Verso il 2009
Con Astarea alla scoperta di un nuovo anno.
Tanti cari auguri di Buon Natale 2008 e Buon Anno 2009.
Astarea 2009
In copertina il simbolo della divinità fenicia Shamash o Samas o Baal Shamen, il dio del sole e della luce, una delle divinità astrali più potenti del “pantheon” fenicio. I miti si rincorrono e si intrecciano nelle diverse e più antiche civiltà. Particolari che cambiano, ma la logica è la medesima… Così anche tra i Fenici l’origine del mondo nasce dal caos e dalle tenebre: “All’inizio c’era solo un caos oscuro e ventoso... questi ciechi venti si accavallarono uno sull’altro, formando una specie di nodo d’amore la cui natura era il desiderio… Durante un’eternità di tempo, Desiderio precipitò in un fango acquoso chiamato Mot, questo fango generò esseri viventi, semplici creature senza coscienza di se stesse; da loro nacquero, a loro volta, creature più complesse e così via… queste creature contemplavano il cielo e videro che c’era il sole, la luna e i pianeti.” Nacquero anche le divinità tra cui una triade divina: il solare e luminoso Shamash, il lunare e oscuro dio della notte Isthtal e il malvagio e peccaminoso Nanar. Shamash vince la lotta e viene incoronato dio del Sole e della Luce, dio benefico della guerra e della giustizia. In una formella ritrovata in Mesopotamia Shamash è raffigurato assiso su un trono, con in mano il simbolo della giustizia e della rettitudine, il suo tempio è chiamato “E-babbara” o “casa luminosa” con diretta allusione alla luminosità del sole-dio. In un prezioso e raro sigillo, conservato ora al Louvre, lo si ritrae regalmente seduto sopra un cerchio che racchiude quattro raggi che si irradiano e portano luce nel mondo e al mondo. Sempre la luce, simbolo di chiarezza, trasparenza e limpidezza e pertanto di giustizia, pulizia e ordine anche morale. Per questo per il 2009, dopo un anno incerto, oscuro e poco chiaro, è stato scelto come simbolo per continuare la tradizione beneaugurale di Astarea.
Ricercare la chiarezza. Orientarsi tra i segni.
Laura Cantoni Giorgio Villa
Astarea 2009
Introduzione Luce come materia… Luce come metafora… Luce come mood…
A
nche quest’anno intendiamo offrire ai nostri amici un piccolo pensiero augurale, frutto delle nostre osservazioni sul cambiamento socio-culturale e sulle sue ricadute nel mondo dei consumi.
Ci siamo soffermati sulla luce come tendenza. Sono numerose, ampiamente codificate ed utilizzate le frasi nella nostra cultura: “dare alla luce”, “fare luce su”, “e luce fu”, “alla luce dei fatti”, “alla luce del sole”, “luce dei miei occhi…” che da sempre rendono evidente la valorizzazione intrinsecamente positiva di questo concept. Un concept che dal dettato religioso è naturalmente scivolato nella cultura laica come metafora di un inizio, un incipit, una nascita, una positività emergente. E per questo – innanzitutto – ci piaceva porlo al centro tematico di questo opuscolo beneaugurante, a maggior ragione in un momento congiunturale particolarmente critico come quello che il Paese e il pianeta stanno affrontando. Un concept che infatti emerge in ottica strutturale e differenziale per opposizione alle tenebre. Luce vs tenebre, inizio vs fine, il bene vs il male. Sono una serie di categorie semio-antropologiche alla base della nostra cultura e del nostro modo di interpretare il mondo. Nella sua declinazione fisica, luce è possibilità di vedere, è governatore dei bioritmi, componente vitale del benessere, strumento di interpretazione di quello che ci circonda. Per queste sue profonde valenze, la luce assume implicazioni pregnanti nella contemporaneità, quando diventa possibile in innumerevoli modalità la sua riproducibilità tecnica, e la sua ricchezza fisica e simbolica incontra bisogni profondi ed esigenze diffuse. La luce si impone sempre più potentemente come elemento
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costruttivo negli ambienti, in-door e out-door; incrocia trasversalmente nuovi mindset socio-culturali, come il lusso, il gioco e la ricerca di emozioni; è protagonista delle issue di sopravvivenza – la sostenibilità ambientale – e delle nuove etiche: il bisogno di chiarezza e trasparenza nell’offerta di prodotti e servizi, nei comportamenti istituzionali, nelle relazioni Corporate; con le sue potenzialità espressive, sempre più si offre alla creatività, nelle forme artistiche individuali o nelle applicazioni industriali come il design.
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I percorsi della luce
I
n queste pagine senza ambizioni di esaurire un tema così complesso e ricco di spunti, abbiamo identificato alcuni percorsi.
Il percorso più articolato riguarda la luce/illuminazione in senso materiale: nuovi utilizzi e nuove modalità di illuminazione negli ambienti, nell’architettura, nel design. Un’altra strada riguarda la luce/illuminazione all’interno del marketing e della comunicazione: lo sviluppo dei prodotti e le piattaforme dell’advertising e nel packaging si risemantizzano a partire da un effetto luce o da una capacità risplendente che ne organizza la struttura fisica, le forme, le modalità espressive. Infine consideriamo il rapporto tra luce naturale e luce artificiale, che incrocia la tematica saliente del consumo energetico e della sostenibilità. Luce e illuminazione diventano benefit oggettivi e/o soggettivi o codici di comunicazione connotativi di valoriprodotto o marca.
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Dalla lampada per illuminare alla luce-ambiente
A
l di là della sua ovvia funzione illuminante, la luce oggi aiuta a creare ambienti e a definire lo spazio, per accogliere situazioni e momenti specifici della vita individuale e collettiva. Da emissione diretta diventa diffusa; sempre meno elemento aggiuntivo, e sempre più elemento integrato nel processo creativo della architettura contemporanea; tendenzialmente, la luce si libera dai suoi supporti materiali per diventare puro effetto; ma, dall’altra parte, si moltiplicano i luoghi in cui la luce si materializza e si esprime – dal cellulare al sistema hi-fi agli schermi audiovisivi ai display alla domotica – . Ci raccontano queste evoluzioni i nuovi prodotti del lighting, sempre più oggetti di design pensati con tecnologie innovative: la luce non viene più fornita solo dalla energia elettrica, ma è la forma stessa della lampada, o i suoi materiali, che contribuiscono alla diffusione, alla modulazione, alla direzione, alla intensità ed agli effetti della luce; le lampade si metamorfizzano e diventano sculture luminose; giocano sull’alleggerimento e sulla riduzione strutturale per esaltare il più possibile l’effetto luminosità; adottano un range ampissimo di materiali – vetro satinato o opalino, alluminio, le diverse sfumature dell’acciaio, tessuti, ceramiche, carta e cartone, plexiglas, cristallo – in duplice funzione: sensoriale – per ammorbidire la texture – e tecnica: per garantire la resa desiderata nel dosaggio tra uniformità e gioco di luce, in funzione delle diverse esigenze dell’utente. Ma, quale cambiamento sostanziale, si passa da un supporto (lampada) che illumina un oggetto (o situazione) inerte, alla luce-ambiente: non più una luce puntuale, ma una progettazione del “sistema di illuminazione”, in connessione al design della casa, che punta più sulla emissione che sulla sorgente. La luce lavora distribuendo i pieni e i vuoti, creando sinergie
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e distonie con i volumi. Giusto per fare un esempio, i progetti Flying Surface, tele distese come superfici fluttuanti che irradiano luce quando è buio, e rimangono tele bianche quando sono spente. Non un apparecchio ma un oggetto che esiste solo in relazione alla sua funzione. Oppure il Riddle, una sfera luminosa che emette raggi di luce, mobile, trasferibile dal pavimento al soffitto, in sospensione, fungibile per dare luce ad ambienti diversi in diversi momenti. In questo contesto i cambiamenti di luce sottolineano, enfatizzano o addirittura modificano gli oggetti. E’ il caso dei dispositivi per la domotica, che in casa moltiplicano i segnali di luce offrendo qualità della vita e comfort personalizzato – come ad esempio i prodotti della BTicino che, grazie ai materiali rifrangenti con cui sono costruiti, assumono texture e cromatismi differenti a seconda della luce che ricevono. La luce diventa stile di vita, elemento connotativo della personalità dell’individuo e del suo habitat.
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Oggetti luminosi
L’
ambiente domestico eleva la luce a protagonista cromatica: negli allestimenti dell’arredo design al Salone Internazionale del Mobile di Milano 2008 dominava quasi assoluto un abbagliante white. Le case produttrici – non solo degli imbottiti e del “Kitchen-system”, ma anche di sedie, tavoli e accessori per l’arredo – ci consegnano oggetti fortemente orientati al bianco, nonostante il tripudio della policromia anni ’70 che segna una delle altre tendenze del design contemporaneo. La luce nella sua funzione strutturale invade la casa nelle forme più impensate: con i pavimenti luminosi, superfici lucide e riflettenti che generano la luce, come: il Luminar, designed by Light, o Jewel di Graniti Fiandre che traspone la luce su lastre grazie ad una particolare lavorazione del gres, o il CrystalPavè, ovviamente iper-luminoso e trasparente; le maniglie per porte, un tempo rigorosamente in metallo, ora cambiano non solo materiale ma anche funzione, diventando fonti di luce (Brighthandle) dai bagliori personalizzabili; i nuovi dispositivi per il risveglio: dal wake-up light della Philips che aumenta la luminosità dell’ambiente per un passaggio dolce e non rumoroso dal mondo della notte a quello del giorno, al Glo Pillow, cuscino che si illumina; gli specchi della Koh-i-noor che consentono, oltre al classico ingrandimento, anche una maggiore capacità illuminante; l’ombrello (“Electric Umbrella”) elettrico che si trasforma in una lampada capace di regolare l’intensità della luce con effetti diversi, a seconda delle necessità e dell’umore. Nell’area terapeutica, grazie alla efficacia della fototerapia, l’esposizione a fonti di luce viene sfruttata grazie ad un cuscino luminoso che consente di curare i disturbi del sonno, acne, depressioni. Per i momenti di relax, sedie in policarbonato trasparente o puff multiuso con luce incorporata dalle diverse declinazioni
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cromatiche, l’altalena illuminata /fluorescente con funzione anche notturna ed una “baby looking” lampada luminosa a forma di casetta per poter riporre un libro ancora aperto. Protagonisti dei nuovi oggetti luminosi, i Led, che per la loro capacità illuminante, basso consumo energetico, facile smaltimento, entrano comunque anche nei più consueti elettrodoemstici, come ad esempio nella colonna No Frost illuminante di recenti frigoriferi della Hoover. Bianco luminoso è anche il “colore” di recenti innovazioni in campo hi-tech, dove alla preponderanza dei toni grigio-neri, comunque più scuri che chiari, si accompagna ora il bianco candido, quasi ad esprimere la “purezza” dell’offerta in termini di qualità e distintività, adattabilità agli ambienti ed alle situazioni d’uso, alla “friendly relationship”, al potenziamento delle performance – come la “nuova generazione” dei PC Asus, i TV della Sharp, della Sony, e della Philips (“Lasciati sedurre dalla luce”), i lettori/Hi-Fi della Samsung. Nel campo del beverage alto di gamma il design sposa la luce: si celebra nel Veuve Cliquot Global Lighting, con il candelabro che diventa lampada e porta bottiglia isotermico; Moet & Chandon personalizza la sua bottiglia in maniera esclusiva usando preziosi cristalli per scrivere messaggi, nomi, date. Swarovski, proprio in questi giorni di fine 2008, esprime la sua versatilità nell’iniziativa Crystallized – Swarovski Elements, in co-marketing con la Rinascente di Milano: 12 chilometri di tende di cristallo; e a ogni piano, una serie di prodotti, dei più disparati, cristallizzati con il bagliore Swarovski: nel beauty, nella cosmesi, negli accessori, nell’intimo, senza escludere, sempre vestita di cristallo, anche la “clooneyana” macchina Nepresso.
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P.O.S. di luce
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a luce diventa elemento sostantivo negli arredi dei locali out-door, parte integrante del loro mood, per coerenza o per contrasto. Lo esprimono potentemente i nuovi opening; basti citare le luci quasi-industriali del ristorante NOMA di Copenaghen, gli abat-jour capovolti e scompagnati tipo mercato delle pulci nell’S-Bar di Hollywood, il mix di bianco luminoso con il tutto vetrate sul fiume del Kogin‘s Club di Torino, il total white del Bianca di Milano, il Glass Bar di Tokio con banconi e panche totalmente trasparenti (e luminosi) a somiglianza di una cascata d’acqua. Cambiando settore restano analoghe le logiche dei nuovi punti vendita di arredo o moda in Italia o all’Estero: gigantesche vetrate che si affacciano sulla strada per il nuovo showroom di arredo Tre-P&TrePiù: una formula per ridurre al massimo le barriere con il pubblico e valorizzare le strutture originali degli anni ’30; ancora pareti di vetro, questa volta ovviamente policrome nel nuovo showroom milanese di Seves glass block, costruttore di mattoni di vetro qui utilizzati come arredo-campionario anche sulle scale retro illuminate che portano all’interno. Bianco anche il primo showroom in Italia di Paco Gil – marchio di scarpe spagnole – che usa la luminosità dell’ambiente per valorizzare sagome e colori (anche vivaci) dei prodotti quasi trasformando la boutique in un punto museale, o il secondo spazio Comptoir de Cotonniers giocato sul bianco con un mix di luci soffuse e mirate, così come la nuova boutique di Yamamoto a Parigi, anch’essa all’insegna del bianco, nonché, sempre a Parigi, l’atelier di cucina di Guy Martin dove il grande chef impartisce lezioni di cucina in un luminosissimo ex hotel particulier.
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L’arredo urbano e gli esterni: la luce come fosse sempre notte
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el plain air ecco che il lightening e il light design diventano strumenti per comunicare il morphing, il flusso, la mutevolezza in cui siamo immersi e allo stesso tempo il bisogno di trovare una propria dimensione positiva, illuminata, chiara.
La luce non è più un elemento lasciato al caso, puramente funzionale, mezzo per far vedere in modo semplice, per rendere evidenti gli oggetti al buio. Diventa uno strumento ampiamente pensato come focalizzazione: decide cosa mostrare e cosa nascondere, dona vita a oggetti inerti. In questo senso la luce crea stupore e straniamento, esperienza del mai visto o dell’inusuale. Attraverso la progettazione della luce lo spettatore-fruitore urbano è guidato a una percezione diversa e nuova dell’oggetto che illumina: si racconta una storia. Un esempio eloquente, le istallazioni create per la Ca’ Granda a Milano che inseguono sempre più il fascino della luce: dalla “Grande Nuvola” di Denis Santachiara, fonte di luce (idroelettrica, pulita e rinnovabile di A2A), in forme di cirri quasi animati da bagliori e movimento; al mega-biscione costruito da Jacopo Foggini: un’enorme sagoma luminescente che usa la luce coloratissima per esprimere la relazione tra uomo e natura – peraltro con un risparmio energetico del 70% grazie all’uso di materiale plastico riciclato –. L’opera “Light Trees” (Castagna Ravelli Studio) trasforma l’ingresso del Palazzo in un bosco metaforico, coprendolo totalmente di luci verdi all’esterno, e all’interno irrorando la scalinata di luce bianca e cangiante sui toni ambrati, rosa, celeste, etc, secondo lo scorrere della luce del giorno. Ed infine l’istallazione “Gel-Bulb”, fluttuante nell’aria, cubica, morbida, luminosa e colorata (Lot-Ek) a simboleggiare il concetto di nomadismo culturale e approccio sostenibile all’edilizia.
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In piena e speculare “successione” istituzionale, due eventiluce in Europa: a Parigi, in questi giorni, “Dans le nuit, des images” nella Nef del Grand Palais, per la chiusura del semestre di Presidenza francese del Consiglio della UE: 10 anni di creazione artistica, installazioni, video, e l’opera commissionata per l’occasione – Manifesto di Charles Sandison che investe tutta la facciata del Grand Palais offrendone una nuova lettura grazie a proiezioni luminose in cui circolano ininterrottamente le parole della carta dei diritti fondamentali della UE. Mentre a Praga, dal primo Gennaio, si accenderanno contemporaneamente una miriade di luci sulla città – un bagliore che si ripeterà ogni sera del semestre – per celebrare l’assunzione della Presidenza da parte della Repubblica Ceca.
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Product development & marketing communication
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empre più spesso, soprattutto nei settori cosmetico e toiletries, le promise e i benefit comunicati parlano di luce, lucentezza, luminosità. L’area semantica è ricchissima di sinonimi: brillante, scintillante, sfavillante, lucente, lucido, abbacinante, abbagliante, luminoso, rilucente, sfolgorante, splendente, gioioso, limpido, raggiante, stellante, vivido, vivo, fulgente, risplendente. Sempre più la cosmesi utilizza il tema e il valore della luminosità come chiave di volta con cui parlare di bellezza (femminile, ma non solo): restituire luce al colorito come segno di naturalità e rigenerazione, a fronte del logorio da agenti atmosferici ed ore passate in spazi chiusi. Vengono messe in campo reason why che parlano di veri e propri “meccanismi generatori di luminosità”: ad esempio per Helena Rubinstein si citano linee di prodotto peeling enzimatico a funzione rigenerante e vitamina C per donare luminosità vitale in profondità. Se tale è il ruolo della luce e della ricerca di luminosità nel trattamento, altrettanto e ancora di più per il trucco: nelle proposte dei diversi stilisti, il make-up si arricchisce di sostanze per fare splendere occhi, zigomi, décolleté, spalle, unghie; ed anche là dove si ripropone il “dark”, “smoky eye” bistrato con il classico nero si colora di bluemarin e si impreziosisce di brillantini, sempre o quasi in combinazione con toni rischiaranti per creare giochi di luci ed ombre – grazie alla capacità dei prodotti di “catturare” la luce, rifletterla, rifrangerla –. Un esempio nella moda: lo stilista turco-cipriota Hussein Chalayan utilizza la luce come elemento per dare materia e spessore a forme puramente strutturali – e ha così dato vita a un immaginario fantascientifico, popolando le passerelle di bizzarre creature di luce ed inventando un nuovo modo di vestire che si esprime nella sintesi tra design e tecnologia, tra corpo e macchina. Gli abiti si muovono automaticamente simulando l’effetto del vento, cappelli luminosi a forma di ufo, vestiti
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corti che non brillano di paiellettes ma si illuminano di luce propria con l’ausilio di tecnologie innovative: Led multicolore nei tessuti rendono i vestiti (ma potenzialmente anche qualunque altro oggetto) vere e proprie piattaforme di comunicazione. L’obiettivo è aggiungere una nuova dimensione (tanto in senso geometrico – la quadrimensionalità – quanto in senso valoriale) ai prodotti e agli ambienti. Anche in altre merceologie la luminosità e la luce vengono utilizzate quali driver di comfort e lusso. Nelle auto – soprattutto alto di gamma, come nel caso della Jaguar FX –, la luce degli interni diventa soffusa, si allunga lungo le portiere e può essere modificata in toni ed intensità diversi conforme alle esigenze dell’autista e dei passeggeri. Le luci di cortesia, sul modello degli aerei, si focalizzano sui punti di utilizzazione. L’illuminazione del cruscotto è oggetto di studi per rendere il cromatismo sempre più adeguato alle diverse ore del giorno – e della notte – e impostato al minimo fastidio per chi guida. Emblema della comunicazione commerciale a tema luce, la campagna Allianz: il mondo assicurativo entra nelle famiglie creando un bonding sulla base della promessa di trasparenza e facilitazione “salvifica”. E si potrebbe procedere oltre. In ogni caso, nella fotografia dell’advertising soprattutto a mezzo stampa notiamo un uso più versatile della luce: sia come gioco di luci ed ombre, coni di luce retro-illuminanti, sfocamenti di fondi scuri, quasi ad impreziosire l’immagine e quindi il prodotto – nel caso di beni luxury o comunque con l’intenzione di creare un upgrading in profili un po’ datati; oppure, riproducendo il mood del fashion look: un bianco totale che sembra voler confondere il prodotto nell’ambiente che lo sostiene, in chiave fortemente estetizzante ed emozionale.
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Luce naturale e luce sostenibile
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a luce naturale assume una rinnovata attualità. La sua pregnanza si lega innanzitutto a nuove forme di commistione tra ciò che è naturale e ciò che è artificiale/ elettrico, in ragione dell’imprescindibile concept di sostenibilità e di Green. La luce naturale è sempre più cercata come elemento valorizzante: sia le case sia i luoghi aziendali sono sempre più luminosi, per sfruttare al massimo gli spazi e la naturalità della luce. Sempre più numerosi i progetti di case come grandi lanterne a vista, en plain air, dove si smussano i confini tra interno ed esterno, con materiali chiari, porcellanati ed ampie vetrate, con irraggiamento della luce solare in modo da integrare al meglio naturale e artificiale: strumento di sostenibilità ambientale e al tempo stesso creatore di nuove suggestioni. Molti building si ampliano con aggiunte di piani tutto vetro; vetrate e trasparenze dominano nei progetti avveniristici degli archistar in giro per il mondo – non solo nelle grandi metropoli – un esempio per tutti: l’aeroporto di Shenzen di Fuksas, tutto di piastrelle trasparenti, ben 90.000 piccoli lucernari, una manta luminosa e fosforescente – ma anche in centri minori come Manchester o Bilbao. Ed anche in Italia abbiamo esempi di piani per la riqualificazione architettonica di strutture di pubblica utilità informati agli stessi principi, come in Val D’Aosta. In questo caso i principi del recupero dell’esistente, della sostenibilità ambientale e della innovazione tecnologica giocano per integrare clima, orografia, paesaggio con le scelte architettoniche – forme, dimensioni, materiali. In questo progetto la luce svolge un ruolo focale: nel complesso Funiviario, con la copertura in zinco-titanio chiara e luminosa, ed un grande utilizzo di vetrate; nella sede della Comunità Montana, con facciate e lucernari quasi esclusivamente in vetro trasparente; nell’aeroporto con 8 torri collegate da 5 corpi trasparenti; nel parco archeologico, dove
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il vetro e quindi la luce giocano un ruolo essenziale anche con scopi funzionali, per una perfetta visione dei reperti. I nuovi progetti improntati alla sostenibilità usano ovviamente la luce come fonte energetica primaria. Ma sappiamo che il fotovoltaico ha limiti “oggettivi”, nel suo essere una fonte “ferma” (dopo il tramonto si esaurisce) anche se “catturabile” per usi extra-hour. In prospettiva, la luce immagazzinata durante il giorno può essere utilizzata sistemicamente per alimentare i dispositivi che utilizzano energia, elettrodomestici in primis. Ma sappiamo che questa non è la realtà quotidiana, di oggi, in cui si pone il problema del saving energetico ed in particolare della gestione della luce. Le più recenti normative sulla luce sono orientate a controllarne la progettazione e l’utilizzo, perché la luce interagisce fisiologicamente con il corpo umano e può produrre conseguente negative (salute, vista, stanchezza) se utilizzata indiscriminatamente. La luce è un bene prezioso: nel momento in cui la sua presenza della luce incarna valori positivi, quasi euforici, l’eccesso nell’uso rimanda a disequilibri sia soggettivi-individuali (abbaglia, scalda, appiattisce la visuale) sia ambientali. L’uso sostenibile della luce implica quindi paradossalmente “una riduzione della luce” nel senso di potenza di emissione, ed al contempo una gestione più sapiente dei suoi effetti – una luce più misurata e diffusa può in alcune circostanze risultare più efficace rispetto ad una luce violenta e diretta. Il futuro, quindi, è il mantenimento della capacità illuminante grazie all’utilizzo di tecnologie, ora in fase di ottimizzazione, capaci di calibrare l’effetto in funzione delle diverse esigenze dell’ambiente e soprattutto delle persone, delle loro relazioni e dei loro gesti nelle diverse situazioni quotidiane.
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Un neoumanesimo etico per un futuro luminoso?
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na risposta, fatta di suggestioni ed evocazioni, è una vera e propria ideologia della luce come modus vivendi.
Un primato della luce sull’ombra e sull’ombrosità. Trasparenza come controllo, possibilità di dare l’accesso a tutti. Abolizione delle asimmetrie informative. Capacità di veicolare reciprocità e libertà per il cliente che può fare perché sa. Dare al cliente la responsabilità di sapere. Fare luce su un consumo e una produzione critica e consapevole. Luce come valorizzazione dell’intelligenza: il valore degli illuminati. Ritorno a una logica meritocratica ed efficiente. Abbandono di clientelismi, commiserazioni, facili assistenzialismi e taken for granted. Nella crisi è il momento di rimboccarsi le maniche e lavorare per una ricostruzione. Luce come minimalismo comunicativo che sa stupire: dal rumore, dall’urlo alla voce puntuale che centra l’obiettivo nella consapevolezza di una “less is more philosophy”. Luce come speranza e neoumanesimo. Dal ritorno economico a breve termine a prospettive di lunga durata, progettualità, investimento nel futuro. Si tratta anche di totale cambiamento di paradigma, capace di valorizzare uno sviluppo sostenibile in termini di spazi e tempi: rallentamento e dilatazione vs tempi fast e concentrazione inumana. È l’incarnazione della possibilità, della certezza che voler cambiare è già un segno del poterlo fare.
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