.ERGO. Diario di un laboratorio creativo

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ComunitĂ della Casa

.Ergo

Diario di un laboratorio creativo


Collana: CARATTERI MOBILI 1

Copyright Š 2018 Edizioni Milella - Lecce ISBN 978-88-3329-032-4

Edizioni Milella - Lecce

Viale M. De Pietro, 9 -73100 Lecce - Tel.0832/241131 Sito internet: www.milellalecce.it email: edizionimilellalecce@gmail.com Impaginazione e copertina: Emanuele Augieri


Indice Prefazione pag. 9 Introduzione » 11

Editoriali Il primo editoriale: quasi per caso… Uomo, lavoro e diversità Diversità che diventa alterità? Normalità e limite Orchestrare l’uguaglianza Viaggiare per incontrare qualcuno Datemi un uomo normale ed io lo guarirò (C.G. Jung) 6 anni… età scolare Ognuno a modo suo… Div.ergo e le BCC… sostenere le diversità Si cresce… anche così Tempo d’estate, tempo di novità Quando la strada è in salita. Scuola di diversità Avere o essere? Liber Liberi

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Fotovolontario Marco Dora Gianluca Nicola C. Gianna Nicola D. Maty Gigi


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Riflettendo Abbiamo un sogno La gabbianella il gatto e… i Philoespressivi Minus e infinito Quale amore Quando il mondo bussa alla porta Tessitori di storie… Prospettive altre Prospettive altre. Luce e ombre

Incontri nella storia Con Mirò, l’imperfezione diventa arte Armonia dai contrasti – A scuola da Vivaldi Carta, Pennac e calamaio (!?) Con buona pace di S. Oronzo A Div.ergo… piovono “mele”! “L’artista con la scimmia sulla schiena” Div.ergo ist Gesamtkunstwerk Chi sa chi è Paul Klee? Due mesi con Sottsass

Interviste Mirò: da buttare? Rodari, poesia e… fiori in testa! Vivaldi, la musica e la radio a Div.ergo! Va in onda radio Div.ergo Mosaico di ricordi di un viaggio


Quell’inaugurazione che non è ancora finita Magritte, le nuvole e noi… I viaggi nell’animo: parola ai passeggeri Gelato al gusto di… Malaga “Sposare” Div.ergo

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Nuovi prodotti Blam! Clunk! Hiii! Slam! Zbam! Kl’uc! La croce della diversità Intrecci di… carta I sotti.led I mobiles Le pupette La tela dell’amicizia Lampade I tangram Tempo bianco, tempo colorato Le sorelle Montgolfier

Ospiti Ernesto Olivero Simone Cristicchi Antonio Thellung Esplode la vita - Antonio Tondo Fuori dal grembo, per essere uomo! - Pierangelo Sequeri Diversità e fraternità - Salvatore Barbetta Cecilia Della Torre È dolce e bello incontrare fratelli che vivono insieme Josef Rauf Hanna Limite e pienezza - Alberto Maggi Un’umanità polifonica - Tonino Solarino


Diverse diversità - Christian Crocetta Visti da Torino - Patrizia Ventresca

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Parole sapide 50 anni Vado io! Conversioni

Ritratti Le Rose di Federica I mug di Francesca I muretti a secco di Pierluigi Le imperlate di Mariella Le sfumature di Valentina I clown di Giuliano Gli schiaccini di Valentina M. Gli angioletti di Giulio Mariella, l’artista che non c’è…e c’è Le colature di Fabrizio Laura Gli abitini di Alessandra M. Gabriele

Spigolature Viaggiare nell’animo Premiata ditta Dora & Giulio A Div.ergo facciamo sul serio! Una cosa è certa: rinascere dalle macerie Piene vacanze. Resoconti inattesi di una settimana di vacanza alla Casetta Lazzaro Arte e colore in ospedale Spazi e possibilità per imparare ancora. Essenze


Prefazione Paolo Ragusa

Ho conosciuto il Laboratorio Div.ergo 3 anni fa. Furono due incontri: con i manufatti e le persone che li avevano creati. Ricordo con piacere di avere acquistato un ritratto di Frida Kahlo, che ho poi regalato ad un’amica appassionata dell’artista messicana. Riaffiorano alla mente diversi aspetti del Laboratorio Div.ergo, tra tutti la “diffusa bellezza”, non saprei dirlo diversamente. Tutto era bello, almeno così a me sembrava, le opere (erga), i profumi, i colori, l’ordine, l’organizzazione, le persone, le mani. Rievoco il richiamo alla Montessori quando scriveva: “La mano è l’organo dell’intelligenza!”. Nel Laboratorio Div.ergo ho visto fluire intelligenze. Le mani e ciò che realizzavano erano un’opera d’arte. Né performance né pragmatismo né prodotti, ho visto opere (erga) semplici e belle. Solo le opere possono essere arte. La bellezza può essere nella fermezza e nella felicità che mostra di sapere cosa vogliamo e cosa ci muove. Ciascuno mostrava di sapere che la felicità si ha, e non si è, che è transitoria, al confine, limitata, che la felicità può essere una scelta! Il Laboratorio Div.ergo è una scelta di felicità. I testi di questo volume testimoniano la vita piena del Laboratorio. È evidente una scelta di parte, quella del potere delle fragilità e della resilienza. Il filo rosso che lega gli scritti è riconducibile all’esperienza dell’adattamento, cioè il potere di ciascuno di usare le proprie risorse senza adeguarsi alle circostanze, pur tenendone conto. Il potere personale di avere la regia sulla propria vita. L’esperienza racconta di gruppo di persone che aveva un sogno per qualcun altro. Venire al mondo richiede l’essere desiderati e, per poterci rimanere e occuparne un posto, bisogna essere sognati.

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Introduzione Maria Teresa Pati

Il numero 25 è un numero dispari, composto, idoneo, potente, automorfo, è un numero di Friedman, è un numero quadrato centrato… e potremmo continuare ancora: i matematici hanno tanta fantasia e tante cose da dire sull’astratto. Per noi del Laboratorio è, invece, un “numero cartaceo”: 25 sono le pagine di diario che, iniziate quasi per caso nel dicembre 2011 – per il piacere di scrivere e condividere – ora accompagnano l’esperienza culturale e di tipo lavorativo che un gruppo di diciassette giovani e adulti in situazione di fragilità vive quotidianamente in quella nicchia di bellezza e di colore, collocata nel complesso del Convento dei Teatini della città di Lecce, nella zona pedonale del centro storico, che è il Laboratorio Creativo Div.ergoArte. .ergo, come ogni pagina di diario che si rispetti, fra le righe rivela il carattere di chi lo scrive, ed è sempre scritto a molte mani e a tante teste, riflette i sentimenti e i vissuti, quelli degli artisti del Laboratorio e quelli dei volontari. Periodicamente ci si ferma, tutti insieme, a ricostruire quanto è accaduto giorno per giorno: i discorsi intorno ad una poesia o una notizia di cronaca, la conoscenza della vita e delle opere di un collega artista con la A maiuscola; il ritratto fatto con le parole ad uno del gruppo, 4 passi nell’anima per dare voce a ciò che non si era mai pensato di esprimere prima, l’incontro con un cliente che si ferma a parlare con noi, mentre creiamo insieme le nostre opere, stupito e incuriosito dal clima allegro e dalla “sapienza” degli artisti… Così nasce un numero di .ergo. E le sue parti non sono altro che pennellate di ore condivise, sottratte alla banalità del vuoto attraverso la compagnia, il lavoro, la parola, la costanza di stare con gli altri anche quando qualcosa va storto a qualcuno.

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A tutto, poi, aggiungiamo un punto di vista – il nostro – sulla diversità , su questo carattere che fa unico ogni uomo, una diversità che riteniamo debba essere vista e riconosciuta anche quando, per esprimersi, ha bisogno della cura attenta di altri.

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Editoriali Maria Teresa Pati



Il primo editoriale: quasi per caso…

In un laboratorio creativo si può fare qualunque cosa, anche comporre un foglio che fotografi la vita. Non vi sembri strano che un foglio nasca fra una pennellata data su porcellana bianca e gli occhietti di un leoncino di fimo, fra un piccolo magnete inserito dietro a un fermafoto e un tappo col fiore pendulo, fra filù e le basi in legno dei presepi, fra le lenzuola stampate e un gioiello creato dalle mani abili delle nostre lavoratrici in camice bianco, ora decorato “alla Mirò”. Il nostro foglio è sbucato fuori quasi per caso, intrecciando le chiacchiere fra noi a quelle con i visitatori, nell’impegno quotidiano ad offrire le parole a chi ne dice e ne conosce poche e a frenare quelle dei chiacchieroni, a chiamare per nome gli strumenti che usiamo, ma anche le nostre sensazioni, e a raccontarci le storie, nostre o di altri, di gente qualunque e di grandi uomini e donne di tutti i tempi. Tanti quest’anno sono passati a curiosare fra le nostre opere. E abbiamo voglia di continuare a scambiare con loro immagini e parole che narrino la nostra vita. Già, perché pensiamo che proprio il narrare quanto viviamo renda umane le nostre giornate e ci permetta di intrecciarle con gli altri con consapevolezza e coscienza crescenti. Si può essere uomini solo con gli altri. E noi vogliamo essere e sentirci sempre di più uomini e donne che vivono una vita bella perché in rapporto con molti, un rapporto che esiste anche grazie alla distanza che ci separa, quella del tempo o dello spazio, delle nostre diverse abilità, dei progetti diversi sulla vita. Siamo certi che con ognuno abbiamo in comune il desiderio di essere felici e di poterlo essere solo in compagnia. Questo foglio, allora, lo consegniamo nelle vostre mani, contenti di condividere con voi i nostri discorsi, quanto accade in Laboratorio, le novità, l’intreccio che tentiamo costantemente fra lavoro,

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diversità, cultura, creazione, le “genialate” che fioriscono per caso, ci fanno sorridere e ci aiutano anche a pensare. Qui da noi, davvero, si tocca con mano il fatto che ognuno di noi è costruttore di un pezzo di vita degli altri.

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Uomo, lavoro e diversità

A Div.ergo parlare di dignità della persona e di lavoro è un unico parlare. Quale riconoscimento dell’uomo e del suo valore può prescindere, infatti, dal considerarlo parte viva e attiva di un tessuto sociale? La familiarità con i concetti di integrazione sociale e di identità di cittadino, in una cultura condivisa, globalizzata come è la nostra – in cui la capacità di coesistere di soggetti diversi è disegnata soprattutto dalla tecnica e dall’economia – ci porta, quasi inconsciamente, a pensare che l’ideale della vita comune è in un ordine sociale egualitario e liberatore per ogni individuo. Ma come si attua poi, per ogni uomo, questa liberazione della vita, questa uguaglianza, questo desiderio di realizzare la propria umanità, se essa esiste soltanto in situazioni storiche particolari, uniche, irripetibili, e quindi limitate? Se ci guardiamo intorno, non è difficile accorgerci che socialmente il valore della realizzazione di sé, del successo personale, sentito e riconosciuto come fondamentale, è perseguito a scapito del prendersi cura di sé. La spinta che si riceve dal contesto è verso una pratica della vita quotidiana il cui imperativo è: “devi essere funzionale, devi superare il tuo limite”. È chiaro che non ci può essere spazio per il confronto con il proprio essere uomo e con la propria verità profonda, che contempla anche la dimensione debole e mortale. Tanto meno ci può essere per chi, uomo o donna, declina il proprio limite in quel modo che socialmente è definito “diversa abilità”, un modo – questo – che evidentemente contiene un’accezione non vincente del termine “diversa”, visto che le abilità di ciascuno non possono che essere… diverse! Se il lavoro, nella nostra cultura, serve all’uomo per incarnare i valori del farsi con le proprie mani, del passare vincitori al vaglio del

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giudizio altrui, del rispondere in modo efficiente alle attese, del non mancare all’appuntamento col successo, a scapito di tutto e di tutti: il lavoro, dunque, può mai essere uno dei luoghi in cui prende consistenza la propria umanità? Eppure il lavoro può essere ridisegnato secondo nuove geometrie: il luogo in cui essere riconosciuti uomini uguali agli altri, con la dignità di esprimersi per come si è, con la libertà di creare relazioni in cui si vince la solitudine e l’isolamento, secondo assi di solidarietà e responsabilità che rendono valida la ricerca di senso per ogni vita solo se considerata insieme a quella degli altri.

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