Giovanni Stimolo

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Giovanni Stimolo

Wunderkammern effimere



Giovanni Stimolo Wunderkammern effimere
 CURATELA Anna Epis e Aldo Torrebruno PRESENTAZIONE Aldo Torrebruno
 ALLESTIMENTO Anna Epis e Lorenzo Argentino Spazio espositivo microLive via Giovanola 19/c Milano
 12-24.02.2017



Il primo pensiero che ho avuto guardando le foto di Giovanni Stimolo è stato il richiamo, dalle antiche memorie liceali, della figura del flâneur, termine intraducibile in italiano portato alla luce da Baudelaire ed Edgard Allan Poe e in seguito ripreso da Walter Benjamin, Rilke e molti altri. Il flâneur, secondo la definizione del grande poeta decadente francese è un botanico del marciapiede, un conoscitore analitico della realtà urbana, colui che si immerge nella metropoli, osservandone il tessuto e sottolineando il rapporto che si sviluppa tra architettura e chi la vive. In questo senso Stimolo è un flâneur con la macchina fotografica al collo, pronto ad immortalare ciò che colpisce la sua sensibilità, capace di osservare come le architetture portino anche ad un gioco di sguardi tra chi le abita e noi che osserviamo le foto, creando quasi un effetto di nascondino coi personaggi che il suo obiettivo inquadra, che inconsapevolmente utilizzano la città per celarsi ai nostri occhi. Del resto il passeggiare nella città non può essere fine a sé stesso, altrimenti si avvicinerebbe troppo al vagabondaggio, ma deve avere come fine ultimo la creazione artistica, che è in ultima analisi il modo che il flâneur ha per permetterci di confrontarci con le sue scoperte. A tal fine credo che sia interessante osservare le foto di Stimolo ricordando questo passo in cui Giampaolo Nuvolati ci ricorda che: «Il flâneur è un intellettuale che opera prevalentemente entrando in contatto, anche fisico, con luoghi di cui si propone una ricontestualizzazione e una risignificazione. Questo traguardo viene raggiunto prevalentemente attraverso un dislocamento, ovvero un percorso di smarrimento, perlustrazione e ritrovamento. Il perdersi in un ambiente sconosciuto o nella moltitudine come purificazione, come scioglimento dai vincoli abituali, come esperienza catartica non può durare all’infinito, ma deve trovare compimento nella creazione artistica, in un gesto finale che segna la salvezza del flâneur e corrisponde al suo desiderio di dominare la realtà piuttosto che rimanerne succube. Per questo la città e il flâneur vanno di pari passo. Labirinto senza uscita, l’urbano sembra implorare al flâneur di essere interpretato” Aldo Torrebruno



















Qual’è il ruolo che le Arti Visive hanno oggi, all’interno della società? Le arti visive oggi sono molto attente alle relazioni con il contesto sociale, mediatico e culturale. Esse sono sempre più spesso transdisciplinari ed ibride, e sempre meno definite sia nella forma che nelle funzioni. Il loro ruolo è, quindi, essere specchio di una società complessa, culturalmente e socialmente diversificata, come è quella in cui viviamo. Il temporaneo, l’instabile, l’effimero, sono stati alcuni degli elementi che gli artisti hanno usato per corrodere i dogmi e le certezze del passato. Quindi la trasformazione, il mutamento, la variazione, la metamorfosi e non la stasi o l’immutabile, sono l’essenza dello spirito contemporaneo, nonché condizione necessaria per l’evoluzione e il progresso. Sono dell’idea che oggi in ogni campo della creatività si abbia il dovere, più che in passato, di abbattere i muri, ideali e non, che ostacolano lo scambio culturale e la commistione di idee, e di lottare affinché non ne vengano costruiti di nuovi.


Quale rapporto deve avere il tuo lavoro con lo spazio espositivo? Lo spazio espositivo, sia esso reale che virtuale, è ovviamente molto importante. Idealmente è il luogo dove la nostra visione, le nostre idee e ciò che abbiamo creato, entra in contatto con l’altro da noi, dove inizia a rapportarsi con una visione diversa e altra. Ed è proprio qui che le opere, di qualunque natura esse siano, iniziano a crescere, a mutare, a contaminarsi con il vissuto e le idee e la vita degli altri. In questo senso il mio lavoro fotografico non è altro che una traccia da cui ognuno può partire per fare la propria personale esperienza visiva o emozionale. Riguardo alle mie foto esposte in un luogo fisico, mi piace che esse siano prese in mano, spostate, portate in giro per lo spazio espositivo, riposte in un ordine diverso o rubate. Portate in strada magari, o a casa.

Come vedi oggi il rapporto tra artista e rete web, che ancora una volta mette in discussione l’unicità dell’opera riproducendola e diffondendola? Ormai i concetti di unicità e di aura dell’opera d’arte sono stati superati da molto tempo. Ci sono molti artisti che usano il web come materia principale per loro opere. Opere che sono riproducibili e fruibili in contesti totalmente diversi tra loro. Se ci pensiamo bene il web, e tutte le opportunità che esso offre, non sarebbe potuto esistere senza la possibilità di riprodurre in modo infinito parole, immagini o musica, e di poter fruire tutto ciò dove meglio si crede. Un concerto dei Pink Floyd posso godermelo a casa o in metro, grazie alla riproduzione digitale della loro musica. Con la fotografia, salvo in certi casi, posso creare immagini riproducibili in modo infinito. Walter Benjamin ne “L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica” spiega benissimo come i concetti di unicità, di aura, siano spesso sostenuti da forme di potere totalitarie ed elitarie, e di come il loro superamento abbia contribuito all’avvicinamento dell’arte alla vita quotidiana e alla possibilità che essa possa essere fruita da un più ampio numero di persone. In questo senso il web è una risorsa molto importante non solo per l’artista.


Il progetto raccontato dall’artista Questo progetto è una finestra sul mio continuo girovagare per le strade di Milano, è l’immagine visiva della mia curiosità per la sua architettura, per i suoi spazi e per chi la abita. Un piccolo viaggio per l’occhio alla scoperta di cosa riesce a vedere e cosa invece no, perchè nascosto. Una ricerca tra le linee e le forme dell’architettura per scoprire in essa fugaci visioni, forme ibride, o sagome frammentate. Si possono trovare personaggi che cercano e altri che vanno via, in un gioco di rimandi con chi passa a guardare le mie foto. Il mio progetto non è ancora concluso e non so ancora quando e se avrà una forma finale. La mia speranza è che, una volta usciti fuori, per strada, possa essere da stimolo a guardare in modo diverso e con curiosità la realtà che ogni giorno ci circonda.

Giovanni Stimolo, nato a Niscemi (CL) nel 1978. Si avvicina alla fotografia nel 2008, incuriosito dalla fotografia documentaria e dalla street photography. Attualmente lavora come Insegnante di discipline pittoriche.




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