πd_il cerchio delle Mura Dionigiane, da margine ad infrastruttura e matrice urbana.

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delle Mura Dionigiane πd• Ildacerchio margine a infrastruttura e matrice urbana.


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Ď€ d. Il cerchio delle Mura Dionigiane

da margine ad infrastruttura e matrice urbana.

UniversitĂ degli Studi di Ferrara Dipartimento di Architettura Corso di laurea magistrale a ciclo unico

Tesi di laurea A.A. 2013/2014 Relatori : Prof. Romeo Farinella Prof. Vito Martelliano Correlatore : Arch. Francesco Tonnarelli Laureando : Michele Pelliconi


“Sì, l’impero è malato e quel che è peggio cerca d’assuefarsi alle sue piaghe. Il fine delle mie esplorazioni è questo: scrutando le tracce di felicità che ancora s’intravvedono, ne misuro la penuria. Se vuoi sapere quanto buio hai intorno, devi aguzzare lo sguardo sulle fiochi luci lontane.” Italo Calvino. Le città Invisibili


INDICE. PREMESSA.

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0_ABSTRACT.

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1_DIAGNOSI TERRITORIALE. Siracusa e il patrimonio provinciale.

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2_Storia ed evoluzione della città. Dalla fondazione al riconoscimento UNESCO.

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3_Piani e Vincoli. Le Mura Dionigiane.

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4_IL PARCO ARCHEOLOGICO.

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1.1_Siracusa nel sistema urbano nazionale. 1.2_Il sistema dei trasporti e della mobilità. 1.3 Il profilo economico e produttivo d’eccellenza. 1.4_Patrimonio ambientale e paesaggistico. 1.5_Patrimonio culturale, storico ed archeologico. 1.6_Analisi SWOT come strumento per delineare gli scenari.

2.1_ Dal XVI sec a.C. al Piano Cabianca. 2.2_ Dal 1952 al 2014. 60 anni di stravolgimenti. 2.3_Siracusa e la World Heritage List. Il riconoscimento UNESCO.

3.1_Piano Regolatore Generale 3.2_ Piano Paesistico dell’ambito 17 della Soprintendenza BB.CC.AA. di Siracusa.

4.1_La nozione di Parco Archeologico. 4.2_L’ente parco e il suo territorio. 4.3_Uno strumento tra urbanistica ed archologia. 4.4_ La zonizzazione.


4.5_Gestire un territorio archeologico. 4.6_Siracusa e il Parco Archeologogico Urbano.

5_IL MARGINE URBANO. Una membrana connettiva tra territorio e città.

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6_STANDARD E ZCV. Gli effetti urbani della perimetrazione.

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7_PARCO URBANO ARCHEOLOGICO. Una rete di polarità.

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8_PARCO EST. Strategie di attivazione del margine urbano.

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5.1_Il territorio e le sue potenzialità. 5.2_La mobilità. Analisi del sitema di connessione territoriale e cittadina. 5.3_La città marginale 5.4_I vuoti interni.

6.1_Aree standard esistenti. 6.2_ I comparti attuati e le aree standard acquisite. Un patrimonio da sfruttare. 6.3_Standard e ZCV. Una rete di aree sospese tra archeologia e città.

7.1_ Le polarità esterne al circuito delle Mura e il Parco della Neapolis. 7.2_ Le Mura e le nuove polarità.

8.1_ Le opportunià. La tonnara, Urbact ed Impact Hub. Attori di un’unica rete. 8.2_ Problematiche e proposte. 8.3_Strategia di progetto. Componenti rigide e morbide.


8.4_Le fasi del progetto.

9_FASE 0.

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10_ IL PARCO ARCHEOLOGICO E L’AREA EVENTI.

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11_ATTIVAZIONE DELLE AREE SOSPESE.

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CONCLUSIONI.

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BIBLIOGRAFIA.

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ALLEGATI

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RINGRAZIAMENTI E DIARIO DI BORDO.

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9.1_Area cerniera. Nuovi flussi e connessioni. 9.2_Sovrapposizione di 3 layers insediativi. Percorsi trasversali e rinaturalizzazione, aree attrezzate e moduli architettonici.

10.1_ Un parco per eventi come riattivatore sociale ed economico. 10.2_ L’albergo diffuso. 10.3_Il solarium. 10.4_Le aree attrezzate.

11.1_Tre sistemi per il quartiere Mazzarrona. 11.2_Area sosta e sport. 11.3_Orti ed Ecostazione. 11.4_Il centro delle Associazioni. 11.5_π20. Un modulo flessibile per parco e città.



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PREMESSA. “Prestare attenzione al territorio, significa, soprattutto, abbracciare in un unico sguardo città e paesaggio. Una visione orizzontale, dove antropico e naturale non perdono le proprie specificità, ma diventando più fertili le modalità di interazione, l’uno dà forza all’altro. L’attenzione al territorio era insita nei principi insediativi delle città antiche. Siracusa nacque dal suo territorio, ne prese la forma, ne trasse le potenzialità, il suo evolversi dipese dalle modalità secondo cui si configurò il rapporto tra uomo e natura, ovvero dall’adattamento e dallo sfruttamento delle sue risorse, dalla conoscenza del sistema che essi formavano. La storia urbanistica più recente della città paga però una generale mancanza di questa conoscenza, intesa come incapacità di dare un significato agli oggetti territoriali, riconoscere le valenze storiche, culturali, fisiche ed ambientali, e infine di saldare armoniosamente e funzionalmente al contesto preesistente ogni nuova azione o intervento. La città è cresciuta in maniera accidentale, e accidentali ne sono i rapporti, interni ed esterni: tra costruito e vuoto, tra nuova edificazione e impianto storico, tra paesaggio cittadino,produttivo, archeologico. Rapporti che si risolvono in una contiguità senza comunicazioni nè scambi, una somma di comportamenti del tutto individuali, che non possiedono nulla di collettivo. Tutto questo si colloca in un momento di trasformazioni involutive per Siracusa e la Sicilia, dal punto di vista economico oltreché fisico del panorama urbano. Così come manca la continuità tra comunità e il suo spazio, vengono a mancare anche le forze promotrici dello sviluppo. Di qui la ricerca di un nuovo modo di interpretare le trasformazioni in atto, la cui complessità non può essere compresa solo dal punto di vista della città, ma richiede uno sguardo allargato al territorio nella sua interezza, ovvero nella sua dimensione ambientale, sociale, economica. Il paesaggio viene incluso nella città, le sue logiche diventano quelle dell’intero territorio. Questo dà vita a nuove possibili interpretazioni, ad una conoscenza a largo raggio in grado di


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stimolare ipotesi di progetto integrate.” Da queste riflessioni nasce questo progetto di tesi. Con la partecipazione al concorso di Idee per la valorizzazione del sistema delle Mura Dionigiane, “Il Parco Archeologico di Siracusa”, sviluppato in un lavoro di equipè formata da me, Giacomo Moretti, Giacomo Quercia, Francesco Tonnarelli, Matteo Viciani, in collaborazione con il Prof. Antonello Stella, nella figura di tutor di progetto, sono state tracciate le linee guida di questa ricerca. Ad un anno e mezzo dalla consegna del concorso, per cui fummo premiati con il terzo posto, molto lavoro è stato aggiunto a sostegno delle idee messe in campo in quel progetto, con l’obbiettivo di dare un maggior valor scentifico a quelle che sono poi risultate in parte buone intuizioni e proposte. La Tesi mette in evidenza strategie progettuali, nel tentativo di sviluppare una metodologia di intervento nell’ambito urbano, rivalorizzando e riattivando l’immenso patrimonio paesaggistico, ambientale, culturale ed archeologico, di cui Siracusa dispone. Si vogliono far emergere gli elementi che possono interagire e partecipare alla riattivazione di questa grande risorsa, inserita in un particolarissimo contesto come quello di Siracusa, e della Sicilia. Il lavoro di questi ultimi 12 mesi, di cui 4 passati sul campo, è stato sviluppato a diretto contatto con la realtà di Siracusa, e di Ortigia. Il confronto e la collaborazione avuti con realtà cittadine, gli studenti della SDS di Architettura, Impact Hub Siracusa, lo Studio Legale Giuliano e il Progetto Europeo “Urbact - GeniUS: Open”, hanno arricchito il progetto, e sono serviti da indicatore di fattibilità per molte delle idee presentate. Sviluppandosi su un’ampia ed approfondita fase di analisi, che cerca di mettere in evidenza, dal punto di vista storico, urbanistico ed economico i valori territoriali presenti, il progetto cerca soluzioni in linea con le strategie di riqualificazione urbana seguite a livello internazionale. Attraverso la realizzazione del Parco Urbano-Archeologico di Si-


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racusa, come vision futura, ma realistica dopo il decreto di perimetrazione dell’area e l’avvio delle procedure normative per la sua istituzione, viene proposto non un parco, ma un’infrastruttura produttiva, di memoria, di energia, di ricchezza, di identità e di qualità urbana, in grado di mettere a sistema potenzialità già presenti sul territorio, e un patrimonio pubblico sospeso ed inutilizzato. Di riattivare all’interno della stessa logica di sviluppo tutto il margine urbano, riqualificandolo per punti. Definito l’approccio metodologico, per rendere il sito archeologico risorsa economica e, soprattutto, sociale, si è deciso di sviluppare il progetto sul caso studio del Parco Est, a diretto contatto con il quartiere della Mazzarrona, appoggiandosi al progetto Urbact GeniUS:Open che lavora sulla riqualificazione di questa parte di città. Oltre a divenire elemento catalizzante per nuove dinamiche economico-turistiche, il Parco viene inserito nella logica di quotidianeità del quartiere, donando qualità urbana e nuovi servizi alla citttadinanza.


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ABSTRACT


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Fortemente sbilanciata verso l’isola di Ortigia, che ne costituisce il suo immaginario simbolico, Siracusa si è espansa in epoca moderna all’intero dell’antica cinta muraria dionigiana, senza alcun rapporto con il tessuto antico. Il cerchio della mura è un grande vuoto che circonda una parte di città senza connotati. Le presenze archeologiche, i valori storici, culturali e paesaggistici dell’area un tempo occupata dalle fortificazioni, hanno portato l’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana a decretare il 3 aprile 2014 la perimetrazione di un futuro Parco Archeologico. Le mura dell’antica colonia greca si sviluppavano per quasi trenta chilometri. Assieme ad Ortigia e all’area archeologica di Neapolis, si verrà a formare un sito di eccezionale rilievo e ampiezza. La tesi vuole dimostrare come la perimetrazione possa costituire un’opportunità fondamentale ed unica per lo sviluppo economico, culturale e sociale dell’intera città di Siracusa, e non solo un dispositivo di tutela del patrimonio. Ridefinendo il paesaggio della città attraverso la valorizzazione della presenza archeologica, il progetto svilupperà strategie di riconfigurazione fisica degli spazi, risignificandoli e rendendoli agenti di un’unica rete. Le Mura Dionigiane sono il collegamento che dà forza al sistema, che abbraccia e connette la città, da un lato con le potenzialità del territorio, dall’altro con il tessuto urbano, racchiuso e limitato al suo interno. Riflettendo su questo patrimonio e indagandone le possibilità offerte dal punto di vista economico, sociale ma soprattutto urbanistico, si vuole rendere quest’area strutturale all’organizzazione e alla rigenerazione della città. Infrastruttura produttiva, dove le potenzialità del territorio si addensano, e matrice della struttura urbana, sulla qua-


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le concentrare i servizi che mancano e immaginare un’urbanistica temporanea e strategica,complementare all’urbanistica pianificata e “fatta per durare”. Le raccomandazioni UNESCO sul Paesaggio Storico Urbano sottolineano la necessità di inquadrare le norme di tutela e conservazione delle emergenze architettoniche in una più ampia strategia di crescita urbana e sviluppo sostenibile. Il progetto vuole definire un approccio metodologico per rendere il sito archeologico risorsa economica e, soprattutto, sociale, fornendo le linee guida per la costruzione e la condivisione di un Parco Urbano-Archeologico, in grado di offrire quella qualità urbana propria di diritto della città e del cittadino, garantendo una tutela attiva del patrimonio non solo a carico, ma anche a servizio di chi, la città, la vive tutti i giorni.


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1_ DIAGNOSI TERRITORIALE. Siracusa e il patrimonio provinciale


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La tesi, si sviluppa all’interno di uno scenario di grande interesse, che coinvolge la città ed il suo territorio: il territorio è oggetto infatti di una grande mole di piani, programmi e progetti, che agiscono sulla riqualificazione e valorizzazione di temi ed ambiti territoriali a forte potenzialità per lo sviluppo. Piani, programmi e progetti che promanano da diversi livelli amministrativi e scale di programmazione, locale, regionale e nazionale, con forti correlazioni con le politiche comunitarie e che prefigurano un assetto del territorio e della realtà socio-economica siracusana in grado di sostenere una positiva evoluzione della città e la sua competitiva collocazione nel nuovo ed ampio contesto euro-mediterraneo dello sviluppo. Questo pone in particolare Siracusa in una posizione rilevante non solo per se stessa ma per una intera compagine territoriale: il territorio che, più o meno tradizionalmente, intrattiene con essa relazioni come preminente polarità di servizio e attrattore, ma anche il più vasto complesso regionale orientale la cui configurazione come grande ed articolata realtà urbana va considerata come necessario scenario di confronto e costruzione di prospettive di sviluppo. Il progetto SISTeMA ha coinvolto come piattaforma strategica i territori di Catania – Siracusa – Ragusa, ovvero quella compagine riconosciuta come Sicilia del Sud-Est. Questa acquista particolare vigore se pensata come attiva diramazione della struttura della rete TEN dei corridoi europei, che coinvolge la Sicilia nella direttrice Berlino-Palermo (o come ormai riconosciuto Berlino-Catania-Palermo). Attraverso il progetto vanno evidenziandosi e strutturandosi in particolare due aspetti: quello dell’innovazione territoriale, in diverse declinazioni locali, e quello della logistica. Per il primo aspetto va colta una tematizzazione dei diversi territori che vede Siracusa sfruttare le sue vocazioni collocandosi nel segmento dell’innovazione nel campo dei beni culturali ed ambientali, rispetto ai quali vanno sviluppate eccellenze nella ricerca e la formazione, nonché nelle attività economiche. L’innovazione, sostenuta dalle vocazioni di fondo del territorio e dal suo patrimonio, come strumento per il rilancio economico e culturale dell’area.


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Per il secondo, quello della logistica, va colto l’aspetto appunto di sistema di tutto il sud-est, da riguardarsi come significativa diramazione del Corridoio 1, come già detto, da un lato, come piattaforma centrale del cosiddetto Corridoio Meridiano, che ricentralizza la funzione della Sicilia in un’ottica di riequilibrio competitivo del sistema integrato euro-mediterraneo, dall’altro. Tale percorso risulta connesso alle Linee Guida per l’Asse VI del PO FESR 2007-2013 della Regione Siciliana; esse vedono Siracusa compresa nella Coalizione Territoriale denominata Siracusa-Avola e comprendente, oltre al capoluogo, i territori di Avola, Noto, Pachino, Rosolini, Porto Palo di Capo Passero. Essenziale risulta partire dal posizionamento e dal ruolo che la città sta ipotizzando per se stessa. E’ alla scala del sistema del sud-est che cogliamo come particolarmente significativi l’idea forza, gli obiettivi e le aree tematiche e appare chiara l’intenzione di agganciare ed interpretare, a partire dal proprio patrimonio, nuove possibilità di sviluppo legate all’innovazione nel settore della conoscenza e delle attività economiche connesse. L’idea di una aggregazione delle migliori forze sociali del territorio attorno alla definizione di un polo per l’innovazione tecnologica e organizzativa nel campo delle politiche culturali, turistiche ed ambientali è strettamente correlata al costituirsi di un sistema di istituzioni dedicate alla ricerca e formazione, parchi scientifici, incubatori ed agenzie per lo sviluppo, la cui localizzazione è guidata proprio dalla scelta di contesti territoriali vivaci e dotati di adeguati standard, efficienti ed efficaci reti relazionali tra soggetti. Su queste tematiche e con questi obbiettivi, l’Ufficio Programmi Complessi del Comune di Siracusa ha sviluppato il Piano Strategico INNOVA Siracusa 2020, grazie al quale è stato possibile recuperare tutti i dati utili per effettuare un’analisi territoriale il più corretta e accurata possibile, citando e aggiornando dove possibile i dati presenti nei documenti di piano, redatti nel corso del 2010, ed integrando con altre informazioni raccolte.


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1.1_Siracusa nel sistema urbano nazionale. In linea con la metodologia seguita durante la redazione del Piano Strategico, si è deciso di analizzare alcuni risultati di una prima esplorazione preliminare sullo “stato di salute” della città svolta in termini comparativi con i 117 capoluoghi di provincia italiani. L’analisi condotta durante la redazione del piano, con dati aggiornati al 2010, tramite l’ausilio di 27 indicatori quantitativi, articolati in 7 aree tematiche (Popolazione, Formazione e capitale umano, Impresa, Ambiente, Mobilità, Cultura, Turismo), ha condotto alla formulazione di alcune sintetiche considerazioni riguardo a tre dimensioni dello sviluppo urbano tra loro strettamente interdipendenti: - la qualità del contesto sociale; - lo sviluppo del tessuto imprenditoriale. - la qualità della vita; Il contesto demografico e sociale che ci viene restituito dagli indicatori mostra che la città si trova ad un crocevia del proprio sviluppo, i cui contorni in chiave prospettica non sono ancora del tutto delineati. Dopo almeno quattro decenni di intensa crescita demografica collegata al poderoso sviluppo del suo polo industriale, la città affronta una fase di declino/stagnazione dal punto di vista demografico. Ciò avviene in parziale controtendenza rispetto a buona parte delle città medie italiane (molte delle quali del Mezzogiorno), che evidentemente hanno visto accrescere o diversificare i propri fattori di attrattività. Il capitale umano, soprattutto nelle fasce più giovani della popolazione, gioca naturalmente un ruolo essenziale nel consolidarsi di queste dinamiche. Il quadro che emerge dall’analisi indica alcuni inequivocabili segnali negativi: (a) l’indice di dipendenza dei giovani, che rimane superiore alla media nazionale; (b) la bassa scolarizzazione; (c) la bassa percentuale di diplomati e laureati, in controtendenza rispetto ad altre città medie del Mezzogiorno. Benchè non direttamente collegabile, è da rilevare come l’offerta di formazione superiore ed universitaria rimane sensibilmente fragile rispetto a numerose altre città di pari rango demografico (Trento,


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Ferrara, Siena, Perugia al centro-nord o Cosenza, Lecce e Sassari nel Mezzogiorno). Gli indicatori sulla consistenza e il grado di diversificazione del tessuto imprenditoriale forniscono indicazioni analoghe, collocando la città stabilmente nelle ultime dieci posizioni del ranking nazionale. Ciò vale sia per la densità imprenditoriale nel suo complesso, quanto anche per la diffusione delle imprese nei settori a più alto contenuto di innovazione. È un chiaro segnale, questo, che il percorso verso una diffusione della piccola e media imprese rispetto al passatto industriale polarizzato del recente passato rimane ancora largamente da compiere. I segnali più confortanti sul fronte del tessuto imprenditoriale si osservano nel campo della ricettività turistica, nel quale Siracusa si colloca stabilmente tra le principali città medie italiane. I tassi di crescita, assumendo i posti letto come riferimento, spingono la città ai primi posti in Italia, sulla base di una già consistente dotazione, in particolare nei segmenti più alti dell’offerta (cioè in alberghi a 4 e 5 stelle). Negli indicatori riconducibili alla qualità della vita si osservano una serie di fenomeni che spingono nuovamente la città ai livelli più bassi della gerarchia nazionale. Gli indicatori descrittivi dello stato dell’ambiente e della qualità ecologica del territorio, in particolare, offrono un quadro mediamente allarmante. I fattori di pressione più consistenti derivano dai livelli di inquinamento dell’aria, nei quali Siracusa è prima in Italia in termini di frequenza nel superamento delle soglie consentite per le polveri sottili. Decisamente inferiore alla media nazionale, è anche il valore percentuale dei rifiuti avviati alla raccolta differenziata. Gli indicatori della qualità della mobilità pubblica offrono un quadro più controverso, anche alla luce degli investimenti che la mu-


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nicipalità locale sta effettuando negli ultimi anni. Siracusa rimane penultima in Italia per dotazione di autobus pubblici in relazione al numero di residenti, benchè il tasso di utilizzazione segnali una propensione della popolazione all’impiego del mezzo pubblico. La dotazione di aree riservate ai pedoni è ancora ridotta, mentre si registra una buona quota di zone a traffico. Considerati questi risultati, si è deciso di sintetizzare i dati e di aggiornare quelli riguardanti le 18 Provincie italiane che, per numero di abitanti potessero essere comparabili a Siracusa,in 5 aree tematiche ritenute principali: Popolazione, capitale umano, ambiente, trasporti e mobilità e turismo. Il paramentro della popolazione rispecchia l’incremento demografico della cittadina nell’arco temporale 2002-2012. Con un incremento del 0,09%, la città si colloca all’ultimo posto delle 18 città analizzate. L’ambito del capitale umano è affrontato prendendo in considerazione i dati riguardanti la disoccupazione giovanile (15-24). Con un tasso di disoccupazione che si attesta al 55,6%, Siracusa si inserisce al secondo, preceduta solo da Sassari, e lo scarto rispetto media, che si attesta ad un livello comunque preoccupante del 37,7%, chiarisce ulteriormente l’attuale quadro lavorativo della provincia. All’interno poi della macrocategoria dell’ambiente, si è voluto sottolineare il dato percentuale della raccolta differenziala all’interno della totalita dei rifiuti urbani. Anche qui Siracusa si posiziona all’ultimo posto, con un misero 6,7%, ben al di sotto della media che si attesta invece al 47,7% L’ambito dei trasporti e della mobilità qualifica il numero di autobus presenti ogni 10000 abitanti, altro dato per cui la capitale aretusa si ritrova all’ultimo posto, con un solo mezzo, contro i 7,8 di media


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delle altre 17 provincie. In ultimo la categoria del turismo, che dai dati raccolti durante le analisi del Piano strateigco rimaneva uno dei pochi indicatori positivi, indica anche qui un grave deficit della città. Analizzando il numero di strutture ricettive presenti sul territorio di ogni città, con 18000 contro le 54000 di media, si inserisce tra le ultime posizioni della classifica. La situazione attuale di Siracusa, contro la media delle città italiane di pari dimensioni, posiziona la città all’ultimo posto della classifica. Sarà quindi necessario sviluppare nuove strategie di riorganizzazione a livello pronvinciale ed interprovinciale, partendo dalla grande mole di piani già sviluppati sul territorio e puntando su quegli elementi e quelle potenzialità che la caratterizzano.


+1,20%

+0,7%

A)

il parametro popolazione rispecchia l’incremento demografico della cittadina nell’arco temporale 2002-2012

+0,09% RN SA FE SS LT MB PE BG FC TN VI TR BZ NO PC AN BT SR

59,8% 55,6%

37,7%

B)

l’ambito capitale umano è affrontato prendendo in considerazione i dati ISTAT riguardanti la disoccupazione giovanile (15-24)

12,2%

RN SA FE SS LT MB PE BG FC TN VI TR BZ NO PC AN BT SR

66,5% 47,7%

C)

la macrocategoria ambiente è rappresentata dalla percentuale di raccolta differenziata all’interno della totalità dei rifiuti solidi urbani

06,7% RN SA FE SS LT MB PE BG FC TN VI TR BZ NO PC AN BT SR

16,1

7,8

D)

E)

l’ambito trasporti e mobilità qualifica il numero di autobus presenti ogni 10,000 abitanti

20,7 1 RN SA FE SS LT MB PE BG FC TN VI TR BZ NO PC AN BT SR

la categoria turismo è rappresentata dal numero di strutture ricettive presenti sul territorio di ogni città (valori n*10k)

5,4 1,8 0,5 RN SA FE SS LT MB PE BG FC TN VI TR BZ NO PC AN BT SR

A

πd

si è voluta evidenziare la situazione attuale di Siracusa contro la media multicriteriale delle città italiane di pari dimensioni

B

E

C

D

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1.2_Il sistema dei trasporti e della mobilità. In un’ottica dell’assetto dei trasporti e della logistica di area vasta, il territorio siracusano è parte della “Piattaforma multimodale della Sicilia orientale” (nell’ambito delle Piattaforme territoriali strategiche transnazionali, PT6 - Piattaforma Tirrenico-Jonica, promossa dalla DICOTER del Ministero Infrastrutture e Trasporti); ad essa si legano la funzionalità delle molteplici infrastrutture e modalità di trasporto presenti e la necessità della loro integrazione, indicata dalla programmazione nazionale, al fine di sfruttare coerentemente il disegno delle reti TEN-T e dei Corridoi trans-europei. Essa è inoltre nodo fondamentale di una “Piattaforma produttiva territoriale” e cioè un esempio di “quei territori distrettuali emergenti che hanno saputo riconvertirsi ed accedere ai grandi circuiti internazionali, dando vita a sistemi produttivi che sono in grado di reggere con successo alla competizione, ma che hanno ancora bisogno di essere accompagnati da politiche pubbliche mirate ad accrescere l’accessibilità alle grandi reti e a potenziare la connettività tra locale e globale”. Ma ancora, il ruolo della città e il suo intreccio di relazioni con il territorio interno e più vastamente del sud-est siciliano appare rilevante alla scala euro-mediterranea come attrattore turistico, il cui potenziale di sviluppo sta anche nella capacità di insediamento e gestione di nuove funzioni urbane, nodi di servizio per l’accesso a tale territorio. Evidente appare come il sistema dei trasporti sia centrale per lo sviluppo dell’area (cultura e beni archeologici, turismo, internazionalizzazione...). Va senz’altro considerato il ruolo del sistema complessivo al fine di garantire accessibilità da e per l’area vasta e le grandi porte del territorio (mediante le connessioni con gli aeroporti) e la fruizione di siti archeologici e di rilevanza naturalistico – paesaggistica (connettendoli in un sistema a rete anche promuovendo forme di mobilità dolce). Alla scala vasta, le principali direttrici di percorrenza da e per Siracusa, a servizio del suo ruolo di nodalità urbana di area vasta, possono individuarsi in: • direttrice nord: Catania. Si tratta di quella direttrice da e per la zona industriale di Priolo – Melilli, Augusta, la parte nord del territorio provinciale e l’aeroporto di Fontanarossa. È infrastrutturalmete costituita dalla SS 114 (orientale sicula), dall’autostrada Catania – Siracusa in corso di ultimazione, dalla tratta ferroviaria Catania – Siracusa; • direttrice sud: Ragusa, da e per il territorio costiero a sud della provincia in esame (Avola, Noto, Rosolini, Pachino) nonché la provincia di Ragusa, in particolare la fascia costiera – pedemontana di Ispica, Modica, Pozzallo. Infrastrutture: SS 115 (meridionale sicula), l’autostrada Siracusa – Gela, la tratta ferroviaria Siracusa – Ragusa; • direttrice ovest: Iblea, in direzione Palazzolo Acreide che serve Floridia, Canicattini B. ed altri centri dell’area dei monti Iblei, servita dalla SS124 e da un tracciato di Strade provinciali di buone caratteristiche plano-altimetriche. A fronte di notevoli opportunità date dall’evoluzione attesa e programmata (ultimazione asse autostradale CT-SR e quindi collegamento con l’aeroporto di Fontana-


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rossa; apertura al traffico dell’aeroporto di Comiso; rifunzionalizzazione del porto di Augusta) un limite evidentissimo al corretto e sostenibile sviluppo della mobilità dell’area è costituito dal perdurare dell’attuale assetto organizzativo-legislativo del TPL in Sicilia, dal mancato sviluppo ed ammodernamento della rete stradale provinciale; dalle carenze di intermodalità, specie del trasporto merci (percentuale alta di mezzi pesanti nel flusso veicolare), dal limitato ruolo del trasporto su ferro, nonché dalla dismissione di tratte ferroviarie.


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1.3 Il profilo economico e produttivo d’eccellenza All’interno dello studio effettuato durante la redazione del Piano INNOVA Siracusa, viene effettuato un approfondimento sul profilo economico e produttivo dell’intera provincia. Dei vari ambiti analizzati vengono qui riportati i dati riguardanti il turismo e l’agricoltura che per la pianificazione fin qui sviluppata sul territorio dovranno essere i volano di sviluppo dell’intera provincia. Il turismo: domanda e offerta in provincia di Siracusa La provincia di Siracusa si configura come una rete di siti dalle forti potenzialità turistiche. Ubicata nel Sud-Est della Sicilia e confinante con le province di Catania e Ragusa, bagnata dal Mar Ionio sia ad Est che a Sud, con i suoi 21 comuni occupano una superficie di 2.109 km², per un totale di 402.000 abitanti, e rappresenta un polo di attrazione turistica senza eguali. Questa zona della Sicilia racconta più di 3 millenni di storia della civilizzazione e presenta un patrimonio culturale straordinariamente variegato. L’architettura raggruppa gli stili di diverse epoche (greca, romana, barocca). La città di Siracusa, divenne la capitale della Magna Grecia rivaleggiando con Atene prima e Roma dopo. Declamata da Cicerone come la più grande e la più bella di tutte le città greche, ha rappresentato il centro di un fermento culturale ricco anche di tradizioni, enogastronomia e folclore. Qui sono vissuti molti personaggi illustri: primo fra tutti il grande genio Archimede, ma anche lo scrittore Elio Vittorini, l’archeologo Paolo Orsi, il poeta August von Platen, e molti altri, che hanno ulteriormente arricchito il patrimonio culturale della provincia. Come verrà successivamente evidenziato, si conta il più alto numero di riserve naturali della Sicilia, mentre Portopalo di Capo Passero è il comune più a Sud d’Italia. Le sue coste, che si estendono per oltre 100km, presentano alcune tra le più belle spiagge italiane. Questa ricchezza culturale ed ambientale è riconosciuta anche dall’UNESCO, avendo il privilegio di annoverare due siti Patrimonio dell’Umanità: le Città tardo barocche del Val di Noto con Noto


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viabilità base

viabilità base

viabilità base

e Palazzolo Acreideferrovia e Siracusa e le necropoli rupestri di Pantalica, ferrovia ferrovia autostrada autostrada autostrada di cui fanno parte anche Cassaro, Ferla e Sortino. In relazione agli indirizzi espressi dagli strumenti di pianificazione e valorizzazione dei siti di interesse turistico-culturale, l’esito di una crescita connotata dalle filiere del turismo organizzato, a svantaggio di quello individuale, potrebbe rivelarsi estremamente condizionante per il posizionamento dell’industria turistica- culturale siracusana e della città capoluogo in particolare.

IGP arancia rossa

IGP arancia rossa

IGP arancia rossa

DOC Eloro

DOC Eloro

DOC Eloro

IGP arancia rossa

IGP arancia rossa

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DOP olio monti Iblei

DOP olio monti Iblei

DOC moscato

DOC moscato

DOC moscato

limone di Siracusa

limone di Siracusa

limone di Siracusa

pomodoro Pachino

pomodoro Pachino

nodi archeologici

nodi archeologici

nodi archeologici

centri storici primari

aree archeologiche

centri storici secondari

riserve naturali

riserve naturali

riserve naturali

aree archeologiche

aree archeologiche

centri storici primari

centri storici secondarice


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L’agricoltura Una buona lente per focalizzare le questioni relative all’economica agricola è quella provinciale: questa è infatti la scala di confronto e valutazione più appropriata per un comprensorio rurale che, nel contesto siciliano vanta performances di rilievo. Facendo riferimento alla classificazione adottata nell’ambito del PSR della Regione Sicilia, il territorio regionale risulta ripartito in quattro aree: A. Aree urbane B. Aree rurali ad agricoltura intensiva e specializzata C. Aree rurali intermedie D. Aree rurali con problemi complessivi di sviluppo. Dei comuni facenti parte della Provincia, Siracusa sola rientra nelle aree urbane (macroarea A); tutti gli altri comuni ricadono nella macroarea B (Augusta, Canicattì Bagni, Floridia, Lentini, Melilli, Priolo Gargallo, Solarino) e nella macroarea C (Avola, Buccheri, Buscemi, Carlentini, Cassaro, Ferla, Francofonte, Noto, Pachino, Palazzolo Acreide, Portopalo di Capo Passero, Rosolini e Sortino), che nel loro complesso concentrano un valore aggiunto del settore primario pari, rispettivamente, al 17,8% e al 49,8% del valore aggiunto dello stesso settore a livello regionale. L’incrocio dei dati precedenti ci suggerisce, dunque, che, nonostante l’alto livello di terziarizzazione, comune a tutte le province siciliane, e l’innegabile vocazione industriale che caratterizza il contesto siracusano, il sistema agricolo riveste ancora oggi un ruolo non trascurabile per l’economia della provincia. Per quanto riguarda la struttura del tessuto aziendale, la provincia di Siracusa mostra una specializzazione agricola leggermente superiore alla media regionale: al 2008 il settore agricolo conta 16.382 unità, corrispondenti al 55,3% del totale delle imprese dell’area, incidenza superiore al peso del settore rilevato a livello regionale (52,1%). In termini assoluti tali percentuali segnano un lieve calo rispetto al 2005, anno in cui in provincia il settore incideva per il 59,8% sul totale delle imprese a fronte di un’incidenza del 55,2% registra-


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ta nella regione nel suo complesso; tuttavia non si evidenzia una sostanziale alterazione dei livelli di specializzazione fra contesto provinciale e regionale. Tra le risorse territoriali diffuse un posto di crescente importanza spetta alle produzioni agroalimentari di qualità. Da almeno un ventennio, infatti, la presenza di produzioni tipiche certificate secondo criteri legati al territorio di provenienza ed alla qualità del prodotto costituiscono segmenti decisivi per integrare l’offerta di turismo culturale. Tali produzioni tendono a rafforzare l’identità storico-culturale dei luoghi, come veicolo di trasmissione di tradizioni e saperi che tendono inevitabilmente a disperdersi. Inoltre, essi hanno un ruolo rilevante per garantire una più oculata conservazione dei paesaggi colturali, incentivando, attraverso il valore aggiunto costituito dl marchio, i produttori delle relative filiere a mantenere e rafforzare le proprie produzioni. Nel territorio di riferimento, è possibile rilevare un certo numero di produzioni tipiche, agricole o agroalimentari, fortemente caratterizzanti, mentre altri marchi si riferiscono a territori più ampi parte dei quali ricadono nelle provincie di Siracusa e Ragusa. Tra le produzioni ad Indicazione Geografica Protetta (IGP), è possibile annoverare: • il Limone di Siracusa, di recente istituzione, che si riferisce a porzioni dei territori di dieci comuni lungo la fascia costiera da Avola ad Augusta in cui si pratica la tradizionale coltivazione del “Femminello di Siracusa”; • l’Arancia Rossa di Sicilia, comprendente i territori di 33 comuni posti tra le provincie di Catania, Siracusa e Ragusa, in cui si pratica la coltivazione delle tre varietà di Tarocco, Moro e Sanguinello ammissibili dal disciplinare; • il Pomodoro di Pachino, la cui area di produzione comprende i comuni di Pachino, Porto Palo di Capo Passero e una piccola porzione costiera del comune di Ispica nella provincia di Ragusa. Tra le produzioni tipiche certificate riconducibili alle Denominazione di Origine Protetta (DOP) vi sono le seguenti produzioni alimentari:


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• l’Olio Monti Iblei, extra-vergine prodotto da olive coltivate in buona parte dei comuni delle provincie di Siracusa e Ragusa e nella porzione meridionale della provincia di Catania (nella parte etnea interna della provincia di Catania di produce l’Olio DOP denominato Etna); • il Formaggio Ragusano, caciocavallo riconosciuto nel 1999 prodotto in allevamenti distribuiti nella provincia di Ragusa ed in un numero limitato di comuni della provincia di Siracusa (Palazzolo Acreide, Noto, Rosolini); • il Pecorino Siciliano, che si riferisce all’intero territorio regionale. Tra le produzioni vinicole a Denominazione di Origine Controllata (DOC) riconducibili prevalentemente ai territori della provincia di Siracusa vi sono tre produzioni: • il Vino DOC Eloro, prodotto nelle colline dei comuni di Noto, Rosolini, Pachino, Posto Palo di Capo Passero e nel comune ragusano di Ispica, da uve Nero D’Avola, Frappato e Pignatello; • il Vino Moscato DOC di Noto, prodotto da uve bianche coltivate nei comuni di Noto, Rosolini, Pachino e Avola; • il Vino Moscato DOC di Siracusa, prodotto da uve bianche nel solo territorio comunale di Siracusa. Il tessuto imprenditoriale che ruota attorno ad alcune delle produzioni tipiche cui abbiamo fatto riferimento, sta andando in contro negli ultimi anni a processi di riorganizzazione finalizzati ad incrementare le dinamiche distrettuali. Tra i distretti produttivi riconosciuti dalla Regione Sicilia tra il 2005 ed il 2007 è possibile infatti annoverare: • il Distretto Produttivo dell’Arancia Rossa, ; • il Distretto Orticolo del Sud Est Sicilia; • il Distretto Ortofrutticolo di qualità della Val di Noto.


59,8% 55,6%

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06,7%

RN SA FE SS LT MB PE BG FC TN VI TR BZ NO PC AN BT SR 37,7%

16,1 12,2%

BT SR

7,8 viabilità base 20,7 1

66,5% RN SA FE SS LT MB PE BG FC TN VI TR BZ NO PC AN BT SR

ferrovia autostrada

47,7%

IGP arancia rossa DOC Eloro DOC moscato

06,7% BT SR 5,4 1,8 0,5

16,1 RN SA FE SS LT MB PE BG FC TN VI TR BZ NO PC AN BT SR

7,8 viabilità base

A

ferrovia

20,7 1 BT SR

autostrada

B

E

C

IGP arancia rossa DOC Eloro

IGP arancia rossa

DOC moscato

limone naturali di Siracusa riserve

D

5,4 1,8 0,5

BT SR

IGP arancia rossa DOC Eloro

IGP arancia rossa

DOC moscato

limone di Siracusa riserve naturali

DOP olio monti Iblei nodi archeologici pomodoro Pachino aree archeologiche


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1.4_ Patrimonio ambientale e paesaggistico. Fino a questo punto si è interpretato le risorse culturali e ambientali identificate nei precedenti paragrafi come nodi primari di un potenziale sistema di valorizzazione territoriale a rete. Si è assunto cioè, in una logica di costruzione di reti ed itinerari tematici funzionali a rafforzare l’identità della Sicilia sudorientale nel suo insieme, i siti in termini sostanzialmente a-territoriali o per le logiche di sinergia e complementarietà che essi possono innescare reciprocamente. In realtà la loro collocazione all’interno dei rispetti contesti territoriali genera situazioni paesaggistiche ed interazioni con le risorse agro-ambientali molto variegate, che contribuiscono a creare caratterizzazioni territoriali e valori complessi sul piano culturale che si ritengono di grande interesse nei processi di valorizzazione territoriale che la pianificazione strategica dovrebbe assumere tra i suoi obiettivi. Nel presente paragrafo verranno passate in rassegna alcune chiavi interpretative sul patrimonio territoriale diffuso che derivano da fonti diversificate, quali i dispositivi di pianificazione relativi al paesaggio ed all’area vasta, le delimitazioni territoriali relative alla regolazione delle tipicità agroalimentari e le distrettualità produttive (attuali o potenziali) significative. La Sicilia sudorientale presenta una particolare densità di Siti di interesse naturalistico in cui i valori naturali e quelli culturali si integrano in forme di grande complessità. Le ragioni risiedono in una serie di condizioni peculiari dal punto di vista fisico e geomorfologico (riconducibili in primo luogo ai caratteri dell’altopiano Ibleo), sui quali si sono innestati nel tempo processi insediativi che hanno generato paesaggi culturali particolarmente caratterizzati. L’estensione spaziale di alcuni siti, inoltre, ne prefigura ipotesi di valorizzazione integrata, visto che le aree protette inglobano risorse di interesse archeologico e si trovano in alcuni casi in prossimità con centri urbani che a loro volta presentano rilevanti valori storico-architettonici. Di seguito si riportano alcuni elementi analitico-descrittivi sulle aree naturali che presentano maggiore potenziale in una pro-


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spettiva di valorizzazione integrata. Saline di Siracusa e Fiume Ciane Il sito è costituito dalla parte terminale del Fiume Ciane (alla periferia meridionale di Siracusa) e si caratterizza per la presenza di zone umide che sono meta di uccelli di specie migratorie in alcuni periodi dell’anno. L’ambiente palustre, in diversi punti inferiore al livello del mare, nel XVII secolo ha favorito la creazione di saline che sono rimaste in attività fino agli anni ottanta del XX secolo. Monti Climiti L’area protetta si trova in un altopiano costituito da rocce calcaree, le cui pendici sono solcate da gradoni di roccia affiorante e cave naturali generate dai corsi d’acqua. Le cave naturali e le grotte presentano rilevante interesse paleontologico, visto che vi sono state rinvenuti fossili e resti ossei risalenti ai tempi delle glaciazioni, ed archeologico, in ragione delle numerose necropoli risalenti alla tarda età del bronzo e del ferro. Dal punto di vista naturalistico, la vegetazione spontanea ed i boschi di Leccio si integrano, in alcune aree pianeggianti, con carrubbi, mandorli e ulivi. Il sito si collega inoltre ad una fitta rete di aree a riserva e SIC, di piccole dimensioni ma diffuse nel territorio tra le aree collinari ad ovest ed il mare (nei dintorni del polo petrolchimico), tutte prevalentemente nel territorio di Melilli. Valle del Fiume Anapo, Pantalica e Cavagrande L’area protetta si sviluppa lungo l’alveo e le pareti scavate nella roccia del fiume Anapo. Conserva elementi di interesse primario sia sotto il profilo ambientale che storico-archeologico. In termini naturalistici, la riserva di offre ambienti ecologici molto diversificati, che hanno alimentato una forte biodiversità negli ambienti acquatici, ripariali e nelle zone pianeggianti. Nelle pareti a strapiombo sul fiume, si trova una delle maggiore necropoli esistenti, caratterizzata da oltre 5.000 tombe risalenti ad epoche che variano dal XIII seco-


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lo a.C. al periodo bizantino. CAVA CARDINALE L’area protetta si caratterizza in primo luogo per il corso d’acqua che la attraversa, il cui andamento altimetrico genera numerose cascate. Lungo il corso del fiume vi sono inoltre numerose cave e caverne scavate dall’azione disgregante delle acque sul suolo calcareo. L’area è inoltre caratterizzata dalla presenza di numerose masserie fortificate poste a presidio di aree boscate ed ambiti rurali di notevole interesse paesaggistico. CAVAGRANDE DEL CASSIBILE L’area naturale coincide con la vallate del fiume Cassibile che nel corso dei millenni ha scavato nella roccia calcarenitica profondi canyon, nei cui fondovalle il corso d’acqua si sviluppa in un sistema invasi naturali (anche balneabili) e cascate. Oltre agli aspetti morfologici, che sono prevalenti, la vallata è anche sito di interesse archeologico per la presenza di abitazioni rupestri risalenti al XI-X secolo a.C., collegate tra loro da un sistema di cunicoli e gallerie, e di necropoli risalenti al X secolo a.C. Vendicari Particolarmente importante per la presenza di pantani che fungono da luogo di sosta nella migrazione degli uccelli. La riserva è una zona umida costiera di alto valore biologico per la presenza di biotopi differenti: costa rocciosa, costa sabbiosa, macchia mediterranea, pantani (salmastri e d’acqua dolce), saline, garighe e aree coltivate. Il fulcro della riserva è costituito dai pantani Piccolo, Grande e Roveto. Nell’area sono presenti inoltre resti fenici, legati alla lavorazione del pesce, oltre alla presenza della tonnara e della torre. Pantani della Sicilia SudOrientale L’area protetta è costituita da una insieme di aree umide e pantani


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lungo la costa, separati dal mare lembi di terra e dune sabbiose, ed in parte ricoperti da una folta macchia mediterranea. In queste aree si è creato un microclima particolarmente favorevole a diverse specie migratorie, come limicoli e specie acquatici, che trovano nell’area il primo approdo dopo la trasvolata mediterranea primaverile. Rilevante è anche la presenza di borghi marinari (tra cui Marzamemi) e resti del sistema di avvistamento costiero delle torri, prossimi se non completamente integrati nella aree di riserva. Fiume Tellesimo Il Tellesimo è un affluente del fiume Tellaro con il quale ha in comune simili condizioni geomorfologiche ed ambientali. Il corso d’acqua infatti, nel corso dei millenni, ha esercitato un’azione erosiva nei confronti dell’altopiano calcarenitico, ed oggi scorre entro una profonda vallata (assimilabile ad un canyon) entro la quale si trovano strapiombi e conche. Lunghe le pareti scoscese della vallata sono state rinvenute nel tempo numerose grotte rupestri dell’età del Bronzo Antico ed un insediamento preistorico. CAVA D’ISPICA La cava è una fenditura lunga circa 13 chilometri coincidente con il vallone di un corso d’acqua a regime torrentizio ed alcune sue diramazioni. Le pareti a strapiombo, dove si trovano numerose grotte ed anfratti, sono diventati luogo di rifugio sin dall’età del bronzo e successivamente abitate dai Siculi in fuga dalla penetrazione dei coloni greci. Tali siti furono inoltre abitati durante le invasioni barbariche e per tutto il periodo cristiano e bizantino, tanto che l’area comprende un complesso di oltre 500 tombe e numerose chiese rupestri. Il sito, di rilevante interesse archeologico ed antropologico, presenta anche un interesse paesistico dovuto alla sua conformazione geomorfologica ed ai paesaggi colturali prodottisi nelle aree di fondo maggiormente pianeggianti del vallone. Vallata dell’Ippari e Pineta di Vittoria La riserva ospita un esteso insediamento di Pino d’Aleppo ai mar-


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gini del fiume Ippari, alla cui foce si trova l’antico insediamento di Kamarina. Si ritiene che il fiume fosse un tempo parzialmente navigabile, tanto da essere utilizzato per il trasporto dagli abitanti della subcolonia greca. Dal punto di vista naturalistico la riserva accoglie varie specie mammifere, mentre gli stagni che si formano nella fascia costiera sono meta di numerose specie di uccelli migratori. Nella prima metĂ del ‘900 queste aree umide costiere furono bonificate attraverso la costruzione di canali artificiali. La riserva oggi è frammentata in piccole aree interrotte da coltivazioni in serra e vigneti.


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1.5_Patrimonio culturale, storico ed archeologico. La Sicilia sudorientale è uno dei maggiori giacimenti archeologici del Mezzogiorno. Le ragione di tale diffusione e permanenza, storicamente legate ai processi di colonizzazione ed al ruolo propulsivo di Siracusa, si è legata nel tempo a fattori di carattere insediativo. Se si eccettua Siracusa, infatti, cospicui centri urbani di epoca antica non sono stati investiti da fasi insediative successive, restituendoci parti cospicue di insediamenti che, nel corso del secolo sono stati fonte di attenzione per numerose scuole archeologiche ed oggetto di prime ipotesi di musealizzazione. Tali siti si trovano inseriti in contesti territoriali punteggiati da un enorme patrimonio di insediamenti di entità minore e manufatti isolati, aree in genere sottoposte a dispositivi di tutela ma non di valorizzazione. Il presente paragrafo analizza quelli che vengono ritenuti gli 8 nodi principali del sistema archeologico che insiste sulla Sicilia SudOrientale, con l’aggiunta di 2 siti (Morgantina e Villa romana del Casale) che configurano potenziali ipotesi di interconnessione in un’ottica di valorizzazione tematica.

1.5.1_SITI ARCHEOLOGICI SIRACUSA Siracusa è un articolato complesso di aree archeologiche e siti monumentali che si trovano distribuiti su tutto il territorio comunale. Con una massima semplificazione possiamo distinguere il sistema archeologico della città tra: i siti ricadenti all’interno del Centro storico di Ortigia; i siti compresi nel Parco Archeologico della Neapolis; un insieme di aree e siti più periferici, tra cui le mura Dionigiane ed il Castello Eurialo, che il nuovo Piano regolatore generale ricomprende in una proposta di Parco archeologico unitario. L’apparato didattico scientifico si concentra prevalentemente nel Museo Archeologico Regionale “Paolo Orsi” (contenente un vasto repertorio di materiale relativo ai periodi preistorico, greco e romano di numerosi siti della Sicilia centrale e orientale), se si eccettuano alcuni


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apparati didattici presenti nei siti regionali di Neapolis e Castello Eurialo. MEGARA HYBLAEA Il sito, comprendente i resti della città fondata nel 728 a.C. da colonizzatori megaresi, si trova lungo la costa occidentale del Golfo di Augusta. La zona archeologica, compresa tra il torrente Cantera ed il litorale, è di circa 10 ettari (di cui circa 1/4 a scavati), mentre nel territorio circostante vi sono vari siti di necropoli in parte occultati dalla costruzione degli insediamenti industriali che circondano il sito. L’impianto urbanistico del sito, tuttavia, è piuttosto riconoscibile, grazie anche ai numerosi edifici portati alla luce attraverso gli scavi condotti tra la fine dell’ottocento e gli anni settanta del novecento. Tra questi, abitazioni di varia epoca e tipologia, edifici commerciali e botteghe, l’agorà, le terme, alcuni santuari ed edifici religiosi. LEONTINOI Il sito si trova nelle adiacenze di Lentini, centro storico ricostruito a nord dell’antico insediamento e parzialmente ricostruito in seguito al terremoto del 1693. Il parco archeologico comprende le tracce del villaggio preistorico di Metapiccola e le rovine di età calcidese e di età greco-siracusana. Sono visibili le complesse cinta murarie appartenenti a quattro diversi periodi storici, dal VII al III sec. a.C. Interessanti sono le necropoli ellenistiche del IV-III sec. a.C. di cui si vedono alcuni sepolcri, le ampie latomie, le fondazioni di un tempio greco e resti di capanne rettangolari di un villaggio indigeno del IX-VIII sec. a.C. Il museo archeologico di Lentini illustra la storia di Leontinoi e del suo territorio a partire dalla preistoria fino all’età medievale, attraverso l’esposizione di materiali provenienti dall’antica città e dai principali siti archeologici del comprensorio. PANTALICA Il sito è rilevante soprattutto per la vasta necropoli di oltre 5.000 tombe scavate nella roccia calcarea sui margini dei canyon for-


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mati nel corso dei millenni dai fiumi Anapo e Calcinara. Le tombe risalgono a varie epoche dall’XII al VII secolo a.C., parte delle quali in seguito utilizzate come abitazioni, in particolare in epoca bizantina. Inoltre, sono presenti resti di costruzioni palaziali, il più importante dei quali è l’Anaktoron (edificio del Principe), edificio megalitico risalente alla prima epoca di Pantalica (XII-XI sec a.C.) i cui grossi blocchi testimoniano dell’influenza della civiltà micenea. Insieme a Siracusa il sito è stato inserito nel 2005 nella Heritage List dell’Unesco. AKRAI Il sito comprende i resti di una delle polis greche meglio conservate della regione, ai margini del centro storico di Palazzolo e circondato su due lato da pareti a strapiombo verso la vallata del fiume Anapo. Gli scavi, iniziati sistematicamente agli inizi dell’Ottocento, hanno consentito di riportare alla luce il teatro, parti significative dell’impianto viario ed alcuni edifici pubblici, tra cui il tempo ad Afrodite ed il basamento del Bouleuterion, il luogo dove si riuniva il consiglio cittadino. Ai lati del sito vi sono inoltre tracce delle fasi successive dell’abitato, tra cui le latomie scavate nella roccia calcarea e tracce delle ricostruzioni successive fino ad epoca bizantina. ELORO Il sito archeologico si trova su una collina prospiciente il mare Jonio, alla foce del fiume Tellaro e non distante dalla riserva di Vendicari. Benché in non eccellente stato di conservazione, il sito, risalente nel suo primo impianto al VI secolo a.C., presenta tracce di un notevole repertorio di edifici e spazi pubblici civili e religiosi: l’agorà, a partire dal quale è ordita la maglia urbanistica della città antica; una serie di santuari, il più importante dei quali era dedicato a Demetra e Kore; alcune necropoli, situate sul terrazzo roccioso a nord dell’abitato. Parte dei reperti degli scavi, compiuti a più riprese in particolare da Paolo Orsi, sono conservati nel Museo Archeologico del vicono centro storico di Noto.


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mati nel corso dei millenni dai fiumi Anapo e Calcinara. Le tombe risalgono a varie epoche dall’XII al VII secolo a.C., parte delle quali in seguito utilizzate come abitazioni, in particolare in epoca bizantina. Inoltre, sono presenti resti di costruzioni palaziali, il più importante dei quali è l’Anaktoron (edificio del Principe), edificio megalitico risalente alla prima epoca di Pantalica (XII-XI sec a.C.) i cui grossi blocchi testimoniano dell’influenza della civiltà micenea. Insieme a Siracusa il sito è stato inserito nel 2005 nella Heritage List dell’Unesco. AKRAI Il sito comprende i resti di una delle polis greche meglio conservate della regione, ai margini del centro storico di Palazzolo e circondato su due lato da pareti a strapiombo verso la vallata del fiume Anapo. Gli scavi, iniziati sistematicamente agli inizi dell’Ottocento, hanno consentito di riportare alla luce il teatro, parti significative dell’impianto viario ed alcuni edifici pubblici, tra cui il tempo ad Afrodite ed il basamento del Bouleuterion, il luogo dove si riuniva il consiglio cittadino. Ai lati del sito vi sono inoltre tracce delle fasi successive dell’abitato, tra cui le latomie scavate nella roccia calcarea e tracce delle ricostruzioni successive fino ad epoca bizantina. ELORO Il sito archeologico si trova su una collina prospiciente il mare Jonio, alla foce del fiume Tellaro e non distante dalla riserva di Vendicari. Benché in non eccellente stato di conservazione, il sito, risalente nel suo primo impianto al VI secolo a.C., presenta tracce di un notevole repertorio di edifici e spazi pubblici civili e religiosi: l’agorà, a partire dal quale è ordita la maglia urbanistica della città antica; una serie di santuari, il più importante dei quali era dedicato a Demetra e Kore; alcune necropoli, situate sul terrazzo roccioso a nord dell’abitato. Parte dei reperti degli scavi, compiuti a più riprese in particolare da Paolo Orsi, sono conservati nel Museo Archeologico del vicono centro storico di Noto.


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CAVA DI ISPICA La Cava Ispica è un complesso preistorico di grotte scavate nella roccia, le cui tracce più cospicue si trovano ai margini del centro storico di Ispica. I primi insediamenti vengono datati al 2000 a.C., anche se diversi siti furono abitati ininterrottamente fino in epoca bizantina. L’area comprende chiese rupestri ed un complesso tombale di quasi 500 tombe di epoca cristiana (IV - V secolo), inserite nella riserva naturale omonima. KAMARINA L’antico insediamento sorge alla foce del fiume Ippari, lungo il quale è possibile riconoscere il tracciato dell’antico porto canale, stando alle fonti di primaria importanza fino in epoca romana. Sul piano urbanistico, i resti più significativi della città antica riguardano le fortificazioni meridionali del periodo arcaico, parte del tracciato viari con i resti di alcuni isolati ed i ruderi di alcune abitazioni. Ai margini della città antica, sono riconoscibili alcune aree a necropoli, i cui corredi funerari sono conservati nel Museo archeologico di Siracusa e nell’antiquarium realizzato in una masseria all’interno del parco archeologico.

1.5.2_Centri storici monumentali Il sistema delle città della Sicilia sud-orientale si caratterizza per particolari valori urbanistici e complessità delle stratificazioni storicoculturali. Come è noto, la sua evoluzione è il frutto di fasi di civilizzazione piuttosto caratterizzanti, di cui gli esiti della colonizzazione greca e la ricostruzione post terremoto del 1693 sono senz’altro gli episodi più rilevanti. Le particolari condizioni insediative e paesaggistiche di diversi centri storici, inoltre, hanno contribuito a rafforzarne l’identità, anche in termini di riconoscibilità turistica. In questo paragrafo saranno fornite alcune indicazioni strutturate


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sugli elementi caratterizzanti e le dotazioni culturali maggiormente funzionali agli obiettivi di valorizzazione strategica richiamati in premessa. Al pari dei Siti ad Alta Naturalità e dei Siti Archeologici è stata effettuata una selezione mirata ad identificare i nodi primari del sistema, che nel caso specifico si è ritenuto di far coincidere con i centri storici inclusi nella Heritage List dell’Unesco alla voce Città Barocche del Val di Noto. Noto Il centro urbano attuale è stato realizzato su un pianoro che domina la valle dell’Asinaro, circa 8 chilometri a sud dell’antico insediamento abitato dall’età antica fino al 1693. Il centro storico si caratterizza soprattutto per l’asse monumentale (Corso V.Emanuele) che si diparte dalla Porta Reale, sul quale si affacciano una sequenza di piazze monumentali ed i maggiori edifici della città, tra cui la Cattedrale, il Monastero delle Benedettine, il Palazzo Vescovile, il Palazzo Ducezio. Numerosi edifici monumentali si trovano anche nella parte alta della città, raccordata al Corso da una sequenza di scalinate e terrazze che raccordano i diversi dislivelli tra le vie ortogonali. Il maggiore contenitore culturale della città è il Museo Civico. Palazzolo Acreide All’interno del centro storico convivono tre situazioni urbanistiche riconoscibili: l’antico insediamento greco di Akrai nella parte alta della città; il borgo medievale con il castello; il quartiere superiore di impianto barocco, risultato dello sviluppo urbano posteriore al terremoto del 1693. Al riconoscimento Unesco hanno contribuito in particolare la qualità architettonica d alcune chiese realizzate o ricostruite agli inizi del 700, tra cui la chiesa dell’Annunziata e la Chiesa di San Sebastiano. In un edificio coevo (Palazzo Ferla) sorge la Casa Museo Antonino Uccello, uno dei maggiori musei etnoantropologici d’Italia, che propone la ricostruzione di ambienti tipici della cultura contadina della Sicilia sud-orientale.


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SCICLI Il centro storico si connota per rilevanti valori paesaggistici, essendo posizionato fra tre valloni (Cave) sui cui rilievi circostanti si conservano tracce significative dell’insediamento abbandonato alla fine del 600, come le strutture fortificate, i sepolcri e le chiese sul colle di San Matteo. L’impianto urbanistico post ricostruzione, condizionato da due fiumare di fondo valle poi progressivamente ricoperte, è incentrato sull’antica via del Corso. Le vie del centro storico sono ricche di edifici civili e chiese barocche di grande interesse architettonico, tra cui la via Mormino Penna, per la ricca presenza di edifici del Settecento, ed il palazzo Beneventano, considerato uno dei maggiori esempi di barocco in Sicilia. Il centro storico è attualmente sprovvisto di strutture museali. MODICA Anche il centro storico di Modica deve molto del suo carattere peculiare all’interazione tra l’insediamento storico ed un contesto paesaggistico di grande interesse. Il nucleo principale del centro antico si trova sulla collina del Pizzo, degradante sui fianchi delle vallate generate dalle due fiumare convergenti, poi ricoperte ed interessate dagli sviluppi urbanistici ottocenteschi. Questa conformazione fa si che il tessuto edilizio sia raccordato non solo da strade e vicoli ma anche da un complesso sistema di scale, che talvolta effetti scenografici particolarmente originali. Alla sommità di alcune di queste scalinate si trovano infatti alcuni dei monumenti tardo-barocchi più insigni della città, tra cui il Duomo di San Giorgio, il Duomo di San Pietro, la Chiesa di San Giovanni Evangelista. L’importanza della città dai tempi della Contea di Modica (1296-1812) ha arricchito il centro storico di numerosi palazzi nobiliari ed edifici civili, il più importante dei quali è probabilmente il Castello dei Conti di Modica sulla rupe che domina la città. RAGUSA-IBLA Il centro storico, posto sulla sommità del colle dove sorgeva l’antica


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Hybla, è un organismo sostanzialmente isolato dalla città moderna e contemporanea, in quanto nel settecento, parte della borghesia decise di ricostruire le proprie residenze sul colle limitrofo, denominato successivamente Ragusa Nuova. Il centro storico contiene oltre cinquanta chiese e numerosi palazzi in stile tardo-barocco, tra cui la chiesa delle S. Anime del Purgatorio, al termine di una lunga scalinata, ed il duomo di San Giorgio costruito nella seconda metà del 700. Oltre agli edifici, ai margini del centro storico sono presenti i resti archeologici della città antica ed il Giardino Ibleo che si affaccia sui valloni circostanti. Due dei tre musei della città si trovano all’interno del centro storico di Ibla. CALTAGIRONE Il centro storico di Caltagirone è uno dei meglio conservati tra quelli ricostruiti a partire dal XVII secolo, caratterizzato anche da notevoli inserzioni urbanistiche ed edilizie nel corso dell’ottocento e primi del novecento, mantenendo il centro storico il cuore della vita cittadina. Anch’esso è posto in posizione rialzata rispetto alle vallate circostanti, elemento che conferisce aperture paesaggistiche a numerose strade e terrazze ai margini del nucleo storico. La tradizione locale delle decorazioni in maiolica ha conferito nel tempo una particolare connotazione a numerosi edifici ed aree del centro storico, il cui caso più noto ed emblematico è la famosa Scalinata di Santa Maria del Monte. Sul corso Vittorio Emanuele si affacciano inoltre numerosi edifici civili e residenze di epoca tardo-barocca, numerosi dei quali caratterizzati da decorazioni policrome. Nel centro storico si concentra buona parte della dotazione museale della città, in termini relativi alla popolazione tra le maggiori della regione. MILITELLO VAL DI CATANIA Il centro storico è il risultato della ricostruzione in situ della città di impianto medioevale. Le distruzioni del terremoto del 1693 hanno risparmiato alcuni rilevanti edifici del 600, tra cui il Monastero Benedettino di Piazza del Municipio (oggi sede del comune) e la chiesa


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di S. Maria alla Catena. La ricostruzione tardo-barocca consegna tra i suoi edifici più insigni la chiesa Madre S.Nicolò - SS.Salvatore, all’interno della quale è ospitato l’omonimo museo di arte sacra. CATANIA La centralità politica ed economica della città in epoca pre-terremoto fa si che gli interventi di ricostruzione tardo- barocca si innestino su un tessuto urbanistico e architettonico di grande rilevanza storica e artistica. Il centro storico è infatti una complessa stratificazione di fasi successive di urbanizzazione, che risalgono sino alle epoche greca e romana. Le tracce più significative della città antica si rivelano nei resti dell’acropoli della città greca, in coincidenza con il monastero dei Benedettini; nel teatro antico e nell’Odeon in via Vittorio Emanuele; nei resti di quello che fu uno dei più grandi anfiteatri romani in piazza Stesicoro. Presso il cortile di San Pantaleone a Catania rimangono i resti di quello che fu identificato quale il Foro Romano. Il monumento più significativo di epoca medioevale è il Castello Ursino, fondato da Federico II di Svevia nel XIII secolo e sede del parlamento dei sovrani Aragonesi, oggi sede del museo civico della città. La città barocca ha il suo fulcro nella piazza del Duomo, completamente ricostruita dopo il devastante terremoto del 1693. Accanto al duomo si erge il settecentesco Seminario dei Chierici, mentre sul lato settentrionale della piazza è il Palazzo Municipale, eretto alla fine del XVII in sostituzione della Loggia medievale. All’interno del centro storico o ai suoi margini si trova buona parte del sistema museale della città etnea.

1.5.3_I beni isolati Alcuni ambiti delle provincie di Siracusa e Ragusa si caratterizzano per una rilevante presenza di beni diffusi sul territorio che costituiscono un importante elemento di integrazione storico-testimoniale dei nodi su cui abbiamo focalizzato la nostra analisi. La tutela di


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questo ingente patrimonio esula dalla portata programmatica di una iniziativa di pianificazione strategica, dovendosi rivolgere, per le esigenze di tutela, prevalentemente alla pianificazione urbanistica di area vasta di livello provinciale ed agli indirizzi normativi forniti dalla pianificazione paesistica. Tuttavia alcune considerazioni possono trarsi sul sistema di valori che tali patrimonio territoriali diffusi esprimono, e sul loro contributo alla definizione di una identità territoriale riconoscibile che sia funzionale alla definizione di una visione strategica di area vasta. La collocazione di tali beni territoriali in alcuni contesti insediativi e paesaggistici locali, infatti – il sistema dei centri urbani minori e delle borgate, la linea di costa e le emergenze naturalistiche, i paesaggi colturali ed il sistema storico delle ripartizioni agricole – contribuiscono a creare situazioni paesaggistiche di grande interesse, che possono contribuire a rafforzare la riconoscibilità degli itinerari e dei sistemi di valorizzazione locale definiti dai nodi primari del patrimonio culturale e ambientale. Inoltre, parte di questi beni si prestano a svolgere funzioni come contenitori di funzioni legata alla filiera della valorizzazione culturale, sia in termini di ricettività che di attività scientifico-museali, i cui sistemi più rilevanti sono il sistema diffuso delle masserie rurali, con particolare concentrazione nell’agro di Siracusa, ed il sistema delle tonnare costiere.


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1.6_Analisi SWOT come strumento per delineare gli scenari A fronte di un potenziale di altissima rilevanza strategica, il sistema delle risorse culturali e ambientali fin qui delineato contribuisce ancora solo in parte ad innescare processi di riorganizzazione del tessuto produttivo locale in forme di solide configurazioni distrettuali o di filiera. Tale affermazione trova fondamento in almeno due considerazioni: Le analisi fin qui illustrate vogliono mostrare quanto il patrimonio ambientale e paesaggistico come quello storico archeologico culturale siano diffusi a scala territoriale in tutta la provincia e in quelle confinanti, e come Siracusa potrebbe diventare uno snodo fondamentale di questo sistema territoriale. Allo stesso tempo i dati rielaborati mostrano gravi criticità per quanto riguarda i temi dell’ambiente e dela mobilità. L’economia cittadina è ancora legata al petrolchimico ma sempre più si delineano nuove strade. Il turismo e la valorizzazione del patrimonio diffuso, se tutelato e valorizzato, si configurano come i due settori trainanti per portare Siracusa a snodo fondamentale del sistema territoriale SudOrientale della Sicilia. è necessario quindi meglio integrare ed inquadrare le strategie di conservazione del patrimonio urbano all’interno dei più ampi obiettivi di generale sviluppo sostenibile, in modo da sostenere azioni pubbliche e private con lo scopo di tutelare e migliorare la qualità dell’ambiente umano. La presenza di siti UNESCO diffusi sul territorio, suggerisce un approccio paesaggistico per l’identificazione, la conservazione e la gestione delle aree storiche all’interno dei loro più vasti contesti urbani, considerando l’interrelazione delle loro forme fisiche, la loro organizzazione spaziale e connessione, le loro caratteristiche naturali e la loro ambientazione, i valori sociali, culturali ed economici.


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Questo approccio dovrebbe indirizzare la politica, il governo e le problematiche di gestione che coinvolgono una varietĂ di soggetti interessati, compresi attori del processo di sviluppo urbano locali, regionali, internazionali, pubblici e privati. Di seguito sono ripresi gli elementi di attenzione evidenziati dalle analisi del Patrimonio Paesaggistico e di quello Culturale. La Swot Analysis fornisce un semplice ed intuitivo schema logico valutando punti di forza (Strengths) e di debolezza (Weaknesses) di un territorio/organizzazione e le opportunitĂ (Opportunities) e le minacce (Threats) provenienti dal contesto esterno/esogeno.


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STRENGHTS patrimonio storico-culturale

complessità paesaggio-ambiente

maturità sistema servizi

offerta culturale varia

discontinuità tutela/valorizzazione

inadeguatezza servizi

filiera culturale corta e frammentata

presidio Heritage List UNESCO

attrattività e visibilità Sicilia

integrazione turismo-cultura e risorsa mare-costa

competizione turismo

discontinuità politica

WEAKNESSES scarso coordinamento promozioni/marketing

OPPORTUNITIES evoluzione accessibilità

! THREATS fragilità patrimonio

!

basso presidio territoriale


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2_Storia ed evoluzione della cittĂ . Dalla fondazione al riconoscimento UNESCO.


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Partendo da una prima indagine storico-urbana, che copre un periodo che va dal XVI sec. a.C. fino ai giorni nostri, si vuole evidenziare quale incredibile quanto unica stratificazione storica, culturale e sociale si sia formata in quest’area, da sempre crucivia di popoli e porta d’accesso al continente Europeo. Dai primi insediamenti risalenti all’età del bronzo lungo il tratto costiero sud orientale della Sicilia sino all’aggressione endemica, che da oltre quarant’anni, corrode la città e il suo patrimonio, l’obbiettivo è chiarire il quadro storico ed evolutivo in cui, nel 2005, l’UNESCO ha inserito Siracusa nella World Heritage List. Le trasformazioni territoriali avvenute in Sicilia, soprattutto nel dopoguerra, costituiscono un’antologia di scelte sbagliate che hanno provocato squilibri ambientali, inquinamento, sovraconsumo delle risorse, abusivismo edilizio, distruzione della qualità urbana e una produzione sovrabbondante quanto scadente di alloggi. La pianificazione territoriale ed urbanistica deve avere come obbiettivo principale il restauro del sistema territoriale ed ambientale, la salvaguardia delle risorse naturalistiche, paesaggistiche, e archeologiche al fine di riqualificare gli insediamenti e recuperare il patrimonio edilizio storico aggregato e sparso, che deve essere reimmesso in un ciclo produttivo. In quest’ottica la conoscenza della storia del territorio e dei processi di trasformazione succedutisi nei secoli assume un ruolo primario e deve essere posto alla base del processo di formazione del progetto urbanistico.


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2.1_ Dal XVI sec a.C. al Piano Cabianca Quest’area della Sicilia fu oggetto, in base ai ritrovamenti e agli studi effettuati dal Prof. Paolo Orsi in riferimento ai siti di Stentinello, Castelluccio, Thapsos, Pantalica e Cassibile, d’insediamenti e centri abitati, fin dal periodo neolitico. I primi ritrovamenti sul sito di Siracusa, ceramiche appartenenti al periodo miceneo, datano la presenza dei greci alla media e tarda età del bronzo, XIV-X secolo a.C. Gli scavi sull’isola d’Ortigia hanno evidenziato la presenza di capanne circolari e do tombe a grotticelle analoghe a quelle di Thapsos, databili tra la fine del X e il IX secolo a.C, periodo a cui gli archeologi fanno risalire la formazione di un primo centro indigeno in loco. La fondazione di Siracusa ad opera dei Corinzi guidati da Archia è databile al 734 a.C., periodo storico durante il quale la Sicilia venne investita da un’ondata colonizzatrice greca, iniziata nel VIII secolo a.C. e protrattasi fino al III secolo a.C. Insieme a Siracusa, i greci fondarono altre importanti colonie lungo la costa orientale della Sicilia, come Megara Hyblea, oggi accerchiata dal Polo petrolchimico, e Leontinoi. La supremazia territoriale ebbe inizio con l’inizio del VII secolo a.C., quando con la fondazione delle sub-colonie di Eloro, e successivamente Akrai (664 a.C.), Casmene (624 a.C.) e Camarina (598 a.C.), la città riuscì a garantirsi un controllo territoriale che si espandeva dalla costa sud-orientale sino all’entroterra. Alla testa di questo impianto territoriale di sei città greche, Siracusa raggiunse il suo massimo splendore e, cominciando sotto la guida del tiranno Gelone agli inizi del V secolo a.C., arrivando poi nei secoli successivi a ricoprire un ruolo cardine al centro del Mediterraneo. La sempre maggior influenza territoriale e la sua posizione strategica, portò la capitale aretusa a scontrarsi prima con Atene, poi Cartagine, di cui eguagliava e superava potere e dimensione. Oltre a questa imponente struttura urbana territoriale, Siracusa stessa si presentava come un complesso agglomerato urbano, formato da Ortigia, Acradina,Neapoli,Tiche ed Epipoli. Fornita di acqua dolce e naturalmente difesa dal mare e dall’al-


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topiano a nord, affacciata su due porti naturali di cui uno, dalle dimensioni imponenti, Ortigia si presentò ai primi coloni greci nel 734 a.C. come il posto ideale dove fermarsi e stabilirsi. La città cominciò rapidamente ad espandersi anche nella terra ferma, con l’Acradina e il suo Agorà invadendo la piana tra i due porti, fino all’attuale stazione ferroviaria. Fu ben presto difesa da mura di cinta e le 3 necropoli ne indicano gli antichi limiti, superati già nel V secolo con la nascita della Neapoli, ad ovest e in direzione di Catania, giungendo fino all’attuale Teatro Greco, e di Tiche, sull’altopiano a nord. L’ultima area che venne colonizzata fu quella dell’altopiano dell’Epipoli, che culmina nel castello Eurialo. Si può quindi avere un’idea dell’estesa struttura che aveva l’antica città aretusa nel momento del suo massimo splendore, ai tempi dell’assedio Ateniese del 416-415 a.C., senza avere però certezze sulla reale disposizione del tessuto, oggi coperto dalla città moderna. Vincenzo Mirabella, nel 1613 nel raffigurare le “Antiche Siracuse”, rappresenta l’idea che la città si espandesse su tutto l’altopiano, alimentando il mito dell’antico splendore Siracusano, che richiamò gli artisti europei dei grandtour sino ai margini meridionali dell’Europa. L’isola d’Ortigia, rappresentò fin dalle origini il nucleo centrale della città. La sua particolare conformazione e il susseguirsi degli eventi storici, hanno fatto sì che questa penisola giungesse ai giorni nostri con un impianto pressochè invariato, rappresentando un esempio unico al mondo di città che, rinascendo varie volte su se stessa, ha perpetuato lo schema urbano classico. Santi Luigi Agnello individua i tre assi principali: l’asse sud-nord, su cui vennero eretti la quasi totalità degli edifici religiosi, corrispondente con l’attuale via Roma, l’asse principale est-ovest, l’attuale via Maestranze, e il secondo asse est-ovest, via Privitera. La Piazza del Duomo è, sin dalla fondazione 27 secoli fa, il punto più alto e il luogo sacro del’isola, di cui da sempre fu il nucleo centrale. Nell’attuale Duomo si ha uno stupendo esempio di stratificazione architettonica. Greci, romani, normanni, arabi e spagnoli, che susseguendosi, hanno lasciato il segno del proprio passaggio,


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mantenendone sempre la sacralità. La corrispondenza del tessuto urbano d’Ortigia con quello della zona di Borgata S.Lucia, lascia ipotizzare che l’istimo di collegamento si trovasse, non nell’attuale posizione, come viene sostenuto da molti studiosi, in direzione ovest, bensì in posizione sud-nord, continuando l’asse principale e attraversando il Porto Piccolo. Gli scavi effettuati hanno infatti portato alla luce un impianto viario corrispondente a quello dell’isola, alimentando ulteriormente quest’ultima tesi. Lo sviluppo dei primi quartieri avvenne seguendo un asse est-ovest, perpendicolare a quello di collegamento con l’isola, dal mare verso l’entroterra, a sottolineare ulteriormente la propensione della città ad una egemonia territoriale, che raggiunse, nel suo periodo di massima espansione, i 250.000 abitanti, il doppio dell’attuale popolazione. Dopo l’esperienza dell’assedio del 415 a.C., quando gli Ateniesi arrivarono sino ad Acradina ed Ortigia sfruttando l’altopiano dell’Epipoli, tra il 402 e il 397 a.C., il tiranno Dionigi fece erigere la più grande opera difensiva di tutta la Magna Grecia. Le Mura Dionigiane, che si sviluppavano per 22 km, abbracciando tutto l’altopiano, affiancando il mare e culminando nel Castello Eurialo, un’imponente fortificazione di 15.000 metri quadrati, racchiudevano oltre alla città vera e propria, grandi terreni dedicati all’agricoltura, rendendo la città totalmente autosufficiente ed, essenzialmente, non assediabile, anche grazie all’apporto di riserve idriche tramite l’acquedotto Galermo, collegato a Pantalica. La chiusura della città verso il territorio avvenne anche sul versante marittimo, dove il porto grande veniva difeso da una pesante catena che chiudeva l’imbocco naturale, collegandosi al Plemmirio. Da questo momento in poi, le Mura Dionigiane diventeranno una presenza costante e continua nella morfologia della città, configurandosi come il limite che, a tutt’oggi, racchiude e abbraccia la città. Per i due secoli successivi continuò a mantenersi nelle sue dimensioni di metropoli e importante snodo mediterraneo sino al 212 a.C., quando sotto la guida del Console Marcello, venne conquistata


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dai Roma, perdendo la sua autonomia e iniziando il suo lento ed inesorabile declino. Nel 476 d.C., con la caduta di Roma, la città viene occupata prima dagli Ostrogoti poi, nel 535 d.C. dai Bizantini. In questa fase, anche se in declino, la città ricopre un ruolo importante e strategico e viene considerata una delle 17 nobilies dell’Impero, e viene proclamata capitale imperiale dal 663 al 668 d.C.,arricchendosi così di un ampio patrimonio archeologico-monumentale. A cominciare dal periodo romano, la città iniziò un processo di spopolamento progressiva dell’altopiano e dei quartieri a nord. Siracusa aveva iniziato quel processo che la porterà, proprio durante la dominazione bizantina, a ritirarsi verso Ortigia, Acradina e parte della Neapolis, e successivamente, ad abbandonare quasi completamente la terra ferma per rinchiudersi sull’isola. Nel 878, la città viene conquistata e saccheggiata dagli Arabi, che spostando il baricentro dell’isola verso Palermo, segnerà il definitivo tramontare di Siracusa come antica metropoli. I secoli successivi vengono caratterizzati da una grande instabilità politica, con alternanze di dominazione araba, normanna e sveva, che non provocheranno sostanziali modificazioni alla morfologia della città, rispettandone il tessuto esistente ed arricchendola di grandi edifici civili e religiosi, ormai completamente staccata dal territorio. Nel 1239, sotto il dominio Normanno e di Federico II, venne costruito l’imponente castello Maniace, situato all’imbocco del porto Grande, sottolineando l’importanza strategica e militare della città. Nel 1282, con i Vespri Siciliani, vennero allontanati dalla Sicilia i Normanni, che lasciarono l’isola agli Aragonesi, dando così il via ad una dominazione spagnola che accompagnerà Siracusa e l’intera regione sino all’unità d’Italia. Ricoprendo per Carlo V un ruolo cardine nella guerra spagnola contro l’Impero Turco per il predominio del Mediterraneo, come uno dei principali avamposti orientali, nel 1542 Ortigia viene sconvolta dalla costruzione delle fortificazioni lungo tutto il suo limite. Con-


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seguenza dell’edificazione delle mura cittadine, fu la distruzione dei grandi monumenti greci, rimasti fino ad allora intatti, al fine di ricavarne materiale lapideo. è a questo periodo che si può far risalire lo spostamento dell’istimo di collegamento alla terraferma, con la creazione di una piazzaforte militare all’ingresso a nord ovest. che con l’imponente struttura difensiva del castello Maniace sulla punta sud, proteggevano Ortigia. Le servitù militari presenti nell’area antistante la piazzaforte isolarono quindi definitivamente l’isola dal mondo esterno. è a questa fase comunque che si deve il cambiamento nella diretrice di uscita della città moderna da Ortigia verso il territorio, che da sud-nord, come era stato dalla sua fondazione, diventò est-ovest. Questo comportò la perdità di potere economico e politico di Siracusa, sino alla cessione nel 1713 della città all’Austria, trasformata definitivamente in piazzaforte militare. Nel 1734, il passaggio alla dominazione Borbonica non comportò sostanziali cambiamenti alla conformazione della cittadina, ma è in seguito alla rivolta avvenuta nel 1837 proprio contro i Borbone che il ruolo di capovalle, viene spostato a Noto. Con il 1861, e l’Unità d’Italia, si apre per Siracusa una nuova fase, di grandi stravolgimenti urbani ed economici. La città riuscì ad ottenere, a discapito di Noto, il titolo di Provincia del Regno Italiano, ponendosi così fin da subito in una posizione di controllo territoriale. Nel 1865, venne emanato un regio decreto che obbligava la città, avendo più di 10.000 abitanti, alla redazione di un Piano Regolatore, e poneva quindi il tema della regolamentazione dello sviluppo urbano. Nel 1871 la creazione del collegamento ferroviario con Catania, lungo la costa nord-est, collegò la città al territorio in modo rapido e moderno, ma la privò del suo collegamento diretto al mare. Le mura di difesa si presentavano oramai come un ostacolo e nel 1880 vennero abbattute, aprendo la città al territorio, ma soprattutto, avviando le modificazioni del tessuto urbano che per secoli si era mantenuto intatto. Le aree dell’istimo e della Borgata


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S.Lucia divennero i quartieri su cui, da li a pochi anni, la città di sarebbe espansa, dando il via alle prime grandi operazioni di speculazione immobiliare Nacque Belvedere a ovest dell’Epipoli e le città agricole di Cassibile e Floridia verso sud. L’economia marittima, dopo un lungo periodo di difficoltà dovuto alla chiusura militare, cercò di riprendersi, con il rilancio del porto. Italo Insolera afferma: “Gli sventramenti interessano due periodi solitamente definitiva umbertino e fascista, ma che in realtà iniziarono prima di Umberto I e non cessarono con la caduta del fascismo.[...] Urbanisticamente la demolizione delle mura aveva due significati: aprire la città e mettere vaste aree a disposizione dell’edificazione. Aprire significava in realtà favorire l’adeguamento dei valori fondiari fuori le mura ai valori delle aree e degli immobili dentro le mura”1. Il 4 dicembre del 1885 vide la luce il primo Piano Regolatore, che prevedeva una ridotta area di espansione, per cui si previse, fin da subito, la revisione. Nel 1891 e nel 1910, Luigi Mauceri presentò due proposte di piano, non ufficiali, e per questo non realizzate. è a questi disegni però che si rifece l’ufficio tecnici nella redazione del piano del 1917, e molti dei piani successivi, ed è per questo che si fanno risalire alla proposta Mauceri, molte delle disfunzioni urbanistiche della città moderna. Vincenzo Cabianca, riferendosi ad esso, individua una serie d’errori “nel mancato vincolo tra ferrovia e mare, l’apertura su tutti i fronti delle direttrici di espansione, il soffocamento dei collegamenti in uno schema a maglia quadrata e il virtuale assedio dei monumenti.”2 Nel 1929 verrà infine redatto un vero piano regolatore di ampliamento della città, mai approvato e solo in parte realizzato, fortunatamente. Non si impedì la distruzione degli isolati della Sperduta, all’accesso dell’Isola, che lasciarono il posto alla via del Littorio, l’attuale viale Marconi. Una rinata economia locale portò investimenti sul porto, considerato d’importanza economica ma soprattutto coloniale, essendo il punto di partenza e approdo verso la Libia. La città riprese una rapida crescita, e con la nascita spontanea di Borgo S.Antonio e del quartiere Montedoro, continuava il progres-


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sivo spostamento del baricentro da Ortigia al terraferma. Durante la seconda guerra mondiale, avendo un ruolo strategicamente importante e trovandosi sul Plemmirio postazioni della contraerei, la cittĂ subĂŹ bombardamenti e grossi danni, riuscendo a sopravvivere, con buona parte dei suoi monumenti e del suo patrimonio, alla grande distruzione di quegli anni, ma avviandosi a una distruzione ben diversa, ma che si protrarrĂ per gli anni a seguire, sino ai giorni nostri.

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2.2_ Dal 1952 al 2014. 60 anni di stravolgimenti Nel 1952 venne bandito un concorso per la redazione del nuovo PRG, vinto dal Professor. Vincenzo Cabianca, con Alberto Lacava e Vincenzo Rosicoli. Venivano presentate idee e concetti urbanistici che avrebbero segnato l’inversione di tendenza nelle politiche urbane della città. Per la prima volta, si prendeva in considerazione l’estesa stratificazione per la prefigurazione della città moderna, imponendo la tutela del patrimonio archeologico-monumentale, del Porto Grande e di Ortigia, e prevista l’istituzione del Parco Archeologico della Neapolis. Con un’attenta lettura del futuro del territorio, si prevedeva la convivenza della città mercantile, di quella turistica e culturale e di quella industriale, con il dipolo Augusta-Siracusa che si sarebbe sviluppato a nord della città. Si imponeva una transizione dal modello di città greca, est-ovest, verso il territorio, al modello della città moderna, nord-sud, di città costiera che privilegia il rapporto con il mare. Veniva definito un limite invalicabile per la salvaguardia del patrimonio: la s.s.114, via Scala Greca. Il piano venne adottato in prima istanza nel 1956, dopo numerose manovre per rallentarne l’iter di approvazione, che resero subito chiaro quanto sarebbe stata travagliata la storia urbanistica siracusana. Adottato definitivamente nel 1961, a vincoli già scaduti, con una popolazione che da 50.000 unità era passata a 90.000, non rappresentava più la reale situazione della città, che si era espansa in una sorta di anarchia edilizia, sulla base del regolamento del 1933. Tra il 1954 e il 1964 vennero rilasciate 12.583 licenze edilizie, sotto la spinta dell’innovazione del polo petrolchimico, che in 20 anni, dal 1951 al 1971 porterà la città a raddoppiare il numero di abitazioni e triplicare la densià abitativa. Avveniva così la distruzone di un tratto di costa che cominciando a nord di Siracusa si estendeva sino ad Augusta, nel più grande polo petrolchimico d’Europa, cancellando uno dei tratti di terra, e di mare, più belli di Sicilia, abitata fin dal neolitico per la sua bellezza e prosperità. La zona archeologica cittadina, sulla quale nel 1955 venne appo-


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sto il vincolo archeologico, venne accerchiata dall’edificazione e nacquero nuovi tessuti aggregati diffusi casualmente e senza pianificazione su tutto il territorio orientale. proposta riforma Sullo. Nel 1962 il Governo nazionale pone la questione urbanistica come connotato programmatico di maggior rilievo, con la proposta di legge Sullo. L’eco del dibattito arriva in città affievolito, ma da il via ad un periodo di forti attacci al Piano Cabianca, che si protrarrà sino al 1965, anno in cui si decide di avviare la revisione del progetto, che prevedeva uno sviluppo monotematico fondato sulle industrie petrolchimiche, e che fortunatamente, venne abbandonato. Nel 1967 venne approvato il Piano di Fabbricazione, decretando così il definitivo abbandono del PRG adottato, bocciato poi dalla Soprintendenza nel 1968. In un solo anno però, anche a causa della Legge ponte n. 765, che prevedeva l’istituzione degli standard urbanistici e che portò ad un anno di moratoria e a 8.500.000 di vani residenziali in tutta Italia, la città venne deturpata. Furono travalicati i confini della balza acradina e di via Scala Greca, si superarono i 100.000 abitanti e l’industrializzazione nella zona nord avanzava incontrollata. Vincenzo Cabianca, definì questa scelta, “L’operazione più retriva, meno colta, più giovevole agli interessi di pochi e più nociva all’interesse della collettività e della cultura, che gli operatori immobiliari, appoggiandosi a tecnici ingenui, abbiano mai potuto sperare di realizzare.”2 Il 1968 inizio con l’approvazione del Decreto Presidenziale dell’11 aprile e l’apposizione del vincolo su Ortigia. L’amministrazione DC, in un periodo di totale egemonia e controllo politico ed economico della città, decise di affidare la redazione del nuovo PRG nuovamente a Vincenzo Cabianca, questa volta affiancato da Concetto Santuccio e Michele Liistro. Il linea con il “Progetto 80”, a cui partecipò in prima persona, il Professore voleva garantire uno sviluppo armonico della città in tutte le sue componenti. Attraverso una rete di infrastrutture a pettine, distribuiva e serviva l’area industriale a nord, l’area residenziale dell’isola di Ortigia e i terreni ad est dell’altopiano della s.s. 114.


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L’area per il tempo libero e lo sport veniva prevista lungo il perimetro del Porto Grande, dovesi prevedeva di inserire l’attracco turistico, nell’attuale riserva del fiume Ciane e delle Saline, parte che fortunatamente rimase inattuata. Veniva immaginata una nuova città, sul modello delle città giardino inglesi, nelle aree a sud di Pantanelli, e si abbandonava definitivamente la destinazione industriale a vantaggio di usi del litorale legati al turismo. Le previsioni del piano però annunciavano fantasmagoriche crescite di popolazione, che avrebbe dovuto raggiungere i 200.000 abitanti nel 2000. L’obbiettivo principale a livello urbano rimaneva comunque di bloccare l’espansione ad est di via Scala Greca, obbiettivo che, purtroppo, non si raggiunse. L’anno successivo vennero consegnati gli elaborati, e nel 1970 l’amministrazione presentò ed adottò un “anti-piano”, che stravolgeva completamente le idee proposte dall’equipe incricata. Dopo anni di discussioni e scontri, in cui la città si sviluppava completamente senza controllo, nel 1974 si terminò l’analisi delle osservazioni e, nel 1975 il piano veniva definitivamente bocciato. Il 1976 fù un anno fondamentale per lo sviluppo urbano di Siracusa, ma della Sicilia più in generale. Con l’approvazione della legge regionale 78/76, che nel suo articolo15 prevede che le costruzioni debbano arretrarsi di 150 metri dalla battigia, e l’approvazione della l.r. 70 del 7/5, la Legge speciale Ortigia, sembrava iniziare un nuovo periodo di sviluppo. Allo stesso anno risale l’approvazione del decreto Tepedino (decreto assessoriale, n 167): Il territorio veniva diviso in due parti, separto dalla s.s.114. La parte di piano riguardante la zona ovest della città venne bocciata. Un’intera area della città veniva dichiarata “abusiva”, tornando ad essere inedificabile. Si innesca così il “piano del caos”, che porterà all’esplosione del fenomeno dell’abusivismo negli anni a seguire. Cabianca abbandonò l’incarico e venne incaricata una nuova equipe, guidata dal prof. arch. Giuseppe Caronia, per la


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riprogettazione della parte occidentale, e l’elaborazione della variante per la parte orientale. Nel 1978, con la costituzione del comune di Priolo, il destino di Siracusa si separò definitivamente dall’area industriale e dal petrolchimico. Nel 1979, venne dai progettisti lo schema di massima del PRG, in cui il territorio venivae reinventato sotto la visione turistica, stravolgendo l’idea del piano Cabianca a vantaggio di un’estesa speculazione fondiaria. Nel 1981 venne approvata la bozza di PRG, stravolto da 2 anni di discussioni. L’edificazione oltrepassa il limite che, dal punto di vista normativo per lo meno, da sempre veniva tinetuo invalicabile, quello della s.s.114, arrivando fino alla Pizzuta. Si ponevano così le condizioni istituzionali per una sistematica aggressione all’Epipoli. La situazione portò alle dimissioni del prof. Caronia. Nel1983, venne adottato con 6 anni di ritardo il PRG, nella parte stralciata dal decreto Tepidino, cercando di porre un freno allo sviluppo ad ovest , con la salvaguardia delle zone più delicate dell’Epipoli. Nel periodo che andò dal 1980 al 1985, la città subì un vero e proprio asseddio e saccheggio, ad opera della cementificazione abusiva. Fu radicale la trasformazione della città a causa dell’abusivismo, che porterà, il 14 ottobre del 1986, ad inviare in Regione un piano adottato in realtà 16 anni prima, nel 1970, approvato per metà, già superata e immagine di una città che non esisteva più, e per l’altra metà ancora oggetto di analisi, anch’esse non rispecchianti lo stato di fatto dell’epoca. Nel 1987, la discussione sui Piani di Recupero portò all’individuazione di tutti gli agglomerati abusivi, portando così alla luce le “metastasi urbane”4 che erano state lasciate per anni libere di diffondersi, senza alcun controllo. A maggio dello stesso anno, l’amministrazione siracusana fu scossa dal Commissariamento per Ortigia, che porterà solo nel 1990, dopo altri 3 complicati anni di discussione, all’approvazione del Piano Particolareggiato di Ortigia (PPO), 14 anni dopo l’approvazione della legge speciale. L’isola aveva ormai perso tutta la sua


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caratteristica di polarità principale, situato però in maniera eccentrica rispetto al territorio cittadino. Dagli 11.000 abitanti del1976, Ortigia arrivò ai 7.000 di 10 anni dopo, con una diminuzione del 36%, che sottolineava il suo declino. Nel 1988, con l’attuazione dei Piani Costruttivi, la città subì un ulteriore affondo da parte dell’edificazione incontrollata, con l’avvio di grandi e discusse opere come la Fiera del Sud e il Santuario della Madonna delle lacrime. La Regione, nel 1989, con il decreto Placentini bis (decreto assesoriale, maggio n. 723), a 13 anni dalla sua bocciatura e, essenzialmente, a 19 anni dall’inizio dei lavori di redazione, approvò un piano che condivideva gli obbiettivi della citta turistica del piano Cabianca, ma ne trasformava la natura, eliminando gli aspetti di salvaguardia a favore di quelli speculativi. I primi anni ‘90 portarono alla ridiscussione generale del piano, non più per parti, come avvenuto nell’ultimo ventennio, ma nella sua totalità. Nel 1992 venne comunque adottata la rielaborazione del PRG occidentale, che prevedeva l’aumento delle zone C12 lungo le coste e l’edificabilità di aree destinate a standard. Approvato nel 1993 il progetto di massima del PRG, nella sua parte est, e la localizzazione degli uffici comunali, provinciali e finanziari nel centro di Santa Panagia si arrivò al 1995 con l’approvazione della variante generale del PRG,abbandonando così definitivamente la pianificazione separata del territorio, dimostratasi totalmente inerme difronte all’espansione a macchia d’olio verificatasi nei 30 anni precedenti. Definire le tappe cronologica dell’evoluzione urbana di Siracusa era operazione indispensabile per decifrarne la situazione, e se la distanza temporale dagli eventi rende possibili riflessioni oggettive, basandosi su dati e scritti, l’assenza di distanza temporale con gli eventi a noi prossimi rende difficili riflessioni non soggettive. Nel primo caso i libri raccontano i fatti col giusto distacco, nel secondo caso la fonte principale di approfondimento sono i giornali con tutti i problemi che ne conseguono in quanto ad attendibilità, imparzialità e soggettività.


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Pertanto per non compiere simili errori si è deciso, per quanto riguarda l’analisi degli strumenti urbanistici approvati negli ultimi anni e ancora attivi, di fare riferimento alla documentazione ufficiale, a delibere, a date d’approvazione di atti, e più in generali ad atti ufficiali comunali, provinciali, regionali, di cui si parlerà in seguito. Nel 1998, viene istituita una nuova equipe per la redazione del nuovo PRG, guidata dal Prof. Gabrielli. Adottato dall’amministrazione nel 2001, giungerà all’approvazione regionale solo nel 2007. Negli anni seguenti, la pianificazione si sposterà alla scala territoriale, con l’approvazione prima del Piano Territoriale Provinciale, e poi l’adozione del Piano Paesaggistico Provinciale, con il D.A. n. 98 dell’1 febbraio del 2012, di cui ancora si attende l’approvazione definitiva. è attualità invece il Decreto del 3 aprile 2014, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Sicilia del 5 maggio, con il quale viene Individuata l’area dell’istituendo Parco archeologico di Siracusa, il quale rimanda a futuro decreto, per l’istituzione dell’Ente di gestione e quindi la nascita effettiva del Parco. La perimetrazione è l’ultima tappa di una nuova fase,che già a partire dagli anni ‘90 diede il via, dal punto di vista della tutela dei Beni Archeologici, a nuove correnti di pensiero, nuove metodologie e nuovi regimi normativi. Nel 1990, con la Circolare 12059 del Ministero dei Beni Culturali, venne data la prima definizione di Parco Archeologico, sul modello del museo all’aperto. Bisogna ricordare, che nello stesso anno veniva finalmente approvato anche il PPO. Nel 1993, la legge regionale n.25 art. 107, decretò l’istituzione di un sistema di parchi archeologici della Regione Siciliana per la tutela, la valorizzazione e l’uso sociale delle aree archeologiche di interesse primario, abrogato dall’art. 24 della L.R. 20/2000, che decreta l’istituzione del Parco Archeologico e Paesaggistico della valle dei templi di Agrigento. Tra il 1997 e il 1998, vennero approvate due fondamentali leggi regionali, la n.352 art. 9, che garantiva l’autonomia economica al parco archeologico di Pompei, e la l.r. n.112 art. 148, che certi-


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ficava la connessione tra tutela e la valorizzazione del patrimonio, in linea con le nuove politiche di tutela e conservazione dell’UNESCO, che nel 2005 inserirà Siracusa nella World Heritage List.

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2.3_Siracusa e la World Heritage List. Il riconoscimento UNESCO. Nel luglio del 2005, nel corso della 29° riunione annuale del Comitato del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO, svoltasi a Durban, in Sudafrica tra il 10 e il 18 luglio, Siracusa viene aggiunto come il 40° sito italiano, 5° siciliano, nella World Heritage List. “Siracusa e le Necropoli rupestri di Pantalica” è un unico sito che comprende due parti differenti, contenenti reperti di epoca greco e romana. La Necropoli di Pantalica, situata nei pressi delle cave a cielo aperto, che contiene più di 5.000 tombe, molte delle quali da datarsi tra i secoli XIII e VII a.C. La seconda parte è invece l’Antica Siracusa, che include Ortigia e la perimetrazione delle Mura Dionigiane, l’area della Neapolis e le Latomie. Sul suolo della città che Cicerone definì la più grande e bella di tutte le città greche, rimangono i resti del Tempio di Atena (V° secolo a.C.), in seguito convertito a cattedrale. Inoltre, rimangono i resti di un teatro greco, un anfiteatro romano e molte altre costruzioni. Queste testimonianze attestano la turbolenta storia della Sicilia dalla dominazione dei bizantini a quella dei borboni, passando attraverso la dominazione araba, normanna, di Federico II e da quella degli Aragonesi. L’antica Siracusa rappresenta una testimonianza unica nel suo genere, dello sviluppo della civilizzazione mediterranea di oltre 3 millenni. I criteri adottati dall’Unesco per l’iscrizione del sito nel Patrimonio dell’Umanità hnno portato alle definizione delle motivazioni principali, che hanno portato l’UNESCO ad accettare la proposta di candidatura: I siti ed i monumenti di Siracusa/Pantalica formano un “Insieme”, che costituisce una raccolta unica quale straordinaria testimonianza delle culture del mediterraneo attraverso i secoli e nello stesso spazio. “L’insieme” Siracusa/Pantalica offre, attraverso la sua straordinaria diversità culturale, una eccezionale testimonianza dello sviluppo della civilizzazione di oltre 3 millenni. Il gruppo di monumenti e siti archeologici situati a Siracusa (tra il centro di Ortigia e i vestigi localizzati in tutta la zona urbana) sono il più grande esempio dell’eccezionale creazione architettonica che


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raggruppa diversi aspetti culturali (Greco, Romano, Barocco). Il documento ICOMOS N° 1200, in lingua inglese e francese, descrive il sito, i principali monumenti in esso contenuti e i criteri adottati per l’iscrizione del sito nel Patrimonio dell’umanità. La Necropoli di Pantalica, che si estende per 205,86 ha, contiene più di 5.000 tombe scavate nella roccia formando cinque necropoli utilizzate in periodi successivi (dal XIII al VII a.C): Necropoli Nord-Ovest, Necropoli Nord, Necropoli Sud, Necropoli Filipporto e Necropoli della Cavetta. Nella Necropoli rimangono dei reperti dell’epoca bizantina, così come i reperti dell’Anaktoron (Palazzo del Principe). Per l’ Antica Siracusa, vengono invece elencati monumenti e località di interesse storico, archeologico e culturale: Ortigia: Il nucleo primigenio della città di Siracusa, fondata dai coloni greci arrivati da Corinto nel 734 a.C.; Le vestigia greche costituite dal Tempio di Apollo, Tempio Ionico e il Tempio di Atena; Le catacombe; La Chiesa di S. Giovanni Battista La Chiesa di S. Martino Palazzo Abeba Dunieli (?) Palazzo Bellomo Palazzo Migliaccio Palazzo Francica-Nava Chiesa di San Francesco all’Immacolata Chiesa del Collegio dei Gesuiti Cattedrale Il Parco archeologico di Neapoli contenente: Teatro Greco Zona del Ninfeo (con la grotta) Santuario di Apollo L’altare di Hierone Anfiteatro Romano Latomie


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Necropoli Grotticelle, che contiene la cosiddetta Tomba di Archimede Castello Maniace Zona della Scala Greca Castello Eurialo Fortificazioni di Dioniso Vestigia di Thapsos, Acradina e Tyche Il riconoscimento e l’inserimento nella World Heritage List, non rappresenta altro che una certificazione, in base ai parametri espressi dalla scheda ICOMOS, della presenza di un patrimonio culturale da tutelare e salvaguardare. Esiste una discussione, attiva sulle attuali riviste di architettura ed urbanistica, sui vantaggie e gli svantaggi, riconducibili all’inserimento di siti, soprattutto urbani, nella lista dei Patrimoni dell’Umanità. Ciò che spesso in questi articoli non viene però sottolineato è che, il riconoscimento di per sè, non ha nessuna influenza nè sulla tutela nè tanto meno sulla valorizzazione, e che al titolo, deve necessariamente seguire un efficiente ed incisivo piano di gestione. La conservazione può portare grandi benefici economici e sociali, ma come tutti i processi urbani comporta delle modificazioni, o come si vedrà in seguito, nel caso di Siracusa, all’esatto opposto, cioè al congelamento dovuto alla perimetrazione del Parco Archeologico e i vincoli di immodificabilità, di molte parti di città, incidendo su un territorio in modo profondissimo. Il principale rischio è che volendo preservare i centri abitati, apponendo l’etichetta di World Heritage, si finisca per imbalsamarli, risparmiarli dall’usura e dalle cicatrici del tempo: fermare il tempo, fissarlo come in un’istantanea fotografica, sottraendo quindi le città al cambiamento, al divenire. La questione urbanistica posta dall’UNESCO è complicata quanto di vitale importanza. “Vi sono beni che vanno tutelati e protetti, ma è anche vero che, se nel 450 a.C. avessero protetto l’Acropoli di Atene come era allora, non avremmo né i Propilei, né il Partenone, né l’Eretteo. L’UNESCO avrebbe starnazzato inorridito di fronte alla Roma del Cinquecento e del Seicento che ha prodotto quell’ammi-


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rabile pot-pourri di antichità, Manierismo e Barocco. Meno male che il Marais di Parigi non era stato dichiarato World Heritage, altrimenti il Beaubourg ce lo saremmo sognati. Va trovato un equilibrio tra costruire e preservare: noi volevamo vivere in città che includessero musei e opere d’arte, non in mausolei con annesso dormitorio: è condanna inumana spendere tutta la propria vita nella foresteria di uno sterminato museo. ”5 I valori storici, cultuarali ed archeologici presenti nella città moderna costituiscono una risorsa fondamentale per migliorarne la vivibilità, ma non possono, e non devono trasformasi in un ostacolo alla sua naturale evoluzione. La chiave per la comprensione e la gestione di qualsiasi ambiente definibile “paesaggio storico urbano”, è quindi il riconoscimento della città non come un organismo statico o un gruppo di edifici giunti a noi immodificati, ma come luogo soggetto a forze esterne e continue modificazioni, nei settori economici, sociali e culturali, che ne hanno plasmato l’immagine e le logiche di funzionamento,e continuano a plasmarle. L’approccio olistico proposto dall’UNESCO per la loro gestione, integra gli obiettivi di conservazione del patrimonio urbano e quelle di sviluppo sociale ed economico, considerandolo come un bene comune, indispensabile per lo sviluppo della città. Se condotto in modo appropriato, il patrimonio urbano agirà da catalizzatore per lo sviluppo socio economico attraverso il turismo, l’uso commerciale e valori di terreni e proprietà più alte, quindi fornendo introiti con i quali pagare la manutenzione, il restauro e la riabilitazione La prossimità a monumenti e aree d’importanza internazionale generalmente attira residenti e aziende e servizi esclusivi, disposti a pagare di più per posizioni di prestigio e buona reputazione, riflettendosi sul valore dei terreni e di proprietà. Le oltre 250 città storiche comprese nella lista del Patrimonio Mondiale comportano benefici socio-economici molto significanti a livello locale e nazionale - non solo grazie a turismo e servizi e beni correlati, ma anche attraverso altre funzioni. Ad esempio Salisburgo (Austria)


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costituisce il 6% della popolazione nazionale, ma contribuisce per il 25% del prodotto interno netto. Le aree di patrimonio urbano, spesso necessitano di un’amministrazione particolare a causa delle maggiori o più rigide normative che controllano e regolamentano l’ambiente costruito, migliorando la progettazione e la pianificazione, e, se ben applicate, aumentano le certezze per gli investitori riguardo la sicurezza dei loro investimenti a lungo termine. “Tangible and intangible heritage are sources of social cohesion, factors of diversity and drivers of creativity, innovation and urban regeneration. We must do more to harness this power.”6 Con queste parole, il Direttore Generale dell’UNESCO, sottolinea il ruolo fondamentale che, nella rigenerazione urbana e sociale, il patrimonio materiale e immateriale potrebbero e dovranno ricoprire in futuro, e la necessità di aumentare gli sforzi per sfruttare questo enorme potenziale.


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3_Piani e Vincoli

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Le Mura Dionigiane.


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Partendo quindi dalla condizione di stratificazione evidenziata nel capitolo precedente, è evidente come l’area considerata patrimonio UNESCO, per la sua dimensione, e la sua particolare configurazione, risulti fondamentale per lo sviluppo di un qualsiasi progetto urbanistico sulla città di Siracusa. Si è quindi proceduti all’analisi di come l’area delle antiche fortificazioni viene regolate dai due principali Piani che, allo stato attuale, governano la città. Gli indirizzi strategici contenuti negli strumenti di pianificazione cittadina e territoriale, che interessano l’area della Provincia, organo istituzionale di cui è in corso una sostanziale riforma presso il Parlamento Italiano, si focalizzano sul patrimonio in generale, con un maggiore grado di attenzione verso il perimetro delle antiche fortificazioni, a cui tutti gli strumenti in vigore riconoscono un valore culturale, ma anche strategico. Piano Regolatore Generale (PRG) Piano Paesistico dell’ambito 17 della Soprintendenza BB.CC.AA. di Siracusa (PP); Mentre il Piano Regolatore Generale, affronta alla scala cittadina le problematica e le potenzialità legate allo sviluppo nell’ambito culturale della città, privilegiando le azioni indirizzate allo sviluppo e alla competitività territoriale, il Piano Paesistico dell’Ambito 17, per natura e respiro territoriale, affronta la complessità e la eterogeneità dei fenomeni territoriali presenti, in riferimento alla conservazione e alla tutela del patrimonio paesaggistico, culturale e ambientale.


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3.1_PIANO REGOLATORE GENERALE Siracusa non sfugge al rapporto conflittuale che le città nuove hanno instaurato con il loro tessuto antico: un rapporto caratterizzato da forti componenti di crisi che, nel processo di espansione urbanistica, si è evoluto in azioni di aggressione del moderno sull’antico. Le città nuove hanno infatti divorato nei secoli le preesistenze del passato, ritagliato margini, coperto visuali, negato accessi, sovvertendo assi viari e modelli urbanistici; l’antico si intravede solo attraverso “tessere” o “polarizzazioni” (piazze, complessi architettonici, ecc.) miracolosamente salvate. Nell’ambito della pianificazione urbanistica legata ai temi delle evidenze archeologiche diffuse a Siracusa, il progetto per il Parco delle Mura Dionigiane nasce dalla volontà di restituire alla città una vastissima area del territorio che risulta da sempre misconosciuta e sottostimata. “Il Progetto si configura come il momento cruciale di un itinerario di pensiero che si trasforma in occasione pratica e reale per superare le cesure tra tessuto antico e moderno, per unire le divisioni nette e attualmente scompaginate, per annullare tutti quei disturbi del paesaggio dovuti alla frattura tra vita passata e vita attuale. Il nuovo disegno del Parco sarà, quindi, il mezzo per la riappropriazione da parte del cittadino di quei contenuti culturali e storici nascosti sotto i segni dell’aggressione del tempo e dell’espansionismo edilizio moderno. Il Parco delle Mura Dionigiane diventa quindi il progetto di un parco ideato sulla forma di una “biblioteca aperta”, un “laboratorio di cultura”, affiancato direttamente alle motivazioni di tutela e salvaguardia perseguite dalla Soprintendenza Archeologica di Siracusa. La forma del Parco, anulare sui limiti esterni alla città, ripercorre il tracciato delle Mura Dionigiane, inglobando, al suo interno, porzioni attualmente disgregate tra loro, unendole in un disegno di origine ed attendibilità storica, finalmente restituite alla vita contemporanea attraverso un ripensamento globale e particolare delle varie componenti di fragilità e potenzialità che tale generoso patrimonio nasconde. L’abbandono dell’area è attualmente la componente più


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evidente lasciata in eredità dalle passate generazioni, cui, di contro, è maturata, negli anni, l’urgenza di ripensare organicamente alla destinazione di un patrimonio storico, artistico ed ambientale la cui vastità occupa circa un quinto dell’intero territorio urbano. La sua vicinanza, inoltre, con il tessuto urbano e con la viabilità di tipo primario nei collegamenti verso i nuclei interni della città, è un’altra componente di urgenza che si aggiunge ai motivi che hanno maturato questa scelta. Il Sistema del “Parco Anulare delle Mura Dionigiane” è suddiviso in tre zone: a) Parco delle Mura Dionigiane (F2) b) Parco Territoriale delle Mura Dionigiane (F3) c) Parco Urbano delle Mura Dionigiane (S3) a) Parco delle Mura Dionigiane (F2) Gli ambiti zonali F2-F3-S3, costituenti omogeneamente il sistema del “Parco delle Mura Dionigiane”, saranno sottoposti a piani particolareggiati a cura della Soprintendenza ai BB.CC.AA. e del Comune, ciascuno per le rispettive competenze. Questi piani di dettaglio, meglio disciplinati nelle norme tecniche di attuazione, dovranno attestarsi ad un unico obiettivo costituente la risultante di un confronto progettuale aperto tra i due enti competenti. L’obiettivo sarà fondato sulla riappropriazione culturale delle testimonianze storiche da parte della collettività siracusana, al fine di poter annoverare questa parte di territorio tra le “aree risorsa” per il rilancio di un segmento assai importante dell’economia siracusana, qual è il turismo culturale. Il progetto unitario del “Parco Territoriale” e del “Parco Urbano” è stato disegnato in previsione del futuro Parco delle Mura Dionigiane dalla Soprintendenza ai BB.AA.CC. Nessun progetto sarebbe stato possibile senza il recepimento dei contenuti culturali interni alle aree vincolate e tutelate dalla Soprintendenza. Una coesione territoriale tra le due entità è la chiave


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per evitare in futuro possibili dissidi nell’uso razionale e corretto del territorio da parte del turista, del cittadino, dell’imprenditore privato, dello studioso e della formazione didattica. Si sono volute, infatti, superare progettualmente le perplessità che da varie parti del territorio nazionale si sollevano circa le incongruenze e le occasioni di crisi in una progettazione territoriale mutilata del proprio “partner di confine”, in aree complesse in cui il bene archeologico affiora insieme alla continuità di una frequentazione storica millenaria, e laddove, nelle aree contigue, interessi pubblici e privati risultano sovrapposti e tra loro conflittuali. Inoltre il rinnovato interesse della ricerca scientifica archeologica per il complesso delle Mura Dionigiane e del Castello Eurialo, oggetto di studio da parte dell’Istituto Archeologico Germanico di Roma, condotto sotto la direzione della Soprintendenza Archeologica di Siracusa, ha sollecitato la necessità di bloccare ogni tentativo di incontrollato espansionismo della città ai margini delle evidenze archeologiche. Il ruolo delle fasce F3+S3, a cuscinetto tra beni di Stato e aree urbane, permetterà infatti allo stesso “Parco Archeologico” di usufruire di spazio di rispetto aggiunto a quello perimetrato dallo Stato e una migliore visibilità e penetrazione turistica alle aree di interesse storico. b + c) Il complesso F3+S3 risponde ai seguenti obiettivi: F3. Mantenere una fascia di rispetto che si leghi direttamente ai temi della salvaguardia e tutela del patrimonio già gestito dallo Stato, di fatto aumentando e garantendo ulteriormente, con precise norme urbanistiche, la salvaguardia delle aree limitrofe alla zona archeologica, creando, quindi, maggior visibilità e tutela del bene archeologico stesso. L’area servirà a smaltire inoltre la sofferenza di una massiccia frequentazione turistica nella zona archeologica di Stato, assorbendone l’impatto d’uso, attraverso una rete di fruizione diversificata. S3. Promuovere lo sviluppo di un turismo culturale che si affacci


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e possa vivere organicamente con le aree vincolate su un lato e, sull’altro versante, costituisca occasione per il re-styling delle aree limitrofe urbane, abbassandone le attuali visibilità di degrado e rivalutandone il posizionamento strategico nella nuova realizzazione del parco. In questo ambito va osservata la proiezione economica che un regime a basso impatto ambientale potrà sviluppare in termini di turismo culturale. Il confine tra le zone F2, F3 ed S3 non è un limite statico e non costituisce preciso confinamento progettuale: le future e possibili nuove acquisizioni della conoscenza archeologica giocheranno un ruolo dinamico nella modifica dell’aspetto fin qui rappresentato. Sotto questa lettura è possibile per tutti comprendere il valore di unicità e di innovazione del “Parco delle Mura Dionigiane” nel contesto dei grandi parchi urbani realizzati, in Italia e in Europa, all’interno di città caratterizzate da testimonianze passate: un progetto che diventa attuale solo laddove si leggono le proiezioni nel futuro, nella sua potenzialità di contenere oggi caratteristiche vivibili dalle prossime generazioni.


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3.2_ Piano Paesistico dell’ambito 17 della Soprintendenza BB.CC.AA. di Siracusa Il Piano Paesistico d’Ambito definisce stricto sensu le categorie di intervento secondo un percorso logico che dalla “tutela” del bene giunge alla sua “valorizzazione”. La conservazione dello stato di fatto come espressione di uno stato di equilibrio o di processi evolutivi dell’ecosistema, e la tutela dei valori emergenti, assicurando la fruizione e l’utilizzazione sostenibile del paesaggio naturale e culturale, deve portare alla realizzazione di interventi volti a consentire e/o migliorare la fruizione dei valori paesaggistici tutelati. La grande superficie del Parco Anulare delle Mura Dionigiane del PRG Gabrielli viene chiaramente interessata dalle varie carte d’analisi. In particolare, dallo studio del sistema antropico (tav. 9.3) dove vengono evidenziati vincoli e aree archeologiche, è chiaro come buona parte del parco venga interessata da vincoli diretti o indiretti, e che un’estesa porzione di territorio all’interno del perimetro tracciato dal Piano Regolate sia già area demaniale precedentemente espropriata e quindi, già di proprietà pubblica. Vengono quindi individuate sulle aree private 3 differenti tipologie di vincolo: a) Vincolo archeologico ex art.10 D.lgs. 42/04 (vincolo diretto) b) Vincolo archeologico ex art.10 D.lgs. 42/04 - Aree di protezione con prescrizioni contenute nel decreto amministrativo (vincolo indiretto) c) Area di interesse archeologico, art.142 lett.m)D.lgs.42/04 Se da un lato quindi, il Piano Paesistico considera le componenti qualificanti del territorio, derivanti dalla presenza e dalla rilevanza dei beni culturali e ambientali e i vincoli che ne derivano, dall’altro considera le componenti strutturanti del paesaggio, che attengono essenzialmente ai contenuti della geomorfologia del territorio, ai suoi aspetti dal punto di vista biotico, nonché alla forma e alla tipologia dell’insediamento, e le cui qualità e relazioni possono definire aspetti configuranti specificamente un determinato territorio.


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Dall’analisi dei differenti strati tematici ed elementi, dalla loro lettura incrociata e sovrapposizione critica, viene progressivamente riconosciuta una possibile articolazione di questo territorio in differenti paesaggi locali. In essi le componenti dei sistemi e dei sottosistemi del paesaggio rivelano la loro interdipendenza e la loro natura sistemica, secondo schemi e criteri soggetti alle diverse interpretazioni, relazioni, valori, persistenze culturali, riconoscibilità e identità del territorio. Il paesaggio locale rappresenta inoltre il più diretto recapito visivo, fisico, ambientale e culturale delle azioni e dei processi, delle loro pressioni e dei loro effetti, sui beni culturali e ambientali. Sulla base degli scenari strategici, che definiscono valori, criticità, relazioni e dinamiche vengono definite: 1) le aree in cui opere ed interventi di trasformazione del territorio sono consentite sulla base della verifica del rispetto delle prescrizioni, delle misure e dei criteri di gestione stabiliti dal Piano Paesaggistico ai sensi dell’art.143, comma 1 lett. e), f), g) e h) del Codice; 2) le aree in cui il Piano paesaggistico definisce anche specifiche previsioni vincolanti da introdurre negli strumenti urbanistici, in sede di conformazione ed adeguamento ivi comprese la disciplina delle varianti urbanistiche, ai sensi dell’art.145 del Codice. Le aree di cui al punto 2) comprendono: 1) i Beni Paesaggistici di cui all’art.134, lett. a) e b), del Codice; 2) i Beni Paesaggistici individuati ai sensi dell’art. 134, lettera c), del Codice, caratterizzati da aree o immobili non ancora oggetto di tutela e di cui è necessario assicurare in sede di piano un’appropriata considerazione ai diversi livelli di pianificazione e gestione del territorio. Tali aree vengono articolate secondo i seguenti regimi normativi: Aree con livello di tutela 1 Aree caratterizzate da valori percettivi dovuti essenzialmente al riconosciuto valore della configurazione geomorfologica; emergenze percettive (componenti strutturanti); visuali privilegiate e bacini di intervisibilità (o afferenza visiva).


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Aree con livello di tutela 2 Aree caratterizzate dalla presenza di una o più delle componenti qualificanti e relativi contesti e quadri paesaggistici. In tali aree, oltre alle procedure di cui al livello precedente, è prescritta la previsione di mitigazione degli impatti dei detrattori visivi da sottoporre a studi ed interventi di progettazione paesaggistico ambientale. Va inoltre previsto l’obbligo di previsione nell’ambito degli strumenti urbanistici di specifiche norme volte ad evitare usi del territorio, forme dell’edificato e dell’insediamento e opere infrastrutturali incompatibili con la tutela dei valori paesaggistico-percettivi o che comportino varianti di destinazione urbanistica delle aree interessate. Le politiche di sostegno all’agricoltura dovranno preferibilmente essere finalizzate ed orientate al recupero delle colture tradizionali, con particolare riferimento a quelle a maggior rischio di estinzione, nonché alla tutela della biodiversità. Le aree con livello di tutela 2 potranno essere oggetto di piani particolareggiati, piani quadro o piani strategici finalizzati alla valorizzazione della risorsa paesaggistica, alla valorizzazione degli usi agricoli tradizionali e ad interventi di riforestazione con l’uso di specie autoctone basate anche sullo studio della vegetazione potenziale e/o su eventuali testimonianze storiche. Aree con livello di tutela 3 Aree che devono la loro riconoscibilità alla presenza di varie componenti qualificanti di grande valore e relativi contesti e quadri paesaggistici, o in cui anche la presenza di un elemento qualificante di rilevanza eccezionale a livello almeno regionale determina particolari e specifiche esigenze di tutela. Queste aree rappresentano le “invarianti” del paesaggio. In tali aree, oltre alla previsione di mitigazione degli impatti dei detrattori visivi individuati alla scala comunale e dei detrattori di maggiore interferenza visiva da sottoporre a studi ed interventi di progettazione paesaggistico ambientale, è esclusa ogni edificazione. Nell’ambito degli strumenti urbanistici va previsto l’obbligo di previsione di specifiche norme


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volte ad evitare usi del territorio, forme dell’edificato e dell’insediamento e opere infrastrutturali incompatibili con la tutela dei valori paesaggistico-percettivi o che comportino varianti di destinazione urbanistica delle aree interessate. Le politiche di sostegno all’agricoltura dovranno preferibilmente essere finalizzate ed orientate al recupero delle colture tradizionali, con particolare riferimento a quelle a maggior rischio di estinzione, nonché alla tutela della biodiversità. Le aree con livello di tutela 3 potranno essere oggetto di piani particolareggiati, piani quadro o piani strategici finalizzati alla valorizzazione della risorsa paesaggistica, alla valorizzazione degli usi agricoli tradizionali e ad interventi di riforestazione con l’uso di specie autoctone basate anche sullo studio della vegetazione potenziale e/o su eventuali testimonianze storiche. Per il “Paesaggio delle Mura Dionigiane” ed aree archeologiche presenti nel contesto urbano, che ricadono, a onor del vero, per la maggior parte nel livello di tutela 3, gli obiettivi specifici che vengono individiuati dal PP, sono quelli della tutela e valorizzazione del patrimonio paesaggistico attraverso misure orientate alla conservazione del sistema archeologico di area vasta e al recupero paesaggistico-ambientale ed eliminazione dei detrattori. Anche qui, come per il PRG, si pone come necessario un’integrazione di quest’area con la città e il suo funzionamento. Non è però il Piano Paesistico lo strumento attraverso il quale mettere in pratica questi obbiettivi, essendo solamente un forte strumento di controllo descrittivo, prescrittivo e propositivo nei riguardi della tutela del paesaggio.


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4_IL PARCO ARCHEOLOGICO.


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Se il Piano Paesistico indica gli obbiettivi per uno sviluppo integrato della città e del suo territorio, attraverso uno strumento come quello del Piano Archeologico si cerca di concretizzarli. In questo capitolo si cercherà di spiegare il funzionamento, l’organizzazione e gli obbiettivi di questo strumento urbanistico, nel particolare contesto siracusano. Attualmente il Parco Archeologico della Neapolis, situato nella parte nord-occidentale della città moderna, ed esteso circa 240.000 mq., è uno straordinario palinsesto della storia dell’antica Siracusa. Esso, frutto di una lunga e difficile opera di salvaguardia negli anni Cinquanta, racchiude non soltanto la parte più monumentale della città, ma anche una densa serie di testimonianze di varie epoche, dall’età protostorica a quella tardoantica e bizantina: un museo a cielo aperto Con il decreto di perimetrazione del nuovo Parco Archeologico di Siracusa, riguardante le aree su cui sorgeva l’antica cinta muraria e l’attuale Parco della Neapolis, vengono confermate ed integrate le misure di tutela del Piano Paesistico, ma nulla è ancora stato fatto riguardo la sua futura valorizzazione. Il Parco si trova ancora ad una fase iniziale del suo processo di attuazione. Attualmente infatti, Per meglio comprendere la struttura e le finalità di questo strumento, in bilico tra urbanistica e archeologia, si vuole cercare di chiarire come l’ordinamento giuridico italiano è giunto alla sua formulazione e come esso prevede sia istituito, attuato e gestito, basandosi sulla documentazione presentata in allegato alla legge regionale del 3 novembre 2000 n.20, che viene qui in parte riportata ed analizzata, e sulle “Linee guida per la costituzione e la valorizzazione dei parchi archeologici”.


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4.1_LA NOZIONE DI PARCO ARCHEOLOGICO. L’articolo 9 della Costituzione individua la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione tra i compiti fondamentali della Repubblica Italiana. Questa disposizione rappresenta il punto di approdo di una lunga tradizione giuridica che vede nel patrimonio culturale (comprensivo dei beni culturali e paesaggistici), oltre che un lascito del passato da custodire e conservare con cura, un importante strumento di crescita individuale e collettiva da mettere a disposizione dei cittadini. A tal fine sono affidati alla «Repubblica», nelle sue varie articolazioni - Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato (art. 114) -, due principali doveri: il primo è quello di assicurare la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale nazionale in tutte le sue componenti, materiali e immateriali; il secondo è quello di garantire la possibilità di accesso ai beni culturali e paesaggistici e la loro effettiva fruizione da parte di tutti. Il significato originario del concetto di parco ha una valenza meramente protezionistica, in quanto serve a designare un luogo chiuso, protetto dai condizionamenti esterni, deputato allo svolgimento di un determinata funzione o attività, come pure alla difesa delle cose, degli animali o dei valori che vi rimangono custoditi. Il concetto di Parco Archeologico si inserisce quindi in questo contesto, ma venne adoperato la prima volta nel 1922 per esprimere la concezione, allora corrente, secondo cui i beni naturali dovevano essere isolati e recintati al fine di difenderli dalla pressione antropica circostante, si è ormai consolidata un’immagine del Parco di area protetta corrispondente a quella di un istituto capace di dare prospettive nuove alle attività dell’uomo, siano queste di carattere produttivo che quelle del tempo libero e della ricerca espressiva. Il che è frutto dell’affermazione di una precisa costruzione teorica , che ha proposto un concetto di parco non sacrificato in rigide normative standardizzate, in armonia con le esigenze della popolazione locale e inserito in una cornice “sistemica”; ma anche e soprattutto del successo che è stato alla fine accordato al modello


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di gestione del territorio - aperto alla pubblica fruizione - proprio dei parchi nazionali e regionali proliferati negli ultimi vent’anni. Il che rimanda all’attività legislativa svolta dalla Regione siciliana nei primi anni ’80, quando, con una scelta fortemente innovativa, venne imboccata la strada che portò al varo dei tre Parchi regionali e delle varie Riserve Naturali e alla loro sostanziale accettazione da parte degli abitanti, grazie all’attività faticosa, e perciò ancor più meritoria, svolta in tal senso dall’Amministrazione regionale del Territorio e dell’Ambiente. Ciò è presumibilmente la ragione del largo successo che il termine “Parco” ha avuto nella legislazione degli ultimi dieci anni, nella quale esso ha finito per travalicare l’accezione originaria, strettamente legata all’esperienza della protezione ambientale, per essere adoperato con riferimento a discipline in parte o in tutto diverse. Si è così assistito alla nascita dei Parchi marini ( Legge 31 dicembre 1982, n.979), ma anche dei Parchi tecnologici ( è del 1990 la costituzione dell’Associazione dei Parchi Scientifici e Tecnologici Italiani) e più recentemente di Parchi Culturali (Parco Culturale del Tigullio, 1998) e di Parchi Letterari, un’idea quest’ultima che ha avuto buona fortuna in Sicilia ( dove sono stati presentati 79 progetti) e che dovrebbe stimolare la creazione di nuove imprese giovanili, finanziabili in base alla legge 263 del 1993. La necessità, innescata dalle prospettive della congiuntura economica, di creare “a casa propria” occasioni di sviluppo è dunque il fondamento del successo dell’idea di parco come strumento per valorizzare il territorio. Il che non toglie che di Parchi si continui a parlare soprattutto con riferimento al settore della salvaguardia del patrimonio naturale. Così, l’ente parco previsto dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394, sulle aree naturali protette, sebbene tra le finalità di questa disciplina rientri la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici e architettonici (articolo 1), rimane sostanzialmente deputato alla tutela degli aspetti naturali e non sembra idoneo a essere utilizzato i quei contesti nei quali natura e cultura sono continuamente


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integrati. Da qui la netta separazione che intercorre all’interno dei Parchi nazionali, al di là degli enunciati della legge, tra beni culturali e ambientali e tra tutela e valorizzazione. Il risultato in molti casi è stato paralizzante, soprattutto in riferimento ai territori dei parchi che includono centri storici e aree archeologiche. Diversa e sotto molti profili più felice è stata l’attuazione delle leggi regionali 6 maggio 1981, n. 9 e 9 agosto 1988, n. 14, recanti norme per l’istituzione nella Regione siciliana di parchi e riserve naturali. Quando, nel 2000 con l’istituzione del Parco Archeologico di Agrigento, il legislatore ha rimesso mano alla materia dei “parchi archeologici” e ha rivisitato globalmente quanto stabilito dalla legge del 1993, l’indubbio successo conseguito dalla disciplina dei parchi naturali regionali ha portato a fare riferimento a quel modello operativo, ritenuto idoneo per un’azione integrata di tutela e promozione; per introdurre criteri di individuazione, tutela e gestione dei sistemi storici e ambientali presenti nel territorio, non disgiunti dallo sviluppo di “azioni economiche sostenibili”.


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4.2_L’ENTE PARCO E IL SUO TERRITORIO. Negli ultimi trent’anni aree archeologiche di straordinaria importanza hanno patito gli effetti del dilagante abusivismo edilizio e di interventi scriteriati che hanno inesorabilmente compromesso l’adeguata conservazione di un patrimonio di interesse mondiale. E’ il caso della Valle dei Templi di Agrigento o anche di Pompei ed Ercolano, stretti nella morsa delle città abitate, ma è anche il caso delle migliaia di piccole e grandi aree di non minore importanza che costituiscono l’ossatura dello straordinario tessuto archeologico del paese e che richiedono di essere urgentemente sottratte agli scavi clandestini, allo stato di abbandono e al degrado. La legge 1089 del 1939, sostanzialmente riproposta dal Testo Unico 490 del 1999, ha un contenuto meramente negativo e si limita a impedire, o a tentare di impedire, che il patrimonio archeologico sia danneggiato; la coscienza collettiva esige invece che oggi i pubblici poteri dicano con molta chiarezza che cosa si deve fare, e chi lo deve fare, per la costituzione di un luogo nel quale i beni della cultura (naturalistici e umani) si pongano a disposizione del cittadino. Occorre superare il modello conflittuale del 1939, basato sulla contrapposizione tra l’interesse dell’autorità di tutela a una tutela rigorosa del bene archeologico e quello dei privati di eludere i vincoli di qualsiasi natura, per giungere a profili amministrativi nuovi, capaci di ridefinire la protezione del patrimonio archeologico. Tra questi emerge quello del parco archeologico, strumento di fruizione culturale per porre a disposizione del cittadino un bene culturale da conoscere e da godere. La funzione del parco è quindi di consentire una risposta quanto più immediata e ragionata ai problemi posti dal territorio, dalla sua estensione e dalla sua natura, ottimizzando, in virtù della sua autonomia gestoria, i livelli di interazione con la comunità locale, al fine, corrispondente all’esigenza di tutela del patrimonio culturale del parco, di organizzare al meglio la ricerca archeologica e di rendere fruibili i beni diffusi attraverso una visione ragionata degli stessi.


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L’interesse archeologico della zona deve risiedere nei beni “emersi”, cioè almeno in parte recuperati e acquisiti dall’Amministrazione di tutela: senza di che, l’istituzione del parco diviene intuitivamente priva di qualsiasi immediata utilità e si traduce nella irragionevole duplicazione di funzioni riservate alle Soprintendenze regionali e da queste svolte con profitto. Ciò non toglie che nelle aree del parco deve sussistere anche un interesse archeologico “in potenza”, ovvero la sicura presenza nel sottosuolo di testimonianze archeologiche tali da aprire la prospettiva di un ampliamento degli scavi e quindi della fruizione da parte del pubblico. Lo strumento del parco archeologico presuppone quindi quelli del vincolo e dell’esproprio, che debbono preesistergli, e deve essere adoperato nelle realtà locali in cui esso serve a rendere fruibile una zona archeologica secondo un piano di valorizzazione e ampliamento delle ricerche che mirino a completare il quadro storico della zona. La pianificazione degli interventi è deputata al programma delle attività del Parco, redatto dal direttore e sottoposto al parere del comitato tecnico scientifico (artt. 22 e 23 l.r.20/2000); il che non esclude la necessità, per evitare la dispersione delle risorse e ottimizzare i risultati della gestione, di un momento di coordinamento centrale, che passa attraverso il livello della verifica tecnico scientifica dei programmi, ma che deve prevedere anche l’ordinamento di un network dei parchi, e quindi l’adozione di marchi, immagini e iniziative promozionali comuni. Da un punto di vista più complessivo, l’attuazione del sistema dei parchi archeologici richiede chiarezza di pianificazione strategica e unità di programmazione operativa e gestionale, senza le quali gli interessi particolaristici segnerebbero il fallimento dell’operazione. Il programma delle attività, soprattutto quello triennale, è in realtà destinato a svolgere un ruolo fondamentale per superare la prospettiva del “museo all’aperto”, peraltro accolta, con qualche distinzione, anche dal Testo Unico delle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali, e per collegare il parco archeologico alle


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problematiche della pianificazione dello sviluppo e della promozione del sito. Il concetto di Museo all’aperto, proprio dell’impostazione data a suo tempo dal Ministero al concetto di parco archeologico, riduce quest’ultimo a una species del genus area archeologica, dal quale si differenzia per la presenza di percorsi attrezzati, itinerari ragionati o sussidi didattici, nonché di misure di sicurezza di qualità. I parchi archeologici regionali sono questo, debbono essere questo,ma debbono anche essere qualcosa d’altro. Ad un approccio essenzialmente statico, quale è quello del “museo all’aperto”, nel quale opera una sorta di corrispondenza tra parcoarea e museo-antiquarium, occorre sostituirne uno di tipo dinamico, nel quale il parco deve tendere a migliorare sia l’attualizzazione delle potenzialità archeologiche sia l’interazione con le potenzialità culturali della zona. Il primo obiettivo si realizza permettendo che le attività di ricerca scientifica e di promozione proseguano senza incontrare ostacoli di natura burocratica o altra: l’autonomia di ricerca e di gestione sono preordinate a questa finalità, che, dal punto di vista territoriale riguarda la zona A dei parchi. Il secondo obiettivo muove dalla constatazione che se è vero che lacreazione di un parco archeologico che interessi aree private costituisce un elemento di conflitto con le comunità locali (o almeno con alcune categorie), è altrettanto vero che queste frizioni si superano se e in quanto il Parco diventa moltiplicatore keynesiano di attività economiche alternative, legate alla presenza del parco stesso. Ora, un parco archeologico che si limiti all’estensione appartenente al demanio o al patrimonio pubblico, non soltanto appare incompleto da un punto di vista culturale e scientifico (perché all’interesse archeologico dell’area ove sono stati scoperti reperti interessanti e della zona immediatamente limitrofa si accompagna in genere anche quello della localizzazione storica del bene, che certamente si estende al di là dei limiti in quel momento definibili), ma rende problematica l’instaurazione di rapporti sinergici con le popolazioni


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4.3_UNO STRUMENTO TRA URBANISTICA E ARCHEOLOGIA.

Le ricerche archeologiche territoriali, ampiamente sviluppatesi nei settori della diagnostica e della interpretazione, rappresentano il fondamento scientifico per una lettura diacronica delle tipologie insediative. Al tempo stesso esse rappresentano il presupposto tanto per le politiche urbanistiche quanto per la gestione della tutela. Il rapporto tra ricerca, tutela e urbanistica rappresenta quindi un nodo fondamentale nel quale l’archeologia, nei suoi aspetti teorici e pratici, svolge un ruolo indispensabile, di cui si sta prendendo progressivamente coscienza anche nel nostro paese. L’interesse l’archeologico, con l’entrata in vigore della legge 431/85, può essere oggetto di due tipi di tutela concorrenti: quella storico-artistica della legge 1089/39, che impone un vincolo diretto sul singolo bene ed, eventualmente, indiretto su aree circostanti, e quella paesistica della legge 1497/39, che tutela l’intero territorio su cui è ubicato il bene, in quanto l’area presenta un’attitudine alla conservazione e fruizione del contesto di giacenza del patrimonio archeologico. Tale sovrapporsi di vincoli può evidentemente comportare un aggravio delle procedure amministrative, in quanto l’amministrazione competente alla tutela dei beni archeologici e di quelli paesaggistici, deve di volta in volta esaminare, in sede di autorizzazione, le implicazioni dei progettati interventi tanto con l’interesse archeologico del sito quanto con lo stato dei luoghi. Pur con queste avvertenze, era sin da quel momento evidente che l’individuazione delle zone di interesse archeologico da parte dell’art.1, lett.m) della legge Galasso demandava alla necessità di perimetrare, definendone i confini, i paesaggi caratterizzati da elementi archeologici: il che è stato fatto nel corso del tempo da parte delle varie Soprintendenze, con risultati che sono tra l’altro riportati tra gli elaborati delle Linee Guida del Piano Territoriale Paesistico Regionale. L’esigenza di perimetrazione della zona per l’attuazione della tutela paesaggistica, consiste nella necessità di definire caso per caso, in termini quantitativi,la relazione spaziale tra il complesso monumentale archeologico e il suolo sul quale il


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complesso insiste. A più pregnanti necessità di certezza del diritto corrisponde invece l’esigenza di perimetrare i parchi archeologici regionali ai fini dell’applicazione del divieto di costruire previsto dall’articolo 15, lett. e), della legge regionale 12 giugno 1976, n.78, che ha introdotto una fascia di protezione, della profondità di 200 metri, dai confini dei parchi archeologici. Da sottolineare riguardo questa legge, sotto il profilo eminentemente logico, che una norma di tutela adottata dal legislatore nel 1976 non è operante e non lo sarà fino a quando non saranno entrati a regime gli istituti della legge regionale del 2000 che ha istituito i parchi archeologici. Si è già osservato, a questo riguardo, che mentre l’attività di tutela non richiede l’acquisizione di intese con le autorità preposte alla tutela di altri interessi pubblici, la realizzazione del parco è destinata a incidere anche sulle aree contermini, nelle quali il raggiungimento degli obiettivi del Parco non soltanto consente, ma richiede, la realizzazione di interventi che possono andare al di là di quelli meramente conservativi e possono comportare scelte di utilizzo e trasformazione del territorio di competenza di altre autorità. Attraverso lo strumento dell’esproprio si ottenne il duplice scopo di separare l’area archeologica dal contesto contemporaneo e riservare l’antica città alla ricerca archeologica, affidata nella sua interezza all’ente pubblico. Ma in tal modo si è determinata la rigida separazione dell’organismo urbano antico dal suo contesto di riferimento, che ha inciso negativamente sia sulla ricerca storica sia sulla gestione del territorio. Quanto al primo punto è sufficiente osservare che nessuna città è stata mai in grado di vivere da sola, senza la dialettica relazionale con il territorio che la circondava e dal quale traeva risorse. Sul secondo aspetto, relativo al governo del territorio, l’esempio più illuminante è forse quello di Paestum, che, malgrado la legge speciale voluta decenni fa da Umberto Zanotti Bianco, è stata stretta in una morsa asfissiante dalla inarrestabile cementificazione. La legge regionale 20 del 2000 si prefigge obiettivi ben diversi e


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prevede alcuni precisi momenti di collegamento tra l’attività dell’Ente Parco e quella dei Comuni interessati, i quali non a caso sono presenti, così come l’autorità di tutela, all’interno del comitato tecnico scientifico, organo al quale spetta, tra l’altro, esprimere il parere necessario per l’approvazione dei programmi annuali e pluriennali del Parco. Sotto altro punto di vista, il Comune partecipa anche alla formazione del regolamento del Parco, che ha lo scopo di determinare “modalità d’uso, vincoli e divieti” che sono destinati a operare sul territorio del Parco, ad “integrazione e, qualora in contrasto, variante agli strumenti urbanistici vigenti nel territorio interessato”. Come per ogni territorio, per il rilancio delle attività per lo sviluppo, occorre identificare un’immagine collettiva che aiuti gli individui e le istituzioni ad agire con successo e misurare la loro capacità di cooperare. I Parchi archeologici regionali possono diventare il luogo da dove ripartire per direzioni nuove, riassegnando al territorio regionale un ruolo referente per programmare il futuro. Perché ciò accada, occorre una metodologia di gestione dinamica di un territorio complesso come quello del parco capace di interpretare la ricchezza del luogo in termini propositivi. Il termine “gestione” qui adoperato, così come altrove in queste Linee Guida, deve essere considerato in senso tecnico e cioè nell’accezione dell’art.148, lett. d), del Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 112, secondo cui esso comprende “ogni attività diretta, mediante l’organizzazione di risorse umane e materiali, ad assicurare la fruizione dei beni culturali e ambientali, concorrendo al perseguimento delle finalità di tutela e di valorizzazione” Soggetto della gestione è, nel disegno della legge sui parchi archeologici, l’Ente Parco. Si tratta di un ente pubblico che - art. 21, comma ottavo - ha piena AUTONOMIA, articolata in: 1. autonomia scientifica e di ricerca. La ricerca archeologica, il restauro, la manutenzione e la conser-


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vazione del patrimonio archeologico compreso nel territorio del Parco sono effettuati dall’Ente: i relativi interventi, compresi nel programma delle attività dell’Ente e comunque approvati secondo le modalità di cui alla legge 20/2000, non necessitano di ulteriori autorizzazioni o pareri; 2. autonomia organizzativa. L’Ente parco predispone lo schema del proprio regolamento interno, nel quale sono fissate le norme per l’organizzazione ed il funzionamento del parco. Questo schema, approvato dall’Assessorato, costituisce il regolamento interno del Parco, alla cui esecuzione e al cui rispetto da parte dei terzi sovraintendono gli organi dell’Ente, che, analogamente, sono tenuti ad assicurare il generale rispetto dell’altro regolamento, quello predisposto dalle Soprintendenze, che contiene i vincoli i divieti e le modalità d’uso del territorio del parco. 3. autonomia amministrativa. L’Ente amministra, mediante i suoi organi, il patrimonio affidatogli mediante atto di dotazione al momento della sua istituzione, nonché i beni conferiti o acquistati successivamente; predispone il proprio bilancio preventivo, nonché il conto consuntivo, e ne gestisce i relativi capitoli; amministra il personale assegnato in servizio dall’Assessorato e provvede alle spese necessarie per l’ordinario funzionamento del parco; 4. autonomia finanziaria. Quest’ultima comprende espressamente la gestione delle entrate che affluiscono al bilancio dell’Ente e non include le spese relative al personale. Queste ultime restano infatti a carico dell’Assessorato regionale dei Beni Culturali e Ambientali, che assegna al parco la dotazione di personale stabilita sentito il direttore del Parco: il che comporta che l’individuazione dell’organico procede su indicazione e proposta del direttore di ciascun Parco e, quindi, sarà articolata sulla base delle effettive necessità dei vari siti. Le entrate del Parco sono costituite da: 1. somme assegnate in via ordinaria, per il funzionamento dell’i-


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stituzione, da parte dell’Assessorato regionale dei beni culturali ed ambientali e della pubblica istruzione; 2. proventi derivanti dalla vendita dei biglietti di ingresso, dai servizi offerti a pagamento, dalla vendita di pubblicazioni dallo stesso edite e da altre attività organizzate dal parco; 3. contributi e donazioni di soggetti pubblici e privati. Le suddette entrate affluiscono sul bilancio del parco, che è soggetto ad approvazione, così come il conto consuntivo delle attività svolte, da parte dell’Assessore regionale per i beni culturali. L’ampia capacità di azione assicurata all’Ente è preordinata all’esigenza di affrontare e superare la questione delle attività gestorie all’interno di quelle aree archeologiche, che, per dimensioni e natura, presentano la opportunità di mettere in condivisione il patrimonio archeologico e ambientale posseduto con la comunità locale, fortificando in tal modo le caratteristiche intrinseche dei luoghi, così da non trasformarli in crisalidi prive della capacità di elaborare ogni prospettiva futura. Ma il momento della gestione e valorizzazione delle aree archeologiche resta subordinato, concettualmente e giuridicamente, a quello della tutela, che, in via preventiva e successiva, agisce e condiziona l’attività dell’ente. Al momento della proposta di istituzione del parco, infatti, le Soprintendenze debbono predisporre non solo la perimetrazione (o zonizzazione) del territorio del parco, ma anche il suo REGOLAMENTO. A parte la dizione adoperata dal legislatore, non vi è dubbio che si tratti di un atto diverso e sopraordinato al regolamento la cui redazione la stesa legge affida, in un momento successivo, all’iniziativa dello stesso ente Parco. Quest’ultimo è un mero regolamento interno, con funzioni ordinamentali dell’attività dell’Ente; il primo è invece un “piano - regolamento” che stabilisce i vincoli, le modalità d’uso e di divieti operanti sul territorio e costituisce, ove necessario, variante alle previsioni dei PRG dei Comuni interessati, che, anche per questo, debbono esprimere al riguardo il loro parere. Si tratta di un atto destinato a incidere e condizionare l’attività non


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solo dei terzi ma anche dello stesso Ente parco, chiamato ad assicurarne la puntuale attuazione, e costituisce l’estrinsecazione, da parte delle Soprintendenze, dei criteri di tutela del patrimonio archeologico e delle sue valenze ambientali. Il regolamento del parco non deve prefigurare soluzioni definitive ma neppure deve assecondare lo stato delle cose: deve costituire un insieme organico di sollecitazioni destinate a interagire con la realtà locale per creare i presupposti di nuovi scenari di sviluppo. In tal senso esso è destinato a essere la Grundnorm del parco, l’elemento catalizzatore di uno sviluppo endogeno che, facendo leva sulle risorse paesaggistiche, ambientali, culturali e sociali del territorio, porti a “riorganizzare in sistema i sintemi” (Cabianca), i segni dell’identità dei luoghi, per renderli nuovo motore di sviluppo. Ma anche dopo l’istituzione del Parco non vengono meno le norme di tutela. Permane infatti l’obbligo da parte delle Soprintendenze di assicurare, anche all’interno del territorio del Parco, il puntuale rispetto dei vincoli paesaggistici e archeologici; le procedure derogatorie previste dalla legge per l’approvazione dei progetti rientranti nei programmi di attività dell’Ente, hanno infatti natura eccezionale e non si estendono a interventi che rientrino in tipologie diverse. Ciò comporta la necessità di costanti momenti di verifica e condivisione delle attività tra l’amministrazione di tutela e l’ente di gestione.


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4.4_ LA ZONIZZAZIONE. Prima dell’istituzione del Parco, lo schema di questo regolamento è sottoposto al parere obbligatorio del Comune, dal quale, con ogni evidenza, vanno contestualmente valutati anche gli altri elaborati che corredano la proposta di parco. Tra questi rileva la perimetrazione del Parco, al cui interno, secondo la legge, vanno individuate un’area archeologica (zona A), un’area di rispetto (zona B) e un’area di interesse paesaggistico (zona C), avete natura meramente residuale e contenuto facoltativo. ZONA A L’’inserimento di un terreno nell’area del parco archeologico o, più precisamente, nella sua zona A, comporta la sua destinazione all’uso pubblico, in modo così assoluto e pregnante che non è mancato chi , per i corrispettivi ambiti dei Parchi naturali, ha parlato dell’insorgere di una proprietà pubblica collettiva amministrata dall’Ente Parco. Ne discende che all’interno della zona A del parco, per quanto possibile, vanno inserite aree archeologiche già demanializzate o in via di demanializzazione. Il che non esclude di concepire in linea teorica ammissibile una perimetrazione di zona A che comprenda anche aree non demaniali e quindi di proprietà di privati o di amministrazioni terze. L’Ente Parco potrebbe anzi inserire anche terreni precedentemente non vincolati, i cui proprietari, per effetto della avvenuta inclusione dei loro cespiti all’interno del Parco, verrebbero sottoposti a tutte le restrizioni alle facoltà di godimento che derivano dalle varie prescrizioni dettate a tutela dell’ambiente archeologico del parco. Il tutto senza che il sacrificio sopportato dia luogo a indennizzo. E’ altrettanto vero che l’Ente potrebbe in un momento successivo al suo insediamento intervenire sul regime proprietario dei beni compresi in zona A, rendendosi acquirente dei terreni ovvero sottoscrivendo con i loro titolari accordi miranti a ottenere l’uso o la gestione temporanea dei beni stessi.


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Ma in via ordinaria, il Parco di area archeologica dovrebbero avere ad oggetto terreni demanializzati in funzione del loro interesse archeologico, e comunque assoggettati, per la stessa ragione a vincolo archeologico o indiretto. In caso di assenza assoluta di questi elementi, deve poi ritenersi esclusa la possibilità stessa di istituire un parco archeologico, perché mancherebbero le condizioni per organizzare la gestione del territorio archeologico, la cui indagine dovrebbe allora essere riservata alla Soprintendenza, almeno sino alla fase di vincolo e di formazione del piano di esproprio dei terreni. Il regime giuridico operante nella zona A è in ogni caso quello del regolamento del singolo Parco, che, quando approvato, determinerà le modalità d’uso, i vincoli e i divieti, che opereranno ad integrazione e variante agli strumenti urbanistici vigenti. In sede di regolamento, la cui redazione la legge demanda alle Soprintendenze, è quindi possibile, da un lato, proporre modifiche e integrazioni al regime vincolistico del territorio considerato e, dall’altro, determinare il regime urbanistico operante in zona A. E’ chiaro che, in linea di principio, in quest’area vanno escluse nuove realizzazioni edilizie o interventi negativi per la consistenza del sottosuolo archeologico, limitandosi, per le esigenze del parco, al recupero e al riuso dell’edilizia preesistente; le nuove edificazioni andranno allocate preferibilmente nella zona C. Al momento dell’istituzione del Parco, l’ente gestore verrà dotato dei beni demaniali ricadenti sul territorio; inoltre, come si è detto, l’Ente potrà in un momento successivo acquistare altre aree. In entrambi i casi, la proprietà pubblica di questi beni è interamente funzionalizzata agli scopi istituzionali del Parco e per tale destinazione essi, ove non lo fossero già a titolo autonomo, sono da considerarsi beni patrimoniali indisponibili. Il regime giuridico relativo deve peraltro essere ripensato alla luce del Regolamento per l’alienazione, il conferimento in concessione o l’utilizzazione mediante convenzione dei beni immobili del demanio storico-artistico dello Stato, delle Regioni, delle Provincie e dei


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Comuni, in corso di pubblicazione. Il parco archeologico, così come delineato dagli articoli 20 e seguenti della legge regionale 20 del 2000, è certamente un organismo complesso, per il cui auspicabile successo è destinata a rivestire un ruolo importante la possibilità di individuare regimi giuridici differenziati e di articolare congruamente la zonizzazione del territorio. Sarebbe altrettanto auspicabile che questo strumento possa divenire per il territorio la sede privilegiata di un nuovo umanesimo e di una conoscenza in cui il sapere scientifico venga acquisito, gestito e trasmesso a diversi livelli e con diversi linguaggi. ZONA B Nell’ordinamento italiano non è previsto che in fase di costituzione di aree archeologiche demaniali custodite vengano create aree tampone per un’ulteriore protezione dell’area stessa e per collegare l’area in modo preciso al territorio. È il caso di sottolineare che tale assenza è stata considerata come un elemento negativo nella valutazione dell’ammissibilità delle proposte d’iscrizione dei beni archeologici nel patrimonio mondiale dell’Unesco. D’altra parte, se immaginiamo un complesso di aree ricadenti in una vasta zona di rilievo archeologico e paesaggistico, alcune potranno essere subordinate a vincolo diretto, altre a vincolo indiretto in quanto funzionali ad altri beni; ma altre ancora potrebbero configurarsi in maniera tale che, pur prospettandosi un’esigenza di tutela, non sia possibile né vincolarle né espropriarle. Nella Regione siciliana il problema ha trovato ben altra e radicale soluzione, in quanto l’art.15, lett. e), della l. r. 78/76 ha previsto una fascia di inedificabilità assoluta profonda 200 metri tutto intorno ai confini dei parchi archeologici. Resta intuitivo che l’area in questione coincide con quella segnata di lettera B nell’elencazione contenuta all’art. 21 della l. r. 20/2000 e che la fascia in questione è strettamente collegata, per finalità e


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conformazione, alla “zona omogenea” A. Ciò vuole significare che al momento di perimetrare il parco archeologico occorrerà tenere conto, da un lato, della consistenza archeologica e del regime proprietario dei terreni che vi insistono, e, dall’altro, anche dello strumento di tutela offerto dalla legge del 1976, che introduce un’area di inedificabilità di 200 metri tutto intorno alla zona A dei Parchi. Le perimetrazioni proposte dovranno quindi tenere conto di tali elementi e del rapporto strumentale che esercita la seconda, avendo altresì presente che nella zona B non potranno essere previste nuove edificazioni. E’ appena il caso di evidenziare che il nesso di strumentalità che vige tra la zona B e la A non esclude che anche il terreno compreso nella zona B sia “archeologico”, e che quindi in questa area, per quanto priva delle emergenze monumentali presenti nel Parco vero e proprio, vengano effettuate indagini e ricerche atte mettere in valore le giaciture del sottosuolo. In caso contrario, la zona stessa verrebbe ad assumere l’aspetto di una singolare cesura tra il Parco e il territorio esterno. Quanto al regime giuridico dei fondi ricadenti in questa zona, la gravosità e la pregnanza del vincolo sopra descritto non impediscono che i terreni compresi in zona B siano di proprietà privata, quantunque lo stretto collegamento teleologico operante, consigli, anche, per questa zona, la scelta della demanializzazione. ZONA C All’esterno del Parco e della sua fascia di rispetto può essere prevista la perimetrazione di un’altra area, la zona “omogenea” C, avente valenze spiccatamente paesaggistiche. Si tratta di una facoltà - e non di un obbligo - concesso alle Soprintendenze, le quali, in sede di proposta di istituzione dei Parchi, possono pensare a una sistemazione “ragionata” dell’area che, per motivi spaziali, è destinata a interagire in termini più immediati con il parco.


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La ratio di questa disposizione risiede solo in parte nella possibilità di salvaguardare l’aspetto di luoghi che, per quanto autonomamente privi di interesse archeologico, sono da tutelare per il ruolo di cornice ambientale che essi rivestono. Infatti, le Soprintendenze possono in ogni caso ricorrere allo strumento del vincolo paesaggistico di territori aventi queste caratteristiche ricorrendo agli strumenti ordinariamente apprestati dall’ordinamento. In realtà, il riferimento all’interesse paesaggistico della zona C, adoperato dal legislatore, deve essere inteso - anche - come la possibilità per l’Amministrazione dei beni culturali di normare e indirizzare le attività antropiche nell’area in questione, che, per il suo rapporto di contiguità con il parco, è destinata a sede di iniziative economiche e culturali strettamente legate all’attività dell’Ente. Si tratta di attività non solo da permettere, ma anche, in taluni casi da incentivare e, in questo senso, la normazione degli usi consentiti in zona C svolgerebbe la funzione di un micro piano paesistico dell’area stessa. E’ peraltro evidente che se il parco vuole realizzare un modello di gestione capace di determinare lo sviluppo sostenibile delle comunità residenti, la individuazione di attività e di iniziative di supporto all’Ente non va limitata alla sola zona C e non va ricercata attraverso momenti latu sensu autoritativi, quali la zonizzazione in questione, ma, piuttosto, in un rapporto di collaborazione con gli operatori economici privati e con gli enti locali interessati aperto, almeno, a tutto il territorio comunale.


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4.5_GESTIre un TERRITORIO ARCHEOLOGICO. Biblioteche, archivi, musei, parchi archeologici e orti botanici sono, ancora oggi, considerati più come luoghi di conservazione e di tutela di beni che come istituzioni che producono e diffondono cultura. Tuttavia è già da qualche anno che il dibattito circa il fine culturale di queste istituzioni è molto acceso e si sono aperte e sviluppate numerose riflessioni sul ruolo che esse debbono assumere all’interno del paese. E’ necessario però ridefinirne non soltanto le finalità e gli obiettivi, ma anche le strategie di comunicazione e le tecniche di intervento nella società. Si prospetta un quadro in cui emergono situazioni giuridiche economicamente vantaggiose per l’amministrazione, la quale, pur mantenendo priorità alla conservazione e al recupero dei beni sottoposti a tutela e al rispetto dei loro valori storici, aggiunge tra i propri obiettivi strategici, in corrispondenza a quanto indicato dall’art.10 del D. Leg.vo 368/98: a) l’acquisizione di risorse finanziarie sufficienti a garantire una adeguata conservazione dei beni nonché il miglioramento della loro fruizione pubblica; b) l’incremento dei servizi offerti al pubblico attraverso l’integrazione delle attività di gestione e valorizzazione. Anche la legge regionale 20 del 2000 concorre alla formazione del nuovo impianto legislativo del settore, nel quale lo strumento da essa previsto, il parco archeologico, assume una specifica rilevanza sia per finalità di tutela che per favorire il coinvolgimenti delle popolazioni locali nella gestione del patrimonio archeologico, risorsa per uno sviluppo ecosostenibile. Non vi è dubbio che il fine di migliorare la pubblica fruizione delle aree del Parco passa anche attraverso la fase della realizzazione dei cosiddetti “servizi aggiuntivi” previsti dalla legge Ronchey, di prossima attivazione in Sicilia, come: servizio navette, servizi guida, servizi ristoro e caffetteria, gestione dei servizi igienici, sezione didattica per i ragazzi, centri di oggettistica e editoria Ma l’autonomia gestionale e finanziaria dell’ente parco permette in realtà di andare oltre e di pensare a momenti di coinvolgimento di


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associazioni culturali, scuole e università nelle attività di gestione: purché ciò avvenga nel rispetto dei vincoli di destinazione delle aree archeologiche. L’Ente Parco potrà in particolare: a) stipulare convenzioni per l’affidamento in gestione, in locazione o concessione, di una parte dell’attività dei servizi o dei beni comunque posseduti, purché i soggetti affidatari agiscano in base ai criteri rispondenti all’esclusivo interesse dell’ente; b) acquistare beni immobili culturali di proprietà dello Stato, delle province e dei comuni, ai sensi della legge 23 dicembre 1998, n. 448, in base ai principi già fissati nella legge 1 giugno 1939, n. 1089, art. 24; c) previa autorizzazione dell’Assessorato, costituire o partecipare alla costituzione di società di capitali che svolgano, in via strumentale, attività diretta al perseguimento di scopi statutari. Affinché vi sia compatibilità tra l’ente parco e l’attività d’impresa svolta da simili società occorre che, per previsione statutaria, gli utili di gestione non vengano ridistribuiti tra i soci ma destinati alla realizzazione dello scopo sociale e che, in caso di estinzione della società, il patrimonio venga devoluto a favore di enti aventi analoghe finalità o istituzioni. Quel che occorre è che la consuetudine con i luoghi che questo modello di gestione tende a favorire ne aumenti la comprensione e l’amore da parte della gente e faccia sì che “nell’immaginario collettivo un parco archeologico non sarà più assimilato a un parco Robinson, fatto di vialetti e di giochi multimediali, ma come testimonianza viva, complessa e monumentale di genti che solcarono il mare su piccole barche e vennero in Sicilia dove crearono città più belle di quelle che li avevano generati”.


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4.6_SIRACUSA E IL PARCO ARCHEOLOGICO URBANO. Se è vero com’è vero che parco archeologico oggi si deve intendere, come vuole una consolidata normativa, un esteso ambito territoriale caratterizzato da importanti evidenze archeologiche dalla compresenza di valori storici, paesaggistici o ambientali, l’enunciazione presuppone che la rilevanza del complesso archeologico sia inquadrata nella realtà territoriale, vista nella sua continuità storica. Non isolamento, perciò rispetto al contesto territoriale: il parco dove raccontare le caratteristiche della terra, della natura messe in rapporto nella loro secolare evoluzione con le vicende dell’antropizzazione aventi forme passeggere o durature, banali o artistiche, urbane o rurali, private o pubbliche, materiali o spirituali, con lo scopo primario di rendere un’immagine globale della storia dell’uomo nel suo ambiente. Ambiente dunque non come cornice naturale del bene culturale, archeologico nella fattispecie, ma arricchimento sostanziale della vita del territorio. ‘ Arricchimento che in un parco archeologico non significa, ripeto, isolamento o delimitazione rigida d’aree d’interesse archeologico da contrapporre ad aree urbane o rurali, ma corretto mantenimento e controllo dinamico di un contesto costituito da fattori naturali ben identificabili e riconoscibili nelle connotazioni di origine e di evoluzione, sui quali sono intervenuti o si sono affiancate, in un millenario processo di convivenza, le opere d’antropizzazione. Certo ogni situazione richiede un’analisi per le peculiarità proprie dei complessi archeologici e delle connotazioni ambientali: la problematica che pone un complesso archeologico in un contesto urbano di oggi è diversa se riferita a spazi liberi in aperta campagna o ancora all’area di un denso polo industriale oppure a un’area in cui è vigente un regime di colture agricole a carattere intensivo ed estensivo, radicalmente diverso rispetto al sistema agricolo tradizionale. In tutti e per tutti, nonostante le diversità delle tipologie, dovrà essere ricercato, evidenziato e proposto il rapporto con le condizioni ambientali che giustificano, accompagnano o condizionano la vita dell’uomo e rendere, così, conto di tutto quello che ha prodotto il lento, secolare accumulo delle opere e dei giorni.


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Indubbiamente per la costituzione di parchi archeologici, analisi particolari vanno affrontate quando i grandi complessi archeologici si trovano in un contesto urbano contemporaneo. Il caso di Siracusa pone problemi particolari in quanto l’uso di determinate aree che sono state, da età greca arcaica ad oggi, oggetto d’urbanizzazione senza soluzione di continuità, ha nella maggior parte dei casi ridotto le antichità ad episodi, seppure eclatanti, che in generale appaiono membra disiecta di un corpo edilizio che è difficile riconoscere, seguire, ricondurre ad un continuum significativo dopo le trasformazioni, le distruzioni, le alterazioni che l’edificato ha subito soprattutto nelle vicende costruttive messe in atto nella seconda metà dell’ultimo secolo. Né è più suscettibile l’idea di perimetrazioni di parco che prevedano di isolare contesti monumentali antichi per i quali manchi, almeno allo stato attuale della conoscenza, la possibilità di ricondurli e rapportarli concretamente alla trama dei contesti urbanistici antichi sì da rendere, in maniera soddisfacente e percepibile, la lettura delle vicende costruttive della storia dell’edificato in rapporto alla morfologia dei suoli prescelti per l’insediamento urbano. Anche in casi in cui sia stato possibile creare un cosiddetto parco nel cuore della città moderna come il parco della Neapolis, esso, oggi, va ristudiato e proposto in modo tale che non appaia più, com’è diventato, un’isola, un “orto” di monumenti, la cui linea di perimetrazione appare come una frontiera rispetto all’edificio moderno, che erige lungo di essa la fronte continua della sua palizzata. Oggi sappiamo e diciamo che l’area archeologica della Neapolis non ha mai convissuto con la città d’oggi. Questo contesto antico è consegnato, incasellato in uno spazio urbano, contrapposto e separato dall’edificato moderno. Ma oggi per il fatto che gli studi sulla topografia della città greca hanno consentito la restituzione, per le linee generali, dell’impianto urbanistico e che i monumenti di Acradina, Neapolis, ed Epipole con l’immenso circuito delle mura dionigiane rappresentano un rilevantissimo contesto che unito a quello ambientale ancora per la maggiore parte percepibile,


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racconta le vicende della città di età arcaica greca fino ad oggi, bisogna fare ogni sforzo finalizzato alla realizzazione di un parco che finalmente sia parte viva e attiva della città, dalla quale non va separato o artificiosamente distinto, ma utilmente connesso in un vitale sistema di convivenza, di recupero e di confronto. Per la connessione e il confronto, laddove il rapporto antico/moderno è problema principale, bisogna porre mente al fatto che connotazioni morfologiche del suolo urbano che sono state costante riferimento nella nascita e nello sviluppo dell’apparato risultino riconoscibili nell’edificato moderno, che infrastrutture come le arterie stradali di epoca antica, determinanti nella scansione delle aree costruite, mantengano le direttrici del percorso, che assetto e morfologia dei suoli di consolidata funzione in rapporto all’edificato siano rispettati, che sia studiata la gradualità di esso nelle altezze, nelle distanze, nella distribuzione nei pressi o all’interno stesso delle aree maggiormente interessate dai nuclei più consistenti di testimonianze archeologiche, al fine di evitare separazione o isolamenti o contrapposizioni e che le destinazioni d’uso delle aree nei punti nevralgici per la fruizione del parco non abbiano usi contrastanti, dal punto di vista estetico e funzionale, con le esigenze della stessa fruizione. In poche parole l’istituzione del parco archeologico è imprescindibile e improponibile oggi senza una corretta analisi di zonizzazione. Dunque bisogna avere ben chiaro che il Parco Archeologico deve essere caratterizzato da determinati requisiti quali rilevanti testimonianze archeologiche su una cospicua estensione territoriale e compresenza significativa di valori paesaggistici ed ambientali, da utilizzare e valorizzare attraverso un cosciente processo conoscitivo al fine di contribuire allo sviluppo economico e sociale compatibile e di trasmettere il messaggio storico insito nei reperti, di “mostrare il tempo”. Bisogna pure avere chiaro in mente che non è possibile che di parco archeologico si possa pensare per ogni sito archeologico. La quantità e la qualità dei requisiti di cui si parlava prima dovreb-


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bero essere di chiara e indiscussa evidenza a fronte del pericolo dell’inutile proliferazione di proposte che finirebbero per annullare il proposito di puntare su qualificati poli di eccellenza, che, come previsto dalla legge, dovrebbero essere organizzati in sistema in modo da rendere evidente e percepibile la dimensione delle valenze culturali del territorio regionale, creando in epicentri trainanti, le condizioni di fruibilità a scopi non solo scientifici, ma sociali, economici e turistici. Siracusa, più di ogni altra città classica, necessita di una perimetrazione archeologica tesa a salvaguardare i segni della storia, le testimonianze dell’età antica, i valori paesaggistici e naturali. La perimetrazione dovrebbe, con rigore scientifico, saper contemplare la salvaguardia dei beni culturali ed ambientali con gli equilibri funzionali già programmati dal PRG , approvato dall’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente con Decreto Dirigenziale n.669 del 3 agosto 2007. Con la perimetrazione archeologica si chiude una stagione difficile e si apre il nuovo capitolo del recupero dei valori , garantendo il rispetto della storia le cui testimonianze ,con intelligenza e sensibilità, dovranno essere confrontate con le esigenze urbanistiche già dimensionate e programmate. Ancora più importante e fondamentale però, per lo sviluppo futuro della città, sarà il nuovo PRG, che non potrà prescindere dalla presenza del Parco, e dovrà essere in grado sintetizzare in un corpo organico tutta la materia da gestire.


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5_IL MARGINE URBANO. Una membrana connettiva tra territorio e cittĂ .


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Studiata la stratificazione storica e i vincoli di tutela paesaggistica e urbanistici che ne derivano, l’analisi si concentra inizialmente sulle potenzialità a scala territoriale che si addensano nel e lungo il Parco Archeologico. Cambiando prospettiva e guardando al margine interno, quella porzione di città inserita dalla perimetrazione del Parco Archeologico nella zona B, dell’estensione di 200 metri lungo tutto il perimetro delle antiche Mura Dionigiane, si vuole evidenziare come la città venga “congelata” e le previsioni di piano messe totalmente in discussione, rendendo queste aree immodificabili e quindi spesso non sfruttabili per le destinazioni d’uso descritte nello strumento urbanistico approvato nel 2007. In funzione del futuro Parco Archeologico si è focalizzata l’attenzione sui sistemi dei trasporti, sia alla scala territoriale che a quella cittadina, e si sono evidenziati le molteplici tipologie di tessuto che si sviluppano e si addensano sull’area delle Mura, in modo spesso disordinato. La presenza di questo grande vuoto periferico, e di una grande quantità di aree inutilizzate all’interno della città, sottolinea ulteriormente il potenziale di questo sistema, se adeguatamente organizzato e gestito.


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5.1_Il TERRITORIO E LE SUE POTENZIALITà. Prestare attenzione al territorio, significa, soprattutto, abbracciare in un unico sguardo città e paesaggio. Una visione orizzontale, dove antropico e naturale non perdono le proprie specificità, ma diventando più fertili le modalità di interazione, l’uno dà forza all’altro. Come già analizzato, la creazione del Parco Archeologico si colloca in un momento di trasformazioni involutive per Siracusa e la Sicilia, dal punto di vista economico oltreché fisico del panorama urbano. Così come manca la continuità tra comunità e il suo spazio, vengono a mancare anche le forze promotrici dello sviluppo. Da qui la ricerca di un nuovo modo di interpretare le trasformazioni in atto, la cui complessità non può essere compresa solo dal punto di vista della città, ma richiede uno sguardo allargato al territorio nella sua interezza, ovvero nella sua dimensione ambientale, sociale, economica. Il paesaggio viene incluso nella città, le sue logiche diventano quelle dell’intero territorio. Questo dà vita a nuove possibili interpretazioni, ad una conoscenza a largo raggio in grado di stimolare ipotesi di progetto integrate. Siracusa è sbilanciata verso l’isola di Ortigia, che ne costituisce il suo immaginario simbolico. L’espansione moderna è avvenuta alle sue spalle, all’intero dell’antica cinta muraria, ma senza alcun rapporto con il tessuto antico. La città si trova quindi nella peculiare situazione per cui non è il centro, come accade nelle maggioranza delle città murate, ad essere abbracciato dalle mura, che lo separano dalla periferia moderna; è Ortigia invece a trovarsi in uno dei suoi bordi. Muovendo quindi la prospettiva dal suo centro storico a quello geografico, il cerchio delle mura dionigiane diventa un grande vuoto che circonda una parte di città senza connotati, ma al cui margine si addensano sistemi di grande interesse territoriale: oltre ad Ortigia a sud-est, il grande polo petrolchimico siracusano a nord-ovest, il mare che cinge su tre lati la città, il bacino agricolo a sud-ovest. Le mura diventano quindi un luogo necessario e centrale, in grado di realizzare una sorta di regia del territorio, una membrana capace di metterne a sistema porzioni e forze differenti.


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5.1.1_ IL POLO PETROLCHIMICO Il polo petrolchimico siracusano è stato un grande volano di sviluppo per l’intera provincia nel dopoguerra. In questi anni sono però cambiati sia le tendenze globali che i riferimenti macroeconomici, e di conseguenza i presupposti dei programmi elaborati sono lentamente ma inarrestabilmente invecchiati. Il polo petrolchimico soffre ormai di una carenza occupazionale e di mancanza di concrete prospettive di sviluppo. La sua dimensione e dotazione infrastrutturale ne fanno però un elemento caratterizzato da grandi opportunità: l’area è sull’accesso autostradale nord della città, collegata direttamente a scali portuali e ferroviari, oltrechè a breve distanza (45’) dall’areoporto di Catania, connessa quindi potenzialmente all’Italia e all’Europa. L’opportunità è quella di una conversione di questi ambiti industriali, che possano passare ad una produzione dove l’innovazione tecnologica, la conoscenza e la creatività sono i fattori chiave dei nuovi processi produttivi. La riconversione di questi impianti, ancora lontana ma oggettivamente necessaria, potrebbe ridare slancio all’economia cittadina. Sono però chiare la difficoltà che nell’attuale scenario economico un progetto di tali dimensioni incontrerebbe in ogni sua fase, dallo studio alla realizzazione. Su questo tema sarebbe necessario un’approfondimento ben più ampio ed accurato, che non è però possibile sviluppare all’interno di questo lavoro di ricerca. Infinite sono le possibilità offerte dalla trasformazione di quello che è stato per molti anni il più grande polo petrolchimico d’Europa, in un grande polo d’innovazione.


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5.1.2_LA VALLE DELL’ANAPO L’intorno rurale della valle dell’Anapo è un’area complessa che si espande a partire dal margine meridionale della città e che la connette con un sistema produttivo e ambientale che arriva a lambire la riserva naturale Pantalica e a quella di Cava Grande. Si tratta di un bacino che ha nutrito Siracusa fin dalla sua fondazione e ancora costituisce parte integrante della sua economia, producendo prodotti DOC e DOP, come olio, arancie e limoni. Su queste aree, inglobate in buona parte dal Parco Archeologico all’interno della zona C, si apre così la discussione su come gestire in futuro questa grande porzione di territorio e come riuscire a valorizzare la produzione agroalimentare. Per conseguire queste finalità, risulterà fondamentale riuscire ad intercettare i fondi Europei di Sviluppo Agricolo Regionale FEASR. Il Programma di Sviluppo Rurale (PSR) della Sicilia per il periodo 2007-2013 è ormai terminato, ma è in corso lo sviluppo del nuovo programma, che coprirà il periodo 2014-2020. Il PSR consentiva l’attuazione degli interventi necessari a sostenere lo sviluppo del settore agricolo, alimentare e forestale, nonché la conservazione e valorizzazione dell’ambiente e lo sviluppo sostenibile dei territori rurali. La strategia regionale perseguiva quindi, da un lato il rafforzamento del sistema produttivo e il suo rilancio competitivo, dall’altro l’integrazione delle componenti territoriali, sociali economiche e ambientali, e la valorizzazione del ruolo multifunzionale dell’agricoltura. Il precedente Programma era fortemente orientato al rafforzamento del ruolo dei partenariati locali, utilizzando “Leader” quale strumento privilegiato per la realizzazione di programmi di sviluppo locale. La strategia di riferimento per il PSR era articolata in quattro assi principali: 1. “Miglioramento della competitività del settore agricolo e forestale”, orientato ad accrescere la competitività del settore agricolo e forestale. 2. “Miglioramento dell’ambiente e dello spazio rurale”che promuove la valorizzazione dell’ambiente e dello spazio naturale soste-


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nendo la gestione del territorio attraverso interventi di tutela e/o conservazione del paesaggio agro-forestale. 3. “Qualità della vita nelle zone rurali e diversificazione dell’economia rurale”, orientato al miglioramento della qualità della vita nelle zone rurali e alla promozione della diversificazione delle attività economiche, per creare e/o consolidare opportunità occupazionali. 4. “Attuazione dell’approccio LEADER”, orientato al rafforzamento della capacità progettuale e della gestione locale degli interventi previsti dal PSR, finalizzate alla valorizzazione delle risorse territoriali e al miglioramento dei rapporti di scambio con le aree urbane. In quest’ottica la Valle dell’Anapo e le aree ricadenti nella zona C possono essere riscoperte come risorsa ambientale e sociale per gli spazi della città e al tempo stesso giovarsi di un rapporto privilegiato con la città e inserirsi nel circuito turistisco.


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5.1.3_IL MARE Una città di mare vanta un rapporto totalizzante con l’elemento liquido. Gli deve ricchezza e vita. Chiusa dalla ferrovia per tutto il tratto settentrionale, a gran parte di Siracusa questo rapporto è stato negato in passato. La trasformazione del vecchio tratto ferroviario costiero in un lunga pista ciclabile è solo il primo passo verso la riappropriazione di questi spazi. Ad oggi la pista non è riuscita a introdurre relazioni o vincoli d’appartenenza solidi, e la parte di città immediatamente prospiciente al mare, partendo da Piazza dei Cappuccini fino alle aree industriali, è trascurata e poco frequentata. Pure la zona ha preservato un’alta qualità ambientale, e una forte attrattività, che rendono possibile una riqualificazione basata da un lato sulle connessioni trasversali e le relazioni con la città sul margine, dall’altro sulla valorizzazioni di tali risorse. Elemento fondamentale lungo il litorale nord est è la Tonnara di S.Panagia. La sua storia inizia nel 1100 e, dopo un lungo periodo di silenzio passa sotto l’autorità giuridica della Camera Regionale di Siracusa, in epoca spagnola. Dal 1655 inizierà un passaggio continuo ed ininterrotto di mano in mano, sino ai giorni nostri. Gli stabilimenti esistenti risalgono al Settecento, probabilmente ricostruiti su un precedente impianto a seguito del terremoto del 1693. Utilizzata sino agli anni cinquanta quando divenne inattiva a causa dell’introduzione della pesca al tonno con “reti volanti”, nonché per l’inserimento del polo petrolchimico, attualmente la tonnara versa in gravi condizioni di degrado. Il primo progetto di restauro e la relativa procedura di gara erano stati avviati il 22 luglio 2006. Il bando fu sospeso dal Tar a seguito del ricorso proposto dall’Ance Siracusa, ma la sentenza venne ribaltata dal Consiglio di giustizia amministrativa di Palermo in seguito all’appello presentato dalla Soprintendenza per i beni culturali di Siracusa, che annullò il precedente disposto autorizzando contestualmente la riapertura dei lavori di gara. Nell’agosto del 2011, però, dopo uno scambio di comunicazioni fra Ministero, assessorato regionale ai Beni culturali e Soprintendenza, si decise


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nuovamente per l’immediata revoca dell’autorizzazione a riprendere le operazioni di gara per verificare la disponibilità del finanziamento, giunta solo a febbraio 2014, scrivendo la parola fine a una delle opere incompiute di Siracusa. All’inzio del settembre 2014, grazie al decreto regionale dell’assessorato al Bilancio viene dato il mandato al dipartimento dei Beni culturali affinché si sblocchino i fondi destinati alla riqualificazione di uno dei luoghi più suggestivi di questa parte di città. Il finanziamento nell’ambito degli interventi per la gestione delle risorse fa parte dei fondi della Programmazione PO-FESR Sicilia 2000-2006, e sarà destinato alla realizzazione dei servizi, al restauro dell’edificio e alla sistemazione quale nuovo museo del mare.


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5.1.4_L’archeologia e il turismo Siracusa ha un’immensa memoria prodotta, ma per la maggior parte celata. L’edificato è cresciuto sui resti della città antica, occupando la sua estensione originaria. Se pur con differenze nella densità del tessuto, la ricerca archeologica non dispone di aree libere per i suoi scopi all’interno della città. Grandi possibilità di scavi e ricerche sono invece concrete e concretamente realizzabili lungo il circuito delle mura. Con la recente perimetrazione del Parco Archeologico, si è dato il via al lungo processo che dovrebbe portare alla giusta valorizzazione di quest’area di città, che si configura come uno spazio di rispetto, che intende riaffermare il suo valore identitario. La città ha una conclamata vocazione turistica, data la presenza di importantissimi siti di interesse storico e culturale e di importanti beni ambientali. I percorsi turistici però sono limitati all’isola di Ortigia, si allargano al parco archeologico della Neapolis e all’espansione ottocentesca, ma difficilmente coinvolgono altre parti di città, non sfruttando il circuito delle Mura che è, per sua natuara, un collegamento continuo tra paesaggio, città e presenze archeologiche. La Sicilia soffre di un ritardo strutturale ed è una regione in cui la sproporzione tra l’alta qualità del prodotto offerto (bellezze naturali, storia, architettura, gastronomia, ecc.) non è minimamente paragonabile alla offerta ricettiva e alla conseguente “cattura” dei flussi turistici internazionali che scelgono i paesi del Mediterraneo. La Sicilia è al nono posto tra le regioni più visitate dai turisti stranieri. Nel Veneto ogni anno arrivano quasi 6 milioni di turisti stranieri e pernottano almeno 4,2 giorni, in Sicilia ne arrivano 3,9 milioni e si fermano di media 3,3 giorni. Siracusa non rientra tra le prime dieci città visitate dai turisti a livello nazionale. Il Museo archeologico regionale P . Orsi ha una media annua di 80.000 visitatori contro 1.500.000 degli Uffizi a Firenze o i 432.000 del Museo Egizio di Torino. In provincia di Siracusa il numero dei posti letto ammonta solamente al 6-7% del valore complessivo regionale. Nel prossimo


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decennio una stima ragionevole prevede che gli arrivi nel siracusano potrebbero aumentare sino a raggiungere i 350.000 contro gli attuali 260.000. Ciò porta ad una stima prudenziale, calcolata sul trend recente, di 1500-2500 posti letto da ricercarsi quasi completamente nelle strutture alberghiere. Se invece si attivano politiche di incentivazione e di “vendita” del prodotto siracusano cercando di aumentare il tempo medio di permanenza, il fabbisogno aggiuntivo si pone subito ad un livello di 4500-5500 posti letto per le strutture alberghiere e quasi 1000 per quelle extra-alberghiere. Il settore direzionale che ha conosciuto la crescita maggiore nel decennio passato dovrebbe continuare anche nel prossimo con un andamento positivo anche se a livelli inferiori a quello degli anni ‘90. Si può ritenere ragionevole assumere un tasso medio annuo di aumento del numero degli addetti attorno al 2% (in media con le previsioni nazionali). Detto incremento comporterebbe una crescita occupazionale di 1200 addetti circa a cui corrisponde una volumetria aggiuntiva per il prossimo decennio di mc 223.000. Parte di questi saranno localizzati all’interno di edifici residenziali, altri in edifici specializzati. Come per l’agricoltura, anche per lo sviluppo turistico e culturale della città, la programmazione europea FESR ha previsto l’individuazione di una serie di indirizzi strategici afferenti all’Asse n. 3 “Valorizzazione delle identità culturali e delle risorse paesaggistico ambientali per l’attrattività e lo sviluppo”, orientato alla valorizzazione integrata delle risorse culturali e naturali, al fine di migliorarne la fruibilità e l’attrattività territoriale a fini turistici, favorendo le sinergie con il Programma operativo regionale di sviluppo rurale 2007-2013, nonché all’asse 5 “Sviluppo dell’imprenditorialità e il rafforzamento dei sistemi produttivi locali e del turismo”, che promuove interventi finalizzati al completamento delle filiere produttive, la riorganizzazione degli aiuti per tenere conto delle dimensioni delle imprese, il potenziamento dei distretti, e la promozione di sinergie tra il mondo della ricerca, le Pmi e i distretti. Per quanto attie-


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ne il turismo, il Programma punta a sviluppare un’ottica di “sistema� nel prodotto turistico, affrontando le reali problematiche del settore , quali diversificazione e destagionalizzazione dei flussi, integrazione tra diverse tipologie di turismo, potenziamento dei servizi.


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5.2_LA MOBILITà_Analisi del sitema di connessione territoriale e cittadina. Per la sua particolare configurazione anulare, il parco archeologico viene chiaramente interessato dall’attraversamento delle principali arterie stradali cittadine di collegamento territoriale. Le due arterie di connessione all’autostrada Catania-Gela, che collegano il capoluogo aretuseo con il territorio e soprattutto con l’areoporto di FontaneRosse di Catania, attraversano a nord e a sud il perimetro delle Mura, concentrando su di esse buona parte dei flussi in entrata ed in uscita dalla città. Congiuntamente a via Epipoli, che affianca per tutto il suo tratto cittadino le antiche fortificazioni a sud e il Castello Eurialo, si configurano come le principali via d’accesso alla città. Allo stesso modo, il parco viene attraversato dalle arterie minori di collegamento territoriale, a sud verso il Plemmirio e a nord, affiancando il polo petrolchimico. Le scelte operate nel nuovo PRG di Siracusa in merito al completamento del telaio infrastrutturale si caratterizzavano per il perseguimento della ricerca di soluzioni che consentissero di recuperare e valorizzare le aree archeologiche attraversate da arterie stradali, in oggi assolutamente essenziali per la circolazione dei veicoli nella città. Per realizzare un livello ottimale di mobilità venivano definiti diversi gradi di interazione fra le modalità di trasporto, localizzando i punti di interscambio (gomma ferro acqua) e prevedendo anche un ambito in cui si potesse realizzare un’autostazione attrezzata, previsioni che però, non hanno trovato riscontro nella realtà dei fatti. A livello cittadino, la mobilità paga un caro prezzo per un sistema di trasporti pubblici che non riesce a sopperire ai bisogni della città. Come viene mostrato dallo studio delle linee urbane, tutto il territorio viene teoricamente coperto ed essenzialmente ben servito dal servizio pubblico, il quale potrebbe essere potenziato, ma allo stato attuale sconta problemi amministrativi e gestionali, che vanno ad influire negativamente sull’efficienza e l’utilità di questo servizio, che risulta essere quasi nullo. Analizzando i tempi di percorrenza per raggiungere i principali punti della città, e comparandoli con i tempi di percorrenza in automobile, su bicicletta e pedonalmente, l’utilizzo dei mezzi pubblici, anche a causa della poca efficienza


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del servizio, non risulta conveniente. Negli spostamenti dal suo centro funzionale di Ortigia verso la città cresciuta nell’altopiano, è evidente come, oltre ad un fattore di distanza, più ci si allontana dall’isola e si sale verso l’Epipoli più i tempi di percorrenza si allungano e i flussi si rallentano, a causa di grossi problemi di congestione e per la mancanza di un sistema di viabilità parallelo a quello carrabile. La mancanza di un adeguato numero di corsie riservate alla mobilità su bicicletta e pedonale non incentiva l’utilizzo di mezzi alternativi all’automobile, aggravando ulteriormente la problematicità. A partire dal luglio 2014 è stato istituito un servizio pubblico parallelo, gestito direttamente dall’amministrazione, di navette elettriche. promosso dal Comune di Siracusa per il turista e il cittadino ha l’obiettivo di incoraggiare l’utente all’utilizzo di mezzi di trasporto alternativi all’auto privata per gli spostamenti quotidiani. Grazie ai pullman elettrici, si ha una riduzione delle emissioni di gas, dell’inquinamento acustico e della congestione del traffico, al fine di migliorare il benessere fisico e mentale di ciascuno. Le linee di percorrenza contribuiscono a tessere un dialogo tra i luoghi d’interesse culturale e turistico e le aree di shopping e socializzazione, consentendo al turista e al residente di coniugare arte e intrattenimento. I sei mezzi attualmente in possesso dell’amministrazione comunale non posso ricoprire l’intero territorio cittadino, e sono attualmente predisposti per collegare Ortigia alla Borgata e alla zona archeologica. Tre linee quelle predisposte, quella blu Ortigia, la rossa riguarda Neapolis e la linea verde “Dionisio il Grande”. In seguito all’istituzione di questo servizio sono state apportate modifiche agli orari per l’accesso limitato (ZTL) al centro storico dell’Isola che è stata estesa a tutte le serte, dalle 20 alle 2, con l’obbiettivo di rendere un’isola pedonale l’intera isola, aumentandone l’attrattività turistica e la fruibilità. Con sei bus, tre linee ed oltre 50 fermate, e la crezaione di un marchio distintivo, il progetto si inserisce all’interno delle strategie di sviluppo cittadino per rendere Siracusa una città innovativa e sostenibile.


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linee urbane 20 1

_ 25 minuti 2

12

_ 60 minuti

18 3

_ 60 minuti

_ 60 minuti 4

5/8

_ 70 minuti _ 80 minuti

linee extraurbane 21 22 23

_ 60 minuti

11

_ 90 minuti

25 26

_ 90 minuti

NAVETTA ELETTRICA

1_Ortigia 2_Neapolis 3_Dionisio il Grande

RENT-BIKE

ciclabile punti rent-bike


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Discorso a parte è legato alla mobilità marittima della città. Il Complesso portuale di Siracusa è caratterizzato da tre aree portuali distinte e geograficamente separate fra loro: Porto S. Panagia, Porto Piccolo a nord, e Porto Grande a sud-ovest. Il porto Grande è una baia delimitata a nord dall’isola di Ortigia e a sud da punta Castelluccio e il suo utilizzo come porto commerciale, aveva subito nel corso degli anni un notevole decremento a causa dello sviluppo di altri porti limitrofi: Augusta, Catania e Pozzallo. Risultava inadeguato sia dal punto di vista della sicurezza dell’ormeggio e dell’accesso dei natanti, sia dal punto di vista della ricettività e dei servizi marittimi offerti. Il porto presentava quindi gravi problemi strutturali e di sicurezza che ne compromettevano il regolare svolgimento delle attività. Le infrastrutture, in taluni casi insufficienti e obsolete, non consentivano l’attracco e le attività marinare in condizioni di sicurezza, anche in presenza di mareggiate di modesta entità, e le attività nautiche legate al diporto potevano svolgersi solo con notevoli disagi e limitando in modo sostanziale lo sviluppo delle stesse. Le sporadiche attività commerciali contrastavano con la valenza paesaggistica e storico-monumentale del luogo, che risultava utilizzato inadeguatamente rispetto alla naturale e prevalente vocazione turistica che è andata via via sviluppandosi anche in assenza di attrezzature idonee. Le mutate esigenze e le condizioni del porto, in seguito ad una maggior richiesta di approdi da parte di imbarcazioni turistiche e diportistiche anche di grosse dimensioni, hanno favorito lo sviluppo del nuovo Piano Regolatore Portuale, e l’avvio dei lavori per la realizzazione dell’opera, che dopo un periodo di pausa dovuto a problemi burocratici, stanno ora procedendo con la previsione di terminare l’infrastruttura portuaria nel 2015. Il PRP prevede la trasformazione di tutto il Porto Grande, modificando la destinazione d’uso delle banchine da commerciale a turistico-diportistico e crocieristico, definendo e migliorando gli attracchi per le imbarcazioni da pesca. L’obbiettivo del progetto è però più ampio, e prevede la riqualificazione dell’intera area, ed il rilancio cittadino.


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5.3_LA CITTà MARGINALE. L’analisi si è poi spostata sull’edificato esistente che si addensa sul limite archeologico, e a volte lo invade. Considerato che il Parco delle Mura Dionigiane, nella maggior parte del suo percorso, ha come aree limitrofe le zone di ricucitura del bordo urbano, zone soggette a riordino, e zone di completamento con tessuti più o meno duri non si può pensare di trattare, in egual maniera, tutto il perimetro delle fortificazioni. E’ in oltre evidente come, l’intera area, sarà soggetta in futuro ad una riqualificazione, che si muoverà principalmente sul riodino e la riorganizzazione degli spazi aperti, attualmente in buona parte abbandonati e non sfruttati, anche se destinate dal vigente PRG ad attrezzature pubbliche, che non sono mai state realizzate. Considerato altresì la irripetibilità dei vincoli imposti dall’attuale strumento urbanistico, il nuovo sistema di regole pianificatorie per queste aree dovrà garantire il riconoscimento del Parco delle Mura come forte valenza storicamente consolidata, della quale occorre preservare e valorizzare la specificità in stretto ed inscindibile rapporto con le peculiarità archeologiche e paesaggistico - ambientale. L’analisi rielaborata dalle tavole di PRG classifica in 5 diversi tipi di tessuto residenziale la città a contatto con la perimetrazione archeologica: - Nucleo consolidato di valore ambientale: Si tratta dall’antico nucleo di Borgo S. Antonio, costituito da case rurali e strutture produttive affacciato sul Porto Grande. Vengono in oltre inseriti I tessuti consolidati di valore ambientale sono la parte dell’abitato di successiva espansione rispetto al quartiere Umbertino, edificati dal 1885 e successivamente oggetto del Piano Regolatore Cristina del 1917. I tessuti presentano tipologie disomogenee e destinazioni d’uso prevalentemente residenziali. La zona, compresa fra il tessuto del Corso Umberto I e il Borgo S. Antonio, comprende il quartiere della Borgata di Santa Lucia, il tessuto lineare di via Arsenale e il completamento nel tratto limitrofo alla stazione fra p.zzale Marconi, via Ermocrate e via Elorina.


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- Aree sature di PEEP, edilizia residenziale pubblica e convenzionata: per quanto riguarda i PEEP, le aree sono costituite prevalentemente dai primi insediamenti di edilizia economica e popolare realizzati dal secondo dopoguerra fino alla fine degli anni ’70 sul concetto del quartiere autonomo. Questi insediamenti, caratterizzati dall’uso esclusivamente residenziale, si articolano generalmente attorno a spazi aperti comuni destinati a verde attualmente in stato di degrado e di abbandono. Le aree edificate con interventi di edilizia residenziale pubblica sono costituite dagli edifici realizzati attraverso il Piano di Zona (P. di Z.) non completato nella realizzazione dei servizi pubblici previsti. L’area è oggetto di Programma di Riqualificazione Urbana (P.R.U.) attraverso il quale è prevista la realizzazione di una parte dei servizi del P. di Z. Per l’edilizia convenzionata, si tratta della parte urbana realizzata negli ultimi 20 anni attraverso i Programmi costruttivi, che si concentra essenzialmente oltre la Pizzuta, nella zona ovest della città. - Tessuto edificato ad alta densità: si tratta delle aree ad alta densità e completamente sature localizzate prevalentemente lungo corso Gelone, viale Teracati e viale S. Panagia, e delle aree dense che costituiscono la gran parte del tessuto centrale della città ad oriente di viale Scala Greca. Localizzate lungo viale Tunisi, via Grottasanta, viale Tica, viale Tisia, viale Zecchino, tali parti urbane, ad uso residenziale, sono cresciute per saturazione e sostituzione progressiva di un tessuto preesistente a bassa densità e si presentano attualmente costituite prevalentemente da edifici alti misti a case basse isolate su piccoli lotti. Al fine di migliorare la qualità urbana, sia dal punto di vista morfologico che funzionale, il PRG prevedeva anche interventi di Ristrutturazione urbanistica, di iniziativa pubblica o privata, di parti urbane opportunamente dimensionate. - Tessuto edificato a media densità: Si tratta del tessuto denso edificato lungo tutto il margine occidentale e quello nord orientale di viale Scala Greca, a nord del previsto centro direzionale e nella


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parte sud di Belvedere. Vengono in oltre inserite le aree situate lungo il tratto orientale intermedio della s.s.114 e a sud-ovest della Mazzarona, costituite da un tessuto misto di edifici pluripiano e case basse isolate su lotto, prevalentemente ad uso residenziale. Per tale tessuto, costituito prevalentemente da edifici a blocco pluripiano isolati su lotto, il PRG prevede anche interventi di Ristrutturazione urbanistica di parti urbane opportunamente dimensionate, finalizzati al miglioramento della qualità urbana, sia dal punto di vista morfologico che funzionale. - Tessuto edificato a bassa densità: si tratta del tessuto a densità medio-bassa costituito da alcuni interventi unitari, dalle parti di tessuto situtate lungo il tratto meridionale di viale Forlanini, ad est dell’ex Ospedale Psichiatrico, all’estremità sud occidentale di viale Epipoli e dal Villaggio Miano e dalle parti di tessuto poste a nord ovest del viale Scala Scala Greca. Vengono in oltre così definiti gli insediamenti di via Avola e via Modica, dove il tessuto è costituito da case mono e bi-familiari isolate su lotto. Al fine di migliorare la qualità morfologica e funzionale della zona, prevalentemente costituita da case mono-bifamiliari e palazzine residenziali, il PRG prevede anche interventi di Ristrutturazione urbanistica di parti urbane opportunamente dimensionate. Altra parte importante di città, perchè direttamente a contatto con il Parco della Neapolis, è quella porzione di tessuto compresa tra l’area archeologica e l’insediamento di via Necropoli Grotticelle, costituito da ville mono e bifamiliari isolate in ampi parchi e giardini e dagli insediamenti del tratto sud-occidentale di viale Epipoli, costituiti da case unifamiliari isolate su lotto. Il diffuso fenomeno dell’abusivismo ha portato allo sviluppo di interi brani di città, completamente privi di regolamentazione e di un disegno urbanistico unitario. Molte di queste aree lambiscono il perimetro del Parco Archeologico, mettendo ancor più in evidenza il contrasto stridente tra le aree


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tutelate per le presenze archeologiche e il margine cittadino. Il PRG classifica come aree di riordino urbanistico i tessuti residenziali a bassa densità prevalentemente edificati senza strumenti particolareggiati e spesso in contrasto con le norme urbanistiche, situate in zona urbana ed utilizzate come residenza stabile. Specificamente sono localizzate in via Avola, a nord-ovest della Traversa La Pizzuta e a nord-ovest del villaggio Miano. Tali aree, precedentemente assoggettate in prevalenza a Piano di recupero, sono essenzialmente dotate di infrastrutturazioni primarie, mentre quelle secondarie sono state programmate in sede di Prg. Le aree sono prevalentemente orientate alla riqualificazione urbanistica attraverso il completamento delle opere di infrastrutturazione primaria e la realizzazione di quelle relative alla infrastrutturazione secondaria.

5.4_I VUOTI INTERNI. L’operazione di base che è stata condotta all’inizio del lavoro di formazione del PRG è consistita nella identificazione di tutte le possibili aree di progetto, coincidenti con i vuoti ancora presenti all’interno della città, quelle aree trasformabili presenti ai margini degli ambiti insediativi. Nel disordine delle addizioni urbane moderne molti sono i vuoti imprigionati nel tessuto. Al momento, si configurano come spazi indefiniti, indicati dalla pianificazione come aree a diversa vocazione ma minacciati dalla possibilità di rimanere sospesi e imprecisati. Per la loro dimensione, e la loro diffusione capillare su tutta l’area urbana, sono diventati un’elemento cardine nello sviluppo dello strumento urbanistico vigente. La loro mancata trasformazione, per la maggior parte di essi, in aree standard come previsto da Piano, ha però portato queste aree a configurarsi come aree abbandonate, spesso già di proprietà dell’amministrazione, perchè ceduta tramite perequazione, ma non sfruttate in alcun modo se non, spesso e volentieri, come discariche occasionali.


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Il vuoto deve essere ripensato e percepito come uno spazio pubblico multifunzionale, come spazio aggregativo e di crescita della vita sociale collettiva. Un mosaico di ambienti ecologici disponibili a diverse pratiche d’uso. Luoghi da progettare come raccordi al Parco delle Mura, sacche a difesa della qualità urbana in vista della densificazione che inevitabilmente avverrà negli anni a venire.


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ab = 122.304 AREE STANDARD ESISTENTI STANDARD URBANISTICO = 3,63 FABISOGNO AREE STANDARD DEFICIT AREE STANDARD

PARCO ARCHEOLOGICO Zona A Zona B AREE STANDARD PREVISTE

COMPARTI attuati da attuare COMPARTI ATTUATI ZCV attuate AREE STANDARD ACQUISITE AREE PRECEDENTEMENTE ESPROPRIATE NUOVO DEFICIT AREE STANDARD 771.383 + 620.000

AREE SOSPESE


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6_standard e ZCV. Gli effetti urbani della perimetrazione.


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Il compito più arduo nel concepire un modello di pianificazione urbana è quello di riuscire a trovare quelle soluzioni che garantiscano, per certi versi, lo sviluppo economico e sociale del nostro territorio. Queste soluzioni dovrebbero fondarsi su ampie condivisioni, evitando che diventino motivo di scontro sociale o propellente per la costituzione di nuovi e particolari interessi. La perimetrazione del Parco Archeologico, ponendo un limite di immodificabilità lungo tutto il margine cittadino, punto dove il PRG Gabrielli prevedeva buona parte dell’espansione cittadina e la ricucitura dei tessuti incompleti, cresciuti in modo disordinato, ha peròaperto un’accesa discussione sul futuro economico della città, andando a colpire fortemente gli interessi edificatori presenti a Siracusa. La definizione delle scelte territoriali del vigente PRG ha richiesto, soprattutto nella fase di prima impostazione, un lungo lavoro di analisi della struttura fisica e di quella sociale del territorio di notevole impegno e durata. Premesso che l’attuazione di tali scelte strategiche è affidata a lunghe e complesse operazioni, per vedere realmente gli effetti sul territorio, occorrere garantire, innanzitutto, la loro permanenza per un lungo tempo, e per questo motivo la pianificazione tradizionale può apparire dominata dalla rigidezza, dalla difficoltà di seguire in tempi ragionevoli il modificarsi delle esigenze e delle opportunità. Approvato nel 2007, a distanza di 6 anni dalla sua entrata in vigore, il PRG presenta ormai vincoli scaduti, motivo per cui, a giungo 2014 sono state presentate le linee guida per la sua rielaborazione. Il modello di pianificazione, utilizzato nella stesura del PRG Gabrielli, si fondava sull’Istituto della perequazione urbanistica. Con una certa approssimazione, dovuta alla varietà della terminologia impiegata dai contributi scientifici e dai legislatori regionali, si può ritenere perequativo il piano urbanistico nel quale ricorrano questi due elementi:


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1) Omogenea attribuzione dei diritti edificatori tra i proprietari, a prescindere quindi dall’eventuale edificabilità dell’area; 2) Possibilità di trasferire i diritti edificatori da un’area a un’altra. In particolare, nel caso siracusano, l’equipe di piano sviluppò un sistema basato sulla perequazione urbanistica di comparto, che avendo come finalità la realizzazione di quanto previsto nel piano urbanistico, permetteva ai proprietari di territori di accordarsi tra di loro riguardo la concentrazione di volumetrie all’interno di una determinata area, in modo tale da non creare svantaggi per alcuno; Questa premessa diventa di fondamentale importanza poiché tutti i comparti edificatori del Piano generano aree standard che, se non individuate, non consentirebbero di attuare interventi nelle zone omogenee territoriali di tipo “B” e in quelle di tipo “C”, che corrispondono con le parti di città sviluppatesi negli ultimi 50 anni. Con il decreto di perimetrazione del Parco Archeologico e l’inserimento della zona B, come viene evidenziato dalle analisi, si prevede una compressione edilizia nei Comparti d’Intervento e a una loro riduzione notevole, a cui seguirà chiaramente una riduzione delle aree standard. A qualsiasi ragionamento in questo ambito, andrebbe integrato un ragionamento più complesso, esteso all’intero territorio comunale, basato sulla verifica preliminare della totalità delle aree per servizi individuate nel vigente PRG, correlate alle nuove ed eventuali capacità edilizie. La semplice apposizione di un vincolo sovraordinato causa, nel caso siracusano, uno stravolgimento delle strategie pianificatorie, ed un annullamento di buona parte dei benefici che ne potevano derivare. Con i limiti dovuti ad una grande difficoltà nel reperire i materiali in un contesto, quello urbanistico siciliano, in costante evoluzione, una mancanza di mezzi adeguati e di una equipe di piano in grado di gestire una tale quantità di dati ed informazioni, la fase di analisi termina cercando di dare un quadro, il quanto più veritiero possibile, degli effetti della crezione del Parco Archeologico sulle previsioni di Piano per quanto riguarda la creazione delle aree


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standard della città, che risulteranno centrali nello sviluppo del progetto finale.

6.1_aree standard esistentI. Come introdotto precedentemente, il piano dei servizi è stato uno dei grandi temi strutturali che si è affrontato durante l’elaborazione del PRG. Da un esame delle aree previste nei precedenti Piani Regolatori e del loro stato di attuazione si evidenziava come il piano dei servizi fosse gravemente deficitario. Le aree a servizi, precedentemente classificate negli strumenti urbanistici e non realizzate, rappresentavano il problema principale che si è affrontato e si è cercato di risolvere. La mancata realizzazione dei servizi previsti era spesso causata dalle difficoltà, da parte dell’Amministrazione Comunale, di reperire i fondi necessari per l’espropriazione delle stesse aree e la realizzazione delle opere. Di contro, i privati in qualità di proprietari rivendicavano un riutilizzo delle loro aree che ne consenta un uso privato e non pubblico. Dall’analisi dei servizi esistenti contenuta nella relazione di accompagnamento al vigente Piano, ultima analisi utilizzabile, anche se purtroppo ormai datata, emerge che la dotazione per abitante di aree per servizi era di mq. 3,63 per abitante contro il minimo di 18 mq/ab previsto per legge. Al momento del calcolo delle metrature di aree a servizi esistenti, la popolazione cittadina era di 126.884 abitanti. La superficie esistente di aree standard era di 460.756 mq. Effettuando quindi un semplice calcolo, lo standard urbanistico esistente al momento della redazione del piano era: mq 460.756/ab.126.884 = 3,63 mq per abitante. Il fabisogno attuale di aree standard rispetto alla popolazione che, secondo i dati istat aggiornati al 2014 è di 122.304 abitanti, è di 2.201.472mq.


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Secondo questi dati quindi, il deficit di superfici dedicate ai servizi cittadini era di 1.823.156mq. Non è stato possibile aggiornare in modo certo il dato relativo alle zone previste a servizi realizzate ad oggi. Non esistendo una mappatura dello stato attuale degli standard su tutto il territorio cittadino, e non disponendo di strumenti adeguati per svolgere questo tipo di analisi personalmente, si è quindi deciso di prendere come dato certo quello riportato nella relazione di PRG. In oltre, a causa della grave crisi economica e dei tagli che ne sono derivati a livello di amministrazione pubblica, è certo che al 2014, la città di Siracusa non sia ancora riuscita a rientrare negli standard nazionali che prevedono, appunto, 18 mq/ab di aree standard e a colmare il gap che si attesta quindi intorno a 1.700.000 mq.


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6.2_ I COMPARTI ATTUATI E LE AREE STANDARD CEDUTE. Un patrimonio da sfruttare. Con la definizione dei comparti di attuazione, oggetto della perequazione urbanistica, mediante la progettazione puntuale di 203 aree di intervento, il piano cercava di dare risposta al grave deficit di standard urbanistici. Concedendo ai privati, in cambio della loro cessione gratuita di parte dell’area di proprietà e della conseguente realizzazione di un servizio per la zona residenziale pubblico o ad uso pubblico, un “bonus” edificatorio da utilizzare su parte della restante area di proprietà del privato, l’obiettivo era di raggiungere un’ampia dotazione di aree che assicurasse al centro urbano ed alle sue frazioni e porzioni di territorio urbanizzato una congrua riserva di aree per i servizi. Si è ritenuto fondamentale, ai fini del lavoro di tesi, capire quanti di questi comparti previsti fossero stati attuati nel corso degli ultimi 7 anni, per cercare di individuare quali delle aree standard previste da PRG fossero attualmente di proprietà dell’amministrazione comunale. Come avvenuto nel caso precedente, la ricerca di dati anche in questo ambito è stata difficile e complicata. Non esiste, ad oggi, un’elenco o una mappatura dei comparti attuati, e quindi, di conseguenza, delle aree standard acquisite a titolo gratuito dall’amministrazione dall’approvazione del piano ad oggi. Per capire quindi la quantità di metri quadrati “guadagnati” grazie ai metodi perequativi dal comune di Siracusa si è fatto riferimento ad uno studio sviluppato dal Prof. Vito Martelliano, durante l’A.A. 2012-2013 per la S.D.S. d’Architettura, dell’Università degli Studi di Catania, e alle delibere del consiglio comunale degli ultimi anni. I dati, aggiornati al 2012, indicano l’attuazione di 58 comparti all’interno dell’area urbana. Dall’analisi di queste informazioni e delle schede norma dei comparti indicati all’interno dell’elenco, inserite in allegato, la quantità di aree divenute di proprietà comunale è di ben 771.383 mq. Sottraendo quindi dal fabisogno cittadino, le aree standard esistenti al momento dell’approvazione del PRG, e tutte le aree a servizi


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acquisite dal 2007 ad oggi, il deficit di aree a servizio si attesta a circa 970.000mq. Questo dato, se comparato ai 1.823.156mq del 2007, evidenzia come seppur con difetti e incongruenze rispetto alle prescrizioni della Soprintendenza ai Beni Culturali di Siracusa, che riteneva l’inserimento di alcuni comparti di attuazione non conformi alle norme di tutela presenti sul territorio cittadino, la strategia del Piano Regolatore per risolvere il problema dei servizi fosse ben strutturata e come lo strumento urbanistico stesse lavorando nella giusta direzione per risolvere questo grave problema cittadino. La maggior parte di queste aree acquiste si trovano, in buona parte, proprio lungo il margine del Parco Archeologico, e in molti casi all’interno di esso. Diventa quindi indiscutibile il ruolo che avranno nello sviluppo di un qualsiasi progetto futuro sulla città di Siracusa, come indiscutibile è il fatto che dall’utilizzo di queste aree nei prossimi anni dipenderà il buon funzionamento della città, ma anche del Parco stesso.


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6.3_STANDARD e ZCV . Una rete di aree sospese tra archeologia e città. Con l’entrata in vigore del Parco Archeologico, come già evidenziato in precedenza, le destinazioni d’uso delle aree ricadenti al suo interno, vengono messe in discussione dal vincolo di immodificabilità. La pur valida ipotesi di un piano che intervenga sulla capacità edificatoria delle aree adiacenti all’antico tracciato delle Mura Dionigiane, bloccando l’assedio continuo che da decenni continua ininterrotto lungo tutto il margine urbano, se da un lato tutela le presenze archeologiche e il paesaggio, già fortemente danneggiato, intacca la capacità dell’attuale piano di produrre risposte ai bisogni di aree standard. Le zone destinate a servizi, guadagnate grazie al meccanismo precedentemente spiegato, congiuntamente a tutte le aree che prima dell’approvazione del PRG erano già di proprietà dell’amministrazione pubblica, perchè già espropriate come nel caso di tutte le aree standard previste all’interno degli interventi di edilizia economia popolare, rappresentano una risorsa unica e fondamentale per il rilancio della città di Siracusa. Queste aree vengono bloccate dalla perimetrazione e il loro utilizzo futuro rimane sospeso, in attesa che l’iter procedurale per l’istituzione del Parco Archeologico, e per la creazione di un piano di gestione della sua immensa superficie. Si è quindi proceduti nell’analisi, andando ad evidenziare quali delle aree di proprietà dell’amministrazione vengono inglobate all’interno della zona A e della zona B del parco. La superficie vincolata è di circa 450.000mq. Al suo interno ricadono tutte le tipologie di standard previste da piano: -S1: Attrezzature per l’istruzione dell’obbligo, che comprendono asili nido, scuole materne, scuole elementari e scuole medie; -S2: Attrezzature di interesse comune, che comprendono centri civici, sociali e culturali, uffici amministrativi pubblici e attrezzature religiose; -S3: Attrezzature per verde, gioco e sport


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-S4: Parcheggi è evidente come, un’eventuale annullamento totale delle destinazioni d’uso di queste aree, comporterebbe un brusco rallentamento nel processo di riqualificazione urbana prevista dal PRG vigente. Si auspica quindi che nella redazione del nuovo strumento urbanistico, l’Amministrazione e la Soprintendenza sviluppino una strategia coordinata per l’utilizzo di questa grande risorsa. L’obbiettivo deve essere quello di garantire il mantenimento delle destinazioni previste di queste aree e, in linea con le giuste finalità di tutela previste dalla soprintendenza, senza l’imposizione del vincolo di immodificabilita per lo meno per la zona B, limitare la capacità di edificare e concordare quantità e modalità dei nuovi interventi. Un altro problema fondamentale dovuto al vincolo di immodificabilità legato alla perimetrazione è il futuro dei 745.087 mq di zone di concentrazione volumetrica. è chiaro che, in quanto punti di espansione della città, la loro presenza all’interno dell’area vincolata apra una discussione sulla futura gestione di queste aree, che non potranno più configurarsi come le aree di ricucitura urbana e di completamento del tessuto edilizio cittadino, per l’impossibilità di edificare al loro interno. I comparti ricadenti all’interno di queste zone, saranno oggetto di uno studio in sede di pianificazione che porterà ad una loro riconfigurazione. Allo stato attuale però, i comparti attuati prevedevano, in seguito alla cessione delle aree previste a standard, l’acquisizione di diritti edificatori che ora non trovano più la possibilità di essere sfruttati. Le ipotesi sono di attendere che questi scadano, andando però chiaramente a creare forti attriti tra l’Amministrazione, la Soprintendenza, e le imprese private che aveva legittimamente acquisito tali diritti. Una seconda ipotesi potrebbe invece essere quella della creazione di una variante all’attuale PRG o la previsione nel Piano che verrà


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sviluppato nei prossimi anni, che i diritti edificatori già acquisiti, ricadenti all’interno della perimetrazione, possano essere spalmati su altri comparti all’interno della città, andando a densificare e completare il tessuto interno della città, in cambio della cessione dell’intera area al comune. Sarebbe una soluzione di compromesso tra privato, che non vedrebbe bloccati i propri investimenti e il potenziale edificatorio che legalmente aveva acquisito, e il pubblico, che diventerebbe proprietaria di queste aree. Dal punto di vista tecnico, la soluzione sarebbe perseguibile inserendo un nuovo indice per ogni comparto “sopravvissuto” alla perimetrazione, che indichi la quantità di cubatura trasferibile dai comparti invece sospesi all’interno della fascia B. In altri termini, la capacità edificatoria non sarebbe più utilizzabile su quelle determinate aree, ma darebbe la possibilità agli investitori privati di trasferire i diritti acquisiti in differenti punti della città, o di venderli a terzi. In questo modo, il Parco Archeologico andrebbe a configurarsi non solo come un elemento di tutela e di valorizzazione delle aree ricadenti all’interno della Zona A, ma estenderebbe i suoi effetti anche a quella fascia cuscinetto prevista dalla legge 78 del 1976, la Zona B, e alle aree adiacenti, creando una zona di mediazione tra città e area vincolata. Pur non ricadendo propriamente all’interno del piano di gestione del Parco, queste parti di città potrebbero essere progettate e pianificate in modo sinergico alle aree propriamente archeologiche. Il Parco diventerebbe così parte integrante della pianificazione urbana, e elemento cardine per la riqualificazione della città.


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PARCO ARCHEOLOGICO_ zona A area demaniale AREA CERNIERA_ zona B AREA PRODUZIONE AGRICOLA_zona C ZCV sospese aree standard

accessi stazione FS porto grande porto piccolo parcheggio scambiatore nuova stazione autobus navetta elettrica _ esistente progetto pista ciclabile _ esistente progetto Rent bike _ esistente progetto solarium _ esistente progetto

pista ciclabile + rent bike navetta elettrica servizi collettività verde pubblico fruibilità accessibilità mare attrattive museali ricerca applicata e sviluppo produttività energetica sviluppo economico albergo diffuso valore aggiunto valore esistente


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PARCO URBANO ARCHEOLOGICO. Una rete di polarità.


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Pur non ricadendo propriamente all’interno del piano di gestione del Parco, quelle parti di città sospese dalla perimetrazione del Parco dovranno essere progettate e pianificate in modo sinergico alle aree propriamente archeologiche, diventando così parte integrante della pianificazione urbana, ed elemento cardine per la riqualificazione della città. Il progetto di un parco archeologico è trasformato in un paesaggio aperto, attraversabile, funzionalmente duttile. Obiettivo non è un tradizionale intervento di landscape, ma la trasformazione della grande potenzialità del sistema di forze che circonda la città in un motore di avviamento dello sviluppo economico dell’intera regione. Una rete di polarità, in grado di rispondere alla volontà di disegnare non una riserva archeologica, dipendente in maniera passiva da ciò che lo circonda, ma un’infrastruttura per la produzione: di memoria, di energia, di ricchezza, di identità e di qualità urbana. Le polarità individuate si pongono quindi come un catalizzatori di attività che possano attivare dal punto di vista funzionale e produttivo il parco. Da forme di tutela vincolistiche e di controllo, quindi passive e in favore esclusivamente del sito, si passa ad un sistema di tutela attiva, basato sulle azioni dirette a favore di Siracusa nel suo complesso. Le mura Dionigiane vengono pensate come il collegamento continuo che dà forza al sistema. La città si dota così di una pelle sensibile, reattiva, capace di delimitarla e regolarne gli scambi con l’ambiente esterno: non solo con le potenzialità del territorio di cui fa parte, precedentemente analizzate e messe in luce, ma anche dove l’intersezione è solo interna, con il sistema di costruito e vuoti che compone il tessuto urbano, andando ad attivare tutte quelle aree sospese dalla perimetrazione. Una membrana che si riempie e si svuota a seconda dei brani di città incontrati nel suo cerchio, e con questi si ibrida. La fascia interna, quell’area cerniera tra la città e l’archeologia che attualmente si presenta vuota e non strutturata, individuando una diversa costituzione dell’abitare, fornirà quei servizi e quelle


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attrezzature in grado di diversificare e dare quella qualità di cui allo stato attuale è priva. L’integrazione degli attuali servizi di Rent-bike e di trasporto pubblico elettrico, la creazione di un nuovo terminal dei trasporti pubblici nel cuore della città, lungo via Scala Greca, congiuntamente alla creazione di nuovi percorsi ciclo pedonali, si collegano al Parco in questo ambito, consentendone la fruizione all’intera area urbana e un rapido movimento di cittadini e city users. Il quadro proposto è quello di una sorta di parco urbano tangente e concentrico alle mura e alla città: un’infrastruttura che, ospitando i percorsi di mobilità lenta e le aree di accesso, di sosta e di fruizione è in grado da un lato di garantire servizi e qualità alla città, dall’altro di fornire l’impianto su cui impostare il futuro parco archeologico.


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7.1_ LE POLARITà ESTERNE AL PERIMETRO ARCHEOLOGICO E IL PARCO DELLA NEAPOLIS. ORTIGIA L’isola di Ortigia è il vero cuore della città di Siracusa. Una città nella città caratterizzata da un’incredibile stratificazione storica e da una grande ricchezza di monumenti di ogni epoca storica. Rappresenta il principale polo attrattivo a livello turistico ed è attualmente il motore di sviluppo di Siracusa, concentrando al suo interno le principali attività legate al turismo ed alla cultura. Attualmente, i percorsi turistici si limitano a questa parte di città, senza riuscire ad estendersi alle restanti parti di territorio. Ogni sera è Trasformata in un’isola pedonale, grazie alla creazione del servizio di navette elettriche che la collegano solo con la prima parte di città sviluppatasi sulla terra ferma, la zona della borgata e del quartiere umbertino. Ampliando il raggio di azione di questo servizio, sarà possibile svuotare ulteriormente Ortigia dal traffico viario, e risolvere uno dei grandi problemi di questa parte di città. BORGATA Per riuscire ad espandere la parte a vocazione turistica oltre i limiti della penisola, la zona della Borgata, che si aggancia ad Ortigia attraverso il Porto Piccolo, viene prevista come una zona da riqualificare e in cui inserire nuove tipologie di ospitalità alberghiera. Con la nascita di nuclei di albergo diffuso in questo quartiere, si potrebbe ampliare notevolmente l’offerta alberghiera della città, arricchendola ed attirando nuove dinamiche economiche e nuovi tipi di utenti. In oltre lo sviluppo di questi nuovi fenomeni potrebbe contribuire alla riqualificazione di una zona storica della città, di cui fino ad oggi non si è riuscito a sfruttare il potenziale paesaggistico ed economico. LATOMIE DEI CAPPUCCINI A nord della zona della Borgata, sono poi presenti le Latomie dei Cappuccini. Collocate al confine orientale della pentapoli greca, la Latomia, il cui nome deriva dalla sua originaria funzione di cava, fornì per secoli il materiale di costruzione alla città di Siracusa, di


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cui rappresenta una delle testimonianze più particolari. L’habitat creatosi nel corso dei secoli, per le condizioni climatiche e il fertile humus sedimentato, è costituito da una composizione vegetale di notevole suggestione visiva che comunica al visitatore una gradevole sensazione di serenità e rende il sito uno dei giardini storici più importanti della Sicilia Orientale. Dell’antico impianto rimangono ancora gli ultracentenari Pioppi. Fino agli anni ’70 la Latomia dei Cappuccini è stata una delle attrazioni di Siracusa dove si andava a trascorrere piacevoli serate con manifestazioni che si svolgevano nel suggestivo spazio denominato “Teatro di Verdura”. Per svariati motivi la Latomia è rimasta chiusa dagli anni ’80 al 2005, e solo una Convenzione stipulata con l’Associazione ”Italia Nostra” ne ha parmesso la riapertura e il parziale restauro. Si trova però appunto scollegata dai principali flussi turistici, e l’obbiettivo del progetto è rendere questo incredibile spazio una polarità centrale del sistema studiato. PARCO ARCHEOLOGICO DELLA NEAPOLIS Se queste prime aree prese in considerazione per il progetto sono esterne al circuito delle mura, ma ugualmente importanti dal punto di vista strategico, discorso differente è per l’attuale Parco Archeologico della Neapolis, situato a nor della zona Albertina, ed esteso come già analizzato per circa 240.000 mq. è uno straordinario palinsesto della storia dell’antica Siracusa, frutto di una lunga e difficile opera di salvaguardia negli anni Cinquanta, e racchiude non soltanto la parte più monumentale della città, ma anche una densa serie di testimonianze di varie epoche, dall’età protostorica a quella tardoantica e bizantina: un museo a cielo aperto. Il suo punto focale è un’altura che prende il nome di Temenite, perché qui sorgeva, in età arcaica, un santuario extraurbano dedicato ad Apollo. Allora quest’area era esterna rispetto alle mura che proteggevano Achradina, il nucleo più antico di quella parte della città sulla terraferma, ma la posizione di dominio visivo e la presenza del santuario, ne favano uno dei fulcri del territorio immediatamente


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circostante la città. Già agli inizi del V sec. a.C. è documentata l’esistenza del primo teatro. L’areasubì una progressiva monumentalizzazione, con il rifacimento del teatro, la costruzione dei portici della terrazza superiore e la realizzazione della grandiosa Ara di Jerone. In età augustea furono costruiti l’anfiteatro e un arco onorario di cui restano parte dei piloni. Nel settore nord-orientale del Parco, sono inglobate alcune delle più scenografiche Latomie della città antica (Paradiso, Intagliatella e S. Venera), e infine, un ampio lembo di necropoli (la necropoli dei Grotticelli) fitta di sepolcri di varia tipologia, che si scaglionano fra l’età arcaica e quella tardo-romana. Questo incredibile patrimonio si configura come la principale attrazione archeologica della città, e diventerà quindi elemento cardine per la realizzazione del progetto.


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7.2_ LE MURA E LE NUOVE POLARITà. Una volte inserite le polarità nel tracciato perimetrato dal decreto dell’aprile 2014, si è deciso di prendere in esame per ognuna di esse alcuni parametri, verificando i valori esistenti e i valori aggiunti dal progetto. Ogni area sviluppata viene quindi valutata secondo questi riferimenti, che sono: -

pista ciclabile e rent bike collegamento ad ortigia tramite navetta elettrica servizi alla collettività verde pubblico fruibilità accessibilità mare attrattive museali aree di ricerca applicata e sviluppo produttivirà energetica sviluppo economico presenza di turismo organizzato in albergo diffuso.


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PARCO EST Il lungo mare est si presenta come un sito da riqualificare, perchè ricco di edifici di bassa qualità e privo di aree urbane attrezzate, ma dal grande valore paesaggistico. Unendo la logica della quotidianità con quella dell’evento, si prevede la creazione di un’area attrezzata per eventi e spettacoli nell’area adiacente al quartiere PEEP della Mazzarrona. Il contatto con la costa è restituito alla città per sbloccare questo potenziale ambientale e paesistico, oltrechè turistico ed economico, sfruttando le opportunità date dalla pista ciclabile riqualificata, e l’installazione di ulteriori solarium. Con la creazione poi di percorsi archeologici lungo l’area del Parco e l’inserimento di moduli di ospitalità diffusa all’interno di esso si vuole inserire questa parte di città all’interno di nuove logiche di sviluppo turistico ed economico, utilizzando la pista ciclabile come segno guida del progetto. Con collegamenti trasversali tra la ciclovia e la città, si vuole aumentare la fruibilità e creare nuovi spazi urbani lungo il tracciato, ora solo punto di passaggio, che deve trasformarsi in luogo di sosta e di vita sociale. Lungo il margine la città verrà arricchita dei servizi che gli mancano e i collegamenti con la città verranno ristabiliti ed integrati con la creazione di una nuova linea del bus elettrico, per legare questo quatiere ad Ortigia.


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TONNARA DI SANTA PANAGIA Con l’avvio dei lavori previsti da quasi 8 anni ma mai iniziati si fa un altro passo avanti, importante, per il recupero e il potenziamento dei luoghi della cultura nella città. La Tonnara di Santa Panagia è destinata a diventare un attrattore culturale capace di bilanciare l’offerta turistica di Siracusa, contribuendo in modo incisivo alla riqualificazione del quartiere Mazzarrona e affiancando l’intervento sull’intera pista ciclabile decretato da pochi mesi sempre dall’assessorato ai Beni Culturali. Con il trasferimento del Museo del Mare nella Tonnara di Santa Panagia e le prime piattaforme a mare la città cerca di riappropriarsi e sfruttare questa grande risorsa. Questo sarà la prima polarità che realmente realizzata tra quelle previste dalla strategia progettuale, ma l’intervento non può rimanere sconnesso da logiche più ampie e di ampio respiro. La Tonnara di Santa Panagia si trasformerà da edificio abbandonato a struttura polifunzionale, efficiente e accogliente, dotata di una gamma di attività complementari. Il percorso naturalistico sul mare verrà arricchito con spazi di sosta e di relazione. Il collegamento anche di questa parte di città con il servizio di navetta da Ortigia, e la creazione di un punto di rent-bike in prossimità del museo lungo la pista, diventano le principali azioni che il progetto sviluppa su quest’area, garantendo una maggiore fruibilità e l’inserimento di nuovi servizi in questo spazio ora inutilizzato. Sfruttando la grande vocazione paesaggistica dell’area si prevede infine l’inserimento di moduli alberghieri.


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CENTRO DI RICERCA ED INNOVAZIONE. Costituendo un luogo d’incontro per studiosi e ricercatori, che si configuri come potente incubatore di ricerca applicata alla produzione di fonti di energia pulita e rinnovabile, investendo nell’economia dell’esperienza e rafforzando il proprio capitale identitario, Siracusa potrebbe tornare a ricoprire un ruolo importante nella rete energetica mediterranea ed europea. L’opportunità è quella di una conversione di questi ambiti industriali, che possano passare ad una produzione dove l’innovazione tecnologica, la conoscenza e la creatività sono i fattori chiave dei nuovi processi produttivi. La creazione, cioè, di un grande polo di innovazione, che possa costituire un luogo d’incontro per studiosi e ricercatori, configurandosi come potente incubatore di ricerca applicata alla produzione di fonti di energia pulita e rinnovabile. La posizione strategica come già precedentemente evidenziato ne aumenta le potenzialità, aprendo nuovi scenari evolutivi paralleli a quello dell’otttimizzazione delle risorse culturali e paesaggistiche.


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PARCO ARCHEOLOGICO DELL’EPIPOLI Il nuovo Parco Archeologico e tutte le principali strutture gestionali che andranno previste in prossimità del Castello Eurialo, sfruttando tutte quelle aree di espansione urbana bloccate dalla perimetrazione, ricollegherà le antiche fortificazioni, cercando di intercettare maggiori flussi turistici, spostandone il baricentro da Ortigia verso Epipoli. L’area è molto vasta e per la sua particolare conformazione, come per la Tonnara, si prefigura come uno dei luoghi più adatti dove sperimentare nuovi tipi di turismo, con l’inserimento di un maggior numero di moduli di ospitalità diffusa, che vadano ad integrare il sistema ed estenderlo lungo tutto il perimetro nord est della città. Nella zona del Castello Eurialo, dove l’area archeologica è già consolidata, la fascia si amplia nell’area museale del Castello stesso. I percorsi pedonali consentono l’accesso agli scavi e alle gallerie sotterranee e si collegano all’edificio del museo, la cui progettazione potrà essere affidata a concorsi che, per il valore dell’area in questione, potrebbero richiamare progettisti ed esperti da molte parti del mondo.


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CENTRO DI VALORIZZAZIONE TERRITORIALE. La Valle dell’Anapo e le aree ricadenti nella zona C possono essere riscoperte come risorsa ambientale e sociale, e al tempo stesso giovarsi di un rapporto privilegiato con la città e inserirsi nel circuito turistisco. Si vuole mettere in evidenza la molteplice funzione di queste aree rurali nella città contemporanea, di miglioramento ecologico degli ambiti urbani, come spazi del loisir, dell’educazione ambientale e soprattutto della contatto con l’agricoltura. Attraverso quindi la produzione di prodotti di qualità all’interno delle aree tutelate, e alla creazione di un marchio del Parco Archeologico potranno attivarsi nuove dinamiche di sviluppo economico legate alla perimetrazione, arricchendo la già eccellente qualità dei prodotti di un brand che possa essere esportato in tutto il mondo e possa garantire maggiore visibilità internazionale. Il progetto si trasforma così nel disegno di spazi destinati alla valorizzazione della produzione agricola, attraverso la trasformazione, promozione e vendita di primizie ortofrutticole, con aree rivolte alla scoperta dei prodotti di qualità della provincia, ma anche in una serie di zone destinate a orti e giardini didattici, a vivai.


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latomia dei cappuccini


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tonnara di Santa Panagia

area eventi

8_PARCO EST.

Strategie di attivazione del margine urbano


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“Per riabilitare il concetto di periferia occorre quindi rovesciare il suo pregiudizio. Periferia diventa luogo eccentrico, non soltanto in quanto lontano/fuori dal centro, ma soprattutto come luogo non condizionato, aperto, sperimentale.” Renzo Piano Non potendo sviluppare in tutti i suoi punti il progetto di Parco Urbano Archeologico proposto nel capitolo precedentemente, alla vision generale presentata si è deciso di legare lo sviluppo di una strategia progettuale su una delle polarità. Si è scelto di scendere di dettaglio e sviluppare una proposta sulla zona del Parco Est, per la presenza di particolari opportunità attualmente esistenti sulla zona e per l’importanza delle tematiche che possono essere così trattate. Il progetto infatti riguarda il complesso PEEP della Mazzarrona, realizzato negli anni ottanta. Si tratta di un quartiere dalle due facce: da un lato, si trova in una delle zone paesaggisticamente più affascinanti della città, caratterizzate per l’intera lunghezza da alte scogliere a picco sul mare; dall’altro costituisce un vistoso esempio di quartiere dormitorio, privo di servizi e dove problematiche sociali ed economiche si sommano a condizioni ambientali e urbane di grande disagio. La sua struttura insediativa, caratterizzata dalla dissoluzione dell’isolato tradizionale sostituito da blocchi e stecche, ha dato luogo a tessuti urbani più aperti e dilatati i cui spazi aperti avrebbero dovuto contribuire, almeno nelle intenzioni iniziali, alla definizione del sistema di spazi pubblici della città. In alcuni casi lo spazio pubblico di questi quartieri si presenta oggi diffuso e strettamente connesso al costruito e allo spazio urbano, in altri casi, invece, evidenzia un carattere di residualità concentrandosi in frammenti, isolati e indefiniti, privi di relazione tra loro e con il costruito, utilizzati anche come discarica. La qualità degli spazi aperti e la loro capacità di diventare spazio pubblico dipende in gran parte dall’efficacia del principio insediativo e dal rapporto tra lo spazio del quartiere e la città al contorno; questo rapporto è determinato dai diversi meccanismi progettuali


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adottati - in termini di attacco a terra degli edifici, di permeabilità dei bordi, di forma e dimensione degli spazi di relazione, per conciliare il bisogno di privacy proprio della sfera domestica e la necessità di partecipare attivamente alla vita pubblica oltre che da mix funzionali capaci di garantire vivacità sociale e culturale. Il progetto, si concentrerà sulla riattivazione proprio di questi spazi urbani attualmente non sfruttati, in parte perimetrati dal parco e divenuti quindi le aree sospese precedentemente analizzate. Quel patrimonio che non può rimanere così come è oggi privo di attività e di funzioni, che sarebbero necessarie e fondamentali al buon funzionamento del quartiere. Le problematiche che interessano il quartiere della Mazzarrona trascendono lo scopo di questa tesi. Lo si è ritenuto però il luogo più adatto per mettere alla prova l’approccio trasversale tra conservazione, rigenerazione urbana e sviluppo che la questo lavoro cerca di affrontare.


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8.1_ LE OPPORTUNITà. LA TONNARA, URBACT ED IMPACT HUB. Attori di un’unica rete. La scelta dell’area è stata dettata principalmente da tre fattori presenti sul territorio. Il primo è costituito senza dubbio dal’avviato restauro della Tonnara di Santa Panagia, che prelude all’allestimento del Museo del Mare cittadino, ed attivare nuovi flussi turistici verso il nord della città. Il secondo è la realizzazione, in stato avanzato, di una pista ciclabile lungo il tratto di costa dal Monumento ai Caduti in Piazza Cappuccini fino a Contrada Targia, frutto della riconversione di un vecchio vecchio ferroviaro in disuso. Questa opera costituisce un’importante infrastruttura per il collegamento di due poli potenziali di visita turistica (i cappuccini e Santa Panagia), abbattendo anche il limite fisico dei binari, che separava la città dall’uso della costa. Il progetto però fallisce nell’istaurare un dialogo proprio fra questa risorsa ambientale riscoperta e un’area urbana problematica dal punto di vista sociale come la Mazzarrona, tagliata fuori da un corretta fruizione da collegamenti mal posizionati e insufficienti. Il terzo fattore è la presenza di un progetto di riqualificazione urbana avviato grazie a fondi europei, che è riuscito a catalizzare sul quartiere l’interesse di stakeholders e associazioni cittadine. Tra queste Impact Hub Siracusa, una rete internazionale di persone e di spazi di lavoro, che unisce al suo interno svariate figure professionali e con il quale ho avuto la possibilità di collaborare attivamente durante i mesi di lavoro di Tesi. La collaborazione e l’apprendimento reciproco sono alla base delle modalità operative di questa associazione, che ha una delle sue 6 sedi italiane proprio in Ortigia, in un antico convento nel cuore della città antica. Dal confronto con questa stimolante ed attiva realtà, il lavoro di tesi ha tratto energie e informazioni, ma soprattutto ha avuto la possibilità di entrare direttamente a contatto con l’amministrazione, e in particolare con l’Ufficio Programmi Complessi e Politiche Comunitarie del Comune di Siracusa, che ha l’incarico di gestire i finanziamenti e lo sviluppo del progetto europeo concretamente in città.


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Dal mese di gennaio 2014, la città di Siracusa è parte quindi di ‘Urbact – GeniUS: Open’, piano di sviluppo finalizzato a trasferire la buona pratica dell’open innovation dalla città di York (UK) a quelle di Siracusa, Tallin e San Sebastian. Questo nuovo approccio di governance consiste nel rompere le barriere chiuse della pubblica amministrazione e dei ‘palazzi’ per aprirsi a tutti gli attori della città e grazie a loro trovare opportunità di crescita ed individuare soluzioni originali ai problemi urbani. Open innovation significa sbloccare il potenziale creativo e valorizzare le conoscenze e le intelligenze collettive presenti in città allo scopo di scoprire e coprogettare soluzioni innovative alle sfide ed alle problematiche che la città si pone. Con questo progetto la città di York ha già ricevuto numerosi riconoscimenti nazionali ed internazionali. La sfida del programma Urbact consiste nel trasferimento di questa pratica a 3 diverse città europee, appartenenti a contesti storici e culturali profondamente diversi, al fine non solamente di aiutare le città nel loro percorso di sviluppo (integrato, partecipativo e sostenibile), ma anche di approfondire le metodologie di trasferimento delle best practices. GeniUS è, nella sua parte online, costituito da una piattaforma aperta a tutti, attraverso la quale condividere idee su come affrontare le sfide che la città di York ed i suoi abitanti si sono posti, incoraggiando e sviluppando modalità nuove e fantasiose. Direttamente sul campo invece, l’amministrazione, tramite l’Ufficio Programmi Complessi e Politiche Comunitarie, ha già dato inizio al dialogo con alcuni stakeholders: la Circoscrizione Grottasanta, l’Università, gli ordini professionali, Confindustria, Ance, FAI, Legambiente, CNA, Impact Hub, ARCI, IACP, Parrocchie, Fondazione Val di Noto, Italia Nostra, le scuole locali, RifiutiZero, etc. Tra le diverse priorità ed emergenze individuate durante gli incontri ed i laboratori partecipati - che spaziavano dalla mobilità sostenibile alla gestione dei rifiuti, dalla valorizzazione del mare alla creazione di luoghi di socialità per i giovani - si è scelto di cominciare questa sfida avendo come obiettivo la riqualificazione del quartiere della Maz-


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zarona: il cuore di Grottasanta. Mai come in questo momento di crisi ed emergenza, i quartieri particolarmente svantaggiati ed esclusi, richiedono una particolare attenzione. In linea con il dibattito aperto a livello europeo, dove ci chiedono città intelligenti, innovative ed inclusive, ma anche e soprattutto con quello a livello nazionale, ravvivato dal nuovo progetto di Renzo Piano G124, che ha uno dei suoi casi studio sulla periferia di Librino a Catania, si è deciso di provare ad applicare questo nuovo approccio ‘aperto’, inclusivo e partecipativo ad una realtà quanto mai bisognosa e sicuramente piena di risorse e potenzialità inesplorate come la Mazzarrona. Il progetto ha concluso ora la prima fase, che ha visto il coinvolgimento di tutti coloro i quali, a vario titolo ed interesse, saranno protagonisti del tentativo di trasformare il quartiere della Mazzarrona. La periferia non deve essere più sinonimo di degrado, isolamento, esclusione ma deve divenire anch’essa a suo modo ‘centro’ con una propria ed unica identità. Le problematiche emerse sono state analizzate e prese in considerazione, andando così ad integrare l’idea di Parco ArcheologicoUrbano con i bisogni emersi da un’analisi diretta effettuata coinvolgendo gli abitanti del quartiere.


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8.2_ PROBLEMATICHE E PROPOSTE. Partendo dal confronto con questa realtà, il progetto ha recepito gli stimoli giunti dagli attori principali e dai soggetti coinvolti nella vita quotidiana di questa parte di città. Una delle principali problematiche evidenziate, è stata l’assenza di collegamenti al mare, elemento che era già stato eveidenziato dall’analisi e trova qui conferma come bisogno primario per riqualificare questa parte di città, e la mancanza di accessi alla pista ciclabile, che si prefigura come un’infrastruttura di collegamento alla città che riesce solo a lambire il quartiere, senza diventare un servizio attivo e reale. Altro tema emerso, più legato poi alla qualità del costruito, è quello legato a problemi statici degli edifici. Questa questione, così come l’assenza di servizi e di attività produttive, sono legate ad errori passati di pianificazione, e ad un mancato mantenimento di quelle che, da anni, sono le previsioni di piano. A queste difficoltà, si affianca poi un quadro socio-economico preoccupante, dove povertà e in molti casi, l’assenza dei minimi standard igienico-sanitari, portano la Mazzarrona ad essere essenzialmente isolata dal resto della città, che vede quest’area come uno spazio periferico e degradato, spesso pericoloso, che non presenta attività in grado di attrarre nessun flusso esterno agli abitanti, trasfromando così l’intera zona in un dormitorio, inutilizzato di giorno e senza alcuna vita di notte. Le associazioni di quartiere che cercano di avviare progetti sociali all’interno della comunità, non hanno un luogo dove potersi organizzare e coalizzare, cercando così di attivare nuove dinamiche e processi. Problematiche poi legate ad un utilizzo solo parziale della grande scuola creata pochi anni fa nel cuore del quartiere vengono messe in evidenza, sottolineando la necessita di sfruttare flessibilimente questo spazio. La mancata realizzazione poi di molte delle aree standard previste, ha creato un totale distacco tra gli abitanti e gli spazi urbani, che non essendo progettati ed attrezzati, ma semplicemente lasciati come spazi vuoti, inutilizzati, vengono trasformati in discariche a


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cielo aperto. Le proposte, sviluppate in sinergia con l’amministrazione, sono quindi quelle di una rifunzionalizzazione della scuola, garantendo una flessibilità funzionale e temporale dell’edificio, con inserimento di corsi di formazione specializzata nei periodi in cui gli spazi non vengono utilizzati. A questa azione va però legata un’intervento più forte dell’amministrazione sull’edificio e sulla sua struttura, attualmente fortemente degradata dalla mancata manutenzione degli ultimi anni. Se la possibilità di una riqualificazione completa su tutto l’edificato del quartiere, che deve essere affidata ad un Piano Particolareggiato come previsto da PRG, si prefigura oggi come un’intervento necessario, ma difficilmente realizzabile, la possibilità di migliorarne l’aspetto e soprattutto come questo viene visto dal resto della città, è uno dei principali obbiettivi del progetto. Si è quindi pensato di avviare un progetto di riqualificazione esterna degli edifici, con il coinvolgimento di Antonio Presti, imprenditore siciliano che ha già collaborato in altre parti della regione alla riqualificazione di parti di città tramite installazioni di land art. Richiesta diretta delle associazioni, è poi quella della creazione di un luogo di incontro, dove poter sviluppare progetti in cooperazione con l’amministrazione e tutti gli attori che stanno dando la loro disponibilità a partecipare a questa grande sfida. Oltre ad una “casa delle associazioni”, viene proposta la creazione di una zona ad Orti Urbani, con l’intento di portare nuove pratiche all’interno del tessuto sociale e migliorare le condizioni di molte famiglie, fornendo quindi la possibilità di produrre direttamente ortaggi, per un uso personale che, allo stato attuale, non avviene per problematiche economiche e di assenza di cultura alimentare.


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8.3_STRATEGIA DI PROGETTO. Componenti rigide e componenti morbide. Un insediamento comprende una grande varietà di condizioni, e quindi modifica i suoi bisogni, priorità, attrattività di investimenti, risorse interne disponibili. In più c’è la possibilità di cambiamenti sociali, politici ed economici che potrebbero influenzare la strategia di rigenerazione in un’area. Gli scenari di sviluppo potrebbero quindi essere molteplici, ma perchè un progetto sia capace di ottimizzare le risorse disponibili, le sue parti vanno integrate in una visione comune. È necessario distinguere tra componenti rigide e morbide di un progetto. Le componenti rigide riguardano la parte più “formale” e pianificata dell’intervento, e raccolgono i gli interventi più onerosi dal punto di vista sia delle risorse necessarie ad attuarli sia del consenso anche sociale che presuppongono, specie in un’area “sensibile” come quella della Mazzarrona. Le componenti morbide sono relative a processi che non possono essere ordinati dall’esterno, ma che hanno bisogno d’essere stimolati dall’interno tramite fattori sociali ed economici, e cogliendo le opportunità che si presentano man mano che la rigenarerazione viene portata avanti. Gli interventi fisici, in questo caso, sono pensati come reversibili e temporanei: da un lato questo dà la possibilità di una immediata attivazione, dall’altro potrebbe dare permette una loro correzione in accordo con i risultati riscontrati. L’interazione di queste componenti può sintetizzare il miglioramento socio-economico e la riabilitazione spaziale in un processo che potrebbe durare oltre il progetto specifico. La strategia specifica per l’area segue in maniera conseguente quella relativa alla macroscala. Lo scopo generale dell’intervento è di riconnettere il margine urbano con l’area relativa al nascituro Parco Archeologico, agendo secondo due schemi paralleli ma fortemente integrati tra loro. È chiaro infatti che questa divisione è schematica e che ogni azione è pensata per contribuire all’obbiettivo più ampio di consolidare


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il Parco Archeologico come parte consustanziale del più ampio organismo urbano, accostando differenti situazioni in un’unica sequenza. A questa scala, la successione di infrastrutture turistiche e attività produttive andrà a potenziare il sistema locale e favorirà una nuova integrazione sociale, così come l’appropriazione del nuovo spazio pubblico da parte dei residenti favorirà il suo utilizzo anche da parte di differenti tipi di utenti. MATRICE URBANA Da un lato, il margine è pensato come Matrice Urbana in grado di collegare il costruito con le linee del territorio e da queste dare nuovo ordine ad un tessuto frammentato. Da un punto di vista fisico questo è tradotto nel rafforzamento dei collegamenti tra Parco e Città. Sulle assialità create e su quelle già presenti e rinforzate viene impostata una rete di strutture sociali e servizi, a completamento ed integrazione di quelle presenti nel quartiere (chiesa, scuola, ???). La gestione economica e la manutenzione degli spazi dedicati ad arrività di vicinato vengono assegnate alle associazioni di quartiere, che trovano un centro di coordinamento in una struttura in posizione strategica all’interno dell’edificato. Questa previsione di progetto si pone in linea con le proposte originate dalla prima fase di Urbact, e vuole dare unità alle associazioni raccogliendole in una struttura strategicamente collocata sul confine tra l’area edificata e quella dei parco, affinchè si possa garantire l’utilizzo proficuo dell’area da tutte le parti della comunità. INFRASTRUTTURA PRODUTTIVA Se la connessione con il parco può guidare lo sviluppo (o nel caso di un insiediamento già consolidato, la rigenerazione) di un conglomerato urbano, la volontà è anche quella di trarre vantaggio dalle alte potenzialità ambientali e turistiche dell’area, in linea con la designazione di questa zona come del “Parco Est”. La messa in valore deli resti archeologici è attuata tramite il potenziamento della rete ciclo-pedonale, che viene dotata di strutture per


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la sosta e le attività sportive. È inoltra proposta, in posizione baricentrica tra le due nodalità della Tonnara e dei Cappuccini, un’area attrezzata per eventi e spettacoli. INTERVENTI SUL COSTRUITO La condizione strutturale nonchè la qualità intrinseca degli edifici della Mazzarrona impone un ripensamento anche della sua componente solida, parallelamente ai provvedimenti riguardante il margine parco-città. Pur soffermandosi su questo soltanto in maniera marginale, la tesi ha identificato alcune azioni strategiche che dovrebbero risultare in un miglioramento tangibile delle condizioni di vita nel quartiere. Affianco ad una generale riqualificazione dell’edificato, un primo provvedimento proposto è la realizzazione di testate commerciali nei muri terminali delle stecche residenziali, ciechi. Questa operazione porterebbe ad un miglioramento dell’immagine complessiva della zona, oltre che ad un incremento nella vitalità e vivibilità di questo. Sempre volte alla diversificazione, in un quartiere mono-funzione, nonchè al miglioramento delle condizioni igieniche complessive è l’apertura dei piani terra. La ricollocazione degli abitanti di questi porterebbe, inoltre, ad un progetto per la densificazione del quartiere. Per questo si prevede si rimpiere lo spazio esistente tra gli edifici con nuove costruzioni, in modo da ridurre le distanze tra i vari elementi e quindi restituire agli abitanti una dimensione umana del comlesso.


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8.4_FASI DI ATTIVAZIONE. La strategia dietro al phasing plan è quella di creare un rigenerazione urbana progressiva ed incrementale, che parta dal parco e che si ripercuota internamente per livelli successivi, contribuendo a costruire una consapevolezza diffusa non solo del patrimonio da conservare, ma anche nei riguardi dei diritti della comunità e del potenziale dell’area. Questo sarebbe il risultato di lungo periodo atto a sostenere la rigenerazione urbana ed assicurare la corretta gestione delle risorse esistenti. Scopo non secondario è anche quello della corretta gestione delle risorse, portando ad una rapida soluzione i problemi più urgenti e consolidando le parti più fragili del territorio. Il focus delle fasi, quindi, è spaziale piuttosto che temporale, tenendo conto della difficoltà delle previsioni in questo senso. La fase 0, sulla quale si concentra la tesi, raccoglie tutte le azioni ritenute necessarie ed improrogabili per instaurare il Parco Archeologico così come lo si è delineato nel capitolo 7, e si concentra quindi sulla prima interfaccia tra aree sottoposte a vincolo e aree urbanizzate. Nello specifico, si tratta dell’intero tratto di costa su cui si affaccia la Mazzarrona, da un lato, dall’altro sul cerchio più meridionale del comparto PEEP. La fase 1 dovrà coinvolgere il restante tessuto edificato a contatto con il parco, fino al cerchio settentrionale della Mazzarrona La fase 2 si concentrerà invece sull’asse centrale di accesso al quartiere, dove sono concentrati i servizi realizzati nella zona. La fase 3 prevede l’attivazione delle aree esterne al comparto PEEP, lungo il nuovo collegamento ciclabile di cui si prevede la realizzazione sino al nucleo centrale di viale Santa Panagia.


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Servizi di quartiere 1_Scuola 2_Asilo 3_Centro anziani 4_Chiesa 5_Centro di circoscrizione 6_Asilo nido


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9_FASE 0.


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Recepiti gli stimoli di Urbact e sviluppata una strategia progettuale che affronta suddivi in due ambiti le azioni progettuali, la Tesi si concentra sulla Fase 0 dell’attivazione degli spazi urbani sospesi dalla perimetrazione. Partendo quindi dal margine archeologico, con la sistemazione e la funzionalizzazione di questi spazi dell’ottica del futuro Parco, si vogliono mettere a sistema queste aree vincolate con le aree perimetrate presenti all’interno di quella fascia di rispetto di 200 metri, che nel caso della Mazzarrona attraversa l’edificato e i vuoti presenti. Quest’area, come già detto, si configuara lungo tutto il margine come la cerniera tra ciò che è parco archeologico, e porta con se logiche legate al turismo e all’evento puntuale, con la città, la sua vita quotidiana. Qui, più che io ogni altro punto della città, il Parco quindi può diventare elemento di riqualifazione, guidando il processo di riattivazione degli spazi non sfruttati e ponendosi come matrice di una nuova qualità urbana. I nuovi percorsi incontrandosi sulla pista ciclabile, creano nuove polarità, in un sistema riattivazione del patrimonio pubblico. Lo stesso elemento architettonico, declinato nelle diver- se configurazioni studiate, genera nuove dinamiche economiche e sociali, in grado di riqualificare lo spazio archeologico urbano.


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9.1_AREA CERNIERA. Nuovi flussi e connessioni. Da un analisi diretta sul campo, è emerso come la pista non presenti collegamenti con l’interno del quartiere. L’unico accesso strutturato, in corrispondenza della Chiesa della Parrocchia di San Corrado Confalonieri, è bloccato da un cancello che impedisce la fruizione comoda e libera degli spazi aperti verso il mare, e il percorso soffre della mancanza di manutenzione da parte dell’amministrazione. Gli abitanti del quartiere però, nel corso degli anni hanno sviluppato e creato una serie di percorsi informali, di collegamento fino al ex tracciato ferroviario riqualificato ed oltre, sino al limite della balsa e della scogliera, da cui si può godere di un panorama unico e, a dir poco inusuale, per essere in prossimità di un quartiere PEEP. I flussi della città quindi vengono interrotti ad una distanza di circa 200 m dalla ciclovia, tagliando quindi il quartiere da quei flussi quotidiani e continui di cui la pista è ricc già allo stato attuale delle cose, essendo luogo di passeggio, di svago, di sport e turismo, anche se privo di qualsivoglia servizio. Il vuoto che si è mantenuto tra l’edificato e la pista ciclabile, individuato come area cerniera, diventa il luogo dove il progetto urbano si concretizza e si fa tangibile. Gli spazi vengono ripensati e resi funzionali al Parco Archeologico così come al quartiere, con l’obbiettivo di renderli agenti di un’unico sistema, e di rendere produttivi questi ambiti inutilizzati. La zona perimetrata all’interno della fascia B, si configura come area interfaccia tra città e archeologia. Qui vengono inseriti quei servizi richiesti dalla comunità attraverso Urbact, sfruttando così il patrimonio pubblico come superficie per gli interventi, e una collaborazione tra amministrazione e attori privati per finanziare la realizzazione delle opere. In questo modo, cercando di limitare al massimo la spesa pubblica, si vuole dare la possibilità a realtà locali di emergere e ripartire, dando così nuovo slancio all’economia cittadina che come analizzato nei capitoli iniziali versa in condizioni di grave difficoltà. I collegamenti informali, ripensati e progettati, vengono rafforzati


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e strutturati, integrati laddove è necessario creare nuovi punti di accesso all’area, riconnettendo la viabilità lenta pensata all’interno del quartiere con l’area archeologica e la ciclovia. Appoggiandosi alla pista ciclabile, il progetto si sviluppa sfruttandola come colonna vertebrale, collegamento principale delle funzioni e struttura portante del sistema di connessione con l’area vincolata, donando così nuovamente questo spazio alla comunità, per far si che gli abitanti del quartiere possano percepire questa non come un limite ma come un’opportunità di sviluppo economico ma soprattutto sociale, con un miglioramento generale della qualità urbana. Il nucleo abitato viene connesso all’incredibile paesaggio che ora è presente, ma non legato alla vita della città. I flussi turistici che attraversano la pista vedono la possibilità di attraversare un nuovo spazio pubblico, ripensato e riconnesso con i flussi quotidiani della Mazzarrona. Aumentando i percorsi riservati alla viabilità pedonale e ciclabile, e collegandoli al percorso principale dell’ex ferrovia, si vogliono incentivare nuove logiche per gli spostamenti dei cittadini, verso il restante Parco, Ortigia e le nuove polarità inserite. Diventando così la direttrice di sviluppo dei nuovi spazi urbani, il tracciato ciclabile guida lo sviluppo del progetto. Percorsi urbani provenienti dal cuore del quartiere e nuovi percorsi archeologici,si incontrano sulla pista, differenziano gli spazi, creano nuove aree urbane unendo chi il parco lo vive tutti i giorni come semplice spazio urbano attrezzato e chi invece, lo vive da turista ed osservatore esterno, attratto fin qui dalle nuove funzioni che verranno previste.


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9.2_ SOVRAPPOSIZIONE DI 3 LAYERS INSEDIATIVI. Percorsi trasversali e rinaturalizzazione, aree attrezzate e moduli architettonici. Il metodo insediativo si basa sulla relazione tra diversi sistemi funzionali legati al parco archeologico e al tessuto urbano, grazie allo sfruttamento del tracciato esistente dell’ex ferrovia. La progettazione di moduli architettonici flessibili e dal minimo impatto ambientale, che successivamente verranno descritti e spiegati accuratamente, arricchisce il paesaggio archeologico e quello urbano, donando i servizi previsti dalla strategia di intervento. La fase 0 viene quindi a struttursarsi su tre macroaree, quella archeologica, oltre la pista ciclabile sino alla scogliera, quella attrezzata a Parco per eventi, in prossimità del nuovo access, e quella del margine urbano, che entra e si insinua tra l’edificato esistente, in quegli ambiti vuoti e degradati che collegherebbero così in un unico e nuovo spazio urbano la città con il Parco. Pochi e semplici nuovi elementi vengono inseriti per attrezzare le aree, concepiti questi insieme alla rinaturalizazzione di alcune aree che vanno ad affiancarsi alle alberature esistenti. L’inserimento di una vegetazione autoctona, a bassa manutenzione e duratura garantiscono un arricchimento della biodiversità, mantenendo però le caratteristiche del paesaggio brullo ed arido della balsa, dove la crescita di vegetazione è limitata a piccoli arbusti, come il rosmarino, il timo, il mirto e la lavanda. Nell’area più urbana dell’intervento, si prevede l’inserimento di alberature come aranci, ulivi e fichi, fornendo così punti di sosta naturali dove fermarsi e riposare. I percorsi vengono divisi in 3 differenti tipologie: - percorsi archeologici, pensati come piccoli sentieri in terra battuta si adagiano sulla balsa, seguendo la morfologia territoriale ed accompagnando il turista alla scoperta dei resti presenti lungo il margine della scogliera. Le grotte naturali presenti lungo la costa vengono rese visitabili e, grazie alla collaborazione con associazioni di tutela del patrimonio e del paesaggio che hanno già dato la loro disponibilità alla collaborazione, si prevede l’attivazione di percorsi didattici e valorizzazione di queste zone, coinvolgendo le scuole e gli asili del quartiere in questo processo di conoscenza del


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territorio e delle sue ricchezze. Per l’assenza di un’infrastruttura che garantisca l’approvigionamento di energia elettrica in questa parte d’intervento, non si prevede l’inserimento di illuminazione lungo il tracciato, il cui utilizzo non viene organizzato per periodi notturni. - percorsi urbani, progettati come percorsi pavimentati in autobloccanti, vengono dotati di un impianto di illuminazione che sfruttando la rete esistente, che si limita all’area cerniera compresa tra pista ed edificato, renda sicuri ed utilizzabili questi per tutto l’arco della giornata e della notte, aumentando quindi il periodo di attività di queste aree a tutto l’arco della giornata. Con una larghezza variabile da 3 a 5 metri, il percorso prevede il transito pedonale e ciclabile per il pubblico, e la possibilità per gli enti gestori delle strutture e del parco di accedere con veicoli di servizio. - pista ciclabile, già esistente e recentemente riqualificata, lungo i suoi circa 7 km di lunghezza, attraversa la balsa acradina variando la sua conformazione, incastonandosi all’interno della roccia per poi uscirne e rialzarsi rispetto al paeaggio circostante. Nel tratto studiato e progettato, la pista si trova elevata di circa 1 metro rispetto alle zone adiacenti, ponendosi così in una posizione di visibilità e centralità. Illuminata sfruttando le vecchie strutture della ferrovia, ripensate come punti luce lungo tutto il tragitto, il suo possibile utilizzo si estende alle 24 ore cittadine, trasformandola così, se ben collegata con il resto della città, il un’infrastruttura primaria per gli spostamenti degli abitanti.


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biglietteria zona espositiva

ristorante

area sport

sosta + solarium


albergo diffuso

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area eventi

10_ IL PARCO ARCHEOLOGICO E L’AREA EVENTI


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biglietteria zona espositiva area eventi

ristorante


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10.1_ UN PARCO PER EVENTI COME RIATTIVATORE SOCIALE ED ECONOMICO. Per inserire questa parte di città all’interno di nuove dinamiche economiche, quest’area viene pensata come un luogo all’interno della città attrezzabile per ospitare grandi eventi, per la sua particolare configurazione e grande dimensione. L’area prevista da PRG come zona C, con la perimetrazione del parco archeologico perde la sua destinazione ad area di nuovo impianto. Si aprono così possibili scenari di una nuova gestione di quest’area, rendendola funzionale all’attivazione del Parco in quest’area e pensandola come il grande punto di accesso e contatto tra le due differenti realtà della Mazzarrona e di un Parco a vocazione turistica. Con il semplice l’inserimento di una struttura smontabile, in prossima del modulo a sosta inserito lungo il tracciato della ciclabile, il Parco mantiene la sua principale funzione di spazio verde e aperto, con la possibilità di trasformarsi in un polo attrattivo per il resto della città. L’inserimento di altri due moduli, arricchisce l’area di ulteriori funzioni. All’accesso viene progettata la principale struttura di gestione di questa parte di parco, con un’area destinata a biglietteria durante le manifestazioni, un ufficio amministrativo e uno spazio espositivo, legato al parco stesso ma a disposizione delle associazione, e di tutti quegli attori che si dimostreranno interessati a sviluppare progetti in sinergia con l’Amministrazione e la Sovrintendenza. Il modulo situato nel punto di incontro tra viale di accesso e ciclovia, che rappresenta lo spazio più significativo lungo il tracciato, viene previsto come ristorante e bar, dotato di una cucina e di un ampi spazio antistante pavimentato, dove turisti e cittadini possano fermarsi e gustare e comprare tipicità prodotte direttamente dalla struttura del Parco Archeologico stesso. La gestione di queste strutture e la loro manutenzione, verrà affidata a strutture esterne all’Ente Parco e all’Amministrazione, con l’obbiettivo di trasferire nuovi flussi economici sull’area, ora totalmente inesistenti.


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10.2_ L’ALBERGO DIFFUSO. Un pó casa e un pó albergo, per chi non ama i soggiorni in hotel; questa é in poche parole la nuova forma di ospitalità che prende il nome di Albergo Diffuso. Le sue componenti sono dislocate in immobili diversi, che si trovano all’interno dello stesso nucleo urbano. L’aggettivo “diffuso”, denota dunque una struttura orizzontale e non verticale come quella degli alberghi tradizionali, che spesso assomigliano ai condomini. L’Albergo Diffuso si rivolge ad una domanda interessata a soggiornare in un contesto urbano di pregio, a vivere a contatto con i residenti, più che con gli altri turisti e ad usufruire di normali servizi alberghieri, come la colazione in camera od il servizio ristorante. L’albergo diffuso si é rivelato particolarmente adatto per valorizzare borghi e paesi con centri storici di interesse artistico od architetonico, che in tal modo possono recuperare e valorizzare, vecchi edifici chiusi e non utilizzati ed al tempo stesso possono evitare di risolvere i problemi della ricettività turistica con nuove costruzioni.” (G. Dall’Ara, Un pó casa ed un pó albergo, “I Viaggi di Repubblica”, 15 Maggio 2003) è con queste parole che il presidente dell’ADI spiega cosa significhi l’albergo diffuso per una realtà come quella italiana. Le tipologie ufficialmente riconosciute, sono quelle di Paese Albergo, Residence Diffuso e Albergo Diffuso in Campagna. Basandosi sull’utilizzo di unità abitative già esistenti, la tipologia di ospitalità diffusa qui studiata non ricade propriamente in nessuna di queste tre categorie. Quello che si vuole evidenziare però, è il potenziale di queste aree se attrezzate con la possibilità per turisti stranieri e non, attratti dalle bellezze paesaggistiche della natura siciliana, di soggiornare anche solo per una notte all’interno del Parco Archeologico. Il modulo studiato prevede la possbiilità di alloggio di differenti tipologie di utenti: dalla coppia singola, alla coppia con figli, sino ad un gruppo più numeroso, fino ad 8 persone per stanza. Il servizio offerto si limita ad una camera da letto, servizi igienici e un’area limitrofa più privata e separata dal


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parco attraverso l’inserimento di un filtro vegetale che schermi dal flusso pubblico lungo la pista ciclabile. La possibilità di soggiornare in queste strutture, viene integrata dalla vicinanza al modulo bar-ristorante, che potrà offrire i servizi di colazione legando ed integrando così il funzionamento delle strutture all’interno dell’area. In oltre, l’ufficio amministrativo presente all’ingresso del parco potrà gestire il funzionamento e la distrubuzione degli alloggi, trasformandosi così anche nella struttura dove offrire i servizi di accoglienza e di assistenza.

10.3_IL SOLARIUM Uno dei principali punti della strategia, come già più vote sottolineato, è legato ad una nuova accessibilità rispetto alla costa ed al mare. Inseriti in quei punti e in quelle insenature naturali dove, già morfologicamente, viene reso più facile la discesa sino al livello della linea di costa, vengono progettati nuovi ed ampi solarium, con una struttura in tubi di acciaio e tavolati di legno, montati durante la stagione estiva e turistica. Pensati per rendere fruibile questo tratto di mare ora difficilmente raggiungibile e sfruttabile, il collegamento con la pista ciclabile avviene grazie a percorsi in terra battuta e scale di legno che accompagnano il turista sino all’accesso della passerella che, adagiandosi sugli scogli collega il parco al Solarium. Lungo la ciclovia, nei punti di collegamento con questi percorsi, talvolta integrati con quelli archeologici, talvolta no, vengono previsti moduli di sosta, dove viene data la possibilità ai visitatori di sostare, ripararsi dal sole e dal caldo, e vengono offerti i servizi minimi igienici. L’intenzione è quella di integrare il servizio già esistente ad Ortigia e all’inizio della pista ciclabile, più a sud, di piattaforme temporanee, ampiamente utilizzate dalla cittadinanza che dimostra la funzionalità e l’efficacia di un intervento semplice ed economicamente sostenibile.


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10.4_LE AREE ATTREZZATE. All’inserimento dei moduli architettonici in prossimità dei punti di incontro dei percorsi urbani, di quelli archeologici e della ciclovia, si affianca la progettazione di differenti aree attrezzate, che caratterizzano e variano il paesaggio attraversato percorrendo il tratto di costa. Da semplici aree in terra battuta con piccole alberature per schermare le strutture e garantire un maggior comfort termico, ad aree attrezzate a verde e sport, sino ad arrivare alla piazza antistante il Ristorante, polarità principale durante la vita di tutti i giorni così come durante eventi e manifestazioni. Con queste semplici azioni si vuole dare la possibilità ai turisti di estendere gli itinerari ben oltre Ortigia, e agli abitanti del quartiere di riappropriarsi di questi ambiti ora scollegati dalla vita quotidiana, dove inserire quegli spazi indispensabili all’interno di un quartiere residenziale, come aree giochi per i bambini e spazi dove rilassarsi e praticare sport, in un contensto paesaggistico di ineguagliabile valore.


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11_ATTIVAZIONE DELLE AREE SOSPESE.


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11.1_tre sistemi per il quartiere Mazzarrona. Il parco Est, oltre a divenire elemento catalizzante per nuove dinamiche economico-turistiche, si inserisce nella logica di quotidianeità del quartiere Mazzarrona, donando qualità urbana e nuovi servizi alla citttadinanza. L’area sospesa in corrispondenza del quartiere, finora concepita come fonte di incertezze e problematiche, diventa quindi opportunità, permettendo l’inserimento di servizi e la sinergia di nuove dinamiche. Alcune delle grosse necessità locali trovano all’interno di questi spazi una possibile risposta grazie al funzionamento sistemico delle polarità che si vengono a creare intorno ai moduli architettonici qui studiati ed inseriti. L’apertura della scuola locale, insieme ad una sua rifunzionalizzazione temporale e spaziale, con l’inserimento dei suoi spazi nella logica generale dell’intervento eliminando il muro di recinzione e prevedendo l’utilizzo degli spazi per corsi di formazione specializzata, è il primo passo verso un arricchimento di nuovi servizi ed usi legati a questi luoghi. Un nuovo centro associazioni, con un’area giochi situata nel cuore della Mazzarrona, la realizzazione di orti urbani, dove lo stesso modulo architettonico sarà Ecostazione e ricovero attrezzi, e di un area sportiva in corrispondenza del percorso ciclopedonale, risultano l’espressione delle 3 dinamiche su cui il progetto urbano viene strutturato: la “cultura”, la “terra” e lo “svago”.


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11.2_AREA SOSTA E SPORT. L’attività sportiva, intesa come mezzo di formazione e sviluppo psico-fisico della personalità umana, e non come pura espressione di agonismo o di spettacolo sportivo, va naturalmente favorita e stimolata. Il tema del verde inteso come contatto con la natura e quello dell’attività sportiva in città sono indissolubilmente legati tra loro. Si prevede quindi la realizzazione di una nuova area dedicate principalmente agli adulti e agli anziani, un’area fitness, che ospiterà esclusivamente attrezzature per la ginnastica dolce adatte all’età adulta e senior. Fornendo questo tipo di servizio e arricchendolo ulteriormente con la presenza di una delle strutture progettate, nella sua configurazione di area sosta, si vuole rendere questo spazio funzionale sia ai fruitori del parco così come agli abitanti del quartiere e del resto della città. La gestione di questi spazi e la loro manutenzione sarà dell’amministrazione comunale, che con le associazioni di quartiere presenti all’interno del processo garantirà il funzionamento di queste aree


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11.3_ORTI ED ECOSTAZIONE. La creazione di orti urbani recepisce direttamente le richieste emerse da Urbact. Oltre ad una funzione didattica, legata al funzionamento di questi spazi in sinergia con la scuola e gli asili esistenti in zona, si vuole chiarire quanto a livello pratico sia necessaria la presenza di quest’area di 7.000 mq per la produzione diretta di ortaggi, nel tentativo di migliorare le condizioni degli abitanti del quartiere che come già detto spesso non hanno le possibilità economiche per acquistare prodotti freschi e di qualità. Organizzata in piccoli lotti di tre diverse dimensioni, 25 mq, 35 mq e 50 mq, si prevede l’affidamento a seconda della dimensioni alle differenti tipologie di utilizzatori. A anziani, studenti e single viene affidata la gestione dei lotti più piccoli, i lotti intermedi e quelli più grandi di 50 mq vengono invece curati da un numero maggiore di persone, famiglie, gruppi di studenti o direttamente dalle associazioni di quartiere, a cui è comunque affidata l’organizzazione degli spazi. ll progetto si propone di aumentare lo sviluppo sociale della comunità territoriale che abita e vive il quartiere, partendo dalla gestione degli spazi, che sono spazi dell’abitare ma anche risorse per la socialità e le relazioni. L’empowerment della comunità è inteso come aumento della capacità collettiva di conoscersi e di “riconoscersi”, attivandosi per il proprio benessere. Sviluppare rapporti di reciprocità e scambio, a partire dalla sperimentazione di forme di autorganizzazione e co-gestione di spazi come quegli degli orti, per favorire l’interazione fra realtà locali, istituzioni associazioni di quartiere e cittadini, per potenziare la capacità di risposta integrata ai bisogni dell’area e creare sinergie di lunga durata. Il progetto integra l’area degli orti come un qualunque altro spazio urbano progettato all’interno dei flussi previsti e delle logiche di apertura a nuove dinamiche economiche e turistiche, prevedendo nella zona di contatto con la pista ciclabile uno spazio pavimentato in legno dove poter allestire un piccolo mercato. I percorsi, trattati con una superficie rialzata per non intaccare la permeabilità del suolo, si insinuano all’interno degli spazi coltivati,


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aprendosi in slarghi dove le alberature garantiscono punti di ombra e di sosta. Lo stesso modulo architettonico, qui declinato al suo interno come ricovero degli attrezzi, viene previsto nella sua parte esterna come punto di raccolta differenziata, e per questo si prevede il progetto di un nuovo collegamento carrabile che fiancheggia l’area verde progettata e giunge in prossimità della struttura. Seguendo l’esempio di Ferla, un piccolo comune nella Provincia di Siracusa, che ha aderito di recente alla strategia “Rifiuti Zero” dell’americano Paul Connet, e in linea con le nuove politiche amministrative, si vuole creare un Ecostazione in grado di risolvere il problema dei rifiuti e delle discariche abusive presente nel quartiere. L’obbiettivo è quella di dare una perfetta alternativa economica ed ecosostenibile alle normali modalità di smaltimento dei rifiuti. Permettendo di incentivare il riutilizzo totale di tutte le risorse nonché il recupero di materiali intercambiabili e assolutamente riciclabili, evitando direttamente gli effetti collaterali di incenerimento e discariche, oltre ad un miglioramento delle condizioni igienico sanitarie, si potrebbero drasticamente ridurre le energie e le risorse che vengono utilizzate per gli attuali processi di smaltimento dei rifiuti. L’Amministrazione cittadina già si sta muovendo in questa direzione. Infatti, con la proposta di un piano per lo smaltimento dei rifiuti che prevede di portare la raccolta differenziata dall’attuale 3 per cento ad un regime soddisfacente del 30 per cento, grazie all’introduzione di bonus e ticket di sgravi per le famiglie “virtuose” che realizzano la raccolta differenziata, viene prevista la realizzazione di microluoghi di conferimento, almeno uno per ogni quartiere, dove i cittadini potranno portare i propri rifiuti differenziati e, tramite un’apposita card di riconoscimento, accumulare punti che permetterà loro un abbassamento della tassa comunale sui rifiuti, in proporzione a quanto differenziato. In questo modo il Comune avrà, da una parte, una riduzione immediata delle attuali enormi spese per i conferimenti in discarica, e, dall’altra, un entrata sicura e continua dalla vendita del rifiuto correttamente differenziato.


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Mentre come già specificato la gestione economica e la manutenzione degli spazi dedicati ad attività produttive viene assegnata alle associazioni di quartiere, lo smaltimento dei rifiuti e la gestione dello spazio adibito ad ecostazione viene garantita dall’ammnistrazione cittadina.


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11.4_IL CENTRO DELLE ASSOCIAZIONI. Il progetto si conlude con lo studio più approfondito della configurazione del principale modulo architettonico inserito all’interno del margine urbano. Tra le richieste emerse dal confronto del gruppo di lavoro di Urbact con le Associazioni di quartiere, l’assenza di un luogo di incontro, dove collaborare e sviluppare progetti su quest’area, veniva evidenziato come una problematicità a cui dare risposta. Il cuore del progetto diventa quindi la creazione all’interno del padiglione studiato di un luogo che accoglie funzioni differenti, uno strumento polifunzionale al tempo stesso sociale, economico, progettuale e di servizio che punta sull’effetto sinergico di collocare tutte queste funzioni in un unico luogo “sensibile”. Un insieme di spazi con destinazioni d’uso diverse in grado di funzionare assieme se necessario grazie alla flessibilità garantita dalle partizioni interne mobili. L’area interna alla struttura viene progettata come uno spazio polivalente, che modificandosi ed espandendosi verso la fascia perimetrale, riece ad ospitare sotto la copertura di 20m di diametro un’area conferenze, una zona riunioni, varie postazioni di lavoro, a seconda delle necessita, e un’area espositiva. Come tutte le strutture studiate vengono previsti servizi igenici e un ripostiglio, dove poter mettere in sicurezza le attrezzature legate al funzionamento dello spazio.La zona esterna viene attrezzata arricchendola come area giochi per i bambini del quartiere. L’attitudine a immettere negli spazi aperti del quotidiano materiali, colori, forme, figure e sollecitazioni d’uso tradizionalmente associati alle aree gioco vere e proprie è alla base di un consistente repertorio di progetti recenti e di azioni creative diversive sui luoghi pubblici. A prendere spessore, è facile notare, è una progressiva, contagiosa e benefica espansione del campo ludico nei diversi tempi e nei vari luoghi delle città europee. Con l’inserimento nel cuore della Mazzarrona del Centro delle Associazioni, si vuole spingere il progetto oltre la sua dimensione architettonica e strategica, verso la formazione di una coscienza critica collettiva e l’innesco di meccanismi di coesione sociale. Ricche


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di umanità ed energia, spesso ciò che manca non sono gli attori, ma un luogo dove essi possano esprimere le loro idee ed oppinioni, dove confrontarsi e convogliare concretamente i loro sforzi. La sfida di rendere le periferie più belle ed urbane, è ormai entrata nel dibattito nazionale, non soltanto perché l’80% della popolazione che vive in città sta in periferia, ma anche perché le periferie sono la città del futuro. Sarà fondamentale l’azione pubblica nella gigantesca opera di rammendo necessaria, per renderle pezzi di città vivibili e belle, ma questo processo non può prescindere da un’attiva partecipazione delle comunità che vivono ogni giorno questi luoghi, da una presa di coscienza del immenso valore che lo spazio pubblico, la sua qualità, e la sua manutenzione ha nella vita di un quartiere.


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11.5_π20. Un modulo flessibile per parco e città. Data la dimensione del progetto il parco, come spiegato precedentemente, è stata arricchito da un elemento puntuale che medi la scala più minuta, che sappia relazionarsi non solo con la città e il parco ma anche con i suoi utilizzatori. Considerando anche i tempi molto lunghi richiesti per la crescita delle piantumazioni previste, la necessità era quella di rendere gli spazi creati subito fruibili nelle diverse fasi del giorno e dell’anno, come una sorta di presidio. La strategia adottata è quella della concentrazione, che agisce su e si adatta ad aree specifiche lungo il percorso. La realizzazione di nuovi elementi architettonici si inserisce in un particolare contesto ambientale e burocratico, trattandosi di spazi inedificabili, talvolta situati all’interno del Parco Archeologico ma pur sempre appartenenti alla città. La normativa relativa a questa tipologia di parchi, prevede la possibilità di creare nuove struttura a loro servizio, per rendere gli spazi accessibili e attivi. La struttura studiata, cercando di limitare al massimo l’impatto ambientale, si prefigurara come un’elemento reversibile e teoricamente temporaneo. Cambiando di configurazione grazie ad una modularità strutturale possibile grazie alla struttura intelaiata in profilati d’acciaio, e all’inserimento di chiusure verticali in pannelli prefabbricati in legno con isolamento integrato e pannelli trasparenti in policarbonato, la sua flessibilità è massima, sia a livello spaziale, che funzionale. Declinandosi a seconda del punto in cui viene inserito, lo stesso elemento funzionerà da attivatore puntuale del parco archeologico e struttura a servizio della città all’interno dell’edificato, andando a creare nuovi spazi pubblici e nuovi usi di questi. Provvedendo all’essenziale inerzia termica per il controllo bioclimatico e garantendo una ventilazione naturale per la conformazione della copertura, con l’inserimento di un sistema fotovoltaico e di raccolta delle acque meteoriche sulla sua copertura, si garantisce l’autosufficienza in termini energetici, rendendo superflui gli allacciamenti alla rete cittadina. Questa natura autarchica ne semplifica e velocizza la realizzazione, e rende possibile l’integrazione


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di nuove strutture alle precedenti, contestualmente all’espansione dell’attività del parco. Un hot spot wifi, integrato, consente il collegamento internet direttamente lungo il tracciato, sovrapponendo al giro delle mura una rete immateriale dalla duplice finalità. Una si lega alla produzione e alla distribuzione della conoscenza del parco archeologico, seguendo i visitatori nel loro percorso e, interagendo con i loro strumenti informatici (smartphone, tablet), fornendo le informazioni necessarie alla corretta comprensione del sito. La seconda funzione è invece legata in misura maggiore alle relazioni tra persone, in una visione del parco come spazio sociale. I padiglioni vengono uniti assieme in maniera multimediale in un’unico spazio pubblico, fatto di mobilità e scambio. Un luogo in cui la forma è definita dall’attività sviluppata in esso in un determinato momento. Che offre quei servizi che mancano alla città, e allo stesso tempo si prefigura come elemento identitario del nuovo Parco Archeologico Urbano di Siracusa.


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CONCLUSIONI


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Con tutti i limiti di un lavoro pur sempre parziale e non esaustivo, il principio che questa tesi cerca di affermare è quello del superamento del patrimonio soltanto in termini vincolistici e di tutela, per riscoprilo in quanto bene comune da valorizzare e come agente attivo del paesaggio urbano contemporaneo. Ovunque nel mondo i siti sottoposti a conservazione sono in continua crescita, per numero, dimensione ed estensione, sovrapponendosi ai confini della città moderna e diventando, ironicamente, uno dei principali veicoli di trasformazione. Più che un “monolite temporale” opposto a un mondo in rapido cambiamento, le aree conservate possono essere strumento per modulare la pianificazione dello spazio a diverse scale. Il lavoro svolto finora è solo un passo verso l’affermazione di questi principi, ma sono convinto che un tale approccio, se ben implementato, possa rivelarsi un importante strumento per il progetto del nostro territorio, e la chiave per accedere all’ineludibile dimensione pubblica del patrimonio.


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di Pitagora, Napoli, 2012. • SETTIS Salvatore, “Il paesaggio come bene comune.” La scuola di Pitagora, Napoli, 2013. • Triglia Lucia, “Siracusa, distruzioni e trasformazioni urbane dal 1693 al 1942”, Officina edizioni, Roma 1985. • Varrica Adriano,“Siti archeologici e management pubblico in Sicilia. L’esperienza del Parco Valle dei Templi”, Franco Angeli Edizioni, Milano 2010. •Voza Giuseppe, “Sul Parco Archeologico di Siracusa”, documentazione concorso “Il Parco Archeologico di Siracusa. Concorso di idee per la valorizzazione del sistema delle mura dionigiane”, Siracusa, 2013. • VOZA Giuseppe, “Salvaguardia e valorizzazione delle Mura Dionigiane: le iniziative della Soprintendenza nel secondo dopoguerra”, documentazione concorso “Il Parco Archeologico di Siracusa. Concorso di idee per la valorizzazione del sistema delle mura dionigiane”, Siracusa, 2013. •ZAGARI Franco, “Questo è un paesaggio 48 definizioni”, m.e.architectural book and review, Roma, 2012. • “Il Parco Archeologico di Siracusa. Concorso di idee per la valorizzazione del sistema delle mura dionigiane”, Lettera ventidue, Siracusa, 2013.

piani e programmi • Programma di Recupero Urbano. Mazzarrona 1997 • Siracusa e le Necropoli rupestri di Pantalica, Piano di Gestione Rev. gennaio 2005 • Piano Regolatore Generale, 2007 • Programmi S.i.S.te.M.a. aree Sottoutilizzate Porti e Stazioni, 2007 • Piano Strategico Innova Siracusa 2020, 2009 • Piano Territoriale Provinciale, 2010


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• Piano Paesaggistico, 2011

DOCUMENTI E PUBBLICAZIONI • European Union, “Extension of Potenciality of Adriatic UNESCO Sities” • Convention concerning the protection of the World Cultural and Natural Heritage. Adopted by the General Conference at its seventeenth session Paris, 16 november 1972. • Allegati LEGGE REGIONALE 3 novembre 2000. • Scheda ICOMOS no 1200 Syracuse, 2 febbraio 2004. • “Dal Progetto 80 all’Italia che verrà”, Ministero delle Infrastrutture, Roma, 20 Febbraio 2007 •Programmi, progetti ed attività di concertazione 2010-2013, Città di Siracusa, Assessorato Lavori Pubblici, Area Staff Management Territoriale 1. Ufficio Programmi Complessi e Politiche comunitarie • URBACT II Local Action Plan, City of Siracusa, Italy (Sicily), 2011. • PACSU – Il Progetto di Architettura Contemporanea nei Siti UNESCO 2013, Città di Siracusa, Assessorato Lavori Pubblici, Area Staff Management Territoriale 1. Ufficio Programmi Complessi e Politiche comunitarie. • “I progetti di qualità nelle città di antica fondazione.”a cura di G. DI GUARDO, Comune di Siracusa, Siracusa, 2012 • IBM’s Smarter Cities Challenge, “Siracusa Rapporto finale”. 2012. • ABIS Emanuele, Università degli Studi di Cagliari. “Una metodologia per la valorizzazione del paesaggio storico urbano secondo le linee guida UNESCO.” Atti della XVI Conferenza Nazionale SIU, maggio 2013. • DE SILVA Felice, Università degli Studi di Salerno. “Lo spazio pubblico nei quartieri di ERP della città di Avellino”. Atti della XVI Conferenza Nazionale SIU, maggio 2013. • DI PALMA Bruna, Università degli Studi fi Napoli Federico II “Lo spazio archeologico come spazio pubblico”. Atti della XVI Conferenza Nazionale SIU, maggio


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2013. • Public Space in the Global Agenda for Sustainable Urban Development, Expert Group Meeting, 12-14 January 2014, Rome, Italy.


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RINGRAZIAMENTI Ci sono persone a cui devo un grazie per aver avuto la possibilità, dal punto di vista accademico, di svolgere questa ricerca in una città stupenda come Siracusa. Un grazie va al Prof. Romeo Farinella, per la sua pazienza e disponibilità, e per avermi lasciato la libertà di sviluppare questo progetto con i miei tempi e senza pressioni. Al Prof. Martelliano, devo più che un grazie. Nulla di quello che mi ha lasciato in questi mesi, era dovuto ad uno studente che fino a novembre nemmeno conosceva, venuto da Ferrara con strane pretese e tante idee confuse a cui ha dato piena fiducia e totale disponibilità, in periodi e momenti a dir poco anormali. A lei va la mia riconoscenza e stima, per l’aiuto concreto e consapevole datomi sul progetto. Al Professor Cabianca, perché incontrarlo e poter avere l’onore di parlargli, è stato un piacere e una fortuna. Allo Studio Giuliano, all’Avvocato ma soprattutto a Luciana, per il supporto tecnico, e morale. Ad Urbact e all’Ufficio Programmi Complessi e Politiche Comunitarie, per la disponibilità e ocollaborazione. Ad Hub, alla sua rete e al suo spazio, a tutti i ragazzi che ho incontrato durante i mesi di passaggi continui. E a Viviana, per il suo continuo ottimismo e la sua energia. Un grazie particolare va a Ferrara e alla Facoltà, perché infondo, è stata la miglior scelta fatta nella mia vita. Perché di tutto ciò che ho imparato e conosciuto grazie a lei, il Brasile è stato qualcosa di unico ed irripetibile. A Copyart, per la pazienza e per avermi dedicato un aperitivo, è stato un onore. A tutti i miei coinquilini, via della Fortezza, Carbone, Mortara ma soprattutto via Saraceno. Perché a Fede e a Nico devo un grazie per essere stati per tante volte e tanto tempo la mia famiglia ferrarese. A via Succi e alle sue grigliate, ad Istanbul così come ad Amster-


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dam. A tutti i miei compagni. Perché sono stati 6 anni di vita unici. Ora è giunto il momento di tutti quelli, che in un modo o nell’altro, sono stati parte integrante di questo progetto. A Emanuele, Andrea , Luca, Paolo e Claudio. Nessuno, in nessun altra parte del mondo direi, avrebbe mai ospitato per 4 mesi uno sconosciuto venuto da Ferrara. Mi avete fatto conoscere la città, la Sicilia, e cosa significa avere la fortuna di incontrare persone come voi. Senza nulla togliere a nessuno, tantomeno a Kira, ad Alessio va tutta la mia gratitudine, per l’amicizia, e per l’infinita pazienza. A Danielone e Ste’, per la compagnia nell’attraversata, e a Pietro, che mi ha sempre accolto in quel di Roma. A Maddalì e quella fantastica pasta alle cozze, a Anna, perché non mi avevano mai riorganizzato il cervello, ma è una bella sensazione. A Simo e a Cesa, per la compagnia e i consigli di questi ultimi tempi. A Pico e a Clara in particolare, devo veramente un ringraziamento inaspettato. Perché mai al mondo, anche solo un anno fa, avrei pensato di preparare la tesi con voi due. Ma farlo è stato un piacere. E perché senza di te Claruccia, non sarei andato da nessuna parte. Comincio dalle prime tavole, e da Tricky. A quest’anno spettacolare e divertente. Ed al piacere sincero che è stato, condividere questi ultimi mesi insieme. A Sari, alla sua pazienza ed infinita gentilezza. E a tutto il tempo che mi hai dedicato sempre sorridendo. Gli ultimi quattro sono un’altra storia. Per quello che è lavorare con voi. E farlo divertendosi. Perchè come tutto era cominciato, è finito. A Vicio e a Già, per questi 5 anni insieme, che saranno solo i primi di una lunga serie. Perché è stata una grande storia quest’università. A Moro, per aver deciso di darmi una seconda possibilità insegnandomi davvero tanto. Grazie di questo, e di aver reso la mia tesi un lavoro migliore. Su Ciccio chiudo, e passo ad altro. Non è una questione di ringra-


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ziarlo “per la grande sincerità e impegno dedicato all’azione di sostegno e supporto tecnicamente competentissimo”. Quello, non è mai stato in discussione, e non ho mai dubitato sarebbe stato così. Sei stato il miglior correlatore che potessi sperare. L’università, mi ha dato la possibilità di incontrare persone uniche, ma tu, sei forse la migliore. A UaU, perché è un’idea davvero geniale e in cui vale la pena credere. A tutti i miei amici di sempre, che con la tesi non c’entrano, ma con cui sono cresciuto e che ci sono sempre stati anche quando io ero il primo a non esserci. Per avermi fatto sentire nuovamente a casa dopo un anno dall’altra parte del mondo, semplicemente tornando in via Baviera 34, tutti insieme, come tante volte, da ormai non ricordo più quanti anni. A tutta la mia famiglia e soprattuto ad Eva e Giorgio, perché siete stati un esempio, e nonni eccezionali. Grazie a Matteo e a Hilde, per quello che siete sempre stati e per Edo. Perché è la cosa più bella. A Flavio e Betta, Padre e Madre. Questo gran bel viaggio, lo avete finanziato voi. Grazie quindi di avermene dato la possibilità. Se è vero che,“ i genitori hanno due compiti fondamentali: il primo è quello di difendere i propri figli dalla malvagità del mondo, il secondo è quello di aiutarli a riconoscerla”, grazie di di essere stati buoni genitori. Mi avete sempre lasciato la libertà di inseguire ciò in cui credevo, mi avete insegnato a rispettare il mondo, rispettando sempre me e le mie idee. A nonna Merris, a cui dedico questo lavoro e tutto il mio amore. Per essere stata come è stata, una nonna e molto di più, unica ed inimitabile. La miglior nonna che la Romagna ricorderà nei secoli a venire.


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Non sono le poche righe che speravo, ma era l’unico modo per spiegare quel che è stato giungere a questo giorno. “Pensa te, come la tesi di una persona, ha intercettato una serie di rapporti e meccanismi a distanza di mezzo scarpone italico. Alla fine dei conti, avrai vinto comunque.” Allo scarpone italico aggiungo pezzi di mondo, 6 anni a dir poco intensi, in 2 diversi continenti, in 8 diverse case, tra decine e decine di coinquilini abusivi e 35 ufficiali, tra cui un cane. E dico che probabilmente, a prescindere da tutto, comunque vada avrò vinto.

DIARIO DI BORDO. #faftesi


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