Vucciria della Domenica n. 55

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LA VUCCIRIA DELLA DOMENICA I7 LUGLIO 2OII

MI RICORDO, ,

SI IO MI RICORDO di Giovanni Falcone Francesca Morvillo Antonio Montinaro Rocco Dicillo Vito Schifani Paolo Borsellino Emanuela Loi Walter Cosina Vincenzo Li Muli Claudio Traina Agostino Catalano Rita Atria e altri, molti altri ancora...


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MI RICORDO, SI’ IO MI RICORDO...............................................................

IL LIBANO

SOTTO CASA

Anno 2 n. 55 I7 luglio 2OII Padri fondatori: Luigi Alfieri, Dario Di Simone, Massimo Palazzo, Mauro Patorno e Alberto Turturici. Hanno collaborato: Gianni ALLEGRA, Stefano ANTONUCCI; Mauro BIANI, ELLEKAPPA, Marco GAVAGNIN, Paolo LOMBARDI, PORTOS, Gianfranco UBER. Copertina: Rielaborazione dalla copertina del libro a fumetti “Giovanni Falcone” di Giacomo Bendotti, edito da Beccogiallo. Grafica & impaginazione: Max & co. Testi, disegni e illustrazioni sono copyright dei rispettivi autori. Potete riprodurli liberamente, basta solo che citiate la fonte. I nostri indirizzi: www.lavucciria.net; www.insertosatirico.com Mail: info@lavucciria.net INSERTO SATIRICO e’ una creazione di Marco Careddu. Di VIA OLGETTINA ci siamo amaramente pentiti: richiedeva troppo impegno ed era un’emerita schifezza! Scusate. Se vi presentate domani all’alba sotto casa nostra vi rimborseremo. In caso contrario avanzate un ghiacciolo all’arancia... Finito di impaginare il I6 luglio 2OII

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PALERMO - E' morto, è morto nella sua Palermo, è morto fra le lamiere di un'auto blindata, è morto dentro il tritolo che apre la terra, è morto insieme ai compagni che per dieci anni l'avevano tenuto in vita coi mitra in mano. E' morto con sua moglie Francesca. E' morto, Giovanni Falcone è morto. Ucciso dalla mafia siciliana alle 17,58 del 23 maggio del 1992. La più infame delle stragi si consuma in cento metri di autostrada che portano all'inferno. Dove mille chili di tritolo sventrano l'asfalto e scagliano in aria uomini, alberi, macchine. C'è un boato enorme, sembra un tuono, sembra un vulcano che scarica la sua rabbia. In trenta, in trenta interminabili secondi il cielo rosso di una sera d'estate diventa nero, volano in alto le automobili corazzate, sprofondano in una voragine, spariscono sotto le macerie. Muore il giudice, muore Francesca, muoiono tre poliziotti della sua scorta. Ci sono anche sette feriti, ma c'è chi dice che sono più di dieci. Alcuni hanno le gambe spezzate, altri sono in fin di vita. Un bombordamento, la guerra. Sull'autostrada Trapani-Palermo i boss di Cosa Nostra cancellano in un attimo il simbolo della lotta alla mafia. Massacro "alla libanese" per colpire e non lasciare scampo al Grande Nemico. Una tonnellata di esplosivo, un telecomando, un assassino che preme un tasto. Così uccidono l'uomo che per dieci anni li aveva offesi, che li aveva disonorati, feriti. La vendetta della mafia, la vendetta che diventa morte in un tratto di autostrada a cinque chilometri e seicento metri dalla città, la città di Giovanni Falcone, la città dove pochi lo amavano e molti lo odiavano. La cronaca della strage comincia all'aeroporto di Punta Raisi quando su una pista atterra un DC 9 dell'Alitalia e subito dopo un jet del Sisde, un aereo dei servizi segreti proveniente da Roma. Sopra c'è Giovanni Falcone con sua moglie Francesca. Sono le 17,48 quando il jet è sulla pista di Punta Raisi. E sulla pista ci sono come ogni sabato pomeriggio tre auto che lo aspettano. Una Croma marrone, una Croma bianca, una Croma azzurra. E' la sua scorta, la solita scorta con Antonio, Antonio Montanari, agente scelto della squadra mobile che appena vede il "suo" giudice che scende dalla scaletta si infila la mano destra sotto il giubbotto per controllare la bifilare 7,65. Tutto è a posto, non c'è bisogno di sirene, alle 17,50 il corteo blindato che trasporta il direttore generale degli Affari penali del ministero di Grazia e giustizia è sull'autostrada che va verso Palermo. Tutto sembra tranquillo, ma così non è. Qualcuno sa che Falcone è appena sbarcato in Sicilia, qualcuno lo segue,

di ATTILIO BOLZONI

qualcuno sa che fra otto minuti la sua Croma passerà sopra quel pezzo di autostrada vicino alle cementerie. La Croma marrone è davanti, centotrenta all'ora. Guida Vito Schifani, accanto c'è Antonio, dietro Rocco Dicillo. E corre, la Croma marrone corre seguita da altre due Croma, quella bianca e quella azzurra. Sulla prima c'è il giudice che guida, accanto c'è Francesca Morvillo, sua moglie, anche lei magistrato. Dietro un altro agente di scorta. E altri quattro sulla Croma azzurra. Un minuto, due minuti, la campagna siciliana, l'autostrada, l'aeroporto che si allontana, quattro minuti, cinque minuti, il DC 9 dell'Alitalia proveniente da Roma che scende verso il mare e sorvola l'A 29. Sono le 17,57, Palermo è vicina, solo sette chilometri, solo pochi minuti. Lo svincolo per Capaci è lì, c'è un po' di vento, ondeggia il cartellone della "Sia Mangimi", si muovono gli alberi, il mare è increspato. Ecco, sono quasi le 17,58. La Croma marrone è sempre avanti, il contatto radio con le Croma bianca c'è, la "linea" è silenziosa, vuol dire che tutto va bene, non c'è problema. Ma dietro, intorno, da qualche parte, c'è l'assassino, ci sono gli assassini che aspettano Giovanni Falcone. Sono le 17,58. C'è una curva larga, c'è un rettilineo di 180 metri, c'è un'altra piccola curva. E c'è un sottopassaggio prima di arrivare ad una specie di colonna grigia con su scritto "Cementerie siciliane". Il cartello che indica l'uscita per Isola delle Femmine è a qualche metro, più avanti ci sono due gallerie. Sempre buie, sempre mal illuminate. Sono le 17,58 e Salvatore Gambino, coltivatore diretto di trentaquattro anni, passeggia su un ponticello e guarda le auto che sfrecciano sull'autostrada. Sono le 17,58 e una Fiat Uno con una coppia di austriaci va verso Trapani seguita da una Opel Corsa di colore rosso. Sono le 17,58 quando la mafia compie la sua vendetta. "Ho visto una fiammata e poi ho sentito un boato...forse prima ho sentito il boato e poi ho visto del fumo nero", racconterà un'ora dopo confuso il coltivatore Salvatore Gambino a un carabiniere. 17,58, l'ora del massacro, l'ora dell'infamia, dell'orrore, della (segue a pagina 3)


morte. Il lampo, il tuono, la strada si apre per cinquanta metri verso Palermo e per cinquanta metri verso Trapani. Gli oleandri che dividono le due carreggiate dell'autostrada A 29 bruciano, l'aria è irrespirabile, quintali di asfalto vengono catapultati verso il cielo. E' l'esplosione, sono i mille chili di tritolo che brillano, che fanno strage, che fanno morte. I mafiosi li avevano piazzati in una specie di fossa a un metro dal sottopassaggio che taglia l'autostrada. Hanno aspettato Falcone, hanno aspettato la Croma marrone e le altre due auto blindate, hanno aspettato l'attimo per fare clic e uccidere il Grande Nemico. Solo trenta secondi, solo trenta secondi dal lampo e dal tuono alla strage e alla morte. Quando il tritolo esplode sulla strada si apre una buca, una diga, una fossa di una cinquantina di metri. "Come il cratere di un vulcano", dirà poi il procuratore capo di Palermo Piero Giammanco. Dentro il cratere del vulcano finisce per un istante la Croma marrone. Solo per un attimo. Poi verrà scaraventata lontana, un volo di cinquanta, sessanta, ottanta, cento metri. Un volo dall'altra parte dell'autostrada, verso il mare, in un campo di ulivi. Muore Antonio, muore Vito, muore Rocco. L'asfalto schizza per aria Muoiono tutti, poveri ragazzi. Un secondo dopo la Croma bianca guidata da Giovanni Falcone piomba nel cratere, si infossa, si alza, si schianta a terra, si rialza, si riabbassa. I primi tre metri di Croma vengono tranciati dal tritolo, l'altro metro e mezzo di automobile si accartoccia. I pezzi di asfalto schizzano per aria, volano verso il mare e verso la montagna. Giovanni Falcone viene schiacciato dall'urto del tritolo e dall'auto che sbatte impazzita, Francesca finisce sui vetri in frantumi, l'autista che sta dietro si chiama Giuseppe Costanza. E' in trappola, prigioniero fra le lamiere, ma vivo, vivo. La Croma marrone è nel campo di ulivi ma la Croma di Falcone resta ferma, bloccata, in mezzo alle macerie, in mezzo al fumo nero, in mezzo al fuoco. Tre secondi dopo la Croma bianca del giudice Giovanni Falcone sarà ricoperta di terra e di cemento, di fuliggine e di catrame. "Io ero sul cavalcavia e mi sono messo a correre come un matto, correvo, correvo con il cuore in gola... dopo qualche minuto, forse tre, forse quattro, ho estratto dalla Croma di colore bianco il corpo di una donna...poi ho provato ha tirare fuori anche il corpo dell'uomo...ho saputo poi che era Falcone, il giudice Giovanni Falcone", ricorda fra le lacrime il coltivatore diretto Salvatore Gambino. Il corpo di Francesca Morvillo, il corpo di Giovanni Falcone. L'autista non l'aveva visto, era sotto i sedili, era sotto le macerie.

Ore 17,59, autostrada Trapani-Palermo, chilometro 5,6. Una Croma non c'è più, un'altra è disintegrata, la terza, quella azzurra, è un ammasso di ferri vecchi. Ma dentro i quattro agenti sono vivi, feriti ma vivi. Feriti come altri venti uomini e donne che erano dentro le auto che passavano in quel momento fra lo svincolo di Capaci e Isola delle Femmine, fra le due gallerie e la cementeria, fra il sottopassaggio e la curva larga dove c'era una volta il cartellone della "Sia Mangimi". Dove c'erano i lampioni gialli e celesti che adesso sembrano scheletri, dove c'erano gli alberi che adesso sembrano canne nere, dove c'era una strada che adesso sembra un canale dove è passata la lava vomitata da un vulcano. Con decine e decine di automobili piegate, con le tutte le linee telefoniche della zona saltate, con l'nergia elettrica che se ne va improssivamente , con i vetri delle ville e dei palazzi nel raggio di chilometri che vanno in frantumi, con una grande nuvola nera che avvolge tutto e tutti. L'inferno, l'inferno per uccidere il giudice Giovanni Falcone. L'inferno, l'allarme, la centrale operativa della polizia che va in tilt e i funzionari della Questura che parlano via radio della "nota personalità" che stava passando alle 17,58 sull'autostrada che da Punta Raisi porta a Palermo. Chi è questa "nota personalità"? Giallo per sette minuti, giallo e paura. Poi finalmente si capisce, poi finalmente la nota personalità ha un nome e un cognome, è Giovanni Falcone, è il giudice, è il direttore degli Affari penali del ministero di Grazia e giustizia. E comincia la sabanda di voci. E comincia l'altalena delle emozioni, i tuffi al cuore, i timori che si intrecciano. E' leggermente ferito, è gravemente ferito, è in fin di vita, è salvo, è quasi morto, è salvo, è ferito, è lui, non è lui. Quanta paura, quanta speranza, quante lacrime alle 18,47. Si, alle 18,47 un medico dell'ospedale civico firma il cartellino "d'entrata" del giudice italiano più famoso nel mondo. Due parole, solo due parole: "arresto cardiaco". Giovanni Falcone è arrivato morto in ospedale, è arrivato già morto. E sull'ambulanza che lo trasportava c'era la sua borsa di pelle marrone. Piena di carte, piena di fogli. C'era anche un libro, "Il ruolo del Pubblico ministero". Su un'altra ambulanza Francesca, la moglie, giudice di tribunale, magistrato come il marito, magistrato come il fratello, Alfredo, sostituto procuratore del pool antimafia di Palermo. "Ha le gambe rotte", diceva alle otto di sera un infermiere del Civico. "Ha il ventre aperto", raccontava un chirurgo alle dieci di sera. E' in coma, no si salva, è in fin di vita, è fuori pericolo. Povera Francesca, è morta, è morta anche lei con il suo amore. A sera tarda, a tardissima sera arriva la solita rivendicazione della Falange Armata, arriva la notizia del lutto cittadino in memoria di Giovanni Falcone, arriva la notizia del consiglio comunale che si riunisce in seduta straordinaria con quello provinciale. Arriva lo "sgomento" della città di Palermo, la "costernazione" della capitale siciliana per l'uomo simbolo, per l'uomo amato e odiato, per il giudice che ha mandato sotto processo mille uomini d'onore. Gliel'avevano giurata a Giovanni Falcone. gliel'avevano giurata tredici anni fa: "Morirai, lo sai che prima o poi morirai...". E lui lo sapeva. Ma ridendo, con quella sua faccia che alcune volte lo rendeva antipatico anche gli amici che lo volevano bene, lui rispondeva: "Per me la vita vale come il bottone di questa giacca, io sono un siciliano, un siciliano vero". E rideva, rideva, Giovanni Falcone.

IL SATIRO

ANNA

CANTE

ROBERTO ALAJMO

AUTOCER TIFICAZIONE

ANTIMAFIA Primo esempio. A Villabate un premio dell’antimafia assegnato a Raoul Bova per la sua interpretazione del Capitano Ultimo. Consegna il riconoscimento Francesco Campanella, il capomafia del paese. Secondo esempio. Salvatore Cuffaro riempie i muri con grandi manifesti: "La mafia fa schifo". Terzo esempio. Il senatore Lumia, denunciato per inadempienza contrattuale da un ex collaboratore, comunica di non aver paura di nulla, neanche delle minacce mafiose che ha ricevuto in passato. Quarto esempio. Sgarbi, sindaco di Salemi, respinge con veemenza l’accusa di infiltrazioni nella sua amministrazione ricordando di aver creato il museo della Mafia. Quattro esempi: ma ognuno potrebbe trovarne altri. E viene in mente Leonardo Sciascia, il suo ragionamento sulle carriere costruite sull’ostentazione dell’antimafia. Certo: Sciascia aveva torto quando scrisse quell’articolo per il Corriere della Sera. Sbagliati erano gli esempi: Orlando, Borsellino. Ma soprattutto sbagliati erano i tempi: troppo prematuri.

© Roberto Alajmo

(©La Repubblica - 24 maggio I992)

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Giovanni Falcone, magistrato ucciso dalla mafia, medaglia d’oro al valore civile e vero e proprio eroe nazionale, e’ stato – con il collega Paolo Borsellino – rappresentante di punta del pool antimafia, gruppo innovativo di magistrati che si sono dedicati a tempo pieno alle indagini di mafia nel corso degli anni Ottanta. Al loro lavoro si devono, tra gli altri successi, la collaborazione del boss Tommaso Buscetta con la giustizia e il clamoroso maxiprocesso a Cosa Nostra, conclusosi con 360 condanne. Giacomo Bendotti, autore per la radio e il cinema, ricostruisce la storia e la figura di Giovanni Falcone, i successi personali, i momenti difficili come l’attentato all’Addaura, fino alla strage di Capaci, dove Falcone trova la morte il 23 maggio 1992 insieme alla moglie e alla scorta. “La mafia non e’ affatto invincibile. e’ un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha avuto un inizio, una sua evoluzione e avra’ quindi anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che e’ un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si puo’ vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni.” Giovanni Falcone GiOVANNi FALCONE l’uomo simbolo della lotta alla mafia

Collezione Biografie 144 pagine, brossura, colori, 15.00 euro

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BIANI OSSERVATORIO

DIZIONARIO

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DEGLI ORRORI FEI & TOMAS

TERMINALIZZARE - v. tr. (io terminalizzo, ecc.) Non significa, come si potrebbe supporre dopo aver letto l'orrore precedente, attribuire una malattia terminale ad un paziente. Questo non è, infatti, un mostriciattolo medico, ma - ovviamente - uno dei soliti "orrori informatici". Altrettanto ovviamente, significa "trasferire dei dati da un computer centrale ad un terminale". TRANSITARE - v. tr. Il gergo bancario ha trasformato questo termine (che con il suo abituale significato ha pieno titolo di cittadinanza nelle migliori espressioni del nostro liguaggio) in qualcosa di insensato. Il verbo, passato a termine tecnico, diventa transitivo (transitaretransitivo: orrendo anche il gioco di parole) e va ad indicare l’atto di recapitare alcuni documenti a mezzo di una terza persona. Nella tipica frase: IL CONSULENTE DEL SIG. ROSSI HA TRANSITATO LE PROCURE IN SEDE, si vede che il documento è del cliente Rossi e che serve alla sede, ma soprattutto che il latore (colui che lo ha "transitato") è una terza persona. Si tratta di un orrore dei più subdoli in quanto, non solo può essere sostituito con parole già esistenti (recapitare, consegnare, ecc.), ma crea anche confusione col suo reale significato che, come già detto, è ben diverso. ©ATTRACCO.IT

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di

MAURO BIANI

Unite due menti, fra le piu’ faconde della satira e del giornalismo sul web. Se il risultato e’ quello che vedete qui sotto (pubblicato a suo tempo sul MUCCHIO SELVAGGIO), beh... Ben vengano, no?


MAESTRI DI PENNA................................

QUEL PIZZINO CHE SA DI PECORINO

di MICHELE SERRA* del MAGO PRES BIOPIA

ORO SCOPO

Del MAGO PRESBIOPIA

Valga per tutti questo breve stralcio, tratto dal verbale dell'ultimo vertice in uno degli imprevedibili nascondigli segreti del boss, a casa sua. Provenzano - Inquallacchie! E' tutto un inquallacchie, voi dovite intrugare lo scocchio! Ministro - Come? Come ha detto? Provenzano - E ci risiamo! A Tipizzi ci dissi dei lupini! Qui non si cava un ramaglio dai porticchi! E i porticchi chi ce li deve mettere, io? Ministro - Eh? Come dice? Eh? Provenzano - Ma tenete li orecchi affitati? Oppuro state voi a fare parizzi tutti i sante? Ministro - Prego? Eh? Come? La riunione si risolse in un nulla di fatto. Tanto che, per i prossimi incontri, è stato deciso, bilateralmente, di mettere a punto un nuovo protocollo. Questi i punti principali. Interprete Indispensabile la presenza di un interprete simultaneo, che traduca in italiano le richieste della mafia. La mafia ha accettato purché un altro interprete traduca in italiano le risposte dei politici. Per esempio la frase "vedremo di attuare tutta una serie di misure tese a dare risposta alle esigenze prioritarie dei soggetti interessati a una soluzione rapida e certa delle questioni sul tappeto" verrà tradotta "aboliremo il 41 bis". Pizzini E' sotto accusa lo stato deprecabile della maggior parte dei pizzini. Il forte odore di pecorino ha provocato una protesta formale della polizia scientifica. Il pentito Carmelo Di Snocciolo, killer del rione Santa Intusimata, ha rivelato agli inquirenti di essere stato costretto a uccidere decine di persone perché nel pizzino il nome della vittima non era chiaro. "C'era scritto di uccidere un certo Paolino ma il cognome era coperto da una macchia di sugo. Hai voglia a fare fuori tutti i Paolino, ci ho messo sei mesi, ho lasciato la mafia perché non si può lavorare in questa maniera". Location Gli ultimi tre vertici tra Stato e mafia hanno avuto luogo in un ovile sotterraneo, nella tromba dell'ascensore di un condominio di Corleone e in un silos di passata di pomodoro svuotato la mattina stessa. Il governo, pur comprendendo le ragioni di riservatezza della mafia, sta pensando di allestire una sede più decorosa, che tenga conto delle diverse culture: si pensa a una normale sala per i convegni, a Roma o a Palermo, però

accessibile solo da una botola, per far sentire a proprio agio i boss. Laboriose le trattative per il rinfresco: i boss chiedono quadratini di pecorino, i politici tartine al pesce crudo, tipo happy hour. Probabile un compromesso: involtini di pesce crudo pieni di pecorino, serviti con champagne però in damigiana. Formalità Il bacio in bocca, considerato disgustoso dai politici soprattutto da quando la mafia si fa rappresentare dal boss Biagio Aglio, detto 'Napalm' a causa dell'alito, non può essere abolito perché la mafia considera sacre le sue radici culturali. Per risolvere il problema, i politici porteranno al seuito una controfigura. Diplomazia La richiesta della mafia di aprire formalmente un'ambasciata a Roma viene considerata un importante segno di apertura, ma ci sono perplessità sul nome dell'ambasciatore designato. Si tratta del boss Rosario Straziante, un latitante che per fare esperienza si è presentato a un ricevimento all'ambasciata di Francia a bordo di un camion, portandosi da Palermo il suo catering e i suoi camerieri, e minacciando di morte l'ambasciatore nel caso non volesse accettare il nuovo appalto. La mafia ha già rimediato alla gaffe facendo pervenire all'ambasciatore francese, con un impeccabile biglietto di scuse, la testa mozza di Straziante.

Dal 22/O6 Al 22/O7 SEI UN NOTO CREATIVO, FINANZIARIAMENTE PARLANDO. AL TAVOLO LE TRATTATIVE SARANNO FRUTTUOSE. Hai tanta immaginazione: pensa se fossi pure intelligente, che successo potresti avere. Saturno crea difficoltà, il tuo discorso non è stato capito. E forse nemmeno ascoltato. Apriti sempre col partner, non fare il musone. E metti via quel dito medio sempre alzato. Se hai bisogno di un appoggio chiedilo pure: dall'altra parte ci sono brave persone. Non abusare troppo delle tue prerogative: se gli amici ti mollano finirai in grossi guai. Lo scandaloso sei tu ma fai finta di niente: chi ti vuole male se la vedrà con la famiglia. Momento magico per la carriera: si è fermata e nessuno sa perchè. Indaga gli amici. L'energia lavorativa ti durerà a lungo, molto a lungo: fino alla fine. Dopo potrai riposare. In quel libro hai cambiato bandiera troppe volte, come nella vita. Fermati o ti fermeranno. Rivalità nella casa comune, rimetterla insieme sarà molto dura. Solo i prodi ce la faranno. Mercurio difende il lavoro ma tu non ne hai certo bisogno: sei magnificamente a spasso.

© L’Espresso 2OO9

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PERNONDIMENTICARE

23MAGGIO 19LUGLIO

Hanno ricordato: Gianni ALLEGRA, Stefano ANTONUCCI; Mauro BIANI, ELLEKAPPA, Marco GAVAGNIN, Paolo LOMBARDI, PORTOS, Alberto TURTURICI, Gianfranco UBER.


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