Torno quando voglio. Storie di salentini all'estero, oggi. Di G. Salicandro Ed. MIlella

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Questo libro è il prodotto materiale della comunità di generosi sostenitori nata attorno al progetto della rubrica “I nostri ragazzi nel mondo”. Un autentico grazie a tutti coloro – l’elenco sarebbe enormemente lungo – che hanno contribuito alla riuscita del lavoro segnalandomi la presenza di parenti e amici all’estero. E grazie di cuore a chi ha voluto condividere la propria storia: le cinquanta qui presenti e quelle che attendono di essere scritte. Ringrazio i funzionari del ministero dell’Interno per la puntuale disponibilità con cui hanno accolto le mie richieste di accesso ai dati Aire. Ho un debito speciale, infine, con gli amici che hanno speso il proprio tempo nel brainstorming collettivo attivato per la redazione del libro.

Copyright © 2016 Edizioni Milella di Lecce Spazio Vivo s.r.l. ISBN 978 - 88 - 7048 - 616 - 2

Edizioni Milella di Lecce Spazio Vivo s.r.l.

Viale M. De Pietro, 9 - 73100 Lecce - Tel. e fax 0832/241131 Sito internet: www.milellalecce.it email: leccespaziovivo@tiscali.it Impaginazione e copertina: Emanuele Augieri




Prefazione

Trolley, WhatsApp e voli low cost L’emigrazione d’inizio millennio

Vincenzo Maruccio, caposervizio Cronaca di Lecce, Nuovo Quotidiano di Puglia

La valigia di cartone è un passato lontano. Il treno sbuffante con la famiglia assiepata sui binari è un ricordo sbiadito. Le foto spedite a Natale una cartolina buona per vecchi film. Appena 40 anni fa, ma già un’era geologica. Si partiva per le miniere in Belgio e già Marcinelle sembrava lì dietro l’angolo dopo le traversate dell’Atlantico che segnava l’addio per sempre. Si firmava per il posto in Fiat – buono stipendio, malattie retribuite e pensione assicurata – aspettando che agosto arrivasse il prima possibile. La ferita della partenza bruciava per tutta la vita, ma la fuga della fame bastava per non tornare indietro. Lo facevano, dopo 35 anni passati in fabbrica, i più fortunati e con la liquidazione riuscivi a costruirti anche una casetta due vani più servizi con vista mare. Quello, Jonio o Adriatico che fosse, che ti eri perso per tutta la vita insieme con la gioventù e con i sogni. Oggi la partenza è un tablet sempre acceso, un telefonino che vibra per il messaggio WhatsApp della fidanzata, un sms a papà che aspetta la chiamata dopo l’atterraggio. Si viaggia iperconnessi, informati, aggiornati. E non c’è più solo il tradizionale binario a portarti lontano: Frecciarossa, Frecciabianca, Frecciargento e tutti i colori desiderabili sono lì con le loro offerte appetibili. Si parte in auto con l’amico, si prende l’aereo low cost e il trolley, per chi ha la fortuna di riceverlo in regalo, certe volte è perfino firmato. Una griffe

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che ti aiuta a vincere la nostalgia. A sentirti più moderno anche se l’inglese continui a parlarlo comunque peggio dei “cugini” europei. Resta la ferita. Che quella, neanche quando parti per un posto da manager a 3mila euro al mese, puoi rimarginarla completamente. Pur sempre di fuga si tratta, ma questa volta la platea è un magma liquido dentro il quale il denominatore comune è solo il confine da superare. L’ultimo effetto della globalizzazione: la storia collettiva dell’emigrazione di un territorio – il Sud, la Puglia, il Salento – che si frantuma in singole storie ciascuna con le sue diramazioni. Incontrollabili, difficilmente catalogabili eppure ricche come mai finora era successo. Storie singole che Giorgia Salicandro, con le sue interviste pubblicate su Nuovo Quotidiano di Puglia, ha raccontato – città per città, continente per continente – rintracciando i protagonisti attraverso un viaggio reale e virtuale nello stesso tempo. Prendendo un volo per guardarli negli occhi o davanti ad un computer acceso fino a notte fonda. È nata una cartografia dell’emigrazione d’inizio millennio che ci dice come siamo cambiati: un piccolo atlante di rotte esistenziali che potrebbe ancora moltiplicarsi all’infinito. Chi fugge solo per il semplice stipendio perché il bisogno – quello crudo del frigorifero da riempire per i figli – c’è ancora in questa terra che non è la Svezia o l’Islanda. Chi fugge per un sogno da coltivare: una laurea, un master, un corso che non spenga la passione di una vita. Chi scappa perché di precariato sottopagato si muore dentro, nell’anima, prima ancora che di stenti. Chi se ne va perché comprarsi uno zainetto e parlare per uno, due, dieci anni una lingua che non è la tua è una strada quasi obbligata nel ventunesimo secolo per capire chi sei e dove potrai andare. Il bisogno di partire perché non c’è alternativa ad una terra spesso ingrata ma anche la libertà di muoversi. Forse il

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modo migliore – prendere, partire e trovare casa altrove anche per poco tempo – per tornare, un giorno, nel luogo in cui sei nato. Più ricco – in senso culturale – di come, altrimenti, non saresti mai diventato.

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Diario di viaggio

Sneakers ai piedi e una fiera ecopelliccia sulle spalle, Antonella Mingolla prende il the ai piedi dell’enorme “Hackney Peace Carnival” in Dalston Lane, nella East London ridisegnata dai murales. L’aria del paesino è rarefatta e quanto mai sospesa quando Antonio Imperiale esce di casa, alle sette del mattino, per andare a lavoro. Quattro strade in croce e poco più, ma la sua famiglia è là e lui la porterà in gita a Tirana anche questa domenica. Cappello da esploratore in testa e in tasca una laurea alla Sorbonne Nouvelle, Mattia Morelli sta per prendere nuovamente la via del deserto, tra gli aborigeni australiani. Antonella, Antonio, Mattia, e ancora Carlo, Laura, Attilio, Alessandra: ho con me cinquanta storie in tutto, una “mappa” ideale dei salentini all’estero. Un passo indietro nello spazio-tempo, aprile 2016. Parto da dati certi: 4.811.162 italiani nel mondo al 31 dicembre 2015, 174.515 in più in un solo anno. Dei residenti all’estero, nel corso del 2014 ben 1285 si sono mossi dalla provincia di Lecce, 594 da Brindisi, 493 da Taranto. In tutto 4946 nuovi emigranti pugliesi, secondo di dati comunicati dalla Fondazione Migrantes. I numeri ci sono, tali da giustificare un’operazione di “mapping” dei salentini nel mondo. L’idea è quella di addentrarmi più in profondità, raccontare “il cuore” della partenza. Dieci tappe, dieci puntate di una rubrica che si intitolerà “I nostri ragazzi nel mondo”, pubblicata da aprile a giugno 2016 su Nuovo Quotidiano di Puglia1. Non è un censimento, è piuttosto un’impresa di “carotaggio” del reale, per usare un’illuminante immagine di Giorgio Vasta: il prelievo casuale di un campione di realtà utile a 1

G. Vasta, Spaesamento, Laterza, Roma-Bari 2010.

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dare una dimostrazione del nostro qui e ora2. Una domanda aperta sull’emigrazione, posta a cinquanta diretti interessati. Un viaggio a Londra mi permette di incontrare i primi. Come raggiungere tutti gli altri? Il soccorso viene dalle decine di gruppi Facebook fondati dagli italiani all’estero e dalla ragnatela di cugini, amici, colleghi rimasti in patria. Seguono email, messaggi vocali, chat equamente distribuite su vari social network, chiamate intercontinentali in piena notte, e qualche dialogo esilarante in un improbabile mix linguistico. A volte sono loro a raggiungere me. A Londra, all’uscita dalla metropolitana, si “materializza” – con grande sorpresa di entrambi – Cosimo Panico, intento a conversare con un conterraneo. Più tardi sono i messaggi privati, sempre più regolari: «Posso parlarle della Spagna», «Dovresti interessarti alla Lituania», «Peccato, hai già scritto di New York». Un piccolo popolo di salentini “esploso” in ogni direzione, desideroso di raccontarsi, di condividere la complessità delle proprie ragioni. E complesse sono, in effetti, le storie. La premessa è comune, e ha a che fare con quel gap SudNord, generazionale e di genere che ben fotografano i Rapporti Svimez 2015 e 2016 sull’Economia del Mezzogiorno. È certo: fare la spola tra Lecce e Shanghai o combattere per un visto a New York non è solo una scelta esistenziale.

Il Big Ben parla salentino. Cresce la comunità in UK, 24 aprile 2016; Salentini sulla Senna. «L’arte contro la paura», 1 maggio 2016; Il cielo sopra il Muro che conquista i salentini, 8 maggio 2016; La carica dei salentini nella “Grande Mela”, 15 maggio 2016; Salentini: lavoro e sogni nel cuore dell’Europa, 22 maggio 2016; «Resto qui dopo Erasmus». Il Salento sulle ramblas, 29 maggio 2016; Dal Salento, rotta inversa sul “mare di zucchero”, 5 giugno 2016; Natura e libertà: l’Australia che piace a 300 salentini, 12 giugno 2016; Dai nonni ai nipotini: salentini nelle Pampas, 19 giugno 2016; Sulla strada di Marco Polo: il Salento guarda a Oriente, 26 giugno 2016. 2

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E tuttavia non è solo il lavoro, ma anche l’idea di una piccola “rivoluzione quotidiana” la scintilla di un’avventura nel deserto. Non è solo il lavoro ma anche la libertà di sentirsi a casa tra graffiti e warehouse di artisti la molla per East London. Storie complesse, tuttavia storie felici. Di grandi successi o di serenità quotidiana non importa, ciò che torna è l’idea di aver avuto accesso – lontano da casa – a un progetto di vita. Dedicarmi a ventenni, trentenni e quarantenni mi ha permesso di intercettare cervelli in fuga e spiriti liberi, professionisti in carriera, chi dall’estero ha avuto una seconda chance e chi ha semplicemente tentato il salto con l’entusiasmo della gioventù. Ci sono “gli arrabbiati”, che non ci pensano nemmeno a sfidare il blocco di burocrazia, familismo e inerzia che – dicono – caratterizza il Salento così come il Sud, e “i nostalgici”, che altrove hanno apposto il proprio indirizzo di residenza ma in fondo sognano i tornare. Smetto quando voglio ripetono come un mantra tabagisti e giocatori patologici. Torno quando voglio ripetono i salentini all’estero. Per alcuni è il compromesso reale di un volo cost e l’appuntamento fisso delle vacanze. Per altri un appuntamento posticipato negli anni, quando affari e guadagni saranno ormai fatti. E chissà se saranno loro a spuntarla, nel gioco del grande annuncio. Per altri ancora ha il suono di una revanche: torno se voglio, oppure, decisamente, non torno. Microstorie che continuano a evolversi insieme alla storia di tutti. All’avvio della rubrica, ad esempio, l’apprensione legata al “dopo Brexit” non era ancora all’ordine del giorno per i “salentini-londinesi”, e mancavano all’appello Nizza e Dacca nel novero degli attentati con cui fare necessariamente i conti. Questo libro non può fornire una risposta ultima sull’emigrazione dei salentini oggi: piuttosto, mettere in connes11


sione gli interrogativi di chi parte con quelli di chi resta, stimolare un dibattito che altrove possa darsi. «Ci hai fatto sentire che non siamo stati dimenticati» mi ha scritto Michelino Liguori, “il nonno” del gruppo, partito a Buenos Aires sessant’anni fa. È una ragione sufficiente per continuare a raccontare.

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Roberta Baldi - Parigi

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Andreas De Blasi - Berlino


Raffaele Bruno - Bruxelles


Eros Blanco, Barcellona


Indice

Prefazione

Trolley, WhatsApp e voli low cost L’emigrazione d’inizio millennio Vincenzo Maruccio

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Diario di Viaggio 9 Londra. Piazza pop per sogni “posh”

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Parigi. Sulla giostra con il cuore in gola

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Berlino. Il magnete underground

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Bruxelles. Giocare con le bolle

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Barcellona. L’Erasmus laureata

71

Albania. Rotta inversa sul “mare di zucchero”

83

New York. Little Salento explosion

95

Buenos Aires. Non è Carramba

107

Oceania. Impresa per animi surfisti

119

Cina. Frequently asked question

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Postfazione

Il richiamo della giungla Livio Romano

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