Verso il 2022
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Con Astarea alla scoperta di un nuovo anno.
Tanti cari auguri di Buon Natale 2021 e Buon Anno 2022
Alla cultura fenicia viene attribuita l’invenzione dell’alfabeto, databile intorno al 10°-11° secolo a.C. L’alfabeto fenicio nasce per scopi pratici, affinché i mercanti potessero tenere traccia della loro attività in autonomia: e furono loro a diffonderlo in Europa e in Medio Oriente, dove venne utilizzato in moltissime lingue, originando anche il greco e il latino. Tentativi precedenti erano stati avviati dai Sumeri, che nella loro scrittura coniugarono la rappresentazione di un oggetto - tipica dei sistemi iconografici - con i suoni delle parole.
Guerriglia comunicativa. Orientarsi tra i segni
Gli Egizi ereditarono questo sistema adottando, insieme con i geroglifici, ideogrammi alfabetici rappresentativi di 1 suono. Questa struttura mista restava comunque molto complessa perché parole e frasi si potevano costruire solo leggendo insieme lettere ed immagini. I Fenici compirono il passaggio rivoluzionario, riducendo il sistema a 22 segni (tutte consonanti), ognuno dei quali rappresentava un suono: nasce l’alfabeto unicamente fonetico. Questo sistema si rivelò molto più semplice dei precedenti, dato un apprendimento facile e rapido: assunse quindi un’estrema rilevanza sociale, estendendo la scrittura a più ampie fasce di popolazione, e contribuendo così ad un processo di democratizzazione. Sappiamo quindi, fin dall’epoca dei Fenici, che la diffusione della capacità di linguaggio e di scrittura comporta la diffusione del sapere e quindi anche del potere. Il Covid-19 ha fornito una particolarissima interpretazione di questa regola, nella tensione tra due poteri comunicativi: quello delle istituzioni, che hanno tentato di rafforzare il loro ruolo attraverso uno stile direttivo quasi dimenticato, e quello dei singoli, che si sono inventati nuove forme di comunicazione bottom-up per fare sentire la propria voce. In copertina, il disegno della Stele di Nora, rinvenuta in Sardegna, presso Pula, ne 1773. Si ritiene il primo scritto in alfabeto fenico trovato a Ovest di Tiro, tra il sec IX e VIII a.C.
Laura Cantoni Giorgio Villa
Astarea 2021
Guerriglia comunicativa. Orientarsi tra i segni
Introduzione
N
el nostro consueto Augurale, l’anno scorso ci siamo soffermati, mossi dalla priorità della pandemia rispetto a qualsiasi altra contingenza, sull’impatto destabilizzante della crisi a livello globale ma anche sul “nuovo” che ha portato. Ha fatto esplodere le fragilità (ormai da ben pochi negate) dei nostri sistemi socio-economici e politici, suggerendo al tempo stesso processi di cambiamento nella organizzazione degli Stati, delle Società, delle Economie, delle Imprese, delle Relazioni internazionali. Ha ridefinito le abitudini delle persone – in famiglia, nel lavoro, negli acquisti, nel vissuto della casa e della città suggerendo, di là dagli obblighi imposti dalle restrizioni, modalità di vita da molte delle quali “indietro non si tornerà” – esattamente come accadde nella crisi economica dei primi lustri del 2000. Sempre nell’Augurale 2020 verso il 2021, facevamo riferimento ad una nuova produzione mediatica, i Tik-Tok, che hanno invaso la Rete a livello mondiale quale espressione del vissuto sociale rispetto a quanto stava accadendo.
dall’espressione degli atteggiamenti di fronte ad una situazione del tutto inedita, verso la questione vaccinale, con le sue connotazioni politiche, civili e sanitarie. Ben lungi dal volere intercettare nella tragedia del Covid-19 uno spazio di evasione capace di sollevare animi diventati un po’ pesanti, nell’Augurale di quest’anno ci occupiamo proprio di questo “genere”. Letto con uno sguardo temporalmente più distanziato, lontano dai primi mesi della pandemia, abbiamo identificato una logica del discorso che accomuna le diverse forme e temi messi in scena. Augurandoci che interessi anche a Voi, ci interessa illustrare, dal nostro punto di vista di ricercatori, sociologi e analisti della comunicazione, questo racconto, affinché il fenomeno non venga isolato come aspetto di rimessa totalmente residuale, ma sia invece considerato espressivo della voce sociale su quanto accaduto, ancora attiva e vigile su quanto sta ancora accadendo.
Nel corso della pandemia, la comunicazione dal basso nata in era social, si è incaricata di veicolare racconti non più leggeri, diventando manifestazione di pulsioni più profonde. Nel corso della crisi i temi e in parte le forme si sono modificate, per scandire con incredibile precisione tempistica i diversi passaggi della pandemia. E la loro prorompenza non si è affievolita, virando Riproduzione riservata ©
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Vox populi
B
attute fulminanti, racconti straniti e incursioni nell’assurdo, sempre a cavallo fra la manifestazione di un sottofondo tragico e il tentativo di affrontare la pandemia con il sorriso sulle labbra hanno invaso la Rete in epoca Covid-19. Ondate di gag sono rimbalzate e continuano a rimbalzare da un device all’altro con lo stesso ritmo virale della pandemia, seguendone l’andamento e aiutando i cittadini a organizzare, a ogni curva, trincee di resistenza. Mentre gli organi istituzionali, sia tecnici che politici, hanno inciso la carne viva di ciascuno, modificando le prassi e calando le persone in un rallenty senza orizzonti certi ma, all’inizio, con limiti spaziali definiti, è emerso dalla Rete un controcanto basito, racconto di come gli italiani si stessero acconciando, e tuttora si acconcino, alla nuova realtà, o cercassero, e ancora cerchino, di organizzare vie di fuga. Il dialogo fra istituzioni e cittadini è sempre stato asimmetrico. Da un lato, la voce idealmente univoca del potere, per definizione deputata a dettare la linea – anche se in realtà dominata da dubbi e incertezze, oltre che frammentata in posizioni fra di loro discordanti, se non polemiche. Dall’altro lato, la voce dei singoli, all’inizio chiusi nelle proprie case e nella personale solitudine e oggi più che mai in fiera opposizione al potere: una moltitudine di battute estemporanee che, prese una ad una, non sembrano sollevare altro interesse oltre a quello dovuto alla battuta acuta che squaderna la paradossalità del momento, al riso che non si lascia dominare dagli eventi, ma che poi però finisce lì. Viste nel loro complesso, tuttavia, le gag circolanti in Rete hanno dato luogo a una polifonia di racconti molto meno
rapsodici, caratterizzati anzi da temi ricorrenti e analogie profonde, che ripercorrono le faglie in cui già si articolano i segmenti della popolazione italiana, illuminandole. È un coro meno univoco rispetto a quello che si è levato dai balconi: discorsi meno educati ed edificanti rispetto all’esaltazione del binomio resilienza e solidarietà, ma che, intersecando temi fondamentali e divisivi – dai limiti accettabili della libertà individuale, agli obblighi derivanti da una gestione socialmente responsabile della pandemia – hanno offerto potenti argomenti e linfa vitale a vecchie e nuove ostilità. Mai come questa volta appare quindi istruttivo e importante gettare uno sguardo di insieme sui percorsi entro cui si è spontaneamente incanalata la vox populi. Istruttivo perché le battute circolate in Rete danno accesso a un repertorio di risorse messe in campo quando si è stati costretti, dal contesto inedito, a pensare out of the box. All’impossibilità di uscire di casa, o comunque di muoversi liberamente, fa da pendant la necessità di uscire dalle proprie stanze mentali, facendo emergere, da un lato, verità non dette e contenuti rimossi, e “cogliendo l’occasione”, dall’altro, per gettare uno sguardo lucidamente stranito su prassi cadute oramai fuori corso. Ed è così che un compìto signore ha trascorso il tempo pescando i pack di “Anatra WC” nel salotto di casa trasformato in un laghetto, estendendo in modo insano una mera somiglianza formale, ma garantendosi al contempo un momento di salutare evasione ideale. Così come oggi, da una diversa prospettiva, si ironizza con sarcasmo sulle presunte conseguenze dei vaccini, mettendo in discussione i limiti e i vincoli metodologici del discorso scientifico. Riproduzione riservata ©
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Guerriglia comunicativa. Orientarsi tra i segni
Un nuovo Format
I
l tono di voce sempre in bilico fra tragico e comico non costituisce quindi solo il ribaltamento di prospettiva su una realtà in sé drammatica, che non si può guardare solo riducendola a nonsense, ma serve anche a legittimare sotto lo schermo del riso l’emergere di contenuti altrimenti indicibili, o comunque sottotraccia, immagini ancorate nel profondo delle menti e dei cuori di ciascuno. Che si tratti di un racconto meno edificante sulla famiglia, ora protagonista di scenari, nei migliori casi, di fuga, o dell’abbrutimento personale degli eroi dell’happy hour ridotti a saccheggiare il frigorifero per consolarsi della clausura imposta, sempre si tratta di fare emergere un senso, normalmente rimosso nel registro del politically correct.
nome proprio e distintivo e le abbiamo chiamate “vignette”: schegge di pensiero da assemblare, per costruire un’intelligenza non solo della crisi in corso d’opera, ma anche della nostra vita sottotraccia. Sottotraccia esattamente come i canali protetti e celati all’opinione pubblica – tipicamente Telegram – su cui circolano ultimamente i contenuti meno raccontabili e al limite della legalità, nel momento della più accesa polemica anti-istituzionale sul tema dei vaccini.
Questioni di fondo che, in tempi normali, stanno, appunto, al fondo, causa la crisi sono state protagoniste incontrastate di un discorso che rimbalza all’esterno con funzione inizialmente liberatoria e che ora diventa sempre più accesa polemica. Le gag in Rete costituiscono un materiale prezioso: una panoramica inedita e rappresentativa della società italiana; una community online costituitasi spontaneamente, che si esprime con libertà pari alla capacità espressiva, dopo aver assorbito dalle tecniche pubblicitarie la capacità di usare in modo flessibile e sincretico linguaggi diversi, per imporre con grande efficacia nello spazio di poche righe punti di vista sul mondo. È quindi non solo istruttivo, ma anche importante prestare attento ascolto alle battute circolanti in Rete, per quello che esse hanno da rivelare e per come lo dicono. Per questo abbiamo scelto di dare alle gag anche un Riproduzione riservata ©
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Guerriglia comunicativa. Orientarsi tra i segni
Le Personas
D
e te fabula narratur: nell’epoca del selfie, una perentoria affermazione di sé nella quale immedesimarsi felicemente, le vignette fanno emergere una modalità sconcertata e nient’affatto gratificante di percepire se stessi entro il contesto pandemico. Di fronte al nemico subdolo del virus, identità acquisite si deformano in maschere comiche, nelle quali, alle volte, riconoscersi e dalle quali, più spesso, prendere le distanze. “No: non posso essere io, non mi assomiglia per niente”. Le vignette costituiscono quindi l’eco distonica dei selfie trionfanti. Quando mostrarsi ubiqui al centro di scenografie sempre diverse è impedito, o comunque ostacolato a seconda dei diversi passaggi della pandemia, le costrizioni imposte rifrangono l’io in un caleidoscopio di tentazioni e repulsioni.
ne, quello che “se ci si lava i denti con l’acquavite non può succedere nulla”, in forza dei vecchi e sani rimedi della nonna. Grazie alle vignette e ai loro racconti, è emersa una galleria completa e articolata di maschere comiche, o forse, meglio, di caratteri normalmente celati in ossequio ai canoni dell’appropriatezza sociale. Le Personas possono essere quindi guardate sotto il profilo comunicativo: per come mettono in scena sul web il sé travolto dalle nuove regole imposte dalla pandemia e per il tone of voice con cui negoziano le distanze dalle maschere comiche rappresentate, sempre in bilico fra un’amara, ma alle volte inevitabile, identificazione e la liquidazione liberatoria, che mette in opera la funzione tipica della satira.
Ne scaturisce una miriade di micro-racconti, che copre tutta la tastiera del registro comico, dall’umorismo più benevolente e autoconsolatorio, al sarcasmo più graffiante, distanziante, e aggressivo. La lente della crisi fa in questo modo emergere una panoramica di caratteri colti fuori posa, profilando le cosiddette Personas: gli interlocutori fittizi ma verosimili che il marketing costruisce per individuare di volta in volta il proprio destinatario nell’epoca delle identità fluttuanti. Il furbo incallito, quello che le “regole non fanno per lui”; il social compulsivo con le braghe calate, quello che “dimmi che aperitivo fai e ti dirò chi sei”; l’orso imbolsito, quello che “il lockdown meno male che c’è”; il materialoRiproduzione riservata ©
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I meccanismi narrativi
L
e pulsioni e le reazioni istintive di fronte alla pandemia sono messe in luce dalle scelte di fondo che guidano le gesta dei protagonisti delle vignette, intenti, alle volte, a sfidare i limiti imposti per ripristinare lo stile di vita consueto ribellandosi alle nuove regole, acconciati, altre volte, a calarsi nella nuova condizione. Emergono posture esistenziali diverse – dall’evasione nostalgica nel ricordo dei piaceri perduti, al ribellismo che non lascia costringere il proprio libero volere; dal cinismo incattivito e dissacratore di ogni potere costituito, al saggio sedicente, che dà mostra di sapere leggere gli eventi da una postazione tanto distaccata quanto improbabilmente lunare. I diversi atteggiamenti si traducono quindi in altrettante vene creative, riconoscibili sia per i peculiari meccanismi utilizzati nel generare effetti comici, sia per gli obiettivi polemici ricorrenti (dall’inadeguatezza della politica, agli impacci dello smart working, fino agli obblighi sanitari). La identificazione delle Personas poggia quindi sulla ricostruzione delle diverse modalità narrative che, come sempre accade in ambito comico, fanno leva sulla rottura di aspettative consolidate per generare racconti intesi a ristabilire condizioni accettabili, ma votati al fallimento.
ci, i giochi di parole e financo le allucinazioni ottiche da lockdown sfruttano la creatività per elaborare strategie di sopravvivenza, facendo emergere risorse nascoste cui attingere. Queste risorse, spese per ricostruire orizzonti esistenziali possibili oltre la pandemia, sono destinate via via ad essere frustrate per la loro inadeguatezza nel contesto. Gli inciampi e le frustrazioni, diversamente distillati, piegano il tono di voce ora verso il comico, ora verso il tragico, trovando sempre nuovi obiettivi polemici da sanzionare come “ridicoli”, per affermare l’inaccettabilità della situazione. Caratterizzate dagli obiettivi che si pongono, dagli ostacoli da cui sono trattenute, dagli esiti che ne traggono, dallo stile con cui rileggono le condizioni date, le Personas emergono a tutto tondo. Per questo, riflettono le polarizzazioni socioculturali oltre che politiche, soprattutto nell’attuale fase vaccinale, all’irrompere e al consolidarsi della pandemia.
Il classico “uomo che morde il cane” (citato nella letteratura retorico/semiotica come esempio tipico del meccanismo generativo del comico) si tramuta nel “cane che si rifiuta di accompagnare il padrone per l’ennesima uscita al parco”. Si dimostra con ciò quanto le vecchie a care abitudini siano sotto attacco, mentre gli stratagemmi retoriRiproduzione riservata ©
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Selfie reloaded
A
rileggerle con attenzione e metodo, le vignette disegnano personalità a tutto tondo, e possono essere lette ben di là da una mortifera spiegazione di barzellette. Né, tanto meno, e occorre dirlo con ferma precisione, si potrà mandare agli atti l’era del Covid come passaggio da cui è ora di evadere, rileggendolo con gli occhi del divertissement a posteriori o della protesta. Il che ucciderebbe due volte chi di Covid-19 è morto, muore o ancora soffre. Piuttosto che considerare il comico come un’erranza momentanea da sanzionare con il riso, ripristinando al più presto le antiche abitudini – come uno scarto da ridurre, direbbero i retori – le vignette mostrano al fondo la trasformazione subita da quanti, anche se non toccati dalla malattia, hanno ugualmente dovuto riconfigurare la propria quotidianità nel momento in cui sono venuti a mancare i punti di riferimento noti. Visto con il saggio disincanto dell’ironia, il confronto fra come eravamo, o pensavamo di essere, prima del Covid, e come ci siamo visti, e ci ritroviamo ancora, durante la pandemia, crea una sovrapposizione di piani dissonanti e quindi una eco comica.
Ci rivolgeremo poi anche a quanti invece vogliono sciogliere le tensioni e allontanare la fatica da lockdown, cercando nel “divertimento” anche le forze necessarie per di-vertere il corso degli eventi a venire. Le opposte fazioni dei riduzionisti del “Covid è un’influenza come un’altra”, che invitano a rileggere le statistiche di decenni fa, dei fan dell’Armageddon, barricati in casa ben oltre ogni regola imposta per legge, dei No Vax, per cui il vero pericolo si annida nella scienza assoldata al potere politico, riflettono, seppur in modo diverso, un senso di impotenza. Una riflessione sistematica sul vissuto durante il Covid può contribuire a trasformare reazioni istintive ed estemporanee in un momento di consapevolezza sui limiti posti sotto stress dalla situazione e sulle risorse che sono state messe in gioco. Scriviamo questo libro per cominciare, con la forza di un sorriso inevitabilmente impastato di tristezza, a pensare come progettare il domani.
Una eco comica che ci mette anche in prospettiva, dicendo qualcosa di più su di noi, e forse anche su dove potremo ancora dirigerci quando (…chissà quando…) questa crisi sarà infine superata. Per questo è in fase di conclusione un libro che si rivolgerà a chi, appassionato di fenomeni sociali raccontati senza inutili superfetazioni accademiche, vuole innanzitutto capire che cosa la pandemia sta facendo di noi.
Questo articolo ed il libro che seguirà sono scritti da Laura Cantoni e Raffaele Solaini Riproduzione riservata ©
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