CARLO A. AUGIERI
TRASPARENZA NELLA PROFONDITÀ Letteratura e forme del comprendere
LA SCRITTURA POSSIBILE
MILELLA
LA SCRITTURA POSSIBILE Letteratura critica teoria
Collana diretta da Carlo A. Augieri e Giuseppe Zaccaria 33
Carlo A. Augieri
Trasparenza nella profonditĂ Letteratura e forme del comprendere
Milella Lecce
A Enza Biagini e Gianni Puglisi, con profondità d’Amicizia
Ăˆ vietata la riproduzione, anche parziale o ad uso interno o didattico, con qualsiasi mezzo effettuata, non autorizzata.
Š 2018 by Edizioni Milella - Lecce ISBN 978-88-3329-017-1
Edizioni Milella - Lecce Viale M. De Pietro, 9- 73100 Lecce Tel e fax 0832/241131 Sito internet: www.milellalecce.it Email: edizionimilellalecce@gmail.com Impaginazione: Emanuele Augieri
Sommario
Introduzione pag. 11 Capitolo I Disagio semantico e ricerca della parola consapevole: Debenedetti e la rilettura di Proust come accesso alle «mezzanotti dell’anima» »
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Capitolo II Crisi del riconoscimento e risposta letteraria: Debenedetti e l’immagine non evocativa della modernità » 47 Capitolo III L’indeterminazione metaforica come verità espressiva dell’appropriatezza: sulla retorica densa di N. Goodman
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Capitolo IV Geometria dell’immenso, poetica dell’infinito: riflessioni su La Poétique de l’espace di G. Bachelard »
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Capitolo V Senso singolare del testo e sua comprensione non singola: su R. Barthes e la letteratura come Critique du langage
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Capitolo VI Risonanze semantiche e connotazioni evocative nelle immagini letterarie: sulla mitocritica di N. Frye » 149 Indice dei nomi
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Introduzione
Approfondire le forme discorsive con le quali comprendere i testi letterari, potrebbe voler dire incunearsi nella scrittura critica nel mentre si fa comprensione della scrittura già scritta, anch’essa tipologia di modalità ermeneutiche costitutive dei testi delle letterature; potrebbe anche significare entrare in una pluralità argomentativa, riflessiva del discorso, entro cui trovare i modi dello scoprire e del comprendere, dello snodare i nodi dell’enérgheia linguistica ‘agente’ in un testo e di attraversarne il percorso espressivo di senso, di cui ogni composizione è direzione a partire dai crocevia in accesso a molteplici sensi possibili. Potrebbe anche voler intendere cogliere il piacere riflessivo di porgersi ‘in ascolto’ delle risonanze metodiche entro le pratiche critiche del comprendere, nelle quali le parole testuali risuonano con la loro polisemia, in quanto esse condensano, alludono, spostano, infrangono, rifrangono modi significanti con cui offrire alle generazioni di lettori espressioni che «urgono sulla punta della lingua», scrive Debenedetti nella sua rilettura di Proust, altrimenti sintomi di ciò che dentro l’animo si agita «informe e nostalgico di luce – ma di una particolare luce, tuttavia, che rispettasse anche l’ombra – insomma l’incognita psicologica e sensibile, quella della nostra personale equazione con la vita, che tutti abbiamo sulla punta della lingua ma si dilegua non appena tentiamo pronunziarla»1. Ebbene, l’intenzione del presente libro vuole essere una meditata rilettura di esempi di letture critiche profonde, compiute da alcuni Maestri della critica-teoria letteraria comparatistica, quali N. Frye, R. Barthes, G. Bachelard, G. Debenedetti, in relazione ad un particolare nodo retorico-espressivo, l’immagine verbale nelle varie modalità motivate nelle scritture dei testi, nella funzione estetica e retorica, pertanto semantica ed ermeneutica (si veda il capitolo dedicato alla denotazione generale, proposta da Goodmann, a proposito della metafora), di rappresentare, trasporre, configurare, evocare, indeterG. Debenedetti, Rileggere Proust e altri saggi proustiani, pref. di G. Raboni, Garzanti, Milano 1994, p. 18. 1
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minare, s-definire, es-propriare i segni propri dal proprio significato convenzionale e condiviso, fuori del testo. La rilettura, qui proposta, si sofferma, in particolare, sui modi discorsivi con cui la «ragione critica» tenta di non disperdere, non mortificare, le sovradeterminazioni figurative dei testi, approdando ad un tipo di comprensione non solo autotelicamente critico, ma soprattutto polisemicamente riflessivo. In effetti, in sintonia con la parola dal senso figurato, indiretto, molteplice ed allusivo della creatività poetica e narrativa, anche la parola critica non può comprendere senza sovradeterminazione argomentativa, senza richiami estensivi ad altri saperi contigui, rifrangendo addirittura la stessa pratica discorsiva solamente descrittiva o concettuale con cui spiegare i testi: entro il discorso critico del comprendere, pertanto, sono da scoprire, da ‘ascoltare’, risonanze teoriche polisemicamente consapevoli di competenze ermeneutiche, rivolte al linguaggio, alla retorica, all’interiorità della coscienza, alle forme del conoscere simbolico ed archetipo, fino alla mitologia, di cui la letteratura è continuazione e svolgimento (Frye). Del resto, non potrebbe essere altrimenti, dal momento che la ‘posta in gioco’ richiesta dalla comprensione non può non essere alta e pure responsabile: interpretare la testualità letteraria ‘richiede’, in effetti, di aprire il senso comprensivo al pensiero simbolico, alla conversione dei segni in immagine, all’estensione della logica e della ragione alle ragioni extralogiche dell’immaginario, con cui rivedere, di conseguenza, i confini del senso ‘proprio’ di realtà, da cui scaturisce nientemeno il senso di verità, entro cui è fatto confinare, inoltre, il codice identitario delle culture. Richiamare la critica alla comprensione delle sovradeterminazioni semantiche della scrittura letteraria, significa riconoscersi nelle soggettive, coscienti eccedenze autoriali di senso, non riconoscibili entro la lingua denotativa delle culture: si tratta, in effetti, di promuovere a senso comprensivo le ‘non ancora’ parole, il voler dire che non si ha il potere di dire, nella crisi di riconoscimento tra interiorità e lingua, stando sulla «punta della lingua», come urgenza agnitiva, ciò che si agita dentro di noi in modo «informe e [però] nostalgico di luce». Ebbene, raggiungere il «senso di verità», nell’accezione ermeneutica di Benjamin – Gadamer, è compito della critica del comprendere, da distinguere dalla critica che commenta («La critica cerca il contenuto di verità di un’opera d’arte, il commentario il suo contenuto reale. Il rapporto fra i due determina quella legge fondamentale della
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letteratura per cui, quanto più significativo è il contenuto di verità di un’opera, e tanto più strettamente e invisibilmente esso è legato al suo contenuto reale»2); da separare pure dalla critica che spiega, secondo una tecnica della descrizione con cui analizzare regole e norme del processo testuale, il meccanismo del testo, senza farne scomporre però i germi di senso, costitutivi del suo «contenuto di verità». La critica del comprendere, come presentata in questo libro, intende rispondere ad un impegno ermeneutico nei confronti del ‘voler’ dire del testo quale intenzione autoriale e coscienza del linguaggio artistico: impegno di criticità comprendente la stessa domanda ‘di base’ di ‘come’ interpretare e di ‘cosa’ significhi comprensione dei testi, da intendere come esperienze di scrittura del sé autoriale nel e con il mondo per il loro mettere in atto, in profondità, la coscienza linguistica di una cultura ed il ‘farsi’ coscienza linguistica entro una cultura. La ‘verità’ profonda delle letterature di tutti i tempi e di tutti i luoghi è di potere e voler dire il possibile, il probabile, l’ipotetico, il desiderabile, con cui compensare ed utopizzare il reale: partecipare a questa ‘profondità’ veritativa con le forme metodiche della critica del comprendere significa immettersi nella continuità della tradizione ermeneutica di legare la scrittura di un testo entro un’intenzione di lettura, attenta a preservare e ad estrarre il suggerimento dell’intentio operis. Al di là dell’esito di aver saputo, o non, corrispondere all’impegno dei critici del ‘compreso’, forse altrettanto importanti come i ricoeuriani critici del ‘sospetto’, questo contributo vuole essere soprattutto un riconoscimento grato ai Maestri della critica qui proposti, le cui esperienze di lettura non offrono né regole, né norme, né tecniche di interpretazione o di giudizio, non dovendo essere il critico un «contabile» del materiale dei testi, per dirla con Debenedetti, né un «esecutore testamentario» delle volontà dell’autore o della sua «critica più rispettabile». Bisogna conservare nell’azione della lettura il potere ermeneutico di «scoperta e di rivelazione»3, per non essere come il chimico davanti ad un «rogo» (la metafora opera-rogo è di Benjamin), per il quale, a differenza dell’alchimista, «legno e cenere sono i soli oggetti della sua W. Benjamin, Angelus novus. Saggi e frammenti, a c. di R. Solmi, con un saggio di F. Desideri, Einaudi, Torino 1995, p. 163. 3 G. Debenedetti, op. cit., p. 162. 2
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analisi, per l’altro (l’alchimista) solo la fiamma custodisce un segreto: quello della vita. Così il critico cerca la verità la cui fiamma vivente continua ad ardere sui ceppi pesanti del passato e sulla cenere lieve del vissuito»4. C. A. A.
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W. Benjamin, op. cit., p. 164.
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Ci si sofferma qui, in particolare, sui modi discorsivi con cui la ragione critica tenta di non disperdere, non mortificare, le sovradeterminazioni significanti dei testi, approdando ad un tipo di comprensione polisemicamente interpretativo. Si presenta in questo libro, pertanto, una riflessione interdisciplinare su esempi di letture ermeneutiche profonde, compiute da alcuni Maestri della critica-teoria letteraria comparatistica, quali N. Frye, R. Barthes, G. Bachelard, G. Debenedetti, in relazione ad un particolare nodo retorico-espressivo: l’immagine verbale nelle varie modalità , motivate nelle scritture dei testi, di variamente rappresentare. Ossia: di trasporre, configurare, evocare, indeterminare, s-definire, ospitare nei segni propri, entro il contorno del proprio significato convenzionale ed esatto, un senso aperto verso l'appropriatezza della segreta relazione tra coscienza e mondo, tra espressioni testuali ed impressioni mute 'fuori' del testo.
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â‚Ź 14,00