"Stato Nazione Cittadinanza" a cura di R. Bufano

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Collana Politica Storia Progetto n° 4

MILELLA LECCE


Collana: Politica Storia Progetto, n° 4 Direttore Giuseppe Schiavone Comitato scientifico e Redazione

Nicola Antonetti Anna Maria Lazzarino Del Grosso Marisa Forcina Roberto Martucci Giuseppe Schiavone Domenico Taranto Collana peer review sottoposta a valutazione scientifica

Ăˆ vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata


STATO NAZIONE CITTADINANZA STUDI DI PENSIERO POLITICO IN ONORE DI LEONARDO LA PUMA a cura di Rossella Bufano

Nota biografica di Massimo Ciullo

Milella Lecce 2016


Volume pubblicato con il contributo dell’Università del Salento Dipartimento di Storia, Società, Studi sull’Uomo. Con il patrocinio: Associazione Italiana degli Storici delle Dottrine Politiche

Copyright © 2016 Edizioni Milella di Lecce Spazio Vivo s.r.l. ISBN 978 - 88 - 7048 - 599 - 8

Edizioni Milella di Lecce Spazio Vivo s.r.l. Viale M. De Pietro, 9 - 73100 Lecce Tel. e fax 0832/241131 Sito internet: www.milellalecce.it email: leccespaziovivo@tiscali.it Copertina: Yukiko Tanaka Impaginazione: Emanuele Augieri


Indice

Nota Biografica

p.

9

Pubblicazioni

»

13

Prefazione

»

17

Introduzione Il buon governo e i governati, diritti e Risorgimento delle nazioni, cittadinanza di genere

»

21

Machiavelli e la ragion di Stato: segnare con cura le differenze

»

51

This innocent word: il Trimmer tra moderazione e opportunismo

»

65

Machiavellismo e platonismo a Napoli fra Seicento e Settecento

»

81

Buon governo e senso delle istituzioni: Leibniz e la precettistica del principe

»

95

La politica, la Chiesa, i personaggi e l’Italia nella satira laica de «Il Travaso delle idee»

»

111

Regionalismi e Regioni nella cultura politica della Repubblica

»

129

Fondamento ed evoluzione dei diritti nel welfare contemporaneo. Da Norberto Bobbio a Niklas Luhmann

»

143

Pedagogy of Communities: an epistemological proposal

»

155

di Massimo Ciullo

di Vitantonio Gioia

di Rossella Bufano

SEZIONE I

Il buon governo e i governati. Dalla ragion di Stato alle autonomie locali Gianfranco Borrelli Alessandro Arienzo Silvio Suppa

Sandro Ciurlia

Giovanni Invitto

Nicola Antonetti

Gianpasquale Preite Salvatore Colazzo


SEZIONE II

Dall’illuminismo al Risorgimento delle nazioni: diritti, identità nazionale ed europea, democrazia Voltaire e Linguet

»

165

Profilo del pensiero politico di Gian Domenico Romagnosi

»

187

La Polonia come romanzo della giovinezza. Idea di nazione e letteratura in Mauricy Mochnacki

»

197

Garibaldi nella storiografia brasiliana

»

209

The Despotism of Mass Democracy by Alexis de Tocqueville

»

233

Alle origini della European Democracy: Arnold Ruge e Mazzini (1846-1860)

»

251

Il pensiero politico di Carlo Pisacane. Il problema delle fonti culturali e le ricerche biografiche. Con sei lettere inedite di Carlo a Filippo Pisacane

»

269

Pasquale Calvi e Francesco Crispi (1861-1867)

»

291

Il senatore Fedele Lampertico, un riformatore dimenticato

»

301

Le dottrine e i partiti in Giovanni Bovio

»

323

Taine, Parigi e la metafora dell’alambicco

»

337

A cavallo dell’antiparlamentarismo

»

351

Ginevra Conti Odorisio Robertino Ghiringhelli Daniele Stasi

Anna Maria Lazzarino Del Grosso Diana Thermes Sergio Amato

Adolfo Noto

Franca Biondi

Roberto Martucci Massimo Ciullo Vittore Collina

Luigi Compagna


SEZIONE III

La cittadinanza di genere.

Partecipazione politica femminile e rivendicazione dei diritti La Rivoluzione puritana e il primo illuminarsi dei diritti della donna

»

365

Ausonio Franchi e le libere pensatrici

»

385

Verso il suffragio femminile. Il contributo di Anna Maria Mozzoni

»

409

Salvatore Morelli: il deputato delle donne

»

425

Le filosofe e i maestri. Quel che non abbiamo raccontato

»

439

Didone: l’amore, la donna, la regina

»

453

Appendice

»

469

Indice dei nomi

»

475

Autori/autrici

»

487

Giuseppe Schiavone Fiorenza Taricone

Anna Rita Gabellone Rossella Bufano Marisa Forcina

Ginetta De Trane



Massimo Ciullo

Nota biografica Leonardo La Puma nasce il 2 aprile 1948, a Felline, piccolo borgo nel cuore del Salento. Fin da piccolo, Nardino come viene ribattezzato da parenti e amici, dimostra grande curiosità e vivacità intellettuale. Già a cinque anni, il padre decide di affidarlo alle cure del maestro Aurelio Ferocino, insegnante elementare, che negli anni difficili del dopoguerra lo accoglie nella sua classe formata da bambini di età diversa, nella piccola frazione di Alliste. Per frequentare le Scuole Medie, La Puma è costretto a spostarsi prima a Casarano e poi a Ugento. E lo stesso accade, quando decide di iscriversi all’Istituto Magistrale, ciclo di studi completato tra Gallipoli e Casarano nel 1966. Nel 1967 si iscrive alla Facoltà di Magistero. È uno studente lavoratore che ha già espletato, appena diciottenne il suo primo incarico come istitutore al Convitto Nazionale di Genova e che, dal 1968 al 1971, su nomina dell’E.C.A. (Ente Comunale di Assistenza) svolge l’attività di Maestro nella scuola elementare di Alliste e Felline. A dicembre del 1971 inizia a lavorare presso l’Università degli Studi di Lecce come tecnico coadiutore e riceve l’incarico di sistemare il patrimonio librario della Facoltà di Magistero, e grazie al suo straordinario amore per i libri riesce a dar vita al polo bibliotecario di Palazzo Casto. Dieci anni dopo conseguirà l’abilitazione in Storia e Filosofia e avrà un incarico annuale al Liceo Classico “Capece” di Maglie. Nel 1973 l’agognato traguardo della laurea è raggiunto, con una tesi su Carlo Pisacane1. Il suo relatore, Giovanni Invitto, è entusiasta del lavoro del giovane allievo e ne propone la pubblicazione con l’assegnazione di una borsa di studio. La Puma si trova davanti ad un bivio: continuare con lo stabile lavoro di bibliotecario o avventurarsi nel mare già allora incerto della ricerca. La scelta ricade sulla seconda opzione e per sei anni consecutivi sarà destinatario di una serie di assegni di ricerca che gli permetteranno di approfondire i suoi studi su Carlo Pisacane, Charles Peguy, Pierre Leroux e sul socialismo francese. Diventa un assiduo collaboratore di Giuseppe Roggerone, titolare della cattedra di Storia della Filosofia alla Facoltà di Magistero. Prende parte alle commissioni d’esame ed è membro supplente in quelle per le tesi di laurea. L’attività didattica si orienta fin da subito verso l’insegnamento di Storia delle Dottrine Politiche nel quale, oltre a tenere corsi monografici ed esercitazioni, coordina anche gruppi di lavoro sui suoi principali filoni di ricerca: nel 1975 organizza un gruppo sul pensiero di Carlo Pisacane; l’anno successivo si occupa del pragmatismo italiano, nel 1977 inizia a interessarsi della cultura politica italiana del primo Il titolo della tesi è Formazione e sviluppo dell’ideologia rivoluzionaria di Carlo Pisacane, che sarà data alle stampe nel 1976 per i tipi della Messapica Edizioni con un titolo diverso: Carlo Pisacane, dall’illuminismo al socialismo. 1

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Massimo Ciullo

Novecento e nel 1978 della presenza del marxismo nel «Politecnico» di Vittorini. Agli inizi degli anni Ottanta, il Nostro vira decisamente sui temi che resteranno sempre il nucleo centrale delle sue ricerche: i rapporti tra il Risorgimento e Leroux; le correnti del socialismo francese; il pensiero politico di Mazzini; i rapporti tra Mazzini e Leroux; il socialismo e il liberalismo. L’intensa attività didattica non gli impedisce di partecipare in qualità di relatore a numerosi convegni in Italia e all’estero, dove inizia a essere conosciuto e apprezzato per le sue intuizioni oltre che per la rigorosità del suo metodo d’indagine. Oltre a partecipare agli eventi organizzati dalle varie società scientifiche, si fa promotore, insieme a Angelo Prontera, Fernando Fiorentino, Marisa Forcina, Pia Vergine e Angelo Bruno del Convegno “Péguy vivant”, tenutosi a Lecce nell’aprile del 1977 che segnerà una svolta fondamentale nei rapporti con i suoi colleghi dell’ateneo leccese e d’Oltralpe. A distanza di tre anni, l’Istituto di Filosofia della Facoltà di Magistero proporrà l’istituzione del Centro Studi “Charles Péguy”, dove finalmente il gruppo di studio coagulatosi intorno alle ricerche sul pensatore francese potrà cementare ulteriormente i propri legami facendosi conoscere anche al di fuori del ristretto ambito locale e nazionale. Nel 1980, alcuni tra i più rappresentativi ricercatori salentini partecipano al convegno dedicato a Pèguy organizzato dall’Università della Provenza ad Aix-en-Provence: La Puma interviene con una riflessione sull’affinità ideologica tra Leroux e Mazzini. Dopo un quinquennio di intensa attività, il Centro riesce a catturare l’attenzione anche Oltralpe. Nel 1985 Roger Dadoun, in un articolo pubblicato sul n. 452-453 di «Critique», parla della straordinaria esperienza della “École de Lecce”. Un’esperienza atipica rispetto ad altre similari in altre Università italiane e straniere: la “Scuola di Lecce” non è tale come comunemente viene intesa questa espressione nel mondo accademico (cioè il classico gruppo di allievi che si riunisce intorno ad un decano e ne prosegue e sviluppa l’opera), ma più come un movimento intellettuale coerente che parte da un’omogeneità di interessi culturali e di dinamiche quasi conviviali, conservando però l’indipendenza dei punti di vista di ogni singolo partecipante. Dadoun cita Roggerone come studioso del contro-illuminismo, Arrigo Colombo e le sue ricerche sull’utopia, Giovanni Invitto alle prese con l’Esistenzialismo e poi Angelo Prontera, Leonardo La Puma e Mario Signore. Questo fil rouge teso tra Italia e Francia porterà il Nostro a spostarsi ripetutamente a Parigi e in Costa Azzurra, dove entra in contatto con Annette Troisier de Diaz, pronipote di Demosthene Ollivier e depositaria di un archivio privato che raccoglie le carte della famiglia Ollivier. La consacrazione di Leonardo La Puma come studioso di rango internazionale sarà certificata dalla partecipazione al convegno parigino organizzato dall’École des Hautes Études nel 1986 sui socialismi francesi, dove presenterà una ricerca su Socialisme et Republique dans ‘L’Homme’. I primi frutti di questo intenso decennio di studi e ricerche si concretizzeranno nella pubblicazione di alcune monografie e numerosi saggi, articoli e recensioni su riviste italiane ed internazionali2. 2

Giusto per citare le più importanti, si ricordano: Idee, istinti e pugni, note sul Futurismo, in Aa.Vv.,

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Nota biografica

I decani della disciplina si accorgono quasi subito di questo giovane studioso salentino che dimostra una vivacità intellettuale e una profondità di pensiero non comuni. Giuseppe Roggerone lo invita a prendere contatto con Franco Della Peruta per le sue ricerche su Leroux e Mazzini. Il decano della storia del Risorgimento italiano segue con attenzione la stesura del volume dedicato ai due pensatori democratici e, riconoscendone le indubbie qualità, ne propone l’edizione presso una casa editrice di rilevanza nazionale. Così, nel 1984, sarà FrancoAngeli a pubblicare Il socialismo sconfitto, saggio sul pensiero politico di P. Leroux e G. Mazzini, che consentirà a La Puma di collocarsi in una posizione di prestigio tra gli studiosi della storia del pensiero politico europeo. Nello stesso anno, il Nostro partecipa ai giudizi d’idoneità per l’inquadramento nel ruolo dei ricercatori universitari confermati per il gruppo disciplinare n. 52 della Facoltà di Magistero dell’Università degli Studi di Lecce. La commissione, composta da Armando Rigobello, Paolo Lucentini e Giuseppe Roggerone, certifica le capacità del candidato prendendo atto dell’attitudine e della metodologia messa in mostra nelle prime produzioni scientifiche di rilievo ed esprime all’unanimità un giudizio di idoneità per il ruolo di ricercatore. Sarà sempre Della Peruta poi il tramite per un altro incontro che avrà un impatto fondamentale per il Nostro, sia a livello accademico sia a livello umano: quello con Luciano Russi. Come spesso accade, il primo incontro tra i due non è dei migliori: allo studioso di Pisacane non piace l’approccio troppo filosofico che La Puma ha adottato nel suo primo lavoro sul martire di Sapri. Ma i rilievi critici di Russi spronano il Nostro a migliorare ed affinare le sue ricerche pisacaniane, al punto che, a venti anni di distanza (con lo sviluppo di una stima reciproca e di un’amicizia che travalica l’ambito accademico) sarà proprio Russi a spingere per la pubblicazione per i tipi di Giappichelli del nuovo Pisacane di La Puma. Per descrivere la complessità e la ricchezza del rapporto Russi-La Puma sarebbero necessarie centinaia di pagine. Qui, per economia di spazio, si intende ricordare solo un fatto significativo che lascia intendere chiaramente quale sia stato il livello di questa collaborazione: il primo a succedere alla presidenza del Centro Studi “Pisacane” di Sapri, dopo la prematura scomparsa di Luciano Russi (2009), è stato proprio Leonardo La Puma, Novecento minore, Messapica, Lecce 1977; Umanesimo e Marxismo in Vittorini e il ‘Politecnico’, in AA. VV., La mediazione culturale, Milella, Lecce 1980; Affinità e convergenze nella formazione ideale di P. Leroux e G. Mazzini, in «Quaderno Filosofico», n. 4, 1980; Le idee di F. Balbo, in «Studi Storici», n. 1, 1981; L’opera di Charles Péguy, in «Studi Storici», n. 1, 1981; L’Affaire Dreyfus dans la presse salentine, in AA.VV., Les écrivains et l’Affaire Dreyfus, Puf, Paris 1983; Due lettere inedite di Lamennais e Mazzini, in «Note su socialismo e cristianesimo», n. 1, 1981; Leggere “Esprit” cinquant’anni dopo, in «Appunti di cultura e politica», n. 6, 1983; La religione Mazziniana, in «Asce», nn. 3-4, 1983; Leggere “Esprit” cinquant’anni dopo, in «Quaderni sardi di Filosofia e Scienze Umane», n. 11-12, 1982-83 (1984); P. Leroux, Libertà, uguaglianza, comunione, a cura di A. Prontera e L. La Puma, Milella, Lecce 1984; Il contro socialismo di C. Péguy, in C. Péguy, La città armoniosa, a cura di L. La Puma, Milella, Lecce 1984; Lamennais e D. Ollivier, in Aa. Vv., Lammenais e noi, Milella, Lecce 1986; Inediti lerouxiani, in «Note», nn. 11-12, 1986; Socialismo e Repubblica ne “L’Homme”, in «Trimestre», nn.3-4, 1986; G. Ferrari dall’eclettismo al socialismo, in G. Ferrari, I filosofi salariati, a cura di L. La Puma, Milella, Lecce 1988; P. Leroux: dal giacobinismo al socialismo democratico, in AA. VV., Modelli nella Storia del pensiero politico, Olschki, Firenze 1989.

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Massimo Ciullo

indicato all’unanimità quale suo naturale erede da tutti i componenti del sodalizio, fondato dal rettore dell’Università di Teramo nel 1995. Nel triennio 1990-1993, La Puma dirige la rivista «Note», organo del “Centro studi e documentazione Ch. Péguy” del Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Lecce e, fin dalla sua fondazione, membro del Direttivo scientifico del “Centro interuniversitario di Storia del Pensiero e delle istituzioni rappresentative”, con sede presso l’Università degli Studi di Perugia. Durante gli anni Novanta, La Puma allarga la sua ricerca sul socialismo e sulla democrazia risorgimentali, portando avanti l’indagine sul pensiero politico del 1848 italiano e francese, con studi su Giuseppe Ferrari, su Mazzini e sull’ambiente dell’emigrazione politica all’indomani del fallimento della Rivoluzione di Febbraio, nella prospettiva di analizzare il dibattito ideologico che si sviluppa in Europa, soprattutto tra gli intellettuali in esilio, negli anni 1849-1859. Contemporaneamente apre un nuovo filone di ricerca dedicato al pensiero politico meridionale che mira a mettere in evidenza il contributo di pensatori noti e meno noti nel dibattito politico-culturale italiano. Su questo versante sviluppa progetti editoriali e di ricerca, con interventi sulla presenza di Machiavelli nella cultura politica meridionale e con una ricerca ad ampio raggio su Vincenzo Russo. Ma i lavori più apprezzati di questo decennio riguardano certamente gli studi sul federalismo nella cultura politica meridionale, a cui sarà dedicato un convegno nel 1998 all’Università degli Studi di Lecce, che riunisce, su impulso di La Puma, i maggiori studiosi italiani su un argomento che occupa gran parte del dibattito politico di quegli anni. Nel 1999 partecipa al concorso per professore associato in Storia delle Dottrine Politiche, bandito dall’Università del Salento. Al termine della valutazione comparativa viene dichiarato vincitore e nominato il 25 febbraio del 2000. Quattro anni dopo affronta la prova per l’ordinariato, partecipando a un concorso bandito dal Sant’Orsola Benincasa di Napoli. Anche in questo caso i giudizi della commissione sono estremamente lusinghieri, riconoscendo un percorso di studi e ricerche di assoluto livello. Nel 2005, la sua università lo chiama come titolare della cattedra di Storia delle Dottrine Politiche nella Facoltà di Scienze della Formazione. Nello stesso anno, con Decreto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali è chiamato a far parte del “Comitato Nazionale per le celebrazioni del bicentenario della nascita di Giuseppe Mazzini”. La stessa cosa accade l’anno successivo per le celebrazioni dedicate al bicentenario della nascita di Giuseppe Garibaldi. Ai due giganti del Risorgimento italiano saranno dedicate le sue ultime fatiche di maggior rilievo. Con la benedizione di Salvo Mastellone, nel 2008 per Olschki esce il volume dedicato al genovese (Mazzini, Democratico e riformista europeo), seguito nel 2012 dal testo sul Nizzardo (Garibaldi, Le idee politiche). Il suo ultimo impegno nell’ateneo salentino lo svolgerà come Direttore del Dipartimento di Scienze Pedagogiche, Psicologiche e Didattiche, scelto all’unanimità dai suoi colleghi in un momento di particolare criticità per l’università italiana alle prese con l’ennesima riforma (Gelmini 2010). Nel 2013 il Nostro decide di lasciare l’università e andare in pensione.

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Pubblicazioni

Carlo Pisacane. Dall’illuminismo al socialismo, Messapica, Lecce 1976. “Idee, istinti e pugni”. Note sul futurismo, in Aa. Vv., Novecento minore, Milella, Lecce 1977, pp. 15-47. Umanesimo e marxismo in Vittorini e il ‘Politecnico’, in Aa. Vv., La mediazione culturale, Milella, Lecce 1980, pp. 143-86. Affinità e convergenze nella formazione ideale di P. Leroux e G. Mazzini, in «Quaderno filosofico», n. 4, 1980, pp. 129-153. Due lettere inedite di Lamennais e Mazzini, in «Note», n. 1, 1981, pp. 25-29. Sette lettere inedite di P. Leroux, in «Note», n. 2-3, 1982, pp. 13-26. Leggere “Esprit” cinquant’anni dopo, in «Quaderni sardi di filosofia e scienze umane», 1982-1983, n. 11-12, pp. 101-103. L‘affaire Dreyfus dans la presse salentine, in Aa. Vv., Les écrivains et l’Affaire Dreyfus, PUF, Paris 1983, pp. 47-55. Jules Leroux a D. Ollivier sul socialismo, in «Note», n. 6-7, 1983-1984, pp. 25-32. Il socialismo sconfitto. Saggio sul pensiero politico di P. Leroux e G. Mazzini, FrancoAngeli, Milano 1984. Il controsocialismo di Ch. Péguy, Introduzione a Ch. Péguy, La città armoniosa, a cura di L. La Puma, Milella, Lecce 1984, pp. 9-36. Lamennais e D. Ollivier, in Aa. Vv., Lamennais e noi, Milella, Lecce 1986, pp. 183-199. Inediti lerouxiani, in «Note», n. 11-12, 1986, pp. 31-45. Socialismo e repubblica ne ‘L’Homme’, in «Trimestre», n. 3-4, 1986, pp. 179-205. Negativo e positivo nell‘ultimo Capograssi, in «Quaderni sardi di filosofia e scienze umane», n. 15-16, 1986-87, pp. 89-95. Gli intellettuali e la guerra di Spagna, a cura di L. La Puma, Milella, Lecce 1988. G. Ferrari: dall‘eclettismo al socialismo, Introduzione a G. Ferrari, I filosofi salariati, a cura di L. La Puma, Milella, Lecce 1988, pp. 9-25. 13


Pietro Siciliani e il socialismo, in Aa. Vv., Rileggere Siciliani, Capone Editore, Cavallino di Lecce 1988, pp. 229-242. Contro le egemonie. Etica e politica tra Ottocento e Novecento, Capone Editore, Cavallino di Lecce 1988, pp. 174, nuova ed. Name, Genova 2004. Recensione a M. Forcina, I diritti dell’esistente. La filosofia della “Encyclopédie nouvelle” (1833-1847), Milella, Lecce 1987, in «Il Pensiero politico», 1988, n. 1. P. Leroux: dal giacobinismo al socialismo democratico, in Aa. Vv., Modelli nella storia del pensiero politico, Olschki, Firenze 1989, pp. 355-377. Cabet e Leroux, in «Note», n. 17-18, 1989, pp. 63-71. Recensione a G. Invitto, Felice Balbo. Il superamento delle ideologie, Edizioni Studium, Roma 1988, in «Il Pensiero politico», 1989, n. 1. Recensione a M. Hess, Filosofia e socialismo. Scritti 1841-1845, a cura di G.B. Vaccaro, Milella, Lecce 1988, in «Il Pensiero politico», 1989, n. 1. Progetti e bisogni. Contributo all‘epistolario di Pierre Leroux, CET, Firenze 1990. Sur les traces de Péguy en Italie: hypothèses de recherche, in Aa. Vv., La réception de Péguy en France et à l‘étranger, Centre Ch. Péguy, Orléans 1991, pp. 1-10. Il giacobinismo nel Salento, in Aa. Vv., Idee e parole nel giacobinismo italiano, CET, Firenze 1991, pp. 135-151. La valenza politica dell‘idea di associazione in Mazzini, in Aa. Vv., Democrazia e associazionismo nel XIX secolo, CET, Firenze 1991, pp. 75-95. Luigi Pianciani e ‘L‘Homme’, in Aa. Vv., Luigi Pianciani tra riforme e rivoluzione, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1992, pp. 211-239. Pierre Leroux e la nozione di socialismo. Problemi semantici e ideologici, in AA. VV., I linguaggi politici delle rivoluzioni in Europa XVII-XIX secolo, a cura di E. Pii, Olschki, Firenze 1992, pp. 425-438. Péguy pluralista, Pergola Monsavium, Paris-Lecce 1992. Voce «Fraternità», in Aa. Vv., Dizionario delle idee politiche, Editrice Ave, Roma 1993, pp. 345-348. Democrazia e rivoluzione nel pensiero politico di Carlo Pisacane, in «Idee», n. 22, 1993, pp. 43-66. Dreyfus et l‘Italie, in Aa. Vv., L‘opinion publique et l‘affaire Dreyfus en France et à l‘étranger, Presses Univ. de Rennes, Rennes 1995, pp. 149-160.

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Pubblicazioni

Il pensiero politico di Carlo Pisacane, Giappichelli, Torino 1995. Dreyfus/Zola e la stampa italiana tra ideologia e politica, Pergola Monsavium, Paris-Lecce 1996. Democrazia e socialismo tra diaspora ed esilio. Il dibattito politico in Europa dopo il 1848, Lacaita, Manduria-Roma 1998. Il federalismo, in «Studi e ricerche», n. 1, 1998, pp. 127-135. La lettura di Machiavelli a Napoli tra illuminismo e rivoluzione giacobina: Filangieri, Pagano, Russo, in Aa. Vv., Machiavelli e la cultura politica del meridione d’Italia, Archivio della Ragion di Stato, Napoli 2001, pp. 144-155. Repubblicanesimo e federalismo in Giovanni Bovio, in Aa. Vv., Il federalismo nella cultura politica meridionale, Premessa e a cura di L. La Puma, Lacaita, Manduria-Roma 2002, pp. 75-94. Introduzione (pp. V-CXIV) a F.A. Astore, Catechismo repubblicano, Lacaita, Manduria-Roma 2003. Pierre Leroux e Giuseppe Mazzini. Dal sansimonismo alla democrazia rappresentativa, in Aa. Vv., Mazzini e gli scrittori politici europei (1837-1857), a cura di S. Mastellone, CET, Firenze 2005, t. II, pp. 517-531. Mazzini e la tradizione democratica del riformismo, in Aa. Vv., Giuseppe Mazzini. La vittoria della democrazia, Giornalisti Editori (suppl. al n. 6-7 di «Critica sociale»), Milano 2007, pp. 73-82. Associazione, Progresso, Democrazia sociale in G. Mazzini, in «Critica sociale», 2005, n. 8, pp. 82-86. Federalismo e sviluppo locale (con M. Ciullo), in Aa. Vv., Percorsi innovativi nella Pubblica Amministrazione del Salento, Pensa Multimedia, Lecce 2005, pp. 25-35. Unità nazionale, democrazia e libertà in Alberto Mario, in AA. VV., Popolo, nazione e democrazia tra Ottocento e Novecento, a cura di G. Manganaro Favaretto, Edizioni Università di Trieste, Trieste 2005, pp. 51-61. La teoria della solidarietà in Pierre Leroux, in Aa. Vv., De Amicizia. Scritti dedicati a Arturo Colombo, a cura di G. Angelini e M. Tesoro, FrancoAngeli, Milano 2006, pp. 127-139. Alle origini del socialismo. Il settimanale napoletano “Libertà e giustizia”, in Aa. Vv., Città e pensiero politico dal Risorgimento alla Repubblica, a cura di R. Ghiringhelli, Vita e Pensiero, Milano 2006.

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Socialismo e libertà, Lares, Lecce 2007. Il federalismo comunalista di Pisacane, in Aa. Vv., Religione e rivoluzione nel Mezzogiorno preunitario: Carlo Pisacane, Luigi Pellegrini editore, Cosenza 2007, pp. 109-120. Giuseppe Mazzini democratico e riformista europeo, Olschki, Firenze 2008. I socialisti e la guerra da Carlo Pisacane ad Andrea Costa, in Aa. Vv., Le sinistre italiane tra pace e guerra (1840-1940), FrancoAngeli, Milano 2008, pp. 11-34. Il Péguy di Angelo Prontera, in Aa. Vv., Un poète l’a dit. Péguy di fronte alla contemporaneità, Milella, Lecce 2009, pp. 329-339. Giuseppe A. Roggerone, in Aa. Vv., Vetus et nova. Cinquant’anni di Magistero e Scienze della formazione nell’Università Salentina, TorGraf, Galatina 2009, pp. 273-277. Giuseppe Garibaldi, la France et l’union dés peuples européens, in «Revue Fraçaise d’Histoire des Idées Politiques», 2009, n. 30, pp. 277-298. Pisacane, Herzen e Garibaldi, in Garibaldi nel pensiero politico europeo. Atti del convegno di studi nel Bicentenario della nascita di Giuseppe Garibaldi (Genova 20-22 settembre 2007), a cura di A.M. Lazzarino del Grosso, CET, Firenze 2010, pp. 195-211. Antynomie polityki Giuseppe Garibaldiego, in Aa. Vv., Antynomie polityki, a cura di D. Stasi e M. Bosak, Rzeszòw 2010, pp. 87-95. Studi sul pensiero politico meridionale, Amaltea, Melpignano 2012. Giuseppe Garibaldi. Le idee politiche, Amaltea, Melpignano 2012. Prefazione a Pensiero politico e genere dall’Ottocento al Novecento, a cura di F. Taricone e R. Bufano, Amaltea, Melpignano 2012, pp. 5-10. Pisacane. Proudhon e il comunalismo italiano, in Pensiero critico ed economia politica nel XIX secolo: da Saint-Simon a Proudhon, a cura di V. Gioia, S. Noto, A. Sánchez Hormingo, il Mulino, Bologna 2015, pp. 261-274.

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Vitantonio Gioia

Prefazione C’è sempre un po’ di emozione (e, nel mio caso, un po’ di rimpianto), quando si scrive una breve presentazione per un volume, in cui si raccolgono scritti in omaggio di un collega e amico che, per più di tre decenni, ha svolto la sua attività scientifica e didattica nell’Ateneo salentino. Prendendo tra le mani molti dei suoi contributi scientifici, ci si torna a immergere in situazioni che si sono vissute in un giovane Ateneo meridionale in una fase in cui il fervore degli studi e l’avvio di nuovi orientamenti di ricerca si intrecciava con l’aspirazione ad accreditarsi sul piano nazionale e internazionale. C’era un senso di profondo rispetto, di curiosa aspettativa e di operosa partecipazione per ciò che maturava in quegli anni, grazie al lavoro scientifico di studiosi giovani e meno giovani. Gli accesi dibattiti, che si sviluppavano in un clima di fervida cooperazione scientifica, erano animati dalla profonda convinzione che il lavoro individuale dovesse costituire parte di un progetto collettivo, finalizzato alla valorizzazione delle risorse intellettuali di cui disponevamo. Era un clima di intensa cooperazione scientifica, con colleghi della nostra e di altre università, che si imponeva anche al di là delle differenze disciplinari, sviluppandosi in forme e modalità che, probabilmente, le nuove generazioni di studiosi non conosceranno. Essi, infatti, presi nella morsa del publish or perish, con particolare predilezione per temi mainstream (più pubblicabili dalle riviste e dalle case editrici) non riescono talvolta a percepire la rilevanza scientifica delle relazioni che si possono sviluppare all’interno di contesti di lavoro collegiali, anche (e, direi, soprattutto) tra studiosi di diverse discipline. Da tali confronti, che certo richiedono un po’ più di tempo per far maturare nuove ipotesi di lavoro, possono emergere originali prospettive analitiche, la proficuità epistemologica di problemi trascurati (anche se attraversano ampi settori delle scienze sociali), i tentativi di cimentarsi con nuovi orientamenti metodologici o di rivedere – mettendole in discussione – le interpretazioni di fenomeni e temi della realtà sociale ormai incasellati (e, direi, imbalsamati) in visioni tradizionali. Poi, ovviamente, i nuovi problemi e le ipotesi di lavoro da essi scaturite devono essere affrontati con gli strumenti propri di ogni disciplina, a partire dai peculiari caratteri dei propri statuti epistemologici. Proprio questo contesto di cooperazione scientifica nutriva le ricerche individuali, creando un ambiente favorevole al loro sviluppo. Basti guardare ai tanti temi su cui Leonardo La Puma ha indagato con successo nel corso degli anni e al modo in cui egli non solo ha dato contributi significativi in riferimento ad essi, ma anche al suo sforzo (riuscito) di costruire un ambiente internazionale (soprattutto con gli studiosi francesi) che consentisse un ampio dibattito e una fruttuosa circolazione delle idee. Sono temi che, per la loro peculiarità e per la loro intrinseca apertura interdisciplinare, oggi sarebbero guardati con un certo sospetto: il pensiero utopico fran-

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cese, il rapporto tra socialismo e democrazia, Giuseppe Mazzini, Carlo Pisacane, Giuseppe Garibaldi, il giacobinismo italiano e meridionale, Pierre-Joseph Proudhon e, soprattutto, il pensiero di Pierre Leroux. Sono temi che derivano da una lunga e appassionata riflessione sia su filoni importanti della cultura politica nazionale, che su momenti salienti delle analisi dei teorici socialisti francesi sui processi di individualizzazione, come elemento strutturale della società moderna, e sulla funzione della politica come momento di catalizzazione e orientamento dei processi evolutivi di trasformazione sociale. Non c’è dubbio che La Puma sia stato uno degli studiosi che ha contribuito alla diffusione nel nostro paese del pensiero di Leroux e non c’è dubbio che egli, attraverso la rivisitazione, di alcuni impegnativi e vivaci dibattiti della prima metà dell’Ottocento, abbia saputo ricostruire in maniera analiticamente dettagliata sia il senso dei mutamenti filosofici intervenuti nel pensiero ottocentesco, nel contesto delle rapide trasformazioni economiche e sociali della società borghese, sia la persistenza di alcuni elementi fondamentali, che ancora innervano la moderna cultura democratica. Alludevo, all’inizio, a un certo rimpianto personale che si collega alle nostre diverse vicende accademiche. Nel periodo in cui ho insegnato nell’Università di Macerata, in collaborazione con alcuni colleghi spagnoli e francesi, ho avviato una pluriennale riflessione sul rapporto tra pensiero utopico ed economia politica classica. Ero convinto, e i risultati della ricerca lo hanno ampiamente confermato, che l’evoluzione del pensiero proto-socialista e socialista, che si sviluppò tra l’ultimo quarto del XVIII secolo e la prima metà del XIX secolo, fosse maturata non solo attraverso la contrapposizione con i teorici dell’economia politica classica (come emerge in superficie), ma anche attraverso un lungo e impegnativo confronto con essi. La ricostruzione di questo confronto ha fatto emergere una serie di analisi del capitalismo che evidenziano un quadro più ricco e articolato di quanto si sia spesso immaginato. Al di sotto della superficie, fatta di polemiche e contrapposizioni, si constata il sedimentarsi di profonde convergenze su alcuni elementi strutturali della società che essi indagavano. Insomma, da diversi punti di vista e con approcci analitici non coincidenti, i rappresentati del pensiero critico (come noi abbiamo voluto chiamare i teorici de pensiero utopico) e quelli dell’economia politica complicano il loro oggetto di ricerca, con riferimento alla continuità dei loro scambi. Se il problema è quello di spiegare la realtà, certamente il confronto tra pensatori utopici ed economisti ha svolto un ruolo importante nella costruzione di un ponte tra sistemi teorici e universi reali. Ci sarà qualche ragione, credo, se J. Stuart Mill, il grande sistematizzatore ottocentesco dell’economia politica classica, nei suoi Principi di Economia Politica si considera molto debitore nei riguardi di Saint Simon e di Charles Fourier, sottolineando: «le due forme elaborate di socialismo non comunistico note sotto i nomi di Sansimonismo e di Furierismo sono del tutto esenti dalle obiezioni usualmente opposte al comunismo; e sebbene a loro volta esse prestino il fianco

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Prefazione

ad obiezioni ad esse specifiche, tuttavia, per l’alto livello intellettuale che sotto molti aspetti le contraddistingue, e per la larga e filosofica trattazione di alcuni dei problemi fondamentali di natura sociale e morale, esse a buon diritto possono essere annoverate fra le produzioni più cospicue di ogni epoca»1.

Rintracciare gli elementi duraturi dell’analisi di questi pensatori sul piano della scienza politica ha caratterizzato l’intera produzione scientifica di La Puma e questo era anche l’intento della ricerca che abbiamo avviato, a partire dal 2005 in collaborazione tra Italia, Spagna e Francia, con particolare riferimento all’analisi economico-sociologica. Alla fine, siamo riusciti a ricomporre ipotesi di lavoro che si sarebbero potute sviluppare insieme. Infatti, nel volume dal titolo Pensiero critico ed economia politica nel XIX secolo: da Saint-Simon a Proudhon, pubblicato dal Mulino alla fine del 2015, tra i contributi degli studiosi italiani, si potrà apprezzare anche quello di La Puma, Pisacane, Proudhon e il comunalismo italiano2. Approfitto di questa occasione, per ringraziarlo ancora della sua generosa disponibilità.

J.S. Mill, Principles of Political Economy, Longmans, Green, and Co., London 1909; tr. it. a cura di A. Campolongo, Principi di economia politica, Utet, Torino 1962, p. 207. 2 L. La Puma, Pisacane, Proudhon e il comunalismo italiano, il Mulino, Bologna 2015, pp. 261-274. 1

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Rossella Bufano Introduzione Il buon governo e i governati, diritti e Risorgimento delle nazioni, cittadinanza di genere Sommario: 1. Il buon governo e i governati. Dalla ragion di Stato alle autonomie locali – 2. Dall’illuminismo al Risorgimento delle nazioni: diritti, identità nazionale ed europea, democrazia – 3. La cittadinanza di genere. Partecipazione politica femminile e rivendicazione dei diritti

Quando è nata l’idea di realizzare questo progetto editoriale in onore di Leonardo La Puma, ordinario di Storia delle dottrine politiche presso l’Università del Salento, sono stati coinvolti suoi colleghi dell’Ateneo salentino e di vari Atenei italiani, con i quali lo studioso ha costruito negli anni un sodalizio scientifico e d’amicizia, condividendone spesso temi o ambiti di ricerca. Sono stati coinvolti anche suoi allievi e giovani ricercatori per i quali i suoi studi sono stati un punto di riferimento nel corso della loro formazione e successiva produzione. In conformità alla personalità di La Puma, si è ritenuto opportuno lasciare piena libertà nella scelta degli argomenti da trattare. Ne è conseguito questo volume ricco di contributi e di grande pregio per gli insigni studiosi che vi hanno partecipato e per le questioni affrontate. Un volume che offre un panorama della storia del pensiero politico e della storia politica nazionale, europea e internazionale, dal Cinquecento agli anni più recenti, attraverso l’analisi di dibattiti e di pensatori (e pensatrici) che spesso sono anche protagonisti della vita politica del proprio tempo. Le principali categorie emerse sono quelle che hanno dato vita al titolo: Stato, nazione, cittadinanza. Tutti hanno omaggiato La Puma scegliendo periodi storici, autori, temi o nodi storiografici che direttamente o indirettamente richiamano i suoi interessi scientifici. I quali annoverano principalmente: il socialismo francese con particolare attenzione a Charles Péguy e Pierre Leroux, il dibattito europeo degli anni 1849-1859 che si sviluppa soprattutto tra gli intellettuali in esilio, il pensiero politico democratico risorgimentale, specialmente di Carlo Pisacane, Giuseppe Ferrari, Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi, l’associazionismo, il liberalismo, il comunalismo di Pisacane e Pierre-Joseph Proudhon, il federalismo nella cultura politica meridionale, l’illluminismo e il giacobinismo meridionale, l’influenza di Machiavelli sul pensiero politico meridionale, il pensiero politico di Francesco Antonio Astore, Giovanni Bovio, Pietro Siciliani1. C’è anche chi, come Adolfo Noto, ne ha fatto esplicito oggetto di riflessione nel saggio dedicato a Pisacane. Alcuni testi relativi a questi studi verranno indicati nelle prossime pagine, ma per la biografia intellettuale di Leonardo La Puma si rinvia a M. Ciullo, Nota biografia, in questo volume (d’ora innanzi infra), pp. 9-12 e per la produzione scientifica alla seguente Bibliografia, infra, pp. 13-16. 1

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La varietà dei contributi ha reso necessario individuare un comun denominatore che consentisse di organizzare il testo. La loro ricchezza ha reso possibile raggrupparli in tre distinte sezioni riconducibili ai temi del governo e dei governati per la prima sezione, dell’illuminismo e del risorgimento delle nazioni per la seconda, della cittadinanza di genere per la terza. L’ordine dei contributi per ciascuna sezione segue quello cronologico del periodo storico in cui si collocano gli autori o gli argomenti esaminati nei saggi.

1. Il buon governo e i governati. Dalla ragion di Stato alle autonomie locali Il buon governo e i governati sono categorie che possono essere analizzate in ogni periodo storico e attraverso varie correnti ed espressioni di pensiero, proprio per questo hanno rappresentato la scelta più indicata per denominare questa sezione che raccoglie contributi che afferiscono ai secoli XVI, XVII e XVIII per poi fare un salto nel Novecento e che trattano argomenti che vanno dal machiavellismo (Silvio Suppa) e la ragion di Stato (Gianfranco Borrelli), al Trimmer inglese (Alessandro Arienzo) e la precettista del principe (Sandro Ciurlia), alle autonomie locali (Nicola Antonetti) e i diritti garantiti dal welfare (Gianpasquale Preite), ivi compresi un saggio sulla satira politica de «Il Travaso delle idee» (Giovanni Invitto) e la pedagogia di comunità (Salvatore Colazzo) che hanno dunque per soggetto-oggetto i governati. Borrelli2 nel saggio Machiavelli e la ragion di Stato: segnare con cura le differenze, descrive, come già il titolo ben chiarisce, le differenze esistenti tra le teorie della ragion di Stato e il pensiero di Machiavelli, attraverso una ricostruzione storica e concettuale della ragion di Stato a partire dalla fine del Cinquecento e passando per Botero e il laboratorio italiano (dalla civil conversazione a Zinano, Chiaramonti, Ammirato e gli altri) e una comparazione tra le prime e il secondo. Già con la stagione di studi degli inizi degli anni Novanta la ragion di Stato non viene più interpretata principalmente come prevalente esercizio della forza, come normale ricorso al segreto e alla deroga, superando i limiti della letteratura critica che collegava in modo diretto le novità introdotte dagli scrittori della ragion di Stato alle teorie di Machiavelli. La ragion di Stato, dunque, viene studiata come l’insieme delle pratiche e delle scritture che «trattano di un’arte del governo rivolta alla produzione dinamica di conservazione politica, improntata più alla razionalità che al buon governo», che supportano «l’inedito artificio dello Stato moderno per vie diverse che vedono interagire nuovi saperi governamentali, procedure diplomaticomilitari, pratiche disciplinari in grado di produrre un efficace rapporto di comandoLa ragion di Stato e Machiavelli sono tra i temi prevalenti degli studi di Borrelli, a cui ha dedicato monografie e numerosi saggi. Sul tema della ragion di Stato si ricordano in questa sede le principali monografie: Ragion di Stato e Leviatano. Conservazione e scambio alle origini della modernità politica, il Mulino, Bologna 1993; Non far novità. Alle radici della cultura italiana della conservazione politica, Bibliopolis, Napoli 2000; Machiavelli e la ragion di stato. L’ultimo laboratorio politico nella storia d’Italia, Cronopio, Napoli 2014. 2

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obbedienza»3. Attraverso il confronto tra Machiavelli e la ragion di Stato, privilegiando i piani dei tempi della politica, dei conflitti e del ripigliar lo stato, Borrelli illustra come dal vivere politico di Machiavelli si passa alla scienza politica della modernità: cioè gestione amministrativa della popolazione, partecipazione diretta del principe alla formazione di saperi-professioni-ideologie, controllo della devozione religiosa. Arienzo nel saggio This innocent word: il Trimmer tra moderazione e opportunismo, ricostruendo l’affermarsi della figura del Trimmer negli anni precedenti la Gloriosa Rivoluzione, delinea alcuni elementi interpretativi del moderatismo e dell’opportunismo di George Savile, autore del libello The Character of a Trimmer. His opinion, pubblicato anonimo nel 1688, che si propone di fare opera di moderazione tra tory e whig, tra anglicani e dissenzienti. Trimmer letteralmente significa colui che conduce una nave o un carro e il suo corrispondente verbo, to trim, fa riferimento all’arte della navigazione. In contrapposizione a una tradizionale rappresentazione opportunistica del Trimmer, che trama per i propri interessi fingendosi saggio e moderato, Savile propone l’immagine nautica del bilanciamento, per cui il Trimmer è colui che impedisce che la barca si inclini da un lato o dall’altro salvando i passeggeri. Ma, avverte Arienzo, a una attenta lettura, il Character più che avanzare la richiesta di moderazione politica, istituzionale e religiosa, propone una linea politica anticattolica e antifrancese ben definita. Tant’è che il Trimmer sarà rappresentativo della biografia intellettuale e politica dello stesso autore: figura ambigua il cui operato sarà variamente interpretato come pragmatismo moderato e conservatore oppure come cinico opportunismo. Il trimming saviliano, in realtà, conclude Arienzo, ha un duplice volto, rappresenta la medietà e la moderazione politiche e il bilanciamento istituzionale, ma anche una sorta di machiavellismo inteso come l’esercizio di una discrezione politica tesa a coniugare l’azione alle circostanze. Suppa nel saggio Machiavellismo e platonismo a Napoli fra Seicento e Settecento, partendo dalla lezione di De Mattei4, illustra l’influenza Machiavelli-Platone nel contesto napoletano di fine XVII secolo, contraddistinto dal peso decisivo del rapporto fra pratiche e teorie del governo5. La combinazione dei due pensatori, apparentemente eterogenea, è mediata dal patrimonio del razionalismo cartesiano, nesso mente-ragione, in un ambiente culturale in sottile polemica con le filosofie dello scientismo. Vanno distinti due momenti rispetto al pensiero politico, non nettamente separabili, a seconda del ruolo che tale combinazione assume. Un primo momento in cui prevale l’esigenza di approfondire i nessi tra tecnica e politica, per rivelare la corrispondenza tra il ruolo del principe e le potenzialità dello Stato, con il prevalere di un machiavellismo della determinazione nell’iniziativa e nell’impiego della forza e delle armi. Un nuovo momento della cultura civile napoletana si connota per un progressivo distacco dalla pratica contingente, che tuttavia non è negata, e si G. Borrelli, Machiavelli e la ragion di Stato: segnare con cura le differenze, infra, p. 52. R. De Mattei, Il pensiero politico italiano nell’età della controriforma, Ricciardi Editore, MilanoNapoli 1982. 5 Sull’argomento si rinvia anche al volume curato da S. Suppa, Tacito e tacitismi in Italia da Machiavelli a Vico, Quaderno 3 di «Archivio della Ragion di Stato», Napoli 2003. 3 4

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rintraccia nell’opera di Paolo Mattia Doria, che rifiutando la componente sensistica del pensiero inglese e recuperando l’elaborazione filosofica, scrive tra le altre opere Il capitano filosofo (1739), connubio tra speculazione e machiavellismo. L’incontro tra politica e Platone si ritrovano anche in Vincenzo Cuoco e Mario Pagano, dei quali Suppa descrive ciò che egli definisce, il platonismo rivoluzionario del primo e il repubblicanesimo impossibile del secondo. L’influenza di Machiavelli nel pensiero politico meridionale, come già ricordato, rappresenta uno dei temi affrontati anche da La Puma. Nel saggio La lettura di Machiavelli a Napoli tra illuminismo e giacobinismo: Filangieri, Pagano, Russo6 egli analizza il modo in cui gli intellettuali meridionali recepiscono il Fiorentino. Se per Filangieri, di fronte alla filosofia della perfettibilità umana, Machiavelli è un teorico della conservazione del potere a ogni costo, certamente brillante, ma un teorico della insormontabile realtà effettuale (La Puma rileva la suggestione di Doria, trattato da Suppa, che come si è detto persegue la sintesi di filosofia e politica, che al pari di Filangieri non può condividere la riduzione della politica a tecnica del potere tout court), per Cuoco Machiavelli è il più grande de’ politici e ne sposa in pieno la miscela di utilitarismo e di pessimismo antropologico, sostenendo che le costituzioni si debbono fare per gli uomini quali sono e quali eternamente saranno, pieni di vizi, pieni di errori: motivo per cui critica il progetto costituzionale di Pagano, ritenuto astratto e destinato inevitabilmente a scontrarsi con la realtà effettuale delle cose e a soccombere. In realtà, secondo il Nostro, Pagano assume ragionevolmente una posizione intermedia tra il riformismo moderato e il radicalismo ultragiacobino, dimostrandosi in tal modo proprio un attento estimatore di Machiavelli. Russo, infine, cerca nel Fiorentino il teorico della rivoluzione e interpreta lo schema del ritorno ai principi come una vera e propria teoria della rivoluzione. La Puma ricorda la teoria del machiavellismo giacobino che, innervandosi sull’interpretazione tipicamente settecentesca del Machiavelli repubblicano, privilegia alcune delle tematiche avanzate dal Segretario fiorentino, quali, ad esempio, la critica del potere temporale della Chiesa e del suo porsi come ostacolo al processo di unificazione nazionale, la condanna delle fazioni, l’esaltazione delle milizie nazionali (Criscuolo7). In generale, per La Puma, i giacobini utilizzano il pensiero di Machiavelli quale codice dell’esperienza politica concreta, paradigma del realismo politico, guida per un possibile programma politico da realizzare nell’immediato. Continuando a illustrare i contributi pubblicati in questo volume, segue il saggio di Ciurlia, Buon governo e senso delle istituzioni: Leibniz e la precettistica del principe. Lo studioso ricorda che quello della precettistica del principe, ovvero la riflessione su cosa impartire al responsabile del potere politico, affinché sia in grado L. La Puma, La lettura di Machiavelli a Napoli tra illuminismo e rivoluzione giacobina: Filangieri, Pagano, Russo, in Aa. Vv., Machiavelli e la cultura politica del meridione d’Italia, Archivio della Ragion di Stato, Napoli 2001, pp. 144-155, ora anche in Studi sul pensiero politico meridionale, Amaltea, Melpignano 2012, pp. 7-47. 7 V. Criscuolo, Appunti sulla fortuna di Machiavelli nel periodo rivoluzionario, in «Critica storica», 1990. 6

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di conservare il potere e di esercitarlo con il dovuto rigore per il bene della collettività che governa, rappresenta uno dei grandi temi della storia del pensiero politico. Ma evidenzia l’originalità di Leibniz che non si limita a fornire una serie di consigli pratici su come gestire la potestas, bensì parte dai presupposti etici su cui si fonda l’arte di governo per individuare le sue funzioni in seno a una complessiva dinamica che coinvolge la regolamentazione della vita associata degli individui, la sfera del diritto pubblico e privato, l’economia, ma anche la natura del comportamento individuale, affinché il principe possa garantire ordine e prosperità. Alla base vi è il nesso etica-politica che connota, come ribadisce Ciurlia, tutto il pensiero giuridicopolitico di Leibniz8. Il principe incarna la giustizia, la verità e la carità, essendo stato insignito del suo compito da Dio, deve essere amato e stimato e deve rappresentare un modello di comportamento per il suo popolo. Soprattutto lo studioso dimostra come per il filosofo la politica sia un’arte insegnabile, tanto da sollecitare la creazione di specifiche accademie della politica con lo scopo di formare non solo il principe ma anche gli apparati dirigenti dello Stato che lo affiancheranno nell’esercizio delle sue funzioni. Invitto nel saggio La politica, la Chiesa, i personaggi e l’Italia nella satira laica de «Il Travaso delle idee»9 descrive la storia e i contenuti di un periodico che dal 1900 al 1966 bersaglia con la sua satira tutte le forme di potere della politica italiana, restituendoci un interessante affresco dell’Italia. Il filosofo sottopone al vaglio periodi storici (da Giolitti a Mussolini, il Fascismo e il post-fascismo), oggetti/soggetti della satira (accanto al potere politico e ai politici, la Chiesa e i pontefici, gli intellettuali) e personaggi fissi (Oronzo E. Marginati, Maria Tegami, Clara Tadatti, la vedova scaltra) del «Travaso». Nel periodo liberale diventano bersaglio eventi quali l’istituzione dell’indennità parlamentare e la scissione socialista, caratteristiche della vita parlamentare come il trasformismo, ma anche intellettuali famosi come Giovanni Papini. Durante il Fascismo l’atteggiamento varia a seconda della direzione della testata, con Guasta è palese la simpatia verso il regime, con Scarpelli si ammorbidisce la linea e gli strali sono indirizzati anche al comunismo. Ma sono oggetto di satira una serie di politiche fasciste da quella demografica al divieto di usare termini stranieri. Nel ’46 il giornale colpisce la nuova classe politica. Tra i personaggi fissi: Marginati (menzionato da Gramsci nei suoi scritti) è emblema del modesto impiegato statale e cittadino scontento, Maria Tegami (che nasce con la rubrica di Trilussa) rappresenta una donna dalla morale larga che, desiderando fare politica, si concede ai politici e che ha velleità letterarie inversamente proporzionali alla sua cultura, Clara Tadatti è la tipica donna di cui si serve il marito per fare carriera. Ciurlia ha scritto numerosi saggi e diverse monografie su Leibniz, qui si ricordano le monografie: Antonio Corsano e la filosofia analitica: il pensiero giovanile di Leibniz, Congedo Editore, Galatina 2002; Unitas in varietate. Ragione nominalistica e ragione ermeneutica in Leibniz, Congedo Editore, Galatina 2004; Diritto, Giustizia, Stato. Leibniz e la rifondazione etica della politica, Pensa MultiMedia, Lecce 2005; Varietas in unitate. Individualismo, scienza e politica nel pensiero di Leibniz, Publigrafic edizioni, Trepuzzi 2008. 9 Su «Il Travaso delle idee», sempre di Invitto, si veda La lanterna di Diogene e la lampada di Aladino. Filosofie film narrazioni, Mimeis, 2010. 8

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Antonetti nel saggio Regionalismi e Regioni nella cultura politica della Repubblica, riflette sulla difficoltà di esaminare il nostro modello regionale, nei suoi antecedenti culturali e politici e nelle sue attuali condizioni istituzionali, perché il giudizio storico sui caratteri (innovativi e non) del modello autonomistico10 fissato nella Costituzione repubblicana è condizionato e talora falsato dalla valutazione, quasi mai positiva, del rendimento e delle prestazioni offerte in oltre quarant’anni, compromettendo anche la capacità di rilevarne le potenzialità nei futuri processi istituzionali e politici. Antonetti ripercorre le origini, le novità e i limiti presenti nei progetti regionalistici dibattuti alla Costituente fino ai più recenti tentativi di riforma. Evidenzia come nei primi tre decenni del dopoguerra il modello europeo del Party Government declini in Italia nella formula della partitocrazia, i partiti delle maggioranze politiche determinano la strategia di sviluppo economico e la sua modalità di attuazione amministrativa. Una centralità che si conferma anche quando si istituiscono le Regioni. Il sistema regionale risente pure dell’immobilismo determinato dallo scontro tra due tendenze: una orientata ad attuare la Costituzione, un’altra a revisionarla. Con gli anni ’90 e Maastricht diventa necessario ridefinire i vari livelli di governance spinti dalla necessità di efficienza ma anche di accesso alle risorse dell’UE che vedono incrementare i rapporti tra questa e proprio le Regioni. Ma l’Italia, denuncia lo studioso, continua a sottovalutarne la rilevanza pratica (trascurando i mutamenti istituzionali dei paesi europei e l’interdipendenza economica globale) e valoriale (come organizzazione del potere legittima in senso weberiano). Il tema delle autonomie locali e del federalismo rappresenta uno di quelli più cari a La Puma che proprio al federalismo ha dedicato un convegno tenutosi presso l’Università degli studi di Lecce nel 1998 e che ha prodotto il volume Il Federalismo nella cultura politica meridionale11, il cui obiettivo è stato quello di ricostruire il dibattito intellettuale che ha animato l’Ottocento e il Novecento (Cattaneo, Ventura, Bovio, Colajanni, Salvemini, Dorso, Gramsci, Sturzo, Pullara). A fronte di un’analisi pre e post unitaria relegata a un indirizzo minoritario del pensiero politico ma di grande spessore progettuale, il Nostro lamenta il contemporaneo uso strumentale di un modello politico federalistico, da più parti riproposto «talvolta in forme improprie se non addirittura rozze»12. L’obiettivo dell’iniziativa culturale è stata quella di ricostruire un pensiero federalista meridionale che, pur non potendo essere considerato in modo avulso dal contesto delle elaborazioni dottrinali del resto d’Italia, si connota per delle peculiarità. La principale, nella critica all’accentramento piemontese, «è quella di sposare la forma di federalismo ‘infranazionale’, con caratteri marcatamente regionalistici e municipalisti – oggi tornati al centro dell’attenzione Sulle autonomie e l’istituzione delle Regioni si rinvia per lo stesso autore al volume da lui curato insieme a U. De Siervo, Ambrosini e Sturzo: la nascita delle regioni (il Mulino, Bologna 1998) e al saggio Forma di governo e autonomie, in M. De Nicolò (ed.), Costituente, Costituzione, riforme costituzionali (il Mulino, Bologna 1998). 11 L. La Puma, Premessa a L. La Puma (ed.), Il federalismo nella cultura politica meridionale, Lacaita, Manduria-Roma 2002. Si ricordano sul tema del federalismo anche: Il federalismo, in «Studi e ricerche», n. 1, 1998, pp. 127-135; con M. Ciullo, Federalismo e sviluppo locale, in Aa. Vv., Percorsi innovativi nella Pubblica Amministrazione del Salento, Pensa Multimedia, Lecce 2005. 12 L. La Puma, Premessa, cit., p. V. 10

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politologica –, di natura centrifuga, anche se non mancano espressioni federaliste sovranazionali»13. La sezione prosegue con il saggio di Preite Fondamento ed evoluzione dei diritti nel welfare contemporaneo. Da Norberto Bobbio a Niklas Luhmann nel quale lo studioso analizza il tema dei diritti fondamentali (di matrice sociale) attraverso le teorizzazioni di Bobbio14 e Luhmann15, nei quali è rintracciabile un punto di contatto nella comune visione dell’importanza della positivizzazione dei diritti fondamentali ai fini della effettiva e reale garanzia degli stessi. Entrambi, infatti, sebbene con impostazioni teoriche e metodologiche differenti, giungono ad affermare i diritti fondamentali come una acquisizione del sistema del diritto resa possibile dal processo storico degli eventi. Preite ricorda che a partire dalla seconda metà del Novecento si è assistito a un’estensione semantica dei diritti fondamentali secondo cui i diritti non solo appartengono a ogni individuo in quanto essere umano, ma sono anche riconosciuti dall’ordinamento giuridico positivo. Il fatto che si tratti di diritti inseriti nei testi costituzionali porta il giurista a considerarli come oggetto di garanzia da parte di norme sovraordinate, orientate a valori condivisi (essenziali per individuare lo stesso modo di essere della società che a esse si orienta e su di esse si fonda), ma nella realtà questi diritti sono istituzioni, cioè un complesso di reali aspettative di comportamento che, a differenza di quanto vorrebbe la tradizione giuridica, non rappresentano diritti eterni, validi in qualsiasi luogo e in qualsiasi epoca, ma istituzioni sociali perché si affermano e si sviluppano in una specifica fase dell’evoluzione sociale e fanno fronte a precise esigenze e ai bisogni che gli individui esprimono, in quanto persone, in un dato momento storico. Colazzo nel saggio Pedagogy of Communities: an epistemological proposal (redatto in lingua inglese) definisce il campo di indagine della pedagogia di comunità. Per tale ragione si propone di individuare l’unità d’analisi che le è propria: questa occupa un posto intermedio tra l’individuo e le istituzioni, quella zona di mezzo che è per l’appunto la comunità. Ogni comunità ha il suo ordine di senso, il senso è quindi ciò che determina le comunità nelle loro differenze sottili. Poiché ogni comunità ha un suo specifico modo di articolare la realtà, ha i suoi specifici oggetti culturali, che altro non sono che espressione di situati sistemi di relazioni tra i membri della comunità e di rapporti con gli altri oggetti e pratiche con cui quella comunità ha a che fare. Ripercorrendo il dibattito degli ultimi centocinquant’anni sulla comunità, Colazzo descrive il principale compito della pedagogia di comunità: impegnarsi per rendere possibile che sia sempre pervia la via del dialogo, che rimangano intatte le facoltà individuali dell’apertura all’altro, che non prevalga la paura verso il diverso, che rinasca il gusto di individuare soluzioni che valgano per tutti piuttosto che soltanto per qualcuno. Ivi, p. VII. Su Bobbio si veda dello stesso autore anche Il pacifismo giuridico-istituzionale nella teoria politica di Norberto Bobbio, in A. Mancarella (Eds.), «Filosofia e Politica», Tangram Edizioni Scientifiche, Trento 2015. 15 Su Luhmann per lo stesso autore si rinvia a Sistema politico, istituzioni democratiche e utopia nel pensiero di Niklas Luhmann, in «Rivista di Studi Utopici», n. 1/2011. 13 14

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2. Dall’illuminismo al Risorgimento delle nazioni: diritti, identità nazionale ed europea, democrazia L’illuminismo con la sua affermazione dei diritti, il Risorgimento italiano e di altre nazioni in difesa dell’identità nazionale, l’originarsi di una identità europea, le vicende e le caratteristiche che connotano la democrazia dell’Ottocento sono gli ambiti di interesse (in quanto fenomeni storici e oggetto di analisi e dibattito dei coevi) di questa sezione. I contributi qui riuniti coprono circa un secolo, dalla seconda metà del Settecento alla seconda metà dell’Ottocento, e temi che corrispondono al cuore degli studi di La Puma. Come già preannunciato in questa introduzione e illustrato da Ciullo nella Nota biografica, e come si può verificare scorrendo la sua Bibliografia16, i suoi studi avranno avvio con Pisacane e continueranno con quello che sarà il nucleo centrale della sua ricerca: il socialismo francese, il Risorgimento e i suoi principali protagonisti, il liberalismo, ai quali seguiranno, nel corso degli anni, l’approfondimento del dibattito internazionale post ’48 e dell’Ottocento democratico e gli studi sull’illuminismo meridionale. Anche se l’attenzione alle influenze che l’illuminismo esercita sui protagonisti dell’Ottocento è rintracciabile già nel suo primo volume come si evince dal titolo: Carlo Pisacane dall’illuminismo al socialismo17. Seguendo l’ordine cronologico, criterio applicato a tutte le sezioni, come già ricordato, i primi saggi illustrano delle figure di spicco dell’illuminismo francese e italiano, Ginevra Conti Odorisio ci descrive il rapporto intellettuale tra Voltaire e Linguet e Robertino Ghiringhelli dedica il suo contributo a Romagnosi, un personaggio sul quale si è spesso confrontato proprio con La Puma, come lui stesso ha ricordato in uno scambio di email. Avendo entrambi il merito di guidarci alla conoscenza della complessità (tendenzialmente trascurata dalla storiografia) del pensiero di Linguet e Romagnosi, in una stagione in cui la difesa dei diritti prelude le future democrazie. Conti Odorisio nel saggio Voltaire e Linguet analizza l’opera di Linguet Examen des oeuvres de Voltaire («Annales» 1783) che, denuncia, non figura in nessuna bibliografia voltairiana, ma che invece «costituisce uno studio profondo ed imparziale dell’intera produzione del grande filosofo […] interpretando questo termine nel significato voltairiano, cioè sostenitore del libero pensiero»18. La studiosa, inoltre, mette a confronto i due celebri personaggi del Settecento francese19, tracciandone M. Ciullo, Nota biografia, cit. e Bibliogrfia, cit. L. La Puma, Carlo Pisacane dall’illuminismo al socialismo, Messapica, Lecce 1976. 18 G. Conti Odorisio, Voltaire e Linguet, infra, p. 180. 19 In verità i due intellettuali conoscono una ben diversa fortuna critica, Linguet rimarrà sconosciuto e assente dalla storiografia sul Settecento fino a quando non sarà proprio Conti Odorisio a dedicarvi un testo nel 1976, S.N.H. Linguet. Dall’Ancien Règime alla Rivoluzione (Giuffré, Milano) e al quale ha riservato il suo ultimo lavoro (Linguet e i philosofhes. Illuminismo e terrore, Giappichelli, Torino 2015), come la stessa autrice ci notifica nell’introduzione. Personaggio nel quale si imbatte, come lei stessa narra, per puro caso o errore, poiché alla Biblioteca Nazionale di Roma le consegnano un testo di Linguet al posto di un libro di Rousseau da lei richiesto. Di Conti Odorisio, su Linguet, si ricorda anche La soggezione della donna nella polemica Linguet-Montesquieu, DWF, a. I, n. 1, pp. 49-63, 16 17

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le esperienze (che in comune hanno la persecuzione dei propri scritti e l’essere oggetto di una certa intolleranza sia da parte del potere monarchico che parlamentare) e le personalità: al contempo audace e prudente quella di Voltaire, rigida quella di Linguet. L’opera di quest’ultimo è pervasa dal convincimento che la distruzione dei valori che, fino allora in qualche modo hanno garantito la pace sociale, possono avere tragiche conseguenze e, proprio nella sua critica a Voltaire, l’avvocato sostiene che l’illuminismo non può svolgere la funzione della Chiesa e non ha alcuna teoria valida da offrire in sostituzione. La studiosa rileva che i due, pur esprimendo differenti valutazioni e pur rivolgendosi reciprocamente delle critiche, nutrono una contraccambiata stima e in alcune circostanze assumono pubblicamente la stessa posizione, come in occasione della riforma Maupeou (1771) che cerca di arginare il potere dei parlamenti che salutano entrambi favorevolmente e come nel caso La Barre20 (1766) che tutti e due condannano. Ghiringhelli nel saggio Profilo del pensiero politico di Gian Domenico Romagnosi21, segnala come la storiografia romagnosiana dominante lo abbia confinato nella ristretta definizione di giurista, di filosofo o più genericamente di pensatore e rivaluta quella storiografia spesso trascurata che invece ha evidenziato la valenza civile e politica del suo pensiero e ha riconosciuto nella sua filosofia una vera scienza delle cose umane. Romagnosi, afferma Ghiringhelli, «è uno spirito nuovo che innesta sulle idee dell’illuminismo settecentesco tutta una serie di vedute e un metodo, quello scientifico baconiano, che ne fanno, già nelle prime e giovanili opere, una delle figure ponte tra il secolo del primato della ragione e quello della nazionalità statuale»22. Romagnosi intende la socialità dell’uomo come continua ricerca dell’unione tra giustizia e virtù, del tentativo di conciliare interesse particolare e interes1975, ora anche in Ragione e tradizione. La questione femminile nel pensiero politico, Aracne, Roma 2005, pp. 119-134. 20 Il Parlamento condanna al rogo un ragazzo di diciassette anni per una canzone licenziosa e per non essersi tolto il cappello al passaggio della processione. «Per il philosophe si era trattato di fanatismo religioso, mentre per Linguet le responsabilità principali erano della magistratura», G. Conti Odorisio, Voltaire e Linguet, infra, p. 171. Ma se Voltaire (che difende la causa per amore di giustizia e aiuta un altro accusato a trovare rifugio) apprezza il coraggio dimostrato da Linguet (che svolge la sua funzione di avvocato e che con il suo Mémoire riesce a salvare la vita degli altri tre ragazzi accusati), Linguet nel 1778 attribuisce proprio a Voltaire la responsabilità della tragedia, poiché insieme al ragazzo nel rogo viene buttato il suo Dictionnaire philosophique (ivi, passim). 21 A Romagnosi Ghiringhelli ha dedicato una monografia Modernità e democrazia nell’altro Risorgimento. Studi Romagnosiani (Giuffrè, Milano 2002), e diversi lavori: La filosofia civile di Carlo Cattaneo ovvero Romagnosi e Cattaneo, in A. Colombo, F. Della Peruta, C.G. Lacaita (eds.), Carlo Cattaneo. I temi e le sfide, Giampiero Casagrande, Milano 2004; Romagnosi e l’amicizia, in G. Angelini, M. Tesoro (eds.), De Amicitia. Scritti dedicati ad Arturo Colombo, FrancoAngeli, Milano 2006; Gian Domenico Romagnosi e il pensiero politico del Regno d’Italia napoleonico, in Studi in memoria di Cesare Mozzarelli, Vita e Pensiero, Milano 2008; Il Romagnosi di Ambrosoli, in C.G. Lacaita, E.R. Laforgia (eds.), Luigi Ambrosoli e la storia d’Italia. Studi e testimonianze, FrancoAngeli, Milano 2012; la voce «Gian Domenico Romagnosi» per l’Enciclopedia Italiana. Il contributo italiano alla storia del pensiero. Filosofia (Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, Roma 2012) e per l’Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti. Il contributo italiano alla storia del pensiero (Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, Roma 2012). 22 R. Ghiringhelli, Profilo del pensiero politico di Gian Domenico Romagnosi, infra, p. 188.

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se generale dell’intero corpo politico (o pubblica felicità). Requisiti fondamentali sono la libertà, l’uguaglianza, l’opinione pubblica che trasformano l’ordine naturale dell’uomo libero in legge politica e l’uomo in cittadino. Compito di ogni legislatore è la diffusione di strumenti (fra i quali l’alfabetizzazione e la stampa) e di istituzioni e leggi finalizzati a diffondere il ben vivere sociale. Le sue riflessioni sui legami tra cittadino, società e Stato che approfondirà nella sua dottrina dell’incivilimento23, gli faranno individuare nel Comune l’istituzione privilegiata in cui l’uomo diventa cittadino, in cui si supera la dicotomia privato-pubblico e la società esercita un’azione di controllo sul potere politico. Linea di pensiero sulla quale si innesteranno, come sottolinea Ghiringhelli, Cattaneo, Ferrari, Pisacane. Autori che riportano nuovamente l’attenzione sulla produzione scientifica di La Puma che al municipalismo, soprattutto di Pisacane e Proudhon, destina alcuni saggi tra cui l’ultimo che ha scritto: Pisacane. Proudhon e il comunalismo italiano24. Il Nostro, affermando che non si ha certezza ma non è improbabile che Pisacane abbia conosciuto Proudhon a Parigi durante il suo esilio (1847-1848), delinea le influenze che il secondo esercita sul pensiero del primo25. Pisacane, afferma La Puma, utilizza abbondantemente il pensiero proudhoniano (dall’accumulazione in poche mani del capitale al conseguente immiserimento della classe lavoratrice, dal concetto di plusvalore al tema dell’appropriazione capitalistica), rifiuta però l’idea proudhoniana di una sorta di intesa tra proletari e borghesi intorno a soluzioni politiche, sociali ed economiche, ma è indubbiamente intorno all’autonomia democratica del Comune che si può registrare un’insistenza forte da parte di entrambi gli autori. «Una rivoluzione profonda quella adombrata dal pensatore francese, innervata sulla enunciazione di esclusive priorità: i contratti al posto delle leggi, le forze economiche al posto del potere politico, al posto della forza pubblica la forza collettiva e, al centro, l’autonomia di ogni cittadino e del Comune. Il punto di riferimento del cittadino è anzitutto il Comune»26. Sulla stessa scia Pisacane ipotizza un Congresso o convenzione da nominarsi a suffragio universale già nel pieno dello svolgimento rivoluzionario che alla fine della fase rivoluzionaria nomina una Costituente o Congresso di scienziati per redigere il nuovo patto sociale, il quale deve essere reso noto alla pubblica opinione e sottoposto a ogni Comune per essere esaminato. «Ora, tutto il percorso che dall’elezione del Congresso porta L’umano incivilimento si ha attraverso il perfezionamento economico che riguarda l’ordine sociale delle ricchezze (che si basa su una loro equa distribuzione garantita dalla tutela della proprietà), il perfezionamento di quello morale che concerne l’ordine del sapere e infine l’ordine politico che afferisce alla civile convivenza. Cfr, ivi, p. 192. 24 L. La Puma, Pisacane. Proudhon e il comunalismo italiano, in Pensiero critico ed economia politica nel XIX secolo: da Saint-Simon a Proudhon, a cura di V. Gioia, S. Noto, A. Sánchez Hormingo, il Mulino, Bologna 2015, pp. 261-274; Id., Il federalismo comunalista di Pisacane, in Aa. Vv., Religione e rivoluzione nel Mezzogiorno preunitario: Carlo Pisacane, Luigi Pellegrini editore, Cosenza 2007, pp. 109-120. 25 «Certo è che, oltre alla cultura italiana del Settecento e ai maestri del pensiero democratico italiano del suo tempo (Mazzini, Cattaneo, Ferrari) uno dei punti di riferimento di Carlo Pisacane è il pensiero socialista francese e, al suo interno, Proudhon più di tutti»: La Puma, Pisacane. Proudhon e il comunalismo italiano, cit., p. 261. 26 Ivi, p. 264. 23

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all’approvazione finale del nuovo patto passa attraverso il ruolo determinante e insostituibile dei Comuni. In effetti, il Comune è, nella visione politica di Pisacane. la struttura portante e il centro motore della vita democratica dell’intera nazione»27. Per quanto riguarda la prima metà dell’Ottocento i saggi presentati allargano il panorama da quello nazionale ed europeo a quello internazionale. Daniele Stasi, allievo di La Puma, affronta il tema dell’indipendenza nazionale polacca attraverso il pensiero di Mauricy Mochnacki e Anna Maria Lazzarino Del Grosso dedica il suo saggio al Garibaldi e alla (ricostruzione della) storiografia brasiliani. Stasi nel saggio La Polonia come romanzo della giovinezza. Idea di nazione e letteratura in Mauricy Mochnacki indaga le cause della perdita della sovranità da parte dei polacchi e il ruolo determinante che ha avuto l’approccio alla modernità da parte di nazionalisti come Mochnacki. Questi rappresenta quella generazione di giovani intellettuali che passano direttamente dalle aule universitarie alle barricate, il cui sentimento patriottico si nutre della filosofia romantica tedesca e, soprattutto, dei classici della letteratura polacca. In una Polonia eterogenea dal punto di vista linguistico, religioso e politico, in cui i monarchi perdono gradualmente i loro poteri a beneficio della classe dei nobili (contrariamente a quanto accade nel resto d’Europa), ricorda Stasi, i patrioti polacchi (leggitimismo nazionale) non potendo reclamare la restaurazione di una monarchia sul modello di quelle ereditarie e assolutistiche che, di fatto, almeno nell’età moderna non avevano mai avuto, rivendicano la sovranità in quanto nazione di cui sono riconoscibili le peculiarità culturali, lasciando sullo sfondo la questione istituzionale. Mochnacki che fu anche fine critico letterario e che per primo guardò all’esigenza di una letteratura nazionale, ben sintetizza questa specificità polacca che esprime un’idea di nazione che ha principalmente un significato letterario e morale. Lazzarino Del Grosso nel saggio Garibaldi nella storiografia brasiliana, ricostruisce la fortuna critica dell’Eroe dei due mondi28 riguardo alla sua permanenza in Brasile, tra il novembre 1835 e, presumibilmente, l’aprile del 1841, e «alla sua figura complessiva di straordinario uomo d’azione, ma anche di appassionato comunicatore di valori patriottici e politici di portata universale e di un concreto progetto di emancipazione democratica»29. La sua conoscenza nel Paese e la relativa produzione scientifica, fatta eccezione per il Rio Grande do Sul, dove Garibaldi fece il suo primo apprendistato di combattente nel corso della Rivoluzione Farroupilha, è piuttosto circostanziata. L’avvio di un autorevole filone di studi su Garibaldi (Varela, Rosa, de Laytano) si ha a partire dai primi anni Trenta del Novecento. Ma è alla ponderosa e fortunata opera di Lindolfo Collor30, concentrata prevalentemente Ivi, p. 264, 265. La studiosa ha curato due volumi su Garibaldi: nel 2009 insieme a Annita Garibaldi Jallet, Garibaldi. Orizzonti mediterranei (Paolo Sorba, La Maddalena) e nel 2010 Garibaldi nel pensiero politico europeo. Atti del convegno di studi nel Bicentenario della nascita di Giuseppe Garibaldi (Genova 20-22 settembre 2007) (CET, Firenze). Nel 2013, nuovamente insieme ad Annita Garibaldi Jallet ha scritto la Prefazione a G. Alzona, Battistina e la piccola Anita. Due donne sfortunate sullo sfondo dell’epopea garibaldina 29 A.M. Lazzarino, Garibaldi nella storiografia brasiliana, infra, p. 210. 30 L. Collor, Garibaldi e a guerra dos Farrapos, Fundação Paulo do Couto e Silva, Porto Alegre 1989. 27 28

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sull’esperienza brasiliana di Garibaldi e sugli anni successivi in Uruguay e in Italia, fino alla morte di Anita, afferma Lazzarino Del Grosso, che si deve la larga diffusione in Brasile di una conoscenza approfondita e certamente simpatetica dell’apporto dato da Garibaldi alla Rivoluzione. Non mancano voci dissonanti volte a ridimensionarne o a screditarne il mito, la cui parzialità di ricostruzione, come rileva la studiosa, lascia molte perplessità sotto il profilo storiografico. Infine, vi è una serie di pubblicazioni di carattere ora divulgativo, ora preoccupate di una sempre più precisa messa a punto dei dati storici, dedicata alla vicenda storica della coppia come tale o alla singola figura di Anita che, comunque, non è separabile da quella del celebre compagno. In particolare il mito di Anita, in Brasile, è oggetto di una ricca letteratura tra lo storico e il romanzesco31. A Garibaldi La Puma ha consacrato la sua ultima monografia, Giuseppe Garibaldi. Le idee politiche32. Con l’obiettivo, come lo stesso La Puma dichiara nella Premessa e nella quarta di copertina da lui redatta, «di invitare i giovani lettori a riflettere sulle numerose pagine in cui il Generale avanza alcune riflessioni politiche, per quanto non articolate e di non alto spessore», senza voler appunto ribaltare la convinzione diffusa tra gli studiosi, e di cui aveva consapevolezza lo stesso Garibaldi, di essere fragile come pensatore politico. Tuttavia il Nostro suggerisce di leggerlo senza pregiudizi per scoprirne «un interessante nucleo di riflessione logica, niente affatto scontato e quasi sempre contestualizzato alle vicende in movimento», come il suo orientamento a favore della repubblica e del socialismo (seppure con modalità differenti da quelle che si diffondono a fine Ottocento), di uno Stato confederale mondiale ed europeo, dell’emancipazione femminile. Del gruppo di lavori riconducibili al risorgimento delle nazioni e agli sviluppi del pensiero democratico, qui pubblicati, fanno parte anche i saggi di Diana Thermes su Tocqueville e la sua disamina su libertà e tirannia della maggioranza (secondo e ultimo saggio qui riprodotto in lingua inglese), di Sergio Amato sul progetto European Democracy di Mazzini e Ruge esuli a Londra, che offre l’occasione per approfondire il pensiero politico di quest’ultimo, e il saggio di Adolfo Noto su Carlo Pisacane e la questione delle fonti culturali del suo pensiero. Gli ultimi due argomenti rientrano a pieno titolo in quelli trattati da La Puma. Al dibattito che segue le vicende del ’48 egli dedica espressamente dei volumi: Democrazia e socialismo tra diaspora ed esilio. Il dibattito politico in Europa dopo il 184833 e Socialismo e libertà34. Nel primo ricostruisce un momento cruciale delle viLazzarino Del Grosso rileva che le pubblicazioni più impegnative e apprezzate dell’ultimo quarantennio, sono in buona parte di autori non accademici, che però vanno segnalate sia per gli apporti di nuova conoscenza forniti attraverso accurate ricerche, sia per la loro fortuna editoriale, le monografie: di Wolfgang Ludwig Rau, architetto e scrittore, considerato il maggior biografo dell’eroina, del giornalista paulista Paulo Markun, autore anche di un documentario televisivo, dell’avvocato catarinense Adilcio Cadorin e, più recentemente l’imponente volume di Yvonne Capuano (per i riferimenti bibliografici si rinvia al saggio, infra, p. 227). 32 L. La Puma, Giuseppe Garibaldi. Le idee politiche, Amaltea, Melpignano 2012. 33 L. La Puma, Democrazia e socialismo tra diaspora ed esilio. Il dibattito politico in Europa dopo il 1848, Piero Lacaita, Manduria–Bari-Roma 1998. 34 L. La Puma, Socialismo e libertà, Lares, Lecce 2007. 31

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cende storico-ideologiche della democrazia del socialismo, appena uscita dall’ondata rivoluzionaria. In particolare analizza le posizioni assunte da Ferrari e Proudhon, da Leroux e Mazzini, da Herzen e Pianciani, le cui riflessioni e le accese discussioni ruotano intorno ai binomi libertà/eguaglianza, riforma politica/rivoluzione economico-sociale, individualismo/solidarietà. In Socialismo e libertà descrive il vivace dibattito che si sviluppa nella capitale francese intorno a categorie quali individuo, società, Stato e sui temi delle riforme istituzionali e del diritto al lavoro, che vede come protagonisti principali Proudhon e Leroux. Lo studio di La Puma su Mazzini e la democrazia europea e sulla democrazia fondata sulle autonomie locali analizzata da Tocqueville, variamente affrontate, confluiscono nella monografia su Mazzini35. Sulla produzione di La Puma relativa a Pisacane si rinvia alla descrizione del saggio di Noto, più avanti in questa introduzione, e al saggio di Noto in questo volume36. Thermes nel saggio The Despotism of Mass Democracy by Alexis de Tocqueville approfondisce i concetti di libertà e di tirannia in Tocqueville37, applicandoli anche a contesti storici successivi come quello del totalitarismo. Per il magistrato il libero arbitrio permette a ogni uomo di essere un buon cittadino in grado di governare se stesso. La libertà umana è la fonte di ogni grandezza morale e politica, pertanto ogni uomo deve mantenere la propria libertà interiore (morale, spirituale e intellettuale) ed esterna (sociale e politica). Tocqueville, ricorda Thermes, riprende le parole di Rousseau: rinunciare alla libertà equivale a rinunciare a essere uomo. Ma la democrazia non è la terra promessa della libertà, può generare la tirannia della maggioranza o, che è ancora più pericolosa, la tirannia intellettuale della maggioranza (dell’opinione pubblica) che pure è originata dall’uguaglianza. Questo dispotismo nuovo è il risultato della riunione di due fenomeni: l’accentramento del potere pubblico e il beneplacito dei cittadini. La libertà può ottenere l’uguaglianza solo attraverso la libertà. Tocqueville guardando al percorso democratico attuato in America, dove il cambiamento sociale si è attuato senza una vera rivoluzione e si è diffusa in perfetta libertà e in pace, matura l’aspettativa politica che anche la Francia conquisti la libertà. Il magistrato afferma che educare alla democrazia è il primo dovere dei governanti, di conseguenza si pone come obiettivo quello di elaborare «una nuova scienza della politica» necessaria per «un mondo nuovo», vale a dire il mondo democratico. Sergio Amato nel saggio Alle origini della European Democracy: Arnold Ruge e Mazzini (1846-1860) sottolinea che il rapporto tra i due esuli a Londra e il comune progetto di democrazia europea rivestono importanza non solo per la loro biografia politica e intellettuale, ma anche per il movimento democratico europeo di quegli anni, poiché consentono di comprenderne i valori-guida, i caratteri generali, le dimensioni internazionali e il seguito di massa. Rilevando l’attualità dell’argomento e L. La Puma, Giuseppe Mazzini. Democratico e riformista europeo, Olschki, Firenze 2008. Per i numerosi saggi da lui prodotti su Mazzini si rinvia alle Pubblicazioni, infra, pp. 13-16. 36 A. Noto, Il pensiero politico di Carlo Pisacane. Il problema delle fonti culturali e le ricerche biografiche. Con sei lettere inedite di Carlo a Filippo Pisacane, infra, pp. 269-290. 37 Su Tocqueville della stessa autrice si vedano: Tocqueville e la Sicilia, Giuffrè, Milano 2008; Tocqueville e l’Occidente, Rubbettino, Soveria Mannelli 2012. 35

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la necessità di tornarvi a riflettere viste le diffuse critiche sulla costruzione europea. Partendo dagli studi di Mastellone38 sul Mazzini esule e i rapporti da lui instaurati, Amato analizza l’approccio tra questi e Ruge e l’alleanza patriottica repubblicana italo-tedesca tra i due che si fonda sulla comunità di intenti e di valori condivisi: la libertà civile e politica; la fede repubblicana incentrata su valori di uguaglianza, fratellanza e associazione; la fondazione dello Stato democratico sulla sovranità popolare; l’internazionalismo europeista; il primato dell’ideale di umanità e di altruismo; il ruolo essenziale dell’educazione popolare e anche la sottovalutazione della questione sociale, troppo indeterminatamente e ottimisticamente risolta da entrambi in quella politica. Amato denunciando la storiografia su Ruge39 che si limita all’analisi del 1848 e ne semplifica il pensiero come passaggio dal liberalismo al comunismo, ne ricostruisce la maturazione politica: dall’hegelismo critico, al liberalismo, al radicalismo democratico, al socialismo. Descrive anche «il suo reiterato appoggio alla causa dell’indipendenza e unificazione nazionale italiana nell’intero periodo 1848-1861»40, anche questo trascurato dagli studi su Ruge. Diretto è l’omaggio di Adolfo Noto a La Puma nel suo contributo dal titolo Il pensiero politico di Carlo Pisacane. Il problema delle fonti culturali e le ricerche biografiche. Lo studioso annovera il Nostro nella triade intellettuale (La Puma, Luciano Russi41 e Cesare Vetter, i quali prendono avvio dagli studi di Della Peruta) che ha il merito di aver dato dignità al pensiero politico di Pisacane, considerato a lungo solo uno sfortunato protagonista del Risorgimento italiano, e di averne indagato (attraverso il costante confronto dei reciproci studi) la cultura politica, ricostruendo le fonti del suo pensiero42. Quest’ultimo è un compito reso arduo dalla scarsità di S. Mastellone (ed.), Mazzini e gli scrittori politici europei (1837-1857), 2 tomi, Centro Editoriale Toscano, Firenze 2005. 39 Amato ha già dedicato a Ruge una monografia, Il contributo di Arnold Ruge al progetto mazziniano di European Democracy (1846-1854), in «Studi Senesi», CXVII (III serie, LIV), 2005, e dei saggi: Arnold Ruge, un “americano” in Germania, in «Critica Sociale. Colloqui Italo-Britannici», n. 8, 2005; Umanesimo, patria, democrazia nel pensiero politico di Arold Ruge, in S. Mastellone (ed.), Mazzini e gli scrittori politici europei (1837-1857), cit. 40 S. Amato, Alle origini della European Democracy: Arnold Ruge e Mazzini (1846-1860), infra, p. 264. Qui Amato ricorda anche:«Una testimonianza efficace del suo pensiero sull’argomento è fornita da una serie di articoli da lui pubblicati sul “Deutsches Museum” […] nella prima metà del 1859 con il titolo La libertà dei principali popoli. Un vademecum per i loro ammiratori, poi confluiti nel suo opuscolo I tre popoli e la legittimità, ovvero gli Italiani, gli Ungheresi e i Tedeschi nella caduta dell’Austria, da lui pubblicato a Londra nel 1860». 41 Su Russi e i suoi studi su Pisacane si veda il volume curato da Adolfo Noto: L. Russi, Studi su Carlo Pisacane. Realtà e utopia di un rivoluzionario, Rubbettino, Soveria Mannelli 2012. 42 Il primo lavoro su Pisacane di La Puma è Carlo Pisacane dall’illuminismo al socialismo, cit. Ma a seguito della necessità di confrontarsi con le ulteriori sollecitazioni derivanti da Russi e Vetter, come lo stesso Noto mette in evidenza, torna su Pisacane una ventina d’anni dopo con la pubblicazione Il pensiero politico di Carlo Pisacane, Giappichelli, Torino 1995. Le altre pubblicazioni specificamente rivolte a Pisacane sono: Democrazia e rivoluzione nel pensiero politico di Carlo Pisacane, in «Idee», n. 22, 1993; Il federalismo comunalista di Pisacane, in Aa. Vv., Religione e rivoluzione nel Mezzogiorno preunitario: Carlo Pisacane, Cit.; I socialisti e la guerra da Carlo Pisacane ad Andrea Costa, in Aa. Vv, Le sinistre italiane tra pace e guerra (1840-1940), FrancoAngeli, Milano 2008; Pisacane, Herzen e Garibaldi, in Garibaldi nel pensiero politico europeo. Atti del convegno di studi nel Bicente38

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riferimenti che lo stesso Pisacane lascia e dalla difficoltà di distinguere la cultura libresca e quella parlata. Proprio a questo Noto dedica il suo saggio. La Puma, analizzandone gli scritti maggiori, ne rintraccia le influenze intellettuali che fra Sette e Ottocento hanno segnato la cultura politica di Pisacane, con particolare attenzione all’illuminismo italiano e meridionale (Beccaria, Vico, Pagano, Filangieri, Cuoco). Noto, inceve, approfondisce gli anni della formazione giovanile e soprattutto l’incidenza della cultura parlata, in particolare a suo avviso di Blanch e della pubblicistica napoletana, sottolineando la centralità del tema della nazione armata in Pisacane, dovuta soprattutto alla sua preparazione militare. Lo studioso rileva anche il rinnovato interesse per la storiografia biografica grazie alla possibilità di avvalersi di nuove risorse biografiche, come l’archivio familiare ricostituito da un discendente del fratello di Enrichetta di Lorenzo43. Alla seconda metà dell’Ottocento afferiscono i contributi di Franca Biondi, Roberto Martucci, Massimo Ciullo (allievo di La Puma), Luigi Compagna e Vittore Collina che tratteggiano personaggi il cui pensiero e la cui storia sono altamente rappresentativi della storia politica e delle istituzioni politiche italiane e francesi. Biondi porta alla luce un carteggio intercorso tra Calvi e Crispi tra il 1861 e il 1867 e descrive i tratti salienti del Catechismo del primo, Martucci sottrae al limitante ritratto consegnato dalla storiografia Fedele Lampertico, restituendoci la levatura europea del politico e dell’intellettuale che coniuga scienza dello stato e scienza economica, Ciullo analizza la teoria dei partiti di Bovio innovativa rispetto alle diffuse riflessioni post-unitarie, Compagna e Collina ci offrono un sguardo sulla Francia del secondo Ottocento attraverso l’analisi del primo sul boulangismo (un nazionalismo che anticipa il fascismo e si connota di accenti socialisteggianti e di antiparlamentarismo) e il secondo sulle opere letterarie di Taine che ne anticipano il pensiero conservatore. Biondi nel saggio Pasquale Calvi e Francesco Crispi (1861-1867) analizza il carteggio intercorso tra i due protagonisti del Risorgimento e della vita politica del neonato Stato italiano, dall’Unità alla morte di Calvi. Quest’ultimo, come ricorda Biondi, ricopre alte cariche statali: nel 1861 è eletto deputato nel collegio di Partinico, nel 1862 viene nominato Presidente della Corte di Cassazione di Palermo e dall’ottobre dello stesso anno di quella di Firenze, dal mese di dicembre 1865 sino alla morte è Presidente della Corte di Cassazione di Torino. Calvi si rivolge a Crispi per chiedergli di intervenire a suo favore proprio in merito alle sue personali vicende politiche e professionali: la candidatura nel collegio di Partinico, il rischio di trasferimento da Palermo, per ottenere dei congedi (in particolare quando scoppia il colera in Sicilia, che gli causerà la morte). Crispi si mobiliterà a suo favore a più nario della nascita di Giuseppe Garibaldi (Genova 20-22 settembre 2007), a cura di A.M. Lazzarino del Grosso, CET, Firenze 2010; Pisacane. Proudhon e il comunalismo italiano, in Pensiero critico ed economia politica nel XIX secolo: da Saint-Simon a Proudhon, cit. 43 Consultato dalla storica Laura Guidi, rileva Noto, ha consentito di delineare un punto di vista femminile della storia del Risorgimento in controtendenza con il modello rinchiuso «nel ruolo maternooblativo» che ha spesso ispirato le biografie delle patriote: L. Guidi, Scritture epistolari di Enrichetta di Lorenzo, in Ead. (ed.), Scritture femminili e storia, Cliopess, Napoli 2004.

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riprese, anche con interventi alla Camera, ma non potrà impedire che il 30 ottobre Rattazzi, assunto l’interim della giustizia, lo destini a Firenze. Le lettere sono anche occasione di sfogo per entrambi sulla situazione italiana e siciliana e rivelano la ritrosia di Calvi a partecipare alle sedute della Camera, nonostante le sollecitazioni di Crispi. A Firenze, tra il 1864 e il 1865, Calvi stende Il Catechismo politico economico popolare44. Fiducioso nell’azione riformatrice delle leggi, propugna una società fondata sulla solidarietà e sull’associazionismo, la parità di diritti e doveri tra uomo e donna, uno Stato repubblicano, auspicando una federazione repubblicana di tutti gli Stati europei, il decentramento e le autonomie locali. Martucci nel saggio Il senatore Fedele Lampertico, un riformatore dimenticato, come preannuncia lo stesso titolo, denuncia la riduttiva interpretazione storiografica del personaggio che per lungo tempo «lo aveva inchiodato» agli stereotipi di grande agrario paternalista, leader dell’oligarchia moderata e dal grande potere locale45 o di paternalista sui generis, patriota liberale, vicino alla Chiesa46. Invece Lampertico, sostiene Martucci, è un personaggio di spessore europeo e ha un ruolo importante nel dibattito scientifico e politico che si sviluppa tra la seconda metà del XIX secolo e gli inizi dell’età giolittiana, producendo diversi lavori. La sua fine analisi economica e politologica emergerà già con la sua tesi di laurea (Sulla statistica in Italia prima dell’Achenwall) nella quale analizza i contributi italiani alla statistica, intesa come scienza politica, ovvero descrizione delle condizioni attuali degli Stati, rifacendosi al pensiero del mercantilista Achenwall. A dispetto dell’immagine di arrogante agrario tramandataci, Martucci ci restituisce quella di un filantropo che fonda società mutualistiche e propone una legislazione a favore dei minori e delle donne al Congresso degli economisti italiani a Milano nel 1875. Il cattolico-liberale Lampertico fa suoi gli insegnamenti di Rosmini e Gioberti, schierandosi a favore della conciliazione Chiesa-Stato e vive, come sottolinea Martucci, in seconda fila il primo quarantennio post-unitario (in cui vige il non expedit pontificio), ma da co-protagonista47. Da consigliere provinciale cura progetti come quello ferroviario, come membro del Parlamento italiano, tra le altre cose, si oppone alla tassa sul macinato, propugna il ritorno alla convertibilità delle banconote in moneta metallica, Si ricorda che Franca Biondi ha curato il Catechismo politico economico popolare di Pasquale Calvi nell’edizione Guaraldi (Firenze 1976). 45 Martucci fa riferimento allo storico S. Lanaro, Società e ideologie nel Veneto rurale (1866-1898), Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1976. 46 Martucci fa riferimento G. De Rosa, Prefazione a F. Lampertico, Carteggi e Diari 1842-1906, I. A-E, a cura di E. Franzina, Marsilio, Venezia 1996. Lo studioso rileva anche i tagli inopportuni nelle pubblicazioni dei Carteggi, come è accaduto anche per i Carteggi di Cavour, le cui scelte arbitrarie inficiano la conoscenza storica dei due personaggi. A questa generale sottovalutazione di Lampertico hanno ovviato, a suo avviso, «l’apposita voce sottilmente antipatizzante» di Giuseppe Monsagrati nel Dizionario biografico degli italiani, (Istituto della Enciclopedia italiana, Roma 2004, vol. LXIII, edizione online) e il volume di A. Sensales, Fedele Lampertico. Economia, popolo e Stato nell’Italia liberale, Introduzione di R. Martucci, Manni, San Cesario di Lecce 2011. 47 Svolge diversi incarichi politici: consigliere comunale (1866), provinciale (1867), presidente del Consiglio provinciale vicentino (1870-1905), deputato (identificatosi con la Destra storica post-cavouriana – 1867) e senatore (svincolato dalla contrapposizione Destra-Sinistra – 1873) del Regno, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul corso forzoso. 44

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difende i diritti della proprietà agraria, è contrario al suffragio universale maschile ma appoggia l’ampliamento attuato dal governo Depretis. Ciullo nel saggio Le dottrine e i partiti in Giovanni Bovio analizza l’opera di Bovio48, Dottrina de’ partiti politici in Europa (1886) contestualizzandola nel panorama post-unitario che vede esponenti politici e parlamentari fare le prime riflessioni sul ruolo dei partiti, funzionale a comprendere la cause del malfunzionamento del sistema parlamentare nazionale. Tra questi: Ruggero Bonghi (I partiti politici nel Parlamento italiano, 1868), che lamenta l’incapacità della classe politica italiana di dare vita a due raggruppamenti stabili e omogenei, e Antonio Scialoja (Della mancanza dei veri partiti politici in Italia e del come potrebbero sorgere, 1870) che attribuisce proprio all’assenza di due partiti, sul modello britannico, le ricorrenti crisi delle istituzioni parlamentari. Bovio, evidenzia Ciullo, ha un approccio all’argomento del tutto nuovo. Egli sostiene che un inventario delle posizioni partitiche non si può fare guardando al solo Parlamento ma all’intera società nazionale, che il partito richiede un’organizzazione più adeguata alle esigenze della cultura di massa. Ma soprattutto è innovativo il metodo di analisi che, in conformità a quello naturalistico, considera i partiti come organismi dotati di una loro intrinseca struttura e obbedienti a una propria legge evolutiva. Egli definisce il partito come un organismo distinto dai poteri pubblici, dalla struttura istituzionale dello Stato, che dunque si lega alla dimensione sociale di cui rappresenta, anche dinanzi allo Stato, le esigenze. Ciullo illustra l’analisi che Bovio fa dei partiti (anarchico, autoritario, progressista) e della repubblica sociale, tappa inevitabile, risultante dal rapporto dialettico tra rivoluzione ed evoluzione. A Bovio anche La Puma ha dedicato i suoi studi nel saggio Repubblicanesimo e federalismo in Giovanni Bovio 49, che egli descrive come uno dei personaggi più interessanti dell’Italia post-unitaria, il cui ruolo svolto nelle vicende politiche italiane è stato trascurato dalla storiografia: sul piano filosofico si pone l’obiettivo di superare le due correnti che primeggiano nella seconda metà dell’Ottocento, l’hegelismo e il positivismo e, sul piano politico, della «ricomposizione della disiecta membra della democrazia italiana»50. Nella sua visione evolutiva, Bovio ritiene che il dissolvimento delle forme di governo (repubblica compresa, che pure si è detto con Ciullo, è una forma istituzionale inevitabile) e la compressione graduale e continua dello Stato comporti una società politica federalisticamente strutturata. Infatti, «secondo Bovio, i principi informatori della modernità sono “la costituzione delle nazioni, la redenzione delle plebi e la tendenza interfederale dei popoli”»51. La sezione si conclude con i contributi relativi alla realtà sociale e politica francese. Collina nel saggio Taine, Parigi e la metafora dell’alambicco rileva che negli anni ’50 dell’Ottocento, mentre prendono il via i lavori progettati da Hausmman per Al politico e filosofo italiano Ciullo ha dedicato una monografia: Giovanni Bovio. Democrazia e Repubblica, Amaltea, Melpignano 2009. 49 L. La Puma, Repubblicanesimo e federalismo in Giovanni Bovio, in Aa.Vv., Il federalismo nella cultura politica meridionale, cit., pp. 75-94. 50 Ivi, p. 77. 51 Ivi, p. 88. 48

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risolvere i problemi di viabilità e di igiene pubblica della capitale francese, Taine52 (destinato a diventare uno dei maggiori esponenti del pensiero conservatore francese) si afferma come critico letterario. Nelle sue opere, quando descrive Parigi, emergono più che le trasformazioni urbanistiche, quelle del tessuto sociale (che tra le altre vedono il tramonto dell’aristocrazia), anticipando quelle che saranno le linee guida del suo pensiero politico dopo il 1870. Collina analizza il saggio su Balzac Essais de critique et d’histoire (1858), il romanzo incompiuto Etienne Mayran (avviato nel 1861 e pubblicato postumo nel 1910) e Notes sur Paris (una serie di articoli pubblicati su «Vie Parisienne» a partire dal 1863 e poi confluiti nel volume del 1867 Notes sur Paris. Vie et opinions de M.F.T. Graindorge). Se nel saggio su Balzac emergono già le opposizioni sano-malato, provincia-città, naturale-artificiale, realtà-apparenza, dove i primi termini, che per l’autore rappresentano dei valori positivi, si identificano con una Parigi prerivoluzionaria, nelle Notes l’autore prende posizione in modo netto prediligendola alla Parigi ottocentesca, brulicante di umanità indaffarata, dove la competizione è diventata più aspra ed è cresciuto a dismisura l’apparato amministrativo. Una contrapposizione che passa attraverso i temi dell’educazione, dei rapporti uomo-donna, delle problematiche della famiglia, attraverso la descrizione delle abitazioni, lo stile di ricevimento, l’immagine femminile53, il cui risultato è che gli spazi, il gusto, la raffinatezza, l’eleganza dell’aristocrazia vincono la limitatezza sotto ogni aspetto della borghesia. Compagna nel saggio A cavallo dell’antiparlamentarismo54 analizza i caratteri della destra francese fra Sedan e Vichy, rilevandone l’affinità di motivi polemici con la sinistra e la prospettiva rivoluzionaria. Una destra che ha il suo antagonista, più che nella sinistra, nel centro opportunista che raccoglie una classe politica attraversata dall’affarismo. Un nazionalismo «nuovo e tutto sociale, se non proprio socialisteggiante, proveniente dagli stessi ranghi repubblicani, ma assai più aggressivo»55. Il nazionalismo è portato a generare socialismo, afferma lo studioso, o comunque più socialismo che liberalismo. Prevale l’esigenza di difendere la Nazione dallo straniero che è incarnato anche dagli operai stranieri e dalla feudalità finanziaria inSu Taine si rinvia alle altre pubblicazioni di Collina: Taine e la critica delle istituzioni rappresentative nelle Origines de la France contemporaine, in C. Carini, La rappresentanza politica in Europa tra ottocento e novecento, CET, Firenze 1993; Ai margini del liberalismo: Taine storico della Francia contemporanea, in Id. (ed.) Il popolo e le élites, Mimesis, Milano 1997; Dire la politica con le metafore: Taine tra scienza e lettere, in B. Consarelli (ed.), Dire il politico. Dire le politique. Il discorsso, le scritture e le rappresentazioni della politica, CEDAM, Padova 2001; Taine: i “capi naturali” e la società come organismo vivente (1863-1894), in S. Amato (ed.), La teoria della classe politica da Rousseau a Mosca, CET, Firenze 2001. 53 Nella descrione di Taine, come sintetizza Collina, le ragazze mancano di pudore (le madri le istruiscono alla civetteria sin da piccole) facendo propri modi e audacie tipici degli uomini. L’educazione rivolta agli uomini li spinge alla ricerca di un lavoro conveniente che li allontana dai principi del bene comune e dell’amore fraterno. Al contempo nella famiglia la disparità di istruzione tra moglie e marito riduce loro la possibilità di comunicare e alimenta insoddisfazione e tensioni. La sua maggiore preoccupazione è che i cambiamenti nei costumi della donna si riflettano sull’uomo e attraverso la famiglia sull’intera società. 54 Sul tema del parlamentarismo si rinvia alla monografia dello stesso autore: Parlamentarismo antico e moderno, Lombardi, Palermo 2006. 55 L. Compagna, A cavallo dell’antiparlamentarismo, infra, p. 352. 52

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ternazionale e dei ceti industriali, in un periodo in cui suffragio universale, istruzione obbligatoria, servizio militare, evidenzia Compagna, cessano di essere elementi di punta della democrazia giacobina e diventano fattori essenziali della nazionalizzazione della società francese, attraverso il fenomeno dell’era delle folle descritto da Le Bon e analizzato da Sternhell56. Il generale Boulanger incarna il desiderio di revanche contro l’impero tedesco e in lui si riconosce quella Francia che vuole picconare la Terza Repubblica, che invoca la revisione della Costituzione, «in un senso meno prudentemente parlamentare, più democratico e insieme più autoritario»57. Un nazionalismo che mette insieme repubblicani e monarchici, bonapartisti e tradizionalisti. La cui eredità raccolta da Barrès, porta a una sintesi da formula chimica «nazionalismo + socialismo = fascismo», che secondo Compagna, prima che in Italia, ha origine nell’atmosfera francese e ancor prima del caso Dreyfus58.

3. La cittadinanza di genere. Partecipazione politica femminile e rivendicazione dei diritti Per tributare gli anni di attività scientifica di Leonardo La Puma non poteva mancare una sezione dedicata agli studi di genere, vista la sensibilità che egli ha dimostrato anche verso questo tipo di produzione. Una sensibilità attestata innanzitutto dal supporto e dalla guida rivolti a chi scrive, rendendo possibile l’approfondimento della storia e del pensiero delle mazziniane che nel corso dell’800 si sono adoperate per l’indipendenza dell’Italia e delle donne. In particolare di Gualberta Alaide Beccari che nel 1868 fonda il periodico «La Donna» dirigendolo per oltre un ventennio, fino al 1891, e che contribuisce alla formazione di un movimento femminile che afferma l’ideale della madre-cittadina: una donna che grazie all’istruzione, all’indipendenza economica e alle riforme legislative si emancipa civilmente e politicamente e che, in virtù del suo ruolo biologico e sociale di madre, è responsabile dell’educazione dei nuovi cittadini e del rinnovamento morale del neonato Stato italiano59 (di cui si parla nel contributo Salvatore Morelli e la madre cittadina). G. Le Bon, Psychologie des foules, Felix Alcan, Paris 1895. Secondo Sternhell (La droite révolutionnaire, Editions du Seuil, Paris 1978), come ricorda Compagna, tutte queste innovazioni determinano un fenomeno imprevisto che disorienta i militanti socialisti: le masse urbane invece di accedere alla coscienza di classe, si trovano coinvolte in un processo di integrazione sociale, di nazionalizzazione, favorito ed accelerato esattamente da queste vittorie sui privilegi. 57 L. Compagna, A cavallo dell’antiparlamentarismo, cit., p. 354. 58 Al caso Dreyfus La Puma ha riservato tre pubblicazioni: L‘affaire Dreyfus dans la presse salentine, in Aa. Vv., Les écrivains et l’Affaire Dreyfus, PUF, Paris 1983, pp. 47-55; Dreyfus et l‘Italie, in Aa. Vv., L‘opinion publique et l‘affaire Dreyfus en France et à l‘étranger, Presses Univ. de Rennes, Rennes 1995, pp. 149-160; Dreyfus/Zola e la stampa italiana tra ideologia e politica, Pergola Monsavium, Paris-Lecce 1996. 59 Sotto la guida di La Puma è stato possibile pubblicare l’articolo R. Bufano, L’influenza di Mazzini sul periodico “La donna” (1868-1891), in F. Taricone, R. Bufano (eds.), Pensiero politico e genere dall’Ottocento al Novecento, Amaltea, Melpignano 2012, pp. 147-183 (e realizzare la curatela che lo accoglie, insieme a Fiorenza Taricone, la cui Prefazione è a firma dello stesso La Puma, pp. 5-10). 56

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Ma la sensibilità di La Puma emerge soprattutto dai suoi lavori, come quelli dedicati a pensatori che riconoscono piena dignità alla donna, da Pierre Leroux a Giuseppe Mazzini a Giuseppe Garibaldi, sottolineandone la visione democratica e progressista. Nella monografia Giuseppe Mazzini democratico e riformista europeo60 vi è un intero capitolo, dal titolo I diritti della donna61, in cui lo studioso analizza il pensiero del Genovese rispetto all’emancipazione femminile e le proficue relazioni di collaborazione e di confronto intellettuale che egli intrattiene con un vasto numero di donne italiane e estere. «L’attenzione di Mazzini al problema della donna attraversa tutta la sua vita di pensatore e di organizzatore politico»62, afferma La Puma, «ma cerca di mettere in atto modalità ed azioni per realizzare nel concreto tale eguaglianza, limitatamente alle condizioni storiche e al provincialismo culturale del tempo»63. Egli denuncia la disuguaglianza uomo-donna come la conseguenza di un’istruzione differente e della perenne oppressione delle leggi. Per questo sostiene l’educazione come forma imprescindibile di emancipazione e incita le donne a conquistare i propri diritti attraverso la rivendicazione e l’organizzazione come gruppo e attraverso l’esercizio dei propri doveri. Molte le donne influenzate da Mazzini prima e dopo l’unità d’Italia e molte quelle che aderiscono alla sua causa come corrispondenti, come scrittrici e giornaliste, cospiratrici, promotrici di raccolte fondi, animatrici di associazioni femminili. Dalle patriote e protagoniste del Risorgimento italiano quali la salentina Antonietta De Pace64, che sarà al fianco di Garibaldi nell’ingresso trionfale a Napoli il 7 settembre 1860, la nobildonna milanese e fervida mazziniana Cristina Trivulzio Belgioioso65, L. La Puma, Giuseppe Mazzini democratico e riformista europeo, cit. Ivi, pp. 157-167. 62 Ivi, p. 159. 63 Ivi, p. 161. È noto l’ammonimento che egli rivolge a Salvatore Morelli quando nel 1866 la Camera respinge il progetto di legge per estendere il diritto di voto alle donne presentato proprio dal deputato pugliese. Per Mazzini l’emancipazione della donna, necessaria per il progresso dell’umanità, non potrà essere ottenuta finché l’Italia sarà monarchica. Cfr. ivi, pp. 164, 165. 64 Per omaggiare La Puma si trascrivono le brevi note biografiche utilizzate dallo studioso nel capitolo I diritti della donna, in Giuseppe Mazzini democratico e riformista europeo, cit., p. 160. Antonietta De Pace: «(Gallipoli 1818-Napoli 1893) è fervente patriota, mazziniana, attiva partecipe nella preparazione in Terra d’Otranto dei moti del 1848. A Napoli, dove si trasferisce, collabora con il comitato della “Giovine Italia” e fonda nel 1849 un Circolo femminile. Tramite Nicotera, fornisce preziose informazioni a Mazzini, esule a Londra. Arrestata con l’accusa di cospirazione, ingoia di fronte ai poliziotti due proclami del Genovese. Liberata, fonda sul finire degli anni Cinquanta un Comitato politico mazziniano. Appoggia poi la spedizione di Garibaldi, dal quale ottiene vari riconoscimenti ed incarichi: Si veda M.S. Corciulo, Antonietta De Pace settaria e patriota nel contesto rivoluzionario napoletano, “Trimestre”, n. 3, 1999». 65 Cristina Trivulzio Belgioioso: «Esule a Parigi, fonda un salotto intellettuale e politico tra i più prestigiosi d’Europa e si impegna, una volta tornata in Lombardia, a sostegno dei diritti delle donne e ad un’attività di sostegno sociale del mondo femminile, cui dedica varie riflessioni fino alla fine dei suoi giorni. Sostenitrice instancabile della lotta per l’unità nazionale, la Belgioioso, su incarico di Mazzini, si prende cura dell’organizzazione della sanità durante la Repubblica romana del 1849. È la fondatrice dei primi asili infantili, scuole elementari e istituti professionali femminili per i figli dei contadini». 60

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la giornalista inglese Jessie White Mario66 e la giornalista americana Margaret Fuller67 che si appassionano alla causa italiana; alle europee George Sand68, Marie d’Agoult69, Matilda Biggs70 con le quali Mazzini intrattiene un intenso rapporto culturale (solo per citarne alcune). Oltre agli intensi legami avuti con la madre Maria e l’amata Giuditta Sidoli71. La sensibilità verso gli studi di genere è attestata anche dalla stima e dall’amicizia che La Puma rivolge alle colleghe che se ne occupano, tra le quali si annovera proprio colei che ha il merito di averli introdotti nella disciplina di Storia delle dottrine politiche: Ginevra Conti Odorisio (il cui saggio pubblicato in questo volume, come visto, fa parte della sezione II). È stata, infatti, la prima donna ad attivare e insegnare Storia della Questione Femminile (alla Luiss dal 1986), facendo in modo che fosse riconosciuta dignità di cittadinanza al pensiero politico delle donne in ambito accademico, dopo anni del prevalere di un pensiero tutto maschile. Numerosi i suoi lavori72 che hanno consentito di scoprire un mondo sommerso di pensatrici non Jessie White Mario: «Inglese (1832-1906), conosce Mazzini a Londra e da allora si vota alla causa italiana. Trasferitasi in Italia, sposa il patriota intellettuale Alberto Mario e diviene protagonista delle imprese di Mazzini e di Garibaldi, dei quali scrive poderose biografie. Grande ed innovativa giornalista, con i suoi articoli diffonde all’estero le idee mazziniane. La miseria di Napoli è una straordinaria indagine sulla realtà partenopea, specialmente su alcuni temi, quali la condizione delle donne, la necessità dell’istruzione, il lavoro». 67 Margaret Fuller: «Giornalista e scrittrice americana, la Fuller (1810-1850), conosce a Londra Mazzini, divenendone amica, in occasione del suo tour in Europa (1846), conclusosi tragicamente sulla via del ritorno in patria. Alla “Tribune” di New York racconta tutta intera la vicenda della Repubblica romana, cui partecipa al fianco di Mazzini». Il libro di La Puma è pubblicato nel 2008, pertanto, proprio sui rapporti tra Mazzini e Margaret Fuller a Londra (e con altre donne inglesi) si rinvia alla successiva monografia di F. Falchi, Giuseppe Mazzini: la democrazia europea e i diritti delle donne (1837-1860), CET, Firenze 2010. 68 Questa nota è di chi scrive: George Sand, pseudonimo di Amantine (o Amandine) Aurore Lucile Dupin (Parigi, 1° luglio 1804 – Nohant-Vic, 8 giugno 1876), è stata una scrittrice e drammaturga francese. Femminista molto moderata, fu attiva nel dibattito politico e partecipò, senza assumere una posizione di primo piano, al governo provvisorio del 1848, esprimendo posizioni vicine al socialismo, che abbandonò alla fine della sua vita per un moderato repubblicanesimo. 69 Marie d’Agoult: «Sull’aristocratica e scrittrice francese, cfr., anche per una bibliografia esaustiva, L. Colombo, Marie d’Agoult: autoritratto di un’intellettuale romantica, Reggio Emilia 1997; si veda anche G. Zavatti, Perché e nonostante. L’amicizia tra Giuseppe Mazzini e la contessa Marie d’Agoult, Milano 2000». In aggiunta alle indicazioni bibliografiche di La Puma si rinvia anche a due recenti monografie: D. Stern, Storia della Rivoluzione del 1848, a cura di M. Forcina, Laterza, Bari 2012; F. Taricone, Louis Blanc e Mme D’Agoult (Daniel Stern): socialismo e liberalismo, CET, Firenze 2014. 70 Matilda Biggs: «I componenti la famiglia di William Ashurst, di cui Matilda, sposata Biggs, è la più intellettuale delle quattro figlie, diventano i migliori amici inglesi di Mazzini. Pur non condividendo gli ideali religiosi dell’esule italiano, Matilda rimase sua fedele amica ed assistente: cfr. D. Mack Smith, Mazzini, Milano 1993, pp. 69-70, 134». 71 Questa nota è di chi scrive: Giuditta Bellerio Sidoli (Milano, 16 gennaio 1804 – Torino, 28 marzo 1871) è stata una patriota italiana. Compagna e collaboratrice politica di Mazzini, fondò con lui nel 1832 il giornale politico La Giovine Italia, assumendone il ruolo di responsabile e contabile. 72 Tra i vari suoi scritti su pensiero politico e genere si ricordano: Storia dell’idea femminista in Italia, ERI, Torino 1980; Donna e società nel Seicento, Bulzoni, Roma 1979; Poullain de la Barre e la teoria dell’uguaglianza con la prima traduzione integrale dell’Egalité des deux sexes, Unicopli, Milano 1996; La rivoluzione femminile nel XX secolo, in Eredità del novecento a cura di E. Di Nolfo, Enciclopedia 66

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solo acute ma anche innovatrici, che hanno anticipato i colleghi uomini, un esempio per tutti la ignorata Harriet Martineau che analizza la democrazia in America prima dell’arcinoto Tocqueville, con uno sguardo di genere alla condizione politica delle donne e dei neri73. Il paradosso è che nella prima metà dell’Ottocento, Martineau è una giornalista famosa e influente sul piano politico (tenuta in gran conto dai parlamentari inglesi per veicolare le riforme nei suoi racconti di economia, contribuisce con Josephine Butler all’abolizione delle leggi sulle malattie contagiose che discriminano le donne) mentre Tocqueville era un poco noto magistrato. La storia ne ha ribaltato completamente le sorti. Conti Odorisio ha il merito di aver scoperto anche personaggi di uno spessore intellettuale e politico e di una capacità di precorrere i tempi singolare, come il deputato pugliese Salvatore Morelli, che ha dedicato tutta la sua vita politica alla lotta per i diritti delle donne e che è oggetto di analisi del contributo di chi scrive presente in questa sezione74. Le altre colleghe che godono della stima e dell’amicizia di La Puma, i cui saggi sono pubblicati in questa sezione, sono Fiorenza Taricone e Marisa Forcina. Taricone con La Puma ha condiviso l’amore scientifico, tra gli altri temi, per il mazzinianesimo e l’associazionismo. La studiosa ha ricostruito lo sconosciuto mondo politico delle associazioni femminili che, tra fine Ottocento e per tutto l’arco del Novecento, hanno svolto un ruolo incisivo nella storia sociale e delle istituzioni politiche italiane, a lungo ignorate dalla storiografia politica perché considerate mere organizzazioni filantropiche, soprattutto quelle a cavallo tra i due secoli. Taricone ha fatto emergere sia la dimensione della partecipazione politica di queste donne, sia il profilo teorico politico che sottendeva alle loro azioni. La studiosa ha sottratto all’oblio storico o ampliato la conoscenza di diverse figure femminili dell’Ottocento e del Novecento. Per citarne solo alcune: Mme Marie d’Agoult, Teresa De Gubernatis, Cristina Trivulzio di Belgioioso, le liberi pensatrici oggetto del saggio qui pubblicato (Jenny d’Héricourt, Ernesta Margarita Napollon, Maria Alimonda Serafini), Isabella Grassi, Anna Maria Mozzoni, Anna Kuliscioff, Teresa Labriola75. Treccani, Roma 2001; La politica della Comunità Europea per la pari opportunità, in A. Quercia (ed.), Donne d’Europa, quali prospettive Pellegrini, Cosenza 2001; Ragione e tradizione. La questione femminile nel pensiero politico, cit.; con F. Taricone, Per Filo e per Segno, antologia di testi politici sulla questione femminile, Giappichelli, Torino 2008. Conti Odorisio ha anche istituito la Sezione di questione femminile e politiche paritarie nel Dottorato in Scienze politiche presso l’Università di Roma Tre (caduta sotto i colpi dei tagli all’Università e alla Ricerca) e ha fondato nel 1975 con Ida Magli la prima rivista di studi antropologici, storici e sociali sulla storia delle donne: «D.W.F. Donna Woman Femme». 73 G. Conti Odorisio, Harriet Martineau e Tocqueville, due diverse letture della democrazia americana, Rubbettino, Soveria Mannelli 2005. 74 G. Conti Odorisio (ed.), Salvatore Morelli (1824-1880): Emancipazione e democrazia nell’Ottocento europeo, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1992. 75 Taricone si è occupata anche delle Costituenti, di questioni inerenti le pari opportunità e la relazione tra i generi, del welfare sotto il profilo di genere, di pacifismo e interventismo. È coautrice con Mimma De Leo dei primi manuali sulla storia della condizione femminile per le scuole superiori, Le donne in Italia. Diritti civili e politici e Le donne in Italia. Educazione-Istruzione, apparsi per la casa editrice Liguori di Napoli rispettivamente nel ’92 e nel ’95. Ed è autrice di un manuale della storia delle dottrine politiche con particolare attenzione al pensiero politico e al genere (Elementi di storia delle

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A Forcina La Puma è legato da un’antica amicizia risalente al periodo della sua formazione, con la quale ha condiviso in particolare l’interesse per il pensiero di Péguy (oggetto anche del saggio qui riprodotto) in quella che Roger Dadoun definì “école de Lecce” (inteso come movimento omogeneo negli interessi culturali sia pure nella varietà dei punti di vista), ovvero il Centro Studi “Charles Péguy”, fondato nell’Università salentina e aperto alla cultura socialista e cristiana, come Forcina ha recentemente ricordato76. Del quale facevano parte, tra gli altri, proprio La Puma e Forcina che insieme avevano organizzato nel 1977 (tre anni prima della nascita del Centro) un convegno su Péguy. Forcina è tra le più note studiose del pensiero della differenza, al quale ha dedicato una Scuola estiva presso l’Università del Salento dal 2003 e giunta nel 2015 alla XIII edizione che ha prodotto altrettanti volumi da lei curati77. La studiosa ha approfondito e riletto concetti quali cittadinanza, soggettività e politica delle donne78. Quest’ultima, come lei scrive, non è quella fatta dalle donne in quanto donne, ma è testimonianze di un altro modo di intendere la politica, un modo che mostri le donne come presenza viva e parlante e non come oggetto del discorso politico o come questione sociale79. Così come la cittadinanza esprime la possibilità di partecipazione politica e definisce aspettative, desideri e valori di cui sono i soggetti i primi portatori e non le istituzioni o le ideologie o i metodi astratti o le procedure normative80. Tra le pensatrici analizzate nei suoi studi si ricordano: Simone de Beauvoir, dottrine politiche, Caramanica, Minturno 2006) e della citata antologia realizzata con Conti Odorisio (Per Filo e per Segno, antologia di testi politici sulla questione femminile). Scrittrice prolifica, si omettono i numerosissimi saggi e articoli e si citano solo alcune monografie dedicate all’associazionismo e ad alcune figure femminili: Una tessera del mosaico. Storia della FILDIS (Federazione Italiana Laureata Diplomate Istituti Superiori), Antares, Pavia 1992; Teresa Labriola: biografia politica di un’intellettuale fra Ottocento e Novecento, FrancoAngeli, Milano 1994; L’associazionismo femminile in Italia dall’Unità al Fascismo, Unicopli, Milano 1996; Isabella Grassi (diari 1920-’21) Associazionismo femminile e modernismo, Marietti, Torino 2000; Il Centro Italiano Femminile dalle origini alla Repubblica, FrancoAngeli, Milano 2001; Teoria e prassi dell’associazionismo italiano nel XIX e XX secolo, Edizioni dell’Università, Cassino 2003; Louis Blanc e Mme D’Agoult (Daniel Stern): socialismo e liberalismo, cit. 76 M. Forcina, «Chi ci libererà dai nostri liberatori?». Le rivoluzioni di Péguy, in «Prospettiva Persona – Speciale Péguy», 91 (2015/1), pp. 79-88. Si rinvia anche a M. Ciullo, Nota biografica, cit., p. 10. 77 Diversi i temi affrontati, corporeità, lavoro, diritti, politica, relazione e tanti altri. Si citano alcuni titoli: Quando la differenza fa la politica; In relazione: perché? e soprattutto come?; Tra invidia e gratitudine. La cura e il conflitto (a questa edizione Forcina farà riferimento nell’articolo qui pubblicato); Ri-conoser-si; Diamo corpo al futuro; Per le pari opportunità occorrono dispari opportunità; Progetti e bisogni e progetto di sé. 78 Numerosi i saggi e gli articoli nei quali Forcina affronta questi temi (si omettono per ragione di spazio i volumi della Scuola della differenza). In questa sede si rinvia alle principali monografie: Ironia e saperi femminili. Relazioni nella differenza, FrancoAngeli, Milano 1995; con F. Collin, La differenza dei sessi nella filosofia. Nodi teorici e problemi politici, Millella, Lecce 1997; Soggette. Corpo, politica, filosofia, percorsi nella differenza, FrancoAngeli, Milano 2000; Una cittadinanza di altro genere. Discorso su un’idea politica e la sua storia, FrancoAngeli, Milano 2003; Rappresentazioni politiche della differenza, FrancoAngeli, Milano 2009. 79 Cfr. M. Forcina (ed.), Quando la differenza fa la politica, Milella, Lecce 2014, p. 9. 80 Cfr. M. Forcina, Segni di una cittadinanza femminile: partecipare, includere, intraprendere, in F. Taricone, R. Bufano (eds.), Pensiero politico e genere dall’Ottocento al Novecento, cit., p. 69.

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Simone Weil, Hannah Arendt, Luce Irigaray, Collin Françoise, Edith Stein e Mme Marie d’Agoult (Daniel Stern) della quale ha tradotto la monumentale Storia della Rivoluzione del 184881. Questa sezione si apre con il contributo di Giuseppe Schiavone che rintraccia la partecipazione politica delle donne e una coscienza dei propri diritti già durante la Rivoluzione puritana inglese. Egli ha fondato e dirige per la casa editrice Milella la collana Politica Storia Progetto, nella quale ha accolto il presente volume con entusiasmo e grande affetto per La Puma: si coglie l’occasione per ringraziarlo pubblicamente. Gli altri saggi qui raccolti sono di Anna Rita Gabellone, che analizza la figura di Anna Maria Mozzoni approfondendo la dimensione internazionale del suo pensiero e della sua azione politica (e che si ringrazia per la preziosa collaborazione nella stesura dell’indice dei nomi di questo volume) e di Ginetta De Trane, studiosa di lingua e letteratura latina, che ha trovato collocazione in questo volume per la interessante disamina della concezione della donna, nell’antica Roma, in rapporto alla sua natura e alle conseguenze sul ruolo di sovrana nel momento in cui ne viene sopraffatta, sintetizzata dalla Didone di Virgilio. Schiavone nel saggio La Rivoluzione puritana e il primo illuminarsi dei diritti della donna rileva come durante la Rivoluzione puritana, la lettura diretta del Vangelo, fa maturare nelle donne una coscienza critica che le induce a partecipare ai problemi economici, politici e di costume dell’epoca. Le istanze democratiche a cui si richiamano provengono sia da un contesto ricco di stimoli etici e giuridici (il Vangelo e la common law), sia dalla stessa rivoluzione, ovvero da un fermento popolare fatto di frequenti dibattiti e assemblee, nelle campagne, nelle locande, nell’esercito. E se in una prima fase si mobilitano spinte dall’affetto e dall’interesse per i mariti (quando ne reclamano la liberazione dopo essere stati imprigionati per tumulti), successivamente, sottolinea Schiavone, lo fanno perché si sentono pienamente coinvolte nel fatto politico in sé, non soltanto come mogli ma proprio come cittadine. Dal 1640 le donne sono partecipi dei frequenti moti di ribellione che si hanno a Londra e in tutta Inghilterra, ma non si limitano alla sola protesta, presentano petizioni alle Camere per indurle ad ascoltare i loro punti di vista su questioni sociali e parlamentari. La partecipazione politica femminile cresce con la numerosa adesione da parte delle stesse al Leveller party, tanto da costituire una sezione femminile, guidata da Katherine Chidley, Elizabeth Lilburne e Mary Overton. Tuttavia, osserva Schiavone, rimane innegabile che i Livellatori hanno atteggiamenti patriarcali, per cui le donne sono riconosciute come valide ausiliari ma non come eguali, coloro che militano hanno ruoli attivi nella propaganda, nell’organizzazione di manifestazioni pubbliche, nella produzione e diffusione capillare di documenti (petizioni, appelli, proclami). «L’idea dei Levellers che l’uomo e la donna siano uguali per legge di natura e che possono essere governati solo in base al loro consenso non può non attrarle. John Lilburne così riassume la loro posizione»82.

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D. Stern, Storia della Rivoluzione del 1848, a cura di M. Forcina, cit. G. Schiavone, La Rivoluzione puritana e il primo illuminarsi dei diritti della donna, infra, p. 373

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Introduzione

Taricone nel saggio Ausonio Franchi e le libere pensatrici descrive la vita e il pensiero del sacerdote Cristofaro Bonavino83 che nel ’46-’48 aderisce agli ideali risorgimentali, pagando la sua scelta con la sospensione a divinis dal ’49. Da questo momento è conosciuto come Ausonio Franchi e inizia «una fase della vita, piuttosto lunga, segnata dagli ideali patriottici, dall’adesione incondizionata al razionalismo, al libero pensiero, al socialismo umanitario, all’anticlericalismo, alla massoneria»84 e all’apertura all’emancipazione femminile. Negli anni Settanta ritratta (periodo individuato dalla storiografia dominante, ma Taricone suggerisce di anticipare l’abiura) e poi si ritira in monastero. Tra il ’54 e il ’57 Franchi dirige «La Ragione» e vi ospita, unico in Italia, gli scritti di Jenny d’Héricourt (le cui tesi sull’emancipazione femminile poggiano su quelle di un cammino evolutivo della società) che esordisce con il testo De l’avenir de la femme, nel quale analizza il ruolo della donna nelle scuole socialiste contemporanee, individuando solo nella sansimoniana la parità tra i sessi. Mentre blandi sono i rapporti con le esponenti italiane dell’emancipazionismo (risorgimentale, del libero pensiero, del liberalismo), a eccezione di alcune: le razionaliste Ernesta Margarita Napollon e Maria Alimonda Serafini delle quali Taricone traccia il pensiero, in particolare della Serafini, la quale critica gli eserciti permanenti e l’indissolubilità del matrimonio ed è convinta assertrice della missione civilizzatrice della donna come si evince dal suo poco conosciuto Il catechismo della libera pensatrice (che Taricone esamina nel saggio). Gabellone85 nel saggio Verso il suffragio femminile. Il contributo di Anna Maria Mozzoni descrive il pensiero e l’attività politica della nota emancipatrice, ritraendola come la prima teorica e militante del movimento emancipazionista in Italia che semina le sue idee tra i repubblicani, i radicali e i socialisti, e la cui opera ha risonanza in tutta Europa. La studiosa approfondisce la dimensione internazionale di Anna Maria Mozzoni ed evidenzia il collegamento, a cui lei contribuisce, tra il sistema politico inglese, ormai consolidato, e l’appena formato Stato italiano, in particolare unendosi alla lotta contro la prostituzione, la quale è strettamente connessa con quella per il diritto di voto. Infatti, sebbene i cambiamenti dovuti ai nuovi scenari europei politici e sociali rappresentano sicuramente un trampolino di lancio verso tale diritto, ciò che più è servito a sottoporre la questione all’opinione pubblica e alle forze politiche, e in alcuni casi a sancire definitivamente l’allargamento del suffragio alle donne, è stata la lotta condotta in questo senso dal movimento politico femminile abolizionista. Gabellone riconosce nel programma mozzoniano la giusta trade union tra la politica riformista inglese e una corrente di pensiero in grado di reclamare nuove normative a favore delle donne, soprattutto mobilitando la coscienza dei nuovi cittadini italiani e delle italiane. Attraverso anche un sapiente utilizzo della carta stampata (tanti sono i giornali per i quali scrive, tra questi il già citato periodico «La donna») e delle associazioni per stimolare il dibattito pubblico ed educare le donne a una maggiore consapevolezza di sé e dei propri diritti. La studiosa a Franchi ha dedicato una monografia: Ausonio Franchi: democrazia e libero pensiero nel XIX secolo, Name, Genova 1999. 84 F. Taricone, Ausonio Franchi e le libere pensatrici, infra, p. 387. 85 La studiosa ha in corso di pubblicazione una monografia su Anna Maria Mozzoni. 83

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Rossella Bufano

Chi scrive (Rossella Bufano) in Salvatore Morelli e la madre cittadina affronta un personaggio bistrattato dalla storia contemporanea e postuma. Considerato radicale e ridicolo dai contemporanei, tanto da essere oggetto di caricature grafiche (vestito con abiti da donna) per la sua ostinata difesa dei diritti femminili. Dimenticato dalla storiografia fino agli anni Novanta del secolo scorso quando viene scoperto da Conti Odorisio e ancor oggi adombrato dalla fama di J.S. Mill che di emancipazione delle donne si è occupato dopo di lui. Il saggio si pone due obiettivi, uno è quello di indurre a riflettere sugli effetti sociali e politici della sua attività e del suo pensiero, al di là dei concreti risultati legislativi: molte le donne che raccolgono petizioni, ne discutono sui giornali e numerose le sedute parlamentari dedicate al voto alle donne nell’Italia liberale se, alla luce degli studi di Martucci86, si considera che su sessantadue anni di istituzioni liberali il Parlamento è inattivo per ben quaranta grazie all’utilizzo dello strumento della proroga delle sessioni. Il secondo obiettivo è quello di focalizzare l’attenzione sulla capacità visionaria del democratico radicale e soprattutto sulla sua teoria della madre cittadina che emerge dal suo testo La donna e la scienza, ereditata e diffusa dalle emancipazioniste del secondo Ottocento, in particolare dalle redattrici del periodico «La Donna» e dalla sua fondatrice Gualberta Alaide Beccari (di cui si è parlato in questa introduzione). Forcina nel saggio Le filosofe e i maestri. Quel che non abbiamo raccontato, citando George Sand afferma che i maestri non vengono invocati solo per un accesso ai contenuti del sapere ma anche per una guida nei sentimenti e nelle emozioni. Ma, avverte, la prossimità con l’altro/a espone al rischio della cattura o a quello di una ribellione che comporta conflitto o una estrema distanza. In questa relazione nascono inevitabilmente invidia e gratitudine (tema affrontato in una delle Scuole estive da lei organizzate). Ecco che la studiosa evoca Péguy87 che ne La Città armoniosa (1897) propone «una città dove tutti i cittadini diventano ciò che essi sono, e lo diventano se sanno coltivare le loro più grandi differenze» e per il quale «il maestro doveva solo essere il primo ad avviare un’azione nella realtà ma non doveva restare l’unico; non doveva pensarsi il migliore e imporre dipendenze»88. Ma a parte Péguy, afferma Forcina, nella cultura ufficiale del Novecento c’è stato solo il tentativo di misurare il mondo e il vissuto maschile e femminile all’interno delle gerarchie. Il superamento dell’invidia e della gratitudine si ha ripristinando la propria libertà attraverso la cura, che restituisce alla condizione di libertà, oppure il conflitto che pone in una condizione di parità. Forcina in questa analisi descrive anche il pensiero in merito di Luisa Muraro (per la quale il valore della madre-maestra è nella soggettività incarnata delle donne) e di François Collin (per la quale «la trasmissione di un saper fare è il solo modo che rende possibile e realizza un legame altrimenti R. Martucci, Storia costituzionale italiana. Dallo Statuto Albertino alla Repubblica (1848-2001), Carocci, Roma 2002, pp. 82-84. 87 Su Péguy numerosi sono i saggi scritti da Marisa Forcina, qui si rinvia solo alle curatele: Ch. Péguy, Lo spirito di sistema, trad., introd. e note a c. di M. Forcina, Milella, Lecce 1988; con M. Bee, Un poète l’a dit- Péguy di fronte alla contemporaneità, di M. Forcina Premessa, pp. 7-15 e Le rivoluzioni di Péguy, pp. 147-167, Milella, Lecce 2009. 88 M. Forcina, Le filosofe e i maestri. Quel che non abbiamo raccontato, infra, p. 86

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Introduzione

impossibile con l’altro»). Alla domanda qual è il rapporto con i maestri in filosofia, Forcina torna a rispondere con Péguy e afferma che il dono della filosofia è un «dono di lavoro che lascia intatta la libertà dell’altro». Proprio La Città armoniosa è pubblicata a cura di La Puma nel 198489. Nell’introduzione intitolata Il controsocialismo di Péguy egli rileva come nell’opera il socialismo politico e sociale dell’autore già si avvia al socialismo come filosofia di un nuovo mondo che si compie in Marcel, premier dialogue de la cité harmonieuse pubblicato un anno dopo (1898). In De la cité socialiste coesistono il richiamo alla dottrina socialista della tradizione francese e l’influenza del marxismo. Ma, sottolinea La Puma, Péguy tiene subito a rimarcare il suo rifiuto del materialismo storico, infatti l’aspetto umanistico contende il ruolo di centralità a quello economicistico, la centralizzazione della produzione sociale ha la sua giustificazione nel recupero e nell’esaltazione della soggettività. Nella città socialista basteranno poche ore di lavoro al giorno per soddisfare le esigenze materiali, tutto il resto del tempo deve essere destinato alla crescita umana e spirituale dei lavoratori, sia come cittadini singoli che come comunità armoniosa. «La città armoniosa non è, nelle intenzioni di Péguy, una città fantastica e metastorica, ma una città in cui le anime si realizzano nei limiti e al meglio delle loro possibilità»90. Chiude la sezione il saggio di Ginetta De Trane, Didone: l’amore, la donna, la regina, in cui si analizza il personaggio mitologico di Didone, nella trasposizione di Virgilio. Come rileva la studiosa, Didone perde completamente il controllo di sé, lasciandosi travolgere dalla passione per Enea, dimenticando così il suo ruolo di regina e i vincoli che questo comporta (soprattutto per lei in quanto donna), la cui conseguenza è l’ineluttabile disfacimento del Regno. La Didone virgiliana esprime gli ideali romani: la sovrana, rimasta vedova, esercita il potere e le funzioni maschili e ottiene l’obbedienza degli uomini per la sua capacità di governare che è strettamente connessa alla sua virtù, la pudicitia, essendosi consacrata al defunto marito Sicheo. Nel momento in cui la regina altro non è che una donna, ovvero un essere sessuale, emotivo, facile preda dell’amore e delle emozioni, rivela di essere biologicamente incapace di autocontrollo, di essere inadatta a governare un Regno, verso il quale finisce con il provare indifferenza a causa della sofferenza d’amore. Come evidenzia De Trane, l’immobilità che la circonda è speculare alla metamorfosi della regina, che viene meno a tutti i suoi doveri. «Travolta da una profonda passione tutto intorno a lei si arresta, Cartagine è stata fondata da poco e molte sono ancora le opere da portare a termine, ma la regina è incurante delle faccende dello stato, non dà più ordini, non le importa di fare della sua fortezza la città più ricca e potente del suo tempo»91. All’immagine di Didone si contrappone quella di Enea che invece rappresenta l’ordine della Roma augustea, che sa esercitare il governo di sé. Mentre Didone altro non è che una donna che per sua natura, come è convinzione diffusa dai tempi di Virgilio fino all’Ottocento dei positivisti, è vulnerabile ai sentimenti e, pertanto, inadeguata a governare. Ch. Péguy, La città armoniosa, a cura di L. La Puma, Milella, Lecce 1984. L. La Puma, Il controsocialismo di Ch. Péguy, Introduzione a Ch. Péguy, La città armoniosa, cit., p. 17. 91 G. De Trane, Didone: l’amore, la donna, la regina, infra, pp. 89 90

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