Educativa domiciliare. Strumenti e pratiche di progettazione individualizzata con le famiglie

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a cura di ELISA MARIA FRANCESCA SALVADORI

VINCENZA NASTASI

EDUCATIVA DOMICILIARE

Strumenti e pratiche di progettazione individualizzata con le famiglie

Introduzione di Liviana Marelli

a cura di Elisa Maria Francesca Salvadori Vincenza Nastasi

Educativa domiciliarE

Strumenti e pratiche di progettazione individualizzata con le famiglie

Introduzione di Liviana Marelli

INDICE Introduzione di Liviana Marelli 7 PartE i adm E PEi Assistenza Domiciliare Minori: un dispositivo educativo innovativo di Vincenza Nastasi 15 La progettazione pedagogica nel lavoro educativo di Elisa M.F. Salvadori 33 Il PEI come strumento di lavoro per la progettazione educativa individualizzata di Roberta Bordini e Maddalena De Riso 55 PartE ii lE ricErchE La ricerca qualitativa sul servizio di educativa domiciliare. Tra buone pratiche e piste di sviluppo di Cristina Balloi 77 Verso il PEI digitale: il percorso di accompagnamento alla creazione dello strumento di Silvio Premoli e Marta Colombo 101 Il Progetto Educativo Individuale (PEI) digitale: uno strumento di rilevazione tra impatto sociale e management della progettazione educativa di Lavinia Pastore, Gabriele Masci, Marco Biazzo 119 Bibliografia 157 Autori 165

IntroduzIone di Liviana Marelli

Per noi essere Cooperativa sociale significa lavorare insieme avere cura delle relazioni nella ricerca costante e appassionata del bene comune. Attraverso il nostro lavoro sociale ed educativo assumiamo l’impegno di contribuire a garantire e promuovere l’effettivo esercizio dei diritti di cittadinanza delle persone che incontriamo e accogliamo condividendone la quotidianità e favorendo inclusione, partecipazione e benessere. Il nostro è stato un viaggio lungo, ricco di storie, di volti, di riflessioni. Abbiamo più di 30 anni e la voglia di condividere con chi ci ha accompagnato fino a qui, ma anche di rimettere in circolo energie, conoscenza, esperienze.

Per lasciare che il fermento di tutti questi ingredienti si trasformi nel nostro nuovo punto di partenza.

Questo testo prova a restituire e mettere a disposizione gli esiti di un approfondito lavoro di ricerca condotto dal Centro Ricerca e Formazione Tarakè della cooperativa sociale La Grande Casa, in riferimento al servizio di educativa domiciliare/familiare, individuato quale servizio “centrale” a sostegno delle politiche e delle azioni a favore del diritto di ogni minorenne a crescere in una

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famiglia a partire dalla propria, così come normativamente previsto1 e riconfermato dal recente V Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva 2022/20232, laddove indica, quali direttrici fondamentali e irrinunciabili delle politiche e delle azioni a sostegno dei soggetti di minore età e delle loro famiglie: l’educazione, l’equità, l’empowerment.

Il libro è frutto di competenza e passione, di ricerca attenta “sul campo” e contestualmente di capacità di “straniamento” intesa come scelta professionale che accompagna e sostiene – dà senso – alla possibilità di considerare il mondo da diversi punti di vista inediti, sorprendenti, da cui possono derivare nuove modalità dell’agire professionale.

Un approccio che alcuni teorici definiscono “poroso”3 proprio perché capace di “lasciare vuoti”, “fare spazio” agli elementi che assumono particolare importanza in vista di un cambiamento perché capaci, appunto, di valorizzare i diversi sguardi, i diversi punti di vista evitando difensive chiusure o improduttiva dispersione di ciò che ci accade e che ci interpella come professionisti e come esseri umani.

Questo libro non ha quindi alcuna pretesa di esaurire il tema, di inquadrare in un contesto rigido e predeterminato il lavoro di cura insito negli interventi di educativa domiciliare/familiare, tanto meno di fornire ricette inutili e inopportune, perché incapaci di accompagnare il divenire sorprendente dell’inatteso quale sale, sapere e sapore della relazione educativa e del lavoro di cura in senso lato.

Il lavoro qui proposto ha l’obiettivo di portare un

1 Si fa riferimento in particolare alla Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (CRC), legge di ratifica italiana, legge 184/83 e 149/01.

2 Decreto del Presidente della Repubblica del 25 gennaio 2022.

3 Morelli, 2022, pp. 18-27.

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contributo alla ricerca sulle pratiche educative nei contesti domiciliari/familiari.

l’offerta di una raccolta ragionata di

idee e tracce di azioni possibili, quale esito di una continua e circolare costruzione e decostruzione delle cornici e delle mappe con cui il professionista della cura pensa e agisce. Sono forme di lavoro accomunate dalla possibilità di muoversi sulle soglie delle case e delle storie famigliari, nei centri delle periferie, tra scale e strade, sapendo uscire dalle righe, muoversi tra le pieghe. Lo spazio tra le case e le cimase è uno dei luoghi che l’educatore può abitare con le famiglie in quanto contemporaneamente reale e immaginario: per vedere la cimasa – cornicione, bordo, sporgenza, con funzioni estetiche ma anche strutturali, di equilibrio – serve alzare lo sguardo, spostare l’attenzione dalla casa come struttura a un suo particolare, piccolo ma indispensabile. Le cimase sono anche la dimora ideale per nidi e altri piccoli-giganteschi dettagli, da poter cercare, immaginare e scoprire insieme. È uno spazio prezioso, adatto a custodire la poesia della complessità dell’incontro con famiglie e servizi, oltre che un modo per raccontare un bellissimo lavoro di confine4.

Questo testo, nei capitoli che seguono, prova dunque a restituire l’esito di un lavoro di ricerca condotto dalla nostra Cooperativa – la cooperativa sociale La Grande Casa5 – teso a esplorare, riconoscere e valorizzare il siste-

4 Prandin, Di Nardo (a cura di), 2020.

5 La Grande Casa scs nasce nel 1989 con l’obiettivo di favorire e promuovere diritti, sostenere e rispettare ogni singolo progetto di vita, favorire l’integrazione sociale e lavorativa di tutte le persone, con attenzione particolare alle persone in situazione di vulnerabilità e fragilità. Operiamo in favore di donne sole e/o con i propri figli, bambini, adolescenti e famiglie, giovani, migranti e comunità locale. La Grande Casa è presente in dieci Ambiti territoriali, e precisamente: Carate Brianza, Castano Primo, Cinisello Balsamo, Desio, Garbagnate Milanese, Lecco-Merate, Milano, Olgiate Comasco, Sesto San Giovanni-Cologno Monzese, Vimercate-Trezzo: la suddivisione in aree territoriali ci permettere di esprimere vicinanza e conoscere profondamente i contesti in cui si trovano i nostri servizi e progetti, gestiti anche in collaborazione con l’ente pubblico (www.lagrandecasa.it).

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È

ma dell’educativa domiciliare/familiare quale intervento multiforme, poliedrico, a “geometrie variabili” capace di coniugare l’approfondimento teorico, serio, documentato, confrontabile con la riflessività delle pratiche nel loro costante divenire.

Possiamo allora definire l’educatore del servizio di educativa domiciliare/familiare – ma credo l’educatore, l’operatore sociale in generale – come una sorta di “geografo dell’umano” capace di

vivere il lavoro di campo più attraverso un mettersi in cammino con il territorio e con chi lo abita piuttosto che non un semplice percorrerlo, osservarlo o visitarlo, accettando di correre il rischio di sbagliare strada, di smarrirsi, dal momento che non si tratta di seguire un itinerario già noto, ma di aprirsi una via per la quale disponiamo tutt’al più di tracce appena segnate. Proprio per questo diventa essenziale l’attenzione alla strada nel suo intrecciarsi e i segnali che, qua e là, è possibile cogliere lungo il tragitto6.

Il lavoro di educativa domiciliare/familiare richiede allora una grande capacità di ascolto, che non è confondibile – lo sappiamo – con la semplice e per certi aspetti routinaria raccolta delle informazioni (l’anamnesi, seppur utile ovviamente). Si tratta di andare oltre, si tratta di “fare esperienza”, e cioè rendersi conto – e saper dire, accogliere – che non c’è una “strada maestra”, ma che la strada va cercata, che c’è la necessità – a volte, spesso –anche di cambiarla, di ricominciare da capo riconoscendo “l’inciampo”, che non ha nulla a che vedere con il fallimento ma rappresenta piuttosto la capacità dell’educatore di cercare, ricercare, con passione e determinazione “la strada per te”, non uguale alle altre, non scontata, a volte rischiosa perché non ancora sperimentata ma sempre frutto di attento ascolto del divenire delle storie e

6 Tuggia, 2020.

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quindi capace di produrre nuove letture, per dare/ridare senso a quella storia familiare, a quelle risorse individuali e collettive che – strada facendo – ho saputo ritrovare nelle curve più nascoste e poco illuminate di quella strada. Consapevoli che è possibile costruire futuro, sempre: perché qui sta la professionalità dell’educatore, un educatore equilibrista e geografo, attento e competente costruttore di futuri possibili.

Una professionalità dunque che non può essere confusa o pensata asetticamente e aridamente come la traduzione operativa di compiti pensati altrove, da altri.

E ancora, il lavoro di cura, il lavoro sociale ed educativo – di cui è parte l’intervento di educativa domiciliare/familiare – è asse portante dei contesti sociali e di vita delle persone, è asse portante per co-costruire futuro e garantire l’esigibilità dei diritti. Per questa ragione il lavoro di cura deve assumere centralità nell’agenda politica attraverso il riconoscimento pieno della dignità e professionalità che esso merita ed esprime, attraverso un investimento economico adeguato, strutturale, continuativo e certo, rispettoso del principio di uguaglianza e pari diritti per tutte le persone presenti a qualunque titolo nel nostro paese.

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Parte I adM e PeI

assIstenza

doMIcIlIare MInorI: un dIsPosItIvo educatIvo InnovatIvo di Vincenza Nastasi

Introduzione

È di epoca recente una ricca letteratura internazionale nell’area della psicologia dello sviluppo, della sociologia, delle scienze dell’educazione, delle neuroscienze e della genetica che conferma, per prove di efficacia, l’idea che lo sviluppo umano sia la complessa risultante e allo stesso tempo la causa di un insieme di caratteristiche e condizioni familiari e sociali, piuttosto che il prodotto di condizioni genetiche1.

Costruire ambienti familiari, educativi, scolastici e sociali ricchi di affetti, relazioni e stimoli sul piano socio-emotivo e cognitivo contribuisce, quindi, in maniera determinante alla qualità dello sviluppo infantile e della società nel suo insieme.

È all’interno di queste riflessioni che nasce un’ulteriore consapevolezza, come si evince dalle Linee di Indirizzo Nazionali, circa la responsabilità che le politiche sociali hanno nel realizzare il grande potenziale insito nell’intervento di promozione del migliore sviluppo dei bambini privilegiando le azioni di accompagnamento alla genitorialità, in particolare nelle situazioni di vulnerabilità2 .

1 Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, 2017, p. 4.

2 Ibidem.

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L’accompagnamento di bambini e famiglie vulnerabili rappresenta un ambito fondamentale del lavoro di cura e protezione dell’infanzia, inteso come accezione di tre aree:

• area della promozione (insieme degli interventi che mirano a promuovere condizioni idonee alla crescita);

• area della prevenzione (prevenire i rischi che possono ostacolare il percorso di sviluppo);

• area della tutela o protezione in senso stretto (azioni volte a preservare e/o proteggere la salute e la sicurezza del bambino).

Il perimetro di questo insieme di interventi comprende almeno quattro sub-aree, collocabili lungo un continuum che parte da azioni promozionali e preventive in favore del bambino, dei suoi genitori, dell’ambiente di vita, passando poi per l’organizzazione della segnalazione e del trattamento delle situazioni di preoccupazione per la sicurezza del bambino, fino ad arrivare a decisioni amministrative e infine a decisioni giudiziarie assunte per garantire la protezione del bambino3.

Il servizio di Assistenza Domiciliare Minori (da adesso in poi ADM) si colloca all’interno di questo quadro di riferimento, offrendo la possibilità di intervenire nei consueti ambiti di vita familiare, consentendo la permanenza del minorenne nella famiglia d’origine.

Le Linee di Indirizzo Nazionali sull’intervento con bambini e famiglie in situazione di vulnerabilità definiscono il Servizio di ADM come

“il dispositivo attraverso il quale gli educatori professionali, con specifica formazione socio-pedagogica, secondo quanto previsto dalle normative vigenti, sono presenti con regolarità nel contesto di vita della famiglia, nella sua

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3 Ivi, p. 6.

casa e nel suo ambiente di vita, per valorizzare le risorse che là si manifestano e per accompagnare il processo di costruzione di risposte positive (competenze e strategie) ai bisogni evolutivi del bambino da parte delle figure genitoriali in maniera progressivamente più autonoma”4.

Già da questa definizione si evince la complessità del servizio di ADM e delle dimensioni multiple e molteplici che vanno considerate inerenti al servizio in parola. Ma da dove nasce l’ADM e come si è sviluppato? Un breve excursus storico e un’analisi della legislazione vigente potrà dare le risposte che cerchiamo.

Le origini dei servizi domiciliari

La nascita dei servizi domiciliari ha radici nei contesti sanitari: erano soprattutto medici di condotta e ostetriche che si recavano a casa di alcuni pazienti per necessità emergenti o impossibilità da parte degli stessi di raggiugere ospedali o centri di trattamento5. Non vi era all’inizio un intento sociale: il prendersi cura di situazioni di fragilità, individuale o familiare, era compito della comunità, dalla famiglia allargata al vicinato, degli istituti religiosi, del territorio.

Successivamente, a partire dagli anni Sessanta negli Stati Uniti, si è sviluppata la consapevolezza che la domiciliarità divenisse una pratica del Servizio Sociale, che le visite domiciliari fossero intese anche come metodo per aiutare le famiglie con bambini con bisogni particolari, maturando la riflessione che ci fosse bisogno di una progettualità intenzionale, oltre le buone motivazioni6.

4 Ivi, p. 69.

5 Sannipoli, 2021, p. 133.

6 Ibidem.

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In quegli anni il programma “Head Start” sperimentato nel Nord America è stato un pioniere, in quanto centrato sulla prevenzione, con la finalità principale di assicurare lo sviluppo intellettuale, sociale ed emotivo dei bambini partecipanti, che offriva ai genitori informazioni, servizi e risorse ai quali non avevano accesso.

“Head Start” è stato dunque un progetto educativo rivolto direttamente al benessere dei bambini con ampio coinvolgimento anche dei genitori7.

Altre esperienze legate al sostegno del benessere dei bambini e delle loro famiglie si sono realizzate a partire dal programma “Head Start” e del successivo “Home Start” del 1972, con l’obiettivo di realizzare servizi ai genitori nel loro ambiente familiare e permettere loro di imparare a rispondere ai bisogni dei bambini nel loro ambiente più prossimo.

Gli studi che hanno valutato l’esito di questi programmi mostrano risultati ambivalenti: da un risultato positivo riguardante lo sviluppo cognitivo e sociale a senza effetto sia sui bambini che sui genitori. Ma la cosa importante da sottolineare in queste ricerche è la conclusione a cui si è arrivati a prescindere dalla qualità dell’intervento e dal singolo risultato, ossia che i risultati ottenuti con i bambini sono deludenti “quando il coinvolgimento delle figure genitoriali è poco o nullo. Il coinvolgimento dei genitori sembra dunque essere essenziale”8.

Negli anni Ottanta prosegue la ricerca a fronte dei forti cambiamenti sociali che hanno un impatto anche sulle pratiche legate a questo servizio, in particolare per l’esigenza di intervenire in situazioni di alto rischio di maltrattamento. In quegli anni e poi anche in tutti gli anni Novanta nel Nord America è, quindi, soprattutto

7 Milani, 2009, p. 12.

8 Ivi, p. 13.

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nell’ambito del maltrattamento infantile che si sviluppa l’intervento domiciliare.

Ma cosa succede nel contesto italiano? In Italia è a partire dagli anni Ottanta che alcuni assistenti sociali, in maniera pionieristica, hanno iniziato a cercare soluzioni alternative alle realtà già istituite, entrando in relazione con il privato sociale che stava nascendo proprio in quegli anni.

Anche in Italia i mutamenti in atto nella famiglia e nella società hanno richiesto uno sforzo di ripensamento dei servizi finora erogati da parte di tutte le istituzioni, dei servizi sociali e del terzo settore per affrontare le trasformazioni, i mutamenti nella struttura familiare, nei ruoli maschile/femminile e materno/paterno, nei tempi di crescita dei giovani adulti, nella ridefinizione dei rapporti con la famiglia d’origine9.

Sostiene Iori che i cambiamenti sociali hanno mutato i problemi della genitorialità comprendendo dimensioni contemporaneamente private e pubbliche, dove ciò che risiede nella sfera privata inevitabilmente deve essere condiviso anche con il “sociale”, in particolar modo laddove ci sia la necessità di un sostegno attivo alla genitorialità10.

Negli anni il focus degli interventi sociali si è via via modificato seguendo i cambiamenti della stessa società e delle condizioni delle famiglie, partendo da un concetto di assistenza e prevenzione nei confronti dei bambini fino a giungere, oggi, a una sempre più marcata presa in carico dell’intero nucleo familiare sia in termini preventivi che promozionali di un ben-essere familiare.

Dagli anni Ottanta ad oggi, anche la legislazione di riferimento ha recepito i cambiamenti in atto. Un breve

9 Iori, 2006, p. 51.

10 Ibidem.

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approfondimento dell’evoluzione della normativa aiuterà a comprendere l’orizzonte in cui il servizio di ADM si è sviluppato e quali sono le prospettive future.

la ProgettazIone PedagogIca nel lavoro educatIvo di

Quando si parla di progettazione pedagogica il pensiero va subito al PEI, il Progetto Educativo Individualizzato, lo strumento per eccellenza attraverso cui si concretizza la progettazione educativa. Occorre tuttavia fare un passo indietro e riconoscere che la progettazione pedagogica non si esaurisce nell’utilizzo di uno strumento, di una tecnica o di una metodologia ma va inserita all’interno di una cornice più ampia. La progettazione è ciò che serve per agire ed educare nella complessità35 un orientamento di fondo che attraversa il mondo educativo36 in quanto nei servizi socio-educativi si è sempre coinvolti in attività di progettazione: quando si interviene per modificare una situazione o si cerca di dare risposta a una richiesta o un problema, quando si costruisce un percorso o un intervento educativo pensato per una specifica persona, o quando si definiscono una serie di azioni parte di un intervento più ampio.

È all’interno della progettazione intesa in senso più ampio che trovano spazio le istanze pedagogiche che costituiscono la cornice di fondo dell’agire educativo, mentre la metodologia della progettazione funge da base per

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35 Morin, 2018, 2020. 36 Triani, 2002.

orientare l’intervento educativo37. Prima di riflettere sul PEI come strumento a supporto del processo di progettazione, attuazione e valutazione dell’intervento educativo, in questo capitolo si propone una riflessione sulla progettazione pedagogica come componente fondamentale dell’agire educativo.

La progettazione pedagogica come componente dell’agire educativo

La prima considerazione quando si parla di progettazione e di progetti non può che partire dall’etimologia della parola progetto, quel pro-gettare che rimanda a gettare, e gettarsi, in avanti (pro = avanti/oltre + iacere = gettare) e immaginare un futuro possibile per l’intervento educativo e per i destinatari dei percorsi educativi. Non si tratta di prevedere il futuro, stabilendo a priori e con certezza obiettivi, strumenti e azioni, ma di costruire insieme un futuro possibile, di quello che Danilo Dolci definisce “sognare gli altri come ora non sono”. È questa componente insita nel lavoro educativo che consente all’educatore e all’utente38 di schiudere insieme la dimensione della possibilità, del desiderare, andando nella direzione del presumibile. Da queste prime righe emerge una visione della progettazione lontana dalle logiche della programmazione, standardizzazione e pianificazione

37 Tramma, 1999.

38 Pur riconoscendo che le persone con cui si lavora nei diversi servizi socio-educativi non sono nella posizione di utenti (“Chi fa uso di qualche cosa, e in partic. chi usufruisce di un bene o di un servizio offerto da enti pubblici o [...] privati, da imprese concessionarie, ecc.”, dizionario Treccani on line) poiché non stanno semplicemente utilizzando un servizio ma sono persone attive nel proprio percorso educativo e formativo, di fatto “utenti” resta l’unica parola capace di racchiudere tutte le tipologie di persone presenti nei servizi socio-educativi.

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sequenziale tipiche del paradigma medico-diagnostico degli anni Ottanta e Novanta39. Ad oggi la progettazione è una componente essenziale dell’agire educativo, uno spazio in cui educatori ed educatrici si confrontano con gli altri soggetti (professionisti e non) per definire insieme un progetto di vita, frutto della ricomposizione dei differenti punti di osservazione della situazione. Non si tratta evidentemente di applicare logiche programmatorie ma di un’azione di più ampio respiro, di quella che Tramma definisce una “intenzionalità cosciente e organizzata verso cambiamenti auspicati”40 che nella pratica si traduce nel predisporre interventi trasformativi dotati di intenzionalità orientata verso determinati fini e sorretta da valori41. La progettazione pedagogica è strettamente legata all’intenzionalità propria dell’agire educativo poiché comporta l’esplicitazione di una direzione comune da perseguire (immaginata e condivisa) e la definizione di azioni volte a modificare la situazione esistente in una voluta. Le due dimensioni principali, teologica (fini) e assiologica (valori) riguardano tutti i partecipanti dell’intervento educativo, in particolare i professionisti che, detenendo una posizione di potere, spesso orientano la direzione del progetto, anche quando questa intenzionalità è latente, inconsapevole o distorta. Accanto alla dimensione intenzionale, un’altra caratteristica che la progettazione pedagogica condivide con l’agire educativo è l’essere flessibile e aperta al possibile, considerando l’imprevisto come un’occasione e non come un errore. Educatori ed educatrici sanno bene che

“prima di qualunque piano di azione pensato dagli educatori, vi sono le persone concrete con la loro storia, por-

39 Perla, Riva, 2016.

40 Tramma, op. cit., p. 109.

41 Iori, 2021.

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tatrici di un loro modo di stare al mondo e di aprirsi ad esso, di pensare il proprio presente e futuro”42. Si tratta di tenere insieme sia le prospettive progettuali che spingono il progetto verso una direzione futura, che quelle che posizionano al centro dell’intervento l’irriducibilità della persona umana, la sua capacità di autodeterminarsi e i suoi sistemi di rifermento. Collocandosi in una dimensione tra passato e futuro, la progettazione pedagogica rappresenta quindi “la possibilità di accordo tra l’esigenza di analizzare, connettere, dare risposte ai problemi, sistematizzare le azioni, di dare ordine ad una idea, e l’esigenza di creare qualcosa di nuovo, di stare aperti a nuove comprensioni e a nuove piste di lavoro, che le sollecitazioni provenienti dalla realtà, continuamente, suscitano”43. In questo senso “riesce a coniugare due aspetti apparentemente antitetici: quello della flessibilità, dell’apertura all’imprevisto e all’inedito, della necessità di rimodulazione del piano di lavoro e quello del rigore metodologico, della verifica, della valutazione”44. Un ulteriore tratto che la progettazione pedagogica condivide con l’agire educativo è il suo svilupparsi nella dimensione relazionale. Come è noto, educatori ed educatrici lavorano sempre in un processo dialogico che prevede la presenza e la partecipazione degli utenti, perché “l’azione educativa non è un intervento sull’altro, ma insieme all’altro sulla realtà”45. La progettazione pedagogica integra questa dimensione dialogica in una prospettiva di lavoro che parte dal progettare interventi con e per l’altro, ma considera anche i contesti e le connessioni tra essi, mettendo in relazione contesto e beneficiari dei

42 Perla, Riva, op. cit., p. 56.

43 Triani, op. cit., p. 65.

44 Torre, 2014, p. 19.

45 Santerini, 1998, p. 95.

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progetti educativi46. La progettazione pedagogica così declinata si distacca da una logica emergenziale e di risoluzione di uno specifico problema (o di un bisogno individuale), elaborando una posizione propria rispetto ai bisogni come parte della vita quotidiana e dei contesti sociali che contribuiscono a crearli e definirli47.

Per sostenere il processo di consapevolezza di educatori ed educatrici rispetto agli elementi che entrano in gioco nella progettazione educativa, risulta indispensabile un continuo lavoro di riflessività da parte dei professionisti48. Grazie all’azione riflessiva, il professionista può infatti “esaminare con attenzione le proprie azioni e le proprie riflessioni”49, prima, durante e dopo l’azione stessa in un costante rimando tra il fare e il pensare. È la stessa azione riflessiva, supportata dal sapere esperienziale, a fare da orientamento alle scelte dell’educatore50. Il tema delle scelte rimanda alla dimensione di responsabilità insita nel lavoro educativo, troppo spesso dimenticata. Progettare implica sempre un processo decisionale dal momento che contiene la possibilità di intervenire anticipando, esplorando, orientandosi, e scegliere tra le alternative possibili mantenendosi aperti e flessibili, perché in educazione obiettivi e traguardi possono cambiare in itinere. Educatori ed educatrici, al netto di imprevisti eventi esterni su cui non possono avere nessun tipo di controllo, sono responsabili di tutto ciò che accade dentro la relazione51 e dovrebbero quindi saper rendere conto delle scelte prese, in primis ai destinatari dell’intervento educativo, e anche al committente (Servizio Sociale o ente inviante).

46 Serbati, 2020.

47 Parmigiani, Traverso, 2015.

48 Schön, 1993.

49 Premoli, 2015.

50 Mortari, 2003.

51 Mapelli, 2018.

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Per concludere, la progettazione pedagogica, collocandosi tra l’esigenza di dover impostare un progetto e quella di restare flessibile e aperta al cambiamento, porta in sé il seme della scommessa poiché inevitabilmente legata alle incertezze e alle imprevedibili trasformazioni sociali e individuali. D’altronde anche l’agire educativo stesso contiene un’alta percentuale di rischio, dato che il risultato non è mai garantito a causa della libertà umana52. È quindi utile sviluppare e sostenere questa capacità di stare in equilibrio tra intenzionalità e flessibilità, tra passato e futuro e tra beneficiari e contesti, nutrendo la competenza progettuale di educatori ed educatrici. 52 Bertagna, 1999.

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Se è vero che lo sviluppo di ciascun individuo è la complessa risultante di un insieme di caratteristiche e condizioni familiari e sociali, piuttosto che il prodotto di condizioni genetiche, allora costruire ambienti familiari, educativi, scolastici e sociali ricchi di affetti, relazioni e stimoli educativi e formativi contribuisce in maniera determinante alla qualità dello sviluppo del singolo e della società nel suo insieme. L’accompagnamento di bambini e famiglie vulnerabili rappresenta un ambito fondamentale del lavoro di cura e tutela dell’infanzia e, in questo quadro, il servizio di Educativa Domiciliare Minori offre la possibilità di intervenire nei consueti ambiti di vita familiare, consentendo la permanenza del minorenne nella famiglia d’origine. Gli interventi domiciliari si fondano sulla consapevolezza che il radicamento nei contesti di vita e nei legami familiari rappresenta per ogni bambino e bambina un elemento identitario fondamentale e una potenziale fonte di relazioni, stimoli e risorse fondamentali per la sua crescita e al suo sviluppo. È in tale contesto che la figura dell’educatore domiciliare copre una posizione privilegiata: con essa si riconosce un’occasione unica nei progetti di educativa domiciliare e cioè quella di lavorare con il bambino insieme ai suoi genitori e ai contesti/sistemi di riferimento, perché l’educatore si trova a casa loro, tra loro e con loro.

Questo libro mette a disposizione gli esiti di un approfondito lavoro di ricerca condotto dal Centro Ricerca e Formazione Tarakè della cooperativa sociale La Grande Casa in riferimento al servizio di educativa domiciliare e familiare, individuato quale servizio “centrale” a sostegno delle politiche e delle azioni a favore del diritto di ogni minorenne a crescere in una famiglia a partire dalla propria, così come normativamente previsto.

ISBN 978-88-6153-937-2

Euro 15,00 (I.i.)

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