CONTEMPORANEA
nuova serie n°5
LA POESIA RINA DURANTE DIALETTALE IL DEL NARRARE DIMESTIERE NICOLA G. DE DONNO Atti della Giornata di Studi Maglie, Lecce, 18 aprile 2015 a cura di Antonio
Lucio Giannone
CONTEMPORANEA - NUOVA SERIE n° 5
Collana diretta da Antonio Lucio Giannone
Volume stampato con il contributo del CUIS (Consorzio Universitario Interprovinciale Salentino)
Š 2016 by Edizioni Milella di Lecce Spazio Vivo s.r.l. ISBN 978-88-7048-621-6
La poesia dialettale di Nicola G. De Donno Atti della Giornata di Studi (Maglie, Lecce, 18 aprile 2015)
a cura di Antonio Lucio Giannone
Milella Lecce 2016
Direttore Antonio Lucio Giannone Comitato scientifico: Giuseppe Bonifacino (Università di Bari), Pasquale Guaragnella (Università di Bari), Nicola Merola (Università della Calabria), Angelo R. Pupino (Università di Napoli “L’Orientale”), Enrico Tiozzo (Università di Göteborg), Donato Valli (Università del Salento). Per contatti: Antonio Lucio Giannone Dipartimento di Studi Umanistici Università del Salento - Piazza A. Rizzo 73100 Lecce antoniolucio.giannone@unisalento.it
Copertina ed impaginazione: Yukiko Tanaka, Emanuele Augieri Edizioni Milella di Lecce Spazio Vivo Viale M. Di Pietro, 13 - 73100 Lecce Tel. e fax 0832/241131 Sito internet: www.milellalecce.it email: leccespaziovivo@tiscali.it
INDICE
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«Lu senzu de la vita»: la poesia ‘filosofica’ in dialetto di Nicola G. De Donno » Antonio Lucio Giannone
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Il ‘paese’ fisico e metafisico nei versi di Nicola G. De Donno Maria Teresa Pano
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83
Dall’io al noi: l’epos dell’umile nella poesia di Nicola G. De Donno Walter Vergallo
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Prefazione Antonio Lucio Giannone Indirizzi di saluto Antonio Fitto, Antonio Gabellone, Antonio Del Vino, Gabriella Margiotta
La ‘parabola’ di De Donno: una lettura sinottica Giovanni Tesio Tempo e poesia in Cronache e paràbbule di Nicola G. De Donno Emilio Filieri
Epica della «genticeḍḍa». La guerra de Uṭràntu di Nicola G. De Donno Simone Giorgino La ‘guerra’ di Nicola: due raccolte di De Donno Fabio D’Astore
» 121 » 137
Ricordando Nicola De Donno tra dialetto e cose patrie Vittorio Zacchino
» 159
Scrivere il dialetto: lo stile e la tecnica esemplari di N. G. De Donno Antonio Romano
» 175
Testimonianze Dialetto di cultura e tensione morale Anna Grazia D’Oria
» 207
In ricordo del Maestro Maria Rita Bozzetti
» 215
Indice dei nomi
» 223
Prefazione
Il presente volume raccoglie gli Atti della Giornata di studi dal titolo «La poesia dialettale di Nicola G. De Donno», svoltasi a Maglie il 18 aprile 2015 presso il Museo civico e il Liceo classico «F. Capece». La Giornata, divisa in due sessioni, faceva parte di un progetto più ampio, finanziato dal CUIS (Consorzio universitario interprovinciale salentino) e finalizzato allo studio e alla valorizzazione dell’opera del poeta, in occasione del decimo anniversario della sua scomparsa, avvenuta a Maglie nel 2004. Il progetto, proposto dal Comune di Maglie e attuato dalla cattedra di Letteratura italiana contemporanea d’intesa col Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università del Salento, prevedeva anche la pubblicazione del volume Tutte le poesie di Nicola G. De Donno, che è stato curato da Simone Giorgino. De Donno è stato uno degli esponenti più significativi della poesia neodialettale italiana degli ultimi tre decenni del Novecento. Nato a Maglie nel 1920, si laureò in filosofia nel luglio del 1946 presso l’Università di Pisa, dove era stato alunno della Scuola Normale Superiore, con una tesi dal titolo La critica della ragione in Biagio Pascal, della quale fu relatore Cesare Luporini. Appena laureato, curò la sezione filosofica della rivista «Belfagor», fondata e diretta da Luigi Russo. È stato docente di storia e filosofia nei licei e Preside del Liceo classico «F. Capece» di Maglie. Ha pubblicato vari saggi su Pascal e Bergson, oltre a numerosi studi di storia patria e di paremiologia. È autore di tredici raccolte di poesia in dialetto salentino-magliese, pubblicate da editori locali e nazionali. Tra questi ultimi, spicca il nome di Vanni Scheiwiller che ha ospitato ben quattro volumetti nelle collane della sua casa editrice All’insegna del pesce d’oro. Ma composi9
zioni di De Donno figurano anche in alcune delle più importanti antologie della poesia in dialetto, come Le parole di legno, a cura di Mario Chiesa e Giovanni Tesio (1984) e Poeti dialettali dal Rinascimento ad oggi, a cura di Giacinto Spagnoletti e Cesare Vivaldi (1991). Della sua opera inoltre si sono occupati illustri studiosi: da Mario Marti a Maria Corti, da Aldo Vallone a Donato Valli, da Angelo Stella a Franco Brevini. Le relazioni, che qui vengono pubblicate secondo l’ordine di presentazione, prendono in esame l’intera produzione poetica di De Donno, dalla prima raccolta, Cronache e paràbbule, del 1972, fino all’ultima, Filosofannu? Cu lle vite, la Vita? Ma la Vita è scura, apparsa nel 2002, ma non trascurano nemmeno altri aspetti della sua attività, come quello dello studioso di storia locale, nonché la sua tecnica scrittoria. Per questi motivi, il presente volume si configura come lo strumento di studio attualmente più completo esistente sulla sua opera e un punto di riferimento imprescindibile per coloro che vorranno occuparsene in futuro. Dopo i saluti istituzionali, Giovanni Tesio, nel suo intervento introduttivo, ha messo in luce alcuni nuclei essenziali della poetica di De Donno, da lui definito «personalità poetica di solida rilevanza». Sono emersi così il rapporto con la sua terra (la «residenzialità»), il legame con la tradizione, la consapevolezza metapoetica, la densità filosofica del suo dettato, il fondo di moralità e di rigore civile. Poi ne ha ripercorso la «parabola» individuando varie fasi: prima quella della protesta, della denuncia, dell’invettiva; poi, negli anni Settanta, un confronto «con gli statuti metapoetici della poesia nel suo farsi»; infine, negli anni Ottanta-Novanta, un «pur contraddittorio e contraddetto esercizio di riflessione esistenziale, di nichilistica contemplatio mortis». Emilio Filieri si è occupato della prima raccolta di De Donno, Cronache e paràbbule, in cui la sua poesia sembra nutrirsi di un sentimento di inappagatezza dinanzi all’eguaglianza attesa, e di un senso di profonda insoddisfazione a fronte dell’idea di giustizia più volte immaginata. Da qui la sapida ironia e la sati10
ra pungente delle «parabole» di De Donno che assumono valore gnomico, di conoscenza metatemporale, fondata sulla convergenza di lunghe e trasversali esperienze, insieme intime e storiche. Nel contributo di chi scrive la presente nota, invece, si analizzano gli ultimi due libri di versi, Palore (1988-1998) (1999) e Filosofannu? Cu lle vite, la Vita? Ma la Vita è scura (2002), caratterizzati da una assillante riflessione sulla condizione umana, sul senso della vita. In Palore emerge una sconsolata visione dell’esistenza, priva di senso, dell’uomo, sulla quale incombe minacciosa, fin dalla nascita di ciascun individuo, l’ombra della morte. Nell’altra raccolta, in questo assoluto nichilismo, sembra aprirsi uno spiraglio in direzione di un vitalismo nuovo, privo però sempre di una prospettiva teleologica e inesplicabile per la mente umana. A una concezione così totalmente negativa fa riscontro una materia poetica estremamente ricca, vitale, che sembra contraddire almeno in parte quegli assunti. De Donno dispiega, infatti, nelle raccolte un grado elevatissimo di perizia retorica, linguistica, metrica. Si ritorna indietro con l’intervento di Maria Teresa Pano, che focalizza l’attenzione sulla raccolta Paese (1979), nella quale sono sviluppate le tematiche principali della poesia di De Donno: il paese, il palazzo e l’io. Al centro dell’immaginazione del poeta magliese c’è ora l’evocazione del paesaggio salentino, che diventa, alla maniera montaliana, il correlativo oggettivo della sua condizione. Nel paesaggio, egli ritrova infatti la propria geografia interiore, tendendo a costruire un ambiente fisico che sia il riflesso del proprio io, dei propri sentimenti. Walter Vergallo, nella sua relazione, si sofferma su «l’epos dell’umile», in cui il dato materiale, la cosa, la storia si slargano in una prospettiva metafisica, che trascende il fenomenico e si apre al simbolo, superando una visione autobiografica e frammentistica della poesia. Nella parte centrale e in quella finale del contributo, la poetica dell’umile si divarica in due ambiti di investigazione: l’io-noi-paese «ggente bbassa», agente soprattutto 11
in Crònache e parabbule e in Paese, in cui si delinea la visione democratica che De Donno ha della storia, e l’io-noi-guerra, filtrato nelle due opere fondamentali, La guerra de Uṭràntu (1988) e Lu Nicola va a lla guerra (1994). Simone Giorgino prende in esame proprio la raccolta La guerra de Uṭràntu, la prima pubblicata da De Donno presso un importante editore nazionale, «All’insegna del pesce d’oro» di Vanni Scheiwiller, nel 1988, con cui si inaugurava la «Piccola biblioteca di Otranto», diretta da Maria Corti. L’invasione turca e l’eccidio otrantino del 1480, già al centro di un’altra importante opera dialettale salentina, Li martiri d’Otrantu di Giuseppe De Dominicis (il Capitano Black) sono rappresentati da De Donno come un’epopea della gente semplice, la genticeḍḍa, il cui sacrificio è considerato un momento fondante dei valori della comunità locale. Anche Fabio D’Astore mette al centro del suo intervento il tema della guerra, che compare in ben due libri di poesia: La guerra guerra (1987), una corona di nove sonetti più quarantacinque quartine di ottonari per un totale di 323 versi e Lu Nicola va alla guerra, un poema di ben 1871 endecasillabi, raccolti in 33 lasse di varia lunghezza. In entrambe le raccolte questo tema risulta centrale e viene declinato in tutte le sue varie forme e complicazioni, coagulando le componenti essenziali della poesia e della poetica dedonniane. Dal canto suo, Vittorio Zacchino, nel suo contributo che vuole essere anche una testimonianza in ricordo dell’amico storico-poeta, ritorna sul tema, condiviso da entrambi attraverso studi e ricerche, della ricostruzione storica e dell’interpretazione poetica della vicenda otrantina del 1480. Pur da angolazioni diverse, emerge il tentativo di innalzare questa vicenda che si snoda attraverso l’appassionata difesa di Otranto da parte dei suoi abitanti e il martirio della sua genticeḍḍa, strumentalizzata per secoli, a modello di identità nazionale. La relazione di Antonio Romano, invece, affronta un aspetto ancora poco studiato della ricca produzione in dialetto salentino 12
di De Donno e cioè la sua tecnica scrittoria in termini di norma grafica e di ricerca linguistica. I suoi scritti, infatti, rivelano una chiara determinazione dell’autore a definire un insieme coerente e rigoroso di convenzioni di rappresentazione del dialetto magliese e salentino in generale. L’articolo, in particolare, esplora sommariamente alcune scelte normalizzatrici che appaiono nell’opera di quest’autore che, oltre a fornire uno dei migliori modelli di scrittura dialettale, raccoglie anche una quantità considerevole di preziose attestazioni d’uso del dialetto salentino in diversi stili e generi. Chiudono il volume due testimonianze. La prima, di Anna Grazia d’Oria, che ha pubblicato De Donno con la sua casa editrice, Piero Manni, si sofferma in particolare sull’impegno civile, sulla scelta di campo del dialetto e del sonetto nella scrittura poetica, sul messaggio non velato delle poesie che esigono lo scatto della riflessione e la partecipazione del lettore. La seconda testimonianza, della poetessa Maria Rita Bozzetti, è basata invece sulla sua lunga frequentazione con De Donno, che per lei è stato Maestro di scrittura e di vita.
Antonio Lucio Giannone
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