Shadow of the mark capitolo 3 tradotto

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Capitolo 3 Presentazioni… Il giorno dopo, Adam saltò la prima ora. Durante la ricreazione mi si avvicinò da dietro e mi diede un bacio sulla guancia. «Dove sei stato?» Lui scrollò le spalle. «Avevo… delle cose di famiglia.» Non era da lui essere vago. Mi guardai attorno. «Dov’è Áine?» «Ha ricevuto delle notizie e non le andava di venire. Te lo racconterà più tardi.» Si abbassò per baciarmi. Non appena le sue labbra entrarono in contatto con le mie, il vento frustò le nostre gambe, facendoci avvicinare. Volevo fargli mille domande, scoprire cosa aveva sconvolto Áine tanto da non venire a scuola, ma la mia mente si offuscò quando venni circondata dalle sue braccia. Lui sorrise e scosse la testa. «Non dovrei farlo proprio prima delle lezioni.» «A che ora arriva l’Ordine di Berlino stasera?» «Alle sei e mezza. Siamo ancora d’accordo per la cena?» «Certo! Hai presente mio papà. È l’uomo più felice del mondo quando sono sotto la protezione di Fionn.» Adam rise. C’erano poche persone di cui mio padre si fidasse veramente per la mia sicurezza ultimamente, ma Fionn, con la sua prestanza intimidatoria stile esercito, era uno di quei pochi privilegiati. «Adam, dimmi cosa succede con Áine. Sta bene?» La sua mascella di irrigidì. «Vuole dirtelo lei stessa.» «Cosa?» «Non deve sapere che ti ho detto qualcosa.» Mi accigliai per finta. «Dillo e basta! Velocemente, prima di dover andare in classe.» «Allora… dal momento che Áine ha raggiunto “l’età”, l’Ordine ha pensato che sarebbe stato un buon momento per presentarle il suo… promesso sposo. Immagino faccia parte delle cose di cui vogliano parlarci stasera.» La mia bocca si spalancò. Áine mi aveva detto che i maschi erano selezionati attentamente da un determinato lignaggio e poi accoppiati con una femmina Segnata per garantire la continuazione della discendenza dei Segnati, ma ci avevo sempre pensato come a una cosa futura, qualcosa con cui avremmo avuto a che fare tra anni. «Oh mio Dio. Pensavo che la cosa fosse stata messa da parte perché avevate trovato me.» Adam scrollò la testa. «Sei un punto di domanda agli occhi di quelli dell’Ordine. La responsabilità di continuare la discendenza cade sulle spalle della povera Áine.»


«Ma è ridicolo! Tu e Fionn dovete impedirlo.» «Cosa pensi che abbiamo provato a fare? Áine non vuole ascoltarci. Sta andando fuori di testa, ma è impuntata nel volerlo incontrare. Credo sia curiosa.» «Quando arriva?» Adam fece una smorfia. «Venerdì.» «Cosa?!» Avevo altri milioni di domande, ma la campanella suonò e tutti si affrettarono verso le loro rispettive classi. Non potevo credere che avevo un’intera giornata di scuola da affrontare prima di poter parlare con Áine. Da pazzi.

Quel pomeriggio mi diressi nuovamente a casa dei DeRís, solo che non mi fermai in cucina. Andai dritta verso la camera di Áine e bussai con cautela. «Áine, sono Megan. Posso entrare?» Aprì la porta, mi guardò e abbassò la testa. «Adam te l’ha detto, vero?» Si trascinò fino al letto e crollò sulla trapunta, seppellendoci la faccia. Un forte gracchio provenne da sotto le coperte e la testa di Randel spuntò da una piega. «Scusa Randel.» Mormorò Áine. Mi sedetti accanto a lei e le massaggiai la schiena con una mano delicatamente. «Non ne aveva intenzione. L’ho costretto a dirmelo.» «Probabilmente sei d’accordo con loro. Starai pensando che mi piace proprio farmi del male.» Disse, con la voce udibile a malapena. «No, non potrei mai.» Si girò con il viso verso la grande finestra che dava sul selvaggio paesaggio che una volta era un giardino. Il sole tardo-pomeridiano si riversava nella stanza. «Grazie per…» sussurrò lei, «non aver detto niente. È un bel cambiamento dall’ammasso delle opinioni delle altre persone. È difficile con i ragazzi… loro proprio non lo capiscono. Persino Randel trova difficile starmi attorno in questo momento.» Le sorrisi, ma non dissi nulla, aspettando che continuasse. «È che questo ragazzo, il mio fidanzato, farà parte della mia vita che mi piaccia o no. Ma se almeno lo vedo, se giudico da me, sarò io a fare la scelta. Non la mia famiglia, non l’Ordine. Io.» Annuii. «Lo capisco.» «Non mi spaventa l’Ordine. Non verrò costretta a sposarlo e non mi sembra di avere qualche obbligo… ho solo il bisogno di farlo.» «E allora fallo.» Dissi, mettendo da parte i miei dubbi. Prese la mia mano distrattamente e lasciò che le dita accarezzassero le mie. Il formicolio mi faceva sentire a disagio. Arricciando il naso alla sensazione, cercai di tirare indietro la mano. «Áine… lo stai facendo ancora.»


«Cosa?» «La cosa con la mano.» «Oh! Scusa. La gente comincerà a pensare che parteggio per l’altra sponda.» Rise in modo strano. «È assurdo, vero? Giusto ma… in qualche modo anche sbagliato?» Girò la mia mano nella sua, guardando intensamente le nostre dita intrecciate e poi lentamente, e un po’ riluttante, le lasciò andare. «Credo che siano solo gli elementi che si cercano l’un l’altro.» Dissi, spezzando l’imbarazzo del momento. «Sono sicura che non sia niente di cui preoccuparsi.» Lei si sforzò di sorridere. «Spero tu abbia ragione.»


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