IL FINANZIERE DI DIO

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Introduzione

‹‹Non sono io il ladro, ma ammazzerò chi ha derubato me (...) prega Dio perché la gente mi dia quel denaro. Allora non mi sporcherò le mani di sangue; ma se non me lo daranno... ne correrà›› (Dmitrij Karamazov, “I fratelli Karamazov” di Fëdor Dostoevskij)

Nell’estate 2006, due notti prima della finale dei mondiali di calcio tra Italia e Francia, nella campagna emiliana, Gianmario Roveraro viene ucciso. La sua morte violenta è l’ultimo atto di un rapporto d’affari finito male. E di un mistero irrisolto. C’è un consulente finanziario di Parma che si sente tradito e che quella notte perde la testa. C’è un gruppo di creditori che al consulente ha prestato tanto denaro e lo rivuole indietro. C’è una società austriaca, guidata da una persona con precedenti per truffa, che promette guadagni stratosferici. Ce n’è un’altra, inglese, acquistata da Roveraro, che attraverso un fiduciario svizzero stipula un contratto con la società austriaca nella convinzione di incassare davvero profitti incredibili. E poi, nel mezzo, personaggi improbabili, strani faccendieri, millantatori, un via vai di avvocati, commercialisti, docenti universitari. Tutti insieme si affacciano o prendono parte a un intrigo finanziario dove il nome di Roveraro viene utilizzato per dare maggiore credibilità: ma è un imbroglio, una grossolana presa in giro. Nonostante questo, Roveraro accetta di partecipare all’affare, che tanto assomiglia alla favola delle monete che Pinocchio sotterra pensando di vederne germogliare delle altre. Come mai questo è possibile? Chi sono il gatto e la volpe? Che cosa ha convinto Roveraro a prendere parte a un’operazione così rischiosa e poco plausibile? Infatti, Roveraro non è uno qualunque, ma uno dei più stima11


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ti finanzieri italiani. La sua storia, che comprende gli anni Ottanta a capo della investment bank pubblica Sige e poi il periodo alla guida di Akros finanziaria, è costellata di momenti che hanno segnato l’economia nazionale. Roveraro gioca un ruolo importante nelle grandi manovre dei più significativi gruppi industriali, stringe rapporti stretti con i potenti dell’economia tricolore: Raul Gardini, Michele Ferrero, Calisto Tanzi. In una certa fase il finanziere è addirittura considerato l’alternativa a Enrico Cuccia di Mediobanca, anche se resta un outsider e per questo osservato con distacco da una parte del sistema bancario. Figura carismatica, emblema di serietà personale e professionale, Roveraro è affiliato all’Opus Dei e questo contribuisce ad accrescerne la fama, oltre che di rappresentante della cosiddetta finanza cattolica, anche di protagonista enigmatico. D’altra parte, in linea con quanto insegnato nell’opera religiosa, Roveraro è inaccessibile alle confidenze: la riservatezza è assoluta, quasi ossessiva. Nessuno, neanche gli amici, sa oltre l’indispensabile. La sua vita ha un perimetro rigido e gelosamente protetto: la famiglia, il lavoro, la dedizione all’Opus Dei. Ecco perché appare ancor più incomprensibile la vicenda che, a partire dal 2002, lo trascina in un mondo nel quale sarebbe stato impossibile immaginarlo. E che ha lasciato tanti a bocca aperta, increduli di ciò che è accaduto. Da tempo Roveraro si era ritirato dalle luci della ribalta. Dopo il 1997 con il precipitoso addio dalla Akros, fino al 2004 del finanziere non si parla quasi più. Poi arriva il crac Parmalat, che inizialmente lo vede coinvolto con l’accusa di aver contribuito al dissesto. Ma il peggio deve ancora arrivare. Infatti, è proprio tra il 2004 e il 2006 che l’affare tra la società inglese di Roveraro e quella austriaca si disvela per quello che è: un flop. All’inizio sembra solo una perdita di denaro, tutto sommato contenuta. Senonché, uscire dal circuito di relazioni in cui il finanziere è finito si rivela meno facile del previsto, anche per il fatto che esiste un vortice di quattrini inghiottiti chissà dove. Come formiche impazzite, tutti gli attori in campo cominciano a rimpallarsi le responsabilità, a scaricare gli errori, a minacciare, a scappare. Il consulente di Parma alla 12


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fine si convince che il colpevole delle sue disgrazie è Roveraro, lo accusa di gravi mancanze, e la vicenda si tramuta in tragedia. Non del tutto chiara: restano zone d’ombra, ambiguità, contraddizioni. La magistratura milanese, che indaga sulla morte del finanziere, scopre un groviglio di interessi poco limpidi, di soggetti equivoci e di vicende parallele che allargano la prospettiva. Vengono evocati anche l’Opus Dei e il Vaticano. Tutti si chiedono: che cosa è accaduto veramente a Roveraro? Quali ipotesi si possono fare sull’intrigo finanziario? Tra le molte persone che compaiono nella storia, chi mente e chi dice la verità? Che cosa ha portato l’assassino a premere il grilletto della pistola quella notte a ridosso della finale dei mondiali di calcio? Questo libro cerca di mettere insieme i pezzi del puzzle. F.S.

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