
Amore per chi indica strade.
“È un bel colpo dare un significato a una parola – disse Alice pensierosa. “Quando faccio fare così tanto lavoro a una parola – disse Humpty Dumpty – poi le pago sempre lo straordinario”. “Ma… un nome deve significare qualcosa?” chiese Alice dubbiosa. “Quando io uso una parola – disse Humpty Dumpty sdegnoso – essa significa solo ciò che io voglio che significhi”. “Il problema è – soggiunse Alice – se sia possibile far sì che le parole abbiano significati diversi”. “Il problema è – concluse Humpty Dumpty – chi è che comanda”. Alice nel paese delle meraviglie, Lewis Carrol
Verso la metà degli anni cinquanta del secolo passato arrivò in casa mia uno strano aggeggio. Le sue caratteristiche: giravi un pulsante, no, non un pulsante da premere, piuttosto una rotellina da girare, credo. Comunque, giravi e una delle sue sei facce si illuminava, lentamente; vi apparivano, da un fondo verde scuro, immagini e suoni e parole e volti e... l'apparecchio in questione era appoggiato, con i suoi 17 pollici (pollici?), su una sorta di doppia “s” di ferro color caffellatte, con quattro rotelline in basso e quattro viti per bloccare l'aggeggio, in alto. La cosa più incomprensibile era comunque il nome: era un apparecchio italiano di un tal “Allocchio Bacchini”. Ora, avevo 6 o 7 anni, questo nome non finiva di sembrarmi strano, in sostanza mi domandavo: ma che cavolo di nome è?
Fu dentro quella scatola che vidi, udii, mi catturò Ungaretti.
Il televisore era piccolo, questo vecchio: grande, accogliente, spaventoso. Un impasto. Era questo dunque “essere vecchio? infinite sfumature di grigio tra rughe, voce roca e calda, occhi bagnati e morbidi ed acuti...un universo che toccava cosa di me? Non un cosa, toccava me. Merda! ancora, a cinquanta e passa anni di distanza!!! fatico a dire il semplice: tra umani ci si può toccare in mille modi. Se appena non si è troppo imprigionati nei modi codificati (della buona educazione o del possesso che sia). E non solo mi toccava, ma, si lasciava toccare. Potevo muovermi in lui; curiosità, silenzio, circospezione o prudenza, abissi e ghigni di passione espressa....Essere accolto, lasciarmi accogliere. Ma non è amore questo? In quanti modi “M'illumino di immenso”? In quanti modi può essere letto, ascoltato, bevuto, masticato Ungaretti? Almeno tanti quanti siamo noi a leggerlo, ascoltarlo, berlo, masticarlo. E quanti lo siamo stati e quanti lo saremo. Un numero immenso. E quante volte qualcuno lo rileggerà, lo riascolterà, quando rende immenso la spazio di un foglio bianco o nel ricordo di una voce vecchia, roca, possente e - per dio! e per una volta! – vera. Insomma Mi illumino di immenso è infinito, in sé e per infiniti altri noi.
E guardate un po' che Proverbio ha raccolto Blake all'Inferno: “Un pensiero riempie l'infinito�.
Ecco, amore per chi indica strade, e ti invita a percorrerle con i tuoi piedi ed i tuoi occhi, senza timore di descriverle come Tu le vedi. E senza che questo significhi una mancanza di rispetto od un eccesso di orgoglio verso chi le ha gia percorse e descritte ( magari traducendo Blake, come Ungaretti, prima di me!).
Blake e gli indiani d'America ?
“Ed allora chiesi ad Ezechiele perché avesse mangiato sterco, giacendo così a lungo sul fianco destro e sul sinistro. “Il desiderio di elevare altri uomini ad una percezione dell'infinito. E' una pratica degli indiani del Nord America e ti pare onesto resistere al proprio genio od alla propria coscienza solo per qualche comodità o gratificazione?” - mi rispose.”
" Hold on to your spirit, always feel your soul....honor the magic in your heart" Earth Wind and Fire
Io non so, non riesco ad immaginare a quali fonti, racconti, esperienze abbia potuto accedere William Blake alla fine del '700 a proposito degli usi, dei costumi, dei comportamenti degli indiani d'America. Certo che - attraverso la voce di un profeta - gli indiani d'America trovano disonesto resistere al proprio genio od alla propria coscienza solo per qualche comodità o gratificazione! Per gli Indiani d'America Desideri ed Energie convivono, di più, sono una cosa sola che esercita la vita in un equilibrio che non è rigidità, assestamento nel giusto della Ragione, o rifiuto di sentire l'esistenza sensuale ed eremitaggio nell'oblio (disumano e mai raggiunto) del desiderio. Chi mi da il diritto di affermare questo? Ho fatto le mie verifiche. Posso indicarvi alcune fonti, e la prima ha a che fare direttamente con Blake: a. nel film di Jim Jarmusch “Dead Man”, Johnny Depp è William Blake mentre attraversa l'America per un nuovo lavoro di contabile ($$$!) ad Ovest, e più si avvicina all'arrivo, meno comprende, più è attonito di fronte a uomini, donne e natura; fino alla morte dell'amore e la fuga. Ma non vi dirò di più, se non che il fulcro della storia è tutto nell'incontro tra lo sperduto Blake ed un Indiano, un nativo. Si incontrano e si scontrano a partire da ciò che nel loro caso è innegabile, ma che è innegabile in ogni incontro tra umani: per quanto possa illudermi, Io non ti conosco, non so nulla di quale sia la tua visione del mondo, finché non ne condivido la pratica ( e solo allora, forse, potrò cominciare a comprendere un metodo di conoscenza che tu incarni – dopo milioni di generazioni che in te sono incarnate...).
Guardatevi il film! E magari dopo andate a cercare tra i Proverbi dell'Inferno quelli che vi sembrano più indiani. Forse : “ La creazione di un piccolo fiore è lavorio di epoche “. E poi: b. “A scuola dallo stregone. Una via yaque alla conoscenza”, il primo dei libri di Carlos Castaneda e del suo incontro con Don Juan, dove, faticosamente sbarazzato il campo da ogni mito sul peyotl, si apprende tra l'altro a: - camminare - vedere - sognare - ridere - non credere - rispettare se stessi - …................ Proverbio dell'Inferno ad hoc: “L'aquila non sprecò mai tanto il suo tempo come quando accettò di imparare dal corvo.”
c. E' possibile immaginare una società, una convivenza regolata dalla consapevolezza che il Governo di quella che Blake chiama Ragione (uccisa la Passione) è sempre il governo del più violento? Possiamo concederci visioni di un “Noi” non asservito ad un Lui? Difficile, utopico, irrealistico, astorico, paradisiaco, ingenuo...
Nemmeno se esiste testimonianza incontrovertibile che società senza Stato siano r/esistite fino ai giorni nostri? Pierre Clastres (1934 – 1977), filosofo, antropologo, ricercatore vive negli anni sessanta a più riprese e per lunghi periodi con gli Indiani Guaranì, Guayaki, Yanomani, in Amazzonia. Vede una società in cui ad ognuno è riconosciuto un suo particolare talento, ad ognuno! Vede una società in cui esiste la delega per autorevolezza riconosciuta, ci sono quindi dei Capi: Capi di Guerra, Capi di Pace, Capi di Cura...finché sono riconosciuti capaci di rispondere ai loro compiti senza mai crearsi potere, privilegio, differenza dagli altri. Appaiono a Clastres questi Indiani occupati a non farsi occupare, coscientemente cultori di una comunità senza Stato, addirittura contro lo Stato e, per farlo, adottano una pratica davvero sorprendente: lavorano solo quel tanto che gli basta per vivere....
“
E' allora e non prima che si può parlare di lavoro, quando la regola egualitaria di scambio cessa di costituire il “codice
civile” della società, quando l'attività di produzione mira a soddisfare i bisogni di altri, quando alla regola scambista si sostituisce il terrore del debito. E' lì, e solo lì, che si inscrive la differenza tra il Selvaggio dell'Amazzonia e l'indiano dell'Impero Inca: il primo produce per vivere mentre il secondo lavora in più per far vivere altri, quelli che non lavorano, i padroni che gli dicono devi pagare ciò che ci devi, dovrai per sempre rimborsare ciò che ci devi”.
“C'era un un pozzo profondo nel quale discesi spingendo l'angelo davanti a me. Presto scorgemmo sette case di mattoni ed entrammo nella prima: c'era una quantità di scimmie, babbuini ed altri - di tutte le forme della loro specie - incatenati alla vita, che si mostravano i denti e si slanciavano l'uno contro l'altro, impediti peraltro dalle catene troppo corte. Ciononostante vidi che il loro numero sembrava crescere ed allora i forti
afferravano i deboli, si accoppiavano tra mille smorfie, prima di
divorarli strappando loro le membra una dopo l'altra, fino a che del corpo non restasse che il tronco. Tronco che abbracciavano e baciavano, sorridendo con falsa tenerezza, prima di divorarlo del tutto; il mio sguardo cadde allora su una scimmia che strappava con appetito pezzi di carne dalla propria coda; il fetore ci divenne presto insopportabile................”
Non sembra proprio la descrizione dell'Impero Inca, o del nostro ? del Paradiso della Ragione in cui viviamo? Grazie William Blake per aiutarci a vedere. E grazie Pierre Clastres. Scrive Clastres, e vive; vive a Parigi e Parigi negli anni '60 è giovane, molto disillusa dalla Storia, parecchio innamorata della libertà. Clastres non è solo, collabora a Socialisme ou barbarie, fonda la rivista Libre, conosce Castoriadis, si rifà alle opere di Marshall Salins.
Proverbio dall'Inferno contemporaneo: “Le società “primitive” rifiutano la differenziazione economica e politica proibendo il surplus materiale e la diseguaglianza sociale”. P.Clastres.
Wikipedia. Se la si usa poi, saltando tra le lingue che si conosce, è un vero tesoro. Fondato, tra altro, sul “primitivo” codice civile dello scambio senza debito. Wikipedia!
C'è una parola in francese “Chefferie” che in italiano si può tradurre “Guida” o “Direzione” - Guida in quella Direzione. “...E' normale, dato che era un guerriero. A poco a poco invece di promuovere delle guerre che corrispondessero a ciò che la comunità voleva, ha voluto fare una guerra per proprio interesse. Un interesse suo e di un piccolo gruppo. E ha voluto condurre la tribù in questa guerra, ma questa guerra non era quella della comunità.
Allora cosa è successo? Si potrebbe dire che una delle differenze tra i selvaggi e gli altri, è che i selvaggi quando non vogliono fare la guerra non la fanno; mentre noi quando lo Stato vuole che si faccia la guerra, che lo si voglia o no – almeno fino ad ora – bisogna andare! Cosa è successo a quel Capo di Guerra? Il popolo lo ha abbandonato, l'hanno abbandonato a tal punto che lui, essendo un guerriero avrebbe perso la faccia se avesse detto “Bene, poiché non volete venire con me, non vado neanche io!”. Un guerriero non può dire questo, e così e andato da solo ed è morto naturalmente! E' stato un suicidio. Ma era condannato a morte di fatto: non avrebbe dovuto tentare di condurre in guerra il suo popolo, di imporre loro qualcosa che essi non volevano. Ecco come si impedisce ai capi di essere capi. Uno splendido esempio! che è poi ciò che ripetutamente accadde a Geronimo, che resta un eroe.....” (Intervista a P.Clastres: http://infokiosques.net/lire.php?id_article=654 )
d. Nel Chiapas, sta succedendo da più di venti anni qualcosa? Alcune fonti: Il sogno zapatista, Mondadori, 1997 I racconti del vecchio Antonio, Moretti e Vitali, 1997 Don Durito della Lacandona, Moretti e Vitali, 1998 La storia dei colori, Minimun Fax, 1999 La spada, l’albero, la pietra e l’acqua, Giunti, 2000 Racconti per una solitudine insonne, Mondadori, 2001 Nei nostri sogni esiste un altro mondo. Appunti dal movimento zapatista, Mondadori, 2003 Morti scomodi, Marco Tropea (romanzo scritto insieme a Ignacio Taibo II), 2007 Così raccontano i nostri vecchi. Narrazioni dei popoli indigeni durante l'Altra Campagna, Intra Moenia / Edizioni Erranti, 2009.
e. Prendete uno qualunque dei romanzi di Tony Hillerman. Joe Leephorn e Jimmy Chee sono i due protagonisti, Navajos e della polizia Tribale Navajo, che vivono, in se stessi e nelle loro “avventure” poliziesche, la realtà delle visioni dei dei loro tempi e degli antenati. Sono splendidi romanzi. (Per la cronaca: Tony Hillerman è nato nel 1926 in Oklahoma, in un borgo chiamato Sacred Heart !).
Qui ed ora. (Il Genio Poetico non è solo degli antichi, da Blake a Tsaloumas).
Leros è una piccola isola del Dodecanneso, dove mi trovo a scrivere queste righe. The island of outcast, titolò il Guardian di Londra nel 1989, non esitando ad usare il termine Inferno per descrivere la situazione in cui vivevano - ed avevano vissuto nei precedenti venti anni – migliaia di persone. Deportate in nome della Ragione, di cui si erano fatti portavoce decine di psichiatri e medici greci. Un settore di oltre 400 persone era talmente peggio di quanto qui riprodotto, che lì non fui mai scattata alcuna foto. Uno di loro mi fece da guida e potei così non lasciarmi annichilire dal dolore e – soprattutto - sopraffare dalla violenza. Potei vedere che insieme a paura, stupidità, perversione, orgoglio di comando - come nascoste per proteggersi - vivevano lì anche compassione, affetto, dignità.
“All'uccello un nido, al ragno una tela, all'uomo l'amicizia” riporta Blake dall'Inferno. Ecco.
Proprio nel matrimonio tra Ragione ed Energia, riuscimmo a venirne fuori. Ed io posso, mentre scrivo queste righe da Leros, venti anni dopo, rivedere la mia guida, il signor Vassili. Ha 88 anni e negli occhi quel sorriso meravigliosamente dolce saggio e compassionevole che solo i vecchi sembrano poter vivere
Leros: a sud est di Atene che, nel racconto dei giovani che rientrano all'isola, è l'Inferno. Cinque milioni di persone racchiuse in un ghetto, un enorme campo di detenzione economica e sociale. Un popolo intero che – cifre ufficiali – vale meno di un'impresa; già, la Grecia, con i suoi dieci milioni di abitanti, vale meno della Apple. Ogni greco vale forse ancora un po' di più di un cinese che lavori alla Foxcom a produrre gli Iphone, ma la detenzione continuerà, praticando decimazione per suicidio e fame e malattia, finché un cinese costerà più di un greco. Ed allora ripartirà lo sviluppo. Questo è il dominio della Ragione. Questo è l'inferno. O solo una visione, e per di più parziale? E, da sud ovest, anche questa notte sono sbarcati a Leros i siriani, una trentina. Una dozzina di bambini tra loro. Anche questo una visione? Qualcuno, senza alcuna ragionevole ragione, si dà da fare perché trovino pace; la natura di uomini e cose aiuta in questa diabolica sfida alla Ragione. “E' il gesto più sublime – dice quel pazzo di Blake – anteporre un altro a sé”. Ci può essere davvero qualche dubbio che il matrimonio tra il paradiso e l'inferno – tra Ragione ed Energia – che Blake ci racconta non abbia a che fare con il qui ed ora ? E, nel caso, che fare? Ecco la risposta, anzi due, per la prima volta in italiano. Di un poeta, Dimitri Tsaloumas, nato a Leros; oggi più che novantenne vive a Sydney.
Prodigal II
E' tempo di parsimonia e circospezione. Ve l'ho già detto. Stiamo andando verso tempi disumani. Persino le banche ne sentiranno il morso e di già molti mercanti setacciano i loro libri impolverati per debiti a lungo dimenticati Non è tempo di chiedere prestiti. Organizzati meglio che puoi. Ai margini dell'insonnia ed ai confini del sonno brillano forme dubbiose ed ombre, e se tu allunghi le tue orecchie ed origli agli scricchiolii della notte, sentirai mortali sussurri. Segnati le mie parole. Prendi i tuoi bambini e dirigiti verso la boscaglia. Gli anni di sperpero sono finiti.
La morte
Sono in piedi, sul bagnasciuga, un veliero nella brezza del mattino parte verso l'oceano, è la bellezza, è la vita. Lo guardo finché sparisce dall'orizzonte. Qualcuno vicino a me dice: “è partito” partito verso dove? Partito dal mio sguardo, tutto quì! Il suo albero è sempre così alto la scafo ha sempre la forza di portare il suo carico umano. La sua sparizione totale dalla mia vista è in me, non in lui. E proprio nel momento in cui qualcuno vicino a me dice “è partito”, ci sono altri che vedendolo apparire all'orizzonte e venire verso loro esclamano con gioia: e voilà. E' questo la morte.
William Blake
Documentatissima ed inesauribile fonte, compreso edizioni elettroniche di libri di W.Blake, glossario, biografia, cronologia, etc.:
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The William Blake Archive
Spero davvero che, come me, abbiate trovato in William Blake un nuovo amico. Maurizio Costantino