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ORA O MAI PIU’: QUEL SUD CHE AVANZA GINO GIAMMARINO
rmai è impossibile nascondersi dietro un dito, quando non basterebbe più neanche l’intera mano. Un nuovo fermento pervade il nostro Sud in tutte le sue regioni, mentre una nuova consapevolezza di sé sembra aver fatto definitivamente breccia nel popolo meridionale, trasformando un momento di crisi in una straordinaria opportunità di rilancio. Una millenaria cultura appare come l’unica capace di indicare la strada del futuro ad un’economia finanziaria che ha prima bruciato le tappe (e le ricchezze) e poi è rimasta, incredula, col cerino in mano senza sapere cosa fare dopo. Una strada che viene da un lontanissimo passato e sa adattare il passo ai tempi grazie alla saggezza di una filosofia eterna. E chi voglia una controprova di quello che sta accadendo la può trovare nelle tante proposte che vengono lanciate dal Sud proprio mentre un certo Nord, d o p o a v e r cercato per anni di boicottare l’immagine del nostro turismo, è passato alla contraffazione dei nostri prodotti ed oggi mostra tutta la sua faccia ipocrita criticandoci per aver preso in consegna i loro rifiuti tossici. Ci accusano, qualunquisticamente, di essere tutti camorristi e delinquenti, salvo scoprire che i patti con la camorra li stringono loro: veramente il colmo. E mentre una parte di Sud rigetta con forza il razzismo antimeridionale, scendendo in piazza a difendere il proprio passato ed il diritto ad un futuro diverso per i propri figli, un’altra prova a legare web, prodotti del territorio, creatività e orgoglio di appartenenza in un filo che cuce insieme tutto questo trasformandolo in un nuovo concetto di impresa. Gastronomia, tradizione, identità (che è il
motore del turismo per i popoli che hanno una storia) e artigianato sono le nuove “password” per entrare nel sistema di questo nuovo modo di fare impresa. Attenzione, non stiamo dicendo che tutto va bene: siamo consapevoli dei problemi economici di un’Europa mal costruita e, più ancora, di un intero occidente che ha perso la partita con le tigri orientali, una volta affamate, oggi assetate di nuovi mercati. Stiamo solo segnalando un barlume positivo in tanta negatività che, se ben interpretato, può dare il la al rilancio di una diversa economia. E sottolineamo l’aggettivo “diversa” perché se qualcuno si aspetta che, prima o poi, le cose torneranno come prima, è destinato ad andare incontro a brutte sorprese. Tutto questo si ricollega anche alla proposta politica di una rappresentatività meridionale, la quale può essere messa in campo solo da una classe dirigente espressione di un Sud economicamente autonomo: parlare di autonomia amministrativa da una parte, e tendere la mano per cercare di elemosinare le briciole di un Nord colonizzatore dall’altra, rappresenta un controsenso che può sfuggire solo a chi non vuol vederlo per miopia progettuale o per interesse personale: tra le due, francamente, non saprei indicare la peggiore. Bisognerà tenere ben presente, infine, che una rappresentanza democratica del Sud, lungamente attesa per maturare, non può più permettersi una schematicità tanto riduttiva da ricollocarsi, dopo tanto dibattere, sugli schemi logori e polverosi della contrapposizione tra fascismo e comunismo, destra e sinistra, “berlusconismo” e “antiberlusconismo”.
L’etica del nuovo Sud che si va disegnando potrà essere, dunque, da guida anche nella capacità di elaborare un più moderno modello politico, meno televisivo e più riflessivo, dove la domanda della difesa dei propri diritti verrà dal territorio e non dal retaggio di un regime che ha fatto della contrapposizione un’arma di ricatto per difendere gli interessi di pochi singoli privilegiati. Un modello -tutto italiano- che non ci appartiene e che lasciamo, volentieri, ai fratelli dell’altra Italia: quelli dei rifiuti tossici, per capirci.
il Sommario
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in questo numero: IL PERSONAGGIO
il Brigante
ROCCO PAPALEO IL SUD:CHE IMPRESA! SERVIZIO A PAGINA 6
ANNO 13 - NuMERO 31
www.ilbrigante.it - info@ilbrigante.com Tel. 081 19339716
MAGAzINE PER Il sud dEl tERzO MIllENNIO DIrETTOrE rESpONSABILE GINO GIAMMARINO VICE DIrETTOrE sIMONA BuONAuRA
HANNO COLLABOrATO A qUESTO NUmErO: sIlVIA BAssI
dOMENICO BONVEGNA
L’IMBOSCATA
GIUSEPPE DI BELLO SERVIZIO A PAGINA 8
ANNAlIsA CAstEllIttI
ACHIllE dEllA RAGIONE AlINA dOM
ARIANNA EsPOsItOI MARIO GAllO
VAlENtINA GIuNGAtI
RICCARdO GIAMMARINO luCIA lA PENtA ROsI PAdOVANI
RAFFAElE sANtIllO
EDITOrE piazza Stazione Centrale
piazza Garibaldi, 136 - 80142 Napoli prOGETTO GrAfICO FRANCEsCO GAllO fOTOGrAfO R. EsPOsItO STAmpA
ARtI GRAFICHE NAPOlItANO - NOLA (NA) Autorizzazione tribunale Napoli n. 5159 decreto 22/11/2000
L’IMBOSCATA
ISAIA GIANNETTI SERVIZIO A PAGINA 10
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il Sommario
L’IMPRESA
XFIRE SISTEMI SERVIZIO A PAGINA 14
L’ANALISI
IL MONDO DELLE SETTE SERVIZIO A PAGINA 26
IL RITORNO
FEDERICO SALVATORE SERVIZIO A PAGINA 22
IL TEATRO
LE TRESSSICILIE SERVIZIO A PAGINA 35
L’IDENTITA’
UNA PIAZZA PER FRANCESCO II SERVIZIO A PAGINA 24
L’ARTE
L’ACQUEDOTTO CAROLINO SERVIZIO A PAGINA 37
il Personaggio
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ECCO LA RICETTA D RIVOLUZIONE CULTURALE SILVIA BAssI
rtista istrionico e versatile, ed anche miope!!!, rocco papaleo ritorna al cinema con “Una piccola impresa meridionale” secondo lungometraggio di cui firma anche la regia. Dopo “Basilicata coast to coast” del 2009 papaleo realizza una pellicola cinematografica che parla ancora una volta di sud e di meridionali ed ancora una volta pone l’accento su una necessità di libertà e di voglia di ricominciare. La curiosità vuole che “Una piccola impresa meridionale” sia stato anche il titolo di uno spettacolo di teatro e canzone in cui l’attore, regista e musicista lucano cantava le sue canzoni stralunate raccontando storie buffe. Innamorato della sua terra oltremodo papaleo in una recente intervista afferma che il Nord ed il sud fanno fatica a parlarsi perché si conoscono poco. Del nord dice che dovrebbe apprezzare il sud ed imparare da esso l’umiltà mentre del nord “ruberebbe” un grado più alto di civiltà ed un maggiore rispetto delle regole. ma tornando al film ecco cosa ci ha detto delle sua ultima fatica cinematografica ma anche di cosa pensa di tanti temi della odierna società:
non uscirà a mani vuote dalla sala cinematografica in cui l’avrà visto». Contemporaneamente all’uscita del film c’è stata anche quella del libro omonimo da cui è tratta la pellicola…
Come presenterebbe al grande pubblico “una piccola impresa meridionale”? «Un film leggero, spero divertente, che vuole anche essere portatore sano di messaggi importanti e che fanno riflettere. quello che mi aspetto e che mi auguro è che il film sia apprezzato dal pubblico e che lo spettatore
stanco di firmare». tra le tematiche affrontate dal film c’è anche l’omosessualità, nella storia infatti ci sono due donne che si amano. Qual è la sua posizione in merito a questo tema molto attuale e molto sentito specialmente in questo ultimo periodo?
«Sì è firmato da Valter Lupo e da me, e per non farsi mancare nulla esce anche il cd della colonna sonora firmata da rita marcotulli e da me che a questo punto sono
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DI ROCCO PAPALEO: MORBIDA E TANTE RISATE «La mia posizione è quella che esprimo nel film di massima libertà ovvero che ognuno è padrone dei propri gusti e delle proprie ambizioni».
dal punto di vista politico, secondo lei, può bastare una legge soltanto per superare i pregiudizi e queste emergenze sociali?
«Il discorso è complicato. quello che penso è che c’è bisogno di una rivoluzione culturale. Bisogna partire dalle scuole che devono funzionare anche in questo senso e formare i giovani anche sui temi importanti. Una scuola che dunque possa educare i ragazzi già dalla tenera età ad una società civile e rispettosa per creare una collettività futura più preparata. Si tratta di un investimento per il futuro e la scuola in questo senso ha un compito molto importante». lei è originario della Basilicata, terra di briganti per antonomasia. Qual è la sua conoscenza sulle vicende storiche del brigantaggio? «È una questione molto controversa ed avrebbe bisogno di una lunga risposta argomentata ed analizzata. In poche parole posso affermare che è una questione un po’ in bilico nel senso che i briganti possono essere definiti da una parte delinquenti dall’altra rivoluzionari, ripeto è difficile in poche parole sviscerare un argomento così articolato. In senso lato sono per la rivoluzione morbida e dunque ogni tipo di violenza la ritengo eccessiva ed inefficace».
LA TRAMA DEL FILM
La storia ruota intorno a Don Costantino, interpretato da papaleo, che si è innamorato di una donna, si è “spretato” per lei che poi però l’ha lasciato perché innamorata più del prete che dell’uomo. Così se ne torna nel suo paesello nataleal Sud. La madre però non prende benissimo la sua decisione e così, per non essere oggetto di chiacchiere di paese dopo quelle scaturite dalla sorella che ha lasciato il marito per un altro, decide di mandarlo in un esilio coatto al faro di famiglia che sarà l’unica location di tutto il film. qua l’uomo cerca di raccogliere i pezzi della sua vita assieme ai vari personaggi che poi animeranno le sue giornate. Ecco allora il cognato cornuto con velleità di pianista raffinato, interpretato da Scamarcio, la sorella slovacca della giovane domestica della madre, un ex prosti-
tuta, la ditta di ristrutturazione chiamata a saldare il tetto (una ex compagnia di circensi), e la sorella rediviva.
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GIUSEPPE DI BELLO, L’ULTIMO BRIGANTE Nel nostro focus sulla Basilicata c’è un personaggio che non poteva assolutamente mancare, soprattutto dopo averlo conosciuto ed intervistato a Nola nell’ambito delle giornate di Studio sul pensiero di Nicola Zitara, nello scorso aprile 2013. Si tratta del Tenente della polizia provinciale Giuseppe Di Bello, sicuramente un eroe brigantesco dei nostri tempi per come intendiamo noi la figura del brigante: un patriota che difende la propria terra. La sua vicenda, per certi versi paragonabile a ciò che accade nel ‘700 a Napoli a quel principe di Canosa del quale parliamo più avanti, ha fatto molto scalpore in rete e sui media essendo stato accusato ed incriminato per un atto d’amore verso la propria regione. ma abbiamo parlato già abbastanza: lasciamo che sia lui a raccontarci fatti e retroscena….
Buongiorno, tenente: vogliamo ricostruire la vicenda ambientale che l’ha portata all’attenzione dei media? Tutto è iniziato in forma volontaria in quanto venivo informato di una degenerazione delle acque del Lago del pertusillo, il secondo invaso del Sud con centocinquantacinque milioni di metri cubi di acqua potabile destinati in parte alla Basilicata, e per il 64% alla puglia. Sulla sua superficie si era formata una patina dal colore sospetto, come sospetta era la morìa di numerosissimi pesciolini e il cambio del colore della pietra in riva al lago, chiaro indice della presenza di idrocarburi nelle acque. A questo punto cosa succede? Accade che la multinazionale ENI, che sta a pochi passi dal Centro Oli e che ha una serie di pozzi di petrolio su una spalla del monte che sovrasta l’invaso del pertusillo, sta inquinando acque ed esseri umani non solo con gli idrocarburi, ma anche
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con metalli pesanti e sostanze cancerogene che non possono essere filtrate dal depuratore. scusi, ma allora a cosa serve il depuratore se non assolve a questo compito? Vede, il problema è che il depuratore
è costituito da una serie di micro organismi capaci di nutrirsi dei rifiuti urbani e trasformarli in “combos”, il quale viene successivamente trattenuto in moduli di cemento armato pesante per separarlo dalle acque. quando, come nel nostro caso, nelle
acque bianche vengono trasportati residui di idrocarburi ed olii, questi organismi muoiono avvelenati come morirebbe un essere umano, e non riescono ad assolvere alla funzione “depurante” per la quale sono stati originariamente impiegati. Nelle acque abbiamo trovato non solo 559 milligrammi di idrocarburi per chilogrammo, ma addirittura 8500 mg per Kg di Alluminio, un metallo che crea artificialmente la malattia dell’Alzheimer. In più, abbiamo trovato anche piombo, Nichel, Vanadio, Cadmio, ferro… Mamma mia, che assortimento! E per tutto questo, contro ogni logica, è stato incriminato lei… A questo proposito, voglio ricordare un episodio simile accaduto negli anni ’60 in provincia di Belluno, allorchè una giornalista segnalò una problematica del bacino artificiale del Vajont a causa della quale stava per crollare una parete della montagna. Bene, invece di andare a verificare il pericolo, indagarono sulla giornalista che fu condannata in primo grado, e poi assolta dopo le circa duemila vittime del disastro. La stessa cosa è successa a me, che fui denunciato per rivelazione di segreto d’ufficio dal consigliere regionale Santochirico per una cosa che poi anche l’ArpAB ha riconosciuto, seppur con un lieve ritardo: quattro anni di differenza! Fin qui la vicenda processuale. Passiamo ai recenti fatti politici che l’hanno vista candidato col Movimento 5 stelle, e poi disconosciuto da Grillo e Casaleggio per quello che, più che un reato, è stato un impegno civile… Si, e a questo proposito voglio precisare un aspetto: l’ordinamento giudiziario in Italia è uno, non è né Grillo, né Casaleggio. Io ho avuto una sentenza di primo grado, ma il mio casellario giudiziario è puli-to, in quanto l’Autorità Giudiziaria non ha ritenuto che io debba subire un’iscrizione per una sentenza ridicola di due mesi e venti giorni. I due al vertice del movimento hanno usa-
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to in modo strumentale questa sentenza dopo che Grillo, nello scorso gennaio 2013, mi aveva abbracciato in piazza additandomi quale esempio per la Basilicata, più e meglio di rocco papaleo, come testimoniano i titoli dei quotidiani di quel momento (abbastanza recente – ndr). Nei fatti dicono l’opposto, sostenendo che io avevo dichiarato il falso: ma qui i bugiardi sono loro, in quanto io avevo inviato, a tutti gli indirizzi del movimento, ogni genere di documentazione ben un mese prima delle elezioni online. Ho detto al telefono a Beppe che, in questo modo, stanno facendo un piacere alle multinazionali del petrolio, ai signori della bolletta, ai poteri forti ed alla massoneria che stanno uccidendo la Basilicata. A questo punto lei ha costituito una lista civica, giusto?
accolta, facendo ricorso al TAr è stata ammessa per il “favor parteci-
Certo, ma la mia lista è stata esclusa dalla competizione per non aver citato un articolo di legge della Severino che veniva adoperato per la prima volta in una consultazione elettorale. Da premettere che il Tribunale di matera ha accettato un’altra lista con problematiche simili alla mia. ma c’è di più. La lista di pittella, che non aveva i requisiti per essere
per ora abbiamo attivato queste denunce, poi vedremo come andrà a finire. Messo da parte lo sgomento per come vanno le cose in questo strano Paese, parliamo di politica come progettualità e non come Moloch burocratico: cosa può fare la sua regione per crescere e svilupparsi economicamente?
pationis”. morale della favola, cinquemila euro di spese, più IVA più CDA. per questo ho attivato una raccolta di firme sul web per l’intervento del Consiglio Superiore della magistratura. dunque, alla fine, il danno e la beffa: lei che si è battuto per la sua terra non sarà presente a questa tornata elettorale?
l’Imboscata La prima cosa che devono fare la terra ed il popolo della Basilicata, è quella di togliere dalle istituzioni il livello di corruzione dilagante che è collegato alle corporations, alle multinazionali del petrolio e della monnezza. quindi, inserire nei programmi della regione la salvaguardia del territorio, dell’agricoltura, delle produzioni di qualità e delle acque: quest’ultimo è un problema che riguarda anche la puglia in quanto ci sono più di tre milioni di pugliesi che bevono le acque lucane.
Infine, redistribuire parte del bilancio regionale che si spende e spreca inutilmente solo per conservare quei poteri della massoneria, deviati ed occulti, che stanno distruggendo il nostro territorio.
ma soprattutto interrompere sia l’importazione di veleni ecologici da tutta Europa, che la concessione di altri permessi petroliferi. Ci sono ancora diciotto richieste di estrazione, centosessanta pozzi, che occuperebbero il 73% del territorio lucano.
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Aspettando Miracolo lucano Le proposte di Isaia Giannetti per la Basilicata
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LUCIA lA PENtA
on è necessario scomodare gli antichi filosofi greci per ricordare che, in uno Stato sociale di diritto e di Democrazia, ogni cittadino ha la possibilità di partecipare alle scelte politiche del paese (lo diceva già protagora nella sua opera di ispirazione platonica, Confutazioni). Basterebbe piuttosto rifarsi a quanto esplicitato, a 65 anni dalla sua promulgazione, nella Carta Costituzionale italiana che, tutt’oggi, nonostante il trascorrere del tempo e il cambiare dei Governi, rimane il documento di riferimento più importante e significativo. quello della partecipazione popolare alla vita politica e istituzionale è un argomento che per Isaia Giannetti, leader del movimento della Lucania (nato due anni fa sotto il nome di “miracolo lucano”), è assolutamente prioritario. Tanto da essere in cima al suo programma elettorale formulato in occasione delle prossime consultazioni del 17 e 18 Novembre. “È una questione – ha ribadito il trentasettenne professore nato in America e laureatosi al Boston college – che per me è centrale e che rimarrà tale, nonostante il mio partito sia fuori a meno di un mese dalle elezioni”. Non parla di sgambetti, ma certo è che anche lui come molti altri è rimasto, per non dire scottato, perplesso dai continui volta faccia e dai “giochini delle larghe intese”della politica, non solo di quella lucana.
“Ho invitato Di Bello, vincitore delle primarie del M5S (poi scartato da Grillo, ndr) ad aderire al mio Movimento ma lui – ha chiarito Giannetti – ha preferito tentare un accordo con Sinistra Ecologia e Libertà. Dopo la defezione di diversi suoi candidati ai partiti nazionali, il Movimento della Lucania si è spaccato e Giannetti ha aderito alla lista di DiBello che ormai aveva consolidato l’accordo con SEL a sostegno della candidatura di Silvana Arbia alla presidenza regionale”. ma, con un mezzo golpe, maturato nel cuore della notte prima della presentazione delle liste, sono state cambiate le carte sul tavolo: “Da Silvana Arbia, ora – ha continuato il leader di movimento della Lucania – i nostri elettori si ritrovano a candidato presidente della Regione Basilicata, il Segretario regionale di Sel, Maria Murante. Per questo ho deciso di fare un passo indietro”. C’è sconcerto e delusione nelle sue parole quando, con il cuore in mano, parla di questa vicenda: l’ennesimo schiaffo in faccia a chi non ne può più di inganni.
Chi non fa gli interessi dei cittadini deve poter essere mandato a casa: questo è il lietmotif che, il giovane professore che insegna Inglese nelle scuole superiori e medie di matera, va ripetendo con convinzione nella sua terra d’adozione. La sua è, infatti, una storia di doppia migrazione: prima di lui, il padre è partito giovanissimo da Sulmona negli States e, lì, come molti degli italiani dell’epoca ha tro-
NOVEMBRE 2013 vato “l’America”, lavorando in sales e marketing per diverse compagnie aeree tra cui l’Alitalia. E, proprio in uno dei suoi viaggi di lavoro, tornando in Italia, a roma, ha conosciuto e sposato sua madre, laureata all’Accademia delle Belle Arti della Capitale. Hanno avuto il primo figlio a roma e poi – racconta Isaia – sono tornati in America, dove sono nato io due anni dopo; il primo della mia famiglia ad essere nato negli States. poi, nel 2009, grazie ad un protocollo d’intesa tra gli enti locali, l’Università della Basilicata e quella del massachusetts sono venuto, per la prima volta, a matera per creare una sede dell’università del massachusetts che avrebbe potuto arginare il problema della fuga dei cervelli e trasferire le conoscenze d’oltreoceano nel cuore del mediterraneo”. Una parte di mondo che lui ha sempre amato per la vivacità culturale, gli stili di vita, il patrimonio artistico e ambientale, l’identità data da millenni di grande Storia. La Basilicata gli è entrata subito nel cuore e, con il suo impegno didattico, prima, e con quello politico, poi, si è reso promotore di un movimento, basato sui valori del Cristianesimo.
“La Lucania è una terra fantastica – spiega Giannetti – traboccante di risorse naturali, materiali e immateriali, in primis, di una forte identità che va a tutti i costi valorizzata e preservata attraverso linee politiche che ridiano ai lucani ciò che spetta loro di diritto: Democrazia e Trasparenza, ma anche salute, lavoro, istruzione e turismo. Per assicurare i primi due valori abbiamo proposto l’attuazione del Referendum Propositivo e Deliberativo a costo zero tramite posta elettronica certificata con il quale i cittadini avranno potere di creare leggi in loro favore, approvare o meno la bontà delle decisioni politiche e di monitorare on line, in tempo reale, ogni spesa fatto dagli amministratori pubblici. Inoltre ci sarebbe anche il Referendum di Revoca per mandare a casa chi non fa bene il proprio dovere, così come accaduto in America, dove nel 2011, 150 recall referendum hanno licenziato 75 pubblici ufficiali e nel 2003 addirittura il governatore della California”.
ma, nel suo programma c’è anche spazio per proposte più specifiche
11 per il territorio lucano: dall’aumento delle royalties del petrolio al 50%, allo stop definitivo a nuove trivellazioni, al no a rifiuti extra-regionali di nessun tipo.
“I lucani sono stati – ha ricordato Giannetti – in prima linea nella protesta contro l’individuazione del sito unico nazionale di Scanzano per lo stoccaggio delle scorie nucleari e riteniamo che le royalties del greggio debbano essere utilizzate per costruire migliori infrastrutture scolastiche e sanitarie, per favorire la crescita delle energie alternative residenziali. La Basilicata potrebbe campare solo d’agricoltura ma bisogna creare marchi e consorzi regionali come il Parmigiano in Emilia e Melinda Mele in Trento e lanciare una campagna di marketing internazionale per la promozione dei prodotti eno-gastronomici. Inoltre, dovremo creare cooperative di lavoratori lucani impegnati nel rilancio dell’industria automobilistica (Lucania Motors e il progetto “Un’auto elettrica a 9mila euro per ogni famiglia italiana”), dei salottifici (Cooperativa Lucanetto, il Divano Italiano contro l’industria del falso e del Made in China) e del comparto agro-alimentare (con la Cooperativa Lucania’s Natural)”. “Nel campo del turismo chiediamo che al recupero dei centri storici (come Craco Vecchio, uno dei siti
l’Imboscata abbandonati più suggestivi) e al turismo accademico, si affianchi anche la campagna Lucania, The Authentic Italian Experience, con cui metteremo in evidenza la regione come capitale italiana del nettare degli Dei e della pasta”.
La sua formazione classica lo sostiene nel momento in cui afferma che fu il venosino Orazio a scrivere nel 65 a.C. la prima ricetta della pasta: 700 anni prima degli Arabi a palermo e 1000 anni prima di marco polo in Cina. E che è nell’Enotria, prima che in Toscana, il territorio per eccellenza dei vini rinomati in tutta l’antichità.
È una Basilicata omerica dell’Eldorado, insomma, quella che Isaia Giannetti ha sognato e continua a sognare: “in questo mese che ci separa dalle elezioni – ha concluso – porterò avanti nonostante l’esclusione le mie idee, organizzando incontri tra Potenza e Matera per sensibilizzare i cittadini sul valore della partecipazione politica”.
Continuare ad operare significa per lui credere che un miracolo lucano è ancora possibile. Serve a sperare in un cambiamento positivo per molti e soprattutto per chi sa e vuole migliorare per il bene di tutti.
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Finanza, una logica esoterica
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l termine “esoterismo” deriva dal greco εσωτερικός (esotericos), e sta ad indicare le dottrine di carattere segreto i cui insegnamenti sono riservati agli “iniziati”, ai quali è affidata la possibilità della rivelazione della verità occulta. Da contrappunto a questi insegnamenti segreti, esistono le dottrine “essoteriche” che rappresentano quella parte dell’insegnamento, a cui è ammesso un pubblico più largo e che può essere conosciuta anche dai profani. Sotto l'aspetto umano, fin da remotissimi tempi, l'Iniziazione era considerata nel modo più consono all'epoca ed era comune ad alcuni riti mediante i quali l'uomo entrava sul sentiero del perfezionamento. L'Iniziazione, detta anche seconda nascita, era vincolata al segreto, in quanto certe conoscenze potevano solamente essere elargite a quelli che erano preparati a ricevere, custodire e realizzare tali rivelazioni relative alla natura dei misteri, la cui conoscenza portava verso “l'unione sublime con Dio”. Alcune conoscenze davano, inoltre, la possibilità di risvegliare gli invisibili e superiori poteri dello Spirito, da usare soltanto per il bene dell’umanità. L'apparizione, in luoghi e tempi diversi, di gruppi specializzati per il risveglio e lo sviluppo nell'uomo di facoltà superiori, riguardava solo coloro che erano sufficientemente evoluti, mentre le religioni ortodosse davano l'ispirazione e la guida alla massa dell'umanità. In tal modo, uomini di ogni stadio procedevano dal loro particolare rango a quello successivo, della scala evolutiva. Se volessimo attenerci all’etimologia classica, quindi, dovremmo convenire che la finanza in senso lato, ha tutti i connotati dell’insegnamento esoterico; pochi “iniziati” sono a conoscenza dei meccanismi che regolano la vita o la morte delle nazioni e dei popoli, ai quali è data da digerire una parte dell’insegnamento, quello appunto essoterico, che ci insegna che lo “spread” è qualcosa di reale e tangibile, direttamente correlato alla nostra vita, che le
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decisioni di una entità onnipotente, il mercato, possano e debbano condizionare le sorti dei popoli. Spesso sentiamo dire “il mercato ha deciso”, “le logiche di mercato hanno determinato”, come se ci trovassimo di fronte ad un’intelligenza creatrice che sovrintende ai destini del mondo. Una piccola frase fuori posto pronun-
ciata da un leader politico di quart’ordine può determinare lo spostamento di alcuni punti percentuali del valore di un titolo di debito di uno stato, determinando le sorti di centinaia di aziende e famiglie. Insomma, è possibile che la finanza internazionale si muova come nella più classica teoria del caos, secondo cui il battito d’ali di una farfalla in Cina può scatenare un tornado in Europa? possibile sì, se si pensa alla finanza come una religione, l’unico vero credo contemporaneo, che produce superstizioni e credenze, rimbalzate dai media come tanti altari di questa chiesa invisibile. Alla fine, questi misteriosi poteri occulti hanno ottenuto, in Italia, che i tassi d’interesse titoli di debito statali venissero alzati di qualche punto percentuale. Un risultato niente affatto esoterico, alla faccia dell’impoverimento molto concreto delle persone. L’insegnamento essoterico di questa grande religione, ci insegna sin dalle scuole dell’obbligo il concetto di debito abituandoci a fare i conti con debiti e crediti formativi, ovvero trasformando
capziosamente qualcosa di immateriale come la conoscenza, l’educazione, in qualcosa che possa essere oggetto di trading sui mercati. Il meccanismo con il quale vengono inculcate queste credenze nei “popoli primitivi” è lo stesso da millenni; basti ricordare a titolo d’esempio la celebre vicenda del profeta maometto. per i musulmani il Corano, così come lo si legge oggi, rappresenta il messaggio rivelato quattordici secoli fa da Dio (in arabo Allāh) a maometto (in arabo muḥammad) per un tramite angelico, e destinato a ogni uomo sulla terra.
per di più maometto, che era analfabeta, dovette dettare il messaggio di Dio a vari compilatori che lo trascrissero. Come ha rilevato efficacemente il prof.mariantoni, politologo, scrittore e giornalista recentemente scomparso, questo processo può essere rappresentato come una “triangolazione dialettica”, schema in base al quale qualche entità astratta, Allah in questo caso, rivela a qualcuno (maometto), in base a requisiti non meglio precisati, un insegnamento trascendente, al quale i destinatari finali - tutti gli uomini - non si possono opporre per la semplice ragione che sarebbe assurdo provare a contraddire colui che è solo il latore di un messaggio divino. La credenza che il legislatore religioso godesse di una intimità più stretta che non i comuni mortali, nei rapporti con la Divinità, riempie le tradizioni antiche di molte nazioni. Secondo un notissimo passo in Diodoro Siculo, gli Egizi credettero che le loro leggi fossero state comunicate a mnevis da Ermes. I Cretesi sostennero che minosse avesse ricevuto le leggi da Zeus. I Lacedemoni erano convinti che Licurgo avesse ricevuto le sue leggi da Apollo. Gli Ebrei che mosè le ricevette da Javè. questo meccanismo ha molto a che vedere con l’attuale modello di trasmissione delle verità essoteriche alle masse, e quindi alla religione-finanza; c’è sempre dietro una entità occulta
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inarrivabile. questo discorso vale per i mercati :”il mercato ha deciso”, per le politiche interne “L’Europa ha stabilito”, ma anche nella vita di tutti i giorni: “non possiamo decidere noi, bisogna sentire gli uffici centrali”. Inoltre questo meccanismo rende possibile proporre alla gente comune, il Guru di turno, colui che correttamente interpreta il messaggio. Occorre a questo punto chiarire meglio la differenza tra la finanza, madre delle logiche astratte in obbedienza alle quali, se il mercato decidesse che dobbiamo morire, ci sarebbe senz’altro una più che valida ragione, e l’economia che è « oikonomia » in greco, ovvero l’arte del ben gestire o del ben amministrare ciò di cui si dispone, per poterlo poi impiegare o adoperare nella soddisfazione di bisogni o nell’appagamento di esigenze o di necessità considerate utili o indispensabili. Nella gestione di ciò di cui si dispone, non vi sono logiche occulte, nella distribuzione equa delle risorse, non possono intervenire interessi di parte, ma da quando l’economia ha cominciato a coincidere con la finanza, e dunque con l’allontanamento dal bene tangibile, dalla produzione reale, si è creato un dogma che solo, alcuni iniziati spesso nascosti nell’ombra, riescono ad interpretare. La voce di questi moderni contro-iniziati sono i Guru di turno, pifferai che tutti i giorni vediamo apparire nei telegiornali e sulle pagine dei quotidiani. I moderni profeti, questi contro-iniziati con l’Ipad, vanno ciarlando di minacce di catastrofe finanziaria generalizzata, allo stesso modo di come se parlassero di “diluvi universali” o di paventati castighi divini, e la gente comune, che non possiede nessun rudimento di finanza non comprende che le cicliche e reiterate minacce di catastrofe, sono da sempre un astuto e contingente espediente per meglio farci pagare, sotto una forma o l’altra e per tenerci schiavi di poche “elites” consapevoli che reggono i destini dell’umanità. Tali dinamiche, giocano tutte sulla paura di vedersi sottrarre il poco (o molto) che si possiede, esse vengono preventivamente e proditoriamente studiate a tavolino dagli gnomi della finanza internazionale, per cercare di convincere l'uomo della comune che esista e sia reale un principio del tutto astratto quale “la finanza”, “i mercati” ecc., al fine di fargli accettare obtorto collo di rinunciare al suo ex-acquisito tenore di vita e di azzerare le sue pre-
13 tese salariali e sindacali fino a rendere tutti schiavi. molte volte si fa ricorso agli insegnamenti tradizionali per ottenere una certa lettura della realtà che possa essere utile per ottenere i propri obiettivi di parte, per esempio il cosiddetto ”enneagramma” che è un modello matematico del modo di procedere dei fenomeni naturali, figura alla base dell'insegnamento di Georges Ivanovič Gurdjieff, mutuato da quest’ultimo dagli insegnamenti dei Sufi (corrente esoterica legata all’Islam). Determinati meccanismi di funzionamento sono buoni sempre, a prescindere dall’utilizzo che se ne pratichi, quindi l’enneagramma che citiamo solo a titolo d’esempio perché il tema dovrebbe essere appropriatamente sviluppato, si presta a finalità più o meno edificanti, così è anche per le leggi che regolano le energie messe in moto dall’ “inconscio collettivo” per dirla alla Jung. Volendoci addentrare maggiormente nel tema esoterico, dobbiamo introdurre, per meglio comprendere come operino i moderni sacerdoti della finanza, il concetto di eggregora. Il significato del termine sarebbe "colui che veglia" con una probabile origine egizia da "gergu" o "ger-re" = silenzioso, con riferimento "ai reggenti invisibili e silenziosi dell'umanità, sulla montagna sacra. Traducendo in pratica, quando più individui sono fra loro "legati" da contemporanea ed identica ritualità, come avviene nelle religioni ad esempio, essi formano, o attirano, un'eggregora ed essa instaura un rapporto invasivo e permanente fra e con i membri della catena stessa. L'eggregora agisce, a prescindere della consapevolezza o meno degli appartenenti alla catena, nell'identico modo in cui i fluidi trovano passaggio all'interno dei vasi comunicanti. queste creature energetiche autonome si nutrono di preghiere, pensieri, atti di volontà magica, ma anche di emozioni debitamente canalizzate, ed è in base all’energia trasmessa che le stesse prenderanno connotazione ed inflessione e generando un'entità autonoma, una concrezione di quel pensiero. Entrare in contatto con un’egregora significa mettersi in relazione con un potente condensatore di energia che assomma quella di tutti coloro che ne fanno parte più o meno consapevolmente. Tra i più potenti mezzi utilizzati nei secoli per alimentare le forme psichiche c’era la pratica del sangue. Essa era ben conosciuta agli antichi
l’Approfondimento
romani, che solevano propiziarsi gli Dei attraverso rituali cruenti, dove sacerdoti sacrificavano animali puri nati sotto buoni auspici. ma come si può veicolare ed indirizzare l’energia di una eggregora? La religione in generale, come ben sappiamo, è costituita dal corpo dei fedeli, e dal corpo vescovile, di cui i preti sono coadiuvatori. La finanza funziona allo stesso modo, c’è la massa di sudditi, e ci sono ad un livello più alto poche persone consapevoli che potremmo definire “iniziati”, dei quali i guru della finanza ed i politici nazionali sono i maggiordomi. In tale ambito è quindi il corpo degli iniziati, e chi ha da loro delega, che può indirizzare le energie dell'Eggregora. L’energia necessaria al compimento del rito è acquisita da una serie di componenti emotive, psichiche e sottili che sono il frutto sia della massa dei fedeli, ma anche della continua riproposizione dei riti e delle cerimonie, e del pathos che esse comportano pensiamo alle minacce di catastrofe finanziaria generalizzata. questi elementi sono comuni a tutte le forme organizzate di ritualità. L’energia è trasferita dunque verso l’eggregora attraverso “rituali” in senso ampio. Appare a questo punto chiaro che, quando si cerca di enfatizzare le minacce di crisi, il crollo della finanza mondiale, e se ne ripropone ossessivamente il canovaccio attraverso i mass-media è perché si sta partecipando inconsapevolmente ad un rituale segreto. Esiste un'altra verità che potremmo definire esoterica, e cioè che i meccanismi che reggono l’attuale finanza virtuale e che rispondono a logiche “genocide” o meglio l’eggregora che li anima, con il passare dei secoli diviene sempre più “vampirica” richiedendo sempre maggiore energia per continuare ad esistere e diventando infine vorace, rivelando gli aspetti più sinistri del suo aspetto, mostrando il volto sulla tela di “dorian gray”. A quel punto possiamo essere certi che questo stato di cose volge finalmente al termine. Viviamo in tempi nei quali le grandi ideologie, le grandi religioni, le grandi aggregazioni umane tendono a dissolversi. Assistiamo alla discesa dell’Uomo nell’individualismo che, se rettamente interpretato, rappresenterà il seme dal quale nascerà l’Uomo nuovo, libero dall’ipnosi delle grandi illusioni che l’hanno tenuto in catene per millenni. *Associazione “Il Cervo Bianco”
l’Impresa
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XFIRE SISTEMI
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DALLA CAMPANIA ALL’EUROPA
he questo sia un periodo di recessione è ormai assodato, e non c’è giorno che al telegiornale o sui notiziari non si ascolti o legga la parola “crisi”. Nell’attuale contesto economico e sociale questa crisi continua incessantemente a mietere vittime tra le imprese: nel secondo trimestre del 2013 le procedure di liquidazione e di insolvenza sembrano essere aumentate a ritmo vertiginoso, e ancora meno incoraggianti sono i dati percentuali relativi alle aziende che hanno definitivamente chiuso i battenti, con ricadute disastrose in termini di perdita di posti di lavoro. Nessun settore sembra esserne completamente immune: secondo i dati forniti dall’Osservatorio sui fallimenti, procedure e chiusure di imprese, questi sono in netto aumento rispetto a quelle registrate nell’anno precedente e volendo sintetizzare i dati, anche da un punto di vista geografico, nel Nord del paese procedure e liquidazioni sono aumentate a ritmi dell'11%, nel mezzogiorno e nelle Isole dell'8,4%, mentre nel Centro Italia del 6,7% (fonte: Cerved Group). Una vera apocalisse, insomma? Tutto sommato, forse no (o almeno non del tutto): al Sud, ma soprattutto in Campania, si registra un nuovo slancio del sistema imprenditoriale regionale, e facendo ovviamente le dovute distinzioni anche in base ai settori produttivi - il panorama aziendale appare comunque in fermento, specie quello che vede in netto aumento le imprese fatte da e con i giovani. Il secondo trimestre del 2013, sottolinea la Unioncamere Campana, mostra un discreto rafforzamento numerico del sistema imprenditoriale: e in base al rapporto annuale della Banca d’Italia, pur essendo entrata ormai al quinto anno di recessione e mostrando riduzioni nei flussi di produzione e di investimento, la nostra regione presenta anche delle aree a forte specializzazione manifatturiera, che hanno superato i livelli di attività
ALINA dOMI
precedenti la crisi e che operano sia in settori tradizionali (agroalimentare, abbigliamento), sia in settori ad alto contenuto di tecnologie. Ed è proprio con riferimento a tale ultimo profilo che si colloca oggi una di
queste affermate realtà: ha, infatti, la sua sede principale a San marco Evangelista (Caserta), la Xfire Sistemi s.r.l., azienda che si occupa della pro-
gettazione (con disegni in 3D) e della realizzazione di impianti di trattamento aria (condizionamento e ventilazione), impianti per la sicurezza antincendio, impianti idrici e trasporto fluidi nonché di sistemi di gestione e controllo degli impianti meccanici. E’ diventata “maggiorenne” proprio quest’anno, la Xfire Sistemi, che, nata 18 anni fa come specialista nell’antincendio, oggi si posiziona tra le più qualificate realtà del comparto progettazione ed installazione degli impianti tecnologici anche di tipo meccanico, in ambiente ferroviario e metropolitane nonchè in contesti civili ed industriali. L’ambito che maggiormente connota l’attività svolta da questa azienda è proprio il settore metropolitane e ferrovie sotterranee: sia a Napoli che in altre città italiane il nome della Xfire è legato a delicati interventi per quanto concerne gli impianti antincendio, HVAC (acronimo che sta per “Heating, Ventilation and Air Conditioning”, ossia riscaldamento, ventilazione e condizionamento dell'aria), idrici, di security, controllo accessi e così via di importanti stazioni. prima tra tutte la stazione “più bella d’Europa”, così definita dal quotidiano britannico Daily Telegrafh: stiamo parlando della Stazione Toledo, Linea 1 della metropolitana partenopea, progettata dall'architetto catalano Oscar Tousquets Blanco ed arricchita dalle opere di numerosi artisti italiani e stranieri, attiva da un annetto circa. Con il Gruppo Astaldi (contractor nei settori infrastrutture di trasporto, acqua ed energia rinnovabile, edilizia civile ed industriale), infatti, la Xfire ha realizzato tutti gli impianti meccanici, da quello di sbarramento ai fumi - cd. "smoke repellent system" - a quelli idrici, sanitari, di sollevamento acque chiare e scure, di spegnimento incendi e di climatizzazione a 360 gradi. Stessa cosa per l’uscita montecalvario della Stazione medesima, inaugurata il 19 settembre scorso. rimanendo in Campania, la Xfire ha
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anche lavorato, con Ansaldo STS, agli impianti antincendio ed aggottamento della Linea metropolitana Alifana inferiore, specificamente nei tratti piscinola-mugnano ed Aversa-Giugliano. Una realtà, insomma, che nasce nel Sud, ma che non solo al Sud, tuttavia, opera: come sottolineato anche dal Dott. renato Serpieri, uno dei manager della società, uno staff altamente qualificato, composto prevalentemente da giovani (i dipendenti sono quasi tutti al di sotto della quarantina), unito a grinta, entusiasmo e determinazione
- ancora più rilevanti in un momento drammatico come quello che attraversa il nostro paese – sono elementi basilari per il successo di un’azienda, che, con una media di 70 dipendenti in due anni e la prospettiva di ampliarne il numero nell’immediato futuro (specie ingengeri), si avvale di una metodologia di lavoro fondata su di un validissimo sistema di gestione per la
15 qualità conforme alle norme ISO 9001/2008 nonché sull’elevata specializzazione del personale. quest’ultima si evince anche, tra l’altro, dalle tecniche di progettazione in tridimensionale, “specialità” dell’azienda: gli addetti dell’ufficio tecnico, difatti, sono tutti capaci di disegnare in 3D gli impianti progettati e da realizzare. All’interno dell’azienda, inoltre, operano vari addetti supportati dai più aggiornati sistemi hardware e software, come pure è prevista la consulenza di professionisti per particolari progetti. Gli scopi che la governance dell’azienda intende perseguire si riassumono innanzitutto nella realizzazione ottimale dei lavori richiesti e, conseguentemente, nella soddisfazione del cliente, che viene tenuto aggiornato in manie-
ra sistematica sulle novità e/o miglioramenti possibili degli impianti già forniti. Che la Xfire Sistemi sia una realtà aziendale in espansione (e questo oggi è già un dato positivo) è testimo-
l’Impresa
niato dal fatto che essa non opera solo in Campania, ma ha contributo ad interventi importanti a livello nazionale ed internazionale. Tra questi ricordiamo gli impianti del passante ferroviario di Torino e la costruzione di tutti gli impianti meccanici (HVAC, sicurezza antincendio, idrici) della Nuova Stazione Alta Velocità di Bologna. Sebbene la sede principale, infatti, sia in provincia di Caserta, in realtà tutti i cantieri cui l’azienda partecipa si organizzano a loro volta come ulteriori e grandi sedi.
Tra gli altri interventi italiani, ricordiamo, ancora, i lavori effettuati in occasione della ristrutturazione dell’Ospedale di Vasto, quelli realizzati al porto di Savona e presso il CIrA, ossia il Centro Italiano ricerche Aerospaziali. A testimonianza di una vocazione imprenditoriale di livello internazionale si pone, poi, la tendenza della Xfire verso l’Europa: essa sta attualmente lavorando alla metropolitana di Varsavia, polonia, e nei prossimi anni conta di ampliare il proprio mercato di riferimento includendovi la Turchia e la Danimarca.
l’Economia
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SBARCA A COSENZA L’UNIVERSITA’ TELEMATICA PEGASO
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irmati oggi dall’Università telematica “pegaso” alcuni protocolli d’intesa con il Comune di Cosenza e con un lungo elenco di associazioni, aziende private, Ordini professionali. Il primo documento della giornata il presidente Danilo Iervo-
lino (nella foto a lato con il Sindaco cosentino) lo ha siglato, a palazzo dei Bruzi, con il Sindaco mario Occhiuto, dopo avere illustrato, insieme al Direttore di Unipegaso Calabria manlio Caruso, la mission che si è data la “pegaso”, che, istituita nel 2006, è una delle undici Università telematiche riconosciute dal ministero Istruzione università e ricerca. L’offerta della pegaso prevede corsi di laurea, ma anche corsi di perfezionamento, di alta formazione, master di I e II livello.
Iervolino ha parlato di un progetto complesso che si basa sulla volontà di creare un forte raccordo con il territorio, elemento metodologico ritenuto in grado di fare la differenza per ottenere che le giovani eccellenze calabresi restino qui invece di fuggire altrove.
“La nostra Università –ha detto Danilo Iervolino- non è in contrapposizione con quella tradizionale, ma offre sbocchi ed opportunità parallele. Abbiamo finora formato 60.000 persone lavorando insieme a sindacati, Confindustria, ministeri, molti altri enti. Abbiano creato un meccanismo virtuoso che, attraverso il web, si concentra sulle reali esigenze di apprendimento,
rispondendo agli imperativi: da ovunque e in qualsiasi momento. Diamo così un’opportunità a tutti, anche a chi per qualche motivo parte svantaggiato, perché la nostra piattaforma formativa si adatta in maniera intelligente alle persone. I nostri docenti sono fra i
migliori e vengono affiancati da altre 150 figure professionali di supporto agli studenti.” In conclusione “la pegaso non è una semplificazione dell’ateneo tradizionale, non è un minus bensì un plus.”
E la collaborazione anche con l’Università tradizionale era rappresentata dalla presenza in sala di tre docenti Unical, i professori menichini, Caterini e Calabrò, affiancati da altri dirigenti pegaso tra cui Elio pariota, Carmine
piscopio e Nando Verardi.
manlio Caruso ha sottolineato che la forza della formazione pegaso sta nel non essere fine a se stessa, ma, attraverso le convenzioni firmate e quelle in itinere, molto bene ancorata al mondo del lavoro: “E questa è certamente
una novità ed una grandissima opportunità per la Calabria, sia per chi già ha un lavoro e vuole migliorare la propria condizione, sia per gli studenti appena usciti da scuola ma desiderosi di un titolo di studio che si apra a concrete prospettive di inserimento lavorativo”.
Ha concluso il Sindaco mario Occhiuto, che si è soffermato sulla capacità insita nel progetto pegaso di inquadrarsi nel proprio progetto-città: “pegaso rientra innanzitutto nella nostra idea di smart city, città intelligente, nel quale l’Amministrazione è già fortemente e brillantemente impegnata su più fronti. Allo stesso tempo risponde alla nostra esigenza di valorizzare il capitale sociale che abbiamo a disposizione, come accade in moltissime città, sia dell’Occidente che orientali, che hanno puntato sulla conoscenza e sull’innovazione la capacità di sviluppare il territorio, attraendo e facendo restare in loco le nuove intelligenze. Infine, Unipegaso offre proprio a tutti la possibilità di proseguire gli studi e accrescere le competenze e, per questo, si armonizza con la nostra idea di facilitare l’accesso delle persone ai servizi di ogni tipo.”
Subito dopo, la firma del protocollo e dell’accordo quadro, al quale ha lavorato il Dirigente del I Settore Amministrativo Lucio Sconza. Si prevede una collaborazione per la ricerca e la formazione professionale e i dipendenti comunali che vogliano
iscriversi ai corsi online avranno delle agevolazioni sui costi. Inoltre, sono previsti tirocinii formativi e di orientamento per gli studenti dell’Unipegaso, senza oneri nè per il Comune nè per l’Università.
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il Convegno
FUNDRAISING E POLITICA, PRESENTATO COMPETERE.EU
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resentato presso la sala stampa della Camera dei Deputati, il rapporto 2013 “fundraising per la politica: analisi comparativa tra Italia, Stati Uniti d’America e regno Unito” realizzato dal Centro Studi sul Non profit e da Competere. I lavori sono stati aperti dal segretario Generale roberto race, in veste anche di moderatore, e sono continuati con le relazioni del Senior fellow, raffaele picilli, e di marina ripoli, esperta di comunicazione politica e fellow, come i precedenti, di Competere.Eu. Tema delicatissimo, quello affrontato: la ricerca di fondi e la regolamentazione della stessa in materia di finanziamento alla politica per le proprie attività nel momento in cui è massima la disaffezione dei cittadini e la credibilità dei partiti. Un corto circuito del sistema della democrazia partecipata che, si spera, una nuova e più trasparente visione mediante la nuova legge allo studio, possa riattivare. picilli ha segnalato i rischi dovuti alla mancanza di un codice etico che distingua “chi” può dare i soldi alla politica e della tracciabilità delle donazioni che, in gran parte, sono in contanti e fatte da persone “vicine” ai donatori per sviare sospetti.
La ripoli, invece, ha spiegato come il “foudraising”, ossìa la ricerca di sostentamenti economici da soggetti privati per la politica, sia un’attività prevalentemente di comunicazione e mobilitazione. Necessario, dunque, rivolgersi a professionisti. Inutile dire che il confronto tra i tesorieri del popolo della Libertà maurizio Bianconi e quello del partito Democratico Antonio misiani ha tenuto banco. Bianconi ha rivelato di aver iniziato quest’attività politica e militante dai quindici anni, con sistemi che oggi sarebbero improponibili, ed ha sottolineato la scivolosità di un piano dove, in generale, chi da soldi si aspetti sempre qualcosa in cambio. misiani, invece, ha cercato di spiegare l’inversione di tendenza della nuova normativa che va nel senso della discontinuità, con un finanziamento ai partiti non più pubblico nel senso che ha oggi, a prescindere, cioé, dal proprio operato. Tra le novità, la possibilità di un 2 per mille che farebbe diventare il finanziamento una cosa di massa. La deducibilità è scaglionata a seconda dei soggetti che donano con una punta massima del 37%.
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IL SUD PUZZA
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PINO APRILE PRESENTA IL SUO LIBRO rAffAELE sANtIllO
Non ci sto”. Con questo grido lanciato da tutte le persone presenti nel palazzetto dello sport di Orta di Atella, si è concluso il convegno-incontro ‘Sud avvelenato’, durante il quale è stato presentato l’ultimo
tà. Il mio lavoro può essere giudicato come un manuale sugli incontri. racconta il mio viaggio tra le testimonianze dei compagni, i quali hanno parlato dei problemi delle loro terre. Ho intrecciato queste storie di vita,
libro di pino Aprile ‘Il Sud puzza’. moderata dal giornalista marco Esposito, alla presenza dell’autore e di don maurizio patriciello, la manifestazione ha visto la partecipazione di tantissime persone, provenienti da diverse regioni del mezzogiorno quali la Sicilia, Basilicata, Calabria, puglia ed ovviamente Campania. La serata, iniziata con un minuto di silenzio in ricordo di chi non c’è più, è stata caratterizzata da numerosi momenti di commozione e di sfogo nei confronti di quelle istituzioni che troppo spesso dimenticano l’Italia meridionale. proprio da questo concetto è partito Aprile, il quale ha affermato: “Da uno degli ultimi rapporti è emerso che solo due volte, in 150 anni, il Sud è stato peggio di ora. Una di queste fasi è stata vissuta durante il periodo risorgimentale, fatto di soprusi e saccheggi. proprio in momenti come questi, la forza della gente si unisce per superare le difficoltà. Vengono fuori quelli che in psicologia chiamano ‘I ribelli positivi’, che, attraverso delle regole condivise, agiscono insieme per affrontare i problemi. Nel mio ultimo libro, per esprimere questo concetto non ho trovato nessun termine adatto sul dizionario della lingua italiana. per questo nasce la parola ‘cancioli’, venuta alla luce da un errore audio durante una mia intervista. La traduzione del termine è costruttori di sana comuni-
creando una rete. Don milani intendeva la politica come un qualcosa da fare insieme, da soli non si trovano soluzioni. Ebbene, con questo libro ho cercato di realizzare il concetto di politica di don milani”. Sul palco di Orta di Atella, si sono alternati proprio i protagonisti di queste storie, decine di ‘cancioli’ che, interrogandosi a vicenda, hanno raccontato le loro storie, spesso drammatiche, e il modo in cui stanno cercando di risolvere i problemi della loro terra. Dai rifiuti e alla camorra campana, alla questione dell’Ilva pugliese, passando per il disastro idrogeologico lucano e la mafia siciliana, i ‘cancioli’ hanno dimostrato, attraverso la loro testimonianza, come uniti le cose possono cambiare. Interessante l’intervento della signora raffaella, commerciante di Ercolano, che anni fa ha denunciato la tentata estorsione subita, facendo arrestate gli emissari dei clan camorristici che chiedevano il pizzo. “Oggi- ha riferito raffaella – posso dire di aver vinto la mia guerra. Ad Ercolano nessuno più paga il pizzo e grazie a due grandi sindaci, Nino Daniele e Enzo Strazzullo, è nata l’associazione antiracket”. Toccante più che mai la testimonianza di Tina, mamma che ha perso la sua bambina per un linfoma. “Nonostante il grande dolore provato – ha affermato – siamo ancora preoccupati. Infatti, che ha la fortuna di
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avere altri figli, sa che i bambini continuano a respirare aria inquinata dai continui roghi e a mangiare prodotti coltivati a pochi metri da discariche abusive e non. Nessuno più si permetta di dire che i nostri figli sono morti a causa del cattivo stile di vita. questi bimbi avevano il diritto di vivere. Le istituzioni completamente assenti al Sud chiedano perdono a questi bimbi”. Ha preso la parola anche Antonio panico che ha affermato: “questa sera ci sono tantissime persone arrivate dai punti cardinali del Sud. Il meridione deve riacquistare il senso di popolo, tutti i suoi problemi devono essere affrontati in massa, così come stiamo facendo stasera. Le associazioni devono diventare un organismo unico. In 150 anni ci hanno azzerato come popolo, adesso bisogna dire basta”. molto significativo, è stato l’intervento di don maurizio patriciello, incentrato ovviamente sul problema della Terra dei fuochi. “L’Italia meridionale – ha dichiarato il parroco - subisce da 150 anni e molti non capiscono che questa è la parte migliore del nostro paese. qui ci sono persone che, rimetten-
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doci tempo, salute e spesso la vita, vanno per le campagne per vedere cosa succede. Avvisano le istituzioni di quanto avviene nella nostra terra e chi sta al potere cosa fa? Nulla. Anzi ci accusa pure di immobilismo, di mangiare male o di fumare molto. Le cose stanno cambiano però. Oggi è un intero popolo che scende in piazza, non un solo uomo o un comitato. L’altra sera, a Casal di principe c’erano tantissime persone e un giovane mostrava un manifesto su cui c’era scritto: La camorra ordina lo Stato esegue. Dopo qualche giorno, ho riferito del contenuto di questo striscione al presidente della repubblica Giorgio Napolitano, il quale è quasi svenuto sulla sedia. Io dico, solo voi politici, potete fare in modo che frasi così non si leggano più. Solo lo Stato, assente e spesso considera-
il Territorio
to un nemico dal popolo, può accorciare le distanza con la gente e aprire le porte del potere. Invece tutto questo non succede. Oggi, ripeto, le cose stanno cambiando. Non è un piccolo gruppo che alza la voce, ma un intero popolo che è stato posto sotto osservazione. Se possiamo parlare di un sussulto di meridionalità lo dobbiamo anche a pino Aprile e ai suoi libri”. Concludendo il suo intervento, padre maurizio si è rivolto ai rappresentanti delle delegazioni provenienti da altre regioni del meridione: “Vogliamo dare il benvenuto ai nostri fratelli del Sud: abbiamo la stessa storia, fatta ancora oggi di maltrattamenti: uniti possiamo farcela”. La serata è stata chiusa da un piccolo spettacolo musicale di mimmo Cavallo. Nel palazzetto dello sport di Orta di Atella c’erano anche la senatrice del partito democratico rosaria Capacchione e l’assessore del Comune di Napoli Nino Daniele. Durante la serata è stata presentata anche un’altra manifestazione contro l’emergenza ambientale in Campania, che si terrà a Napoli il 16 novembre.
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LA VITA DI EFISIO MARINI Colui che pietrificò il sangue di Garibaldi ANNALISA CAstEllIttI
La storia del medico e naturalista Efisio marini, nato a Cagliari il 13 aprile del 1835 e morto all’alba del nuovo secolo, è a tutt’oggi avvolta nel mistero, benché alcuni studiosi si siano interessati in questo ultimo decennio alla raccolta delle sue opere scientifiche per garantirgli quella fama che non ricevette in vita. ricordato dai professionisti del settore con l’epiteto de “Il pietrificatore” che sfidò la morte, marini portò con sé nella tomba il segreto della vita eterna, quel metodo che a suo avviso avrebbe consentito di mantenere la flessibilità e il colore naturale delle strutture anatomiche con una particolare miscela di sali metallici di sua invenzione. ma paradossalmente furono proprio i risultati positivi conseguiti nel campo della conservazione dei cadaveri a provocare scetticismo e timore nei suo confronti, a tal punto che, nel periodo post-unitario, l’ambiente culturale del tempo e i suoi concittadini, in preda alla superstizione, denunciarono anche la sua presunta appartenenza alla massoneria. Allontanatosi indignato dalla città matrigna e dopo numerosi viaggi in Europa, che lo portarono all’Esposizione Universale di parigi, occasione questa che lo rese popolare e gli permise di guadagnare la stima dell’imperatore Napoleone III, marini si trasferì nel 1867 a Napoli, dove trascorse anni di intenso lavoro. Infatti alcune tracce dei suoi originali esperimenti sono attualmente conservati presso il museo dell’Istituto di Anatomia dell’Università partenopea. frutto di una tecnica alternativa di preparazione organica, la pietrificazione sperimentata dallo scienziato cagliaritano su diversi corpi ha la peculiarità di affascinare in maniera particolare i visitatori del prestigioso museo in Via Armanni, grazie all’esigenza estetica e alla ricerca del bello ideale perseguite con ostinazione dall’autore. fra i pezzi della collezione, visitabili su cortesia del professor Vincenzo Esposito, direttore dell’Istituto di Anatomia, spicca, per la singolare bellezza, un tavolino il cui piano è formato da un impasto di sangue, cervello, fegato, bile, polmoni (molto simile a quello che il marini donò a Napoleone III) e sul quale è adagiata la mano di una giovane donna: un insieme che a prima vista suscita grande stupore per la perfetta conservazione e la freschezza del colorito. Tra gli altri preparati del marini raccolti presso lo stesso museo si possono anno-
verare sei piedi, venti mani e due arti superiori "in toto". Un particolare anatomico, pietrificato da marini nel 1864, è inoltre conservato nella facoltà di medicina di Sassari. Si tratta – come confermano i dati ricavati dall’Archivio Comunale – di una mano di fanciulla con polsino in argento donata alla città dall’autore, in seguito alla sottoscrizione per una medaglia d'oro fatta coniare in suo onore da un gruppo di 1564 ammiratori sassaresi. La mano, conservata allo stato coriaceo, ha la proprietà di riprendere colore e morbidezza naturali se trattata secondo le indicazioni contenute nel biglietto autografo che le è allegato.
ma chi era, in realtà, il leggendario Efisio marini e perché ancora oggi il suo nome suscita allo stesso tempo ammirazione e scalpore? questo e tanti altri interrogativi sono racchiusi tra le pagine del tempo, che vanno sfogliate con cautela da chi voglia indagare sul significato delle sue scelte private e professionali. Affascinante personaggio della cultura letteraria e scientifica dell’Europa del secondo Ottocento, nonché testimone oculare della trasformazione storica del Sud Italia, marini apparteneva ad una agiata e numerosa famiglia di commercianti. Nel 1859, si laureò in medicina nella sua città e successivamente si trasferì all’Università di pisa per completare gli studi biologici come allievo, tra gli altri, del paleontologo Giuseppe meneghini. Dopo aver conseguito anche la laurea in Scienze Naturali, nel 1861 fece ritorno a Cagliari, dove iniziò, non ancora venticinquenne, una collaborazione come assistente presso il museo di Storia Naturale. fu in questo periodo che marini – come afferma nei suoi scritti lo studioso di storia medievale e moderna Corrado Zedda – «prende a studiare i fossili, maturando l’intuizione di un processo inverso a quello naturale, che possa arrestare il fatale processo di degradazione delle sostanze organiche, animali e vegetali, e inizia i suoi studi sui cadaveri nell’obitorio del cimitero cittadino. Dopo cinque anni di ricerca, gli esperimenti che compie su un braccio di un cadavere danno risultati sorprendenti: egli riesce non solo ad arrestare il processo della decomposizione, ma anche a far conservare ai tessuti e ai muscoli l’elasticità e la plasticità che possiedono in vita ed a mantenere in essi l’incarnato originale, trattandoli per immersione con sostanze e reagenti da lui ideati». Una passione questa che aveva dimostrato fin da bambino, come dimostra un simpatico aneddoto in cui si narra lo stupore della madre fedela marturano, di origini napoletane, nel vedere suo figlio
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tornare a casa con una gamba di un uomo ed apprestarsi a studiarla sul tavolo da cucina!
Dal Dizionario Biografico degli Italiani (Traccani), che d’altronde fornisce un cospicuo elenco di riferimenti bibliografici, si evince che al crescente interesse per la paleontologia marini mostrò da subito, nonostante la sua giovane età, anche una enorme passione per lo studio del processo di conservazione della materia organica, conseguente al fenomeno naturale della fossilizzazione o realizzato artificialmente mediante la tecnica della “pietrificazione”. risultato dei suoi primi tentativi sperimentali fu il lavoro scientifico dal titolo Idee di paleontologia generale, che pubblicò a Cagliari nel 1861 e in cui scriveva che «le divisioni cronologiche non si possono desumere dalla paleontologia, se non prendendo in considerazione la totalità della fauna e della flora, restando unicamente incontrastabile la legge della successione, sempre ed ovunque identica, ed essendo invece le divisioni sempre relative al grado delle nostre cognizioni e quindi almeno in parte arbitrarie». Di grande interesse fu il suo rapporto con alcuni illustri personaggi del risorgimento, tra cui spicca Giuseppe Garibaldi. Di fatto il nome di marini compare tra coloro che nel 1865 seguirono l’eroe dei due mondi in Aspromonte. E fu in quell’occasione che lo scienziato pietrificò il sangue fuoriuscito da una ferita riportata da Garibaldi nella battaglia, sangue che modellò a forma di medaglione per donarlo al generale. quest’ultimo – riferisce lo studioso Gianfranco murtas – ringraziò il suo soccorritore con una lettera ufficiale che ne attesta il merito: «Grazie per la bellissima medaglia, opera del vostro genio veramente straordinario. La vostra terra natale andrà superba di voi ed i miei figli avranno imperituro un ricordo di me e dell’autore dell’opera stupenda». Il 17 febbraio 1866 il Comune di Cagliari lo incaricò di procedere alla conservazione della salma dello storico pietro martini, sepolto presso il cimitero di Bonaria. Dopo più di cento anni, gli studiosi Corrado Zedda e Luigi Serra, componenti del gruppo di ricerca sulla figura di Efisio marini, con la collaborazione del dott. Antonio maccioni, primario del reparto di Anatomia patologica del Santissima Trinità di Cagliari, hanno ottenuto l'autorizzazione da parte delle autorità competenti per la riesumazione del corpo pietrificato del martini. «Ogni partecipante – spiega Zedda, appassionato da sempre alla figura del pietrificatore – ha fornito il suo apporto allo studio del marini, secondo le sue competenze e i materiali, spesso inediti, da lui posseduti. Nel 2006 abbiamo riesumato la salma dello storico pietro martini, pietrificato da marini nel 1866. fu il primo intervento dello scienziato e infatti l’esito non fu del tutto positivo, anche perché la salma non venne conservata secondo le disposizioni date da
il Mistero
marini. I risultati conseguiti dal gruppo di ricerca, costituito da storici, medici, un anatomopatologo, fumettisti e addirittura un pronipote dell'illustre scienziato, sono stati divulgati attraverso libri, convegni e un sito internet (www.efisiomarini.info.)».
I vari documenti a disposizione rivelano il desiderio di marini di dirigere un istituto universitario di anatomia umana, che la legge Casati del 1859 avrebbe reso possibile solo a patto che lo studioso di medicina avesse svelato la formula chimica della composizione utilizzata per il processo di pietrificazione. Compromesso che lo scienziato non fu mai disposto ad accettare. Dopo questa delusione, si narra che nel 1867, preso dallo sconforto e dall’ira, in una fredda mattinata di inverno, si sarebbe recato al molo del porto di Cagliari e da quel luogo avrebbe gettato in mare le sue opere, gli esperimenti e i composti chimici. Dopodiché sarebbe partito, con la speranza nel cuore di veder finalmente riconosciuto il proprio valore, alla volta di Napoli, dove strinse legami con personalità note della tradizione artistica e storico-filosofica partenopea come Giovanni Bovio, autore dell’epitaffio tuttora presente nell’atrio dell’università di Cagliari, e Salvatore Di Giacomo. Negli stessi anni – come testimoniano le macabre immagini possedute dallo scrittore Giorgio Bertorino in qualità di remoto parente dello scienziato sardo – marini si occupò della mummificazione di celebri personaggi, tra cui lo scrittore-patriota Luigi Settembrini e il marchese Ignazio d’Afflitto. Tra i corpi pietrificati compare anche quello della piccola maria Courrier.
I risultati del suo prestigioso lavoro scientifico furono poi resi noti nella sezione “preparati anatomici” all’Esposizione Industriale Italiana, svoltasi a milano nel 1881, notizia che si evince da un libretto autografo dello stesso marini.
Dopo un breve ritorno nell’amara città natale, dove si recò per ringraziare la “Società degli operai”, che aveva deciso di onorarlo con una medaglia, ritornò a Napoli. qui, al limite tra la miseria e una “incipiente follia”, trovò la morte l’11 settembre del 1900. Cosa resta oggi della storia di Efisio marini? A partire dal 2001, lo scrittore Giorgio Todde lo ha reso protagonista di una serie di cinque romanzi (Lo stato delle anime, paura e carne, L'occhiata letale, E quale amor non cambia, L'estremo delle cose), raccolti poi nel volume Le indagini dell’imbalsamatore (edito nel 2011). Nel 2004, il Comune di Cagliari ha promosso la mostra "Efisio marini, il pietrificatore" ,inserendo nel catalogo un fumetto dedicato alla vita dello scienziato. principale fonte del nostro articolo sull’indimenticabile medico e inventore della rivoluzionaria formula per arrestare il processo di decomposizione, che condusse oltretutto anche una vita cosiddetta “normale” (si sposò ed ebbe due figli), è stato infine l’interessante sito online curato ed aggiornato con interventi, testimonianze ed immagini dagli studiosi Luigi Serra e Corrado Zedda. Si ringraziano questi ultimi per la collaborazione.
il Ritorno
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FEDERICO SALVATORE PRESENTA PULCIN’HELL IL VIAGGIO MUSICALE NELL’IDENTITA’ NAPOLITANA
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rICCArDO GIAMMARINO
rande ritorno di federico Salvatore sulla scena musicale con il nuovo disco “pulcin’hell” uscito ufficialmente lo scorso 21 ottobre, ed il cui nome richiama ad un pulcinella infernale sprigionando l’essenza della vera Napoli e non di quella completamente trasformata dalla globalizzazione. Il quattordicesimo lavoro del cantautore meridionalista contiene 14 tracce musicali di cui 13 in lingua napoletana ed una sola (Lato B, l’elogio alla parola culo) scritta e cantata in italiano. Con il produttore ed arrangiatore Luigi Zaccheo, federico Salvatore fonde in questo disco le sonorità contemporanee e gli strumenti della tradizione napoletana, l’ironia e la storia per dare vita ad un vero capolavoro identitario. Il disco si apre con “Chella vaiassa d’’a musa mia” un’ode a Napoli, musa ispiratrice dell’autore che, a differenza delle “sorelle” Calliope e Thalia, quando ispira non tira l’arpa ma una pietra da dentro una scarpa che le fa male e se ne vuole liberare. Sulle note dell’inno di mameli partorisce l’inno di papèle, ironica ballata in stile Deandreiano, volta a mettere in discussione i rapporti tra lo Stato ed il meridione, racchiuso nel passo che recita “se per il nord son figlio dell’eterno Al Capone, era meglio la bandiera con i gigli di un re lazzarone”. Girando le varie tracce senza tom tom ci si imbatte nel Vico Strafuttenza, dove vige la legge del chi se ne importa, filosofia anestetizzante napoletana, entrata un po’ troppo profondamente nel modo di essere dei partenopei che spesso non vedendo l’alternativa si infrangono sul muro della rassegnazione.
Usciti dal Vico strafuttenza è facile trovarsi nei pressi di Santa Lucia dove, all’epoca di ferdinando II, si svolgeva l’Accademia ‘e ll’ova toste, ossia una gara ludica vinta da chi riusciva ad ingerire più uova sode accompagnate da un sorso di vino. Tanta semplicità in un gioco che divertiva l’intero popolo, mentre oggi paghiamo lo
scotto di una liberazione mai richiesta, cacciato il re per fare posto ai camorristi, non ci si diverte neanche più come prima, gli svaghi della modernità vedono droga ed alcol protagonisti. Insomma questo testo è emblematico di un passato di semplicità e gloria degenerato nei trascorsi 153 anni.
Agli inediti si aggiungono anche alcuni singoli che hanno spopolato sul web come Napocalisse, la storia di Napoli e dell’oscuro velo che ne diventa il cappio, e ‘O palazzo, ultima evoluzione di Azz dedicata ai privilegiati di montecitorio. Ma chi è Pulcinella per Federico salvatore? Cosa rappresenta?
pulcinella è la risultante delle varie sfaccettature dell’identità partenopea. E’ un personaggio che deve dire sempre la sua senza badare alle conseguenze, anche per questo mi ci rivedo molto. E’ un misto tra un demone ed un santone, sempre in difesa della sua gente.
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il Ritorno
dal salotto di Maurizio hai intrapreso la strada di Fabrizio. la casa discografica di de Andrè riteneva che il modo migliore di vendere il proprio assistito fosse la clandestinità, perché, invece, Federico salvatore scompare da sotto i riflettori? Volevano un Allecchino, ma sono e sarò sempre un pulcinella, canto ciò che vivo e vedo.
mia massima fonte d’ispirazione e tanti altri hanno contribuito all’arricchimento della mia cultura della storia e della tradizione Napolitana.
Nella clip del brano Il Monumento reciti “l’unità è sacra, la gente no”, non pensi che dove unità significhi oppressione, l’indipendenza possa significare libertà?
La globalizzazione è omologazione e questa, per definizione, cancella le identità dei popoli, io non ci sto. Le nostre radici vanno difese, ne vale la nostra dignità.
tu hai dato vita a tre personaggi o alter ego: Federico, salvatore e Federico salvatore. I primi due nascono da una critica al campanilismo, il terzo è il frutto di una presa di coscienza. Come nasce?
La mia curiosità mi ha spinto ad approfondire un determinato periodo storico leggendo i testi di Angelo manna, Giacinto De Sivo, michelangelo Schipa, ferdinando russo, che è diventato la
Unità è una bella parola, come libertà o democrazia, esprimono dei concetti puliti di convivenza pacifica. ma all’atto pratico, queste belle parole non trovano alcun riscontro con la realtà. Si penso che il Sud per tornare ad essere grande debba riconquistare la propria sovranità politica, territoriale ed economica.
C’è un luogo di Napoli che ti ispira particolarmente o a cui attribuisci un valore maggiore?
Ogni zona di Napoli per me è una smisurata fonte di ispirazione, in particolar modo il centro storico di Napoli tra storia e mitologia è sempre vivo, come se respirasse, c’è un’atmosfera ricca di magia. ma se dovessi dirti un luogo, direi il camposanto delle fontanelle che
racchiude il vero significato del detto ormai troppo banalizzato di "Vedi Napoli e poi muori". Secondo me vuol dire che solo quando avrai visto veramente Napoli (e non con gli occhiali del turista), quando l'avrai assorbita, riconosciuta e capita, allora potrai anche morire, perché avrai sperimentato uno degli enigmi del mondo.
l’Identità
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CASTEL S. GIORGIO DEDICA UNA PIAZZA A FRANCESCO II rICCArDO GIAMMARINO
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Ottobre 2013, un grande passo in avanti per il recupero e la valorizzazione della storia del sud. Castel San Giorgio intitola una piazza
all’ultimo re delle Due Sicilie, francesco II di Borbone. L’iniziativa nasce e si concretizza grazie all’operato di Biagio Salvati, Luca Amabile, Giulio Alfano e Domenico pecoraro attivisti della sezione locale dei Comitati Due Sicilie, presieduti da fiore marro, che hanno trovato una sponda istituzionale nella disponibilità del sindaco franco Longella. Nell’emozione generale dei presenti e degli artefici di questo schiaffo alla storia, il clima di festa sembrava aver spazzato via il grigio degli ultimi 153 anni, nella cittadina del salernitano grazie anche alla prestigiosa presenza della principessa Beatrice di Borbone che ha contribuito a dare maggiore lustro alla manifestazione, giungendo appositamente da parigi per scoprire la targa dedicata al suo antenato in rappresentanza, però, di tutta la dinastia che regnò il meridione e Napoli rendendola una gloriosa capitale. “Tutto ciò ha un grandissimo valore, ha infatti dichiarato la principessa Beatrice di Borbone - e significa che la storia non si dimentica e che la popolazione la conosce e la riconosce. Dunque è molto bello e spero che anche per i giovani rappresenti qualcosa di importante.” In rappresentanza delle istituzioni, il sindaco di Castel San Giorgio Franco longanella, ha mostrato la
disponibilità nei confronti degli amici borbonici affermando di aver agito in considerazione di tante opere che anche sul territorio sono visibili e veramente esemplari, realizzate dai Borbone. “Non siamo ciechi, ha proseguito il sindaco di Castel San Giorgio, sappiamo che la storia, in genere, la scrivono i vincitori e non vogliamo fare giustizia su ciò che
hanno scritto gli altri, ma la storia sarà sempre più precisa sugli eventi che hanno interessato il meridione ed i Borbone ed adesso noi, con questa intitolazione, riconosciamo ad un re in rappresentanza dei cinque che hanno governato il Regno delle Due Sicilie, ciò che di buono è
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stato fatto, in particolar modo con due opere ancora presenti qui come la galleria borbonica, la prima galleria ferroviaria al mondo, ed i regi lagni di cui anche i territori circostanti sono pieni e sono delle opere di ingegneria idraulica eccezionale che hanno evitato tanti allagamenti e tante frane, ma se non sono ben curati, poi, possono provocare disastri come successe a Siano pochi anni fa”. ma sicuramente chi ha sentito emotivamente questa riuscitissima manifestazione è il presidente nazionale dei Comitati Due Sicilie, promotori dell’intitolazione della
l’Identità piazza al re partenopeo, Fiore Marro che questo genere di battaglie le conduce da anni. “C’è stata una bellissima sinergia tra il popolo, le amministrazioni e la casa reale dei Borbone - ha affermato Marro Credo che oltre ad essere per la prima volta che venga intestata una piazza all’ultimo sfortunato re delle Due Sicilie, Francesco II, spero possa risultare un punto di partenza non solo di revisione storica, poiché a noi interessa maggiormente il risveglio della nostra gente per dare dignità, orgoglio e, come dico spesso, forza e onore al popolo delle Due Sicilie”.
NEOBORBONICI IN FESTA UN VENTENNIO DI SORPRESE ED EMOZIONI
Emozionante eppure consapevole. Così potrebbe essere definita la particolare giornata di sabato 26 Ottobre 2013, che ha visto il movimento Neoborbonico festeggiare i suoi primi venti anni di attività con un riuscitissimo pomeriggio-sera, perfetto nel programma e nell’organizzazione. Già arrivare sui gradoni di via morghen e trovarli completamente coperti di bandiere borboniche è stata una sensazione difficile da rendere a chi non si è trovato sul posto: tanti amici e compagni di lotta si sono ritrovati sotto quel velo di vessilli riabbracciandosi e ricordando quel passato fatto di entusiasmi e abbattimenti, alti e bassi che, però, hanno portato al grande successo. perchè è
indubbio, la festa è pienamente riuscita! Un po’ in ritardo sulla tabella di marcia, si è partiti presso il suggestivo ritrovo vomerese “Archivio Storico”, letteralmente preso d’assalto all’arrivo di S.A.r. Carlo di Borbone che ha presenziato all’incontro con pino Aprile e Gennaro De Crescenzo con i quali si è discusso dell’ultimo libro dello scrittore pugliese “Il Sud puzza” per giungere ai ricordi e ringraziamenti a tutti gli intervenuti da parte del presidente del movimento, abilmente moderati dal giornalista pier paolo petino. Alla fine, è apparsa una splendida torta raffigurante lo stemma della real Casa e si è brindato con vino rosso e bianco, naturalmente, meridionale. Ci si è poi trasferiti presso l’auditorium dei Salesiani che ha festeggiato con entusiasmo l’ingresso del Duca di Castro, accomodatosi su un’ampia poltrona verde collocata al centro della prima fila. Una sala gremita (cinquecento posti seduti e tanti rimasti in piedi) ha lungamente applaudito con una standing ovation l’esecuzione dell’inno borbonico da parte di un grande quanto emozionato Eddy Napoli. E per restare al capitolo ironia, grandi risate ed amare riflessioni con il famoso monologo del comico di made in Sud paolo Caiazzo sulla falsa unificazione d’Italia da parte di Camillo, Penso, il Conte di Cavour.
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VIAGGIO NEL MONDO DELLE SETTE Il prof. Barresi ci svela i meccanismi che si celano nella rete degli adepti SImONA BuONAuRA
Esiste un mondo buio, una dimensione parallela dove ogni persona può conservare tutte le proprie perversioni più recondite, eccessi che nella vita normale e quotidiana non potrebbero mai essere resi pubblici. Esistono poi degli escamotage che permettono ad alcuni individui di andare oltre il confine della mente e di rendere possibile l’impossibile attraverso l’aggregazione con altri individui che condividono lo stesso progetto di depravazione e stortura umana a danno di vittime più o meno coscienti che ne pagano conseguenze tragiche che sconfinano in una vita di inferno e , nei casi limite, nel suicidio. queste sono le “sette” quelle che il dizionario Zingarelli definisce:“ un gruppo di persone che professano una particolare dottrina politica, filosofica, religiosa e sim., in contrasto o in opposizione a quella riconosciuta o professata dai più”. Casi di cronaca che raccontano di rituali assurdi e di adepti plagiati, di circonvenzione ai danni di persone che vivevano un momento difficile e si sono lasciati ammaliare da una finta oasi di paradiso ne sono purtroppo tanti. Ultimo solo in ordine di tempo il caso di Ornella una 22enne che ha provato più volte il suicidio dopo essere caduta nella rete di una setta satanica per amore di un ragazzo che ne faceva parte. Il racconto della sua vicenda lascia esterrefatti: durante i rituali , ai quali doveva prendere parte nuda, era costretta a pulire escrementi di animali e di altri adepti raccogliendoli a mani nude. Immancabile l’abuso sessuale nei suoi confronti da parte dei presenti il cui sperma, misto al sangue di gatti che venivano sgozzati durante qualche rituale, veniva raccolto in alcuni vasetti che poi doveva ingoiare. qualcosa che la mente razionale si rifiuta di credere ed accettare ma che invece fanno parte dell’esistenza di talune persone che parallelamente ad un tenore di vita normale consumano nel nascondimento istinti animaleschi primordiali. Chi sono i satanisti? Sono persone normali, talvolta persone al di sopra di ogni sospetto che occupano nella società posti anche di rilievo e di responsabilità. Cosa porta dunque una persona a cadere nella loro rete? Cosa si può fare per evitarli? Ne parliamo con il professor francesco Barresi, docente di “Sociologia giuridica e della devianza” del Corso di Laurea in “Scienze della mediazione Linguistica a indirizzo Criminologico forense”, presso la SSmL “San Domenico” di roma. Esperto di aggregativi criminali, ha scritto diversi articoli in materia di serial killer, sette sataniche, terrorismo e criminalità organizzata. Ha pubblicato oltre otto monografie, tra cui “Sette religiose criminali. Dal Satanismo criminale ai culti distruttivi” (Edup, 2006, roma).
Professore come è possibile che esistano ancora oggi nel 2013 storie come quella di Ornella? «E’ possibile per il semplice fatto che proprio perché siamo nel 2013, alcuni soggetti si sentono fortemente attratti, anacronisticamente, dal mondo del magico e dell’esoterismo, forte dei suoi richiami a volte malati, specie per quanto concerne alcune di forme di ritualità sessuale, infarcita e condita da scenografie di altri tempi che riescono a far dimenticare agli astanti le problematiche e le sopraffazioni delle loro vuote vite». In diversi casi che sono affiorati con storie più o meno simili a quella di Ornella un dato allarmante sta nel fatto che la vittima riesca a mascherare a chi gli sta più vicino il disagio che sta vivendo finché non crolla. Come è possibile che una famiglia non si accorga di un malessere così grave? «Il problema dell’incomunicabilità all’interno delle famiglie odierne è il perno su cui dibattere. Chiaramente, se non esiste un colloquio all’interno del nucleo familiare di riferimento è difficile che i figli possano confidarsi con le rispettive figure genitoriali. Se non esiste una comunicazione partecipata, di tipo empatico, all’interno di una famiglia, risulta difficile esternare disagi che un figlio vive all’interno del proprio gruppo dei pari, dove spesso si
annidano le amicizie più subdole e malate di soggetti perversi o dediti a pratiche che poi possono coinvolgere i nostri ragazzi in attività ad esempio alternative alle religioni maggiormente riconosciute. In alcuni casi, per far mantenere loro il silenzio, si utilizzano la minaccia o peggio ancora la violenza fisica». Gli studiosi sono concordi nell’affermare che le vittime di una setta vengono condizionate e limitate nella loro capacità di libera scelta. Questa limitazione viene estesa anche nei rapporti interpersonali o si ferma all’aspetto puramente legato alla setta? «Dipende dalla tipologia di setta. Come ben saprà, ne esistono a centinaia, ed ognuna organizzata secondo proprie tematiche o ritualità non condivise, basate su
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proprie regole e dettami, il più delle volte inventate di sana pianta senza neanche richiami dottrinali al mondo dell’esoterico. In alcune di esse, in passato, raramente ho riscontrato vincoli così forti da impedire ai loro adepti di scegliere di frequentare o meno certe tipologie di persone o peggio ancora di frequentarne solo di un certo tipo. molte conventicole sataniste, ad esempio, giovano proprio delle frequentazioni sociali dei futuri adepti, finalizzate queste al proselitismo del proprio credo e al recepimento di nuovi adepti, di solito, sempre di sesso femminile». Come può agire un familiare di un seguace che si accorge della situazione del suo congiunto? E cosa non deve assolutamente fare? «fondamentale è il concetto di comunicazione empatica che deve essere imprescindibile, in una famiglia o in una relazione affettiva. Il genitore o partner deve iniziare un colloquio non di tipo aggressivo, di certo otterrebbe l’effetto contrario, ma di tipo assertivo ed empatico. In alcuni casi di survivors da me analizzati (per survivors si intendono ex adepti fuoriusciti da una setta religiosa, ndr) ho finalizzato il lavoro alla ricerca di una forma di comunicazione da instaurare con il sostegno della famiglia, con la quale riuscivo ad instaurare un buon rapporto iniziale che si concludeva quasi sempre con un feedback positivo da parte dell’ex adepto. E di norma sarebbe preferibile evitare gli psicologi, o meglio trovarne qualcuno esperto della materia». Passiamo dalla parte dei capi di queste sette. tutti devono passare in una iniziazione? Ovvero i carnefici dei riti sono stati a loro volta vittime o sono prescelti sin dal loro arrivo nella setta? «Beh, i capi, sono capi…!! Cioè, essi decidono per gli altri e di solito sono i fondatori di una conventicola satanista, ed è impossibile che siano state vittime. raramente leader solitari permettono ad altri di diventarlo, quindi se esistono più capi, allora è vero che hanno fondato assieme la setta e stilato i vari rituali da tenersi all’interno, quindi i rituali di iniziazione sono sempre riservati ai nuovi adepti». A parte l’aspetto legale e morale, che non hanno bisogno di giri di parole per definirli, come possono essere definite psicologicamente queste persone? «Innanzitutto, premetto che normati-
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vamente parlando, non esiste un reato di satanismo, poiché è una semplice religione e quindi liberamente professabile, purché questa non leda la libertà personale e quindi non violi la norma giuridica. Sembrerebbe quindi che sia un discorso di tipo antropologico e culturale, ossia basato sulla percezione di opportunità sociale di professare il culto del satanismo. Nei casi da me studiati in questi anni, gli adepti di un culto satanico sono soggetti quasi sempre parafilici, ossia affetti da una o più
perversioni sessuali, che infarciscono le proprie pulsioni sessuali con rituali magico - esoterici. Le vittime di costoro, invece, soggiacciono a disagi di varia natura che vanno da quelli psichici a quelli socio – affettivi e, a volte, essi stessi sono soggetti parafilici». la massoneria può essere definita una setta? E se no in cosa differisce da essa? «Ho sempre definito la massoneria semplicemente come una grande corporazione. Differisce da una setta in quanto non esiste una divinità superiore da idolatrare. Ai rituali praticati all’interno delle varie logge viene attribuito esclusivamente un fortissimo valore simbolico». lei è d’accordo con la reintroduzione del reato di plagio? «Non credo che ce ne sia bisogno, poiché l’aspetto di sofferenza psicologica è ben rappresentato già dall’art. 600 del nostro Codice penale, in cui si sancisce chiaramente come perseguibile “l’approfittamento di una situazione di inferiorità fisica o psichica” da parte di un soggetto che riduce o mantiene alcuno in stato di schiavitù o servitù, mediante minaccia , inganno o abuso. la setta ha tra le sue caratteristiche un capo, ovvero colui al quale
l’Analisi
si offre obbedienza totale, dei proseliti prescelti e poi gli adepti che seguono i dettami della dottrina. la domanda è un po’ provocatoria, ma detta così anche la Chiesa potrebbe essere considerata tale? «Se vogliamo tutte le religioni soggiacciono ad un leader spirituale di tipo carismatico, quindi, anche la Chiesa cattolica soggiace a questa regola. Del resto è proprio compito del leader spirituale essere tale, cioè, tramite della divinità con il resto dell’umanità, nel nostro caso, della comunità cattolica. La parola setta, però, assume un significato dispregiativo, in quanto deriva dal latino sectam (in uno dei suoi principali significati) che vuol dire parte o frazione di una qualcosa di più grande, cioè della stessa comunità religiosa o sociale. In più, il concetto di setta perturba fortemente il concetto di libertà personale all’interno della stessa, quindi ecco il perché dei suoi fortissimi vincoli che prescindono da qualsiasi forma di abbandono della stessa. Il cattolicesimo, invece, non impedisce ad alcuno di lasciare il proprio credo, anzi, è una delle poche grandi religioni che professa il principio di reciprocità, ossia il riconoscimento delle altre confessioni». Facendo un po’ il verso alla frase “Il diavolo e l’acqua santa” la cronaca non risparmia nemmeno di casi in cui santoni o cosiddetti “santi” che operano sulla terra per volere di dio arrivino a plagiare anche interi nuclei familiari riuscendo ad estorcere da loro non solo compensi materiali ma anche e soprattutto sudditanza. Cosa accade nella mente di un individuo per riuscire a farsi dominare da un’altra persona in modo totalitario? Possiamo sempre parlare solo e solamente di una debolezza o di un bisogno di essere capiti? «Il più delle volte, i soggetti che si assoggettano ad un leader carismatico, hanno un senso di autostima molto basso, così come il livello culturale. personalità deboli sono sempre le prede preferite dalle sette, che ricercano giovani con fragili o assenti vincoli parentali e bassa scolarizzazione, cercando di attrarli con le lusinghe del sesso facile e della deresponsabilizzazione che le sette propagandano al loro interno. E’ indubbio che la figura del leader carismatico di una setta religiosa, anche di tipo satanico, rappresenta per questi soggetti multiproblematici sempre e solo un sostituto del pater familias».
il Confronto
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SANSEVERO E CANOSA Principi tra sette e ideali GINO GIAMMARINO
quando si parla di sette e di idee rivoluzionarie, è obbligatorio consultare fatti e personaggi del settecento a Napoli. Infatti, dieci anni dopo la celebratissima rivoluzione francese del 1789, che registrò il trionfo di quella setta dei “giacobini” ancor oggi attivissima e presente in vari ambiti della società “civile”, a Napoli si scatena un cam-
fu creata la prima Loggia Scozzese, presso la “Di Sangro” che meglio si prestava alle esigenze, sia per il più alto numero di componenti che per la loro formazione esoterica.
biamento epocale che troppi meridionalisti dell’ultima ora, per propria colpevole ignoranza o per quella di cattivi maestri, trascurano o non hanno compreso in tutta la sua valenza negativa che sfocerà nella caduta dei valori del Sud e del regno delle Due Sicilie. ma non siamo qui per parlare di questo. L’argomento di queste righe è il parallelo, curioso ma stimolante, tra due principi che si trovano proprio a Napoli durante il proliferare dei settari: il famosissimo alchimista don Raimondo di sangro, più conosciuto come Principe di sansevero, e l’assai meno noto, ma non per questo meno degno di attenzione, Antonio Capece Minutolo, ossia, il Principe di Canosa. Il primo nasce in provincia di foggia (Torremaggiore) nel 1710 e muore nel 1771 a Napoli, dove sarà stato l’esponente più importante della Scuola Alchemica, nonché della setta per eccellenza: la massoneria, della quale fu Gran maestro. Attivissimo e capace di superare scissioni e screzi interni, ne curò la riorganizzazione favorendone una crescita numerica tale che i fratelli napoletani furono divisi in tre Logge: la “Di Sangro”, la “moncada” e la “Carafa”. Inoltre, grazie all’opera del principe di Sansevero, nella massoneria napoletana
zione delle reti venose del corpo umano passando per la scultura del Cristo velato che ha del miracoloso, il Sansevero realizza studi ed esperimenti che hanno soprattutto del diabolico, come l’alone di mito e mistero che si porterà appresso per tutta la vita ed anche oltre.
Dalla pietrificazione delle materie morbide alla ricostru-
“Signore di corta statura, di gran capo, di bello e gioviale aspetto, filosofo di spirito, molto dedito nelle meccaniche, di amabilissimo e dolcissimo costume, studioso e ritirato, amante la conversazione di uomini di lettere”- questa la descrizione che ne fa un suo altrettanto famoso e coevo padre dell’illuminismo napoletano: Antonio Genovesi (1714 – Castiglione, provincia di Salerno). Come gran parte dei suoi colleghi “illuminati”, fu rispettato e temuto dal popolo ma mai capito per la naturale frattura di comunicazione tra i giacobini e i lazzari che porterà alle sanguinose vicende del 1799. In più, per il suo carattere non poco arrogante e provocatorio, ebbe numerosissimi nemici anche tra coloro che ufficialmente gli erano vicini. Completamente all’opposto il rigoroso pensiero che animò il principe di Canosa nella sua battaglia contro le sette ed i settari, cospiratori che operarono con la finalità di
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far cadere la monarchia dei Borbone.
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danna a morte alla quale riuscì a
il Confronto
za e le debolezze della Chiesa e della Nobiltà, alla quale rimproverava la mancanza dell’adozione di misure drastiche contro i traditori del regno: “Le mezze misure si devono riguardare come il più forte dissolvente civile, come il mezzo più efficace per rovesciare tutto” – scriveva convinto appena qualche anno prima dei moti del 1820-21, palese dimostrazione dell’efficacia e della giustezza del suo pensiero.
Nato a Napoli nel 1768, attraversò di prua il mare tempestoso della repubblica partenopea nel 1799, il decennio napoleonico (1806-1815) che culmina con Gioacchino murat ed i successivi strascici legati alla restaurazione della monarchia dopo il Congresso di Vienna. fu ministro di polizia di ferdinando I, fatto che lo portò a scontrarsi direttamente con il lavoro sotterraneo dei rivoluzionari, e dunque, a capirne profondamente modi di pensare e di agire. In più, essendo naturalmente dotato di lungimiranza politica, lanciò avvisi continui sui pericoli futuri che sarebbero derivati dal proliferare delle sette attraverso articoli polemici e libri come “I pifferi di montagna” e “Discorso sulla decadenza della nobiltà”. Appartenente all’antico Sedile di Capuana, quando la famiglia reale
scampare grazie alla fuga ed al veloce crollo della repubblica parteno-
Tra le sue righe, ripubblicate dall’editore Controcorrente nelle edizioni curate dal compianto Silvio Vitale, pur nell’ostico linguaggio del suo tempo, lasciato inalterato, la profetica segnalazione del grave pericolo di una società che perde i punti di riferimento morali, lasciando a tutti la possibilità di contestare tutto: la perdita del rispetto per le Istituzioni. Ieri la monarchia, oggi la democrazia.
abbandonò Napoli per l’imminente invasione delle truppe francesi, fu eletto nella Deputazione Straordinaria del buon governo e dell’interna tranquillità, ma la sua ferma attività antigiacobina ne determinò la con-
pea, a sua volta abbandonata dagli stessi francesi. Come il Sansevero, anche il Canosa seppe farsi molti nemici tra quelli della sua fazione in quanto si battè con altrettanta durezza contro l’insipien-
particolarità da segnalare, fu arrestato anche dopo il ritorno a Napoli del monarca da lui strenuamente difeso, come spesso capita, in questo strano paese, a chi cerca di fare solo il proprio dovere.
l’Evento
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“REFRISCO E SULLIEVO A CHEST’ANEM’ APPESTATE” Karma ci porta nel regno dei morti
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SImONA BuONAuRA
n’interessante viaggio nel cimitero delle fontanelle assieme a personaggi venuti dall’oltretomba per narrare al pubblico astante pezzi di vita vissuta e ripercorrere viaggi di anime che abbandonano il corpo per raggiungere la luce. E’ questo in sintesi l’evento firmato associazione Karma dal titolo “refrisco e sullievo a chest’anem’ appestate”. Lo scenario del Cimitero delle fontanelle, luogo di memoria storica e antropologi-
chie, l’attrice-guida ha spiegato da un punto di vista storico e antropologico, la storia e le leggende legate a questo luogo ricco di arcani. Un cast di attori professionisti composto da paola Sabino, Antonio Granatina, Emiliana Bassolino, Gennaro Iago Esposito, il piccolo Antonio mainardi e Sergio Boccalatte hanno condotto gli spettatori in un viaggio misterioso ed evocativo. I momenti più attesi dal pubblico durante il percorso, infatti, sono stati
ca della città di Napoli, ha fatto da cornice a questa visita-spettacolo che ha nel mistero delle storie delle famose “capuzzelle” il suo punto cardine, il regista Antonio ruocco ha realizzato un percorso che ha condotto gli spettatori attraverso l’antica cava di tufo del Vallone dei Girolamini che accoglie ben 40.000 resti, con un’attrice che interpretando una devota delle “capuzzelle” ha fatto da traghettatrice e guida attraverso i meandri del Cimitero. fra ossuari e teschi, fra capuzzelle e nic-
quelli in cui si incontravano personaggi che appartenenti alle leggende legate al Cimitero interagivano con esso:
ecco allora il Capitano, il cui teschio è venerato e temuto, prendere vita e ripercorrere la vicenda a lui legata ovvero quella degli sposi che sono morti nel giorno del loro matrimonio per una vendetta del condottiero deriso dallo sposo in quanto geloso della futura consorte che si recava spesso a pregare sul suo ossario, o ancora una madre disperata per la malattia della figlia che si
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reca sovente a pregare alla capuzzella di donna Concetta, più nota come “'a capa che suda”. La particolarità di questo teschio, è infatti la sua lucidatura ed i devoti erano convinti che l'umidità rappresentasse il
preservato mummificato e che presenta la bocca aperta cui la leggenda racconta che sarebbe morta soffocata da uno gnocco. O ancora le tante ossa anonime, accatastate nelle caverne lontano dal suolo consacrato e dette “anime pezzentelle”, che offrivano al popolo un segno di speranza ovvero coloro che si rivolgevano a loro erano poveri e chiedevano soccorso a queste anime abbandonate con preghiere e devozioni in uno scambio di conforto e sostegno. E qui una divagazione su una poesia che pone l’accento sul filo sottile che unisce la vita con la morte è d’obbligo: “A livella” del grande Totò, in questo caso non solo principe della risata ma anche della riflessione metafisica. A proposito dei due morti che l’ignaro protagonista, rimasto chiuso prigioniero nel cimitero “muorto 'e paura...nnanze 'e cannelotte”, si trova suo malgrado ad incontrare, la riflessione va proprio sulle differenze sociali anche oltre la vita. Da una parte il nobile
sudore delle anime del purgatorio". Dunque secondo la tradizione, donna Concetta poteva esaudire le grazie ed un modo per verificare se la grazie era stata concessa bastava toccare il suo teschio e se la propria mano si bagnava le orazioni erano andate a buon fine. Una nota di colore è rappresentata dai resti , tra l’altro gli unici scheletri ben visibili dentro il cimitero ed entrambi vestiti, di una coppia di nobili quali filippo Carafa conte di Cerreto, dei duchi di maddaloni, morto ad ottantaquattro anni nel 1793 e sua moglie, donna margherita, morta a cinquantaquattro anni. La particolarità di donna margherita è nel suo cranio che si è
marchese signore di rovigo e di Belluno, con stemma, corona, croce di lampadine, tre mazzi di rose, lista a lutto, candele, candelotti e 6 lumini; dall’altra Esposito Gennaro – netturbino senza nemmeno “nu lumino. Ecco allora la sua riflessione: “questa è la vita! 'ncapo a me penzavo...chi ha avuto tanto e chi nun ave niente! Stu povero maronna s'aspettava ca pur all'atu munno era pezzente?”. però al termine della poesia è lo stesso autore a chiarire le cose attraverso uno strumento in uso ai muratori: la livella: “'A morte 'o ssaje ched''e?...è una livella. 'Nu rre,'nu maggistrato,'nu grand'ommo, trasenno stu canciello ha fatt'o punto
l’Evento
c'ha perzo tutto,'a vita e pure 'o nomme: tu nu t'hè fatto ancora chistu cunto? perciò,stamme a ssenti...nun fa''o restivo, suppuorteme vicino-che te 'mporta? Sti ppagliacciate 'e ffanno sulo 'e vive: nuje simmo serie...appartenimmo à morte!". La ricerca delle fonti è stata a cura di Antonio raia che ha dichiarato: “L’ultima rappresentazione al Cimitero delle fontanelle è stata un successo incredibile! Oltre ogni previsione. La nostra mission è sempre la stessa: far conoscere agli spettatori storia, arte e mito, ma anche appassionare chi partecipa ai nostri eventi. Imparando e divertendosi, incuriosendo e facendo cultura in modo diverso dal solito”.
la Gastronomia
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MAGNIFICHE PRESENZE Ovvero presenze di spirito rOSI PAdOVANI
Ahhhhh! fisso il fuoco impietrita. Infinite ballerine soavi danzano leggere, e veli, gonne, folti capelli e piedi sicuri schiacciano tarante, volteggiano ondeggiando tra fiamme vermiglie e mi ipnotizzano. piccoli munacielli scesi da mille camini a provocarmi, ridono dispettosi mentre mi rimbomba l’urlo di sgomento davanti al pignato schiantato a terra. ma com’è possibile! Come è potuto volare lui solo dall’alto di un fornello ultramoderno e stabilissimo, sempre di quella nota diffusissima casa svedese, e ora infinite stelle sfolgoranti di grasso brillano dorate tra il granato scuro del ragù come un affresco variopinto su tutto il pavimento lucido di cotto smaltato della cucina? mi aggiro guardinga per casa cercando qualcuno. Spargo menta e basilico per attirare l’amore, e lauro e iperico sulla soglia, propiziatori, per scacciare i diavoli e chiamare gli angeli. Ho il fiato sospeso, mi aspetto ombre Hitchcockiane giganti dietro la porta con immensi coltelli pronti a scagliarsi su di me. Tremo, trattengo il fiato, mi sospingo con passo felpato cercando il criminale nascostosi dopo l’efferato atto che rovinava irrimediabilmente il mio pranzo della domenica. Domani gioco due numeri, non si sa mai. Con la smorfia gastronomica! Che mio padre non fosse d’accordo sulla modalità della preparazione, il sospetto l’avevo avuto, ma la ricetta era quella di mammà, gelosamente conservata, riportata dalla nonna su un pezzetto di carta scura del pane. Io avevo soltanto aggiunto un pizzico di alloro, spezia esotica ed erotica, diciamocelo pure, per intraprendere una strada personale, un po’ trasgressiva, innovatrice della
Torrone dei morti
Ingredienti 300 500 200 150
g g g g
di di di di
cioccolato fondente cioccolato bianco crema di nocciole nocciole intere
Alle nocciole
sciogliete il cioccolato fondente e colatelo all'interno di una vaschetta "Cuki" per rivestirla, tenendone da parte un po’. Fate raffreddare in frigo. sciogliete il cioccolato bianco ed aggiungetevi la crema di nocciole e le nocciole. Amalgamate e versate nella vaschetta dove il cioccolato fondente si sarà solidificato. Fate solidificare il tutto e versatevi sopra il restante cioccolato fondente. Fate raffreddare per bene e capovolgetelo.
suddetta tramandata, popolare, patriarcale, tradizionale ricetta… e che sarà mai? E poi, perché scomodarvi da Là, per meglio dire dall’Aldilà, se questa domenica ho deciso di fare una cosa insolita? ma fatevi i fatti vostri, mica sto cucinando il sushi! Che pure non è male. E questa è Napoli-penso- ohì! Tutti insieme appassionatamente, sempre. ‘anna sempe rìcere la loro! Ora mi spiego perché quando mi corico la sera nel mio letto sento correre sulla testa una popolazione di gente che va su e giù, pare una squadra di calcio che gioca al pallone, e salgono e scendono, e voci si accavallano… Eppure al piano di sopra, ne sono più che certa, abita una tranquilla coppia di settantenni, lui con l’ Alzheimer, e lei grossa e grassa, che certo non si dedicano più, poveri loro, a rumorose acrobazie erotiche. mi soffermo, affiora un ricordo: -Abbiamo occhi per vedere, orecchie per sentire, la bocca per parlare-mi diceva mia madre-ma il cuore…se fai attenzione, il cuore sente e vede anche quello che non appare; lui ascolta, percepisce sospiri e sussurri, non dimentica mai chi ci ha amato. E’ novembre, acconcio i “torroni dei morti” nell’alzatina di porcellana della nonna. Belli, lucidi, tutti colorati. Ho messo la tovaglia di pizzo sul tavolino del salotto. In questi giorni è bello averli sempre lì, per l’amico che viene all’improvviso, un vicino che bussa alla porta, i bambini che ne sono golosi. E la notte, nel silenzio che non disturba, “magnifiche presenze” si accomodano, e banchettano tranquille. Sono angeli, io ne sono sicura. A Napoli sono fatti così, che ci volete fare!
Alle mandorle
seguite il procedimento del torrone alle nocciole, sostituendo la crema di nocciole con quella di mandorle e la stessa quantità di nocciole con le mandorle sminuzzate grossolanamente.
Al caffè Aumentate a 600 g la cioccolata bianca e sostituite la crema con il preparato per gelati al caffè.
tricolor Preparate tre ripieni. Il primo con 250 g di cioccolato bianco e 100 g di crema di nocciole; il secondo con 250 g di cioccolato bianco e 100 g di crema di mandorle; il terzo con 125 g di cioccolato bianco e 50 g di crema di pistacchi. Versate nella vaschetta un gusto alla volta , aspettando che si sia solidificato prima di versare il successivo.
CIBO & CHAt La posta di rosi rosi@ilbrigante.com
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l’Iniziativa
VOMERO NOTTE Serata di festa e di denuncia sociale
VALENTINA GIuNGAtI l Vomero ha aperto le porte ai cittadini replicando il mata ed in un clima festoso sono stati inseriti grandi artisuccesso dell’anno precedente. sti come Simone Schettino che ha rivolto parole importanti all’emergenza rifiuti nostrana, e al totale disinteresmigliaia di presenze hanno animato la manifestazione se delle istituzioni e lo straniamento di quanti continuano organizzata dalla quinta municipalità Vomero-Arenella, imperterriti ad avvelenare la nostra terra. Il comico, ha capitanata dal presidente mario Coppeto che ha pro- fatto più volte digressioni alla dinastia dei Borbone che mosso la kermesse e ha partecipato a pieno titolo alla attuarono nel regno di Napoli una politica riformatrice, serata. musica, balli, spettacoli e degustazioni. per una regalandogli un periodo di enorme vitalità. La denuncia era anche rivolta alle banche e i poteri finanziari che ingabbiano l’Italia e soprattutto il sud, mantenendolo sempre in uno stato di regressione. roberto Natale ha raccontato anche il risvolto musicale della serata: molti sono stati i Dj che si sono alternati sul palco, riproponendo un disco music revival. L’organizzatore con un entusiasmo ancora palpabile è già pronto a bissare il prossimo anno. Il presidente Commissione Cultura e politiche Giovanili e dello Sport presso la municipalità 5 Arenella – Vomero marco Gaudini, facente parte dell’organizzazione genenotte il Vomero è divenuto una grande area pedonale: da rale di Vomero Notte, ci ha permesso di approfondire e piazza medaglie d’oro a piazza fanzago, da piazza degli capire i numeri e i risultati della manifestazione. “rispetArtisti passando per via Luca Giordano fino a piazza to all’anno scorso abbiamo fatto un importante passo Vanvitelli e San martino. Nella lunga serata l’afflusso è avanti, poiché il perimetro di interesse della manifestastato da record, soprattutto per la presenza di giovanis- zione è stato allargato, coinvolgendo maggiormente il simi che si sono riversati per le vie del quartiere sin dal quartiere Arenella, ciò ha permesso un’omogenea primo pomeriggio, tra negozi, concerti e bancarelle. dispersione del pubblico che non ha creato enormi ingorAd aprire la serata è stato il sindaco, Luigi de magistris, ghi”. Un'edizione che si è distinta non solo per l’afflusso che si è poi unito alla folla, fiero dell’evento e della par- maggiore “parliamo di oltre 500mila persone – ha affertecipazione del popolo napoletano. mato Gaudini – per noi è stata una vittoria” ma per l’imChiusa al traffico e blindatissima, la piccola collina è pegno che hanno mostrato gli stessi cittadini. Importante divenuta un’isola festosa che ha visto la partecipazione l’enfasi posta su tematiche di attualità e di emergenza di moltissimi artisti. Entusiasti dell’organizzazione sono sociale: “la lotta al racket, l’invito all’uso consapevole di stati anche i commercianti che sono rimasti aperti tutta la alcolici e la denuncia relativa alla Terra dei fuochi” notte sperando ovviamente di poter sfruttare l’occasione visto il periodo di crisi. Salumerie, macellerie, pescherie hanno letteralmente invaso il quartiere con piccole strutture esterne che rimandavano ad una Napoli di tanti anni fa: trippa, pesce fresco, musica e tanta cordialità. Una serata possibile grazie anche alla mobilità e all’accordo stipulato dal Comune con metronapoli che ha consentito corse fino alle 3 di mattina per metrò e funicolare, fino a mezzanotte per i bus e fino alle 5 per quelli notturni. Allegria e musica a parte, la serata è stata anche input di denun- Il presidente si è espresso anche sul riscontro commercia. A mezzanotte i palchi di piazza degli Artisti e fanza- ciale dell’evento “c’è stato un enorme boom per il settore go si sono spenti per dare spazio ad un flash mob, coor- food e beverage, i commercianti si sono organizzati e dinato da Enrico Schettino, per ricordare l’emergenza hanno creato piccoli eventi all’esterno per invogliare i della Terra dei fuochi. In merito si è espresso anche Don consumatori, rappresentativo quello della Coin, che ha maurizio patriciello “Dobbiamo essere uniti e lottare con- dato vita ad un micro evento che ha attirato moltissimo tro chi inquina le nostre terre”. pubblico”. per quanto concerne le stime sul futuro e sulla fulcro della manifestazione nel quartiere Vomero è stata possibilità di ricreare nuovamente nel prossimo anno piazza Vanvitelli, dove l’organizzatore roberto Natale ha Vomero Notte, il rappresentante della quinta municipalicoadiuvato un programma imperniato sulla cultura e sul tà non si sbilancia “è prematuro dire che si rifarà, ci pendivertimento puro. Come egli stesso ha annunciato “un seremo, ma sicuramente sarà qualcosa di innovativo, mix di denuncia, cultura e divertimento, poiché non si magari un misto tra evento culturale e commerciale sulla può dare spazio solo al dibattito”. La piazza è stata ani- scia di quanto avviene a firenze”.
il Teatro
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CON GASPARE BALSAMO UN VIAGGIO TEATRALE E STORICO ArIANNA EsPOsItO
Si riparte, bisogna sempre ripartire da se stessi … ”, questo l’invito che Gaspare Balsamo, attore e regista siciliano in scena con lo spettacolo teatrale “Tresssicilie – Abbecedario di decolonizzazione”, rivolge ai giovani del meridione; perché siano la fucina di un nuovo sviluppo culturale e sociale possibile anche al Sud. la tournée dello spettacolo “tresssicilie-Abbecedario di decolonizzazione”, ripercorre le tappe della spedizione dei Mille e lo vede impegnato come interprete, autore e regista. Co-ideato assieme a luca sessa per l'abbecedario di decolonizzazione, e prodotto dall'associazione culturale Produzione Povera di donatella Franciosi. Come nasce l’idea del soggetto?
«L’idea nasce da un’analisi sui temi del Sud. In particolare dalle riflessioni nate a partire dalla creazione dell'Italia unita post 1860, quindi il soggiogamento culturale ed il ruolo della comunicazione e dell'economia in fatto di colonizzazione e investimenti economici territoriali...».
l’input dell’azione è il viaggio immaginario di un bambino che ripercorre la vicenda della spedizione dei Mille. una scelta volta a ripercorrere gli eventi nella maniera più autentica possibile? «Non saprei dire quanto sia autentica e non spetta nemmeno a me stabilirlo. La Storia, soprattutto quella con la S maiuscola non è mai autentica, e la "spedizione dei mille" appartiene proprio ai fatti della grande narrazione storica, cioè a una storia di "Stato" che è sempre rappresentativa e celebrativa. Lo spettacolo inizia all'interno di un museo, durante una mostra risorgimentale. qui, mentre una guida di storie di Stato introduce la teca con una divisa garibaldina, un bambino che segue col padre la visita guidata,viene attratto proprio da quella giubba e come se fosse una specie di guida-fantasma comincia ad evocare al bambino la propria storia sui mille in Sicilia. A questo punto, la narrazione, attraverso continui flash back ed ellissi temporali, procede per frammenti ed episodi singolari».
Crede nel teatro come strumento di sensibilizzazione di cause identitarie e storiche spesso dimenticate?
«Non penso che il teatro e l'arte in genere possano cambiare il mondo e la società in cui viviamo. Nè penso che dovere di un artista sia quello di sensibilizzare un determinato pubblico. Se così fosse si correrebbe il rischio di rifare nuove celebrazioni e storie consolatorie».
Il suo spettacolo ha toccato molte tappe. Oltre quella campane , ricordiamo che ha calcato anche i palcoscenici del teatro Garibaldi a Palermo, del teatro Valle a Roma e del teatro Coppola a Catania … Crede nell’ ”esportabilità” della rappresentazione verso un pubblico geograficamente e culturalmente differente? «Certamente. Anche se mi piace puntare la riflessione sempre sulle convergenze e sulle continuità piuttosto che sulle differenze. Uno dei maggiori problemi del sud Italia, purtroppo per ragioni endogene, è che si punta il dito, sempre sulle differenze e mai sulle somiglianze culturali. Basti pensare, per esempio, alle tante comunanze linguistiche o a quelle culinarie, o a quelle festive che ci sono, ognuna con piccole differenze tra loro, ma che in generale hanno tutte una matrice culturale quasi comune».
Qual è il messaggio che volete lasciare al pubblico?
«Il messaggio, volendo usare questo termine, è chiaro se si segue attentamente lo spettacolo. Non si tratta tanto di riscrivere una contro storia né tanto meno di cercare delle vittime e dei carnefici. Il senso di tutto il lavoro ruota attorno i soggiogamenti culturali che tanto incidono a livello personale e collettivo. E’ chiaro dalla scena dell'abbecedario di decolonizzazione che chiude lo spettacolo».
la sicilia di ieri e di oggi, quanto è cambiato e quanto è rimasto da quel giorno dell’invasione delle “giubbe rosse”? « Io non c'ero a quei tempi. Non ho una visone chiara di tempi più recenti come possono essere la guerra e il dopo guerra, figuriamoci un tempo ormai cosi remoto. Come sempre, tante cose sono cambiate. Cambia la lingua, cambia la geografia, cambiano i rapporti di relazione, cambia la scuola, cambia il progresso tecnologico. Niente rimane uguale a sé stesso, l'importante e saper
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cambiare senza snaturarsi».
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il Teatro
da dove può e deve ripartire il Meridione di oggi?
« Si riparte, bisogna sempre ripartire da sé stessi. rimettersi in piedi è nell'evoluzione naturale delle cose. Credo che l'Italia del sud, povera di ricchezza industriale ma ricchissima culturalmente, potrebbe passare in pochi anni dal rurale al postindustriale senza dover affrontare, vincere e superare la cultura industriale e le sue resistenze ai cambiamenti. Si tratterebbe di un grandissimo salto di qualità. forse ci sono meno soldi, ma tutti i giovani hanno bene assorbito le buone idee dalle comunicazione di massa, alla cultura libera. molti di loro hanno studiato economia, informatica, biologia, agraria, scienze sociali, scienze umanistiche e artistiche e sono in grado di sviluppare creatività e professionalità. ma per fare questo occorre pure che si sconfigga la maggiore nemica della creatività: la burocrazia».
GILDA MIGNONETTE : “LA REGINA DEGLI EMIGRANTI”
Un’interessante spettacolo teatrale incentrato sulla figura dell’attrice e cantante napoletana Gilda Mignonette, prodotto ed organizzato dalla Loups Garoux Produzioni di Roma è stato presentato a New York-Usa, venerdì 11 ottobre 2013 nell’ambito della rassegna “Le giornate dell’Emigrazione” , promossa ed organizzata da ASMEF (Associazione Sviluppo Mezzogiorno E Futuro) presieduta da Salvo Iavarone, con un meeting socio-culturale aperto al pubblico ed alla stampa nella prestigiosa sede del “John D. Calandra Italian American Institute. Lo spettacolo ha debuttato in prima nazionale in Italia, lo scorso 30 agosto, a Todi, in Umbria, nella prestigiosa cornice del “Todi Festival 2013” con il patrocinio della Regione Umbria e di ASMEF. Poliedrica ed appassionante l’eroina dell’emigrazione italiana nel 1924 non trovando fortuna in patria, decide di lasciare la sua amata Napoli per conquistare tutto il mondo grazie al proprio grande talento artistico, approdando a New York e da lì divenendo indimenticabile icona della Canzone italiana e partenopea.
L’allestimento teatrale narra le vicende Gilda, interpretata da Marta Bifano, quando, emigrata in America, diventa icona di quella Little Italy che, ancora oggi, attraverso nipoti e pronipoti, ne celebra il mito, canta le sue canzoni e la imita nei dopo cena dei ristoranti italo-americani, eternandone fascino e memoria di generazione in generazione. La drammaturgia dello spettacolo è firmata da Francesca Pedrazza Gorlero, Guido Polito e Riccardo Reim.
la Mostra
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“NAPOLI SVELATA”
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DAL FOTOGRAFO MARIO ZIFARELLI SImONA BuONAuRA
resso la sala delle Terrazze di Castel dell’Ovo si è tenuta la mostra “Napoli Svelata”: 50 fotografie scattate da mario Zifarelli, organizzata e realizzata da Confartigianato Napoli e dall’Associazione culturale “Napoli terra del Sud” in collaborazione con l’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo ed il sostegno della Camera di Commercio di Napoli, e con il patrocinio della regione Campania, della provincia di Napoli e del Comune di Napoli. L’idea nasce grazie ad un suggerimento fatto al fotografo da Andrea De martino prefetto di Napoli fino al 2012. All' inaugurazione, che si è svolta lo scorso 26 ottobre, erano presente tra gli altri, il prefetto Silvana riccio, il presidente Luigi Lucarelli che ha organizzato il Convegno tra "Sacralità ed Esoterismo" ed il presidente della Confartigianato Enrico Inferrera che con "made In Naples" ha collaborato all' evento. “Il desiderio di scoprire, la voglia di emozionare, il gusto di catturare, credo sia proprio questo tipo di suggestione che mario Zifarelli si propone di suscitare in ognuno di noi – ha dichiarato il presidente di Confartigianato, Enrico Inferrera. Zifarelli ha realizzato una mostra che guarda e fotografa una realtà con la mente, la fissa e la racconta in una foto che diventa parte della città, si è servito della sua arte per raccontare la napoletanità ma anche per oltrepassarla, rappresentando, così, una grande occasione per fare in modo che l’arte diventi un veicolo di attrazione per i visitatori della nostra città. A proposito dell’evento “Napoli tra sacralità ed esoterismo” ed il forum di discussione: “made in Naples: Napoli: la cultura come motore di sviluppo” svoltosi presso la Sala megaride di Castel dell’Ovo Inferrea ha inoltre dichiarato: “Abbiamo provato a mettere insieme diverse esperienze, di vita, professionali e culturali, come quelle di marco Esposito, Gigi di fiore, pino Imperatore, Angelo forgione, Giuseppina mele, Enrico Durazzo, francesco menna e Vittorio pappalardo, che con le loro testimonianze possano far recuperare ai nostri concittadini l’orgoglio della “ napoletanità” attraverso la conoscenza della nostra cultura e della nostra storia ma anche delle nostre capacità imprenditoriali e della nostra creatività. ma il forum vuole anche creare le premesse per “girare pagina”, ripartire.
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l’Arte
ACQUEDOTTO CAROLINO: L’UOMO CREA, L’UOMO DISTRUGGE ANNALISA CAstEllIttI
nfelice sorte è toccata al gigantesco complesso dell’Acquedotto Carolino, commissionato nel marzo del 1753 dal re Carlo III di Borbone, da cui l’appellativo “carolino”, al celebre architetto napoletano Luigi Vanvitelli. L’imponente capolavoro vanvitelliano, realizzato al fine di alimentare gli spettacolari giochi d’acqua previsti nei giardini della reggia di Caserta e di provvedere all’approvvigionamento idrico del complesso di San Leucio, attualmente non vanta più il suo splendore originario. Il ponte, lungo 529 metri ed alto 95, fu costruito su tre ordini di arcate, imitando lo stile romano, come si apprende da un passo di una lettera che Vanvitelli inviò al fratello Urbano e in cui si legge che «l'opera sarà reale; vi farò gli ornamenti corrispondenti alla grande in stile de romani antichi». L'opera, detta anche dei ponti della Valle, terminò sei anni dopo, nel 1759, ma solo il 7 maggio del 1762 poté dirsi finalmente completata. Nonostante l’Acquedotto Carolino rappresenti una delle più ambiziose opere di architettura idraulica di tutti i tempi, oggi lo storico sito di Valle di maddaloni, le cui particolarità sono ormai note, rischia di trasformarsi in un simbolo di degrado. Il perché di tale abbandono è il motivo che ha portato ad una petizione popolare, promossa da Gennaro Caparco con lo scopo di proteggere l’Acquedotto Carolino, allontanando lo stato d’incuria dei suoi 38 km di percorso e dei suoi 67 torrini che, con il parco reale di Caserta e il complesso di San Leucio, sono Sito UNESCO fin dal 1997. Il testo si appella alla Legge n. 77 del 20 febbraio 2006 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 10 marzo 2006, n.58 ad oggetto “misure speciali di tutela e fruizione dei siti italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale inseriti nella <lista del patrimonio mondiale>), che redige i piani di Gestione (art.3, comma 1) per assicurare la conservazione dei siti italiani e creare le condizioni per la loro valorizzazione. Tale iniziativa – viene affermato nella petizione – «è propedeutica alla formazione di un Osservatorio permanente di
Vigilanza Volontaria pronto a segnalare le criticità a tutte le Istituzioni Nazionali, Locali e regionali che a vario titolo sono chiamate alla tutela ed alla conservazione del patrimonio Culturale di Terra di Lavoro». Il programma operativo ha previsto varie fasi. Il primo obiettivo è stato quello di lanciare l’appello in rete in modo da raggiungere, entro il 30 giugno 2013, 1000 consensi, un traguardo per ricordare simbolicamente i mille di Giuseppe Garibaldi. Successivamente è prevalsa l’esigenza di attirare l’attenzione delle Istituzioni (ministero dei Beni Culturali, Comitato Nazionale Italiano Unesco, Soprintendenza CasertaBenevento, Comune di Valle di maddaloni, Agenzia del Demanio, province di Caserta e Benevento) attraverso la raccolta delle firme, avvenuta sia per mezzo dei social network sia recandosi presso specifiche sedi di Caserta, Valle di maddaloni, S. Agata dei Goti e Benevento. Le località inoltre sono state scelte seguendo «un ordine ben preciso – ha affermato Caparco Gennaro, amministratore della pagina facebook dedicata alla petizione – perché si è voluto percorrere idealmente l’iter storico dell’Acquedotto Carolino». Il termine ultimo per le firme è stato 1 ottobre 2013, una data non casuale, perché coincide con il 114° Anniversario dell'inaugurazione dell'Ossario Garibaldino, luogo di culto di memoria della cruenta battaglia svoltasi nel 1869 sui ponti della Valle tra le camicie rosse e l’esercito borbonico, che ne uscì definitivamente sconfitto. È attestato inoltre che l’Ossario, inaugurato il 1 ottobre 1899 per custodire le spoglie dei soldati garibaldini morti sul campo, fu fortemente voluto dalla cittadinanza maddalonese. A distanza di 114 anni, le condizioni di rovina in cui versa il monumento testimoniano tutt’altro che la riconoscenza storica da parte dei suoi concittadini, come del resto dei numerosi visitatori che lo hanno attraversato, nonché delle Istituzioni stesse. Si attendono per questo i risultati della petizione.
la Lettura
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IL MITO DI GARIBALDI
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TRA UNITA’ E RISORGIMENTO DOmENICO BONVEGNA
l libro di francesco pappalardo, “Il mito di Garibaldi. Una religione civile per la nuova Italia”, Sugarcoedizioni (milano 2010, pp.234, e 18,50), è un testo che non si limita a raccontare la vita più o meno eroica di Giuseppe maria Garibaldi, ma va a fondo per scoprire la cultura filosofica che sta dietro la figura del nizzardo e a tutte le altre figure che hanno segnato la storia dell’Ottocento. Il testo di pappalardo mette in luce quella “liturgia civile”, nata dall’opera garibaldina, totalmente svincolata dalla tradizione religiosa del nostro paese. Il testo si apre con una presentazione di Alfredo mantovano, ex sottosegretario agli interni, che critica certe interpretazioni riduttive delle celebrazioni del 150° anniversario dell’unità italiana, si dovrebbe “evitare il duplice errore di un’apologia acritica e di una svalutazione preconcetta. Occorre invece evidenziare che l’Italia, già prima del 1861, aveva una precisa identità, risultato del lascito culturale greco-romano inverato nel cristianesimo in un contesto politico policentrico, e rinsaldata dalla plurisecolare resistenza ai nemici esterni”. Il tentativo di stravolgere l’identità italiana ha provocato: la nascita della ‘questione cattolica’, frutto della rivoluzione risorgimentale, che voleva ‘rifare gli italiani’,l’origine della ‘questione meridionale’, causata dal modo violento di annessione del regno delle due Sicilie, con“la dispersione significativa delle ricchezze culturali del regno” e infine la distruzione d’innumerevoli istituzioni. Indubbiamente nelle celebrazioni del 150° si è perso l’ulteriore occasione di una vera riflessione critica del cosiddetto processo risorgimentale e la verità sulle modalità di raggiungimento dell’unità del paese. Nell’introduzione l’autore affronta l’argomento della nascita del mito di Garibaldi e soprattutto evidenzia come con la rivoluzione risorgimentale è stata costruita una leggenda anticattolica, con caratteristiche ben precise che si può parlare di una vera e propria “religione civile”, di cui Garibaldi è l’icona più duratura. questa nuova religione operata dalla lotta dei “patrioti”, doveva porre fine alla decadenza italiana prodotta dalla Controriforma. pappalardo racconta come è stata costruita la leggenda Garibaldi. Ogni aspetto della sua vita viene enfatizzato come le imprese in Sudamerica (corsaro e guerrigliero) o l’incontro con Anita, la cui morte è “tuttora avvolta da un alone di mistero”. pare che dall’autopsia del cadavere, si deduce che sia avvenuta per strangolamento. I discorsi, i proclami, gli abiti e i comportamenti sono accuratamente studiati; le sue biografie e le memorie sono "rivisitate" e prontamente stampate; non è trascurata neanche l’arte fotografica, allora ai primordi e nella ritrattistica Garibaldi assume perfino le sembianze di Cristo Salvatore. Si tratta di un’opera di trasformazione “promozionale”, sponsorizzata e procurata nei salotti buoni inglesi, senz’altro la più grande e più
incisiva di tutto l’Ottocento. Il ritiro a Caprera è l’apoteosi della leggenda: è un novello Cincinnato che si estranea dall’agone politico e militare in povertà. A partire dal 1870, il mito è già una realtà, "pietrificata", che trova un riscontro nella "moltiplicazione di lapidi, monumenti ed epigrafi". Nel primo capitolo, che si occupa della formazione politica e militare di Garibaldi, pappalardo descrive l’ambiente familiare e la formazione ideologica del giovane nizzardo, con riferimento al contesto storico sociale e politico dell’Europa e della restaurazione, definita “ristrutturazione”, perché ci si “accontenta di riportare la calma in superficie, nell’illusione di disarmare le idee rivoluzionarie con una politica di conciliazione”. In questo periodo nasce la corrente filosofica letteraria del romanticismo, che Galli della Loggia chiama, “la prima grande moda di massa, che potremmo davvero definire il Sessantotto dell’Ottocento”. Sempre in questo periodo in Italia, operano attivamente alcune organizzazione laiche e religiose in difesa della propagazione della fede, che intendono dare un carattere di maggiore profondità e incisività alla restaurazione. Sono esemplari le opere del gesuita bernese Nikolaus Albert von Diessbach, il venerabile pio Bruno Lanteri, dell’Amicizia Cristiana, a Napoli il teatino palermitano Gioacchino Ventura di raulica, e poi il ministro di polizia napoletano Antonio Capece minutolo, principe di Canosa, passato alla storia ufficiale come un bieco reazionario. Nel 1854 Garibaldi ritorna in Italia, si converte alla prospettiva unitaria imperniata sul regno di Sardegna. Il fallimento della spedizione nel Cilento di Carlo pisacane convince altri democratici e repubblicani a prestare attenzione alla linea realistica di Garibaldi di fare la rivoluzione attraverso la casa regnante sabauda. Il terzo capitolo del libro approfondisce il contributo del Generale alla realizzazione del progetto unitario, dalla spedizione dei mille all’invasione degli Stati della Chiesa. Nel frattempo la Società Nazionale si occupa dei finanziamenti — fondi consistenti giungono da New York e da ambienti massonici —, del reclutamento e delle armi: ben ventuno spedizioni porteranno in Sicilia quindicimila uomini e undicimila fucili, a bordo di navi battenti bandiera statunitense e protette a distanza dalle unità dell’ammiraglio Carlo pellion conte di persano (1806-1883). Il 5 maggio 1860 Garibaldi salpa da quarto e sei giorni dopo sbarca a marsala. L’azione militare è favorita anche dal tradimento di alcuni alti ufficiali borbonici, allettati da promesse di avanzamento di carriera fatte loro dagli agenti sardi. A Calatafimi Garibaldi è vittorioso a causa dell’imperizia del generale francesco Landi (1792-1861), già cospiratore carbonaro, mentre il generale ferdinando Lanza (1785-1865), comandante delle forze borboniche nell’isola, pur in posizione di
NOVEMBRE 2013 forza, tratta la resa con Garibaldi, trascurando le difficoltà in cui questi si dibatte: la chiamata alle armi dei siciliani fallisce; nelle campagne regna il caos e si registrano l’occupazione di terre e una lunga serie di violenze, fra cui il massacro di Bronte, compiuto da Gerolamo "Nino" Bixio per salvare i possedimenti inglesi della Ducea di Bronte. Il coinvolgimento del governo sardo nell’operazione conquista del Sud è totale, lo hanno sostenuto gli stessi protagonisti come Nino Bixio, che ha ricordato in parlamento, l’8 settembre 1863, i meriti patriottici del vice ammiraglio persano: “quando noi eravamo a palermo (mi rincresce che debbo dir cose che dovrebbero forse rimanere un po’ più nel silenzio, ma poiché si citano fatti, io debbo contrapporne altri)…ebbi l’incarico più volte di andare dal viceammiraglio persano per cose che erano abbastanza delicate e difficili, giacchè, sapendosi, si sarebbero scoperti gli aiuti che si ricevevano dal Governo…” francesco II, al contempo, nomina ministro di polizia il massone Liborio romano. L’avanzata garibaldina è favorita dai grandi proprietari terrieri, spesso usurpatori di beni demaniali ed ecclesiastici, che di fronte all’impotenza delle autorità borboniche difendono i propri possedimenti. I soldati napoletani tentano di raggiungere le proprie case o il re francesco II che, per evitare danni alla popolazione civile, lascia la capitale e si ritira a Gaeta con la regina maria Sofia di Wittelsbach. Garibaldi entra a Napoli applaudito dal popolo radunato dalla camorra. Si conclude così, l’episodio più celebrato del risorgimento che si configura dunque sostanzialmente come un’operazione di pirateria al servizio dell’idea unitaria e degli interessi britannici, compiuta da un gruppo di uomini armati non aventi alcuna legittimazione giuridica e condotta contro le più elementari norme del diritto internazionale, con l’obbiettivo di ribaltare le istituzioni legittime di uno Stato sovrano da sempre riconosciuto dal consesso delle nazioni e benedetto dalla suprema autorità spirituale. Cavour dopo il successo della spedizione garibaldina, ingiunge al papa di congedare i ventimila volontari cattolici, accorsi dall’Europa e dal Canada per difendere la
39 Santa Sede, e senza attendere la risposta pontificia ordina al generale Enrico Cialdini d’invadere gli Stati della Chiesa. L’esercito papalino è sconfitto a Castelfidardo, nelle marche e Ancona si arrende dopo un bombardamento navale proseguito anche dopo la resa. Intanto francesco II è costretto ad abbandonare la fortezza di Gaeta e
parte per l’esilio. Subito dopo inizia la resistenza popolare contro gl’invasori che si estende all’intero regno, bollata però come "brigantaggio". Con l’intento dichiarato di non fare prigionieri, secondo gli ordini del generale Enrico morozzo della rocca, si scatena una durissima repressione. migliaia di soldati irriducibili del regno delle Due Sicilie subiscono la deportazione nei campi di concentramento piemontesi di San maurizio Canavese e del forte di fenestrelle, molti la fucilazione. La "normalizzazione" sabauda passa anche attraverso la spoliazione economica: le spese sostenute per l’invasione sono poste a carico dei napoletani, s’inasprisce la pressione fiscale, le industrie meridionali perdono le commesse statali, viene epurato il personale amministrativo e politico ed è introdotta la legge sarda del 1855 sulla soppressione degli ordini religiosi. Si apre la questione meridionale. Infine l’autore affronta la questione ideologica del risorgimento. pertanto,“le ristrette élite politiche e intellettuali del risorgimento, che rappresentano inizialmente un elettorato non superiore al due per cento della popolazione, si attribuiscono il compito di consolidare le basi del traballante Stato unitario”. Sono spesso legate alle varie logge massoniche, che scelgono ideologicamente di unificare il paese estendendo al massimo la presenza dello Stato, e così, viene introdotto l’istituto del prefetto, sono limitati i ruoli decisionali dei comu-
la Lettura ni, unificati i sistemi monetari; si omogeneizzano tutte le istituzioni, si crea un forte Stato centralista. parallelamente nasce una politica anticattolica, sotto la guida di quello che il sociologo delle religioni massimo Introvigne chiama “(…) partito anti-italiano. per questo partito ‘fatta l’Italia’ non si trattava soltanto di ‘fare gli italiani’; si trattava piuttosto di fare l’Italia contro gli italiani, o di disfare il tradizionale ethos italiano radicato nel cattolicesimo per costruire un ethos nuovo, progettato a tavolino, modellato sulle presunte caratteristiche delle più avanzate nazioni protestanti europee”. Del resto lo aveva già detto, massimo D’Azeglio, nel 1849, per lui il problema non sono gli austriaci, ma gli italiani, che sono “troppo” cattolici. Lo stesso pensiero è presente in Garibaldi, che si fa promotore di una cultura popolare basata su una nuova religione civile, anticattolica, diffusa con "[...] la distribuzione capillare di opuscoli e di catechismi che attribuiscono a lui la vera rappresentanza della legge di Cristo Garibaldi diventa l’ispiratore dei ministri dell’Istruzione, francesco De Sanctis (1817-1883), michele Coppino (1822-1901) e Guido Baccelli (1830-1916), tutti affiliati alla massoneria. L’obbligatorietà del servizio militare, imposto anche ai chierici, è vissuta come un sopruso, che genera, in numero elevatissimo, renitenza alla leva, diserzioni e suicidi. L’alfabetizzazione patriottica dei ceti popolari" passa anche attraverso forme di sacralizzazione della monarchia e una massiccia rivoluzione toponomastica. Il Generale è oggetto di venerazione ovunque; sorgono il "partito di Garibaldi" e poi il "garibaldinismo", "termine indicante un fenomeno mentale prima che sociale" . In queste condizioni nasce il mito della roma da liberare e da "rigenerare" perché soggetta alla "tirannia" papale. Garibaldi si fa promotore di una “crociata umanitaria” contro il pontefice, perché “la teocrazia papale è la più terribile delle piaghe del mio povero paese, resa insanabile da 18 secoli di menzogne e di complicità con tutti i tiranni d’Italia”. Ormai la lotta contro il clero cattolico è il fulcro del suo impegno politico.
la Storia
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La città dai tanti castelli
A
partire dal 1150. quando Guglielmo il malo, figlio di ruggiero il Normanno ordina la costruzione di Castel Capuano, sotto tutte le dinastie i castelli napoletani hanno assunto nel corso dei secoli la fisionomia di un organico sistema di difesa, aggiuntivo rispetto a quello delle mura cittadine, che nel tempo fu gradualmente perfezionato, costituendo un sistema architettonico che caratterizza in modo peculiare il territorio urbano. Cominceremo la nostra descrizione dal 1329, quando roberto D’Angiò dà ordine di iniziare i lavori per la costruzione di Castel dell’Ovo agli architetti fuccio e primario. La fortificazione si trova sull’ isolotto di megaride, lì dove secondo una leggenda si adagiò il corpo inerte della sirena partenope, dando luogo all’origine di Napoli. qui nel VI secolo A.C. sbarcarono i Cumani, i quali fondarono il primo nucleo della città, secoli dopo Lucullo, di ritorno dall’Asia con immense ricchezze si costruì una dimora sfarzosa dove si svolgevano pranzi con decine di portate, il secolo successivo si insediarono dei monaci Cenobiti costruendovi un monastero, poi inglobato nell’ordine Benedettino, ricco di libri antichi ed infine si rifugiò Santa patrizia per sottrarsi alle voglie di uno Zio degenere. La località ha per lungo tempo rivestito il ruolo di prigione, a partire dal 476 D.C., quando Odoacre vi rinchiuse l’ultimo Imperatore d’Occidente romolo Augustolo. altri “ospiti” eccellenti furono Tommaso Campanella e numerosi Giacobini, carbonari e liberali, tra cui francesco De Sanctis. fu teatro di numerosi episodi bellici, dalla lunga lotta tra Aragonesi ed Angioini, agli scontri tra sostenitori della repubblica partenopea del 1799 e le truppe sanfediste, al confronto tra flotte britanniche e francesi nel 1809 e di nuovo nel
ACHILLE dEllA RAGIONE 1838, quando le navi di Sua maestà si avvicinarono per minacciare ferdinando II, il quale non si fece intimidire, ordinando alle batterie di cannoni di tenersi pronte. Alfonso D’Aragona lo preferì sempre al maschio Angioino e si trasferì con la sua corte per godere la vista del mare. Lo sottopose a radicali trasformazioni, completate dai Borbone, che gli conferirono una struttura dignitosa, tale da permettere in tempi moderni, in occasione del G7 del 1994, di ospitare i capi di stato più potenti della terra in una corni-
ce di assoluto prestigio. Oggi, entrando nel maniero, si ha netta la sensazione di aver attraversato una soglia simbolica: fuori la città con il traffico caotico e i rumori assordanti delle auto, dentro un percorso nel passato, dal medioevo al rinascimento, fino a raggiungere l’ultimo terrazzo, che si affaccia su un superbo panorama, dal Vesuvio alle acque del golfo. Una visita a parte merita anche il contiguo Borgo marinaro con i celebri ristoranti “Zi Teresa” e “La Bersagliera” e l’affacciata di storici circoli nautici: rari Nantes e Italia. Chiudiamo spiegando il perché di un nome così originale. Una legenda attribuiva al sommo poeta Virgilio qualità di mago e riteneva che egli avesse custodito tra le mura del castello un uovo dotato del potere di proteggere la città dalle calamità, una credenza tale che, quando nel 1370 si sparse la voce che l’uovo fosse andato in frantumi, la regina Giovanna D’Angiò, fu costretta a dichiarare solennemen-
te che era stato sostituito da un altro in possesso delle stesse qualità propiziatorie. Una favola a cui ha creduto a lungo un popolo dall’intelligenza acuta, ma poco disposto ad accettare pienamente le regole della razionalità, una caratteristica peculiare della napoletanità, che persiste immutata anche nel duemila. Nel 1329 roberto D’Angiò oltre al Castel dell’Ovo fa iniziare anche la costruzione di Castel Sant’Elmo, dando l’incarico agli architetti francesco di Vito e Tito da Camaino, la cui opera, dopo la morte, fu continuata da Attanasio primario. Sulla collina di San martino esisteva già un fortilizio chiamato prima Belforte e poi S. Erasmo. La posizione del castello rivestiva notevole importanza strategica, perché permetteva di tenere sotto controllo tutte le strade di accesso e la città sotto il tiro dei cannoni. Tutto attorno era circondata da una rigogliosa vegetazione ed all’interno ospitava un cospicua guarnigione di soldati. Nel 1348, appena completato il castello dovette sostenere il primo assedio da parte di Ludovico, re di Ungheria; per fortuna della città fu messo in fuga da una delle frequenti epidemie di peste che lo indussero a tornare a casa. Dopo altri episodi bellici la fortezza angioina venne venduta ad un nobile: Ciarletto Caracciolo per 2500 ducati, il quale organizzava allegri banchetti e feste principesche, una tradizione seguita dagli Aragonesi. Tornò alla funzione militare molti anni dopo, con l’arrivo in città del re di francia Carlo VIII, che avanzava pretese sul regno di Napoli e riuscì ad occupare i 4 castelli. Nel Cinquecento gli Spagnoli rifecero totalmente il castello, trasfor-
NOVEMBRE 2013 mandolo in un possente prototipo di architettura militare, con una pianta stellare con sei punti, oltre ad ampi cortili e sotterranei, una chiesa ed una gigantesca cisterna in grado di assicurare una lunga autonomia idrica. Dopo il 1799 le prigioni del castello ospitarono una folta rappresentanza di repubblicani, da mario pagano a Domenico Cirillo, da Gennaro Serra di Cassano a francesco pignatelli di Strogoli. per molti fu solo l’anteprima del patibolo. più fortunati furono i detenuti del periodo risorgimentale come pietro Colletta, mariano D’Ayala, Carlo poerio e Silvio Spaventa che vennero graziati. Un breve cenno va fatto per una delle poche detenute, ospiti del castello: Luigia San felice, la quale, dopo il disordine provocato durante la repubblica partenopea, quando aveva due amanti, uno monarchico ed uno repubblicano, ai quali, nella foga dell’amplesso, faceva imbarazzanti confidenze ed una volta condannata a morte, riuscì a rinviare a lungo l’esecuzione, fingendosi incinta con falsi certificati stilati da Domenico Cirillo. Dopo lunghi anni in cui il Castello è stato demanio militare oggi è possibile visitarlo ed oltre allo spettacolare panorama è consigliabile soffermarsi sulla piccola chiesa di Sant Erasmo, dove si può ammirare un pregevole pavimento in maiolica e cotto, eseguito con tecnica squisitamente napoletana. Come pure una osta merita la Biblioteca molajoli, specializzata in storia dell’arte, una delle più importanti d’Italia. Nel 1382 Carlo di Durazzo ordinò la costruzione del Castello del Carmine, detto lo Sperone, per la singolare forma architettonica, del quale rimangono pochi resti. Esso venne costruito per la necessità di fornire un baluardo difensivo ad oriente, dove la città era completamente sguarnita ed ebbe solo una finalità militare, privo di qualsiasi elemento decorativo e di lusso. Attualmente una parte del nucleo
41 centrale risulta incorporato in un edificio militare, mentre due torri in via marina sono in balia del traffico ed alla furia vandalica dei Writers, insieme alla splendida porta del Carmine. poche parole merita il forte di Vigliena, di cui oggi è possibile individuare qualche traccia inglobata in edifici moderni. Si è incerti sulla data di edificazione e se si trattava di un complesso militare di una certa consistenza o di un semplice avamposto difensivo, posto ad oriente della città in una zona corrispondente all’attuale quartiere di San Giovanni a Teduccio. Conosciamo la data della sua distruzione nel 1799 da parte delle truppe sanfediste, quando una esplosione devastò l’intera struttura, a seguito di un colpo che diede fuoco accidentalmente alla santabarbara o per un disperato suicidio dei repubblicani, che, pur di non consegnarsi al nemico, preferirono far saltare tutta la struttura. Tra i numerosi castelli della provincia ne ricorderemo soltanto due, partendo da quello di Baia, posto in una località prediletta dal patriziato
romano per le sue bellezze naturali; infatti qui sorsero le ville di Cesare, pompeo, mario e Cicerone. Il castello venne costruito da Don pedro di Toledo intorno alla metà del XVI secolo per creare un baluardo alle frequenti incursioni piratesche dei saraceni. Nel 1734 fu oggetto di contesa tra i Borbone e le truppe Austriache, da cui uscì completamente distrutto. recuperato da Carlo di Borbone. Durante la repubblica partenopea resistette all’attacco della flotta Inglese che cercava di occuparlo. Nel 1887 passò sotto l’amministrazione dello Stato, per divenire poi un orfanotrofio militare. Oggi resti-
la Storia tuito alla pubblica fruizione, è visitabile ed è molto interessante ammirare i numerosi reperti che vengono continuamente alla luce dal vicino parco archeologico sottomarino. Concludiamo con il Castello Aragonese. Il visitatore che giunge ad Ischia viene ricevuto dalla mole maestosa del Castello Aragonese, una struttura secondo la leggenda edificata da Gerone, il tirano di Siracusa, dopo aver sconfitto i Cumani, che dominavano l’isola, ampliato poi dagli Angioini e che sotto gli Aragonesi assunse la fisonomia attuale. Spesso, durante le incursioni saracene, tutta la popolazione dedita all’agricoltura nelle zone circostanti, circa 1800 famiglie, trovava rifugio tra le mura del fortilizio, protetto da robusti bastioni e collegato da un ponte alla terraferma. Oggi costituisce per i forestieri una delle maggiori attrazioni, grazie anche ad un ascensore scavato nella roccia, che permette un percorso in discesa, vivendo un flash back nel passato, dopo aver goduto, dal punto più alto dei terrazzi, ad uno spettacolo unico con un panorama che va dal Vesuvio alle isole del golfo. Il castello ha ospitato uomini e donne illustri, tra le quali la bellissima Vittoria Colonna, in grado di far invaghire perfino il sommo michelangelo, che, nonostante le sue dubbie inclinazioni sessuali, le scriveva lettere infocate e prese dimora, di fronte all’isolotto in una torre, oggi nota con il suo nome. Un altro unicum è costituito dal cimitero delle monache con i così detti scolatoi, da cui il detto napoletano “puozza sculà”, dove le religiose defunte venivano poste a liberarsi dei liquidi corporei. fino a raggiungere una sorta di imbalsamazione naturale. Ed ogni giorno, più volte , le consorelle dovevano visitarle e meditare sulla caducità della vita umana. Alla fine della passeggiata in discesa tra sentieri medioevali, si può curiosare in un museo di cinture di castità, che ne conserva di varie fogge e dimensioni.
l’Agenda
STOP BIOCIDIO
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Il 16 Novembre in piazza mancini (piazza Garibaldi Na) contro il biocidio. Ore 14 e 30. Insieme per il futuro della nostra Terra. #fiumeinpiena “Insieme facciamo sentire la nostra voce di protesta pacifica e apartitica per ribadire la nostra sete di verità e di riscatto: chiediamo giustizia, che vengano individuati e mandati via i responsabili , le braccia, le menti e tutti coloro che hanno consentito questa vergogna. Vogliamo decidere noi tutti, il piano di Gestione dei rifiuti in Campania per ribadire definitivamente: - Stop ai roghi, agli sversamenti e ai traffici di rifiuti tossici! No agli inceneritori e ad ogni forma di combustione dei rifiuti. Si alle BONIfICHE solo dopo aver bloccato le attività illecite e solo sotto il controllo delle comunità. Si all’inviduazione dei suoli contaminati, alla tutela e alla promozione del settore agroalimentare sano campano. No all’ attuale piano di gestioni rifiuti della regione Campania. In continuità con le manifestazioni della provincia, è giunto il momento che il capoluogo campano ospiti una grande manifestazione pubblica per gridare un deciso
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STOp al BIOCIDIO della nostra terra, per passare in maniera decisa da vittime a protagonisti di un percorso che rivoluzioni l’attuale modello di sviluppo. Una manifestazione onnicomprensiva, in cui ognuno possa esprimere a suo modo la propria partecipazione. Tutti uniti per essere più forti, per non far spegnere i riflettori su questa drammatica questione e pretendere giustizia.
Ciò che chiediamo va al di là della semplice partecipazione. pensiamo sia necessario un supporto fattivo nell’ organizzazione e nella promozione dell’evento. Uniamoci affinché la nostra voce possa arrivare più forte e compatta che mai, uniamoci in modo da evitare l’ennesima guerra tra vittime!”. IN VIAGGIO CON l'AutORE
San Giorgio a Cremano (NA). presso la fonderia righetti in Villa Bruno Venerdì 29 Novembre 2013 alle ore 21:00 si terrà l'evento denominato "In viaggio con l'autore - Visita tra sensazioni ed emozioni". La serata si articola con una rapida presentazione dei tre testi della Giammarino Editore: Le vie nascoste - tracce di Italia remota (di Antonio mocciola), Basilico a Natale (di rosi padovani) e Alfonso russo in rock (di Alfonso russo). L'originale incontro dalla durata complessiva di un'ora (20 minuti per ogni testo ed autore), inizierà con la recitazione di un brano tratto da "Le vie nascoste" ed una breve presentazione dell'autore, che rappresenta il viaggio negli splendidi borghi abbandonati d'Italia.
Si proseguirà con la messa in scena di un breve testo che sintetizza il viaggio nella tradizione e nella gastronomia di "Basilico a Natale", poi spiegato dall'autrice. Il viaggio degli ultimi venti minuti riguarderà il rock ed avverrà in compagnia dello storico DJ Alfonso russo, che racconterà misconosciuti retroscena di una musica che ha fatto ballare intere generazioni e che viene proposto nel suo "Alfonso russo in rock".
A questo punto, le parole prenderanno vita reale e verranno servite alcune ricette descritte dalla padovani mentre il DJ russo si trasferirà alla consolle per intrattenere gli ospiti con il sottofondo musicale precedentemente raccontato.