Fabio Fornasari Architetto museologo, passa il suo tempo a studiare, guardare e progettare gli spazi per l’apprendimento mantenendo come obiettivo l’inclusione e l’autonomia delle persone.
Speriamo che la lettura di questo testo faccia sorgere domande e solleciti la ricerca di soluzioni ed esperienze intorno all’accessibilità. In fondo il museo è una casa dove abita una comunità attiva che partecipa e collabora, ricerca e scambia risultati con l’intento di crescere assieme.
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Maria Chiara Ciaccheri - Fabio Fornasari Il museo per tutti
Maria Chiara Ciaccheri Museologa, lavora come progettista, facilitatrice e docente. Collabora con diverse organizzazioni e musei e si occupa di accessibilità, coinvolgimento dei visitatori adulti, interpretazione e delle loro strategie di sviluppo nei musei.
M.C. Ciaccheri - F. Fornasari
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Il museo per tutti Buone pratiche di accessibilità
ISBN 978-88-6153-871-9
P
i libri di acca arlante Scopri i contenuti multimediali
Euro 14,50 (I.i.)
I libri di accaParlante si occupano di accessibilità non solo fisica, ma anche alla comunicazione, alla conoscenza, alla cultura, al fare e saper fare, alla relazione con la diversità. La collana, naturale evoluzione della rivista “HP-Accaparlante” del Centro Documentazione Handicap di Bologna, propone approfondimenti di taglio divulgativo ed esperienziale ed è uno strumento necessario per educatori, operatori sociali e insegnanti. Per chi ha che fare direttamente o indirettamente con la disabilità, ma anche per chi pensa di non averne bisogno. Perché il lavoro culturale da fare è convincerci insieme che la disabilità non riguarda solo una categoria di cittadini ma è questione che riguarda la comunità tutta.
Maria Chiara Ciaccheri Fabio Fornasari
Il museo per tutti Buone pratiche di accessibilità
INDICE
Introduzione
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1 – L’accessibilità museale 11 Ripensare l’accessibilità al museo 13 Accessibilità come cultura 21 2 – Il museo e le sue barriere 31 Comprendere le barriere 33 La barriera come luogo d’incontro 43 3 – La percezione della disabilità al museo 57 Contro gli stereotipi 59 Sentire la disabilità 67 4 – Soluzioni e approcci per un museo inclusivo 77 Dagli obiettivi alla valutazione 79 Appuntamento con il museo 89 5 – Quel che l’accessibilità insegna ai musei, ai visitatori, alla società 97 Moltiplicare le opportunità 99 Comprendere, sorprendere 103 Bibliografia
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introduzione
Quando scriviamo un testo, per quanto questo sia lungo o corto, siamo di fronte a una realtà: il tempo non esiste. Non ne parliamo dal punto di vista della fisica ma di chi deve organizzare i propri pensieri. La scrittura, lo scrivere, si sposta in avanti e indietro, lungo le righe di testo, lungo le pagine. Alla fine di questo peregrinare in tutte le direzioni, la lettura deve procedere senza fatica dalla prima all’ultima riga, deve essere compresa senza affaticare il lettore che ricordiamolo, ci dedica tempo. Chi legge ha l’illusione di seguire i nostri ragionamenti per come si sono succeduti. Niente di più falso. La stampa del testo la vediamo come una fotografia impressa sulla carta. Ma è più simile a un affresco che è stato realizzato attraverso diversi atti, utilizzando tecniche e seguendo pensieri e ripensamenti. Di tutti i testi scritti dagli autori, l’introduzione è spesso l’ultimo testo che prende forma. Ha un compito molto importante: assicurare e accompagnare il lettore verso la comprensione delle pagine a seguire. Nel contempo ha il compito di presentargli lo scritto come atto legato a un contesto e a un momento precisi. Parlando di contesto e di momento, risulta difficile omettere che questo libro è stato scritto prima che la pandemia Covid19 esplodesse, per poi venir stampato quasi due anni dopo: nel mezzo, abbiamo fatto esperienza di un evento centrale non solo per la sua pervasività ma anche proprio in relazione a ciò che stiamo scrivendo. 7
Da due anni, infatti, è in corso il distanziamento sociale che ci sta gradualmente impedendo di avvicinare chiunque. Impone e riporta nella retorica dei discorsi il divieto di toccare e di toccarsi. Potenzia quindi l’immaginario della tattilità come veicolo di contaminazione. Ma non è più la contaminazione positiva, che scambia pensiero e dilata i confini. Ciò che abbiamo spesso per poter stare in contatto con la nostra normalità fatta di persone e di contenuti è soprattutto la tecnologia digitale. Un contatto a distanza che solo per alcuni simula la quotidianità, in ogni caso senza riuscirci. Siamo abituati a pensare che la tecnologia sia la perfetta soluzione per l’accessibilità. Eppure l’emergenza ci ha fatto chiaramente percepire come l’accessibilità, comunemente intesa, rimanga tuttavia un orpello, buono per le aperture cosiddette “speciali”: le proposte elaborate dai musei sono state e continuano ad essere moltissime ma raramente si sono dimostrate davvero inclusive. In questo momento ci stiamo misurando tutti sulle possibili declinazioni della parola accessibilità all’interno della pratica quotidiana: nella difficoltà per alcuni di gestire un tempo lunghissimo e destrutturato, nell’impossibilità di altri di mantenere routine necessarie alla stabilità psico-fisica, nei limiti di un confinamento che spesso è anche di tipo affettivo. Quello che emerge, in tutta la sua drammaticità, è l’importanza che assumono il contesto ambientale, storico, economico e mai come ora sanitario per comprendere l’argomento intorno al quale si struttura questo libro. Per dire la stessa cosa ci sono molti modi, tutti differenti tra loro. Al museo, approcci diversi possono essere utili per raggiungere destinatari diversi o anche per lasciar emergere sfaccettature necessarie. Vale per il singolo museo, così come per le singole persone. Quando le istituzioni sono molte e costruiscono il loro sapere in modo collaborativo, le idee si fanno più efficaci. Quando sono le persone ad essere 8
tante, quando la scrittura emerge da più mani, parimenti, le possibilità si moltiplicano. Per questo motivo, abbiamo scelto di mantenere distinti due percorsi per fare entrare il lettore all’interno del tema accessibilità da altrettante aperture, seguendo due strade differenti battute da due ricercatori che operano in ambito museale. Questo richiama l’esempio della tenda di Abramo, spesso citata da Lucilla Boschi, coordinatrice ICOM per la commissione Accessibilità museale. La sua tenda non ha una sola porta ma quattro per permettere a chiunque, da qualsiasi parte provenga, di entrare ed essere accolto. Questa è una metafora di cosa possiamo intendere per accessibilità. In sintesi potremmo dire che i due percorsi affrontano l’accessibilità museale partendo da due posizioni molto differenti. Un primo percorso muove i passi dall’interno del museo analizzando le sue grammatiche e i suoi strumenti per aprirlo e renderlo accessibile, citando buone pratiche, italiane e straniere, indagate personalmente in percorsi di ricerca. Questo è il percorso a firma di Maria Chiara Ciaccheri. L’altro percorso, a firma di Fabio Fornasari, si muove sul piano cognitivo ed emozionale, sul ruolo che queste parole assumono all’interno del contesto museale e sulle prossemiche. I due punti di vista portano a due scritture per stile differenti. Il primo più asciutto, diretto nel suo procedere, affronta il punto di vista del museo tentando di offrirne una visione d’insieme tale per cui derivarne indicazioni di tipo operativo. Il secondo assume a tratti una forma apparentemente poetica per richiamare l’idea che il museo, tra i suoi compiti, nel momento in cui si occupa di esperienza, espande la dimensione emozionale del visitatore, una chiave di accesso importante per l’esperienza museale. 9
Seguire due linee differenti, due strade di ricerca differenti su uno stesso tema ha in sé qualcosa dell’argomento che stiamo trattando: creare differenti opportunità per comprendere di cosa parliamo quando parliamo di accessibilità, quando ragioniamo intorno alla necessità di un’apertura che indebolisce una barriera. Ci teniamo a sottolineare anche che i due percorsi muovono nella stessa prospettiva perché è importante mantenere l’idea che ricercare è anche movimento e non semplice osservazione statica, per quanto immersa e impegnata. In entrambi i casi non si tratta di scritture che vogliono esaurire l’argomento. La volontà è mostrare la complessità del tema che non si risolve con l’applicazione di semplificanti norme di manuale. Speriamo che la lettura solleciti delle domande ma soprattutto delle azioni, sempre a partire dalla ricerca. In fondo il museo è una casa dove abita una comunità attiva che partecipa e collabora, ricerca e scambia risultati senza cancellare l’individualità che le ha prodotte. Una buona accessibilità non è quella che cancella le differenze ma le valorizza, mantiene l’impronta e permette a chiunque di provare la differenza nell’inclusione: insieme non identici, insieme non separati. Le tracce che modellano i capitoli ci sono parse le più significative per dare forma ad un argomento interdisciplinare che, soprattutto, ci riguarda tutti. Trasformandosi nell’auspicio che anche i musei possano farsi modello e che questo libro possa offrire ispirazione non soltanto a chi opera in questi contesti ma a chiunque di noi viva la sua vita, così come deve essere, necessariamente in relazione.
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1.
L’accessibilità museale
ACCESSIBILITÀ COME CULTURA Fabio Fornasari
La città è il luogo dove oggi parliamo di accessibilità. È lo spazio per eccellenza toccato da questa parola. Non è un caso se l’Unione Europea ha istituito un premio per le città accessibili e lo ha fatto partendo dai diversi ambiti che caratterizzano la vita sociale: cultura, istruzione, lavoro, partecipazione alle scelte, turismo, sport. I maggiori musei si collocano all’interno dei centri delle nostre città occupando luoghi storici che un tempo erano altro da quello che sono diventati. Il contemporaneo spesso invece occupa vuoti lasciati dalle attività produttive nelle periferie. Spesso si tratta di spazi riadattati, resi accessibili per le nuove funzioni pubbliche, non più produttive. In entrambi i casi i musei sono impegnati ad affrontare il tema dell’accessibilità, consapevoli che il problema non si risolve con l’adeguamento funzionale proposto dalle normative edilizie perché il museo non è solo spazio architettonico. Il resto del territorio resta un limbo ad alta inaccessibilità. Perché è necessario parlare di accessibilità? Perché l’accessibilità è un paradigma culturale. Non si esaurisce con l’applicazione di norme e il rispetto delle regole, ma è un atteggiamento verso una vita condivisa che ci chiede di assumere attenzioni, comportamenti che devono diventare parte di noi, se è vero che la cultura è ciò che resta dopo che si è dimenticato tutto. 21
Perché ci dobbiamo impegnare nel tentativo di rendere universalmente accessibile il mondo che viviamo, in tutte le sue parti, per condividere la cultura nel suo più ampio significato, per creare opportunità di autonomia e per stimolare l’inclusione. Abbiamo una missione: aiutare a scoprire il mondo, comprenderlo e permettere a tutti di partecipare alla sua costruzione. Comprendere e innamorarsi del mondo. È un pensiero semplice ma alla fine quello che muove il nostro corpo, quello che ci porta avanti di giorno in giorno è il desiderio, la voglia di scoprire e di trasformare il nostro modo di conoscere e di desiderare il mondo. Lo facciamo da adulti e contemporaneamente da persone avide di esperienza che non sanno attendere. Seguiamo il principio del piacere, il principio del tutto e subito, ma di fronte alla realtà dobbiamo invece rimandare la possibilità di soddisfare il desiderio, che spesso è un bisogno. Dobbiamo farcene una ragione. Per chi ha difficoltà è normale dover rinunciare al proprio desiderio di movimento, di accedere alle esperienze. Fino a quando non siamo nelle condizioni di misurarci con una difficoltà non ci rendiamo conto di cosa sottrae alla nostra vita, che non è solo occasione di esperienza ma anche di costruzione dell’intera vita psichica. Il museo è lo spazio dove l’accessibilità non solo è possibile, ma necessaria. Lo è per poter offrire la possibilità di fare esperienza della realtà e per poter appagare i desideri che leggiamo sempre come bisogni. Il museo offre la possibilità di guardare con una certa distanza la realtà complessa, messa in narrazione, e di poter accedere agli immaginari che rappresenta. 22
Non esiste un’accessibilità specifica per il museo. Ma l’accessibilità del museo è assolutamente necessaria perché il museo conserva il nostro immaginario, non solo gli oggetti che compongono le collezioni. Conserva storicizzando e riattualizzando di continuo il nostro modo di stare al mondo. Questo introduce un altro principio: il museo non è solo lo spazio fisico che contiene ed espone la collezione. Il museo è tutta la vita che gli ruota intorno: dentro e fuori le mura. Quindi comprende la sua emanazione in rete, i suoi cataloghi che vengono stampati e portati nelle case dei visitatori. Fare esperienza del museo oggi non significa recarsi di persona nelle sale, accedere alle collezioni con la visita museale. Significa accedere liberamente a tutte le istanze che il museo produce: la pagina web, la pubblicazione. Il museo è un sistema fatto dalle persone, dagli spazi, dalla comunicazione e dai discorsi che ivi si producono. Questo ci mostra quanto sia importante che l’accessibilità entri a fare parte del bagaglio culturale di chiunque lavori all’interno del museo. L’accessibilità deve declinarsi in ogni istanza del museo. Pensare l’accessibilità nelle sue varie forme è un lavoro che interessa direttamente le persone e la loro dimensione non solo fisica, non solo sensoriale e cognitiva. La mancanza della possibilità di accedere all’immaginario comune ha ripercussioni anche sul piano psichico, in quanto nella frustrazione tutti consumiamo molte delle nostre energie vitali. La mancanza di accessibilità, quando genera disparità e differenze negative, sottrattive di libertà, consuma energie vitali in chi ne soffre. Frustrare un desiderio di conoscenza totalmente o anche solo in parte, produce malessere che ha sempre ripercussioni sulla famiglia e sulla società. 23
L’accessibilità deve essere affrontata in modo sistemico. È una ricerca continua perché, lo vedremo, non siamo in grado da soli di percepire tutte le barriere che ci dividono dagli altri e che dividono altri dal contesto che abitiamo. L’esclusione non è visibile a tutti, ma solo a chi preclude la possibilità di partecipare a una vita condivisa, in relazione alla propria individualità.
Dobbiamo pensare al plurale Quando pensiamo alla realtà, alla complessità che ci contiene, dobbiamo necessariamente pensarla al plurale: non possediamo mai l’intera verità ma solo quella che riusciamo a percepire. Non possiamo pensare di conoscere tutto ma solo una parte. Specie se per conoscere qualcosa intendiamo averne fatto esperienza. Per questo motivo non abbiamo bisogno di “esperti”, ma di persone che studiano di continuo, fanno ricerca e fanno esperienza delle cose. Persone che si mettono in discussione e verificano il loro fare e pensare. Servono ricercatori e serve finanziare la ricerca.
Non pensiamo tutti allo stesso modo Chi usa la scrittura nel proprio procedere della ricerca lo fa all’interno di una interazione tra il proprio ambito di studio e il proprio vissuto. Quando leggiamo un autore siamo portati a pensare che questa persona conservi il proprio pensiero lungo una linea retta. Non apprezziamo lo scrittore che cambia stile. Premiamo la serialità. 24
Cerchiamo conferme alle nostre aspettative. Ma l’attività della ricerca non è lineare: si ramifica seguendo percorsi che procedono in avanti per poi tornare indietro. Il nostro pensiero cambia in relazione a ciò che incontra, è plastico come lo è il nostro cervello. Cambia ed è cambiato. Scomporre la complessità e osservarla analiticamente è fondamentale per poterla ricomporre all’interno di una narrazione chiara e semplice. Strade da percorrere, non prospettive da contemplare. È importante chiarire l’importanza dell’uso che facciamo delle metafore e delle analogie per parlare di accessibilità. La nostra è una cultura ancora fortemente influenzata dal Rinascimento. Si ragiona ancora in termini di prospettiva centrale. La prospettiva rinascimentale impone alla persona di stare ferma e di osservare mantenendo sempre la stessa posizione, immobile, in piedi con l’occhio, il singolo occhio, aperto verso un punto fisso. Quanto di più distante dalla nostra natura di esseri in continuo movimento. Semplificando, nella prospettiva rinascimentale è il centro che comanda sulla periferia. Si gioca tutto sullo sguardo monoculare, perché il pittore con la tecnica di rappresentazione ha già risolto il lavoro che nello spazio reale è compiuto dal sistema visivo, dalla visione. La visione è molto complessa e non si limita alla fisiologia dell’occhio ma coinvolge le vie e i centri nervosi del cervello. La funzione ultima della visione è comprendere ciò che abbiamo di fronte a noi, comprendere chi è la persona o cos’è l’oggetto che abbiamo visto e dove si trova, a quale distanza, a quale altezza, in che relazione spaziale tra noi e gli altri e le cose, e come facciamo a compiere un’azione monitorandola visivamente. 25
L’accessibilità parte dal riconoscimento che non c’è una sola soluzione a un problema ma la necessità di affrontare la questione a partire da una pluralità. Non c’è un unico sguardo per dire quando qualcosa è accessibile. Spesso, un’accessibilità per una persona crea barriera o limita la libertà d’uso di qualcun altro. Lo sguardo prospettico centrale ha in sé delle forme di esclusione tipiche del tempo in cui la regola vince sull’esperienza: non entrare, non toccare, non muoverti. Guarda solo ciò che ti mostro nell’unico modo che ri-conosco. Negli ultimi anni i musei hanno risentito di un cambiamento in corso. Hanno compreso che devono aprirsi al mondo e ai suoi linguaggi, nuovi e veloci. Devono essere compresi da un pubblico molto più ampio, fatto da persone con nuovi bisogni, più fragili. È sintomo di una reale crescita della società che sta scoprendo l’accessibilità come occasione per arricchire la propria cultura che non può più rimanere nelle mani di pochi. L’idea di museo non è mai stata stabile. Si è rinnovata nel tempo in relazione al contesto storico, artistico e scientifico. La meravigliosa esperienza della pittura rinascimentale è il racconto di scoperta di un immaginario potentissimo, alchemico, simbolico: la riscoperta della natura non per quello che vediamo ma per quello che rappresenta in un continuo ciclo rigenerativo. Le prime idee di collezioni museali nascono negli studioli dei principi figli di quella visione, di quel modo di guardare. Siamo lontani dalla scienza come la intendiamo oggi. Gli erbari e i volumi a stampa contengono ancora un immaginario colto, gnostico, chiuso ai più. 26
La prima idea di museo nasce figlia di quel pensiero, solo nel Settecento si arricchisce di una visione scientifica che supera l’onirico e il fantastico. Il museo è espressione di un’architettura fatta di barriere, sapientemente costruite come un labirinto concettuale. Non è nato per un vasto pubblico, plurale, ma per un pubblico che possiede le chiavi per entrare nei contenuti e quindi per godere pienamente del pensiero che dà sostanza alla bellezza delle opere. L’accessibilità museale ha quindi il compito di lavorare intorno a un nuovo paradigma culturale, che non si limita a fare arrivare le persone davanti alle opere o le immagini delle opere, attraverso la rete, a casa di un nuovo pubblico. L’accessibilità museale studia e sviluppa linguaggi, codici, azioni, per produrre opportunità affinché quei pensieri siano compresi e vissuti in autonomia, in prima persona. Per tutti, nei limiti delle possibilità che le funzioni corporee e psichiche possono permettere. Questo scritto non ha la pretesa di esaurire un argomento ma ha lo scopo di testimoniare una ricerca che è fatta di tattilità e movimento, di visione e immaginazione. Vuole essere l’occasione per chi legge di comprendere quante e quali possibilità di ricerca ci sono di fronte a questo tema. Vuole anche mostrare che l’accessibilità richiede azione non passività, richiede interazione e partecipazione. Richiede impegno e superamento, capacità di riconoscere quante macchie cieche possediamo. Saperle riconoscere aiuta a superarle. La nostra è una società cosparsa di macchie cieche. Convinta di vedere tutto, non si accorge spesso di quanta poca attenzione riserva a questioni sostanziali. Per comprendere bene l’accessibilità occorre aver ben chiaro quelle che sono le cause di esclusione, cosa del no27
stro agire quotidiano produce nuove barriere: scelte, decisioni, attività normativa e legislativa, aderenza a tradizioni e a prescrizioni religiose. Tutta la nostra vita è governata da un continuo controllo tra aperture e chiusure che regolano il nostro modo di pensare. Tutta la discussione sull’accessibilità che comprende anche questo scritto è da considerarsi in relazione alle differenti sensibilità della società contemporanea riguardo alle proprie manifestazioni del pensiero e alla capacità di osservarsi e di conoscersi. Saper riconoscere dove hanno origine le barriere è il primo modo per poterle abbattere. Le barriere sono state prodotte non con intenzione ma sono state pensate da qualcuno che non è stato in grado di riconoscerle. Per poterle riconoscere abbiamo bisogno degli altri differenti da noi. È su di loro che hanno effetto ed è osservando loro che possiamo riconoscerle. Se si parla di accessibilità oggi è perché siamo di fronte a una nuova sensibilità diffusa che vuole conoscere ed entrare in contatto con qualcosa di cui comincia ad avere cognizione. Ma non si tratta di una semplice curiosità. È una domanda che la società ci pone. Ma l’accessibilità non riguarda necessariamente le disabilità, di qualsiasi natura esse siano. Riguarda piuttosto la scoperta di nuovi desideri che non si conoscevano, la volontà di autonomia, la possibilità di entrare in contatto con qualcosa di non noto ma che incuriosisce. Stanno cadendo molte delle barriere che la tradizione ha posto tra noi e le cose. L’architettura storica ci è testimone di barriere che un tempo non erano vissute come tali ma come materializza28
zione di un pensiero. Si pensi all’uso e al significato del matroneo. Entrando nelle moschee di Istanbul, la forma delle aperture costringe spesso la genuflessione: non si tratta di un semplice errore ma impone l’inchino a chi entra in un luogo sacro. Le rampe di scale offerte come occasione di penitenza e preghiera sono impensabili ma ancora oggi le guardiamo con grande interesse. Le sale di molti alberghi di lusso degli anni Sessanta risentono del ruolo della scalinata come palcoscenico, passando dall’atrio alla sala ricevimenti si saliva e si scendeva. Si saliva per mostrarsi in tutta la propria splendida figura per poi scendere e immergersi tra le altre persone illustri. Altra cosa è uscire da un ascensore e trovarsi immersi nella vita della sala: non ci si nota. Sono semplici esempi di come la nostra cultura ha selezionato e conservato modelli difficili da superare. L’accessibilità si ottiene se si superano alcuni retaggi, se si comprende che il primo lavoro è di natura culturale.
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2.
il museo e le sue barriere
COMPRENDERE LE BARRIERE Maria Chiara Ciaccheri
Immaginiamo un testo scritto in una lingua incomprensibile, un’immagine sfocata, un biglietto d’ingresso troppo caro o un custode incapace di aiutarci: queste sono solo alcune fra le moltissime barriere che limitano l’esperienza delle persone al museo. Le barriere, come anticipato, non esistono di per sé ma sempre in relazione ai destinatari che possono percepirle con maggiore o minore intensità a seconda dei loro bisogni: una scala, ad esempio, potrà essere solo faticosa per alcuni e completamente inaccessibile per altri. Quando i limiti sono relativi e non assoluti, anche la motivazione personale può diventare un fattore da prendere in considerazione: se sono fortemente motivato a comprendere un testo, lo rileggerò più volte anche se mi sembra difficile; al contrario se non ne avverto l’urgenza non insisterò affatto nel cercare di capirlo (mentre altri rimarranno comunque esclusi). Parlando di barriere, l’esempio della scala è forse più facilmente intuibile sia perché maggiormente visibile sia perché, ancora fino a pochi anni fa, le barriere fisiche hanno rappresentato la principale declinazione dell’accessibilità anche in ambito museale. Solo in tempi recenti, infatti, la consapevolezza in materia ha permesso di iniziare ad occuparsi dell’indagine e del superamento anche degli ostacoli di tipo sensoriale e, più recentemente, cognitivo; un passaggio, questo, inevitabilmente anche di tipo disciplinare, da competenze di tipo architettonico ad altre più vicine alla 33
museologia, alla pedagogia e alla psicologia ambientale, per citarne solo alcune. Le barriere che possiamo percepire possono ovviamente essere presenti in tutte le fasi e gli ambiti: dal sito web al parcheggio, dall’accoglienza alla visita vera e propria, potremmo sempre imbatterci in ostacoli diversi capaci di limitare fortemente la qualità dell’esperienza o addirittura impedirla. I riferimenti sono moltissimi e ne elencherò solo alcuni ad esempio della complessità e della sovrapposizione dei piani. – Il sito web: l’esperienza di visita spesso inizia dalla ricerca delle informazioni online. Sui temi dell’accessibilità, non sempre sono presenti e/o facili da reperire. Inoltre, il sito potrebbe non rispettare gli standard minimi per l’accessibilità web. – L’accoglienza: l’ingresso può presentare numerose barriere, particolarmente significative in quello spazio che, simbolicamente più di altri, dovrebbe offrirsi come una dichiarazione di intenti. Anche in questo caso, le barriere sono spesso di tipo comunicativo, soprattutto con riferimento alla specificità delle facilitazioni esistenti. – Il personale: la mancata formazione del personale di sala rappresenta un’altra barriera. Soprattutto lo staff presente in biglietteria e nelle sale frequentemente non è consapevole delle modalità più corrette per relazionarsi con persone con specifiche necessità, così come potrebbe non conoscere le soluzioni e i percorsi più accessibili da suggerire ai visitatori. – Il percorso: un’illuminazione non funzionale alla visita o alla lettura dei testi, video privi di sottotitoli, opere collocate ad altezze non opportune, un percorso non lineare e poco comprensibile, mancanza di sedute sono tutti esempi di vincoli che possono rendere difficoltosa l’esperienza. Il percorso rappresenta la fase centrale della visita e proprio 34
per questo rischia di offrire il maggior numero di barriere in assoluto. – I materiali informativi: spesso le informazioni, alla stregua degli stessi percorsi, non rispettano delle indicazioni di base davvero minime, funzionali all’obiettivo di una comunicazione efficace. La tipologia della carta, la leggibilità e la comprensibilità delle informazioni spesso non sono corrette, mancando frequentemente anche le indicazioni specifiche sull’accessibilità intrinseca della struttura e dell’offerta. – Le didascalie: intorno alle didascalie si struttura una riflessione molto articolata che oltre a rilevarne i limiti, anche in questo caso, in termini di leggibilità e comprensibilità, ne indaga anche il taglio interpretativo, la visibilità e la collocazione spaziale. Tutto questo, non bastasse la debole diffusione di didascalie sviluppate secondo un approccio lineare che articola la complessità dei contenuti in modo progressivo. Per ognuno di questi aspetti, esemplari di un panorama complesso, è possibile rintracciare barriere diverse spesso sovrapposte fra loro. Integrando una schematizzazione offerta alcuni anni fa da Richard Sandell e Jocelyn Dodd, ricercatori dell’Università di Leicester (UK), possiamo mettere a fuoco alcune fra le principali barriere esistenti, così come nell’elenco che segue: – Economiche: il biglietto di ingresso è accessibile a persone con reddito basso? – Culturali: le mostre, le collezioni, le attività riflettono gli interessi del pubblico? – Fisiche: il museo è fisicamente accessibile? – Sensoriali: le mostre, le attività e gli eventi sono accessibili a persone con disabilità sensoriali? – Tecnologiche: l’uso delle tecnologie facilita l’accesso dei pubblici? 35
– Linguistiche: la lingua utilizzata è comprensibile ai visitatori? – Intellettive: le mostre escludono persone con conoscenza precedente limitata su artisti e collezioni? Le persone con disabilità cognitiva possono accedere all’offerta in parziale autonomia? – Emotive: il museo è un luogo accogliente? Lo staff ha una formazione e un’attitudine di apertura alla diversità? Lo stile della comunicazione è inclusivo? – Alla partecipazione: il museo consulta potenziali nuovi pubblici e prende in considerazione i suggerimenti dei visitatori? Il museo offre una rappresentazione dei pubblici che vorrebbe includere? – Alle informazioni: la comunicazione raggiunge efficacemente e comunica con i pubblici nuovi e abituali? Questa traccia permette di ordinare una visione ampia delle barriere, primo passo necessario al loro abbattimento. In generale, si potrebbe dire che le barriere esistono per ignoranza, perché la dirigenza non ci fa caso e non avverte il bisogno di eliminarle, perché mancano leggi strutturate a sufficienza così come i corsi di studio; perché i musei, da sempre inaccessibili, non si sono confrontati abbastanza con le persone che escludono ma anche perché, sul fronte della produzione, il personale non è diversificato quanto il pubblico. Ad esempio, è interessante notare come nei musei degli Stati Uniti la maggior parte delle persone che si occupa di accessibilità abbia una disabilità: un approccio sicuramente orientato al raggiungimento dei risultati e in linea anche con il dibattito identitario in corso. Studi recenti però insistono nel sollecitare una struttura organizzativa che promuova la diversità come opportunità di confronto creativo a tutti i livelli, non necessariamente in modo così lineare: in ogni caso, riflessioni che nell’orizzonte italiano restano tuttavia lontanissime. 36
Fabio Fornasari Architetto museologo, passa il suo tempo a studiare, guardare e progettare gli spazi per l’apprendimento mantenendo come obiettivo l’inclusione e l’autonomia delle persone.
Speriamo che la lettura di questo testo faccia sorgere domande e solleciti la ricerca di soluzioni ed esperienze intorno all’accessibilità. In fondo il museo è una casa dove abita una comunità attiva che partecipa e collabora, ricerca e scambia risultati con l’intento di crescere assieme.
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Maria Chiara Ciaccheri - Fabio Fornasari Il museo per tutti
Maria Chiara Ciaccheri Museologa, lavora come progettista, facilitatrice e docente. Collabora con diverse organizzazioni e musei e si occupa di accessibilità, coinvolgimento dei visitatori adulti, interpretazione e delle loro strategie di sviluppo nei musei.
M.C. Ciaccheri - F. Fornasari
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Il museo per tutti Buone pratiche di accessibilità
ISBN 978-88-6153-871-9
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I libri di accaParlante si occupano di accessibilità non solo fisica, ma anche alla comunicazione, alla conoscenza, alla cultura, al fare e saper fare, alla relazione con la diversità. La collana, naturale evoluzione della rivista “HP-Accaparlante” del Centro Documentazione Handicap di Bologna, propone approfondimenti di taglio divulgativo ed esperienziale ed è uno strumento necessario per educatori, operatori sociali e insegnanti. Per chi ha che fare direttamente o indirettamente con la disabilità, ma anche per chi pensa di non averne bisogno. Perché il lavoro culturale da fare è convincerci insieme che la disabilità non riguarda solo una categoria di cittadini ma è questione che riguarda la comunità tutta.