Capitolo 5 – Etamin Hiryu si sentiva lieve, rilassato, come in un sogno confezionato su misura per lui, privato di ogni pensiero e preoccupazione. La sua mente vagava senza meta apparente in un mare cullato dai dolci profumi. La sua anima stava sfrecciando nello spazio come una cometa e procedeva a tutta velocità verso la costellazione del Dragone. Sentì il calore pervaderlo e possederlo. Sì sentì ardere dentro e provò una sensazione molto simile a ciò che precede una meritata ricompensa. Il suo respiro divenne irregolare, sebbene non riuscisse a riconoscerne le normali caratteristiche. La Terra appariva ormai un piccolo puntino lontano e tantissime stelle passavano ora velocemente davanti ai suoi occhi illuminando il suo viso per poi gettarlo nell'ombra. Fu come volare a tutta velocità nel bel mezzo di un viale circondato da alberi ben allineati, ognuno cresciuto ad una giusta distanza dall'altro, ad ogni stacco un bagliore. Lo spazio era di un colore blu profondo, tendente al nero, interrotto solamente da alcune nebulose colorate che si miscelavano in vaporose nuvole dense e dalle forme più stravaganti; lo spettacolo a cui ebbe la fortuna di assistere si aggiudicò l'etichetta di indimenticabile nel suo cuore abbastanza grande da reggere nuove sorprese, nuovi meccanismi, nuove vite e nuove stelle. Nemmeno si accorse che difficilmente avrebbe riprovato quel brivido alla stessa frequenza con cui oscillava ora il suo stupore. La seconda volta non sarebbe stata la stessa cosa. Il tragitto non fu molto lungo, sebbene la meraviglia dentro
di sé viaggiò per un tratto infinito del suo essere. Hiryu avvistò subito la grande Stella di colore rosso arancio e si sentì inspiegabilmente un intruso. Presto si domandò perché Norac non fosse con lui e subito iniziò ad agitarsi. Non fece movimenti bruschi, perché la traiettoria della sua scia non gli permetteva alcun cambio di direzione. Era una cometa unidirezionale che presto sarebbe giunta alla sua meta. Come avrebbe potuto rallentare il suo sicuro andare? L'impatto era sempre più imminente e Hiryu non aveva la minima idea di come atterrare su una stella; doveva trovare almeno il modo di rallentare la sua andatura. Tese i muscoli del suo corpo e li contrasse in uno sforzo inutile. Provò quindi a compiere un lavoro con la mente, a pilotare la sua fisicità, ma non successe nulla. Il bagliore arancio rossastro si impossessò delle sue iridi e il timore primeggiò tra i suoi pensieri. La sua anima di luce aumentò drasticamente la sua velocità. Impattò con l'atmosfera, sentì un incendio divampargli nel petto. Percepì il fischio del vento che sferzava il suo volto, ne sentì la freschezza e provò a respirare a pieni polmoni. La caduta gli impedì di inalare l'ossigeno in modo completo e il cuore iniziò a dirigere l'orchestra dei timori. Sarebbe morto schiantandosi a quella velocità, chiunque avrebbe potuto capirlo. Riconobbe la morfologia della Stella verso la quale si stava per dirigere, ne vide le buie fattezze, le pianure sconfinate e le montagne erbose ricoperte di nebbia avvolgente. Etamin, la stella più luminosa della costellazione del Dragone si stava disegnando davanti a lui e si stava offrendo come unico suolo d'atterraggio. Capì solamente tre cose prima di toccare il suolo: la prima era che su Etamin era notte, ma non come quella sulla Terra, una notte profonda quanto una gola oscura. La seconda era che
stava per andare a schiantarsi dentro ad un'enorme siepe, infine capì che non sarebbe stato affatto piacevole. Spremette i suoi occhi con forza, le palpebre serrate in un rito di preparazione al dolore. Irrigidì la mascella e la mandibola, deglutì, strinse i pugni fino a sentire le unghie entrargli nella carne viva. Contrasse i muscoli dell'addome e i polpacci. Chiuse a riccio le dita dei piedi e trattenne il fiato. Perse ogni possibilità di porre un freno al suo moto senza fine e si arrese al suo futuro. Sebbene fosse spaventato, prima di sentire i cespugli taglienti rovinargli il viso, capì che il suo corpo non si sarebbe mai sfracellato a terra. Non sarebbe morto. Norac era già atterrato da un pezzo e osservava divertito il brutto atterraggio del ragazzo-cometa come uno spettatore che ha compreso il finale prima della sua messa in scena. Ridacchiò fino a scuotere tutto il suo corpo. Lanciò di qualche centimetro il suo bastone in aria e lo riafferrò qualche millesimo di secondo più tardi. La mano sinistra lo strinse con vigore e si sentì finalmente pronto per completare il suo incarico di traghettatore. Aveva ormai preso una decisione, inutile sarebbe stato contornarla con fuorvianti sensi di colpa. « Mi dispiace » disse sconsolato, stropicciandosi la bocca con le labbra ispide. « Mi sono completamente scordato di dirti che devi pronunciare il nome della nana con cui hai viaggiato per evitare di dover atterrare a peso morto come hai appena fatto tu » aggiunse avvicinandosi al luogo dove un corpo si stava dimenando senza giungere ad una soluzione. La voce del traghettatore possedeva una tonalità di insolita allegria: la cosa non sembrava dispiacergli molto al contrario del suo tono così desolato. « Ora che ci penso, i tuoi amici non saranno stati troppo contenti di questa mia dimenticanza » disse sollevando
gli occhi e immaginando la loro caduta. Alzò le spalle e si scrollò la preoccupazione come si elimina senza troppi riguardi un oggetto ingombrante. Hiryu si stupì assai nel sentire tutto ciò. Norac trovava divertente quella situazione, anche se non lo voleva dare troppo a vedere. Forse non era poi così cattivo pensò. Eppure Legius l'aveva messo in guardia, avrebbe dovuto aspettarsi il peggio dal suo modo di gestire le cose. Quel maldestro atterraggio ne era una prova evidente. « Tirati su ragazzo, non sarai mica già morto? » chiese Norac avvicinandosi e afferrandogli un piede come se avesse appena impugnato una spada incastonata in una roccia magica. « In questo momento non riesco a muovermi molto bene. Le dispiacerebbe aiutarmi signore? » gli domandò Hiryu, mentre cercava di tornare con i piedi per terra, alcuni rami gli avevano causato dei piccoli taglietti sulla faccia. Agitava i piedi avanti e indietro come se stesse cercando di raggiungere il fondo di un lago invisibile. Ogni parziale movimento delle braccia significava un pizzico accompagnato dall'ennesimo taglietto delle spine presenti nell'infido cespuglio. Norac strinse con la mano destra la sua caviglia, fece un bel respiro e lo sollevò di peso, alcuni dei suoi vestiti si impigliarono nei rami appuntiti e si sgualcirono. Lo spostò di qualche centimetro dal luogo del ritrovamento, poi lo scaricò di scatto sul fresco prato, come si fa quando si butta la spazzatura. « Grazie signore » disse Hiryu, sistemandosi i capelli pieni di foglie. Avrebbe sicuramente preferito mani più gentili, ma per lo meno adesso aveva i piedi per terra. Si tolse i ciuffi d'erba che aveva in bocca, si ripulì i vestiti, constatò i danni ai suoi pantaloni e poi con le mani andò a comprimere le zone sul
viso che si erano aperte in finissimi e quasi invisibili tagli. Vide il colore del suo sangue. Era da molto tempo che non si procurava una ferita, seppur piccola che sia. Non giudicò quell'evento come negativo, ma ne trasse soltanto positività: da quanto aveva smesso di vivere sul serio? Ricordò le parole di Legius e finalmente non si sentì uno stupido: “chi non ha ferite o cicatrici non è una persona prudente, è soltanto noiosa”. Sorrise ripensando al vecchio uomo che per l'ennesima volta non perdeva occasione per mostragli le ramificazioni di cicatrici che le sue vecchie mani possedevano. Esse si diramavano partendo dalla punta delle dita e come solchi capillari si riunificavano nel centro del dorso della mano dove sfociavano in un'unica linea biancastra in rilievo. Mai gli disse come se le fosse procurate, ma si ricordò con stupore le parole che ogni volta pronunciava invece di raccontargli la sua vicenda: “queste cicatrici rappresentano il mio limite verso un traguardo, ma sono anche il punto di partenza per nuove prospettive. Non ho saputo trovare nei miei libri il segreto per i miei desideri, ma ho ricevuto un sacco di spunti ai quali aggrapparmi e inaspettatamente ho colorato la mia vita di bizzarre esperienze. Questi piccoli segni che possiedo sulle mie mani sono la punizione per aver osato troppo, ma sono anche lo stendardo di cui vado più fiero, la prova inconfutabile di aver vissuto secondo le proprie convinzioni.” Quando era solito divagare con quei discorsi tanto contorti quanto noiosi, Hiryu ritornava sempre a casa con la mente offuscata. Ogni volta che tentava di ricordare una parte dei colloqui avuti con Legius, una zona dei suoi pensieri risultava sempre inaccessibile ed inspiegabilmente si ricordava le mani calde del vecchio sopra il suo capo. Mani gentili, mai aggressive, sempre sapienti...
Dopo essersi ripreso si guardò intorno, non poteva crederci; il paesaggio era insolitamente strano: un miscuglio imprevedibile di immagini già presenti nella sua testa e una seconda parte che rimetteva in discussione il concetto stesso di montagne, cielo, nebbia, colline e terra. Una prateria color della morte si estendeva attraverso una lunga vallata e solamente in lontananza si potevano osservare delle montagne dalla forma mostruosa che facevano da confine a quella distesa di dimensioni colossali. Il cielo era oscurato e qualche nuvola rossa lo attraversava qua e là, rendendo macabra ogni presenza sotto di esso, tanto da inquietare il ragazzo e sbriciolare il suo coraggio come pane secco. L'intera pianura era visibile a tratti perché delle piccole luci bianche erano disposte in fila indiana lungo tutta la valle. Alcune di dimensioni maggiori delimitavano un enorme giardino circondato da una siepe alta e imponente, erta abbastanza da impedire anche all'immaginazione di scavalcarla. « Cosa c'è dentro quei lampioni? » chiese incuriosito Hiryu, cercando di ignorare le sensazioni maligne che stava respirando insieme all'aria malsana presente tutt'attorno. « Lampioni? » ripeté Norac, disegnando una faccia insolitamente inaspettata. La portò all'indietro di colpo e crucciò le sue tempie disegnando promontori frastagliati soltanto dalle rughe più vivaci. « Sì, quei lampioni che illuminano i confini del giardino! » esclamò indicandone uno vicino, stupito che Norac non riuscisse a comprenderlo. « Non vedi? Sono stelle che stanno facendo il loro lavoro » rispose vago Norac. « E che lavoro fanno? » domandò sempre più insistente.
« Illuminano, non vedi? » A quel punto Hiryu le guardò con più attenzione, stropicciandosi gli occhi per la meraviglia. Avvicinò il viso in direzione della più vicina, come se quella piccola distanza guadagnata avesse potuto aiutarlo a comprendere la natura del loro funzionamento. « E... sono vive? » chiese senza nemmeno girarsi verso l'unica persona che in quel momento avrebbe potuto sciogliere i suoi dubbi. « Certamente! Altrimenti come farebbero ad illuminare? » rispose Norac, come se la cosa fosse tanto ovvia. « Quelle però non sono delle stelle qualunque, ma dei piccoli frammenti di una stella lavoratrice. Esse si trovano solamente sulla costellazione dell'Orsa Minore, più precisamente sulla Stella Polare. Posto pericoloso quello... » aggiunse diventando serio tutto ad un tratto. « Comunque quelle stelle sono estremamente rare. Una volta estratta una stella lavoratrice è possibile spezzarla in tanti piccoli frammenti più piccoli ed utilizzarla per diverse attività o oggetti particolari. Come ti ho già detto però, non dovrei essere io a spiegarti tutto questo, stiamo perdendo tempo. Ora entriamo, abbiamo cose più importanti da fare ». A quelle parole Hiryu si girò verso il giardino e non poté più fare a meno di ignorarlo. Sebbene vi fossero forme di creature spaventose intrappolate nelle montagne tutt'attorno, una nebbia avvolgente e imprevedibile, una pianura senza un inizio e una fine, degli strani lampioni contenenti altrettanto bizzarri corpuscoli luminosi, di cui aveva capito tutto e niente, Hiryu aveva volontariamente ignorato il giardino. Fin da quando era piccolo aveva da sempre odiato i labirinti e gli spazi dove la gente avrebbe potuto perdersi e perdere quindi le persone care, gli affetti, il contatto umano. Quando era soltanto
un bambino i suoi genitori non potevano lasciarlo solo un attimo, altrimenti l'agitazione prendeva il sopravvento e una lacrima gli colorava il viso senza nemmeno avere il tempo di muovere un dito. Inspiegabilmente la presenza del traghettatore al suo fianco gli infondeva una sorta di energia affine che non aveva mai conosciuto prima. « Stammi dietro e tieni il passo, questo posto mette i brividi anche a me ragazzo, quindi facciamo alla svelta ». Sentire il suo timore espresso verbalmente alleviò il suo. I due si incamminarono verso l'entrata del grande giardino come granelli di sabbia davanti a sconfinate dune nel deserto. Esso sorgeva sulla cima di una poco spiccata collina, ad una cinquantina di metri da dove erano atterrati. Dietro di loro, non troppo lontano dal medesimo punto, un voluminoso albero dalla chioma maestosa sorrideva per incoraggiarli. Il vento soffiava in punta di piedi per non farsi riconoscere dalla prateria; la felpa di Hiryu non bastava a proteggerlo dal freddo e ogni tanto un brivido gli percorreva la schiena come del ghiaccio a contatto con la pelle. L'atmosfera era parte stessa delle loro angosce, del passo incerto di Hiryu e di quello deciso di Norac. Quel posto era particolarmente misterioso e intriso di oscurità. Non ne era completamente sicuro, ma aveva come la sensazione che il vento provenisse dal giardino e non dalla valle, ma era così per davvero? Il giardino era vivo? « Alcuni lo chiamano “Il Respiro Di Ladone”, per altri invece è soltanto un normale venticello che proviene dalle alte siepi presenti al suo interno » disse Norac, fiutando una domanda. Il cuore di Hiryu prese a battere velocemente, lo sentì bussare dietro il suo sterno con insistenza. Quell'organo era l'unica cosa che lo riscaldasse in quella circostanza. Le sue
domande sembravano essersi congelate in gola, non sapeva da che parte cominciare, tutto stava perdendo ogni senso logico. Aveva lasciato la Terra e si era recato su Etamin per prendere la sua nana; se l'avesse raccontato a qualcuno l'avrebbero di sicuro scambiato per un pazzo, forse stava sognando. Eppure i tagli sulla sua faccia e i muscoli indolenziti per la caduta li sentiva benissimo, non poteva che essere vero. Quelle cose esistevano, non erano frutto della sua immaginazione e non era nemmeno all'interno dei suoi strani sogni. Era lì, su quella Stella, con la sola compagnia di Norac. Cosa c'era di ordinario in tutto ciò? All'entrata del giardino un apparentemente fragile ed enorme cancello in ferro battuto li accolse altezzoso. La malvagità delle sue sbarre nere riuscì ad insinuarsi nelle sue ossa fino a fargli mancare il respiro. Avvertì uno strano presentimento; avrebbe voluto scappare il più lontano possibile da lì, ma nello stesso tempo aveva in corpo una sensazione ambivalente di curiosità e di mistero. In alto, sopra i battenti, vi era una scritta imponente che diceva: “Poco tempo vi è per trovarle, ciò che brilla è caro a Ladone.” Poco più sotto, stava una seconda scritta, più in piccolo: “Cursum Perficio.” « Cosa significa? » chiese Hiryu, indicando le grandi lettere nere. Osservò il suo dito indice tremare inspiegabilmente e lo
raccolse con l'altra mano per nasconderlo dietro la schiena. Mostrare le sue paure era l'ultima cosa che avrebbe voluto fare davanti a Norac. « Significa che abbiamo un'ora per trovare la tua nana senza farci scoprire da Ladone » rispose Norac, seccato dalle mille domande a cui era costretto a rispondere. « E la scritta più in bas... » « Quella significa » disse Norac interrompendolo, « “Il viaggio finisce qui”. Sinceramente penso voglia dire che questo giardino segni l'inizio e la fine di tutto, il suo significato però rimane tutt'ora un mistero ». « Chi è questo Ladone invece? » « Questa costellazione viene chiamata “Dragone”, ma in realtà in greco la parola “draco” significa “serpente”. Ladone è un grosso serpente che abita questo giardino ed è stato messo qui per proteggerlo. Di giorno Ladone rimane attorcigliato all'Albero Delle Mele d'Oro per evitare che esse vengano rubate. Di notte invece protegge tutto il giardino, in questa fase del giorno le sue dimensioni sono notevoli, questo per potere adempiere al meglio al suo lavoro di guardiano e custode. Si dice che velato dalle tenebre possieda cento teste e ciascuna di queste abbia una voce diversa. Alcuni dicono che sia capace persino di imitare la voce delle persone che conosciamo, è davvero pericoloso in parole povere ». « E perché dobbiamo entrarci proprio di notte signore? Non possiamo aspettare l'alba? » chiese il ragazzo. « Perché tra poco io finisco il mio turno ed è mio compito portarti nella costellazione che hai scelto con una nana, prima che ciò accada. E stai certo che sarà così! Ormai siamo saliti. In questo modo non perderai l'anno e potrai stare con i tuoi
preziosi amichetti del cuore » rispose Norac in modo sgarbato facendo strada. Hiryu non seppe se apprezzare o meno tutto ciò. L'avrebbe ringraziato un giorno? Dopo essersi schiarito la gola riprese la sua spiegazione dicendo: « Questo posto un tempo era abitato da ninfe crudeli e malvagie. Nonostante la loro temibile fama sono state proprio queste ninfe le prime a padroneggiare l'arte stellare nei tempi antichi che furono. Non si è certi di quante siano veramente, molto tempo fa sono scomparse da questo giardino, storia lunga questa. Il che però è una fortuna, perché non erano degli esseri molto socievoli con noi umani ». Le parole di Norac entrarono nella testa di Hiryu con facilità; il ragazzo non voleva farsi sfuggire nemmeno il più piccolo dettaglio di tutte le novità che lo avevano circondato d'improvviso. « Ma noi perché siamo qui signore? Per le mele d'oro? » chiese con gentilezza, ormai aveva capito, Norac non amava le domande, ma lui ne aveva così tante, non avrebbe potuto farne a meno. « Santo cielo, questo è uno straordinario! Mi farò pagare una cifra extra dal Consiglio in persona questa volta. Non dovrei essere io a rispondere a tutte queste domande e a fornirti tutte queste spiegazioni. Io sono solamente un traghettatore » disse sbuffando pesantemente, incurante della presenza del ragazzo. « Tornando a noi... le mele d'oro contengono al loro interno delle stelle. Non quelle che vedi in cielo, ma come quella che possiedo io ad esempio, come Caron, lei è la mia nana personale ». Norac mostrò la sua nana a Hiryu come già aveva fatto sulla Terra. Caron era una piccolissima lucina arancione, molto forte. Svolazzava intensamente e di continuo attorno a Norac, il suo fedele padrone. « La trovai tanti anni fa,
proprio in questo giardino. Naturalmente non fui così fortunato da uscirvi indenne, questo però non è importante adesso; ora infatti tocca a te trovarne una. Tranquillo, ti aiuterò io, tu non sopravvivresti un minuto da solo in questo posto e se anche dovessi riuscirci non troveresti mai l'Albero Delle Mele d'Oro in un'ora soltanto ». Hiryu fremeva per l'eccitazione, perché tra non molto sarebbe diventato il padrone di una nana. Chissà cosa avrebbe potuto combinarci con essa? Ma era una buona idea profanare il giardino di notte? La strana creatura che lo abitava l'avrebbe divorato? Forse era questo il piano di Norac. Eppure perché portarlo su Etamin per farlo invece di dargli il colpo di grazia direttamente sulla Terra? « Dovremo essere rapidi e silenziosi. Dovremo essere più furbi e astuti di Ladone. Non è consigliabile utilizzare l'arte stellare, perché lo attirerebbe più velocemente; quella creatura è capace di percepirla in un baleno, tuttavia vi saranno occasioni in cui sarà vitale abusarne ». « Speriamo di non doverlo incontrare allora signore » disse Hiryu, inghiottendo la saliva che aveva accumulato durante le raccomandazioni. « Lo spero pure io. La vedi questa? » chiese Norac impuntandosi di scatto. Di poco Hiryu non gli finì addosso. Alzò una parte del suo pesante giaccone e sollevò di qualche centimetro il suo pantalone, mostrando una brutta cicatrice vicino al polpaccio, Hiryu annuì lentamente. « Ladone me l'ha fatta quando avevo la tua età. Ricordo ancora i suoi occhi, anzi, ora non è il momento di ricordarli. Ora stiamo entrando... » « È per questo motivo che porta un bastone con sé? Perché le fa male? » chiese curioso.
« Mi stai forse dando dello storpio? » chiese scontroso Norac. Hiryu si pentì subito delle sue parole e sudò freddo. In effetti la camminata del traghettatore era forte e decisa, egli non vagava certo ramingo aggrappandosi al suo strambo bastone. Esso era di un solido legno cupo, pieno di innervature e strani nodi che si attorcigliavano nella punta; era il ramo da passeggio più bello che avesse mai visto. « No, certo che no. Era solo un... » ma venne interrotto bruscamente. « Il bastone mi serve per un altro motivo. La vogliamo finire con queste domande? » rispose cupo, spingendo il grosso cancello: un assordante cigolio strozzò il silenzio. « Spegniti Caron... » sussurrò Norac, i due rimasero al buio ed Hiryu rimpianse al più presto quella lucina arancione. Una volta all'interno del giardino il vento aumentò notevolmente la sua potenza, tanto che Hiryu si riparò più volte il viso con le braccia. Un'aria gelida circondò il suo corpo percorrendo tutta la schiena, fino a raggiungere le gambe, le quali presero subito a tremare come un uomo scarsamente in equilibrio su lunghi trampoli. « Forse non è stata una buona idea venire qui questa sera » commentò Hiryu, pieno di paura. Ad un tratto il vento cessò e le foglie che aveva portato con sé caddero a terra lentamente. In quel preciso istante il cancello alle loro spalle si richiuse da solo risospinto da una forza invisibile. Il tonfo che si generò lo fece sobbalzare. Tornò a respirare a pieni polmoni e ringraziò il vento per aver smesso di soffiare. « Mi mancava questo posto... » disse Norac in tono ironico, guardando a destra e sinistra come per riconoscere qualcosa di
familiare. Due grosse statue a forma di serpente erano poste ai lati del sentiero in ciottoli, il quale si districava fino a scomparire dietro ad una siepe. Dopo aver camminato per qualche minuto i due entrarono nel buio più profondo del giardino. Non vi era nessun rumore tra quelle enormi siepi, se non il frusciare del vento tra le foglie dei grandi alberi, il quale aveva ricominciato a soffiare più forte di prima. Hiryu si voltò spaventato e una folata gli sollevò i capelli rossicci. Si guardò attorno e ad ogni direzione verso la quale puntò lo sguardo il vento lo accolse sferzante. L'oscurità aveva velato i passi appena adagiati sopra il morbido sentiero di erbetta fresca. La visibilità era ridotta a qualche metro di distanza, mentre la via che ancora doveva essere percorsa era ben visibile finché grosse siepi non la interrompevano e non la dividevano, formando un intricato garbuglio di strade. « Il Respiro Di Ladone va e viene, come le onde del mare. Si dice che la creatura preferisca aggredire nel momento in cui il vento smette di soffiare. È una tecnica per spaventare le sue prede; come se trattenendo il respiro potesse essere più micidiale ed infallibile » lo informò Norac, con la voce di uno che cerca di incutere terrore mentre racconta una storia. Non dovette impegnarsi troppo per riuscirci. Il posto era scarsamente illuminato e ogni passo che veniva mosso era destinato a finire nel buio. Ben presto Hiryu si accorse che nella testa del traghettatore iniziavano ad instaurarsi i primi dubbi. Che fosse soltanto una sua idea? Dopo altri minuti senza una meta apparente Norac fu costretto ad accendere la sua nana, anche se del tutto controvoglia. « Ma non era mica sconsigliato utilizzare una nana qui? » chiese curioso.
« Sono costretto ad utilizzare Caron, anche se il nostro tempo qui ora è praticamente dimezzato; d'ora in avanti Ladone ci troverà più facilmente. Conosco un trucchetto tuttavia, quindi non devi assolutamente preoccuparti. Ci farà sicuramente riguadagnare del tempo prezioso ». Hiryu non sapeva cosa rispondere così si limitò ad annuire perché si sentiva terribilmente inutile. « Accenditi, Caron... » Il vento si fermò bruscamente. « Questa è la prova che Ladone ha percepito la nostra presenza. Dobbiamo sbrigarci ». Senza dubbio quell'affermazione avrebbe voluto che non fosse mai stata pronunciata, perché ora le gambe del giovane ragazzo erano due foglie traballanti. Il suo coraggio si era staccato dai rami e cadeva dolcemente in un vortice a spirale verso il terreno. Si sentì debole, poi d'un tratto il giardino si illuminò debolmente, abbastanza da poter vedere dove mettere i piedi. Caron apriva la via con una presenza tenue, forse trattenuta dal suo padrone per non dare troppo nell'occhio. La luce di quel corpuscolo tanto minuscolo assorbì le sue preoccupazioni e gli restituì speranza. Le grandi siepi tutt'attorno si estendevano formando un labirinto non troppo intricato. Enormi pietre erano disposte in ordine casuale lungo tutto il prato sul quale venivano poggiati i loro piedi fugaci. Il labirinto non era molto fitto e le pareti di ogni via erano molto distanti tra loro, tuttavia era impossibile ricordarsi la strada percorsa qualche secondo prima. Caron illuminava il tragitto ondeggiando lievemente attorno a Norac e Hiryu. Ogni volta che la lucina passava dietro al suo padrone il cuore di Hiryu palpitava, spaventato dal profilo dell'ombra proiettata sul terreno. Dopo un po' di tempo però si abituò a quella strana sensazione, anche se la paura di essere in quel
posto così misterioso non venne meno. Norac camminava ad un passo insostenibile e Hiryu sentiva il suo nervosismo contagioso entrargli nel sangue fino ad arrivare al cuore. Ladone avrebbe potuto spuntare improvvisamente, nascosto dietro qualunque cosa, da un momento all'altro. « Vedi quelle pietre? » chiese Norac dopo minuti di silenzio. Hiryu annuì. Non aspettava altro che poter sentire nuovamente il suono di una voce umana. « Quando venni qui con l'accademia, fui il primo a trovare l'Albero Delle Mele d'Oro. Questo solamente perché ero a conoscenza di un trucchetto molto interessante ». « Con l'accademia? » chiese curioso Hiryu. « Certamente. Se tu non fossi così complicato domani saresti dovuto venire qui con l'accademia, insieme ai tuoi amici, per prendere la tua nana in santa pace ». Quelle parole lo misero a disagio, tanto da farlo sentire in colpa. Era complicato? Una complicazione che si sarebbe risolta in un vantaggio o un semplice rompicapo da risolvere? « Stavo dicendo... » riprese Norac, sebbene nessuno lo avesse interrotto, « queste che vedi non sono delle normali pietre; esse sono pietre rigeneranti, come tutto quello che c'è in questo giardino del resto. C'è un piccolo trucchetto però che torna a nostro favore. Bisogna commuovere le pietre e poi di scatto... colpirle violentemente, in modo tale che queste si mostrino per quello che sono veramente. Ora ti faccio vedere come... » « Un momento signore » lo fermò Hiryu. « Come mai Ladone le ha lasciato quella cicatrice se lei è venuto qui con l'accademia? Di giorno il giardino non è un posto sicuro? Davvero la scuola dove sto per andare lascia che dei ragazzi rischino la vita? » chiese incredulo. Bombardando l'uomo di
domande e abbattendo così la sua scarsa pazienza nel rispondergli. « Sei anche intelligente oltre che problematico ragazzo mio. Mi piacciono quelli come te » disse Norac dopo aver fatto un sorrisetto. I suoi lunghi capelli ondulati e ormai unti ondeggiarono vivacemente. Si toccò la barba non troppo cresciuta e i baffi ormai da tagliare per aiutare il suo pensiero ad essere espresso verbalmente. « Per la precisione però non si tratta di una scuola, ma bensì di un'accademia, perché lì imparerai a dominare certi tipi di arte e non ti limiterai all'apprendimento di sole discipline. Attraverso la docenza di persone dotte voi matricole continuerete l'apprendimento delle materie già affrontate sulla Terra e durante il pomeriggio avrete la possibilità di specializzarvi in alcune arti molto particolari insegnate da personale esterno alla struttura dell'accademia stessa, nonché i Custodi ». Hiryu ascoltò affascinato, chissà cosa gli avrebbero insegnato quelle persone. Chi erano i Custodi? Perché Norac li aveva pronunciati con tanta solennità? « Quando io venni qui con l'accademia era mattino, qualcosa però non andò per il meglio. Di giorno Ladone si tramuta in pietra e rimane sempre attorcigliato al tronco dell'Albero Sacro. Naturalmente le sue dimensioni sono molto ridotte quando è in quella forma. Si dice che in quello stato Ladone si risvegli solamente in due casi: il primo, quando deve mordere chi tenta di rubare una mela d'oro senza avere alcun potere stellare. E la seconda è quando qualcuno tenta di prendere una mela d'oro possedendo già un'altra nana, o comunque quando tenta di rubarne una. Tu non sai infatti che per poter ottenere una nana è necessario ottenere una mela d'oro. Questi piccoli corpuscoli luminosi sono da tempi
immemori intrappolati in quei frutti dorati. Tornando a noi, quando qualcuno tenta di prendere una mela d'oro possedendo già una nana o quando tenta di rubare una nana senza avere in corpo alcun potere stellare, Ladone si mostra per quello che è veramente; un enorme serpente a più teste, capace di ucciderti in pochissimi morsi. Lui può inghiottirti o scaraventarti a metri e metri di distanza, oppure può lacerare la tua carne con i suoi spietati denti assassini. Ha un sacco di inventiva quando si tratta di rubare una vita ». « E lei... » disse Hiryu imbarazzato, « rientra in uno dei due casi? ». Ci fu un attimo di silenzio in cui Hiryu si pentì di aver fatto una domanda un po' troppo invadente. Il vento riprese a soffiare proprio in quel momento. Cosa aveva fatto il traghettatore: rubato una seconda mela d'oro avendo già una nana o tentato di sottrarre all'Albero un frutto dorato non avendo in corpo nemmeno una briciola di potere stellare? Cos'era il potere stellare e da dove originava? Davvero gli interessava saperlo ora che era nel bel mezzo di quel giardino maledetto? Scosse la testa e scacciò le sue domande come una mosca insistente che sempre torna a posarsi nel medesimo punto. « Non siamo qui per fare un allegro picnic ragazzo. Basta con le domande e sbrighiamoci. O vuoi che Ladone ci trovi mentre stiamo qui a cincischiare fesserie? » Il volto di Norac era diventato molto scuro mentre fissava Hiryu. Quella domanda non avrebbe mai dovuto lasciare la sua bocca. Si maledisse per essere stato così invadente. Dopo tutto l'aveva appena conosciuto. Come si era permesso di entrare nei suoi ricordi e trattarli come se fossero una storia qualunque? « No signore. Ha ragione... mi scusi » rispose, impaurito da
quel cambio di umore improvviso. Hiryu però nella mente cercò di rispondere da solo alla domanda: di sicuro Norac aveva tentato di rubare un'altra nana, ma possedendo già Caron era stato punito da Ladone pensò. Eppure non sapeva se chi fosse privo di potere stellare potesse possedere una nana; questo lo avrebbe sicuramente chiesto una volta arrivato sulla costellazione del Cigno. Era strano come fosse già entrato nell'ottica che ora il suo mondo aveva subito un cambiamento radicale. Ad un certo punto il suo pensiero volò al suo corpo lasciato inerme sulla collina e si chiese se esso fosse già scomparso o meno. Norac si avvicinò ad una pietra e l'accarezzò con la mano, proprio mentre Hiryu era appena tornato alla realtà con il senno. La pietra iniziò a tremare lievemente. Rapidamente egli batté con il bastone su di essa. Si udì un lento lamento, poi un urlo improvviso. Tradita e colta di sorpresa, la pietra si mostrò in tutta la sua nudità, rivelando le sue vecchie cicatrici e la sua storia. La sua vera natura la trovava molto diversa da com'era veramente; molte crepe l'attraversavano e la sua superficie non era liscia come in apparenza, bensì frastagliata dallo scorrere del tempo, dalle intemperie e dall'usura dell'esistenza. « Sai ragazzino » disse Norac, « questo concetto funziona anche con le persone. Se ti serve qualcosa da loro, devi accarezzarle pian piano e poi... “tac”, ottieni quello che vuoi lasciandole inermi » disse imitando il gesto con cui aveva appena colpito la pietra. « È qualcosa di estremamente spietato, non trovi anche tu? » chiese fissandolo, anche in questo caso Hiryu si limitò ad annuire, Norac lo aveva un po' intimorito con quelle parole astute. « Ora serve un trucchetto utilizzabile solo con l'arte stellare. Questo però attirerà Ladone ulteriormente,
tuttavia è l'unico modo per uscire al più presto da qui ». Dopo essersi schiarito la voce, prese a recitare: « Giocate con i dadi, Castore e Polluce. Guidate con il vostro tocco il lancio decisivo, affinché io possa sfidare la sorte doppiamente, Replica Stellare ». Hiryu avvertì un formicolio pervaderlo piacevolmente. Era la seconda volta che sentiva una recita corposa, dalle parole strampalate e senza alcun senso logico come quella appena pronunciata dal traghettatore. Così le persone utilizzavano la loro nana e il loro potere stellare? Non successe nulla in verità; nessun bagliore, nessun rumore particolare, lampi o luci sceniche. Norac si limitò a ripetere il procedimento fatto con la mano un attimo prima sulla stessa pietra. Fu a quel punto che la sua arte stellare si manifestò: tutte le pietre presenti nel giardino rivelarono la loro natura, come se fossero state ingannate una alla volta con cura. Il vento si fermò all'istante e si udirono degli strani versi in lontananza. Urli d'oscenità ombrosa si innalzarono come i lamenti di streghe arse da pire spettrali del passato. Norac si girò di scatto verso Hiryu e afferrò con forza il suo colletto. Lo strattonò con vigore e lo guardò negli occhi. Lui non si mosse, ma il suo cuore sussultò. Sentì l'alito fresco del traghettatore e lo trovò inaspettatamente inodore. Vide nei suoi occhi neri il diffondersi della serietà. Non vi sarebbero state più domande e risposte per allietare la loro scampagnata. « È Ladone, dobbiamo sbrigarci ad uscire da qui! » esclamò velocemente Norac; lo mollò di scatto e si girò verso il centro
del giardino. Hiryu iniziò a preoccuparsi sul serio. Lui aveva riconosciuto in quei versi disumani soltanto l'urlo delle pietre. Davvero il traghettatore aveva percepito in quei lamenti il verso di Ladone? « Ora devi prestare molta attenzione. Le pietre possono essere ingannate solamente per pochi minuti. Devi riuscire a trovarne una con una grossa croce brillante incisa sulla superficie » spiegò Norac; si poteva avvertire l'agitazione nella sua voce anche a chilometri di distanza. Come un'instancabile guardia l'uomo fece la ronda in un terreno di due metri per due; scuoteva il capo, fissava il cielo, conficcava il bastone a terra e lo estraeva con rabbia. « D'accordo signore ». Hiryu controllò tutte le pietre nei dintorni senza allontanarsi troppo da Norac; aveva il respiro accelerato. Sembravano tutte identiche ora che avevano rivelato la loro natura contemporaneamente. « Una croce sopra, una croce sopra » ripeteva a bassa voce, mentre cercava di roccia in roccia. Ogni tanto gettava uno sguardo verso il traghettatore e lo osservava in tutta la sua irrequietezza. Un rumore di foglie calpestate arrivò dalla siepe vicina. Norac si girò di scatto verso il cespuglio da cui proveniva lo strano suono. Le nuvole rosse presero il sopravvento sul sipario del cielo e ogni azione si strozzò sul nascere. « Cos'è stato? » chiese terrorizzato Hiryu, cercando gli occhi fugaci di Norac. « Non ne ho idea » rispose Norac, il suo sguardo era vigile come non mai. Tornò a muoversi con più pacatezza e Hiryu riprese a respirare profondamente. « Continua a cercare... » « Di notte, questo Giardino diventa pericoloso, anche per uomini di classe Gamma » disse una voce sibilante proveniente da un cespuglio indefinito. « Dovresti ricordartelo Norac.
L'ultima volta non ti è bastata la lezione? » « Di classe Ga... » il vento si fermò di scatto e Hiryu interruppe la domanda che stava per fare. Ci fu un attimo di silenzio che durò un'eternità poi... poi il frusciò di un cespuglio, un esplosioni di rami spezzati che si sradicarono seduta stante e il sibilare acuto di una lingua famelica divorò l'attimo. Hiryu vide un'ombra enorme calarsi su Norac e scaraventarlo in aria. Prima ancora di potersi muovere sentì ciò che avrebbe dovuto fare già da qualche secondo: « Scappa! » urlò Norac, con tutta la voce che aveva in corpo. L'eco delle sue parole si allontanò insieme al suo corpo catapultato qualche fila di siepi più avanti.