Wetlands. Parchi d'acqua. book

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WETLANDS, PARCHI D’ACQUA.

Elisa Bastianello



Università IUAV di Venezia Corso di laurea specialistica in architettura per la città A.A. 2010 - 2011

WETLANDS, PARCHI D’ACQUA.

ALLUVIONAMENTO PROGRAMMATO IN UN TERRITORIO A RISCHIO IDRAULICO. Elisa Bastianello

Elisa Bastianello 268048 Relatrice: P. Viganò Correlatori: arch. Lorenzo Fabian, ing. Antonio Rusconi, arch. Monica Bianchettin



INDICE Premessa Alluvione 31 Ottobre - 2 Novembre 2010 Crescita della popolazione nel mondo Nel Veneto Cambiamenti climatici Cambiamento climatico nel Veneto Reti idrografiche Rete idrografica delle acque alte Rete idrografica delle acque medio-alte Rete idrografica delle acque basse Bacino idrografico del Bacchiglione Trasformazioni del reticolo idrografico Bacino del Colli Euganei Una piena Rischio idraulico nel consorzio di bonifica del Bacchiglione Opere di ingegneria idraulica Gestione delle piene del sistema Brenta Bacchiglione Agno-Guà Rischio idraulico connesso alla rete idrografica principale Rischio idraulico connesso alla rete idrografica secondaria Espansione urbana Normativa di riferimento Invarianza idraulica Normativa di riferimento What if…? Cosa succederebbe se si avverassero le peggiori previsioni dell’IPCC? Interventi di mitigazione e adattamento Resistenza e resilienza di un territorio What if…? Cosa succederebbe se utilizzassimo parte del tessuto agricolo perturbano per dotare il territorio di spazi per l’alluvionamento programmato?


Area campione Crisi dell’agricoltura Paesaggio di monocoltura Agricoltura intensiva Perdita di naturalità Wetlands. Parchi d’acqua Strategie territoriali Spazio pubblico dell’acqua Dispositivi dell’agricoltura Dispositivi dello spazio pubblico Parco d’acqua a Montegrotto Terme Parco d’acqua Nuova topografia Bibliografia


PREMESSA Ha un senso riflettere sul rischio idraulico oggi all’inizio del secondo decennio del XXI secolo? Dopo secoli di gestione e trasformazioni del territorio in cui viviamo stiamo assistendo a sempre più frequenti eventi disastrosi legati alla scorretta gestione delle acque e al correlato dissesto idrogeologico. La perdita di consapevolezza dei ritmi della natura, e della sua forza, rassicurante e al contempo devastatrice, ha condotto le popolazioni a strappare spazi altrimenti occupati, nelle sue dinamiche evolutive, dal fiume, affidando passivamente la propria sicurezza e quella dei propri beni, ad arginature a quant’altro. I fenomeni di urbanizzazione nelle aree golenali, i prelievi di inerti non sempre adeguatamente controllati, la realizzazione di aree industriali o artigianali, la ricerca di nuove aree agricole, ed in genere i fenomeni accentuati di antropizzazione che hanno caratterizzato l’ultimo quarantennio hanno contribuito alla destabilizzazione delle condizioni naturali di molti torrenti ed aste fluviali. Molte citta, grandi agglomerati urbani delle aree metropolitane, come anche piccoli centri a media densita, sono soggetti a rischio inondazione. Le inondazioni in ambiente urbano si sviluppano secondo differenti modalita in funzione della disposizione topografica della citta e quindi devono essere affrontate con differenti mezzi di presidio idraulico. Non si puo prescindere dalla conoscenza della storia del territorio, governarne l’evoluzione e per tutelarne la sicurezza. Sia le bonifiche che i lavori idraulici hanno interessato il nostro territorio per tutta l’eta moderna e contemporanea. In particolare, il territorio delle bonifiche della Pianura Padana, “ospita forse il piu complesso sistema idrografico d’Europa”50. La presenza di molteplici fiumi e affluenti in uno stesso territorio espone queste terre a grandi esondazioni delle acque, in caso di piogge prolungate. La forte antropizzazione della pianura, comprendente anche le terre basse, ha indotto la realizzazione di possenti argini lungo i corsi d’acqua, al fine di limitare al massimo l’esondabilita dei fiumi, a protezione degli insediamenti. In questo modo, da un lato sono aumentati i carichi idraulici, mentre dall’altro è venuta meno la naturale compensazione della subsidenza naturale apportata dai sedimenti esondati. Pertanto spesso è necessario imbrigliare il fiume al fine di impedire che, nel suo processo geomorfologico naturale di divagazione, vada ad intaccare le nuove urbanizzazioni. Questa costruzione ha determinato una minore quantità di sedimenti disponibili per il fiume ed una minore capacità di laminazione delle piene con aumento dei picchi di piena verso valle. A tutto ciò si sovrappone una gestione del territorio incurante del rischio alluvionale, che ha permesso l’insediamento di attività e centri urbani in zone a rischio di esondazione o che ha trovato nell’arginatura la possibilità di recuperare aree preziose per nuove urbanizzazioni. A questo punto possiamo dire che le cause principali che provocano un’alluvione sono due: - l’aumento delle precipitazioni, dovuto alle variazioni climatiche; - l’incuria del territorio da parte dell’uomo attraverso l’espansione urbana, lungo le aste fluviali, la quale comporta una crescente richiesta di spazio recuperato addirittura sottraendolo ai terreni posti in fregio del corso d’acqua: in tal modo aumenta la vulnerabilità alle inondazioni e, conseguentemente, il danno sociale ed economico che l’evento alluvionale può arrecare.


ALLUVIONE 31 OTTOBRE - 2 NOVEMBRE 2010 L’alluvione che interessò il Veneto nel Novembre 2010 fu causata da una perturbazione di origine atlantica che convogliò un intenso e persistente flusso di correnti sciroccali caldo-umide sia sulla costa che in quota, determinando un sensibile innalzamento del limite della neve e lo scioglimento di quella preesistente. Questa configurazione determinò precipitazioni su tutta la regione con quantitativi estremi sulle zone prealpine e pedemontane. La causa principale di questo evento alluvionale furono pertanto le precipitazioni eccezionali e particolarmente persistenti cadute in un breve lasso temporale compreso tra le 24 e le 48 ore. In particolare il Bacchiglione ruppe gli argini nella rete idrografica delle acque medio-alte e basse per le abbondanti precipitazioni registratesi nel Vicentino sulla rete idrografica delle acque alte che, sommatesi al rapido scioglimento delle nevi, ha causato la rottura degli argini a valle del suo bacino idrografico sommergendo molti territori della bassa pianura umida. Ad aggravare una situazione idraulica già messa a dura prova, le abbondanti precipitazioni nel padovano sulla rete delle acque medio-basse che ha messo ulteriormente in crisi la gestione delle piene e la capacità di deflusso delle acque in eccesso. 130 sono i comuni danneggiati, 500 le persone coinvolte; l’acqua e il fango invadono strade, piazze, attività produttive, parcheggi interrati, abitazioni, stalle, allevamenti, campi coltivati. Cosa sarebbe successo se i territori della rete idrografica secondaria (i consorzi di bonifica), anziché aggravare la situazione idraulica, fossero riusciti a far defluire le acque in eccesso e a laminare parte delle acque provenienti dalla rete idrografica principale? In questa tesi a carattere dimostrativo rifletterò sulla rete idraulica minore immaginando cosa succederebbe se utilizzassimo parte del tessuto agricolo periurbano per dotare il territorio di spazi per l’alluvionamento programmato.

500 mm in 48 ore 23 milioni di metri cubi d’acqua riversati

22% della provincia di Padova invaso dall’acqua 500.000 persone coinvolte

3 morti

130 comuni di 3 province allagati

6 fiumi straripati


fonte: Arpa Veneto


CRESCITA DELLA POPOLAZIONE NEL MONDO L’IPCC stima un aumento della temperatura globale tra 2,4 e 2,8 ° C entro il 2100, queste cifre sono sufficienti a ridefinire l’intera geografia fisica del mondo, e, di conseguenza, la distribuzione umana. Agli inizi del secolo scorso la popolazione mondiale contava circa 1,6 miliardi di persone, oggi, il importo è oltre 6,6 miliardi. Tale rapida crescita della popolazione ha portato tra le sue conseguenze un aumento nella urbanizzazione di dimensioni precedentemente sconosciuti. Questo fenomeno è di estrema importanza sotto il profilo am-bientale di vista, come ogni crescita urbana comporta una perdita di foreste, boschi e campi, che vengono sostituiti con cemento, asfalto e altri elementi artificiali, contribuendo alla creazione di squilibri ecologici, che spesso sfociano in catastrofiche conseguenze. Un ulteriore risultato problematico di pressione urbana è causato dalla mancanza di controllo sullo sfruttamento di suolo libero, questo ha spesso portato allo sviluppo di grandi insediamenti in aree storicamente esposti a rischi naturali, come le aree vicino al argini fluviali o aree depresse.

Nel Veneto Le province più popolose sono Venezia, Padova, Verona, Vicenza e Treviso che costituiscono, anche geograficamente, il cuore del Nord-Est. E’ da segnalare infatti che in alcune aree la quota di popolazione che risiede al di fuori dei centri è particolarmente significativa: tra queste le province di Treviso, Padova e Rovigo25. La crescita insediativa si è sviluppata in prevalenza tra le province del Veneto; il primato in termini di metri cubi per chilometro quadrato spetta a Padova seguita da Treviso.Di norma, ovunque si è proceduto ad effettuare un mosaico dei piani regolatori, è emersa un’incidenza assai elevata delle previsioni residue. In provincia di Padova, ad esempio, si prevedono nuove aree urbane per 3.545 ha (+33,9%) e nuove aree produttive per 3.258ha (+ 61%)26. I dati per molti versi si commentano da soli. Si pensi solo a quali potranno essere in futuro i problemi idraulici della nostra pianura a causa della drastica riduzione dei tempi di corrivazione dei suoli edificati. La città e il territorio appaiono, fino ad ora, antagonisti; non dia-logano su obiettivi di organizzazione, ma ciascuno per proprio conto, alla ricerca di nuovi equilibri.

fonti: C. Cavalieri per ‘Extreme city’, International Bank for Reconstruction and Development/THE WORLD BANK, The Little Green Data Book 2009, Communications Development Incorporated, Washington 2009, Istat 2001-2006 regione Veneto



CAMBIAMENTI CLIMATICI Inizialmente per descrivere l’aumento della temperatura media sulla Terra si parlava di “riscaldamento del pianeta”, espres-sione che tuttavia non trasmetteva tutti gli effetti che questo ‘riscaldamento’ comporta: uragani, inondazioni, siccità e ondate di calore. Attualmente si preferisce l’espressione “cam-biamento climatico”, che descrive sia il riscaldamento che le re-lative conseguenze. Possiamo quindi dire che il clima non è costante, ma varia nel tempo, cioè è caratterizzato da una tipica variabilità climatica. Quando però il clima varia troppo velocemente si parla di “cambiamenti climatici”.Questo termine in particolare indica le alterazioni climatiche in-dotte dalle attività antropiche, cioè causate dall’uomo. Il quadro fin qui descritto mostra un pianeta in fase di riscalda-mento medio, anche se alcuni importanti aspetti del clima non sembrano aver subito variazioni ed il riscaldamento non sembra aver coinvolto tutto il pianeta. Già dal rapporto del ‘96 dell’IPCC40 emergevano il continuo lento aumento della temperatura sul pianeta, la crescita conti-nua della concentrazione di gas serra in atmosfera e la neces-sità di forti riduzioni nelle emissioni.Quello del 2001 conferma e rafforza le conclusioni precedenti, sottolineando che un cambiamento climatico è effettivamente in atto. E’ molto probabile, inoltre, che l’aumento della concentrazione dei gas serra acceleri la rapidità di cambiamento del clima (le proiezioni scientifiche indicano un aumento della temperatura di 0.6-2.5°C nei prossimi 50 anni e di 1.4-5.8°C nei prossimi 100 anni, con variazioni zonali anche significative)41. L’aumento della temperatura comporta quello dell’evaporazione e della precipitazione media. I principali modelli climatologici sono concordi nel prevedere un cambiamento climatico, in particolare un riscaldamento a li-vello globale. Da un successivo studio dell’IPCC del 2007, se ne deduce che il riscaldamento del sistema climatico è inequivocabile, come risulta dalle osservazioni dell’incremento delle temperature medie dell’aria e degli oceani, dal diffuso regresso delle super-fici coperte da neve e ghiacciai, e all’aumento dei livelli medidel mare. Il riscaldamento è ripreso con vigore dagli anni 1980: tutti i 16 anni più caldi della serie si sono collocati dopo il 1990, e in particolare il 1998 è stato per ora il più caldo di

tutti a scala globale (anomalia di +0,55 °C). Gli effetti saranno nelle regioni continentali e temperate come la regione Veneto: l’aumento della frequenza dei picchi di temperatura, ondate di caldo e pesanti precipitazioni;

fonti: EEA 2004, CORILA, ENEA, CVN relativi alle coste mediterrane



Cambiamento climatico nel Veneto In Italia, secondo le analisi dell’ISAC-CNR, nell’ultimo secolo vi è stata una modesta riduzione della quantità di pioggia (circa il 5 per cento in meno) e del numero di giorni piovosi, tuttavia per quanto riguarda l’intensità delle precipitazioni, sembra essere in atto un aumento locale degli episodi violenti. L’innalzamento delle temperature comporta anche la riduzione dei ghiacciai alpini, i quali dalla fine della Piccola Età Glaciale (circa 1850) ad oggi si sono ridotti del 55%. Inoltre, la più precoce fusione primaverile delle nevi, (di circa un paio di settimane sulle Alpi), comporta un’alterazione dei regimi di portata dei corsi d’acqua: maggiori deflussi tra fine in-verno e inizio primavera e periodi di magra più prolungati in estate. Negli ultimi 40 anni nel Veneto si sono registrati: - una progressiva crescita dei valori termici, in particolare, l’andamento delle temperature massime evidenzia un gene-rale aumento, più frequente nella prima parte dell’autunno e nei mesi invernali. L’andamento delle temperature minime è in generale aumento in quasi tutti i mesi dell’anno; - una diminuzione delle precipitazioni annue, più evidente nelle zone montane e durante la stagione invernale. Per quanto riguarda le modalità con cui si verificano le precipitazioni, si segnalano fenomeni di piogge di breve durata, quindi si registra un aumento dell’intensità, ma non della frequenza. Qualora fossero confermate anche per il futuro queste tendenze evolutive, ci potrebbero essere importanti conseguenze per l’ecosistema regionale. Tra le più significative: - Precipitazioni intense: eventi più intensi con probabile accentuazione dei dissesti idrogeologici - Estensione della stagione estiva alla prima parte dell’autunno che potrebbe determinare un aumento del numero di piogge brevi e intense; l’autunno, già caratterizzato da piogge consistenti, talvolta anche alluvionali, potrebbe vedere un incremento dei fenomeni temporaleschi. - Inverni secchi e caldi: diminuzione delle precipitazioni a carattere nevoso, con conseguente riduzione dei ghiacciai alpini, criticità nella disponibilità di risorse idriche durante la stagione fredda. fonti: Arpa Veneto monitoraggio provincia di Padova 2006



RETI IDROGRAFICHE A questo punto mi sembra opportuno chiarire la struttura di in bacino idrografico e le sue trasformazioni nel tempo per capire come si affronta dal punto di vista idraulico la gestione delle piene e l’irrigazione di un territorio. La pianura, in origine, era soggiacente ai livelli idrometrici delle piene dei fiumi, o delle alte maree in prossimità delle foci; i fiumi infatti non erano arginati, le reti idriche non erano rego-late. Le vicende del territorio erano quindi molto dipendenti dai fattori e dagli eventi idrologici. “In tale contesto, nelle condizioni di magra, le acque scorre-vano di norma in alvei e rami definiti da sponde e rive naturali mentre, a seguito di precipitazioni più o meno intense, si verifi-cava l’esondazione delle acque all’esterno degli alvei e quindi l’allagamento della pianura. I fiumi quindi, soprattutto nelle condizioni di piena, vagavano e sommergevano vaste aree, fino ad incontrarsi, verso le foci, con le acque salse incunea tesi, nelle fasi di alta marea, attraverso le numerose ed indefi-nite foci, le lagune e gli estuari. Il deflusso a mare di tali acque avveniva gradualmente, nei periodi successivi, mentre una parte di esse restava comunque impaludata per periodi più o meno prolungati”. Questa configurazione ha subìto incisivi adattamenti nel corso dei secoli, per buona parte ad opera dell’uomo, che ha regolato i grandi sistemi idraulici, ha costruito le arginature, ha deviato i fiumi, ha creato vaste colmate per prosciugare il terreno. I fiumi sono stati canalizzati, mediante complessi sistemi di arginature fino alla foce e spesso tali canalizzazioni hanno compreso anche dei collegamenti trasversali, per mettere in comunicazione le acque di bacini diversi, e quindi per poter alleggerire le piene di un fiume utilizzando la rete dell’altro o per motivi di na-vigazione fluviale, o di alimentazione idrica durante le magre,ecc.”

fonte: A. Rusconi, Acqua e assetto idrogeologico, Dei- Librerie del Genio Civile, Roma, 2010



Rete idrografica delle acque alte Si è venuta così a costituire una prima importante rete idraulica, chiamata delle acque alte, perché relativa a fiumi di montagna con livelli idrici, in pianura, spesso più elevati rispetto alle campagne circostanti, non solo durante le fasi di consistenti piene, ma anche durante la maggior parte dei giorni dell’anno. Questi fiumi vengono definiti “pensili”. Creata per non allagare la pianura con le acque dei fiumi di montagna, e quindi per mitigare il rischio idraulico da questi causato impediva però alle acque della pianura di defluire liberamente e di giungere fino al mare; la rete delle acque alte era stata infatti separata dall’idraulica locale ed era diventata autonoma rispetto ai territori attraversati. Rete idrografica delle acque medio-alte “E’ stata quindi definita una seconda rete idraulica, chiamata delle acque medioalte. Anche tale rete può defluire liberamente in mare, almeno in condizioni idrologiche e mareografiche normali, ma si trova ad un livello mediamente più basso delle reti idrografiche vere e proprie, perché proveniente da acque locali, con portate di piena decisamente inferiori”. Queste reti sono caratterizzate da portate abbastanza costanti e da assenza di trasporto solido. Ciò ha portato ad un diverso approccio dell’uomo nei confronti delle due reti. Mentre le reti alte, con portate molto variabili, con la loro instabilità costringono l’uomo ad una costante azione di difesa, le reti alto minori,non essendo sottoposte a grosse modifiche di portata permettono una convivenza pacifica tra l’uomo e l’acqua, che si comporta quale polo catalizzatore di varie attività economiche. Rete idrografica delle acque basse un’ulteriore rete idrica, la rete della bonifica. Questa rete, detta delle acque basse, venne realizzata per drenare quelle parti di territorio, poste a quote anche inferiori dello zero mareografico, che venivano continuamente impaludate sia dalle acque che sfuggivano al drenaggio delle acque alte e di quelle alto-minori, sia dalle acque marine, soprattutto durante i periodi di mareggiate e di maree eccezionali.

La descrizione delle diversi reti idrografiche ci porta a riflettere sul controllo della capacità delle reti idrografiche di fare defluire i deflussi in caso di abbondanti precipitazioni. In tali condizioni idrologiche, una certa area di pianura può essere diversamente coinvolta dalle esondazioni provenienti dal collasso di una, o più, delle tre reti ricordate. Si possono avere quindi allagamenti provocati dai fiumi delle acque alte, che sono i più pericolosi, in quanto riversano rilevanti volumi d’acqua, quelli causate dai fiumi delle acque medio-alte, ed infine quelli interessanti le reti delle acque basse. I fenomeni alluvionali possono perciò essere causati sia da eventi pluviometrici locali, sia da piogge cadute altrove. Va inoltre sottolineato che un collasso delle difese di una rete di livello superiore comporta quasi sempre la conseguente saturazione e l’incapacità di contenimento delle reti di livello inferiore; non capita, in genere il fenomeno opposto.

fonte: A. Rusconi, Acqua e assetto idrogeologico, Dei- Librerie del Genio Civile, Roma, 2010



BACINO IDROGRAFICO DEL BACCHIGLIONE Il fiume Bacchiglione è costituito da un sistema idrografico assai complesso. Il bacino di raccolta della rete idrografica che lo alimenta, comprende due sezioni principali, aventi ciascuna caratteristiche morfologiche e geotettoniche ben distinte: il bacino dell’Astico ad oriente e quello del Leogra ad occidente. Fanno seguito, ai margini sud occidentali di quest’ultimo, i pic-coli bacini inferiori e secondari del Timonchio, dell’Orolo e del Retrone. Alle acque convogliate dalle aste dorsali dell’Astico-Tesina e del Leogra, si uniscono quelle dei numerosi corsi perenni alimen-tati dalle risorgive della zona alluvionale pedemontana, e quelle dei torrenti che discendono dalle colline delimitanti ad ovest, la parte inferiore del bacino montano e precisamente dell’Orolo e del Retrone. La sezione principale del bacino im-brifero superiore è quella orientale che origina l’Astico. Il Bacchiglione, nasce da copiose risorgive col nome di Bacchi-glioncello, nella frazione Novoledo nel comune di Villaverla, in Provincia di Vicenza. Dopo un percorso di circa 3 km, riceve gli apporti del Ligna e del Timonchio ed assunto il nome di Bacchi-glione si dirige, con un tracciato tortuoso a Vicenza, che in parte costeggia e poi attraversa. Al margine meridionale della città e precisamente a Borgo Berga, confluisce in esso il Retrone, un corso d’acqua perenne che convoglia le acque delle zone collinari e gli scoli della pianura ad ovest di Vicenza.Il Bacchiglione, incrementato dal nuovo contributo idrico, pro-segue verso Padova, prima in direzione nord, poi verso sud-ovest e infine in direzione est. Giunto poco a valle di Debba, una frazione del Comune di Vi-cenza, riceve in sinistra le acque dell’Astico, e poco dopo, a Longare, dove si trova la sezione di chiusura del bacino idro-grafico, cede parte delle sue portate al canale Bisatto. Ritornando al corso del Bacchiglione, una volta entrato in Pro-vincia di Padova riceve a Trambacche il contributo del Tesina Padovano ed a Volta Brusegana, un apporto di acque del Brenta, che vengono recapitate, nei pressi di Limena, dal canale Brentella. In località Bassanello, le acque pro-miscue del Brenta e del Bacchiglione si dividono in tre rami. Uno di questi, rivolto a sud, costituisce il Canale di Battaglia; l’altro rivolto a levante ha funzione di scaricatore di piena ed è denominato appunto Canale Scaricatore. Le acque di quest’ultimo, nei pressi

di Ca’ Nordio, vengono in parte versate nel Canale San Gregorio che le scarica nel Canale Piovego, e in parte si uniscono alle acque del Roncajette. Infine, il terzo ramo, detto Tronco Maestro, è rivolto a nord, attraversa la città di Padova, alimenta i canali interni della città stessa e si divide a sua volta in due rami a formare il Canale Piovego ed il Roncajette. Tanto il Canale Cagnola, che come detto precedente-mente, riceve le acque del Canale Battaglia e del Canale Es-te-Monselice, quanto il Roncajette, convogliano le loro acque al Canale di Pontelongo. tutte le rimanenti portate del Bacchiglione si scaricano a mare, attra-verso il Canale di Pontelongo e a mezzo della foce che è comune a quella del Brenta e del Gorzone. Il Bacchiglione ha un regime idrologico che viene definito “misto” in quanto passa rapidamente, anche a seguito di piogge non eccezionali, dallo stato di magra ordinaria a quello di piena. Le caratteristiche idrogeofisiche del bacino giustificano le piene improvvise, irruente e non di rado pericolose. Tale corso d’acqua può raggiungere lo stato di piena in un tempo di circa 6-7 ore. Nei periodi in cui mancano o scarseggiano le precipitazioni cessa completamente l’apporto di acque montane e gli scarsi deflussi di magra sono costituiti unicamente dai contributi degli affluenti di pianura alimentati da risorgive; questo a causa delle numerose derivazioni e della dispersione delle acque dovute alla forte permeabilità dei terreni.

fonti: CTR, Ptcp di Venezia



fonti: CTR, Ptcp di Venezia


fonti: CTR, Ptcp di Venezia


Trasformazioni del reticolo idrografico Il sistema idraulico padovano attuale è il risultato di radicali modifiche ai fiumi Brenta e Bacchiglione e ai canali da questi derivati. Fino al basso Medioevo i canali erano pochi e i fiumi liberi da arginature. In seguito la rete idrografica ha iniziato a subire continue modifiche, sia da parte della natura, sia da parte dell’uomo, che cercò di regolare il deflusso delle piene per sal-vaguardare il territorio dalle inondazioni. Fin dal 1400 la Repubblica di Venezia ha iniziato a deviare i corsi d’acqua princi-pali, per evitare che i loro sedimenti interrassero la laguna; le deviazioni più eclatanti riguardano il Brenta e il Muson Vecchio, la cui foce fu spostata da Fusina a Brondolo e il fiume Bacchiglione. Questo provvedimento, che salvò la laguna dagli interrimenti, diede allo stesso tempo avvio a seri problemi legati al contenimento delle piene nel padovano. La grande crescita edilizia del dopoguerra, ha avuto un considerevole impatto negativo sulla rete idraulica, comportando un indiscriminato tombamento e/o interrimento di molti corsi d’acqua cittadini, per dare spazio a nuove strade o nuove costruzioni. Il sistema idrografico ha subito numerose trasformazioni ad opera dell’uomo, che ne ha modificato l’andamento e regolato il deflusso al fine di poter sfruttare questa risorsa naturale a proprio vantaggio (navigazione, irrigazione, ecc.). Queste trasformazioni sono state accompagnate da politiche di eccessiva e indiscriminata urbanizzazione, spinte oltre ogni ragionevole limite, dalla realizzazione di reti fognarie ad acque miste, da interferenze con la preesistente rete della bonifica mai valutate nelle loro conseguenze, come dalla drastica riduzione dei volumi di invaso naturali disponibili nel terreno, che unite alla scarsa, se non nulla, attività di manutenzione delle strutture idrauliche, hanno irrimediabilmente e progressivamente portato il territorio verso l’attuale stato di sofferenza idraulica. Nelle annate con precipitazioni meteoriche regolarmente distribuite, il sistema idraulico, il cui cuore è costituito dal nodo di Padova, attraverso gli appositi manufatti di regolazione che mettono in comunicazione i vari canali, assolve egregiamente i suoi compiti, consentendo una discreta regolazione e ripartizione delle acque. Al contrario, nei periodi critici, che presentano piogge prolungate o intense, il sistema idrografico può costituire una seria minaccia per il territorio attraversato.

Se si considera inoltre che spesso, nei periodi alluvionali, si manifestano livelli di marea sostenuti, i quali ostacolano lo scarico a mare delle acque di piena, è facile intuire quanto sia difficile, in queste condizioni, evitare allagamenti e danni. Va tuttavia sottolineato che i dissesti e le complicazioni che caratterizzano l’attuale sistema idrografico veneto, ma non solo, dipendono in parte da errori commessi nel passato, quando i problemi idraulici venivano affrontati e risolti puntualmente, senza una visone complessiva delle reazioni che questi avrebbero comportato sull’intero sistema.

fonti: CTR regione Veneto, tesi di laurea Piadi, Squarcina ‘L’invarianza idraulica nelle trasformazioni e nella pianificazione urbanistica nel comprensorio provinciale di Padova’



Tornando al territorio del consorzio di bonifica del Bacchiglione, ogni consorzio di bonifica è a sua volta suddiviso in sottobacini, ognuno dei quali convoglia l’acqua che cade nella sua superficie verso uno o più punti di recapito. Da questi punti l’acqua, attraverso l’utilizzo di sistemi di sollevamento meccanico, o in modo naturale quando le pendenze del terreno lo consentono, viene scaricata nei corsi d’acqua, o direttamente in quelli della rete maggiore o in quelli della rete della bonifica. Bacino Colli Euganei. Estensione complessiva : 11.804 ha Aree urbanizzate : 2.331 ha (20%) Aree collinari : 2.658 ha Comuni : Abano Terme, Montegrotto Terme, Battaglia Terme, Selvazzano Dentro, Teolo, Torreglia, Saccolongo, Veggiano, Cervarese S. Croce e Rovolon. Recapito delle acque : canale di Sottobattaglia (Vigenzone). Il bacino Colli Euganei è delimitato a nord dall’argine destro del fiume Bacchiglione, ad est dall’argine destro del Canale di Battaglia e a sud-ovest dalle pendici dei Colli Euganei. Tutte le acque di origine meteorica ricadenti nel bacino in esame, sono convogliate all’esterno dello stesso attraverso la Botte del Pigozzo ubicata nel punto più depresso del bacino, all’estremità sud-est. I principali collettori di questo bacino sono, in ordine d’importanza, i seguenti: scolo Rialto (collettore principale), Menona, Rio Spinoso, Rio Caldo, Rialtello, Spinosetta, Fossa Lunga, Comuna, Calcina. Oltre a questi numerosi rii montani scendono dalle pendici dei Colli Euganei. Il bacino è prevalentemente a deflusso naturale; in esso è compresa unicamente l’idrovora Treponti, della portata di 0,80 m³/s e che sottende una superficie di 245 ha.

fonti: CTR, Consorzio di bonifica del Bacchiglione


UNA PIENA “Una piena può intendersi come il repentino aumento dei livelli idrici e delle portate di un fiume a seguito di precipitazioni cadute nel bacino idrografico attraversato dal fiume stesso e caratterizzate da una certa intensità, estensione e durata” . La propagazione delle onde di piena lungo un fiume può avvenire secondo due processi molto diversi tra loro: la traslazione e la laminazione o attenuazione. La traslazione è il movimento dell’onda di piena lungo il fiume, verso valle, senza cambiamento della sua forma; si tratta quindi di un semplice ritardo dell’onda. Questo processo è dominante tra piccole distanze, in fiumi stretti ed in tratti molto ripidi, in alvei piuttosto regolari, privi di consistenti capacità di invaso. Il secondo processo invece riferisce alla laminazione dell’onda di piena, riducendone il colmo (picco) ed estendendone la base. Nella maggior parte dei fiumi le onde di piena sono soggette naturalmente ad entrambi i processi. Si osserva quindi un’attenuazione del colmo dell’onda, tanto più pronunciata quanto più consistenti sono gli invasi disponibili nelle golene e nelle altre zone allagabili durante la piena. Esistono anche altri modi per la difesa di un’area di pianura interessata dalle esondazioni di un corso d’acqua in piena. Il modo più classico è sicuramente quello dell’arginatura. L’argine va calibrato in funzione del periodo di ritorno di protezione che si assume assegnando quale ulteriore margine di sicurezza un adeguato franco. In alternativa la difesa dalle piene si ottiene anche mediante operazioni di calibratura dell’alveo o attraverso l’ampliamento dell’alveo stesso o tramite una sistematica pulizia delle sponde. Poiché le piene hanno carattere aleatorio e qualunque evento verificatosi nel passato può essere superato in gravità, è chiaro che il controllo del fenomeno non può essere effettuato in senso assoluto, ma solo con riferimento a un evento di assegnata frequenza probabile di superamento. Questo ci permette di introdurre un altro concetto importante, quello di tempo di ritorno, “Il tempo di ritorno è il periodo di tempo espresso in anni, durante il quale un determinato valore dell’evento considerato (variabile idrologica), viene uguagliato o superato una volta”.

La probabilità di esondazione diminuisce all’aumentare del tempo di ritorno.

fonte: A. Rusconi, Acqua e assetto idrogeologico, Dei- Librerie del Genio Civile, Roma, 2010


RISCHIO IDRAULICO NEL CONSORZIO DI BONIFICA DEL BACCHIGLIONE Il rischio idraulico rappresenta per il territorio padovano sicuramente l’evento calamitoso più frequente e che interessa una larga parte del territorio stesso. Non passa anno che zone più o meno vaste vivano momenti di sofferenza idraulica a seguito di precipitazioni particolarmente abbondanti ma non certo straordinarie. Al contrario una sempre crescente cementificazione non accompagnata da una necessaria consapevolezza del possibile danno al territorio sotto il profilo idraulico ha portato ad una antropizzazione dello stesso oggi difficilmente reversibile. Inoltre in molti casi i collettori, specie quelli privati, non sono soggetti ad una manutenzione sufficiente. Per quanto riguarda l’area territoriale che comprende la città di Padova e si sviluppa a sud fino al Bacchiglione la rete di bonifica, amministrata dal Consorzio di Bonifica Bacchiglione Brenta, funziona a deflusso naturale, meccanico e alternato a seconda dei casi. Le problematiche di tale area sono quelle classiche legate all’insufficienza di impianti di sollevamento spesso obsoleti e non sufficienti a scaricare le portate in arrivo.

fonti: CTR, Consorzio di bonifica del Bacchiglione



Gestione delle piene In condizioni di piena, le acque della rete idrografica principale devono essere artificiosamente, ed a seconda delle circostanze, ripartite fra i corsi d’acqua naturali e quelli artificiali costituenti la rete idrografica di pianura. L’intero sistema ruota attorno alla difesa della città di Padova, la quale viene disconnessa idraulicamente dai due fiumi che la circondano, il Brenta e il Bacchiglione. Se i sistemi del Brenta e del Bacchiglione presentano piene temporalmente sfasate, le acque del primo possono essere scaricate nel sistema del secondo attraverso il Canale Brentella, nei pressi di Voltabrusegana, e da qui, proseguendo attraverso il Canale Scaricatore e poi nel Roncajette, essere gettate in mare. Se invece si verifica il caso opposto, le acque del Bacchiglione vengono deviate, attraverso il Canale San Gregorio e il Canale Piovego, nel Brenta, nei pressi di Strà. Isolata in questo modo dalla rete idraulica principale, la città può far fronte all’evento piovoso contando principalmente sulla capacità ricettiva dei suoi canali interni e sulla parziale evacuazione delle acque tramite gli impianti idrovori. Nei periodi di magra invece, in particolare in quelli estivi, questo stesso sistema idraulico viene utilizzato per la distribuzione capillare della risorsa idrica nel territorio. In particolare, quando la risorsa idrica utilizzabile è insufficiente al soddisfacimento dei vari usi, vengono riversate parte delle acque del fiume Adige nel fiume Bacchiglione, tramite i Canali Adige-Guà e il Pedemontano. Un terzo collegamento, di soli 4 km è quello che deriva le acque del Canale Pontelongo nei pressi di Montegaldella (VI), verso l’area termale del padovano. L’intero sistema descritto, che collega i maggiori sistemi idrau-lici della Regione, prende il nome di “Sistema LEB” (Lessini-Euganei-Berici).

fonti: CTR regione Veneto, tesi di laurea Piadi, Squarcina ‘L’invarianza idraulica nelle trasformazioni e nella pianificazione urbanistica nel comprensorio provinciale di Padova’



Rischio idraulico connesso alla rete principale I comuni che presentano la situazione più critica in quanto soggetti a rischio grave sono Noventa Padovana e Padova, quelli che presentano rischio abbastanza grave sono Codevigo, Piazzola sul Brenta e Piove di Sacco. Rischio idraulico connesso alla rete minore Al di là dei comuni che manifestano situazioni particolarmente difficili, tutti presentano aree soggette ad allagamenti causati dalla rete di bonifica. Particolarmente difficile risulta la situazione delle aree pianeggianti della Bassa Padovana, un tempo completamente paludose, che ora presentano un sistema di scolo delle acque di tipo meccanico. L’unico comune ad essere soggetto a rischio grave è Este, mentre quelli che presentano un rischio abbastanza grave sono Abano Terme, Cadoneghe, Mestrino, Padova e Rubano. Paragonando il grado di rischio idraulico per comune della Provincia di Padova con il grado di urbanizzazione viene resa evidente la correlazione diretta che esiste tra l’impermeabilizzazione del suolo di una certa area e il rischio idraulico a cui la stessa è soggetta. Espresso in altri termini, questo sta ad indicare che all’aumentare delle superfici impermeabilizzate, aumenta di conseguenza anche il rischio di inondazione e di allagamento. In particolare il Comune di Abano Terme, soggetto ad un rischio abbastanza grave in riferimento alla rete di bonifica e ad un rischio alla soglia dell’attenzione nei confronti dei grandi fiumi avendo una percentuale di territorio esposta al rischio pari al 70% dell’intera superficie comunale.

fonti: da Arpa Veneto, ISTAT e dal Consorzio di bonifica del Bacchiglione



ESPANSIONE URBANA L’urbanizzazione del territorio consortile è rilevante, specie se confrontata con quella di altri consorzi di bonifica del Veneto. La presenza della città di Padova ha comportato, soprattutto apartire dal secondo dopoguerra, una progressiva e rapida espansione urbana ed industriale che si è estesa progressivamente alle zone periferiche della città ed ai comuni limitrofi arrivando a superare il 20% del territorio. L’espansione delle aree urbanizzate dovuta alla creazione di servizi, nuovi insediamenti civili ed aree artigianali ed industriali, in misura diversa, si è verificata in tutti comuni delle provincie di Padova e Venezia ricadenti all’interno del comprensorio consortile fenomeno che ha influito notevolmente sull’assetto della bonifica idraulica nei diversi bacini . L’urbanizzazione altera profondamente l’assetto idraulico di un territorio in quanto determina: - l’impermeabilizzazione del suolo con il conseguente aumento dei volumi d’acqua che defluiscono nella rete idraulica di bonifica; - la diminuzione della capacita di invaso; - la diminuzione dei tempi di scorrimento. Infatti, quando il suolo è reso impermeabile da strade, tetti, piazzali, l’acqua piovana non viene più assorbita dal terreno e non può essere neppure accumulata e rallentata nei fossi, ma perviene rapidamente ai canali ed agli impianti idrovori. La portata scaricata da una zona urbana è anche 20 volte superiore rispetto a quella di un’area agricola.


fonti: provincia di Padova, Consorzio di bonifica del Bacchiglione


Nel prg dei comuni della provincia patavina la direzione è quella di una crescente urbanizzazione di nuovi suoli favorendo la dispersione insediativa che andrà inevitabilmente ad incrementare la percentuale di scorrimento delle acque piovane. Nuove dispersioni insediative portano con sé non solo nuove lottizzazioni residenziali ma anche nuove strade impermeabili, parcheggi, spazi pubblici, attrezzature per il tempo libero, nuove città. Risulta chiaro come gli strumenti urbanistici giochino un ruolo fondamentale nella gestione delle trasformazioni del territorio. Il mio progetto, puramente a scopo di indagine dimostrativa, si pone come obiettivi principali la protezione degli ambienti periurbani creando aree ribassate tramite lievi spostamenti di terreno e destinando una parte delle coltivazioni a colture per l’acqua. Da questo punto di vista mi discosto dagli strumenti urbanistici in vigore esplorando un’alternativa all’urbanizzazione. Dal punto di vista normativo nel Piano generale di bonifica e di tutela del territorio del Consorzio di Bonifica Bacchiglione (secondo la L.R. 8 maggio 2009 n. 12, art. 23) All.4 p.2 “il presente PGBTT non individua opere con finalità esclusivamente ambientali. Questo non significa sottovalutare il tema ambientale ma considerarlo come un risvolto imprescindibile delle opere da realizzare.” “Per quanto riguarda la realizzazione di invasi di laminazione, il piano individua e quantifica la necessità per la sicurezza idraulica demandando la localizzazione ad un confronto con i Comuni interessati in modo da raggiungere, oltre che finalità idrauliche, anche finalità paesaggistiche, ambientali e ricreative. Ad esempio aree per l’espansione delle acque possono essere adibite a parco e venire allagate qualche giorno all’anno, oppure si possono realizzare aree a temporaneo allagamento nelle fasce laterali di importanti infrastrutture a rete o di aree produttive, in modo da svolgere anche la funzione di barriera e di filtro. Solo considerando l’assetto idraulico di un’area contestualmente alla programmazione dell’uso del suolo può essere migliorata la qualità complessiva del territorio e dell’ambiente.” Da un punto di vista logico e di impostazione complessiva, gli interventi di invaso, stoccaggio e

rallentamento delle acque sono sempre da auspicare e da preferire (in accordo con la recente normativa regionale riguardante la valutazione di compatibilità idraulica per gli strumenti urbanistici con l’applicazione del principio di “invarianza idraulica”). Purtroppo per incidere in modo significativo e migliorare sensibilmente la sicurezza idraulica, recuperando il ritardo accumulato negli anni sono necessari volumi di invaso imponenti. Come evidenziato nell’allegato G della DGR n. 3357 del 10 novembre 2009 (Linee guida di natura ambientale per gli interventi consortili), “la riqualificazione ambientale dei canali di bonifica è oggi utilizzata in una logica multi-obiettivo come strumento per risolvere problemi di rischio idraulico, di qualità dell’acqua, di valorizzazione e rivitalizzazione del territorio agricolo, nonché come mezzo per il miglioramento dell’ambiente di pianura”.

fonti: Piano generale di bonifica e di tutela del Consorzio di bonifica del Bacchiglione, Piano di tutela delle acque della Regione Veneto, Piano di gestione del distretto idrografico delle alpi venete


Riguardo gli indirizzi per mitigare l’impatto idraulico delle trasformazioni del territorio, viene dedicato l’allegato 6 del Piano generale di bonifica e di tutela del territorio del Consorzio di Bonifica Bacchiglione (la normativa di riferimento è la seguente: D.G.R. n. 1322 del 10.05.2006, D.G.R. n. 1841 del 19.06.2007, Ordinanze del 23.01.2008 del Commissario Delegato per l’Emergenza concernente gli eccezionali eventi meteorologici del 26 settembre 2007 ing. Mariano Carraro). La normativa sopra nominata introduce il principio di “invarianza idraulica” (“per trasformazione del territorio ad invarianza idraulica si intende la trasformazione di un’area che non provochi un aggravio della portata di piena del corpo idrico ricevente i deflussi superficiali originati dall’area stessa”) e definisce i principali contenuti dello studio di compatibilità idraulica: - individuazione e descrizione degli interventi urbanistici - caratteristiche idrografiche ed idrologiche - caratteristiche delle reti fognarie - descrizione della rete idraulica ricettrice - caratteristiche geomorfologiche,geotecniche e geologiche con individuazione della permeabilità dei terreni (laddove tali caratteristiche possano essere significative ai fini della compatibilità idraulica) - analisi delle trasformazioni delle superfici delle aree interessate in termini di impermeabilizzazione - valutazione della criticità idraulica del territorio - valutazione del rischio e della pericolosità idraulica - indicazioni di piano per l’attenuazione del rischio idraulico - valutazione ed indicazione degli interventi compensativi


Invarianza idraulica Chi consuma il territorio deve quindi adottare azioni compensative per mantenere invariato il grado di sicurezza del territorio nel tempo. L’invarianza va applicata quando si modificano le condizioni preesistenti in termini di permeabilità delle superfici, e quindi si va a modificare il coefficiente di deflusso (φ). Questo coefficiente è pari al rapporto tra il volume della pioggia efficace che determina la piena ed il volume di pioggia totale caduta. In altri termini indica la quantità di pioggia che, non infiltrata nel terreno, va a formare l’onda di piena. Un’altra espressione che spesso viene utilizzata per indicare lo stesso concetto è quella di runoff. I coefficienti di deflusso, convenzionalmente definiti, per vari tipi di superfici (Aree agricole 0,1; Superfici permeabili 0,2; Superfici semipermeabili 0,6; Superfici impermeabili 0,9). I sottobacini rappresentano l’unità di riferimento principale per quanto riguarda lo smaltimento delle acque piovane, in quanto costituiscono l’ambito territoriale sul quale ricadono in primis gli effetti negativi di un’ulteriore crescita della superficie impermeabilizzata. Chiariamo la questione con un esempio. Supponiamo per semplicità di avere un comprensorio di bonifica suddiviso in due sottobacini identificati rispettivamente come sottobacino A e sottobacino B. Ipotizziamo che la superficie di A non subisca trasformazioni mentre che, quella di B venga impermeabilizzata per una quota pari al 5% della superficie totale. Ipotizziamo ora che si verifichi una precipitazione di durata pari a 3 ore in entrambe le aree. L’acqua di pioggia che cade nel sottobacino A viene smaltita regolarmente, mentre l’acqua che cade in B, a seguito di una maggiore impermeabilizzazione del suolo, va ad aggravare il sistema in quanto, aumentando il coefficiente medio di deflusso, aumenta la percentuale di acqua che, non infiltrandosi nel sottosuolo, va a formare il deflusso superficiale (runoff), e che quindi deve essere smaltita. L’esempio chiarisce pertanto che è l’unità di riferimento del sottobacino quella che deve essere utilizzata per valutare gli aggravi del sistema idraulico in seguito a nuove urbanizzazioni. L’applicazione pratica del concetto di invarianza idraulica comporta che ogni trasformazione del territorio sia accompagnata da adeguate opere idrauliche di mitigazione,

contenute nel cosiddetto studio di compatibilità idraulica. “È da sottolineare che la predisposizione dei volumi di invaso a compensazione delle impermeabilizzazioni non è finalizzata a trattenere le acque di piena nel lotto, ma a mantenere inalterate le prestazioni complessive del bacino” . Tali prestazioni sono riconducibili a due meccanismi di controllo “naturale” delle piene che sono: - l’infiltrazione e l’immagazzinamento delle piogge nel suolo (fenomeni rappresentati in via semplificativa dal coefficiente di deflusso o runoff); - la laminazione, ossia il fatto che i deflussi prima di poter raggiungere la sezione di chiusura devono riempire i volumi disponibili nel bacino. Secondo il Piano generale di bonifica e di tutela del territorio del Consorzio di Bonifica Bacchiglione come noto l’impermeabilizzazione del suolo e la riduzione degli invasi conseguenti all’urbanizzazione alterano profondamente l’assetto idraulico di un’area. Il coefficiente udometrico (contributo specifico alla formazione della portata di piena) di un’area urbanizzata è 10÷20 volte superiore rispetto a quello di un terreno agricolo. La portata scaricata verso la rete esterna, generata dal bacino costituito da tutto l’ambito d’intervento non dovrà essere superiore a quella stimata per un terreno agricolo pari a 10 l/s x ha; tutto il sistema dovrà essere costituito con un adeguato dimensionamento dei volumi di laminazione da verificare analiticamente, in modo che tramite opportuni accorgimenti e dispositivi sia garantito il valore sopraindicato della portata scaricata per qualsiasi precipitazione caratterizzata da un tempo di ritorno pari almeno a 50 anni e di durata variabile dai 5 minuti alle 24 ore. Il Recupero dei volumi d’invaso dovrà avvenire mediante la realizzazione di invasi superficiali (nuove affossature, zone a momentanea sommersione, ecc.), o profondi (vasche di laminazione, tunnel drenanti, sovradimensionamento delle condotte acque meteoriche, ecc.). Al fine di garantirne l’effettivo utilizzo e riempimento e quindi il loro sfruttamento per la moderazione delle portate scaricate, in corrispondenza della sezione terminale della rete di smaltimento delle acque bianche, dovrà essere posizionato un dispositivo di controllo che limiti la portata scaricata a quello massimo consentito (10 l/s x ha). Qualsiasi sia la sua configurazione, il sistema utilizzato deve avere i requisiti che ne garantiscano un’agevole pulizia e manutenzione ordinaria e


straordinaria. Le superfici impermeabili dovranno essere limitate al minimo. Le pavimentazioni destinate a parcheggio dovranno essere di tipo drenante, o in ogni caso permeabili, realizzate su idoneo sottofondo che ne garantisca l’efficienza. Le aree a verde dovranno assumere una configurazione che attribuisca loro due funzioni: - di ricettore di una parte delle precipitazioni defluenti lungo le aree, - di bacino di laminazione del sistema di smaltimento delle acque piovane. Tali aree possibilmente dovranno: - essere poste ad una quota inferiore rispetto al piano stradale circostante, - essere idraulicamente connesse tramite opportuni collegamenti con la strada, - la loro configurazione plano-altimetrica dovrà prevedere la realizzazione d’invasi superficiali adeguatamente disposti ed integrati con la rete di smaltimento delle acque meteorologiche in modo che i due sistemi possano interagire.

fonti: A. Rusconi, Acqua e assetto idrogeologico, Dei- Librerie del Genio Civile, Roma, 2010, Consorzio di bonifica del Bacchiglione


WHAT IF...? Cosa succederebbe se si avverassero le peggiori previsioni dell’IPCC (Intergovernal Panel on Climate Change)? Fa più caldo, i ghiacciai fondono e le acque degli oceani sal-gono. Nell’ultimo secolo, nel periodo successivo al 1993, si è misurato un incremento globale di 17 centimetri del livello medio dei mari, vale a dire 1,7 millimetri all’anno43. Il tasso annuo di crescita è salito a 3 millimetri, più di quanto previsto dalle prime simulazioni riportate nel 1990 nel primo rapporto IPCC. Oggi si teme che questi cambiamenti possano essere ancora più rapidi di quanto prospettato nel più recente rapporto IPCC. L’aumento medio delle temperature globali è atteso tra 1,8 e 4 °C entro il 2100, a seconda degli scenari tecnologici, sociali ed economici considerati. Tale riscaldamento però non sarà omogeneo ovunque, ma si prevede che colpisca maggiormente le regioni artiche, dove potrebbe anche superare i 6 o 7 °C entro la fine del XXI secolo. Per l’Italia le previsioni del Centro Euro - Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici stimano aumenti termici tra 1,5 e 3 °C in inverno e oltre 3 °C in estate, con possibili punte superiori a +6 °C sulle Alpi occidentali. Il gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici hanno tracciato un’area di pericolosità su un’isoquota di 5 m. I territori che rientrano in quest’area saranno quelli sottoposti a maggior stress idraulico in relazione all’innalzamento delle acque. Si tratte città di Venezia, Mestre e gran parte di Padova e Treviso oltre a gran parte della costa veneta.

fonte:Extreme city : climate change and the transformation of the waterscape / Lorenzo Fabian, Paola Viganò eds. - Venezia : Università Iuav di Venezia, 2010.



INTERVENTI DI MITIGAZIONE E ADATTAMENTO Possiamo identificare due risposte ai CC: in primo luogo, la mi-tigazione, che consiste nella riduzione delle emissioni di gas effetto serra e in secondo luogo, l’adattamento agli impatti dei CC. La mitigazione è la prevenzione dei danni indiretti perché mira alla prevenzione dei rischi di catastrofe e si occupa delle cause antropologiche dei CC, mentre l’adattamento natural-mente comporta prevenzione diretta delle conseguenze dei CC. La definizione ufficiale di entrambe le strategie può essere trovata nel Third Assessment Relazione sulla CC presentata dal Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC 2001). La mitigazione può essere definita - come “un intervento antro-pologico per ridurre le emissioni di gas serra “. L’adattamento è definito come “l’aggiustamento in risposta a reali o attesi stimoli climatici e ai loro effetti negativi, sfruttando i benefici e le opportunità. Per riassumere, i paesi più industrializzati stanno già adot-tando politiche di mitigazione ma gli impegni in corso non por-teranno alla stabilizzazione. Abbiamo già osservato il primo im-patto del cambiamento climatico. Adattamento e mitigazione sono essenziali e la sinergia tra questi due sforzi determina il livello di impatto dei CC. Riluttanza a mitigazione porterà a costi di adattamento maggiore e riluttanza per l’adattamento porterà ad una grandezza maggiore degli effetti dei CC. Il terzo rapporto di valutazione sul CC ha sottolineato la duplice necessità di modelli di studio per equilibrio dei processi di adattamento e mitigazione. Ma come possiamo combinare adattamento e mitigazione per formare una risposta ottimale sul cam-biamento del clima? Chi decide e in base a quali criteri? Quando sarebbe meglio scegliere tra mitigazione e adattamento? Qual è il loro costo rispetto alla loro efficacia? Lo studio sulla interrelazione tra le due azioni dà a queste risposte chiare:1 - ha benefici globali di mitigazione, l’adattamento, e le opere a scala del sistema regionale sono positive;2 - i benefici della mitigazione saranno evidenti in alcuni decenni, mentre l’adattamento è immediatamente efficace e riduce la vulnerabilità; La migliore combinazione e la sinergia delle due strategie dipende da diversi fattori e ogni territorio ha vulnerabilità diverse. La vulnerabilità di qualsiasi sistema ecologico è determinato dalla sua esposizione e la sua sensibilità al clima e la sua capacità di adattamento.



RESISTENZA E RESILIENZA DI UN TERRITORIO La capacità di adattarsi ha sempre svolto un ruolo decisivo neill’evoluzione delle specie, ma oggi questo rapporto appare molto più critico. John McNeill nel libro ‘Something New Under the Sun’ chiarisce la sua tesi riguardo l’evoluzione in termini di adattamento e di estrema adattabilità, delineando quello che egli vede come le due strategie di sviluppo dominante nella storia: il ratto e lo squalo. La strategia di ratto, che l’autore considera la migliore strategia di sopravvivenza in una visione molto a lungo termine dell’evoluzione biologica, consiste nell’essere adattabile, nel perseguire diverse fonti di sussistenza per massimizzare la resilienza. Questo perché nel lungo periodo non ci saranno sorprese, urti e catastrofi che uccidere alcune specie. Se una specie può sopravvivere alla scosse periodiche allora il successo evolutivo è garantito. D’altra parte, la strategia di squalo, che consiste nel supremo adattamento alle circostanze esistenti e nel perse-guire la specializzazione, può funzionare bene per un po ‘, ma solo se le circostanze sono stabili. Gli squali sono estremamente ben adattati alla caccia, uccidendo e mangiando creature marine di grandi dimensioni, per oltre 200 milioni di anni gli oceani, nonostante la notevole modifiche, hanno sempre avuto una buona scorta di cibo per lo squalo. Ma possiamo facilmente immaginare cosa accadrebbe se gli oceani non fossero più un habitat ricco di specie di pesci più grandi. Ci sono modelli di ratto e di squalo nelle società umane che inconsciamente perseguono strategie di sopravvivenza, ma oggi, l’evoluzione culturale ha plasmato le vicende umane più dell’evoluzione biologica. Perfezionato l’adattamento, la strategia di squalo, viene premiata dal successo continua solo finché le condizioni in carica rimangono le stesse. Oggi abbiamo perseguire energicamente adattamenti a circostanze che consideriamo durature e normali e dipendiamo dalla loro continua-zione. Nel enciclopedia italiana Treccani, la definizione della parola resilienza contiene la parola resistenza - Resilienza = misura della resistenza di un materiale di impatto (...). Da questo punto di vista la resistenza è quindi il grado di resistenza di un corpo al collasso. Il termine resistenza racchiude concettualmente quello di resilienza, forse perché quest’ultimo nasce dal primo.



WHAT IF…? Cosa succederebbe se utilizzassimo parte del tessuto agricolo perturbano per dotare il territorio di spazi per l’alluvionamento programmato? In genere qualunque progetto che voglia affrontare il problema di un eccesso d’acqua dovrebbe essere basato sullo stoccaggio dell’acqua stessa, un concetto chiave per affrontare l’eccesso e la carenza di acqua. Ciò implica un rapporto più stretto fra clima e paesaggio e tra le pratiche di uso del suolo e di gestione delle acque. Un’area è un sistema che può regolare i flussi di ingresso e di uscita oltre che di resistenza e di ritenzione. Può contenere, tamponare e immagazzinare l’acqua prima di scolarla. Si può anche mantenere l’acqua più a lungo e tenerla pulita. Nel territorio diffusamente urbanizzato della pianura veneta risulta difficile trovare grandi spazi liberi da usare come bacini di stoccaggio per trattenere e immagazzinare grandi quantità d’acqua. Una soluzione adeguata sembra essere quella di dotare il territorio di aree ribassate di piccole dimensioni in grado di inserirsi in un territorio frammentato ma molto strutturato sotto il profilo idraulico; in questo modo viene a crearsi una rete di zone umide collegate alla rete delle acque basse e capace di generare una rete ecologica in grado di adattarsi al territorio della città diffusa veneta. Si tratta di un sistema isotropo di zone umide che garantisce al tessuto urbano sicurezza idraulica, connessione ecologica e un ritrovato rapporto con l’ambiente. Esse favoriscono la laminazione, lo stoccaggio dell’acqua, l’infiltrazione naturale attraverso processi di forestazione, di ricostruzione di ambienti umidi, di ripristino e aumento delle aree a vegetazione spontanea.

fonti: CTR, Consorzio di bonifica del Bacchiglione




fonte: Wetland design : principles and practices for landscape architects and land-use planners / Robert L. France ; illustrated by Carlos Torres and Matthew Tucker. - New York ; London : Norton, c2003.



AREA CAMPIONE 12 X 7 KM

fonti: CTR, Consorzio di bonifica del Bacchiglione


Edificato a rischio idraulico

fonti: CTR, Consorzio di bonifica del Bacchiglione


Sistema idrografico

fonte: CTR


Topografia

+ 5 m s.l.m.

fonte: Ptcp di Venezia macrorilievo


Sistema agricolo

fonte: Carta della copertura del suolo della regione Veneto


Sistema ambientale

fonte: Carta della copertura del suolo della regione Veneto


Rete ecologica

fonti: Carta della copertura del suolo della regione Veneto, Ptcp della provincia di Padova


Sistema della mobilitĂ veloce e aree industriali

fonti: CTR, Ptcp di Padova


Sistema della mobilitĂ lenta

fonti: CTR, Ptcp di Padova


Rete di zone umide diffuse


Area inondabile


CRISI DELL’AGRICOLTURA A partire dagli anni Sessanta, la parte centrale della Regione del Veneto ha ampiamente subito un processo di urbanizzazione della campagna, un processo che ha avuto un forte sviluppo negli ultimi trenta anni. Questo processo di sviluppo è stato analizzato principalmente come un tipico conflitto tra urbanità e ruralità, spesso criticato come un distruttore di campagna e un consumatore terreni agricoli. L’interazione tra agricoltura e l’urbanizzazione non è necessariamente negativa, anzi, le attività agricole nelle aree urbanizzate hanno spesso l’impulso a migliorare se stesse in termini di tecniche di produzione. Anche se è vero che la crescita urbana in generale non tiene conto di eventuali bisogni naturali della fattoria e invece promuove la frammentazione delle aziende agricole e dei campi e favorisce posti di lavoro precari. Se nel passato lo sprawl urbano sembrava essere stato piuttosto un fattore di conservazione per la ricchezza ecologica e culturale dello spazio agricolo, ora si deve dire che lo spazio agricolo si gioca un ruolo importante in questo territorio troppo urbanizzato, L’agricoltura è infatti un’attività multifunzionale che va dalla produzione alimentare a produzione di energia, ma può anche essere una garanzia per i valori ambientali, a sostenere il tempo libero e altri servizi sociali. In questo senso è possibile parlare di spazio come paesaggio agricolo multifunzionale. Oltre a foraggio (mais e soia) e la produzione di alimenti (grano, frutta, verdura), lo spazio dell’agricoltura ospita diverse funzioni come il tempo libero, l’istruzione e il turismo ma anche la produzione di energia e può essere utilizzato per la sicurezza (per esempio può essere usato come area inondabile), dal punto di vista ambientale che ricopre un ruolo molto importante connettendo la rete ecologica di montagna e la laguna con le zone umide.


fonte: V. Ferrario, da C. Piccoli, courtesy of Fondazione Benetton studi e ricerche per Extreme city : climate change and the transformation of the waterscape / Lorenzo Fabian, Paola Viganò eds. - Venezia : Università Iuav di Venezia, 2010.


Paesaggio di monocoltura La gestione dell’acqua nella rete idrografica delle acque basse è strettamente legata all’agricoltura. Negli ultimi decenni stiamo assistendo ad una progressiva semplificazione e banalizzazione dell’agricoltura: sia dal punto di vista dei tipi di colture, sia dal punto di vista della grana del tessuto agricolo. Il paesaggio agricolo ha subito grandi trasformazioni in particolare legate alla tendenza verso la monocoltura del mais, dovuta principalmente ad uno stile di vita che predilige il consumo di carni bovine. E ‘ utilizzato nell’alimentazione animale per il suo elevato valore nutritivo ed energetico, oltre che per il fatto che la sua coltivazione è facile e completamente meccanizzabile inoltre è facilmente trasformabile in diverse forme: silomais, pastone di granella, granella umida, granella secca. La razione dei vitelloni da carne può essere costituita da mais nelle suddette forme per percentuali anche largamente superiori ai due terzi della sostanza secca totale. Il mais viene utilizzato per la produzione di energia in diversi modi. È impiegato per la produzione di etanolo tramite la naturale fermentazione. L’etanolo prodotto, pur commestibile, viene utilizzato per la produzione di biocarburanti, è un combustibile molto apprezzato con un potere calorifero inferiore molto elevato. Il mais può essere utilizzato direttamente e senza alcun trattamento per il riscaldamento domestico in stufe appositamente predisposte. Alcune stufe a pellet utilizzano una miscela con il 30% di pellet di legno e il restante 70% in grani di mais.

Foto aerea 1955 GAI fonte: cartoteca CIRCE, laboratori IUAV



Foto aerea 1962 IGM fonte: cartoteca CIRCE, laboratori IUAV



Foto aerea 2010 fonte: Google Earth



AGRICOLTURA INTENSIVA La trasformazione e la modernizzazione delle tecniche di coltivazione ha portato ad un’agricoltura di tipo estensivo con la conseguente aggregazione di più lotti agricoli sotto uno stesso proprietario e la perdita di tutti quegli elementi del paesaggio che favorivano lo scolo e la depurazione delle acque, la presenza di microclimi favorevoli per la biodiversità. In particolare la meccanizzazione delle lavorazioni ha un notevole impatto che si manifesta sotto diversi aspetti, talvolta positivi talvolta negativi. Da un lato la lavorazione meccanica permette un notevole incremento della produttività del lavoro, migliora la fertilità fisica dei terreni argillosi nel breve termine, consente la distribuzione di concimi e ammendanti in tutto lo strato lavorato, crea un ambiente ospitale per le radici delle piante agrarie, riduce notevolmente l’invadenza delle piante infestanti. Tali effetti benefici si riscontrano soprattutto nel breve periodo, in generale nell’ambito di un ciclo stagionale, e, comunque, se le lavorazioni sono eseguite in modo razionale. Fra i principali effetti negativi, che si intravvedono soprattutto nel lungo periodo ci sono i seguenti: -riduzione del tenore in sostanza organica e degradazione della fertilità fisica e chimica; -predisposizione dei terreni declivi all’erosione; -alterazione selettiva della composizione della flora infestante. Va da sé che il rapporto fra benefici ed effetti negativi propende, secondo i casi, in una direzione o in quella opposta e che, ogni singolo aspetto può avere incidenze differenti da contesto a contesto. In ogni modo, il ruolo delle lavorazioni meccaniche è temporaneo e gli effetti positivi si mantengono tali solo con un intervento continuo e, quindi, con un notevole input energetico. Non bisogna inoltre trascurare il ruolo che ha avuto la meccanizzazione sulla biodiversità degli agrosistemi: le siepi, le consociazioni, le tradizionali sistemazioni idraulico-agrarie, sono di ostacolo alla meccanizzazione, che richiede appezzamenti di forma regolare e di dimensioni razionali, privi di ostacoli per consentire la manovra dei mezzi nelle testate. Con il passare del tempo, perciò, la meccanizzazione porta ad una sostanziale semplificazione degli elementi paesaggistici rurali a scapito, soprattutto, della biodiversità.



PERDITA DI NATURALITA’ La semplificazione e la banalizzazione dell’agricoltura ha un diretto riscontro nel grado di naturalità e biodiversità di un certo territorio. In particolare quanto più un territorio presenta ambienti ricchi di vegetazione spontanea tanto più quel territorio sarà ricco di specie animali e vegetali. Questo per il fatto che un’antropizzazione ridotta al minimo favorisce la spontanea creazione di habitat che racchiudono microclimi adatti alla proliferazione delle specie.



SCENARIO All’interno della rete delle acque basse, situate nella bassa pianura umida, è strutturato un nuovo parco a scala provinciale con nodi e vettori (le zone umide ed i collettori) utilizzate come aree di laminazione e stoccaggio, utili per l’irrigazione, nei periodi di siccità. Acqua per l’agricoltura e agricoltura per l’acqua Il processo di rinnovamento e rigenerazione ambientale si avvale di alcuni dispositivi che utilizzano i materiali presenti sul territorio al fine di potenziare l’efficacia del connubio acqua-vegetazione. I dispositivi proposti mirano a creare una sinergia tra colture energetiche e ciclo dell’acqua: si ribalta in tal modo il tradizionale concetto di ‘acqua per l’agricoltura’ in ‘agricoltura per l’acqua’.



AREE UMIDE (WETLANDS) Le aree umide sono strettamente correlate con il ciclo idrologico, all’interno del quale agiscono come grandi spugne che assorbono l’eccesso di acque meteoriche per poi rilasciare l’acqua incamerata in un periodo prolungato. Un ruolo importante della aree umide è la loro capacità di strutturare e mantenere l’integrità biologica: i loro bordi dinamici sono ‘centri di biodiversità’ dove la fluttuazione del livello dell’acqua determina un margine ecotonale che accoglie specie animali e vegetali sia acquatiche che terrestri. Il termine zona umida è molto ampio e comprende una vastissima varietà di ambienti che secondo la definizione data dalla Convenzione di Ramsar per la protezione e la conservazione di queste zone, raggruppa: “aree palustri, acquitrinose, morbose o comunque specchi d’acqua, naturali o artificiali, permanenti o temporanei con acqua ferma o corrente, salmastra o salata, compresi i tratti di mare, la cui profondità non eccede i sei metri con la bassa marea”. Luoghi quindi, dove si stabilisce un connubio speciale fra la terra e l’acqua.

fonte: Wetland design : principles and practices for landscape architects and land-use planners / Robert L. France ; illustrated by Carlos Torres and Matthew Tucker. - New York ; London : Norton, c2003.



INFILTRAZIONE ED ESPANSIONE DI NATURALITA’ Il progetto, nelle sue intenzioni, mira a definire i caratteri di un territorio da vivere, non di un paesaggio da contemplare dal di fuori, ma da abitare e da percorrere attraverso la rete di percorsi che creano situazioni differenti. Nodi e vettori, stepping stones e corridoi sono l’espansione della naturalità che si realizza attraverso la connessione tra gli elementi ecologici già presenti, alcuni dei quali da potenziare, e quelli introdotti dal progetto (aree umide, zone boscate, canali a sezione variabile, vegetazione igrofila, sistemi colturali con un maggiore livello di biodiversità). Gli elementi puntuali, areali e lineari di questa maglia assumono il ruolo di tappe ecologiche, si rifanno in realtà a strutture tradizionali del paesaggio agrario attraverso la conservazione ed il ripristino delle sue strutture seminaturali e ambienti ecotonali, quali le aree di transizione campo-fascia ripariale-canale e il bocage.



Il progetto prevede degli interventi minimi sul tessuto agricolo e negli spazi di risulta rimasti vuoti nel tessuto urbanizzato. E’ ripristinata l’antica rete di scoline e la partizione minuta del campo agricolo padovano, sulla quale organizzare gli spazi diffusi per l’alluvionamento programmato. Attraverso piccoli spostamenti di terra cui corrispondono lievi abbassamenti e rialzi del terreno si organizzano zone umide e boschi igrofili con alto grado di biodiversità, prati in pendenza, boschi di robinia e pioppo per la biomassa, colture di mais, frumento, frutteti e orticole. Il risultato è un parco agricolo con percorsi e punti attrezzati, in grado di rispondere alla domanda di un rinnovato rapporto con la natura e il territorio e di fare fronte ai sempre crescenti rischi ambientali in caso di piena. I nodi (wetlands) e i vettori (rete idrica ed infiltrazioni di naturalità) costituiscono insieme un nuovo parco attraversabile e vivibile per le sue caratteristiche di culla di biodiversità.



STRATEGIE TERRITORIALI




















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Ringrazio la mia famiglia Daniele Della Marina Silvia Della Marina Marta Finotello Monica Netto Serena Causin Daniele Guerra Enrico Busato


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