G. Schiavone - Scritti di Gerard Winstanley

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Collana Politica Storia Progetto n° 5

MILELLA LECCE


Collana: Politica Storia Progetto, n° 5 Direttore Giuseppe Schiavone Comitato scientifico

Nicola Antonetti Anna Maria Lazzarino Del Grosso Marisa Forcina Roberto Martucci Salvo Mastellone †Claudio Palazzolo Giuseppe Schiavone Domenico Taranto Comitato editoriale

Ennio De Bellis Rossella Bufano Anna RIta Gabellone Collana peer review sottoposta a valutazione scientifica

Ăˆ vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata


Giuseppe Schiavone

Scritti di Gerard Winstanley

Lecce 2017


Copyright Š 2017 Edizioni Milella - Lecce ISBN 978 - 88 -7048 - 645 - 2

Edizioni Milella - Lecce Viale M. De Pietro, 9 - 73100 Lecce Tel. e fax 0832/241131 Sito internet: www.milellalecce.it email: edizionimilellalecce@gmail.com Copertina: Yukiko Tanaka Immagine in copertina: Donne intorno al fuoco nel bosco Impaginazione: Emanuele Augieri


Indice

Introduzione 1. 2. 3. 5. 6. 7. 8.

pag.

Gerrard Winstanley: la figura e le istanze. Gli studiosi. Religione, ragione, scienza. Dio come ragione. Complementarità di religione e scienza. L’essere d’uomo. La giustizia come immanenza del divino nel diritto. L’articolazione giusta della legge. L’uguaglianza nella formulazione e applicazione della legge.

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» 11 » 17 » 20 » 23 » 27 » 30 » 33

Scritti di Gerard Winstanley Capitolo I Il mistero di Dio

Capitolo II Ricreazione del giorno di Dio

del quale si manifesteranno quattro cose

Capitolo III Paradiso. Ai miei cari amici,

» 39

» 67

» 129

Capitolo IV La nuova legge di giustizia

» 179

Capitolo V La canzone di natale degli zappatori

le cui anime anelano il puro latte

Bibiliografia

» 249 » 155





Introduzione

1. Gerrard Winstanley: la figura e le istanze. Gli studiosi. Gerrard Winstanley (1609-1676)1, leader del movimento dei Diggers (cioè gli Zappatori o anche i True Levellers, i Veri Livellatori, per distinguersi ma anche per continuare ed integrare l’azione dei Levellers2), emerge nel quadro della rivoluzione inglese del Lungo parlamento come una grande figura profetica. Grande per la forza etico-religiosa ed utopica delle idee, l’altezza dell’ispirazione, l’esemplarità dell’azione. Spirito fortemente religioso, s’ispirò sempre alla Bibbia, che lesse secondo il punto di vista delle correnti religiose di matrice böhmiana, anabattistica e puritana3. E dalla Bibbia trasse i fondamentali principi del suo progetto politico, sviluppandoli attraverso le idee maturate nei gruppi più avanzati della rivoluzione. Egli, attingendo al messaggio evangelico, mirava ad un’organizzazione della società fondata sulla giustizia e sull’amore fraterno, in un contesto statuale in cui la libertà e la felicità di ognuno fossero sorrette dal benessere di tutti; e in cui la sovranità appartenesse al popolo, che la esercita nei limiti di un Piano legislativo generale, il «Piano della legge di libertà», la Costituzione della futura Inghilterra e di tutti i paesi che ad essa s’ispirino. Punto centrale della sua proposta è la restituzione della terra a tutti i cittadini4, quindi l’abolizione della proprietà privata, che ha la sua radice nel «furto» (theft), Tra le sue opere, tutte di grande interesse, sono da ricordare The mysterie of God concerning the whole creation, mankide, 1648; The breaking of the day of God, 1648; The new law of righteousnes, 1649; A vindication of those whose endeavors is only to make earth a common treasury, called Diggers, 1650; The law of freedom in a platform, or True magistracy restored, 1652. Per un quadro completo della sua figura e delle sue opere rinvio al mio Winstanley. Il profeta della rivoluzione inglese, Bari 1991. Citerò l’autore per lo più con le semplici iniziali: G.W. 2 La storia dei Livellatori inizia con la presentazione della Remonstrance of many thousand citizens of England (7 luglio 1646), anche se il nome appare per la prima volta nell’inverno del 1647, quando il re, riferendosi agli Agitatori, militanti politici attivi nell’esercito, li chiama «Levellers», «titolo atto quanto altri mai a indicare una spregevole genia di disperati che tenta di abbattere e livellare le siepi di cinta della nobiltà, della gentry e dei proprietari terrieri, di renderci tutti uniformi in modo che ogni Jack gareggi con un gentleman e ogni gentleman venga trasformato in un Jackc (H.N. Brailsford, I Livellatori e la rivoluzione inglese, tr. it., Milano 1962, I, p. 345). Mentre l’istituzione vera e propria del Partito livellatore avviene nel 1649, con militanti ed iscritti che versano quote periodiche per il finanziamento delle attività; con una sua sede centrale, la taverna dell’Osso di Balena (Whalebone Tavern), a Londra; con un suo giornale, il settimanale «The Moderate»; con un suo distintivo, la coccarda verde-mare. 3 Autori e correnti di pensiero religioso-esoterico. 4 Cfr. G.W., The law of freedom in a platform, or True magistracy restored, in G.H. Sabine (ed.), The works of G.W. With an appendix of documents relating to the digger movement (1941), New York 19652, p. 519 ss. 1

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nel «crimine», nello «sfruttamento»5. Portatori storici di questo progetto di riscatto sono i poveri, che devono svolgere la loro missione attraverso azioni nonviolente e moralmente coerenti, sempre costruendo strutture di bene e demolendo quelle di male; ma in ogni caso salvando tutti, anche il nemico, in quanto pur sempre uomo, di cui bisogna salvaguardare il valore e la dignità; poiché anche nella sua interiorità v’è la presenza della luce divina6. Presenza però latente, che dev’essere portata alla piena coscienza del soggetto. Il quadro istituzionale è quello di una repubblica compiutamente democratica, regolata – come già detto – da una costituzione scritta, che prevede l’eguaglianza dei cittadini nel rispetto della singolarità ed autonomia di ciascuno, il potere pubblico come servizio (un’istanza originariamente evangelica) e non come dominio, la rotazione annuale di tutte le cariche pubbliche, l’uso comune della terra, il lavoro come dovere di ognuno, la fruizione dei beni secondo il bisogno, la pena giudiziaria come fattore di rieducazione e riabilitazione sociale, l’istruzione come dirittodovere di tutti. Egli, che fu uomo di pensiero e d’azione, seppe progettare ed agire. E in virtù della sua forza morale divenne la guida dei Diggers, la cui storia inizia la domenica del 1° aprile 1649, quando un gruppo di contadini, guidati da William Everard (un mistico, seguace del pensiero di Jacob Böhme, attraverso la mediazione dell’amico e maestro John Pordage) e, appunto, da Winstanley, occupò le terre incolte di St. Georgès Hill (Walton-on-Thames, Surrey) e, pochi mesi dopo, quelle del vicino paese di Cobham. Nel corso di quest’azione complessiva, che durò circa un anno e suscitò simpatie e adesioni in molte altre zone dell’Inghilterra, fu fondata una comunità di lavoro e di vita, di produzione e distribuzione dei beni su base egualitaria, di grande significato nella storia del pensiero sociale cristiano e del pensiero democratico moderno. L’esperimento cessò quando la comunità fu dispersa con la forza dai soldati di Cromwell e Fairfax, su istigazione dei proprietari terrieri del luogo che si sentivano minacciati nei loro interessi. Ma l’esemplarità profetica di questa comunità e la sua fortissima carica utopica restano come semi che germoglieranno nei secoli futuri. Fu nel corso di quest’azione che prese risalto per la prima volta la figura di Winstanley, il suo pensiero: esso risultò così inquietante per i contemporanei, per la nuova classe in ascesa, per l’ideologia dominante, che si fece di tutto per metterlo immediatamente a tacere, per cancellarne ogni traccia nella memoria storica. E così è stato per circa due secoli7, sino alla fine dell’Ottocento sino a quando G.W. e altri, The True Levellers standard advanced (1649), in G.H. Sabine, Op. cit., p. 258; G.W. e altri, A declaration from the poor oppressed people of England (1649), in G.H. Sabine (ed.), Op. cit., pp. 270, 276. 6 Cfr. G.W., The new law of righteousnes, in G.H. Sabine, Op. cit., p. 236. 7 Il ricordo delle loro gesta riapparve solo fugacemente in alcuni studi dell’inizio dell’800, ad opera di Villemain, Guizot, Ranke: cfr. A.F. VILLEMAIN, Histoire de Cromwell, d’àprés les mémoires da temps et les recueils parlamentaires, Paris 1819, pp. 242-244; F. GUIZOT, Histoire de la République d’Angleterre et de Cromwell. 1649-1658, 6 voll., Paris 1850-1856, I, pp. 44-45; E. VON RANKE, Englische Geschichte, vornehnzlich im sechzehnten und siebzehnten Jahrhundert, 8 voll., Berlin 18591869, III, pp. 328-331; H. WEINGARTEN, Die revolutionskirchen Englands. Ein Beitrag zur inneren 5

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Gardiner, raccogliendo i risultati di precedenti indagini storiografiche sugli eventi politici che si svilupparono in Inghilterra dall’ascesa al trono di Giacomo I Stuart allo scoppio della Guerra civile, alla repubblica e al protettorato di Cromwell, presentò, in un grandioso, anche se unilaterale affresco, quella ch’egli definì la «Rivoluzione puritana»8. Gli studi sulla Rivoluzione inglese ricevettero così un forte impulso e, nel 1894, fu riscoperto Winstanley, la cui vicenda venne ricostruita nel secondo volume dei Clarke papers curato da C.H. Firth9. Seguono poi le ricerche di G.P. Gooch, che parla di Winstanley come d’un anticipatore delle moderne idee democratiche10. Di J.M. Davidson11 e di L.H. Berens12, che sottolineano la matrice cristiana della sua filosofia politica, mettendone in risalto, rispettivamente, il primo la «saggezza», il secondo il concetto di inner light; nell’intento di evidenziarne tanto l’aspetto mistico quanto quello razionalistico d’illuminato riformatore sociale; considerandolo inoltre il precursore del pensiero dei quaccheri. G.H. Sabine, nell’introduzione premessa alla raccolta delle opere, evidenzia gli aspetti mistici razionalistici della sua religiosità13. Su questa stessa linea interpretativa W.S. Hudson, con più forza, mette Winstanley in stretta relazione con la tradizione sociale cristiana e con il movimento quacchero14. E.P. Elmen, di rincalzo, pone l’accento sul fondamento teologi co del progetto politico winstanliano15. A questi studi s’aggiungono, e contrappongono, quelli d’ispirazione marxista, che annoverano Winstanley tra i «precursori», i Vorläufer des neueren Sozialismus. Il primo fu E. Bernstein che nel 1893, all’interno d’una più complessiva opera progettata da Kautsky e con lui curata (Die Geschichte des Sozialismus in Einzel darstellungen, Stuttgart, 1893-1898), pubblicò un saggio in cui mette positivamente in risalto il leader dei Diggers e la sua utopia; e lo presenta come un profeta laico che sia pure con un linguaggio religioso secondo il costume dell’epoca annuncia il futuro socialismo scientifico, formulando idee rivoluzionarie ed un’interpretazione materialistica delle Scritture e della storia16. Un’analoga interpretazione fu espressa Geschichte der englischen Kirche and der Reformation, Leipzig 1868, pp. 196-297. 8 History of England from the accession of James I to the outbreak of the Civil war. 1603-1 642, 10 volI., London 1883-1884; The first two Stuarts and the Puritan revolution. 1603-1660 (1874), London 1888; (ed.), The constitutional documents of the Puritan revolution. 1625-1660 (1889), Oxford 1968; History of the Great civil war 1642-1649, 4 volI., London 1893; History of the Commonwealth and Protectorate. 1649-1656, 4 voll., London 1903. 9 The Clarke papers […], II, London 1894. 10 English democratic ideas in the seventeenth eentury (1898), New York 1959, pp. 191, 181-191 11 The wisdom of G. W. the «Digger»: being outlines of the kingdom of God on earth, London 1904. 12 The digger movement in the days of the commonwealth as revealed in the writings of G. W., the mystic and rationalist, communist and social reform (1906), London 1961. 13 Introduction a The works ecc., cit., pp. 1-70. 14 G.W. and the early quakers, in «Church history», XII, 1943, pp. 177-192. Economic and social thought of G.W.: was he a seventeenth century marxist?, in «The journal of moder history», XVIII, 1946, 1, pp. 1-21. 15 The theologieal basis of digger eommunism, in «Church history», XXII, 1954, pp. 207-218. 16 L’opera di Bernstein fu poi ristampata in un volume a parte, a Stuttgart, nel 1908 e nel 1919, col titolo Sozialismus und Demokmatie in der grossen englischen Revolution; tr. ingl. Cromwell and communism. Socialism and democracy in the Great english revolotion (1930), London 19663, pp. 104-132.

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dallo studioso socialista austro-polacco (ma inglese per adozione intellettuale) M. Beer, che ritenne i Diggers promotori di «una rivolta agraria con una base teorica straordinariamente ampia»; con essi sembrava «come se tutte le guerre contadine del passato tutt’a un tratto avessero trovato la loro dottrina». Perciò considerò Winstanley come il punto di passaggio dal comuni­smo medievale al comunismo moderno, «in una formulazione razionalista»; per cui lo definì «il primo comunista» nella storia del pensiero sociale inglese, indotto all’impegno politico dagli imperativi etici del suo profondo misticismo17. Seguì D.W. Petegorsky, che – con una ricerca certamente molto ben documentata e in molti punti acuta, ma unilaterale nella sua impostazione interpretativa di tipo storico-materialistico – mette in risalto l’istanza winstanliana dell’abolizione della proprietà privata non tanto, o non solo, per una motivazione etico-politica; ma soprattutto perché, essendo «l’essere umano largamente il prodotto del suo ambiente»18, solo modificando le condizioni economiche del suo contesto storico con l’introduzione della comunità dei beni, si può cambiare in meglio l’uomo, la sua coscienza e «la natura del governo» del paese19, con riferimento al noto schema marxiano secondo cui basta cambiare la struttura economica per mutare contestualmente la cosiddetta sovrastruttura etica, culturale e giuridica. Petegorsky evidenzia poi le aperture razionalistiche e anche scientifiche di Winstanley, presentandolo come l’esponente più avanzato del comunismo medievale, il punto di confluenza di tutte le dottrine religioso-ereticali, e sociali, di origine medievale; le cui aspirazioni, con lui superando la tensione chiliastica che le caratterizza, si orientano verso il comunismo moderno, benché in una visione moralistica e non ancora scientifica della storia; visto che il leader dei Diggers non si dimostra in grado di cogliere la complessità dello sviluppo economico del suo tempo e i presagi della futura organizzazione industriale della produzione20. Queste posizioni furono ribadite da E. Dell in un articolo pubblicato nel 194921. Su una posizione intermedia si pone W. Schenk, uno studioso d’ispirazione cattolica che considera Winstanley uno spirito profondamente religioso in cui coesistono sia l’atteggiamento chiliastico sia, ma in maniera più ridotta, il materialismo razionalistico22. Pure P. Zagorin si colloca su una posizione interpretativa d’equilibrio, ritenendo che il mistico di Wigan giunga a conclusioni razionalistiche e comunistiche sulla base di motivazioni religiose; anch’egli però si meraviglia, al pari degli storiografi marxisti, con la sicurezza di chi analizza i fatti avendone già visto lo svolgimento, della presunta incapacità winstanliana di comprendere quelle trasformazioni economiche che porteranno allo sviluppo dell’industrialismo23. A history of british socialism (1919-1920); tr. it., Storia del socialismo britannico, FIrenze 1964, pp. 58, 62, 63. 18 Left-wing democracy in the English civil war. A study of the social, philosophy of I G.W., London 1940, p. 181 (corsivo mio). 19 Ivi, p. 209. 20 Ivi, pp. 186-187. 21 G.W. and the Diggers, in «The modern quarterly», IV, 1949. 22 The concern for social justice in the Puritan revolution, London 1948, pp.97-113. 23 A history of political thought in the English revolution, London 1954, pp. 43-58 17

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Vi sono poi gli studiosi russi. L’iniziatore è lo storico progressista Kovalevskij il quale, nel 1892, in alcuni articoli pubblicati sulla «Russkaja Mysl’», mise in evidenza la figura di Winstanley come «precursore del radicalismo inglese». Ciò stimolò i ricercatori del suo paese e sollecitò ulteriori indagini storiografiche; le quali, dopo la Rivoluzione d’ottobre, sotto l’influenza ideologica del marxismo sovietico, presentarono Winstanley come «precursore del socialismo contemporaneo»: così in A.E. Kudrjavcev nel 192324, in V.P. Volgin nel 1928 e nel 195025, in S.I. Arkhangels’kij nel 196026, in M.A. Barg nel 196727. In Italia la scoperta di Winstanley si è avuta nel 1936 per merito di Vittorio Gabrieli28 a cui sono seguiti altri importanti studi: un articolo di Antonio Corsano29, un’antologia curata e commentata da Antonino Recupero30, un saggio di Marcello Cappuzzo31, una poderosa monografia di Giovanni Fiaschi32, le mie ricerche del 1974 e del 199133. Intanto, rispettivamente nel 1968 e 1969, G.E. Aylmer34 e K. Thomas35 scoprono due pamphlets di Winstanley ch’erano andati dispersi e che quindi, com’è ovvio, non erano stati compresi nel 1941 nella raccolta curata da Sabine. Thomas inoltre, in un altro articolo, fornisce notizie risolutive per datare Fire in the bush36. Mentre R.T. Vann37 (in una serie di articoli pubblicati tra il 1939 e il 1963) e J. Alsop38 (in un articolo del 1979) rendono noti alcuni dati biografici sino a quel momento sconosciuti. Tra gli studi critici più recenti, notevole è quanto è stato scritto da C. Hill e da O. Lutaud. Il primo (ch’è stato pure autore della prefazione all’antologia delle opere di

Velikaja anglijskaja revolucija (La grande rivoluzione inglese), Leningrad 1925. Predsestrvenniki naucnogo socializma. Otryvkiiz ich proizvedenij (Precursori del socialismo scientifico. Frammenti delle loro opere), Moskva 1928; (ed.), W. Izbrannje proizvedenija (W. Opere scelte), Moskva 1950. 26 Krestjanskie dvizeija v Anglii 40-50 godov XVII veka (Movimenti contadini dell’Inghilterra degli anni 40-50 del XVII secolo), Moskva 1960. 27 Narodnye nizy v angliskoj burzuaznoj Revoljucii XVII veka (Le classi inferiori durante la Rivoluzione inglese del XVII secolo), Moskva 1967. 28 Puritanesimo e libertà. Dibattiti e libelli, Torino 1956, pp. 291-410 (tr. it. del Piano della legge della libertà ovvero la restaurazione del vero governo). 29 Radicalismo sociale e sperimentalismo baconiano nel pensiero dei «Levellers»; G.W., in «Giornale critico della filosofia italiana», XLII, 1963, pp. 329-338. 30 La terra a chi la lavora!, Rimini 1974. 31 La vera libertà repubblicana. Saggio su G.W., Palermo 1979. 32 Potere, rivoluzione e utopia nell’esperienza di G.E:, Padova 1982. 33 Il «Piano» di G.W. e la terra come principio di libertà, in «Bollettino di storia della filosofia» (Lecce), Il, 1974, pp. 305-317; W. Il profeta della rivoluzione inglese, cit. 34 A newly discovered pamphlet by G.W., in «Past and present», 1968, n. 40, pp. 3-8. 35 Another digger broadside, in «Past and Present», 1969, n. 42, pp. 57-61. 36 Communication. The date of G.W.’s «Fire in the bush», Ivi, pp. 160-162. 37 From radicalism to quakerism: G.W. and Friends, in «Friends’ historical society journal», XLIX, 1959, 1, pp. 41-46; Diggers and quakers. A further note, Ivi, L, 1962-1964, pp. 65-68; The later life of G.W., in «Journal of the history of ideas», XXVI, 1965, 1, pp. 133-136. 38 G.W.’s later life, in «Past and present», 1979, n. 82, pp. 73-81. 24 25

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Winstanley curata da L.D. Hamilton, nel 194439 e dell’introduzione a una raccolta delle sue principali opere, nel 197340), pur partendo da posizioni marxiste, sviluppa il discorso sul leader dei Diggers inquadrandolo in un processo evolutivo in cui religiosità, razionalità e impegno politico si compenetrano con una certa armonia. Il secondo, nella sua pregevole monografia, offrendo una vasta documentazione sul nostro autore e sul movimento da lui guidato, lo presenta come un personaggio espressivo delle contraddizioni politiche e culturali tipiche di un’età di transizione, e precisamente della fase di passaggio dal mondo medievale a quello moderno. Per tal motivo tutti gli aspetti della personalità di Winstanley vanno egualmente rispettati, senza privilegiarne o sottacerne alcuno, poiché religione e ragione, misticismo e secolarizzazione, profezia e mondanità costituiscono il blend che fa originale e suggestiva la sua figura, senza vedere in questa unità complessa fratture inesistenti41. In questo contesto si colloca anche la monografia di T.W. Hayes, che studia gli aspetti letterari dell’opera del mistico di Wigan, ponendo l’accento sul suo carattere «poetico-profetico» e sul suo linguaggio analogico, ricco di simboli e metafore; e vede, nell’apparente ambivalenza del suo pensiero, una coerenza di fondo che egli tenta di ripercorrere42. A questi si affiancano altri studi, del polacco R. Tokarczyld43 e di altri ancora. E continua pure la contrapposizione tra tesi interpretative di differente impostazione ideologica. Così di nuovo, da un lato, G. Juretic ripresenta Winstanlev come un Vorläufer del materialismo storico44; e dall’altro, tre studiosi australiani, Mulligan, Graham e Richards, riaffermano con maggiore forza e unilateralità la posizione di Hudson, accentuando i temi religiosi inerenti al problema del rapporto uomo-Dio, della Caduta e simili45. Mentre, dal canto suo, J.C. Davis mette l’accento su una presunta frattura radicale che gli sembra di scorgere all’interno del pensiero winstanliano. Frattura che darebbe luogo, per un verso, ad un progetto di repubblica moralmente perfetta, alimentato dall’aspettativa millenaristiea e dall’ansia di palingenesi sociale, così come si configurerebbe nelle sue opere sino al 1650; per altro verso, ad un progetto di commonwealth distopico, illiberale, per come apparirebbe in The law of freedom46 In conclusione gli studi su Winstanley, a seguito delle peculiari tendenze dei vari ricercatori, mettono spesso in risalto solo singoli aspetti del suo pensiero, offuscandone altri, che pur rimangono importanti. La ricchezza tematica che questo personaggio assomma in sé, viceversa, dev’esser colta nella sua complessa unità. Mettendo altresì in evidenza, come uno dei tratti più originali e moderni della G.W. Selection from his works, London 1944. W. «The law of freedom» and other writings, Harmondsworth 1973. 41 Cfr. O. LUTAUD, W. Socialisme et christianisme sous Cromwell, Paris 1976. 42 W. The Digger. A literary analisis of radical ideas in the English revolution, Cambridge, Mass. 1979. 43 Winstanley, Warszawa 1975. 44 Digger no millenarian: the revolutionizing of G.W., in «Journal of the history uf ideas», XXXVI, 1975, 2, pp. 263-280. 45 Cfr. L. MULLIGAN, J.K. GRAHAM, J. RICHARDS, W. A case for the man as he said he was, in «Journal of ecclesiastical history», XXVIII, 1977, pp. 57-7 5 46 G.W. and the restoration of true magistracy, in «Past and present», 1976, n. 70, pp. 76-93. 39 40

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sua personalità, l’apertura dci suoi assunti teologici di matrice cri­stiana su di una prospettiva politica laica, uno spazio istituzionale laico, com’è lo stato da lui abbozzato in The law of freedom. Qui i suoi principi religiosi, senza mai dissolversi, ma alimentati dalla luce interiore, la Ragione-ragione, fecondano utopicamente la dimensione etico-politica della comunità e stimolano lo sviluppo della conoscenza, che s’adempie appunto attraverso religione, scienza e virtù.

2. Religione, ragione, scienza La ricerca di Dio. «Et Verbum caro factum est (…) et abitavit in nobis». Gv: Prologo. Le due grandi centralità del mondo, Dio e uomo, non sono in antitesi tra loro, ma s’integrano in un’unica prospettiva, così come mostrerò tra poco. Il rapporto tra uomo e Dio (considerato come Unità organica universale) è l’asse teorico intorno a cui gravita problematicamente il suo pensiero religioso, filosofico e politico. La fede in Dio com’essenza e causa di tutto, e come fondamento della generalità dell’esperienza, proveniente dal cristianesimo medievale, s’era trasformata, nella spiritualità riformata, nella ricerca personale diretta ad interpretare la volontà divina per meglio aderirvi. G.W. s’inserisce in questa forte tensione, in questa ricerca suprema, accentuando l’esigenza d’una comunione immediata con Dio da attuarsi nell’intimo della coscienza, individuale e collettiva, in modo che la condizione umana complessiva, sia in foro interno che externo, sia purificata, o aiutata a purificarsi, da ogni negatività attraverso il rapporto salvifico con Dio. La tradizionale radicale indigenza dell’uomo nei confronti del divino è sentita dalla coscienza di G.W. come una condizione che può essere trascesa nell’adesione piena alla volontà di Dio, ovvero nell’impegno a risalire a lui, alla sua perfezione; progettando il ritorno alla perduta unità con lui, da un lato attraverso la ricerca dei misteri della natura (da intendersi come leggi ancora sconosciute), per avanzare nella comprensione del generale disegno divino, dato che la natura è la sua operamanifestazione; dall’altro lato attraverso l’azione (negata da Lutero), intesa da G.W, soprattutto come sollecitudine politica per una società giusta e fraterna, e sapiente. Impliciti in questa ascesa sono il superamento dei propri limiti storici ed una teoria della conoscenza che dia garanzia sulla validità del metodo (che in ogni caso la dovrà riverificare) scelto per giungere alla Verità. Da tale processo ascensivo deriverà l’ampliamento dei poteri dell’uomo e l’intellezione progressiva di Dio, quindi del cosmo; poiché è ritenuto esservi analogia e corrispondenza tra la gradualità del processo conoscitivo dell’individuo e l’evoluzione (che è riordino-trasformazioneumanizzazione) della natura. Rifiutata dalla critica protestante, e da G.W. in modo ancor più radicale (insistente è la sua polemica contro i preti e la loro teologia truffaldina), la supremazia della gerarchia sacerdotale in materia di verità religiosa, ed affermati i principi del sacerdozio universale e del libero esame delle Scritture, occorreva trovare un nuovo metodo universalmente certo per procedere con sicurezza sulla strada investigativa

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della verità G.W. lo individua, per un verso, col soccorso primario dell’illuminazione interiore (che proviene da Dio, è suo dono e sua presenza in ogni uomo), nel disvelamento del senso veritativo racchiuso nei simboli e racconti biblici, enucleandone il logos; per altro verso, sempre seguendo la luce che proviene dal didentro dell’uomo, ma insieme sulla scia dello sperimentalismo baconiano, nella ricerca dei segreti del mondo della natura, cioè di Dio stesso nella molteplicità delle sue manifestazioni, giacché‚ riconoscere i segreti della natura è conoscere le opere di Dio; e conoscere le opere di Dio nella creazione è conoscere Dio stesso, poiché Dio abita in ogni opera o corpo visibile. L’uno e l’altro versante della ricerca debbono poi coincidere, sortendo i medesimi esiti conoscitivi, sia in campo esegetico sia nel campo dell’indagine sperimentale. Alla base v’è la fede nell’infallibilità della rivelazione divina, contenuta non solo nella Bibbia, ma anche, e in modo ancor più vivo, nella natura e nell’interiorità umana. Secondo G.W. bisogna attenersi rigorosamente alle manifestazioni effettive di Dio, abbandonando le arbitrarie, oscure, ingannatrici e verbose tesi della teologia ufficiale, giacché essa è un mostro tutto lingua, che non fa progredire la conoscenza, ma distrugge la vera conoscenza di Dio; in quanto non dice la verità; le sue affermazioni non si basano sulla ragione, ma sono anzi contro la ragione; e addirittura essa pretende che non bisogna giudicare con la ragione […], ma bisogna credere quel ch’essa dice, sia o no ragionevole. Ma ora cesserà questo infinito blaterare, questo ammucchiarsi di parole tra i fedeli, cesserà questo modo di pregare, cesserà questo culto verbale. L’attenzione dei preti è rivolta ai soldi e al potere: Insegnano per guadagno, predicano per denaro e riempiono il popolo di faziosità e confusione […] e fanno questo con l’autorità del potere governativo, diffondendo l’idea d’un inferno teologico per terrorizzare e asservire la gente. Invece in ogni campo bisogna stare ai fatti, non alle parole; alla ragione e all’esperienza di ciò che egli [il soggetto conoscente] vede; non all’immaginazione o alla tradizione. Occorre comportarsi come il saggio Tommaso, che si rifiuta di credere se non attraverso l’evidenza della ragione, ragione espeditiva. Poiché è stato Dio stesso a dotare l’uomo dell’uso della ragione, la quale è il puro influsso dell’Onnipotente che rende l’uomo divino; è la parte divina dell’uomo; è la Sua luce nell’uomo. La nuova scienza di Dio, pertanto, non può che essere una teologia razionale. Sul presupposto d’una ragione evidente che deve illuminare e comprovare lo sviluppo della conoscenza, la vera fonte d’ogni apprendimento è l’esperienza diretta dei fatti di qualsivoglia natura; hanno valore solo le parole dette alla luce dell’esperienza globale, interiore ed esteriore. Richard Coppin (le cui opere, soprattutto i Divine teachings, 1649, influenzarono i Ranters, anche se egli sostenne di non essere stato mai uno di loro) dichiarò che l’esperienza è al di sopra d’ogni cosa. E G.W. disse: «Io non parlo avventatamente, io dico ciò che conosco; chiunque parli di qualsiasi erba, pianta, arte, o della natura dell’uomo, ha l’obbligo di non dir nulla che sia fondato sull’immaginazione, ma solo ciò che ha scoperto con la sua industria e l’osservazione sperimentale; pertanto occorre sempre procedere secondo sapienza e conoscenza sperimentale delle cose esistenti».

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Lo stesso discorso vale per Dio, che non si può adorare e di cui non si può parlare per sentito dire, o per interposta persona, o per il tramite delle gerarchie, ma attraverso la personale esperienza, in tutte le sue valenze, illuminata dalla luce interiore, dalla ragione individuale. Colui che parla dall’originale luce interiore può veramente dire: conosco ciò che dico e conosco colui che adoro. Del resto Dio si manifesta in conoscenza effettiva («actual knowledge»), non in immaginazione; e ciò consente veramente una conoscenza pratica (pratical knowledge) di lui, in modo da poterlo servire in spirito e verità. Solo con una sapienza e conoscenza sperimentale delle cose esistenti si può fondatamente parlare di Dio, leggere in questo modo la legge della natura (o Dio), poiché‚ egli ha scritto il suo nome in ogni corpo. Un uomo portatore d’un mero apprendimento, senza approfondire il senso delle cose e insieme il processo conoscitivo che le disvela, senza giungere al loro Fondamento, è deplorevole, è una creatura arida, sebbene abbia tutte le istruzioni sulle scienze e arti sotto il sole; per cui il suo parlare è incerto e limitato. Ma colui che parla attraverso la voce o luce divina interiore è sulla via del giusto e del vero. L’intima illuminazione coscienziale, infatti, è un modo continuo del rivelarsi di Dio nei fatti, nella storia. E in virtù d’essa è esaltato il valore e la dignità del soggetto, proprio perché ne è portatore. L’essere individuale gravita così sul suo Principio infinito ricevendone forza e senso per il suo destino, che è sollecitato da una matrice creativa inesauribile; perciò non è di morte ma di vita, rivelandosi la morte solo come una delle forme della vita globale. La presenza divina nell’uomo, così come nella natura intera, induce a considerare la realtà come un’espressione sensibile della Causa, che può più agevolmente esser raggiunta esplorando, oltre che il mondo, l’interiorità dell’unico essere dotato di coscienza. Su questa linea filosofica G.W. si connette all’antropocentrismo rinascimentale, all’individualismo riformato; ma nello stesso tempo li supera entrambi in una visione in cui tutto è ricondotto a quell’unità generale e fondamentale che è genesi e fine del creato. E in questo concetto d’unità, applicato all’umanità, trova ulteriori motivi d’arricchimento il principio evangelico di comunità fraternità che guida d’ogni sua teorizzazione socio-politica. La ragione mistica di G.W., per esigenza d’assimilazione intelligibile della divinità, cerca Dio esplorando di volta in volta ogni sua manifestazione, ma soprattutto l’ambito coscienziale umano, che consente alla razionalità del singolo di ricomprendere il macrocosmo e il suo rapporto analogico col microcosmo in una dimensione storica umanizzata: Ognuno guarda a Dio come a un governante a lui esterno, come fa la bestia di campagna; pochi scorgono il loro Governante dentro. Tale interiorizzazione è inoltre importante perché‚ determina una storicizzazione della comprensione di Dio, nonché‚ una divinizzazione dell’uomo e della natura; la quale dà al soggetto la possibilità di superare e vincere la sua finitudine. Se dovessi dare una definizione della teologia, la chiamerei vita divina, piuttosto che scienza divina, poiché è qualcosa che dev’essere compreso attraverso una sensazione spirituale più che attraverso una descrizione verbale. L’uomo deve incontrare realmente Dio nella pienezza del proprio essere, a livello sensibile, razionale, spirituale. Il livello sensoriale, pertanto, non viene svalutato e scartato come luo-

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go d’insuperabile incoscienza, ma ricompreso e riscattato in un processo d’ascesa, come momento d’esso. Per i neoplatonici di Cambridge, anziché‚ pensare Dio lontanamente, era meglio direttamente incontrarlo, sentirlo; così conoscerlo; tendere a raggiungerlo, a somigliargli. In questo modo si riscoprono ad uno stadio superiore quei sensi che, presi in se, ad un livello più basso, possono ingannare. Dio quindi si conosce nella globalità concreta di senso-ragione-spirito. Cercare la nostra teologia solamente nei libri e negli scritti significa cercare i vivi tra i morti […]; intra te quaere Deum, cerca Dio all’interno della tua anima. Egli può essere trovato, come dice Plotino, attraverso un “tatto” intellettuale: dobbiamo vedere coi nostri occhi e udire con le nostre orecchie, le nostre mani debbono toccare la parola di vita […]. Davide, quando ci vuole insegnare a conoscere la virtù divina, non fa appello alla speculazione, ma alla sensazione: gustate e vedete quant’è buono il Signore. S’individua in tutto questo una sorta di blend, oltre che di elementi platonici e plotiniani, anche di temi propri della Riforma. Per un verso, l’autosufficienza del soggetto illuminato, il rifiuto dell’autorità, sostituita dalla fiducia nella certezza interiore, dove si scopre la candela del Signore come dicevano i filosofi di Cambridge, la luce coscienziale d’origine divina, i cui raggi, liberati da ostacoli e sedimentazioni di varia natura e messi nella condizione d’espandersi liberamente all’esterno, rischiarano i segreti della natura rivelandoli come intelligibili leggi divine. Per altro verso, l’interesse e il riscatto del mondo dei sensi e della materia che, in quanto espressione di Dio, merita d’esser esplorato con metodo scientifico-sperimentale (secondo la lezione baconiana), per ricomprendere nell’unità della coscienza l’unicità della verità. Di qui, inversamente all’ortodossia luterana, l’importanza delle opere, dell’agire dell’uomo secondo scienza e coscienza nella prassi (sociale, e quindi politica) per una vita santa, che costituisce il modo migliore e più breve per raggiungere la giusta fede e per accelerare il processo evolutivo-catartico che porta alla perfezione, a Dio.

3. Dio come Ragione. Complementarità di religione e scienza In questa identificazione della conoscenza con l’esperienza religiosa il termine unificante, Dio, è pensato ancor più come Ragione; che peraltro è attingibile, può essere attualizzata da parte d’ogni uomo, in un processo di progressiva attuazione della propria genetica potenziale somiglianza con lui. Un processo non simbolico, ma che realmente trasforma il corpo e lo spirito dell’uomo, rendendo possibile ad ognuno di nascere (o rinascere) due volte, ovvero di trasformarsi radicalmente come Cristo, e d’essere pienamente figlio di Dio (cfr. Giovanni, 3, 3-5, 17, 21; 1, 12). Il Dio di G.W. e dei pensatori di Cambridge è la suprema Ragione di tutto l’universo; ed essa, proprio perché‚ Ragione, è decodificabile dalla scienza, vera luce divina. Il luogo in cui anzitutto si realizza la biblica somiglianza a Dio è la mente umana, che è appunto analoga a quella divina. Inizia di qui il processo di trasformazione (coscientizzazione) e spiritualizzazione dell’intero uomo. È necessario perciò che la mente sia di continuo purificata – in senso etico ed epistemologico; e, indiretta-

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mente, anche fisiologico, secondo un ordine di complessiva igiene corporea – da ogni scoria che offusca la sua limpidezza e che così impedisce lo sviluppo delle sue potenziali espressioni divine. Noi qui sulla terra vediamo in modo appannato e non in modo chiaro e distinto, perché‚ condizionati, in un certo grado, dall’incoscienza materiale, che bisogna riconvertire in coscienza. Per realizzare tutto questo occorre un metodo di purificazione globale, per far sì che le nostre produzioni o immagini mentali siano coscienti e immacolate, e non incoscienti e contaminate. Ciò che provengano dal punto più alto e vero della coscienza, non da quello attualmente più basso e ingannevole. Di conseguenza bisogna anche evitare che i moti dello spirito (che sono sempre accompagnati da immagini, poiché‚ attivano necessariamente la globalità dell’essere d’uomo, che è totalità inscindibile) siano rappresentati da immagini incoscienti, fantastiche, che ad essi non corrispondono n‚ competono. Sì che tali moti spirituali siano anche negli effetti, ovvero nelle determinazioni fenomeniche, concezioni immacolate. Al momento viceversa, proprio perché‚ non purgate ed elevate, per dirla con le parole di Smith, le nostre capacità immaginative, che accompagnano sempre le azioni più nobili della nostra anima, alitano un soffio opaco sul cristallo purissimo del nostro intelletto, sporcandolo e imbrattandolo al punto che non potremo più scorgervi nettamente l’immagine della divinità. È la produzione di questo tipo d’immagini impure che dà luogo all’immaginazione rifiutata da G.W., in quanto generatrice inevitabilmente di falsa conoscenza, e perciò non idonea a condurre a Dio, alla sua intellezione; ma solo al suo contrario, al diavolo. L’impronta più chiara di Dio dev’essere cercata nella mente dell’uomo, la quale ha capacità potenzialmente illimitate. Per Smith, infatti, le nostre menti sono create in modo tale che possono concepire […] un’infinita fonte di ragione e intelletto, di cui sono partecipi, in cui vivono, si muovono e trovano il loro essere. Dio non è soltanto l’Eterna ragione, quella mente e quella sapienza onnipotente con cui il nostro intelletto s’intrattiene; egli è anche quella immacolata bellezza pura e quel bene supremo verso cui tende perennemente la nostra volontà: dovunque troviamo la vera bellezza, l’amore e la virtù, possiamo dire che è Dio. In direzione opposta, dove non troviamo tali qualità positive, ma il loro rovescio negativo, ci sono i demoni, che per Smith sono il frutto d’ un’apostasia mentale. Infatti, prosegue, essi si trovano dovunque vi sia qualcuno disposto a peccare contro Dio, dovunque vi sia qualcuno sensibile alla tentazione o alla suggestione diabolica. La ragione, nell’atto conoscitivo, non è mera ricezione passiva dell’oggetto che sta conoscendo; essa esplica un comprendere, un afferrare e penetrare intelligendo. Conosce e capisce. Come aveva affermato Anassagora, che indica un impadronirsi e prendere possesso dell’oggetto conosciuto; il quale, quindi, non semplicemente subìto, che sarebbe cratistha, ossia essere posseduti o conquistati da esso. La ragione conoscente non è neppure mera reazione che risponde meccanicisticamente ad uno stimolo; ma è actio, ossia attività cosciente critico-poietica. È attività autonoma che agisce, cerca, cataloga, giudica e crea. All’atto della conoscenza consapevole s’annoda la volontà-libertà, che non può essere riconducibile in alcun modo ad un processo meccanicistico.

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