Accendiamo i diritti. Percorsi e attività per educare ai diritti dell’infanzia e dell’adolescenza

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a cura di Guido Antonelli Costaggini Alessia Maso

ACCENDIAMO

I

DIRITTI

Percorsi e attività per educare ai diritti dell’infanzia e dell’adolescenza

edizioni la meridiana

a cura di Guido Antonelli Costaggini e

ACCENDIAMO

I DIRITTI

Alessia Maso

Percorsi e attività per educare ai diritti dell’infanzia e dell’adolescenza

Presentazione

Cosa significa oggi educare ai diritti umani?

Come è possibile farlo bene nelle scuole, nei contesti educativi, nelle comunità educanti?

In questo manuale la Cooperativa EDI offre alcune risposte convincenti che possono sostenere la riflessione e l’operato di tanti adulti che a vario titolo si occupano di educazione e formazione con bambine, bambini e adolescenti.

Moltissimi anni dopo l’adozione della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il manuale ha il merito di focalizzare l’attenzione sul perché oggi sia così importante formare sui diritti, attraverso i diritti e per i diritti, con un’attenzione particolare alle diverse dimensioni (civile, sociale, politica, culturale ed economica…) che influenzano la vita di chi cresce in Italia.

Dopo un primo approfondimento teorico, al lettore è offerta la possibilità di entrare nel merito del metodo: compresa la rilevanza dei temi trattati, quali sono concretamente le pratiche e gli strumenti per lavorare bene in ottica di promozione dei diritti?

EDI ce lo racconta grazie a un cammino più che decennale percorso mano nella mano con piccoli e grandi, attraverso interventi diversificati (dal benessere educativo alla media education,

dalla tutela al supporto psicosociale e alla sostenibilità sociale/ambientale) su tutto il territorio italiano, soprattutto nei contesti più a rischio del nostro Paese. In questo cammino – per lunghi tratti percorso insieme a Save the Children Italia, ma anche con tanti altri partner del terzo settore, delle università, delle amministrazioni pubbliche, delle imprese – ha avuto modo di sperimentare e sistematizzare un personale approccio ai diritti che grazie a questo libro diventa patrimonio pubblico.

Conoscere e riconoscere i diritti propri e degli altri è il punto di partenza per essere promotori di una società più equa: a partire da questo principio, il manuale è ricco di indicazioni strategiche e suggerimenti di azioni replicabili per progettare, realizzare e valutare un’azione educativa/formativa di qualità. Dalla centralità delle dinamiche relazionali (e quindi l’importanza dell’esempio, di un linguaggio coerente, della delicatezza) alla co-costruzione dei saperi tramite esperienze partecipative e dirette, EDI ci suggerisce una strada per promuovere il cambiamento culturale attraverso percorsi di crescita rispettosi delle potenzialità di ciascuno. In questa direzione, assume particolare rilevanza l’idea di contaminazione positiva tra professionalità, ambiti di intervento e saperi: il mio augurio è che questo manuale sia di stimolo e supporto per un ampio pubblico, affinché sempre più contesti educativi e sempre più professionisti dell’infanzia e dell’adolescenza facciano propria un’azione di qualità centrata sui diritti.

Carlotta Bellomi

Responsabile Scuola Save the Children Italia

Prefazione

Quello che avete tra le mani non è un semplice manuale di formazione, si tratta anzitutto di un testo nato a partire da un ricco bagaglio di esperienza nel campo dell’educazione ai diritti umani, sulla base di una pratica formativa che ha assimilato la lezione dell’educazione come pratica di libertà, come esercizio di crescita personale e collettiva1. Come spero di riuscire a illustrare in queste pagine, si tratta di una specie di ancora di salvezza per il futuro, molto incerto, della cultura dei diritti umani. Il manuale, e il lavoro formativo che ne è alla base, si incentra principalmente sulla convenzione per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (C.R.C., secondo l’acronimo inglese). Tuttavia, i temi che pone e la speranza che offre vanno ben al di là della sfera dei diritti dei minori.

Dal mondo all’aula...

La C.R.C., è stata adottata dall’Assemblea Generale ONU nel 1989, ed è stata ratificata nel giro di pochi anni da tutti i Paesi del mondo, fatta eccezione, fino ad oggi, per gli Stati Uniti.

È assai diffusa la distinzione fatta tra tre “generazioni” di diritti umani, proposta per la prima volta da Karel Vašák: ai diritti di libertà elabo-

1. Freire 2020 (ed. or. 1994).

rati dal pensiero illuminista europeo si sono succeduti i diritti sociali, economici e culturali radicati nella tradizione socialista; in tempi più recenti, è avvenuta la codificazione progressiva di una nuova generazione di diritti legati alla tutela dell’ambiente, all’identità culturale: per loro natura, tali diritti abbracciano una dimensione che va al di là della sfera individuale e ricomprende le comunità e il loro contesto di vita2. La C.R.C. offre una sintesi di tutte e tre le generazioni dei diritti nell’ottica di una protezione piena dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

La C.R.C. costituisce un documento di portata storica anche sotto il profilo della natura universale dei diritti che tutela. La discussione sulla natura dei diritti umani accompagna la loro elaborazione almeno a partire dalla redazione della Dichiarazione universale del 19483: essi rappresentano la codificazione di principi e valori universali, o viceversa devono essere considerati un sistema di norme eurocentrico e in ultima analisi basato sul dominio politico e culturale di una parte del mondo su un’altra. Di certo la natura dei diritti umani è cambiata nel corso dei decenni, nella misura in cui il discorso sui diritti è stato fatto proprio e rielaborato da innumerevoli movimenti di emancipazione in tutto il mondo.

Nel caso dei diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza possiamo mettere tra parentesi questa discussione, poiché, a parte gli USA, tutti gli Stati del mondo hanno ratificato la C.R.C. Almeno come punto di partenza possiamo dare per scontata la convergenza di tutta la comunità internazionale sui capisaldi della Convenzione.

Considerando la sua natura di strumento pattizio pressoché universale e la sua caratteristica di sintetizzare al suo interno le differenti generazioni di diritti umani, la C.R.C. può ben essere

2. De Stefani 2009, pp. 11-23. 3. Vašák 1977, pp. 29-32.

giudicata come un importante traguardo dell’evoluzione della tutela dei diritti umani attraverso lo strumento dei trattati internazionali tradizionali.

Il presente manuale illustra molto bene un punto ulteriore: in quanto tutela e si rivolge a esseri umani in formazione, la convenzione è anche uno strumento generativo, perché permette di esplorare il discorso dei diritti nella pratica educativa, facendo prendere coscienza di questa dimensione e aprendo quindi alla sua diffusione ed estensione nelle generazioni che si affacciano alla vita sociale.

… Mentre il mondo sembra cambiare

Forse mai come in questi anni stiamo assistendo a una divaricazione tra l’evoluzione del discorso globale sui diritti umani, che si estende e si articola al di là della stessa “terza generazione”, e la situazione politica internazionale, soprattutto all’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina, alla strage di Hamas del 7 ottobre 2023 e alla successiva guerra di Israele a Gaza, un conflitto armato dai tratti genocidari. La guerra e l’arbitrio del più forte sembra stiano prendendo il sopravvento nel sistema internazionale: questi eventi ci interrogano e mettono in crisi il discorso dei diritti umani nella sua natura “evolutiva” ed “esplorativa.”

Possiamo identificare segni di un’evoluzione e rafforzamento del discorso dei diritti umani a livello globale. Dal nucleo originario codificato nel ventesimo secolo con la Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, il discorso dei diritti umani si è strutturato nelle successive generazioni che abbiamo ricordato sopra. Si sono rafforzati nel tempo anche gli strumenti di verifica e controllo, e i meccanismi di accountability. I cittadini e la società civile hanno a disposizione strumenti per fare pressione sulle istituzioni: nel

caso della C.R.C., il Comitato ONU per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, a cui possono inviare relazioni e denunce anche organismi non governativi (in Italia è attivo il Gruppo di Lavoro C.R.C., coordinato da Save the Children). Paradossalmente, proprio questo successo a livello discorsivo può mettere in pericolo l’intero edificio dei diritti.

Il sistema internazionale, negli ultimi tre decenni, è stato caratterizzato dalla presenza di una sola superpotenza. Tramontata la guerra fredda, gli Stati Uniti si sono ritrovati a essere il Paese con maggiore influenza al mondo. Un tratto caratteristico delle loro scelte politiche internazionali è stato l’obiettivo dichiarato di “esportare democrazia” e promuovere valori riconducibili all’universalismo liberale, tra cui il rispetto dei diritti umani fondamentali. Questa ideologia ha portato però a scelte disastrose come le invasioni dell’Afghanistan e dell’Iraq, e a una manipolazione del principio della “responsabilità di proteggere” in capo agli attori della comunità internazionale. Molti interventi sono stati controproducenti, hanno alimentato false speranze di salvezza attraverso le armi, o non si sono dimostrati decisivi. Comunque se ne interpretino le scelte, al centro della scena rimanevano sempre gli Stati Uniti.

Una serie di segnali indicano che questa fase trentennale del sistema internazionale volge al termine. Da un lato assistiamo all’ascesa di nuove potenze economiche, in particolare della Cina, sempre più percepita come avversaria: il comunicato finale del summit per il 75° anniversario della NATO nel luglio 2024 è un segnale chiaro e preoccupante in questo senso. Dall’altro, gli USA sembrano sempre meno in grado di dominare militarmente situazioni di conflitto (Iraq, Afghanistan) né di convincere i propri alleati: si pensi all’incapacità statunitense di fermare la guerra israeliana a Gaza. In questo

contesto, uno Stato come la Russia ha deciso nel 2022 di violare i principi basilari del diritto internazionale invadendo il proprio vicino. Intorno alla guerra in Ucraina è entrato così in crisi profonda il sistema del multilateralismo incentrato sulle Nazioni Unite, che sono anche il perno della normativa dei diritti umani. Ma la crisi attuale era stata preparata da una serie di guerre condotte dagli Stati Uniti senza mandato ONU, e da una persistente politica dei doppi standard, per cui le azioni del mio alleato sono scusabili, o vengono semplicemente ignorate, mentre quelle del mio avversario possono essere prese a giustificazione anche per interventi di tipo militare.

Questa evoluzione ha portato a una progressiva perdita di credibilità in particolare in molti Paesi e società del Sud globale. Ne è un segnale, ad esempio la presa di distanza più o meno netta dall’Ucraina aggredita e destinataria di cospicui aiuti finanziari.

Da più parti si prevede, o si auspica, l’avvento di un mondo multipolare, diviso in sfere di influenza in cui Paesi più forti saranno in grado di imporre la loro volontà a Stati satelliti. Ma il mondo multipolare non sarà solo un mondo diviso tra Paesi di serie A e di serie B: sarà anche un mondo in cui saranno rimessi in discussione i diritti umani fondamentali. Il doppio standard potrà diventare la regola.

Un mondo multipolare non correggerà le storture dei doppi standard in tema di diritti umani: molto più probabilmente, sarà un sistema in cui la maggioranza degli Stati e dei popoli subirà una regressione in termini di diritti, di autonomia e di potere. I doppi standard dell’occidente, la guerra di conquista della Russia, la strage di civili di Hamas e la guerra genocidaria di Israele a Gaza sono sintomi di un peggioramento rapido del clima a livello internazionale.

È facile sentirsi preoccupati, angosciati o impotenti di fronte a queste notizie. Viene naturale chiedersi cosa si può fare, e dubitare del fatto che ciò che effettivamente possiamo fare abbia senso. Si tratta di coltivare quella che Joanna Macy ha chiamato la “speranza attiva”4: non ci domandiamo se potremo mettere fine ai massacri o alle discriminazioni, ma incontriamo e realizziamo la speranza nel fare quello che riteniamo giusto, quello che qui e ora è possibile e opportuno. L’educazione deve invitare persone e gruppi impegnati nel cambiamento sociale ad aprirsi all’azione concreta, evitando la paralisi della paura e della disperazione5.

Dall’aula al mondo

I cittadini del pianeta, e la società civile globale, non possono lasciare i diritti umani alle dinamiche delle relazioni tra governi. I diritti umani nascono e si radicano nella pratica quotidiana: nominarli, rivendicarli, difenderli, battersi per la loro protezione è una pratica che contribuisce in modo sostanziale a radicarli e irrobustirli nel discorso pubblico.

I diritti umani li facciamo tutti, giorno per giorno. Essi si praticano e si promuovono quindi anzitutto nell’atteggiamento delle persone e nella cultura che le persone condividono: la loro tutela e promozione può e deve diventare un habitus, un modo interiorizzato naturale e permanente di essere nel mondo.

In questo senso l’educazione ai diritti umani diviene un campo di azione fondamentale. Tuttavia, non basta solo diffondere conoscenze sui diritti umani con gli strumenti della loro promozione. Occorre che la cultura dei diritti umani si sedimenti nel vissuto delle persone.

È proprio questo, a mio avviso, il contributo fondamentale di questo testo. L’Approccio ai diritti

4. Macy, Johnstone 2021. 5. Parknas 1998.

umani per l’infanzia e l’adolescenza presentato in queste pagine presenta diverse caratteristiche che ne fanno uno strumento perfettamente adatto all’obiettivo di rendere habitus la cultura della promozione dei diritti umani: la centralità della relazione educativa, il lavoro a partire dall’esperienza dei partecipanti. Non da ultimo, l’approccio presentato accoglie e valorizza in modo costruttivo il paradosso fondamentale della C.R.C., ovvero la compresenza del principio di protezione di soggetti potenzialmente vulnerabili con il principio della loro partecipazione, valorizzandone quindi autonomia e voce. Questi due assi valoriali, combinati insieme, generano domande e sfide nel contesto formativo e nella pratica della protezione effettiva dei diritti. Mi sembra che abitare la tensione tra protezione e partecipazione costituisca un’applicazione di quella che John Paul Lederach in un libro importante chiama “curiosità paradossale”, uno dei principi cardine della capacità di costruire la pace6.

Conclusioni

Questo manuale è una risorsa utilissima non solo per chi si occupa specificamente di diritti umani. La costruzione di un habitus specifico, di una nuova prospettiva nel vedere il mondo accomuna il lavoro educativo nei campi della pace, della legalità, della sostenibilità e conversione ecologica7. In particolare le pagine di metodologia della formazione attiva sono un compendio prezioso per la comunità educante e per chi intende avviare un percorso professionale e di attivismo come formatrice e formatore.

Giovanni Scotto Professore associato di Teorie del conflitto e della mediazione, Università di Firenze

6. Lederach 2005. 7. Panerai 2012.

Introduzione

All’interno del ricco mondo della formazione ai diritti umani, l’Approccio ai Diritti per l’infanzia e l’adolescenza (anche indicato più sinteticamente Approccio ai Diritti o solo Approccio) si caratterizza per l’importanza che assegna alla relazione che si determina tra le persone che partecipano al momento formativo, e tra le stesse persone e i loro diritti. Questa dinamica relazionale costituisce la materia prima e la base da cui partire per poi costruire il percorso formativo nel suo insieme. Per questo motivo l’Approccio, nel fare riferimento alla consolidata e strutturata proposta esistente nell’ambito della formazione ai diritti umani, ne riprende la teoria, i metodi e gli strumenti e li rilegge e ripropone attraverso la lente della centralità delle persone e delle dinamiche relazionali. È questa la cifra che caratterizza la proposta formativa dell’Approccio ai Diritti.

La finalità di questo manuale è quella di introdurre chi legge al perché (teorico) e al come (metodologico e strumentale) effettuare formazione ai diritti umani partendo dalla centralità assegnata a ogni singola persona e tenendo come documenti di riferimento la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e la Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’educazione e formazione ai Diritti Umani.

Attraverso una proposta formativa che valorizza gocce di bellezza relazionali che nutrono la speranza verso un futuro migliore, questo testo si pone l’ambizione di contribuire alla costruzione di un mondo centrato sui diritti umani: non si può svolgere un’azione educativa veramente efficace se non si è convinti di poter cambiare lo stato delle cose. È proprio questa volontà di cambiamento che caratterizza l’Approccio ai Diritti come azione di promozione alla “cittadinanza attiva”.

Partendo da questi presupposti, ci si rivolge a tutte quelle persone che lavorano o comunque interagiscono con bambine, bambini e adolescenti, ricoprendo una funzione educativa e quindi anche formativa. Si pensa a figure quali docenti o a persone che operano nel settore educativo e sociale (centri aggregativi, comunità, servizi di educativa di strada, ecc.) che possono avere interesse a conoscere una modalità formativo-educativa centrata sui diritti umani, funzionale alla promozione e tutela degli stessi diritti, e che abbiano un’attenzione particolare verso le dinamiche relazionali intese come tessuto portante dell’esperienza.

La struttura del libro prevede un’introduzione sulla teoria che sostiene l’approccio metodologico che viene proposto, una parte operativa con le principali indicazioni pratiche e i principali strumenti per approfondire la conoscenza dell’Approccio collegandolo con la pratica educativa e formativa, e infine una parte esperienziale con schede che propongono attività da sperimentare con gruppi sia di bambine, bambini e adolescenti sia di adulti (docenti, team educativi, genitori, ecc).

Quello che il libro non contiene, ma che ci auguriamo prenda vita, è un confronto sulle rispettive esperienze e intuizioni che da queste derivano, un’apertura a domande ulteriori sulla pratica educativa e formativa collegata ai diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, in ottica di

maieutica reciproca, in un processo di ricerca collettiva che porti a scambio, co-costruzione e rafforzamento della consapevolezza.

La riflessione teorica

L’Approccio formativo-educativo ai Diritti Umani è una proposta costruita intorno alla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (di seguito anche indicata con il suo acronimo inglese C.R.C.8) e con un riferimento importante alla Dichiarazione ONU sull’educazione e formazione ai Diritti Umani9. L’Approccio si inserisce quindi nel solco teorico e metodologico di quanto già esistente, sperimentato e consolidato nella storia della formazione ai diritti umani. Dall’approvazione della Dichiarazione dei Diritti Umani nel 1948 si sono susseguite esperienze e proposte formative che hanno visto il contributo sia di istituzioni pubbliche (Nazioni Unite, Consiglio d’Europa, governi nazionali, scuole) sia di soggetti privati (principalmente enti e associazioni non governative). Questo percorso trova una sua importante sintesi nella Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’educazione e la formazione ai Diritti Umani, adottata dall’ONU il 19 dicembre 2011, che oltre a fornire indicazioni di principio e metodo, è anche emblematica dell’importanza che viene assegnata all’educazione come azione fondamentale da cui non si può prescindere nel momento in cui si mira a una piena applicazione

8. Convention on the Rights of the Child (C.R.C.). 9. Si rimanda al sito https://unipd-centrodirittiumani.it/.

dei diritti umani. Della Dichiarazione si riporta di seguito il comma 2 dell’articolo 2 perché contiene in sé i principi cardine ripresi e sviluppati dall’Approccio ai Diritti.

Articolo 2

[...]

2. L’educazione e la formazione ai diritti umani comprende l’educazione:

a) sui diritti umani, che comprende l’acquisizione della conoscenza e della comprensione delle norme e dei principi dei diritti umani, i valori che li sottendono e i meccanismi per la loro protezione;

b) attraverso i diritti umani, che comprende un apprendimento e un insegnamento tali da rispettare i diritti sia degli educatori sia dei discenti;

c) per i diritti umani, che comprende la messa in grado effettiva delle persone di godere ed esercitare i loro diritti e di rispettare e sostenere i diritti degli altri10

La tripartizione “formare sui diritti”, “attraverso i diritti” e “per i diritti” costituisce il riferimento di partenza della proposta dell’Approccio ai Diritti, che la approfondisce partendo dalla centralità assegnata alle dinamiche relazionali tra le persone e tra loro e i diritti umani.

In Italia, il testo pubblicato da Save the Children “Verso una Pedagogia dei Diritti – Guida per insegnanti”11 inquadra storicamente l’avvio del ragionamento che ha poi portato all’elaborazione dell’Approccio. Esso fu infatti stimolo importante di riflessione teorica e di sperimentazione pratica per il team di persone individuato da Save the Children Italia nel 2008 per realizzare i progetti educativi che l’organizzazione implementava nelle scuole e che nel 2012 contribuì a dare vita alla Cooperativa EDI, dove quel ragionamento è confluito e si è successivamente ampliato e approfondito grazie al contributo di competenze trasversali (educative e formative) provenienti da ambiti e saperi diversi.

10. Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’educazione e la formazione ai Diritti Umani.

11. Biemmi, Scognamiglio 2006.

L’Approccio ai Diritti definisce la sua proposta formativa partendo dalla fondante funzione formativa-educativa assegnata alla C.R.C. Da questo presupposto discende l’assunto teorico di base di un percorso formativo circolare che, partendo dai diritti sanciti nella Convenzione, ritorni agli stessi attraverso le dinamiche relazionali che si determinano durante la formazione. Il punto di partenza è dato quindi dall’insieme del corpo degli articoli contenuti nella C.R.C. che definiscono il contenuto formativo per eccellenza. Il passaggio successivo è dato dal come si affronta formativamente questo contenuto. Quando si vuole formare sui diritti umani non si può prescindere dallo scegliere una modalità formativa che sia coerente con i diritti stessi, che consenta il loro pieno esercizio a partire dal setting formativo e per questo necessita di una relazione rispettosa tra le persone. Queste condizioni definiscono il metodo formativo dell’Approccio. Un terzo elemento di questa proposta formativa è dato dall’idea di mondo che è disegnato nella Convenzione e che vede tutte le persone di minore età avere pieno diritto a una condizione di vita dignitosa, sicura e inclusiva, verso la cui realizzazione le persone adulte hanno un ruolo di responsabilità. L’Approccio ai Diritti si riconosce appieno in questa finalità che assume un valore di posizionamento politico inteso come meta-direzione che l’intervento formativo-educativo deve perseguire.

Riassumendo il ruolo fondante e di guida all’azione che la C.R.C. ricopre per l’Approccio ai Diritti, si può affermare che essa ne costituisce:

• la sua sostanza formativa: la C.R.C. come contenuto – l’Approccio ai Diritti forma sui diritti;

• la sua struttura metodologica formativa: la C.R.C. come metodo – l’Approccio ai Diritti forma con i diritti e con la centralità delle persone e delle relazioni tra di esse (coerenza tra diritti e metodo);

• il suo posizionamento politico: la C.R.C. come linea di indirizzo del cambiamento a cui si mira – l’Approccio ai Diritti forma per promuovere una cultura del rispetto dei diritti umani.

Questa tripartizione ha solo una valenza esplicativa perché, nel concreto dell’azione formativo-educativa, le tre dimensioni risultano costituire un insieme indistinto e interdipendente in quanto una non può prescindere dalle altre due e sono fortemente connesse l’una all’altra da un concetto trasversale di ordine più generale, quello di patto sociale/normativo che lega le persone: i diritti che ognuno possiede possono essere riconosciuti o negati solo all’interno di una dinamica relazionale interpersonale e/o sociale e istituzionale. In solitudine, al di fuori del rapporto con altre persone distinte da sé, il concetto di diritto perde di senso.

La prima dimensione: la C.R.C. come

contenuto – formare sui diritti

Per essere contenuto formativo la Convenzione ONU deve essere conosciuta, il che implica approfondirne i singoli articoli, i principi di base, la struttura complessiva ma anche la sua genesi (le implicazioni storiche e socio-politiche che l’hanno determinata) e le conseguenze implicite ed esplicite a cui ha portato la sua ratifica in Italia.

Una considerazione iniziale imprescindibile per avviare un ragionamento sulla formazione ai diritti umani riguarda il passaggio che la C.R.C. sottolinea tra due diversi mondi, quello dei bisogni di bambine, bambini e adolescenti e quello dei loro diritti. Prima della sottoscrizione della

C.R.C. avvenuta il 20 novembre 1989 all’ONU, i diritti umani per le persone di minore età di fatto non esistevano come vincoli normativi, gli unici strumenti di riferimento su questo tema erano due Dichiarazioni delle Nazioni Unite e una Convenzione Europea: la Dichiarazione sui Diritti Umani del 10 Dicembre 1948; la Dichiarazione sui Diritti del fanciullo del 20 Novembre 1959; la Convenzione Europea sui Diritti umani del 1955. Nel caso della Dichiarazione sui Diritti Umani dell’ONU si tratta di un documento pensato per ogni essere umano, privo dell’intenzione di approfondire in maniera dedicata i diritti di categorie di persone con esigenze e caratteristiche specifiche come quelle di bambine, bambini e adolescenti. Ad esempio, nei 30 articoli della Dichiarazione sui Diritti Umani il termine “adolescenza” non è mai citato, mentre “infanzia” e “bambini” compaiono una sola volta nello stesso articolo, il numero 25, dove viene sancito che: “La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure e assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale”12. Nell’articolo n. 26 si fa poi riferimento al diritto all’istruzione per ogni persona senza però un rimando diretto all’età o a una fascia d’età. Nella Dichiarazione sono quindi presenti indicazioni generiche e non si affrontano, ad esempio, temi quali il lavoro minorile, la partecipazione delle bambine e dei bambini in guerra e il ricongiungimento familiare. Il mondo dell’infanzia non è ancora pienamente riconosciuto mentre l’adolescenza è addirittura assente13. Di fatto all’interno della Dichiarazione dei Diritti Umani non è presente un interesse specifico verso la condizione delle persone di minore età, che viene invece com-

12. Dichiarazione dei Diritti Umani, art. 25 comma 2. 13. Il concetto di adolescenza così come è attualmente concepito è relativamente recente se si considera che una sua formulazione negli studi sociali risale agli anni Venti del secolo scorso e che solo dopo la Seconda guerra mondiale si afferma il concetto moderno di adolescenza con la formulazione che ne fornisce E. Erickson.

pressa e ricondotta, in modo generico, all’interno delle esigenze del mondo adulto.

Nel caso della Dichiarazione dei Diritti del fanciullo, si trovano 10 principi che sono invece dedicati alle esigenze delle e dei minorenni, riconoscendo la specificità e unicità di queste esigenze. Nella Dichiarazione si fa riferimento, ad esempio, al diritto all’istruzione, a crescere con i genitori, alla protezione da negligenza e violenze. Leggendo i dieci principi della Dichiarazione del 1959, si ritrovano una serie di aspetti fondamentali per la tutela delle persone di minore età, ma anche una serie di importanti assenze e di vuoti su questioni altrettanto fondamentali. In tutti i principi della Dichiarazione, le persone di minore età sono concepite come ricevitrici passive di protezione e cura da parte del mondo adulto, non c’è alcun riferimento all’importanza e alla centralità della loro partecipazione e del loro coinvolgimento rispetto alle questioni chiave della loro vita. Infatti i termini partecipazione, coinvolgimento e ascolto non sono mai utilizzati nella Dichiarazione che è quindi espressione di una cultura politica all’interno della quale il mondo dell’infanzia è ancora concepito fondamentalmente come bisognoso di cura, un mondo dei piccoli che va protetto e a cui non è riconosciuta un’autonoma capacità di esprimersi, raccontarsi e posizionarsi consapevolmente nel mondo rispetto ai propri bisogni e desideri14. Un’ultima ma fondamentale considerazione che riguarda entrambe le Dichiarazioni citate è rela14. Nel 1923 Eglantyne Jebb scrisse la Carta dei Diritti del Fanciullo che fu approvata dalla Società delle Nazioni l’anno successivo. Il documento, che poi ispirerà la Dichiarazione dei Diritti dell’Infanzia, consta di 5 articoli che mirano alla protezione e alla tutela delle persone di minore età. Questo documento, e la centralità che pone al tema della protezione, è conseguente alle catastrofiche situazioni in cui si trovava l’Europa dopo il primo conflitto mondiale e al prezzo che ne pagarono i soggetti più vulnerabili tra cui le bambine e i bambini. È in quel contesto che Jebb si trova a lavorare ed è da lì che prende corpo il suo interesse verso i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e la sua volontà nel promuoverli, che la porteranno a fondare nel 1919 l’organizzazione Save the Children.

tiva al loro status giuridico: si tratta di documenti non legalmente vincolanti per gli Stati ma che, semplicemente, affermano una serie di principi e aspirazioni per gli stessi, delle linee guida ideali ma non delle leggi inderogabili.

Valore vincolante ha invece la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo del 1950, ratificata in Italia nel 1955. In questo documento il riferimento alle persone di minore età si trova nell’art. 5 (diritto a non essere privati della libertà se non nel caso di salvaguardare l’educazione) e nell’art. 6 (diritto a un equo processo). Come si vede, si tratta ancora di indicazioni minime e circoscritte.

Dalla Dichiarazione sui Diritti Umani sono discese negli anni una serie di altre Convenzioni ONU dedicate a tematiche specifiche. Tra quelle emanate prima della C.R.C. qui interessa citare la Convenzione Internazionale sui diritti politici e civili e la Convenzione Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali. Entrambe adottate alle Nazioni Unite nel 1966, entrate in vigore nel 1976 e ratificate dall’Italia nel 1978. In tutte e due queste Convenzioni il riferimento alle persone di minore età compare in maniera un poco più specifica seppure sempre all’interno di un quadro generale con altre priorità. Nella Convenzione sui diritti politici e civili nell’art. 6 si vieta la pena capitale per le persone di minore età e nell’art. 24 è sancito il diritto all’identità, al nome e alla protezione che spetta alla o al minorenne da parte della sua famiglia e dello Stato. Nella Convenzione sui diritti economici, sociali e culturali, nell’art. 10 si fa riferimento al contrasto al lavoro minorile e nell’art. 12 si sancisce il diritto alle migliori condizioni di vita anche per le persone di minore età15.

Un aspetto centrale, quindi, che caratterizza la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza è il suo essere dedicata ai diritti delle persone di minore età e di possedere un valore vincolante per gli Stati che la ratificano. In quanto Convenzione internazionale, la C.R.C. ha lo status giuridico di accordo formale tra gli Stati, che ne monitorano e garantiscono l’applicazione tramite l’Organizzazione delle Nazioni Unite. È quindi con la C.R.C. che viene pienamente sancito quel passaggio fondamentale che riconosce le persone di minore età come portatrici di diritti specifici a loro dedicati, definendo conseguentemente la responsabilità delle persone adulte in tal senso.

Il 20 Novembre 1989 la C.R.C. viene sottoscritta dall’O.N.U., per essere poi ratificata16 dai singoli Stati, tra cui l’Italia in data 27 maggio 199117 Da un punto di vista formale e di struttura la C.R.C. si compone di 54 articoli e di 3 protocolli aggiuntivi opzionali (che possono essere facoltativamente sottoscritti dai singoli Stati). I 54 articoli che compongono la Convenzione sono poi suddivisi in tre parti principali. Nella prima parte sono contenuti 41 articoli che sanciscono i principi e i diritti che ogni persona di minore età deve poter esercitare. Nella seconda e terza parte sono contenuti 13 articoli che fanno riferimento alle modalità di applicazione della stessa Convenzione. I 3 protocolli opzionali riguardano la vendita, la prostituzione e la pornografia

16. Ratificare una Convenzione Internazionale significa adottarla come strumento normativo all’interno del proprio corpo giuridico. In altri termini e usando un linguaggio semplice seppure non tecnicamente appropriato, nel caso dell’Italia significa che la C.R.C. si pone a un livello intermedio tra la nostra Costituzione (con la quale la C.R.C. non può andare in conflitto) e le leggi ordinarie (che non possono a loro volta andare in conflitto con la C.R.C.).

15. Per approfondimenti si rimanda al link https://unipd-centrodirittiumani.it/it/ del Centro di Ateneo per i Diritti Umani Antonio Papisca.

17. Alla data odierna di marzo 2024 la C.R.C. è la Convenzione che raccoglie il numero maggiore di Paesi che l’hanno ratificata: 196, quindi praticamente tutti gli Stati del mondo (quelli riconosciuti sovrani a livello internazionale) a esclusione degli Stati Uniti d’America.

(il primo), il coinvolgimento delle persone di età minore nei conflitti armati (il secondo) e le procedure di reclamo da presentare all’ONU (il terzo). L’Italia ha ratificato i primi due protocolli nel 2002 e il terzo nel 2015.

L’insieme di tutto il corpo degli articoli della C.R.C. è stato pensato per rispondere fondamentalmente a due assi valoriali e concettuali di riferimento, quello della partecipazione e quello della protezione18. La scelta di questa diade di riferimento significa che, nelle intenzioni degli estensori della Convenzione, le persone adulte devono mettere le persone di minore età nella condizione di crescere in un mondo che le renda attivamente partecipi delle loro vite e che le protegga prendendosi cura di loro. Questi due assi rimandano ciascuno a due principi. Nel caso della partecipazione i principi di riferimento sono quello di non discriminazione (art. 2 della C.R.C.) e quello di partecipazione e ascolto (art. 12 della C.R.C.). Nel caso della protezione quello del diritto alla vita (art. 6 della C.R.C.) e quello del superiore interesse del minore (art. 3 della C.R.C.). Questo significa che gli articoli della C.R.C. sono pensati per garantire il diritto di ogni persona di minore età:

• a non essere mai discriminata (per nessun motivo o causa e in ogni contesto della sua vita) e a partecipare ed essere ascoltata nelle questioni che la riguardano (va aiutata a esprimere la propria opinione e tale espressione va presa in seria considerazione);

• a essere protetta nel suo percorso di crescita e sviluppo fisico, psicologico e sociale (va protetta da ogni rischio possibile e deve aver garantito tutto quanto possa servire per una crescita sana) e le decisioni che la riguarda-

18. I concetti di protezione e di partecipazione sono già presenti nella Dichiarazione dei Diritti Umani e quindi nella riflessione storico-politica sugli stessi.

no, prese dalle persone adulte, devono avere come principio guida il suo superiore interesse (si decide per perseguire il bene della persona di minore età).

Per l’Approccio ai Diritti i due assi della C.R.C., partecipazione e protezione, costituiscono il contenuto di riferimento principale da veicolare all’interno della propria proposta formativo-educativa. Inoltre proprio l’art. 42 della Convenzione, che sancisce l’obbligo degli Stati a informare i cittadini e le cittadine relativamente ai diritti della C.R.C., fornisce l’occasione normativa perché si promuova questo contenuto formativo.

Schede attività

a cura di Guido Antonelli Costaggini, Lorenzo Bartolomei, Mauro Cristoforetti, Alessia Maso, Isabella Tenti, Elisa Vellani, Gloria Vitaioli

qualcosa che possa metterla a disagio, così come la libera partecipazione alle attività proposte.

Altra indicazione di carattere generale è relativa ad assicurare sempre che le attività si aprano con un momento iniziale di accoglienza e che si chiudano con un tempo dedicato ai saluti e all’autovalutazione (cfr. in questo testo “La progettazione: cosa, come e perché pianificare”).

Nelle schede attività si troveranno alcuni riferimenti terminologici introdotti nella prima parte del testo. Nello specifico per il significato dei termini right holders e duty bearers si rimanda a p.22 e per l’acronimo CRC a p. 17.

In questo capitolo si presentano una serie di attività formativo-educative che possono essere svolte, adattandole a diversi contesti e target (scuole, centri aggregativi, ecc.), per affrontare le tematiche proposte dall’Approccio ai Diritti e tenendo la C.R.C. come contenuto, strumento e metodo. Le schede proposte sono distinte in base al principale tema che trattano e al riferimento che hanno con gli articoli della Convenzione. Le schede possono essere proposte in una sequenza costruita in base agli interessi formativo-educativi. Ad esempio delineando un percorso formativo che passi da una fase introduttiva e di conoscenza della C.R.C. e dei suoi articoli, per poi entrare nel merito di alcune tematiche e quindi di diritti specifici.

A prescindere dalle modalità di utilizzo delle schede proposte, è sempre importante introdurre le attività stesse condividendo con le persone partecipanti un patto d’aula che definisca le principali regole che si richiede vengano rispettate. In particolare è importante rimandare al gruppo che durante le attività ogni persona deve trattare le altre con rispetto, utilizzando un linguaggio corretto e ascoltando senza giudizio il parere di tutte e tutti. Va esplicitato che nessuna persona è obbligata a parlare o a condividere

Per le persone interessate il seguente QR-code rinvia ad una pagina del sito della cooperativa in cui vengono aggiunte ulteriori schede attività:

Una nota a margine sui materiali per le attività: ogni volta che trovate scritto “fogli di carta” si fa riferimento a fogli da riutilizzare quindi già con una facciata scritta; allo stesso modo quando si fa riferimento al termine “post-it” si intende piccoli fogli di carta che devono poter essere attaccati su carta o parete, va quindi bene usare fogli da riutilizzo tagliati in 4 o più parti e nastro adesivo di carta. La logica generale è quella di usare per le attività materiali riutilizzabili o comunque a basso impatto ambientale.

Io e i Diritti: l’approccio personale ai diritti

C.R.C. – Introduzione alla Convenzione

Introduzione e contesto: la conoscenza della C.R.C. e degli articoli che essa contiene è un passaggio fondamentale di tutta la formazione-educazione ai Diritti Umani. Questa conoscenza degli articoli nell’Approccio ai Diritti si caratterizza anche sull’attenzione che si pone alla relazione che ogni persona ha con questi stessi articoli. La relazione con i diritti non è neutra ma risulta condizionata dalla storia e dai valori propri di ogni persona. Questo vale per bambine, bambini e adolescenti ma anche per le persone adulte che formano sui diritti e li fanno conoscere. Quest’attività affronta il tema dell’approccio personale ai diritti oltre che essere occasione per iniziare a conoscere la C.R.C. e suoi articoli.

Tempo richiesto: 60 minuti

Obiettivi:

• conoscere la C.R.C. e i diritti che sancisce

• introdurre il concetto di relazione con i diritti (approccio personale)

Target:

• docenti e team educativi

• genitori

• gruppi di bambine, bambini e adolescenti

Materiali:

• copie della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e l’adolescenza versione facilitata (in Allegati a p. 109)

• pennarelli

• post-it o carta usata da riutilizzare

Descrizione attività

Si consegna un foglio bianco e una copia facilitata della C.R.C. a ogni partecipante, chiedendo di disegnare sul foglio A4 il profilo della propria mano aperta, con le cinque dita distese. Una volta terminato, si chiede di procedere con la lettura degli articoli della C.R.C. e di sceglierne 5. La logica da seguire nella scelta non è quella di procedere in maniera razionale, ma di lasciarsi chiamare dagli articoli, come se fossero loro a dirci di voler essere scelti. È l’articolo che sceglie noi e non viceversa (si può anche chiedere di scegliere gli articoli che ci colpiscono di più senza starci a pensare troppo ma fidandosi dell’istinto). Gli articoli così selezionati vengono riportati da ogni persona sul profilo disegnato della propria mano, posizionando ogni articolo scelto su un dito. Una volta terminata questa fase si passa a condividere le scelte effettuate riportandole su una mano di classe (o di centro aggrega-

tivo). Su un foglio da lavagna dove precedentemente si è disegnata una grande mano aperta ogni partecipante applica il foglio con la propria mano e condivide gli articoli che ha scelto. Nel frattempo si riportano sulla lavagna o sul fondo del foglio, gli articoli che vengono di volta in volta scelti (esempio art. 3, art. 7, art. 28, ecc.) aggiungendo una X accanto a ogni articolo ogni volta che la propria scelta si ripete. Alla fine si avrà una mappatura degli articoli della C.R.C. maggiormente scelti dalle persone di quel gruppo (o centro aggregativo).

Chiudere questo momento con una riflessione in plenaria sul senso di quest’attività, su come abbia agito la scelta d’istinto degli articoli, su come esista un approccio personale alla lettura della C.R.C. e di come questo sia parte integrante nella relazione (esercizio) dei diritti, perché quelli che ci colpiscono di più sono quelli che hanno un ruolo speciale per noi (e dai quali potremmo essere attratti o respinti). Associare a questo ragionamento la considerazione che l’approccio personale ai diritti non depotenzia la C.R.C. nella misura in cui questa rimane una Convenzione internazionale che contiene un insieme di articoli universali, indivisibili e inalienabili che nel loro insieme garantiscono protezione e partecipazione.

NOTE: quest’attività può anche essere svolta, nei contesti dove ci sono le condizioni di tempo, spazio e relazione, in una modalità più giocosa. Ad esempio la C.R.C. non è consegnata come documento completo ma sotto forma di puzzle da ricostruire in piccoli gruppi.

Spunti per la riflessione in plenaria

• Osservare con il gruppo la mappatura degli articoli che emerge dal lavoro svolto. Quanti e quali sono gli articoli scelti? Sono tanti e variano o sono pochi e sempre gli stessi? In entrambi i casi come mai? Che immagine restituiscono del gruppo rispetto alla C.R.C.?

• Con attenzione ai percorsi individuali, chiedere che tipo di esperienza sia stata la lettura della C.R.C. “facendosi scegliere” dagli articoli. C’è qualcosa o qualche articolo che ci ha colpiti in modo particolare? È stato facile o difficile il farsi scegliere? Come mai sono stati proprio quegli articoli a sceglierci, e non altri?!

• Si può integrare quest’attività con una fase ulteriore, chiedendo ad alunne e alunni quali pensano siano gli articoli che più sono esercitati a scuola, e quali sono invece quelli che vengono meno esercitati. È una modalità interessante e utile per comprendere il loro punto di vista sull’applicazione della C.R.C. a scuola. In questa variante si può anche usare una piantina della scuola (o del centro di aggregazione) per chiedere alla classe, magari divisa in gruppi, di associare a ogni area della scuola (corridoi, palestra, laboratori, bagni, ecc.) gli articoli che in quell’area vengono più garantiti e quelli meno garantiti.

• Quest’attività viene presentata pensando a un target di bambine, bambini e adolescenti, ma si può usare anche con le persone adulte (docenti, genitori, team educativi, ecc.) con le stesse modalità e finalità. Con le persone adulte si può sviluppare un ragionamento rispetto a come il loro approccio personale ai diritti impatti e condizioni il loro ruolo di duty bearer.

La C.R.C. da mondo dei bisogni a quello dei diritti

C.R.C. – Introduzione alla Convenzione

Introduzione e contesto: con l’approvazione della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza si entra di fatto in un mondo dove le persone di minore età sono portatrici di diritti e non più di bisogni. Quest’attività aiuta a comprendere quali siano i cambiamenti e le implicazioni connesse a questo passaggio e come impattino nella relazione tra mondo adulto, mondo dell’infanzia e adolescenza, andando a condividere ragionamenti ed emozioni (similitudini e differenze) associate a ognuno dei due mondi. L’attività diventa occasione per introdurre la C.R.C. partendo dal principale cambio normativo-relazionale che questo documento porta con sé.

Tempo richiesto: 80 minuti

Obiettivi:

• comprendere il passaggio dal mondo dei bisogni a quello dei diritti

• condividere le conseguenze pratiche e relazionali associate a questo passaggio

• introdurre e far conoscere la C.R.C.

Target:

• docenti e team educativi

• genitori

• adolescenti

Materiali:

• cartellone, carta pacchi o foglio lavagna

• pennarelli

• post-it o carta usata da riutilizzare

Descrizione attività

Fase preparatoria: prima che le persone partecipanti arrivino, si piega il cartellone (o foglio da lavagna) in due come un libretto e sulla prima e sull’ultima facciata si disegna grande un mondo. Nella prima facciata si scrive “mondo dei bisogni” e nella quarta “mondo dei diritti”. Si posiziona il cartellone al centro della stanza con la prima facciata visibile verso l’alto e la quarta nascosta che poggia sul pavimento. Avvio attività: una volta che le persone entrano, si dispongono in cerchio intorno al cartellone. Dopo un primo momento di accoglienza del gruppo, la prima consegna al gruppo è di prendersi qualche momento per pensare a quali siano le principali caratteristiche della relazione tra persone adulte e persone di minore età in un mondo dove bambine, bambini e adolescenti sono portatrici di soli bisogni (non si parla ancora di diritti, il focus è tutto sulla parola bisogni). Si chiede a ogni partecipante di pensare a queste caratteristiche e di riportarne le due/tre principali su un pezzo di carta da riuso (o su un post-it) descrivendole sinteticamente con parole chiave. Quando tutte e tutti hanno finito, a giro

ogni persona legge le caratteristiche che ha scritto sul pezzo di carta e applica lo stesso sulla facciata del cartellone con disegnato il mondo dei bisogni. Finita la condivisione, si apre il cartellone mostrando anche la quarta facciata, quella con il disegno del mondo dei diritti: ora entrambe le facciate disegnate sono rivolte verso l’alto e visibili. In questo momento si può introdurre la C.R.C. condividendo come con la sua approvazione, il 20 novembre 1989, si sia deciso che si passasse da un mondo dove bambine, bambini e adolescenti erano portatori di bisogni a un mondo dove fossero portatori per legge di diritti umani e di come questo cambio avrebbe vincolato e condizionato la relazione tra adulti e minori. Si chiede a questo punto al gruppo di compiere lo stesso percorso di riflessione svolto per il mondo dei bisogni anche per il mondo dei diritti. Ogni persona riflette individualmente e riporta su un pezzo di carta (o post-it) i due/tre principali aspetti che caratterizzano la relazione persone adultepersone di minore età in un mondo dove queste ultime sono portatrici di diritti. Anche questa volta si condividono le caratteristiche applicando i pezzi di carta sulla facciata del cartellone con il disegno del mondo dei diritti.

Esposti i due mondi (bisogni e diritti) con le relative caratteristiche rappresentate dal gruppo, si chiede alle persone di indicare quali sono (se ci sono) le differenze tra i due mondi rispetto alla relazione tra persone di minore età e persone adulte. Partendo da quanto emerge dal gruppo, si riprende la C.R.C. come documento che transita il mondo dai bisogni ai diritti e che fornisce indicazioni su come cambia la relazione mondo adulto-mondo minori condizionandola e indirizzandola verso una dinamica right holder-duty bearer

Spunti per la riflessione in plenaria

• Usare quest’attività per una prima conoscenza della C.R.C. e dei suoi concetti fondanti (cos’è una convenzione, cos’è un diritto, la C.R.C. come “prodotto culturale, storico e politico” quindi interpretabile, ecc.). Utile iniziare la conoscenza della C.R.C. partendo dalla sua funzione principale di Convenzione internazionale che sancisce per legge i diritti di infanzia e adolescenza;

• condividere insieme pensieri ed emozioni su cosa significhi “stare” nei due ruoli sociali sanciti dalla C.R.C.: duty bearer e right holder. Come ci si sente da adulti nell’assumersi delle responsabilità sancite per legge verso i diritti di bambine, bambini e adolescenti, cosa conforta in quel ruolo e cosa mette in difficoltà, quali le soddisfazioni e quali le frustrazioni, quali i rischi e quali le potenzialità. Le stesse domande dal punto di vista delle persone di minore età;

• l’attività può anche essere “drammatizzata” chiedendo alle persone partecipanti di mettere in scena una stessa dinamica relazionale adulto-minore nei due mondi (da una cena in famiglia, a una lezione a scuola, a un intervento educativo);

• tenere sempre a mente nei momenti di riflessione condivisa, il sentimento di frustrazione che ci si trova a vivere rispetto a un mondo ideale dei diritti e a un mondo reale dove non sempre questi diritti sono esercitati;

• quest’attività va bene per introdurre la C.R.C. sia agli adulti che alle persone più giovani adattando il linguaggio e introducendo, semplificandoli, i concetti più complessi magari evidenziando più il tratto del gioco e della drammatizzazione.

Cosa significa oggi educare ai diritti umani? Come è possibile farlo bene nelle scuole, nei contesti educativi, nelle comunità educanti? E quali sono concretamente le pratiche e gli strumenti per lavorare in ottica di promozione dei diritti?

Queste pagine – grazie al lavoro della cooperativa sociale EDI onlus che dal 2012 realizza interventi educativi e formativi in tutta Italia, mettendo al centro la Convenzione ONU sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (CRC) – offrono alcune risposte teoriche e metodologiche per sostenere e supportare la riflessione e l’operato di tanti adulti che a vario titolo si occupano di educazione e formazione con bambine, bambini e adolescenti. Il libro muove dalla consapevolezza che è ritornato centrale oggi formare sui diritti, attraverso i diritti e per i diritti, e pone un’attenzione particolare alle diverse dimensioni (civile, sociale, politica, culturale ed economica) che influenzano la vita di chi cresce in Italia.

Dopo un primo approfondimento teorico, al lettore è offerta la possibilità di entrare nel merito del metodo attraverso attività ludiche strutturate che, partendo da alcuni dei diritti per l’infanzia e l’adolescenza, forniscono gli strumenti per fare esperienza diretta dei contenuti trattati. In questa direzione si fa largo la speranza che sempre più contesti educativi e sempre più professionisti dell’infanzia e dell’adolescenza facciano propria un’azione di qualità centrata sui diritti, trasformando lo stato delle cose.

Guido Antonelli Costaggini, laureato in sociologia lavora dal 1994 nel privato sociale collaborando con ONG, cooperative e associazioni. Dal 2012 è socio fondatore della cooperativa EDI e dal 2016 ne è il direttore. Negli anni ha pubblicato diversi rapporti di ricerca e un romanzo.

Alessia Maso, pedagogista, si occupa di sostenibilità in campo educativo e di sviluppo e progettazione in ambito sociale. Dal 2018 è socia di EDI e responsabile dell’ufficio sviluppo e progettazione. Ha curato diverse pubblicazioni e kit didattici. Con la meridiana ha pubblicato il manuale Ecologia in Città (2010).

In copertina disegno di Fabio Magnasciutti

Euro 14,50 (I.i.)

ISBN 979-12-5626-033-1

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