daniele.qxd
06/11/2008
17.32
Pagina 13
Introduzione
A seguito della forte impennata del petrolio, con punte oltre i 140 dollari al barile nell’estate 2008 e della successiva alta volatilità dei prezzi, peraltro tendente al ribasso dopo il tracollo del sistema finanziario mondiale, ormai in numerose fonti mediatiche, dai quotidiani alla televisione, dai dibattiti politici a quelli economici, pervade un rinnovato interesse per l’energia nucleare come fonte necessaria, competitiva, affidabile, sicura, vitale per la nostra sopravvivenza e per la protezione del clima. Le principali argomentazioni per aggregare il consenso e preparare l’opinione pubblica al rientro dell’Italia nel “club nucleare” sono che: - l’energia elettrica prodotta con il nucleare è più economica; - gli impianti nucleari non producono CO2; - le centrali nucleari sono sicure; - il confinamento delle scorie radioattive è un problema risolvibile; - il nucleare garantisce la sicurezza negli approvvigionamenti energetici. Ebbene, tutto questo è falso. Nei fatti, dopo decenni di splendore e di speranze che avevano portato a predire che l’energia prodotta con le centrali atomiche sarebbe stata così economica che non sarebbe valsa neppure la pena di misurarla – too cheap to meter(1) – , l’energia nucleare sta continuando il suo lungo declino nel mercato globalizzato. (1) Frase pronunciata da Lewis L. Strauss, presidente della Atomic energy commission, in un discorso all’assemblea nazionale degli scrittori scientifici tenutasi a New York il 16 settembre 1954.
13
daniele.qxd
06/11/2008
17.32
Pagina 14
Amory B. Lovins(2) sostiene che «l’energia nucleare collasserà perché non è concorrenziale, è inutile e obsoleta; essa è talmente antieconomica che non vale nemmeno la pena di discutere se sia sicura e pulita. Indebolisce l’affidabilità del sistema elettrico e la sicurezza nazionale e infine aggrava il cambiamento climatico distogliendo immense quantità di denaro pubblico da opportunità dieci volte migliori realizzabili in tempi dieci volte inferiori». Ma il “Rinascimento nucleare” ha bisogno innanzitutto di consenso sociale. Senza di esso non c’è verso di costruire centrali. Il battage pubblicitario in atto deve principalmente creare tale consenso. Per le scorie, poi, si vedrà. È preoccupante il fatto che il dibattito sul futuro energetico dell’Italia si stia politicizzando e soprattutto che stia assumendo contorni ideologici. Questa polarizzazione è particolarmente grave se dovesse affermarsi una visione delle fonti rinnovabili come di “sinistra” e del nucleare come di “destra”. Purtroppo, dopo Cernobyl, un certo ambientalismo ha ideologizzato la “questione nucleare” paventando “sindromi cinesi”(3) a ogni piè sospinto. È positivo dunque che in Italia si accenda, finalmente, il dibattito sul futuro dell’approvvigionamento energetico, dopo che dal referendum del 1987 – con il quale i cittadini italiani hanno deciso di porre fine all’energia nucleare nel nostro Paese – la politica italiana ha colpevolmente trascurato la questione. Non bisogna però fare l’errore opposto e ideologizzare il nucleare come soluzione inevitabile. I combustibili fossili, base della moderna economia industriale, sono trattati come una rendita, quando in realtà sono un capitale: non ci si preoccupa di limitarne l’uso, nonostante il loro carattere non sia rinnovabile.
(2) Amory B. Lovins e Imran Sheikh, The nuclear illusion, maggio 2008. (3) La “sindrome cinese” indica un’ipotesi, fantasiosa e priva di fondamento scientifico, per cui la massa fusa incandescente derivante dalla fusione del nocciolo di un reattore nucleare sprofondi e attraversi la Terra, sbucando in Cina.
14
daniele.qxd
06/11/2008
17.32
Pagina 15
L’uranio non sfugge a questa regola; tuttavia sentiamo dichiarazioni che auspicano la costruzione di mille nuove centrali nucleari, quando non c’è abbastanza uranio per farne funzionare, malamente, poco più di quattrocento. L’energia è il motore delle attività economiche del mondo odierno e i problemi energetici rappresentano l’ossessione di tutte le società moderne. Ma le risposte a essi non possono e non devono essere date esclusivamente aumentando i fattori di scala: al giorno d’oggi soffriamo di una idolatria quasi universale per il gigantismo. Procedere verso il gigantismo significa procedere verso l’autodistruzione. La crescita non può porsi obiettivi illimitati, perché – come diceva Gandhi – «la terra produce abbastanza da soddisfare i bisogni di ognuno, ma non per soddisfare l’avidità di tutti». La crescita economica deve tenere conto della disponibilità delle risorse, intese come capitale e non come rendita, ma soprattutto deve considerare la capacità dell’ambiente di far fronte alle interferenze dello sviluppo umano. La logica monetarista che impregna la nostra società sembra ragionare e agire in termini di “dopo di noi il diluvio”. Ma la visione del bisogno futuro di energia necessita di una rivoluzione copernicana rispetto alle modalità con cui essa viene valutata, pagata e usata. Rifiutarsi di guardare attraverso il telescopio della “ragione”, così come nel Galileo di Bertolt Brecht i sacerdoti si rifiutavano di guardare i satelliti di Giove, non fa che procrastinare la verità e danneggiare l’umanità tutta. In questo libro non vi è quasi nulla che non sia stato già detto o già scritto. Abbiamo cercato solo di raccogliere e ordinare le argomentazioni che sfatano la demagogia roboante da cui siamo assaliti e dare quindi risposte documentate alle menzogne che ci vengono propinate quotidianamente. Il testo illustra nel primo capitolo come la tecnologia dominante per produrre l’energia elettrica sia basata tutt’ora sul ciclo del vapore. Nel secondo invece racconta l’evoluzione del mercato del petrolio, dal predominio delle “Sette sorelle” all’invasione dei futures nei mercati finanziari. 15
daniele.qxd
06/11/2008
17.32
Pagina 16
Nel terzo capitolo sono rivelati alcuni aspetti poco conosciuti del mercato elettrico italiano, in particolare i motivi che rendono la nostra bolletta elettrica il 20% più cara del dovuto. Il quarto capitolo riporta dei flash su come la finanza speculativa stia preparando l’assalto all’ultima commodity rimasta fuori dal mercato, l’uranio. Dal quinto al nono sono descritte le tre principali filiere o blocchi che compongono il sistema nucleare, le loro tecnologie e i costi: in particolare l’approvvigionamento del combustibile, la centrale nucleare vera e propria, lo smantellamento del reattore e le problematiche relative alla gestione delle scorie radioattive. Il capitolo 10 è invece dedicato all’esame dei rapporti della Corte dei conti francese, britannica e italiana e viene commentato il modo “bizzarro” con cui vengono tenuti i conti sullo smantellamento degli impianti nucleari e sulla gestione delle scorie radioattive in questi tre Paesi. Il capitolo 11 racconta la breve ma intensa storia di una filiera nucleare, la filiera “Candu”, che ha dovuto soccombere alla “ragione di Stato” caldeggiata dai militari statunitensi. Vengono poi esaminati nel capitolo 12 – esponendone le potenzialità e le speranze – i veri e più temibili concorrenti del nucleare, che nel mercato globalizzato spiazzano l’energia nucleare: l’efficienza energetica e la generazione distribuita, con particolare riguardo alle fonti rinnovabili. Viene qui sfatato uno dei luoghi comuni nella contrapposizione energia nucleare/energia solare, e cioè che gli impianti solari occupino molto più spazio degli impianti nucleari. È dimostrato esattamente il contrario: le miniere di uranio, con tutti gli annessi e connessi, sono in assoluto le maggiori consumatrici e devastatrici di territorio. Sono descritte le caratteristiche di alcune tecnologie emergenti come la cogenerazione e le pompe di calore ed è illustrato come e perché il futuro dell’energia passerà attraverso la produzione decentrata e la sua distribuzione con “reti intelligenti”, le smart grids. Infine viene discusso il ruolo che gli enti e le comunità locali possono giocare per far nascere dal basso un vero sviluppo sostenibile e duraturo. 16
daniele.qxd
06/11/2008
17.32
Pagina 17
Il capitolo 13 dimostra come il ricorso all’energia nucleare aumenti le emissioni di CO2, anziché diminuirle. E nell’ultimo, il capitolo 14, viene lanciata una proposta per un cambiamento paradigmatico, culturale prima che tecnologico, che valorizzi, con l’aiuto della seconda legge della termodinamica, la qualità dell’energia che consumiamo e ci insegni a utilizzarla meglio. Nelle Appendici sono riportati: 1. una breve dissertazione sul problema della sicurezza da incidenti alle centrali nucleari; 2. un elenco – redatto dall’associazione Greenpeace – dei costruttori/venditori di impianti nucleari commerciali, a seguito delle più recenti fusioni e acquisizioni; 3. una scheda sintetica delle attività della Sogin, la società italiana per la gestione e lo smantellamento delle installazioni nucleari.
17