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La Pasqua ebraica celebra la libertà dalla schiavitù egizia, quella cristiana la resurrezione di Gesù

Sinai e ricevette le Tavole con la legge scritta dalle dita di Dio, ovvero il patto tra il popolo eletto e il Signore. «Sette settimane dopo, ciò che era avvenuto a Pesach continua con Shavuot: dalla libertà materiale a quella spirituale, alla consapevolezza della propria identità religiosa», continua Erica Baricci. In Israele dura un giorno, due fuori la Terra promessa.

La Pentecoste cristiana, che porta lo stesso nome (in greco antico, “50° giorno”) e arriva anch’essa sette settimane dopo Pasqua, è invece la festa in cui si celebra la discesa dello Spirito Santo su Maria e gli apostoli riuniti, che venne come la nuova legge donata da Dio ai suoi fedeli e segnò la nascita della Chiesa, a partire dalla comunità di Gerusalemme.

SOTTO LA CAPANNA. La terza e ultima festa di pellegrinaggio è quella di Sukkot, detta delle capanne o dei tabernacoli, così descritta nel Levitico: “E celebrerete questa ricorrenza come festa in onore del Signore per sette giorni all’anno; legge per tutti i tempi, per tutte le vostre generazioni: la festeggerete nel settimo mese. Nelle capanne risiederete per sette giorni; ogni cittadino in Israele risieda nelle capanne, affinché sappiano le vostre generazioni che in capanne ho fatto stare i figli di Israele quando li ho tratti dalla terra d’Egitto”. Oggi solo gli ultraortodossi la rispettano alla lettera.

I praticanti costruiscono allora una piccola capanna con tetto di frasche sulle terrazze, nei giardini, fuori dai ristoranti kosher o dalle sinagoghe, dove si deve trascorrere almeno un pasto al giorno per ricordare il tempo in cui gli Ebrei passarono 40 anni nel deserto, nomadi.

Sopra, l’interno, con una Gerusalemme di fantasia, di una capanna per Sukkot, in Germania. Sotto a sinistra, uno shofar, il lungo corno suonato in sinagoga al Capodanno ebraico e all’inizio del digiuno di Yom Kippur A destra, pagina di un antico calendario per contare i 49 giorni tra Pesach e Shavuot.

«E anche per rimarcare che il popolo ebraico dipende da Dio, non dalla terra», afferma Francesca Sofia, docente di Storia dell’ebraismo e di Storia moderna all’Università di Bologna. Naturalmente, per Pesach, Shavuot e Sukkot ci si reca in sinagoga per le preghiere, anziché al tempio distrutto dal futuro imperatore Tito nel 70 d.C.

ESAME DI COSCIENZA. Le altre tre feste ebraiche più importanti sono solamente accennate nella Bibbia. Sono dette rabbiniche, perché normate nel Talmud. Sono celebrazioni autunnali e cominciano... con il Capodanno. Rosh proprio testa e anno), di solito cade tra il 6 settembre e il 5 ottobre, dura 2 giorni e per gli ebrei è precetto ascoltare nella sinagoga il suono dello shofar, un antico strumento ricavato dalle corna di ariete, suonato durante la preghiera di Capodanno, particolarmente lunga. A casa si fa una grande cena in cui sono presenti cibi dolci e rotondi, per augurare un anno piacevole, “senza spigoli”, e melograni, che hanno 613 chicchi come i precetti della religione ebraica.

Ma dal giorno dopo, poiché nell’ebraismo non esiste la confessione, iniziano 10 giorni di esame di coscienza in cui si riesamina l’anno appena passato. In questo periodo, per esempio, si saldano i debiti e si chiede scusa dei torti. Il tutto per arrivare pronti a Yom Kippur, che per la religione ebraica è il giorno più solenne, quello in cui anche il meno osservante va in sinagoga (un po’ come fanno i cristiani non praticanti che vanno alla messa di Natale).

Ma non si tratta di una festa gioiosa: Yom Kippur è letteralmente il Giorno dell’Espiazione, in cui si fa ammenda per le proprie colpe rispettando cinque precetti: per 25 ore non si può mangiare, bere, lavarsi, profumarsi né avere rapporti sessuali.

E nelle sinagoghe è giorno di preghiera ininterrotta.

Festa delle luci

A sinistra, il candelabro a nove bracci proiettato sulle mura intorno alla città vecchia di Gerusalemme durante la festa di Hannukah.

Le date del 2023

Pesach: 5-13 aprile

Shavuot: 25-27 maggio

Sukkot: 29 settembre/ 6 ottobre

Rosh haShanah: 15-17 settembre

Yom Kippur: 24-25 settembre

Hanukkah: 7-15 dicembre

(le feste iniziano sempre al tramonto)

LUCI. Infine, una festa che si vede spesso nei film americani o di cui si legge nei romanzi: Hanukkah, la Festa delle luci. Cade tra novembre e dicembre, in giorni non lontani dal Natale, ma con il quale non ha nulla a che fare. Questa festività è infatti legata alla nuova consacrazione dell’altare nel Tempio di Gerusalemme, dopo la libertà riconquistata dagli Israeliti assediati dai Seleucidi. «Il santuario era stato profanato con culti pagani e per purificare il luogo sacro fu comandato di ripristinare l’Arca dell’Alleanza e di accendere per otto giorni di fila le luci del candelabro (Menorah). Per alimentare i ceri si cercò olio d’oliva puro, ma purtroppo la quantità trovata non sarebbe bastata neanche per un giorno. Miracolosamente, il pochissimo olio a disposizione durò per tutti gli otto giorni previsti per i festeggiamenti», racconta Francesca Sofia. Proprio per ricordare il miracolo dell’olio che permise di purificare il Tempio riconquistato, durante Hanukkah si accende ogni sera una candela del candelabro a nove bracci – detto Hannukiah e che si differenzia dalla Menorah a sette bracci – in modo che l’ottavo giorno siano tutte accese (il nono braccio serve ad accendere gli altri otto). Nel frattempo, si mangiano dolci fritti, mentre i bambini giocano con la trottola tipica della festività. Hanukkah, quindi, è una festa suggestiva ma minore, mentre Natale per i cristiani è la più importante, perché celebra la nascita del Messia, che gli ebrei stanno ancora aspettando. •

Il protagonista

Uomo di mare (e non solo), il comandante Salvatore Todaro arriva in libreria e al cinema in un film con Pierfrancesco Favino.

di Gastone Breccia

Sfortunato il popolo che ha bisogno di eroi”, afferma il Galileo di Bertolt Brecht in una delle scene più famose del teatro contemporaneo. In realtà, tutti ne abbiamo bisogno: gli eroi sono uomini e donne capaci di andare oltre i limiti del conformismo, della prudenza, dell’istinto di conservazione, per compiere azioni a vantaggio di altri. Mostrano una strada difficile, ma giusta. Dunque: sfortunato il popolo che non sa riconoscere gli eroi, si potrebbe dire. O che non sa di averli. Il comandante Salvatore

Todaro, messinese, classe 1908, morto in combattimento nel dicembre 1942, è uno degli eroi italiani che dovremmo ricordare: soprattutto oggi, visto che il Mediterraneo è di nuovo una liquida frontiera che divide, non un passaggio che unisce, e spesso diventa una tomba per esseri umani che non riusciamo a salvare.

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