VICENTE BATTISTA SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ VOLAND INTRECCI
Vicente Battista
Semplicemente GutiĂŠrrez traduzione di Marika Marianello
Voland
Titolo originale: Gutierréz a secas © Vicente Battista © dell’edizione italiana Voland SRL Roma 2014 Tutti i diritti riservati Prima edizione: novembre 2014 ISBN 978-88-6243-169-9
Obra editada en el marco del Programa “Sur” de Apoyo a las Traducciones del Ministerio de Relaciones Exteriores y Culto de la República Argentina Opera pubblicata nell’ambito del Programma “Sur” di supporto alle traduzioni del Ministero degli Affari Esteri, del Commercio Internazionale e del Culto della Repubblica Argentina
In ricordo di Jordi Estrada
Questa è la migliore delle vocazioni, non ce n’è un’altra uguale. Metti il tuo cuore nei testi! Non c’è niente di meglio dei testi: sono come barche sull’acqua. Guarda, non c’è professione senza padrone, ma non per lo scriba, perché lui è il padrone. ISCRIZIONE RITROVATA SU UNA TOMBA EGIZIA circa 1250 a.C.
I
Se fai un paio di passi di lato lo vedi. È l’uomo vicino alla donna dal cappotto blu. L’uomo con le mani in tasca e il bavero del soprabito rialzato; di quest’uomo intendo parlarti. Nella mano sinistra (che ovviamente non si vede) tiene un dischetto da 3,5’’; con la mano destra (che ha appena tirato fuori dalla tasca) si gratta il capo. Gutiérrez è il cognome di quest’uomo, dal giorno stesso in cui è nato; quarantadue anni fa. Non ha mai usato il cognome materno: Volando. Sarebbe stato Gutiérrez Volando. Gutiérrez non è amante degli scherzi e tanto meno gli piace subirli. Per questo preferisce Gutiérrez, semplicemente. Semplicemente Gutiérrez è lì, vicino alla donna dal cappotto blu. Niente li unisce e niente li unirà: entrambi attendono che la luce del semaforo diventi verde. Dopodiché si incammineranno per il passaggio pedonale. Allora, senza nessun altro gesto, la donna dal cappotto blu se ne andrà per sempre da questa storia. Gutiérrez, al contrario, vi entrerà in modo definitivo. Mentre la donna dal cappotto blu si perde per la strada deserta, Gutiérrez schiva una pozzanghera e sale i due scalini che lo conducono all’ingresso della casa editrice. Saluta con la mano il portiere e gli mostra il dischetto, come fosse un lasciapassare. Sembra sia sufficiente, perché il portiere gli restituisce il saluto, fa un commento sul freddo di stamattina e gli conferma che il signor Marabini è già arrivato. Gutiérrez ringrazia per l’informazione ed entra nell’ascensore. L’ascensore non ha specchi. Se ne avesse avuto uno, avrebbe restituito l’immagine che Gutiérrez – un metro e settanta-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
9
cinque, quasi ottanta chili di peso – presenta in questo istante: soprabito blu (al quale ora ha abbassato il bavero), forse passato di moda, ma pulito e ben stirato, camicia celeste e cravatta a righe. Il vestito (che nascosto dal soprabito non si sarebbe riflesso nello specchio) è di colore blu scuro. Le scarpe (che neppure si sarebbero riflesse) sono nere; la voluta brillantezza del lucido non riesce a dissimularne l’uso eccessivo. Il viso di Gutiérrez, la cosa che meglio si sarebbe riflessa, manca di segni particolari. Segni particolari: nessuno, come riportavano di solito i vecchi documenti di identità. Forse la cosa che più risalta sono i suoi occhiali. Le lenti da miope dei suoi occhiali che, inserite in una montatura grossa e incolore, hanno la particolarità di scurirsi con la luce del sole. Una pratica civetteria che Gutiérrez si è concesso dietro consiglio del suo ottico e della quale non si pente. Siccome nell’ascensore non arriva la luce del sole, le lenti da miope degli occhiali di Gutiérrez conservano la loro sfumatura cristallina. Grazie a questa circostanza è possibile distinguere gli occhi di Gutiérrez, di colore marrone. Si può anche osservare un naso aquilino e una bocca inespressiva dalle labbra sottili. I capelli, quasi lisci e marcatamente neri, contrastano con il colorito pallido della pelle. Tutto questo è ciò che avrebbe riflesso lo specchio dell’ascensore, nel caso in cui ce ne fosse stato uno. Sebbene, com’è noto, gli specchi mentano sempre. L’ascensore si ferma al secondo piano. Gutiérrez aveva spinto il pulsante del quinto, perché l’ufficio di Marabini si trova al quinto. Si apre la porta ed entra un uomo di poco più di sessant’anni. Indossa giacca, camicia e cravatta. L’abito è blu, la camicia celeste e la cravatta bianca a righe rosse. Dal braccio sinistro pende il soprabito; nella mano destra tiene un dischetto identico a quello che Gutiérrez ha in tasca. L’uomo saluta con un impercettibile movimento del capo. Gutiérrez gli
10
VICENTE BATTISTA
restituisce il saluto con un gesto simile. Per un istante i due si guardano in silenzio; poi Gutiérrez svia lo sguardo, ma il volto dell’uomo dall’abito blu gli è rimasto impresso nella memoria: potrebbe plasmarlo in un possibile personaggio. Ha la pelle di colore giallo tendente al verde, quel colorito olivastro tipico degli uomini e delle donne dell’India. Gutiérrez ricorda che le persone con quel colorito sono spesso malinconiche in mancanza di sole ma quell’uomo dall’abito blu non ha un aspetto malinconico. La sua figura si avvicina semmai più alla rassegnazione che alla malinconia. È perfino un po’ grottesco: indossa occhiali con accentuate lenti da miope (che sicuramente non si scuriscono con la luce del sole) e si è ingegnato affinché quei pochi capelli tenuti su col gel, provino invano a dissimulare la sua irrimediabile calvizie. D’un tratto Gutiérrez si sorprende: pensa che quell’uomo dall’abito blu potrebbe essere lo stesso da qui a vent’anni. Sono arrivati al quinto piano. Gutiérrez gli cede il passo e l’uomo dall’abito blu se ne va per un corridoio e probabilmente se ne andrà per sempre anche da questa storia. Gutiérrez no. È arrivato all’ufficio di Marabini e bussa alla porta con due leggeri colpetti. Conosce molto bene il codice. Sa che dovrà rimanere davanti alla porta in attesa dell’ordine di Marabini. Sa che per nessun motivo Marabini accetta un terzo colpo: per lui, due sono sufficienti. Sa che possono passare anche più di cinque minuti prima di sentire la voce flautata di Marabini dire “Avanti.” Quindi si prepara ad aspettare. Una volta Gutiérrez è rimasto quasi dieci minuti con gli occhi fissi sulla targhetta di bronzo che annuncia “Direttore”. Sentiva i passi degli impiegati, i loro mormorii, ma non osava girare la testa. Questa volta invece Marabini risponde subito. Gutiérrez è appena entrato nell’ufficio e ora cammina con la mano destra tesa, per il saluto di rigore. Marabini lo aspetta dall’altro lato del-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
11
la scrivania, anche lui con la mano tesa. Finalmente si stringono la mano; come due vecchi amici che non si vedono da molto tempo. In realtà, non sono affatto amici. Non è nemmeno tanto tempo che non si vedono: appena una settimana, dal momento che questo rito si compie invariabilmente tutti i lunedì. È il giorno in cui Gutiérrez deve consegnare il lavoro. Perché Gutiérrez, e così l’uomo dall’abito blu incontrato poco prima in ascensore, è un fantasma; un ghost-writer, come con maggior precisione vengono chiamati negli Stati Uniti d’America. Marabini è il suo editore. Ora i due sono seduti, Gutiérrez non si è tolto il soprabito (nonostante nell’ufficio il riscaldamento sia più alto del solito), ma ha tirato fuori il dischetto che aveva nella tasca sinistra. Lì, nel dischetto, non nella tasca, Gutiérrez conserva l’ultima parte del suo ultimo romanzo; la prima parte l’ha consegnata lunedì scorso. Il libro, non importa se di autoaiuto, di narrativa o di cultura generale, deve essere pronto in due settimane. Nella prima settimana si consegna una parte; nella successiva, l’opera completa. Quindici giorni è il tempo massimo concesso da Marabini ed è il tempo che Gutiérrez impiega a scriverlo. Per i libri di informazione o di autoaiuto, Marabini gli fornisce abbondante materiale; poi Gutiérrez deve ricucinarlo o giustiziarlo, come con un po’ più di violenza preferiscono dire nel vecchio continente. Per i romanzi (non importa se gialli, western, di fantascienza o di spionaggio) Marabini lascia tutto in mano all’immaginazione di Gutiérrez; lo stesso vale per i romanzi rosa o erotici. L’ufficio di Marabini è pomposo e di indubbio cattivo gusto, come lo stesso Marabini. Alla parete sono appese foto di celebri scrittori che con il proprio nome o con uno pseudonimo degno hanno pubblicato o ancora pubblicano con la casa editrice. Tutte le foto sono dedicate a Marabini. Tre vasi con piante
12
VICENTE BATTISTA
finte, una libreria, un rigoroso tavolo di cedro circondato da sei sedie in acrilico brillante, un’enorme scrivania coperta di fogli, due poltrone tappezzate in velluto blu e un computer completano l’arredamento. Gutiérrez immagina che anche una sua foto un giorno sarà appesa a quella parete; ma non ha ancora pensato quale dedica scriverà a Marabini. Forse basterebbe un avverbio: “Affettuosamente” o “Cordialmente”; e poi la sua firma: Gutiérrez. Per ora deve accontentarsi degli infiniti pseudonimi che sceglie per firmare i suoi libri quindicinali: Bill Ryan, Giovanni Storza, Henry Palmer, John McMillar. Per i romanzi erotici di solito opta per soprannomi femminili: Françoise Cugnon o Simone Marchand. Amico Gutiérrez, sta dicendo ora Marabini, e Gutiérrez sa che quando Marabini dice “amico” fatalmente arriverà la critica. Il rimprovero, più che la critica. È andato fuori strada un’altra volta, Gutiérrez, dice Marabini, mi è diventato metafisico. Io le avevo chiesto un romanzo di pura azione, tanti spari e tanti morti. Non mi interessa che i personaggi pensino. I suoi personaggi non devono pensare, Gutiérrez, insiste Marabini e gli concede che se vuole può farli pensare in quelli rosa. Lì va bene che pensino un po’, dice, ma in quelli d’azione mai. Questi sono d’azione, d’azione, ripete Marabini scandendo ogni lettera. Gutiérrez annuisce con piccoli movimenti del capo, ma non dice una sola parola: è sicuro che Marabini continuerà a parlare. E non sbaglia, perché ora Marabini indica la foto di uno dei celebri scrittori appesa alla parete. Lei lo conosce, dice a Gutiérrez. Gutiérrez annuisce un’altra volta con il capo. E lo ammira. Gutiérrez non batte ciglio. Vero che lo ammira? domanda Marabini. Lo ammiro, riconosce Gutiérrez. Eppure, dice Marabini indicando la foto, così come lo vede, anche lui ha scritto per me. È un autore della casa editrice, dice Gutiérrez, è da molto tempo che scrive per la casa editrice. Marabini dice
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
13
di sì, questo lo sa già. Tuttavia, sebbene stenti a crederlo, Gutiérrez, ci fu un tempo in cui anche lui scrisse come lei. Porcherie come quelle che scrive lei, dice Marabini, non so se mi capisce. Gutiérrez lo capisce perfettamente. Lo capisco, dice. Non voglio che se la prenda a male, non si offenda, dice Marabini, ma così stanno le cose. Gutiérrez è sul punto di dire che non si offende per niente; al contrario, lo rallegra sapere che quel celebre scrittore da lui tanto ammirato una volta fosse un ghost-writer. La verità non offende, dice Gutiérrez. Scende ora un silenzio affatto imbarazzante. Gutiérrez cerca un punto su cui fissare lo sguardo mentre attende che Marabini continui a parlare. Non trova però nessun punto che lo soddisfi e Marabini ha deciso di restarsene zitto: ha gli occhi semichiusi, come se stesse evocando qualcosa. Gutiérrez ha pensato più volte di usare Marabini come personaggio. Marabini sarà necessariamente un personaggio del romanzo segreto che Gutiérrez sta scrivendo, però Gutiérrez non ha mai osato (e difficilmente oserà un giorno) utilizzarlo come personaggio nei romanzi che scrive su commissione. Marabini non sarà un personaggio nemmeno del romanzo autentico che Gutiérrez si propone di scrivere. Marabini, per il suo aspetto fisico, sarebbe condannato a essere un personaggio sgradevole; per il suo aspetto caratteriale, anche. Ha i capelli rabbiosamente tinti di nero e appartiene a quella strana categoria di uomini che pur essendo magri sembrano grassi. Marabini non lo sembra: è decisamente grasso. Ha appena compiuto cinquantotto anni, sebbene ne dimostri meno, per via dei capelli tinti e perché è imberbe, la pelle rosa e lucida. Ha gli occhi piccoli e senza luccichio, il naso piatto e largo (come quello di un pugile castigato senza pietà) e la bocca dalle labbra disuguali: il superiore molto sottile e l’inferiore molto grosso. La dentatura è forse l’unica cosa salvabile: una perfetta fila di denti bianchi e splendenti che, tuttavia, non riescono a disegnare
14
VICENTE BATTISTA
un sorriso decente. Non che importi molto, Marabini raramente sorride. Indossa vestiti costosi e di marca, ma di indubbio cattivo gusto. Me lo ricordo come se fosse successo ieri, dice Marabini e Gutiérrez non batte ciglio. Mi ascolta, Gutiérrez? domanda Marabini. Sì, sì, l’ascolto, dice Gutiérrez. Non stava pensando ad altro? domanda Marabini. No, assicura Gutiérrez, non stavo pensando ad altro. Cosa le ho detto, Gutiérrez? domanda Marabini. Che ricorda qualcosa come se fosse successo ieri, però non so cosa, risponde Gutiérrez. Marabini indica la foto del celebre scrittore. Era un venerdì, dice, un venerdì pomeriggio quando gli dissi che mi serviva un romanzetto di pura azione per il lunedì dopo. Non c’è problema, mi disse, e il lunedì mattina tornò con una storia divisa in otto capitoli. Il protagonista era un negro veterano del Vietnam. Nel primo capitolo aveva una borsa con una mitragliatrice, due pistole, varie granate e un pugnale da combattimento, e scendeva in strada; dal secondo capitolo al settimo uccideva persone a più non posso. Nell’ottavo capitolo, una pattuglia di polizia lo abbatteva. Era moribondo, a malapena si sorreggeva a un lampione della luce. Verso quel lampione si dirigeva il tenente al comando della pattuglia. Il negro veterano del Vietnam e il tenente si guardavano per un istante, dopodiché il tenente lo spingeva con il piede destro. Il negro cadeva definitivamente morto sull’asfalto e il tenente diceva: “Non potrai più toccarla, Sam” e il romanzo terminava. Azione è ciò che voglio, Gutiérrez, azione. Gutiérrez gli assicura che la seconda parte, quella salvata nel dischetto, è pura azione. Tanti morti e quasi nessuno pensa, dice Gutiérrez, e gli porge il dischetto. Quasi nessuno no, dice Marabini, nessuno, Gutiérrez, nessuno. Gutiérrez accetta con un cenno e vuole sapere come risolveranno il problema del primo dischetto. Marabini gli dice di non preoccuparsi, è già risolto. I
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
15
correttori si sono occupati di togliere tutto quello che avanzava e di aggiungere tutto quello che mancava. Lei ci dà molto lavoro, Gutiérrez, dice Marabini. I correttori sono un altro mistero della casa editrice. Nessuno li conosce e nessuno sa dove siano. È norma dell’azienda che i correttori e i ghost-writer non si incontrino mai. Se per un motivo fortuito un ghost-writer riconoscesse un correttore, il ghost-writer perderebbe irrimediabilmente il lavoro. È una regola inderogabile che risale agli inizi della casa editrice e che nessuno ha mai osato trasgredire. D’altra parte, non c’è modo di trasgredirla, perché non c’è modo di riconoscere i correttori. Questo enigma dà origine a un susseguirsi di ipotesi senza tregua. C’è chi assicura che i correttori si vestano come chiunque altro; si dice si comportino come la gente comune. C’è chi afferma che l’unica differenza tra i correttori e la gente comune sia il fatto che zoppichino; si dice che tutti i correttori siano zoppi. Tuttavia, si affrettano a chiarire, soffrire di quel difetto fisico non assegna lo status di correttore. C’è chi sostiene che zoppicare sia un sotterfugio, un ulteriore modo di complicare le cose; si dice che i correttori deambulino per i piani della casa editrice, mischiati tra gli impiegati dell’amministrazione o dell’archivio. C’è chi afferma che i correttori siano confinati in uno scantinato, una sorta di catacomba ubicata nello stesso isolato della casa editrice; si dice che i correttori arrivino in casa editrice attraversando passaggi segreti ignoti a tutti. Gutiérrez avvalla quest’ultima ipotesi. Ha l’abitudine di camminare intorno all’isolato della casa editrice alla ricerca della porta d’accesso dello scantinato o della catacomba dove si troverebbero i correttori, ma finora non l’ha mai trovata. Marabini prende un grosso dossier dalla sua scrivania. Gutiérrez capisce che il suo prossimo libro non sarà d’avventura. Quale tema toccheremo? domanda Gutiérrez. Voglio la storia di
16
VICENTE BATTISTA
Lilith, dice Marabini, è per la collana Chi è chi in centomila parole. Lilith, risponde Gutiérrez. Sì, Lilith, con “th” finale, la Regina della Notte o, se vuole, il Mostro della Notte, dice Marabini, la madre di tutti i vampiri. Certo, Lilith, conferma Gutiérrez. Ce l’ha presente? domanda Marabini. Sì, Lilith, dice Gutiérrez, secondo la tradizione rabbinica, Yahweh la generò dal fango, così come Adamo. Sarebbe stata sua moglie, ma uscì cattiva nell’anima e si unì subito ai soldati del Diavolo. Nel creare una sua sostituta, Yahweh scartò il fango e scelse una costola di Adamo: così nacque Eva. Va bene, se vuole metta anche questo, dice Marabini, ma mi interessa soprattutto la parte dei vampiri. I vampiri, ripete Gutiérrez. Qui c’è del materiale, dice Marabini e gli porge il dossier, se ha bisogno di più dati li può cercare in internet. Vediamo se mi scrive una storia come si deve. Non ne dubiti, promette Gutiérrez e si alza in piedi. Sa che il colloquio è terminato. Stringe la mano a Marabini e se ne va contento: le storie di vampiri gli vengono bene, ne ha scritte diverse.
II
Gutiérrez vive da solo. Abita in un piccolo appartamento di due vani, bagno e cucina, al secondo piano di un edificio in periferia. Il medico ha detto a Gutiérrez che è fondamentale camminare tutti i giorni. Gutiérrez non cammina tutti i giorni, ma si preoccupa di calcolare le distanze percorse nei giorni in cui cammina. Per andare in casa editrice, Gutiérrez percorre nove isolati. È la distanza che separa il suo appartamento dalla fermata dell’autobus. L’autobus lascia Gutiérrez a meno di cinquanta metri dalla casa editrice; pertanto non vale la pena calcolare questo insignificante tragitto. Per contro, è essenziale aggiungere i quattro isolati della camminata salutaresportiva che Gutiérrez percorre senza una data fissa e i quattro isolati intorno all’edificio della casa editrice che Gutiérrez percorre ogni quindici giorni. Sommando, dunque, i diciotto isolati (nove all’andata e nove al ritorno) che Gutiérrez percorre per andare e tornare dalla casa editrice, più i quattro isolati della camminata salutare-sportiva, più i quattro isolati intorno all’edificio della casa editrice, avremo un totale di ventisei isolati. Circa due chilometri e mezzo. Non è molto, ma è meglio di niente. Nella maggior parte dei casi, Gutiérrez approfitta della camminata per immaginarsi il nuovo libro che gli commissiona Marabini. In questo caso Gutiérrez non ha nulla da immaginare. Marabini gli ha dato materiale a sufficienza. Gutiérrez conta, inoltre, sulle proprie informazioni riguardo a Lilith. La Regina della Notte, anche detta Mostro della Notte, è una crea-
18
VICENTE BATTISTA
tura mitologica che ha sempre turbato Gutiérrez. In realtà le donne, mitologiche o no, hanno sempre turbato Gutiérrez. Quest’ultimo aspetto, ovvero che le donne lo turbino, non lo sa nessuno; e ancor meno le poche donne che Gutiérrez conosce. Perché sono poche? La vera risposta può darla solo Gutiérrez. Basta dire che Gutiérrez si fida delle donne meno che degli uomini; e degli uomini Gutiérrez non si fida quasi affatto. Non si fida nemmeno di Requejo. Requejo è l’unico amico reale di Gutiérrez. Tutti gli altri amici di Gutiérrez sono virtuali: si trovano nel cyberspazio. Si è lasciato dietro i nove isolati e ora Gutiérrez sale al secondo piano col piccolo e sgangherato ascensore dell’edificio. Il medico gli ha anche raccomandato di salire e scendere a piedi, ma Gutiérrez usa le scale solo per scendere. Gutiérrez cerca la chiave della porta e sente lo sguardo della vicina dell’appartamento 2°C sulla schiena. La vicina del 2°C è una vecchia in pensione che si diverte a curiosare dallo spioncino. A Gutiérrez poco importa, perché non ha nulla da nascondere. In realtà, Gutiérrez ha qualcosa da nascondere. Ma dallo spioncino della porta della sua abitazione la vicina del 2°C non potrà mai scoprire i libri nascosti da Gutiérrez. Non si tratta dei volumi della libreria del soggiorno, quelli sono a vista di chiunque; perfino sotto gli occhi della vicina del 2°C. Si tratta degli altri libri, piccoli volumi di diciotto centimetri d’altezza per dodici centimetri di larghezza e novanta pagine di testo che giacciono in una biblioteca nascosta dentro l’armadio della stanza da letto. Nessuno, ma proprio nessuno, nemmeno Requejo, è a conoscenza di questa biblioteca. È composta da esemplari di cultura generale, romanzi d’avventura, romanzi rosa, romanzi di fantascienza e romanzi erotici, romanzi gialli e romanzi di spionaggio, romanzi western e romanzi di pirati. Sono i libri che Gutiérrez scrive ogni quindici giorni. Per questo tipo di vo-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
19
lumi la casa editrice sceglie delle copertine con disegni allegorici dai colori vivaci e di evidente cattivo gusto. Per contratto, a Gutiérrez spettano cinque copie per titolo. Tuttavia Gutiérrez le rifiuta. Dice che non gli interessa conservare quel tipo di letteratura. Nessuno, ma proprio nessuno, nemmeno Requejo, sa che ogni quindici giorni Gutiérrez si porta a casa l’ultima copia appena uscita. Gutiérrez sceglie sempre punti vendita diversi. I libri che Gutiérrez custodisce nella biblioteca nascosta dentro l’armadio della stanza da letto non hanno copertine dai colori vivaci e di evidente cattivo gusto. Nella lavanderia accanto alla cucina Gutiérrez ha montato un piccolo laboratorio di rilegatura. Nel laboratorio ci sono gli strumenti essenziali per una corretta rilegatura: pressa, taglierina, colla, aghi e filo. Prima di acquistare questi strumenti, Gutiérrez incaricò un muratore di alzare una parete di mattoni nel vano della lavanderia comunicante con l’esterno. Gutiérrez rimpiazzò la luce del sole con una lampada da 100 Watt. Da allora ogni nuovo libro di Gutiérrez che viene pubblicato fa il suo ingresso nel laboratorio. Gutiérrez gli strappa la copertina dai colori vivaci e di evidente cattivo gusto. Questo è il primo passo, poi Gutiérrez porta a termine tutte le procedure che l’arte della rilegatura esige: assembla i fogli, li cuce, li incolla, li pressa e gli mette una copertina foderata di finta pelle di colore azzurro, senza una sola didascalia né sul dorso né sulla prima. Così Gutiérrez crea un nuovo libro che aggiunge subito alla biblioteca nascosta dentro l’armadio della stanza da letto. Non lo tira fuori mai più. A tutt’oggi Gutiérrez ha accumulato in questa biblioteca clandestina centoquarantasette volumi. Perde tempo chi pensa che sulla base di questa cifra si possa sapere da quanti anni Gutiérrez lavora per la casa editrice. L’abitudine di rilegare è di data recente. I libri precedenti a quest’abitudine Gutiérrez li dà per persi; li considera un po’ come di autore anonimo.
20
VICENTE BATTISTA
Ora Gutiérrez non ha in mano nessun libro, ma va comunque verso l’armadio della stanza da letto. Mette via il soprabito e la giacca; si leva la cravatta e la appende, accanto alle altre quindici, al portacravatte fissato sulla parte interna dell’anta dell’armadio. Grazie ad alcuni libri di astrologia che ha scritto, Gutiérrez sa che i nati sotto il segno della Vergine sono esageratamente ordinati; Gutiérrez non è della Vergine, ma è ordinato. Chiude l’anta dell’armadio e si siede sul letto. In realtà è un materasso a una piazza e mezza, appoggiato su un sommier senza alcun particolare che lo distingua dai mille materassi a una piazza e mezza che poggiano su mille sommier. Accanto al materasso-letto c’è un cubo di legno che una volta era del suo colore naturale tirato a lucido e ora è pitturato di blu scuro. Il cubo assolve la funzione di comodino. Sopra il cubo che assolve la funzione di comodino si vede solo un paralume senza nessun tratto caratteristico. Accanto al paralume c’è un piccolo recipiente di metallo; dentro il recipiente Gutiérrez custodisce le pasticche blu, quelle che assume la mattina, quando si alza, e quelle che assume la sera, quando si corica. Un baule di media grandezza, che Gutiérrez non apre da anni, e una vecchia sedia, senza lucido né pittura né stile definito, completano l’arredamento. La stanza da letto, desolata e ascetica, somiglia a una cella monacale. Non si può dire che il soggiorno susciti maggior entusiasmo. Una delle pareti è totalmente ricoperta di libri di vari autori; le altre tre sono nude. Non è stato sempre così. Ci fu un periodo in cui queste tre pareti oggi nude esibirono riproduzioni di celebri opere. Un pomeriggio di molto tempo fa Gutiérrez staccò le stampe e le mise dietro la grande poltrona appoggiata alla parete opposta alla libreria. Nessuno sa perché Gutiérrez staccò quelle stampe; Gutiérrez non l’ha mai detto. In uno degli angoli del soggiorno, in diagonale rispetto alla por-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
21
ta d’ingresso, Gutiérrez ha sistemato la scrivania: un antico mobile di legno pregiato. Accanto alla scrivania c’è un computer. Gutiérrez lo usa per scrivere i suoi libri, per navigare e chattare in internet, per vedere i suoi CD-ROM e nient’altro. Attaccato alla porta della cucina c’è un piccolo tavolo ovale e due sedie. Lì Gutiérrez si siede a mangiare. Sebbene abbia scritto anche libri gastronomici, Gutiérrez è lontano dall’essere un gourmet. I pranzi e le cene si limitano a piatti precotti che vanno dal freezer al microonde senza alcun passaggio intermedio. Gutiérrez ricorre anche alle scatolette conservate nell’armadio a muro della cucina, e solo di tanto in tanto si azzarda a cuocere un po’ di pasta che poi condisce con burro e formaggio. Beve solo latte. A volte Gutiérrez prolunga il dopo cena. In quelle occasioni, si concede un bicchiere di latte extra. Lo assapora pacatamente, seduto di fronte all’unica finestra del soggiorno. Quell’unica finestra si affaccia al pozzo d’aria e di luce interno al palazzo e confina con la costruzione vicina: un edificio alto più di venti piani. Dall’unica finestra del soggiorno Gutiérrez riesce a vedere solo la parete cieca dell’altro edificio. Gutiérrez fissa lo sguardo su quella parete sporca e solitaria. Molti argomenti di cui parlano i libri che Gutiérrez scrive sono nati durante quei prolungati dopo cena. Sempre da quella parete sarà uscito l’intreccio del romanzo segreto che Gutiérrez sta scrivendo, e con ogni probabilità uscirà quello del romanzo autentico che Gutiérrez pensa di scrivere. Chi fa da sé fa per tre, dice sempre Gutiérrez, e si compiace del fatto che la sua finestra non si trovi dirimpetto a un’altra finestra illuminata, come tante case in periferia e in città. Non c’è pericolo che un occhio curioso guardi Gutiérrez. Per scrivere di Lilith, Gutiérrez non ha bisogno né del dopo cena né della parete. Gutiérrez si dirige verso il terzo scaffale del-
22
VICENTE BATTISTA
la libreria e prende un libro. Le cose della notte, si chiama. Gutiérrez guarda soltanto per un secondo la copertina del libro e poi lo sfoglia. Si arresta sorpreso. Tra le pagine di Le cose della notte ha appena trovato un pezzo di carta. È quadrato, giallino con su scritto un nome e un numero di telefono. Il nome è Ivana e il numero di telefono non ha importanza. Neanche il nome ha importanza. Fa parte di una storia accaduta molto tempo fa e da Gutiérrez completamente dimenticata. In realtà, non completamente. Vi è un piccolo fatto banale in questa storia, un episodio insignificante, che da allora accompagna Gutiérrez. Non vale la pena sapere in che modo Ivana conobbe Gutiérrez. Ivana era allegra, imprevedibile e passionale. Gutiérrez era tale e quale a com’è adesso. Nessuna agenzia matrimoniale si sarebbe mai azzardata a farli mettere insieme. Tuttavia, malgrado fossero come l’acqua e l’olio, Gutiérrez e Ivana sono stati una coppia. Forse perché i poli opposti si attraggono, Ivana e Gutiérrez si attrassero. Gutiérrez non seppe mai per quale motivo gli piacesse Ivana o cosa gli piacesse di Ivana; ancora oggi non lo sa. Gutiérrez non ricorda quasi niente dei pochi mesi in cui sono stati una coppia. Forse è un po’ esagerato dire “sono stati una coppia”. Durante quegli scarsi mesi Gutiérrez e Ivana non hanno mai vissuto insieme. Vale a dire non hanno mai vissuto sotto lo stesso tetto. Ivana andava spesso nell’appartamento di Gutiérrez, ma non si fermò neanche una volta a passare la notte. Gutiérrez non andò mai a casa di Ivana. Tra le cose che ricorda di quella relazione a Gutiérrez rimase impresso, impresso per sempre, un piccolo episodio. Un fatto senza importanza che potrebbe essere raccontato così: Ivana arriva senza preavviso a casa di Gutiérrez, sono le quattro del pomeriggio di un giorno feriale. Questa visita inaspettata non sembra sorprendere Gutiérrez. Ivana, ricordiamolo, oltre ad essere allegra e passionale, è imprevedibile. Gu-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
23
tiérrez non riesce a domandarle nulla. Non fa in tempo a domandarle: Come mai da queste parti? o Perché non mi hai avvisato che venivi? che Ivana s’è già appesa al collo di Gutiérrez. Così, appesa al collo, gli dice: Ti amo. Non era la prima volta che si appendeva al collo di Gutiérrez né era la prima volta che gli diceva: Ti amo. Glielo aveva detto molte volte. Ma quel pomeriggio Gutiérrez capì che per la prima volta glielo stava dicendo sul serio. Perché lo capì? Gutiérrez non sa come spiegarlo, ci sono cose che non hanno una spiegazione, semplicemente si sentono, e quel pomeriggio Gutiérrez lo sentì. Sentì che Ivana lo amava sul serio. Lei disse solo questo e se ne andò. Passavo di qui e te lo volevo dire, disse; poi se ne andò. Ho un mucchio di cose da fare, disse. Gutiérrez la accompagnò fino alla porta e vide Ivana allontanarsi per il lungo corridoio. L’avrà vista anche la vicina del 2°C, ma a Gutiérrez questo non importò. Rientrò nel suo appartamento prima che Ivana arrivasse all’ascensore. Chiuse a chiave e andò dritto in cucina. Si versò un bicchiere di latte, tornò in soggiorno, si sedette davanti alla finestra e si tolse gli occhiali. Sentiva qualcosa di strano nel corpo. Felicità, forse. Neanche questa sensazione si può spiegare, ognuno la sente a modo suo. Gutiérrez rimase quasi un’ora con lo sguardo fisso sulla parete, assaporando fino all’ultima goccia di latte. Nel preciso istante in cui assaporò l’ultima goccia, Gutiérrez capì che non avrebbe mai più rivisto Ivana. Ivana non seppe mai le ragioni di questa decisione. Gutiérrez smise di chiamarla e si rifiutò di risponderle al telefono. Gutiérrez dimenticò Ivana, ma conservò per sempre quel piccolo momento, banale e insignificante, che ancora oggi gli risulta difficile spiegare e ancor più capire, ovviamente. Ora Gutiérrez guarda un’altra volta il foglietto che ha trovato tra le pagine del libro e si domanda come diavolo sia potuto finire lì. Deve avercelo messo Gutiérrez in persona e sicu-
24
VICENTE BATTISTA
ramente il giorno stesso in cui ha conosciuto Ivana. Lei avrà cercato un foglietto di carta nel suo portafogli, avrà appuntato il suo nome e il suo numero di telefono e gli avrà detto: Chiamami. Gutiérrez deve averle detto di sì, che l’avrebbe chiamata, e avrà messo il foglietto tra le pagine di quel libro. Vale a dire: nel periodo in cui ha conosciuto Ivana, Gutiérrez stava leggendo questo libro che ora ha fra le mani. Le cose della notte include una minuziosa biografia di Lilith, conosciuta anche con altri epiteti: Regina della Notte, per esempio, o Mostro della Notte. Gutiérrez pensa che le casualità non esistono, Lilith e Ivana devono avere qualcosa in comune. In questo momento però a Gutiérrez interessa solo la storia di Lilith, per cui accartoccia il foglietto con il nome e il numero di telefono di Ivana, si dirige risoluto verso il bagno e getta il foglietto appallottolato nella tazza. Gutiérrez tira lo sciacquone e osserva, senza pensare a nulla, come l’acqua si porta via il nome e il numero di telefono di Ivana. Non è detto che Gutiérrez abbia compiuto questa azione senza pensare a nulla. È un’azione simile a quella che Gutiérrez si è appuntato per il romanzo autentico che si propone di scrivere. Questo romanzo, Gutiérrez lo sa, farà sì che una sua foto, con una dedica a Marabini (“Affettuosamente” o “Cordialmente”, questo ancora non l’ha deciso), si aggiunga alle foto degli altri veri scrittori appese alla parete dell’ufficio di Marabini. Questo però sarà più avanti; ora Gutiérrez deve lavorare su Lilith, per cui si incammina verso la scrivania, smette di pensare al romanzo autentico che si propone di scrivere e comincia a riordinare il materiale di Marabini su Lilith. Si può affermare che la Regina della Notte fu un involontario equivoco di Dio. Yahweh la fece di fango, così come Adamo, e gliela consegnò affinché fosse sua moglie. Fu un matrimonio molto breve. Durò fino al giorno preciso in cui Adamo volle gia-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
25
cere sopra Lilith. Perché devo stare sotto di te, se entrambi siamo uguali: anch’io sono stata fatta di fango, disse Lilith e senza aspettare risposta invocò il segreto nome di Dio, si elevò verso il cielo e scomparve per sempre. C’è chi sostiene che non pronunciò mai il segreto nome di Dio, perché non lo sapeva, e non si elevò mai verso il cielo ma anzi al contrario: discese agli inferi e finì per essere una delle più rinomate amanti del Diavolo. “Una Donna, insomma” appunta Gutiérrez, sebbene sappia che non potrà lavorare sulla base di questo presupposto. Marabini gli ha chiesto di evidenziare soprattutto l’aspetto vampiresco di Lilith. Gutiérrez consulta il libro della sua biblioteca. Tuttavia, lì non vi è un solo dato che leghi Lilith ai vampiri. Il libro si occupa del modello più diffuso di Regina della Notte. Narra quello che Gutiérrez sa già: Lilith insidia le coppie mentre fanno l’amore. Si posa invisibile tra i due innamorati e genera nuovi mostri con il seme rubato. Il libro istruisce anche sul modo più efficace per evitare questa inopportuna visita notturna. Bisogna scrivere una frase sulla porta o sulla parete della stanza da letto. Il testo di questa frase deve essere: “Adamo ed Eva qui possono entrare, ma non la regina Lilith.” Le cose della notte dice tutto questo, ma in nessun punto lega Lilith ai vampiri. Gutiérrez chiude il libro e comincia a esaminare il materiale di Marabini. Si sofferma sulla fotocopia di un articolo pubblicato su una rivista che non esce più da almeno vent’anni. Amore di madre si intitola l’articolo e in un’illustrazione iperrealista si vede una donna di diabolica bellezza circondata da cinque bambini con evidenti sembianze vampiresche. Le creature intorno alla donna di diabolica bellezza non si preoccupano di nascondere la loro condizione di spettri, di cadaveri insepolti. Per qualche ragione difficile da precisare, Gutiérrez capisce che quello è l’unico articolo a cui si sia interessato Marabini e quindi gli presta particolare attenzione.
26
VICENTE BATTISTA
Grazie all’articolo, Gutiérrez scopre anche che Lilith è considerata la madre di tutti i vampiri. “È il vampiro originario il cui tocco corrotto si è trasmesso da un disgraziato all’altro per innumerevoli secoli” legge Gutiérrez e scopre come Lilith scelga con cura ogni sua vittima: preferisce gli uomini che hanno fatto voto di castità e che fanno sfoggio di onestà e purezza. Queste sante virtù non servono a molto, sostiene l’articolo, dal momento che tutti gli uomini cadono inevitabilmente dinanzi alla lascivia sprigionata da Lilith a ogni gesto. D’altra parte, assicura l’articolo, è inutile resistere. Lilith, imitando i succubi (quei demoni donna a cui è unita da una lontana parentela), entra nei sogni degli uomini e li induce a ogni tipo di perversione notturna: li trascina in un’orgia allucinante fino a sfinirli sessualmente. Così i poveri infelici caduti nelle grinfie di Lilith, scopre Gutiérrez, si svegliano disperati ed esausti, con tutti i sintomi di chi è stato dissanguato da un vampiro. L’articolo avverte inoltre che Lilith, come i vampiri, arriva sempre dopo il tramonto e torna alla sua tana prima dell’alba. E dice di più: come i vampiri, Lilith ha il potere di attraversare qualsiasi tipo di parete, per quanto solida. Gutiérrez sa tutto questo dopo aver letto la fotocopia di un articolo pubblicato su una rivista che non esce più da almeno vent’anni. Si tratta dell’articolo letto da Marabini. Forse, l’unico letto da Marabini. In definitiva, Marabini ha sempre ragione. “Dal profondo della notte certi esseri mostruosi ci insidiano” scrive Gutiérrez. Lo legge e pensa sia un buon inizio. Non è un buon inizio, ma Gutiérrez non lo modificherà. Quando si tratta di scrivere un libro ogni quindici giorni, non c’è tempo per le correzioni. D’altra parte, delle correzioni si occupano i correttori.
III
Gutiérrez non parla mai della sua infanzia. Dinanzi a un tale silenzio, sorge una domanda ineludibile: come sarà stata l’infanzia di Gutiérrez? Domanda che a sua volta pone un altro interrogativo: perché Gutiérrez non parla mai della sua infanzia? Non è semplice trovare una risposta. Lui aiuta poco o niente. Si rifiuta di fornire dati che gettino luce, seppure a malapena, sui lontani giorni della sua fanciullezza. A Ivana non parlò mai di quei giorni. Per tutto il tempo passato insieme, Gutiérrez non proferì mai con Ivana la minima parola sulla sua infanzia, neanche una sola volta. Ivana, al contrario, gli parlò a lungo di quando era bambina. Gli parlò del quartiere dove aveva vissuto, dei suoi genitori e dei suoi fratelli, e gli parlò degli anni alla scuola elementare; estese il racconto addirittura fino alla seconda media. Si può dire che Ivana raccontò a Gutiérrez molte cose della sua infanzia e dei primi anni dell’adolescenza. Gutiérrez, invece, preferì il silenzio. Ivana non sembrò preoccuparsi di questo silenzio. Se, come si dice di solito, l’infanzia segna un individuo, sarebbe di enorme utilità avere delle informazioni sull’infanzia di Gutiérrez. Sapremmo, ad esempio, perché Gutiérrez scelse la letteratura. Non puoi chiamare letteratura quelle porcherie che scrivi su commissione, dice sempre Requejo, le volte in cui Gutiérrez e Requejo si incontrano casualmente in strada o in qualche libreria o in un negozio qualsiasi. Gutiérrez, poco incline alle discussioni, non discute con Requejo su cosa sia la letteratura. Gutiérrez pensa non valga la pena entrare in polemica ed evi-
28
VICENTE BATTISTA
ta ogni tipo di discussione. Requejo però insiste. Una volta gli parlò di un articolo firmato da un certo scrittore che Gutiérrez rispetta e che Requejo disprezza. Tutta la letteratura è su commissione, si intitolava l’articolo e lo scrittore che Gutiérrez rispetta e che Requejo disprezza, tra l’altro affermava: “Ogni forma d’arte è arte su commissione. Bach e Mozart componevano su richiesta dei loro mecenati e la grande pittura rinascimentale fu realizzata per identici motivi. Non si mette in discussione l’azione, bensì il risultato di quell’azione. Papa Giulio II ingaggiò Michelangelo per dare vita alla volta di una cappella; il generalissimo Franco, invece, un’équipe di artisti mediocri per realizzare qualcosa di simile sulle pareti di una chiesa costruita in onore dell’Insurrezione nazionale. Basta visitare la luminosa bellezza della Sistina e poi avere il coraggio di fare un giro per il mostro informe del Valle de los Caídos per capire quanto dico.” Sei d’accordo con le stupidaggini che dice quel mediocre? domandò quella volta Requejo a Gutiérrez. Su certe cose sì e su certe cose no, disse Gutiérrez, ma non disse su quali era d’accordo e su quali no; motivo per cui non ci fu spazio per il dibattito. Secondo Freud, l’uomo adulto non fa altro che patire i ricordi della sua infanzia. Se questa affermazione fosse vera, Gutiérrez dovrebbe aver avuto un’infanzia piuttosto piatta; senza grandi scosse. Bisognerà immaginare un Gutiérrez cresciuto in seno a una famiglia quasi borghese. Figlio di una madre preoccupata per i ragazzi di strada e per altri mali del mondo, e di un padre medico o, meglio ancora, avvocato. Gutiérrez fu sicuramente figlio unico. Iperprotetto dalla madre e con una relazione di timore e rispetto verso il padre. Nella casa della famiglia Gutiérrez c’era una grande biblioteca, con più di un libro vietato agli occhi del piccolo Gutiérrez. Forse quel veto risvegliò nel piccolo Gutiérrez l’interesse per la lettura; da lì alla scrittura c’è un solo passo. Quella vecchia proibizione avrà con-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
29
tribuito a far scegliere a Gutiérrez la letteratura come mezzo di sostentamento? È una domanda senza risposta. Non c’è un solo dato in grado di confermare che Gutiérrez sia stato figlio unico, con una madre iperprotettiva e un padre severo. Neanche che facesse parte di una famiglia quasi borghese, proprietaria di una grande biblioteca. Gutiérrez potrebbe benissimo essere uno dei quattro fratelli Gutiérrez, tutti maschi e tutti figli di Francisco Gutiérrez, di professione tornitore, e della signora Carmen Volando, di professione casalinga. Gutiérrez padre magari sarà stato un uomo di poche parole ma di chiare convinzioni politiche. Socialista della prima ora, si sarà preoccupato di far crescere i suoi figli secondo questi ideali. Nella umile casa dei Gutiérrez c’erano ben pochi libri, non avevano spazio per montare una biblioteca; non avevano neanche i soldi per comprarli. Queste carenze non pregiudicarono l’attrattiva per la lettura che il Gutiérrez che ci interessa aveva mostrato fin da piccolissimo. Gli altri tre fratelli Gutiérrez erano soliti prendere in giro il Gutiérrez che ci interessa. Lo prendevano in giro perché il Gutiérrez che ci interessa preferiva passare i pomeriggi nella biblioteca pubblica del quartiere anziché passarli in piazza, giocando a calcio. In quella biblioteca pubblica il Gutiérrez che ci interessa lesse tutto ciò che gli passava per le mani, senza criterio, da Shakespeare a Vargas Vila; da lì alla scrittura c’è un solo passo. Quella biblioteca pubblica del quartiere avrà contribuito a far scegliere a Gutiérrez la letteratura come mezzo di sostentamento? Anche questa è una domanda senza risposta. Non c’è un solo dato in grado di dimostrare che Gutiérrez sia stato uno dei quattro fratelli di un’ipotetica famiglia operaia, con un padre di idee socialiste. Gutiérrez potrebbe benissimo essere stato un bambino orfano, quasi un personaggio di Dickens, pupillo di un collegio
30
VICENTE BATTISTA
gesuita. Un alunno taciturno e rispettoso, poco amante delle discussioni. Un ragazzo indubbiamente timido, che durante la ricreazione evitava i gruppi violenti. Sceglieva di rimanersene da solo con le sue cose nell’angolo più appartato del patio della scuola. Ma soprattutto preferiva le rigorose navate della biblioteca. Passava ore e ore nel silenzio di quei saloni centenari, chino su volumi religiosi e profani. I padri rettori non avevano dubbi sulla vocazione sacerdotale di quel bambino introverso tanto dedito alla lettura; da lì alla scrittura c’è un solo passo. Le rigorose navate della biblioteca gesuita avranno contribuito a far scegliere a Gutiérrez la letteratura come mezzo di sostentamento? Di nuovo si tratta di una domanda senza risposta. Non c’è un solo dato in grado di dimostrare che Gutiérrez sia stato un bambino orfano, pupillo di un collegio religioso. Queste possono essere tre possibili infanzie di Gutiérrez. Ognuno sceglie a piacere quella che più gli aggrada. Bisognerà tener conto che si tratta solo di un trio di probabilità dinanzi a un numero che, a seconda del punto d’osservazione, potrebbe essere infinito. La conclusione anziché mitigare il problema lo complica, rendendo ancor più oscuri i primi anni di Gutiérrez. Di solito, si dice, gli scrittori riflettono la loro infanzia nei testi che scrivono. Nei romanzi scritti da Gutiérrez, non importa quale genere sia stato affrontato (romanzi rosa, gialli, erotici, western, eccetera), non appare mai un solo dato sull’infanzia di Gutiérrez. Ovviamente, è impossibile trovare quei dati nei libri di scienza occulta scritti da Gutiérrez; non si trovano neanche in quelli di autoaiuto. Tanto i volumi di narrativa quanto quelli di divulgazione scientifica sono libri redatti dietro espressa richiesta di Marabini. L’infanzia, com’è ben noto, è un periodo essenziale nella vita di qualsiasi essere uma-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
31
no. Gutiérrez non ha motivo di sbandierare la sua infanzia nei testi scritti su commissione. Non la sbandiera neanche quando, nelle vesti di Conan il Magnifico, naviga per il cyberspazio. È chiaro che in quel caso non starebbe parlando dell’infanzia di Gutiérrez ma dell’infanzia di Conan. Un’infanzia senza segreti: chiunque abbia letto le avventure di Conan la conosce. Una possibilità potrebbe essere il romanzo segreto che Gutiérrez scrive e protegge mediante un codice di sicurezza nel disco rigido del suo computer. Tuttavia, è chiaro che nemmeno in quel romanzo segreto sarà possibile trovare traccia dell’infanzia di Gutiérrez. In quel testo, di cui si sa soltanto che cerca di decifrare l’enigma dei correttori, non c’è alcun motivo perché vengano fuori delle piste in grado di rivelare un solo dato sull’infanzia di Gutiérrez. Probabilmente, il romanzo segreto che Gutiérrez sta scrivendo ha le caratteristiche di un giallo, genere inventato da Poe proprio per risolvere enigmi. Se fosse così, se il romanzo segreto che Gutiérrez sta scrivendo fosse un giallo, quasi certamente il protagonista sarebbe Eric Thompson, il detective inventato da Gutiérrez e il principale eroe in molti dei romanzi gialli che Gutiérrez ha scritto su commissione di Marabini. In questo caso, otterremmo delle informazioni sull’infanzia di Eric Thompson, il detective inventato da Gutiérrez, ma non avremmo una sola parola sull’infanzia di Gutiérrez, quello che in definitiva ci interessa. Per arrivare all’autentica infanzia di Gutiérrez bisognerà aspettare che Gutiérrez scriva il romanzo autentico; quel romanzo di cui Gutiérrez parla spesso con Requejo quando si incontrano casualmente in strada o in qualche libreria o in un negozio qualsiasi. Gutiérrez farà finalmente riferimento alla propria infanzia nel romanzo autentico che pensa di scrivere? Anche questa è una domanda senza risposta. Gutiérrez non ha detto a Requejo qual è il tema del suo romanzo autentico, non gli ha detto se pensa
32
VICENTE BATTISTA
di scriverlo in prima, in seconda o in terza persona; non gli ha detto se si tratterà di un romanzo epistolare o di un romanzo rosa, un romanzo d’avventura o un romanzo fantastico. Ovviamente, non gli ha detto neanche se in questo romanzo autentico Gutiérrez farà riferimento alla propria infanzia. L’aspetto curioso è che Requejo non si prende il disturbo di cercare risposte a questi interrogativi; né chiede a Gutiérrez della sua infanzia. Chiunque potrebbe pensare a una sorta di patto tra Gutiérrez e Requejo; un patto del silenzio, qualcosa tipo il classico “di questo non si parla”. Chi lo suppone sbaglia. Semplicemente, a Requejo interessano poco il tema e la forma che Gutiérrez sceglierà per il suo romanzo autentico; e ancora meno gli interessa l’infanzia di Gutiérrez. Non c’è motivo di cercare secondi fini. Per conoscere l’infanzia di Gutiérrez non rimane altra via, dunque: aspettare che Gutiérrez scriva e pubblichi il suo romanzo autentico. Confidare nel fatto che sicuramente lì Gutiérrez parlerà dei suoi anni da bambino. Anche se non bisogna neppure farsi troppe illusioni. Gutiérrez ha pensato più di una volta che i correttori possano correggergli anche quel testo. In tal caso non ci troveremmo di fronte alla legittima infanzia di Gutiérrez, ma dinanzi a un’infanzia apocrifa, inventata dai correttori.
IV
I vampirologi moderni assicurano che il primo vampiro fu Lilith, Regina della Notte e Madre dei Demoni. I vampirologi sostengono inoltre che Lilith fu innanzi tutto il primo tentativo di Yahweh, un tentativo frustrato, di creare la donna. Il vizioso contatto delle labbra di Lilith con la gola di qualche indifeso mortale del Medio Oriente e l’incisione dei suoi denti affilati, con l’unico proposito di bere il sangue della vittima, diedero inizio alla stirpe dei vampiri. Una stirpe che ha proliferato su scala internazionale. Gutiérrez non ha dubbi su questo inizio di capitolo: piacerà a Marabini. Deve catturare dall’inizio, Gutiérrez, insiste senza tregua Marabini. Deve afferrare il lettore per il naso e condurlo attraverso la storia, attraverso il testo, mi capisce, Gutiérrez? domanda Marabini e con il pollice e l’indice della mano destra fa il gesto di afferrare qualcosa (nella fattispecie, il naso del lettore) e trascinarlo sopra qualcos’altro (nella fattispecie, il testo). Mi capisce Gutiérrez? ripete Marabini. Gutiérrez dice di sì, lo capisce, sebbene intimamente pensi che così il testo più che essere letto venga annusato. Lo pensa, però non lo dice a Marabini, e non pensa glielo dirà mai e poi mai; con Marabini non vale la pena impelagarsi in discussioni senza senso. D’altra parte, l’ultima parola spetta ai correttori. Diedero inizio alla stirpe dei vampiri. Una stirpe che ha proliferato su scala internazionale, rilegge Gutiérrez ed è sicuro che i correttori lo lasceranno così, esattamente come lo finisce di scrivere; senza togliere né aggiungere una sola parola. Pen-
34
VICENTE BATTISTA
sa che rispetteranno persino i segni di punteggiatura. Perché, in definitiva, ognuno li usa come meglio crede. A seconda del ritmo, a seconda del respiro del racconto. Questo è chiaro a Gutiérrez, sebbene non sia chiaro ai correttori. Per i correttori esiste una regola rigida e irriducibile. Deve sottostare a questa regola, Gutiérrez, gli disse Marabini, non ha altra scelta. Glielo disse alcuni anni fa. Gutiérrez aveva scritto appena due o tre libri per Marabini. D’accordo, non ho altra scelta, disse quella volta Gutiérrez, però a volte il ritmo della narrazione esige un cambio di regole. Non ci pensi nemmeno, Gutiérrez, disse Marabini, chi è lei per cambiare le regole? Si limiti a scrivere quanto le commissiono, è per questo che viene pagato. Io volevo solo, cominciò a dire quella volta Gutiérrez. Io volevo niente, lo interruppe Marabini, lei scriva solo quanto le viene commissionato, Gutiérrez, non mi crei altri problemi. Da allora Gutiérrez scrive solo quanto gli commissionano. I correttori si occupano del resto. I correttori interverranno anche sui testi degli autori consacrati? È una domanda che si pone spesso Gutiérrez e che ancora non ha una risposta. Gli autori consacrati sono, non è necessario ripeterlo, quegli autori che hanno dedicato una foto a Marabini. Le foto esibite sulla parete dell’ufficio di Marabini. Anche questi autori finiranno tra le mani dei correttori? Gutiérrez fa fatica a crederci. Requejo, invece, non ha il minimo dubbio. Quegli autori consacrati sono dei poveracci come te, afferma Requejo. Parole dure, se provengono da un amico. Sebbene forse sia un po’ esagerato sostenere che Gutiérrez e Requejo siano amici. Gutiérrez e Requejo si incontrano quasi sempre per strada e sempre per caso. Gutiérrez non ha mai telefonato a Requejo. Non gli è mai venuto in mente di chiamarlo per chiedergli come sta o per fissare un appuntamento o per chiedergli un parere. Chiamarlo, come di solito si chiamano gli amici. Mai, non l’ha
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
35
mai chiamato in nessuna circostanza. Una volta Requejo ha rimproverato Gutiérrez. Non possiamo considerarci amici, gli disse, se non mi telefoni mai. La risposta di Gutiérrez fu tagliente. Cosa succedeva prima che Graham Bell inventasse il telefono, non esisteva forse l’amicizia? disse Gutiérrez a Requejo. Non hanno mai più toccato l’argomento. Gutiérrez continuò a non chiamarlo e Requejo fece esattamente lo stesso. Di conseguenza, gli incontri di Gutiérrez e Requejo continuano a essere casuali. Possono avvenire in strada o in qualche libreria o in un negozio qualsiasi. Quando si incontrano di solito parlano a lungo, parlano delle cose che interessano a entrambi in quel momento. La volta in cui Requejo disse a Gutiérrez quelle parole così dure, Gutiérrez e Requejo stavano parlando degli scrittori consacrati. Tu credi che anche gli scrittori consacrati finiscano nelle mani dei correttori? domandò Gutiérrez a Requejo. Requejo gli rispose quello che gli rispose. È stato duro, tuttavia a Gutiérrez scivolò addosso come niente. Il suo amico Requejo (nonostante tutto Gutiérrez lo considera suo amico) è per natura un ribelle. Ogni ribelle, com’è ben noto, è difficile da dirigere, da educare o da governare, poiché non ubbidisce e non esegue quanto gli viene ordinato o indicato. Requejo è uno dei pochi cittadini che ancora si permette di fumare in pubblico. Ha l’abitudine di camminare con una sigaretta in bocca, sputando fumo a destra e a manca e poco gli importa come lo guardino o cosa gli dicano. Gutiérrez sa che a Requejo non piace fumare; sa che odia la sigaretta. Ma sa anche che Requejo è capace di qualsiasi sacrificio, capace di qualsiasi cosa, pur di fare il bastian contrario. Questa è una cosa che Gutiérrez non sopporta di Requejo. Ci sono altre cose che non sopporta. Ad esempio, non sopporta quando dice che gli scrittori d’oggi scrivono solo spazza-
36
VICENTE BATTISTA
tura senza senso. Requejo accetta i classici greci e latini, non muove obiezioni neanche contro opere come La canzone di Rolando o Il cantare del mio Cid, ma rinnega tutti i trovatori medievali. Su questo punto è categorico. Dice che accettarli sarebbe come accettare i parolieri di quelle insulse canzoni che si sentono oggi alla radio o alla televisione. Allora non resta nessuno, dice Gutiérrez. Come no? Si tratta di saperli cercare, non c’è motivo di accettare quello che arbitrariamente ti impongono dall’alto, dice Requejo e con l’indice della mano destra indica il cielo. Dante e Petrarca ci sono stati imposti dall’alto? dice Gutiérrez e anche lui indica il cielo. Che ne dici di Cervantes o di Shakespeare? domanda Gutiérrez e pensa che una domanda simile metterà fine alla discussione. Si sbaglia. Requejo dice di sì, sono imposti dall’alto e dice che prima del tuo Dante e del tuo Petrarca ci sono Dino Frescobaldi e Gianni Alfani, entrambi fiorentini e geniali, sebbene ormai nessuno parli di loro. Tutti si accaniscono contro Alfonso Fernández de Avellaneda, dice Requejo, ma nessuno che si azzardi a paragonare i due Chisciotte. Sai perché? domanda Requejo. Perché il Chisciotte di Cervantes non esiste in confronto al Chisciotte di Avellaneda. Secondo me ti sbagli, dice Gutiérrez. Requejo non sente quest’ultima cosa perché continua a parlare. Quanto a Shakespeare, dice Requejo, La tragedia spagnola, una sola opera teatrale di Thomas Kyd, la sua unica opera teatrale, è superiore all’intera opera dell’erroneamente chiamato Cigno dell’Avon. Per non parlare di Christopher Marlowe, che se non fosse morto giovane... Secondo me ti sbagli, ripete Gutiérrez. Non è morto giovane? domanda Requejo. Sì, credo prima di aver compiuto trent’anni, dice Gutiérrez. Io però ti parlo di un’altra cosa, dice. Ti sbagli su Dante e su Petrarca, su Cervantes e su Shakespeare: il tempo li ha consacrati e questo non si discute. La consacrazione e il tempo poco importano, dice Requejo. Guarda co-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
37
s’è successo a Giambattista Marino. All’inizio del ’600, lodi al siciliano, l’Adone fu considerato uno dei più grandi poemi dell’umanità. Dimmi in quanti manuali viene citato ad oggi, dimmi chi si ricorda oggi di Giambattista Marino. Borges lo cita, dice Gutiérrez. “Lo sorprendió la Pálida una tarde / Leyendo las estrofas del Marino” intona Gutiérrez a mezza voce, e pensa che con questi due versi metterà fine alla discussione. Si sbaglia. Tutti credono che Borges parli di un marinaio, dice Requejo, di un semplice marinaio, non del poeta che scrisse: “Tanticchieda ci si’ntramata lasca, / ma, si ciuscia stu ventu, cridi a mia, / a picca a picca spingirai la nasca.” Cos’è questo? domanda Gutiérrez. Siciliano, dice Requejo, Giambattista Marino scriveva in siciliano. Tu citi scrittori di second’ordine, dice Gutiérrez, riconosci almeno che sono di second’ordine. Non capisci niente, dice Requejo, un giorno questi scrittori occuperanno il posto che gli spetta, dài tempo al tempo. Ma hai appena detto che il tempo poco importa, dice Gutiérrez. Non capisci niente, insiste Requejo. È una questione di gusti, concede Gutiérrez. Gutiérrez è poco amante delle discussioni. Se è vero che Requejo non risparmia un solo autore contemporaneo, è pur vero che non misura tutti con lo stesso metro. Requejo ha una specie di scala di valori, una tavola di posizioni. In fondo a questa tavola ci sono gli autori le cui foto con dedica sono appese alla parete dell’ufficio di Marabini. Sul tema delle foto Requejo è inflessibile. Poco importa cosa abbiano scritto quegli autori: essere esibiti sulla parete dell’ufficio di Marabini li condanna per sempre. Requejo non conosce Marabini, non è mai andato in casa editrice, come sa allora quali sono gli autori appesi alla parete dell’ufficio di Marabini? Gutiérrez gli fornisce questa informazione. Ogni volta che Gutiérrez e Requejo si incontrano casualmente in strada, in qualche libreria o in un negozio qualsiasi, Gutiérrez informa Re-
38
VICENTE BATTISTA
quejo delle nuove fotografie appese alla parete dell’ufficio di Marabini. È la prima cosa che gli dice. Prima del saluto formale, Gutiérrez mormora quasi all’orecchio di Requejo il nome dello scrittore aggiunto da Marabini alla parete. A volte gli dice la verità e a volte no. Gutiérrez di solito nomina a Requejo autori che non sono sulla parete dell’ufficio di Marabini, che sicuramente non ci saranno mai. Non importa se sia vero o falso; Gutiérrez sa che a partire dal momento in cui lo nomina, quello scrittore finirà in fondo alla tavola di Requejo. Questo rende felice Gutiérrez. Non sa perché, ma lo rende felice. Anche Requejo è scrittore, ma dice che non scrive a cottimo. Non sono un ghost-writer, dice Requejo. Gutiérrez domanda spesso a Requejo cosa scrive. Scrivi racconti o romanzi? gli domanda Gutiérrez, ma Requejo non dice una parola. Scrivi poesie? domanda Gutiérrez, ma Requejo non dice una parola. Saggi? insiste Gutiérrez, ma Requejo non dice una parola. Requejo finora non ha detto a Gutiérrez una sola parola su ciò che effettivamente scrive. Non sono un ghost-writer, ripete Requejo. Gutiérrez, tuttavia, pensa che Requejo sia il più fantasma di tutti gli scrittori fantasma, perché non ha mai nulla da mostrare. Perché diavolo Gutiérrez pensa a Requejo se è da molto tempo che non lo incontra in strada né in nessuna libreria né in un negozio qualsiasi? Forse Gutiérrez pensa a Requejo perché non riesce ad andare avanti con la biografia di Lilith. “Yahweh la creò dal fango affinché fosse la moglie di Adamo.” Gutiérrez ha scritto questa frase da un bel po’ e da un bel po’ la lineetta verticale del cursore lampeggia senza tregua vicino alla “o” di Adamo. Ora Gutiérrez si alza in piedi e cammina da una parte all’altra del soggiorno. Si ferma davanti alla finestra e per dieci minuti guarda la parete cieca dell’edificio di fronte; poi torna al computer. Gutiérrez sa che sono passati più di dieci minuti perché sullo schermo del monitor brilla il salvaschermo e
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
39
il salvaschermo è programmato per mettersi in funzione ogni dieci minuti. Quando dovette scegliere le immagini del salvaschermo, Gutiérrez scelse delle parole piuttosto che delle figure e optò per una citazione di Borges. Ogni volta che il salvaschermo si mette in funzione, sullo schermo si legge: “Io scrivo solo quello che è già stato scritto.” Gutiérrez preferisce questa frase anziché gli inesauribili tostapane elettrici volanti, l’anatra intontita che sale una scala senza fine o lo splendente caleidoscopio dai colori infiniti. Perché tutto torni alla realtà, basta spingere un tasto qualsiasi. Gutiérrez l’ha appena spinto e ora legge: “Yahweh la creò dal fango affinché fosse la moglie di Adamo” e immediatamente aggiunge: “ma la sua anima uscì deviata e generò solo mostri maligni.” È contento perché gli sembra di aver trovato il ritmo. Guardare la parete cieca gli dà sempre buoni risultati. Gutiérrez ha effettuato la prima delle due consegne lunedì scorso, la seconda e ultima dovrà effettuarla lunedì prossimo, prima delle cinque del pomeriggio. Al prossimo lunedì mancano soltanto tre giorni. Quattro, se contiamo anche lunedì. Gutiérrez può lavorare anche alcune ore nella mattinata di lunedì, lo ha fatto molte volte. In questo caso, non gli avanza tempo. Questa biografia di Lilith può collocarsi benissimo nella categoria dei testi scientifici. I libri scientifici richiedono più tempo, Gutiérrez lo sa. Non ci sono grandi possibilità di mentire, come si può e si deve liberamente mentire nella finzione narrativa. E sebbene Gutiérrez sia poco amante dell’inganno, preferisce scrivere libri di narrativa anziché libri scientifici.
V
L’orologio segna quasi mezzanotte e Gutiérrez si prepara a ripetere una cerimonia che d’abitudine celebra a quest’ora. Spegne le luci del soggiorno e controlla che stanza da letto, bagno, cucina e lavanderia siano al buio. Brilla solo lo schermo del computer, l’unica cosa rimasta accesa. Il bagliore dello schermo illumina a malapena l’ambiente; non produce però alcun effetto fantasmagorico, come a prima vista e a prima lettura, potrebbe essere immaginato. Gutiérrez è seduto davanti al computer, muove il mouse per entrare in internet e attende che la macchina esegua l’ordine. È una breve attesa, dura meno di mezzo minuto. In questo tempo Gutiérrez non pensa a nulla; si può pensare poco in meno di mezzo minuto. La strada per il cyberspazio è già aperta. Ora Gutiérrez muove il mouse pronto a intraprendere questa strada. La freccia del mouse si è trasformata in una clessidra, per cui dovrà aspettare qualche secondo. Gutiérrez sa che a quest’ora della notte, carica com’è la rete, saranno molti secondi; ma non se ne preoccupa. Bisogna saper aspettare e Gutiérrez non ha altro da fare. Ora Gutiérrez digita il suo codice segreto, formato da quattro lettere e un numero, ed entra in chat.prospero.com, il suo server. Lo stesso server fin dal primo giorno in cui Gutiérrez decise di navigare in rete. I tecnici di chat.prospero.com teoricamente dovrebbero conoscere il vero nome di Gutiérrez. In pratica però non lo conoscono. Quando Gutiérrez attivò il servizio disse di chiamarsi González, fornì un numero di documento simile al suo ma non il suo, e assicurò che avrebbe pa-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
41
gato l’abbonamento mensile mediante bonifico o in contanti. Cosa che Gutiérrez fa ogni mese. Per questa ragione, per le persone di chat.prospero.com il vero nome di Gutiérrez è González e González, come si può ben notare, ha poco a che vedere con Gutiérrez. In questo momento una serie di parole inglesi e diverse figure animate occupano lo schermo. Gutiérrez ignora la pubblicità, guarda le parole e le figure, ma non dà importanza né alle une né alle altre. Gutiérrez dirige la freccia del mouse fino all’opzione Chat e preme il tasto sinistro. Nuove parole colorate e altre figure animate gli annunciano che è già in rete. A partire da ora Gutiérrez cesserà di essere Gutiérrez e comincerà a essere Conan. Conan il Cimmero; o Conan il Barbaro; o Conan il Guerriero; come preferite, tanto non importa molto l’aggettivo. Per chattare in internet, Gutiérrez si trasforma in Conan. Con questo nome lo conoscono i suoi amici e amiche che navigano per il cyberspazio. Perché ha scelto questo nome? Si potrebbero formulare varie ipotesi e, come sempre accade, tutte quante si avvicinerebbero molto alla realtà, ma nessuna sarebbe la realtà. La realtà è Conan questa domenica a mezzanotte e mezzo, pronto per chattare con i suoi amici e amiche della rete. Chattare è un barbarismo derivato da chat, parola inglese che significa chiacchierare e che probabilmente proviene dall’italiano antico ciarlare, una voce del ’300 dalla quale deriverebbe ciarlatano. Ciarlatano, come tutti sanno, designa una persona che parla troppo. Epiteto assolutamente non meritato dagli amici e le amiche della rete che chattano con Conan, visto che tutti loro, compreso lo stesso Conan, parlano solo lo stretto necessario e a volte, molte volte, meno del necessario. Vale a dire, non sono ciarlatani, sebbene tutti loro esercitino l’atto di ciarlare fino alle sue estreme conseguenze. “Parlare molto, senza
42
VICENTE BATTISTA
sostanza o a sproposito”, “Conversare, chiacchierare senza un oggetto preciso e solo per mero passatempo”, secondo quanto chiarisce il dizionario. Agli amici e amiche di Conan che navigano in rete poco importano questi dettagli: sono abituati a considerare le cose senza secondi fini. Fin da quando Conan è arrivato in rete, hanno accettato che Conan si chiamasse Conan: Conan il Barbaro o Conan il Guerriero o Conan il Cimmero. Non un solo amico o amica che naviga in rete sa che in realtà Conan si chiama Gutiérrez. Ma qual è la realtà in realtà? Gli amici e amiche di Conan che navigano in rete non fanno domande né perdono tempo in interpretazioni inutili. Sono cose del cyberspazio. Conan porta la freccia fino alla lista dei gruppi di chat, preme il tasto sinistro del mouse e sulla destra dello schermo compare chi è in linea in questo momento. Nel gruppo locale ci sono cinquantasei persone connesse, nel gruppo CONFERENZE ce ne sono solo quattro e non c’è nessuno nel gruppo SPORT né nel gruppo ESOTERISMO. Nel gruppo SPAGNA (l’unico che interessa a Conan) ci sono cinque persone. Conan non ha dubbi. Muove la freccia del mouse fino al gruppo SPAGNA e da lì al riquadro VAI. Se qualcuno pensa che Conan abbia rifiutato il gruppo del suo paese perché c’era molta gente, si sbaglia. Si sbaglia anche se pensa lo abbia fatto mosso da sentimenti antipatriottici. Né l’uno né l’altro. Conan sceglie fatalmente il gruppo SPAGNA perché in questo gruppo ci sono i suoi amici e amiche del cyberspazio. “Benvenuto in Spagna!” si vede ora sullo schermo e subito dopo, sul lato destro, compaiono i nomi: Dolores, Beto, Jordi, Killer e Paloma. Conan conosce tutti tranne Jordi. Conosce tutti è un modo di dire, in quanto sebbene Conan chatti con loro da molto tempo, sa solo che Dolores vive da qualche parte in Spagna e che Paloma è messicana, del Messico D.F.; sospetta che Killer possa esse-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
43
re venezuelano o colombiano e che Beto sia compatriota di Conan o uruguayano; non resta altra possibilità. Di Jordi non sa niente di niente, perché è appena entrato, forse rimarrà un po’ e poi se ne andrà per sempre; nel cyberspazio ci sono anche molti incostanti. Salve, amici, Conan è arrivato, scrive Conan. La risposta non si fa attendere. Sullo schermo appare: PALOMA: Ciao, Conan. Quindi Conan scrive: Ciao, Paloma, mi fa piacere trovarti, e attende risposta. Non è Paloma che risponde, ma Beto. Sullo schermo appare: BETO: Come va, grand’uomo? Come vanno le conquiste? Beto è convinto che Conan assolva alla lettera il suo ruolo di conquistatore, violento e appassionato, e Conan ha deciso di non infrangerne le illusioni. Non mi lamento, risponde Conan e attende ansioso le parole di Dolores. Gli amici del cyberspazio non sanno nulla di questa ansia di Gutiérrez, ci sono sensazioni che non possono riflettersi sullo schermo. Questa volta l’ansia di Gutiérrez dura poco: è appena apparso il messaggio di Dolores. DOLORES: Anche a me fa piacere incontrarti, bello. E prima ancora che Conan possa risponderle arriva un altro messaggio di Paloma. PALOMA: Che gioia averti con noi! Conan sospetta che intimamente Paloma e Dolores se lo contendano. Sa che Paloma si aggira sui quarant’anni. Due anni fa gli confessò di averne trentotto, per cui ora dovrà averne quaranta; ma magari ne ha molti di più o molti di meno. Dolores non ha mai detto la sua età. Forse è più grande di Paloma o forse no. Nel cyberspazio si può mentire senza problemi perché in fondo interessa solo cosa appare scritto e non quello che realmente è.
44
VICENTE BATTISTA
Se Conan dovesse scegliere tra Paloma e Dolores, sceglierebbe Dolores. Perché Dolores? Perché Dolores gli ricorda fatalmente Nuestra Señora de los Dolores, l’immagine di Nuestra Señora de los Dolores. Qui sorge una contraddizione. Conan visse nell’Era Hyboriana, vale a dire ottomila anni dopo l’affondamento di Atlantide e diecimila prima della nascita di Cristo. Conan non ha mai potuto conoscere Maria. Come può allora Conan ricordare qualcosa che non conosce? In realtà, chi lo ricorda non è Conan ma Gutiérrez. Per capire bene tutto questo bisognerà lasciare Conan nel cyberspazio e tornare per un momento a Gutiérrez, a un pomeriggio di alcuni anni fa, quando Gutiérrez si imbatté per la prima volta nell’immagine di Nuestra Señora de los Dolores. Un libro, la stesura di un libro, condusse Gutiérrez a quest’immagine. Gutiérrez navigava in internet alla ricerca di materiale per Segreti della Terra di Maria Santissima, una guida turistico-religiosa commissionatagli da Marabini. Gutiérrez doveva realizzare un dettagliato itinerario per le principali chiese di Siviglia. Le sue parole dovranno essere come foto, gli aveva detto Marabini, dovranno mostrare e informare, mi capisce, Gutiérrez? gli aveva detto Marabini. Gutiérrez gli aveva detto di sì, aveva capito. Quella stessa notte Gutiérrez entrò in internet con il proposito di scoprire quali fossero le principali chiese di Siviglia, dove si trovavano e cosa avevano da offrirgli. Non era la prima volta che Gutiérrez ricorreva a internet per ottenere informazioni, e non sarebbe stata l’ultima. Tuttavia, quella volta fu diversa dalle altre, tanto da quelle passate quanto da quelle future. Quella volta Gutiérrez conobbe Nuestra Señora de los Dolores. Avvenne così: Dopo vari tentativi senza esito positivo, Gutiérrez capì che non avrebbe ottenuto nulla digitando Vergine, Chiese o Siviglia. Nella finestra Cerca di Yahoo, Gutiérrez scrisse Settimana
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
45
Santa e tra le molte opzioni che risultarono scelse Settimana Santa a Siviglia. La pagina offriva Programmi, Confraternite, Storia, Musica, Terminologia, Suggerimenti, Curiosità e Guida della Settimana Santa in rete. Gutiérrez portò la freccia del mouse su Confraternite e rimase in attesa. Fu una breve attesa, perché sullo schermo apparve immediatamente la pagina Confraternite di Siviglia, con il nome delle cinquantotto confraternite e la stazione di penitenza di ciascuna. Gutiérrez scelse La Esperanza de Triana. Sullo schermo apparvero le immagini del Santísimo Cristo de las Tres Caídas e di María Santísima de la Esperanza. Nella parte inferiore una serie di dati tecnici, che non vale la pena ripetere. Gutiérrez capì di essere sulla buona strada. Vide che Nuestra Señora de la Esperanza, meglio conosciuta come La Esperanza de Triana, si trova nella Cappella dei Marinai. Gutiérrez posizionò la freccia del mouse sulla Confraternita La Macarena e vide che María Santísima de la Esperanza, meglio conosciuta come La Macarena, si trova nella Basilica della Speranza. Gutiérrez posizionò la freccia del mouse sulla Confraternita del Dulce Nombre e vide che la María Santísima del Dulce Nombre si trova nella chiesa di San Lorenzo. Gutiérrez posizionò la freccia del mouse sulla Confraternita El Cerro. Non appena la pagina apparve sullo schermo, Gutiérrez si trovò davanti la disperata figura del Santísimo Cristo del Desamparo y el Abandono. Tuttavia, Gutiérrez non diede importanza a quell’immagine così straziante. Gutiérrez si lasciò dietro l’angoscia di Cristo e concentrò l’attenzione su Nuestra Señora de los Dolores. Immediatamente, Gutiérrez capì che Nuestra Señora de los Dolores era diversa dalla Macarena e dalla Esperanza de Triana, diversa dalla Candelaria e da María Santísima del Dulce Nombre. Gli occhi di Nuestra Señora de los Dolores non guardavano al cielo, cercando l’Altissimo, né si chinavano verso terra, supplicando pietà. Gli occhi di Nuestra Señora de los Do-
46
VICENTE BATTISTA
lores andavano oltre il cielo e la terra. Nuestra Señora de los Dolores non aveva lacrime sulle guance e le labbra si offrivano socchiuse, in un’espressione confusa che racchiudeva incomprensione, dolore e piacere. Il volto di Nuestra Señora de los Dolores era, diciamolo una volta per tutte, un volto carico di sensualità, come Gutiérrez non ne aveva mai visti prima e come non ne avrebbe visti mai più. Gutiérrez guardò a lungo l’immagine di Nuestra Señora de los Dolores. Se qualcuno lo avesse osservato in quel momento avrebbe pensato che si trattava di una promessa o di un’incommensurabile prova di fede. Niente di tutto ciò, si trattava di un semplice atto d’amore: Gutiérrez aveva trovato la donna dei suoi sogni. Era però un amore impossibile o peggio: sacrilego. Gutiérrez distolse lo sguardo dallo schermo e si guardò attorno, con la tipica espressione di chi sta per fare una marachella; poi stampò l’immagine di Nuestra Señora de los Dolores. Da allora Gutiérrez la conserva in un luogo segreto. Una o due volte la settimana la tira fuori e la contempla a lungo. Questo non lo sa nessuno. Gutiérrez non lo ha mai raccontato e non pensa di raccontarlo. Sebbene però non pensi di raccontarlo, Gutiérrez non può evitare di trasferire quel sentimento a Conan. È chiaro ora perché, se dovesse scegliere tra Dolores e Paloma, Conan sceglierebbe Dolores? Una scelta che tuttavia Conan ha deciso di mantenere segreta. Per questo ora scrive: Questo è per te, Dolores, e questo per te, Paloma, e aggiunge :*. A questo punto è doveroso fermarsi ancora una volta. O almeno dovrà fermarsi chi non ha mai chattato in rete. Si rende necessario spiegare il significato di certi segni grafici, stabiliti per tutto il cyberspazio. Questi segni prendono il nome di smiley. Di cosa si tratta? Si tratta di segni in grado di mostrare reazioni o emozioni che potrebbero manifestarsi durante la chat. Per esempio, se insieme a quanto si è scritto si digitasse :-), si
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
47
aggiungerebbe un tocco cordiale alle proprie parole. Se, al contrario, si digitasse :-i>, si dimostrerebbe assoluta indifferenza. Esistono due modi di manifestare sarcasmo: :-> e >;->. In quest’ultimo caso, oltre al sarcasmo si aggiunge un ghigno complice. Se si vuole solo un ghigno complice, senza sarcasmo, si dovrà digitare unicamente ;-). Per capire questi segni nella loro vera dimensione è necessario ruotare la testa di novanta gradi: guardarli di lato. Ci sono altri smiley, più ridotti, ma ugualmente molto significativi. Per dimostrare felicità, ad esempio, basta digitare :); la tristezza, invece, si può manifestare in due modi :( o :[. Se si vuole gridare, si scrive :o; se il grido è accompagnato da un’espressione di sorpresa, bisognerà scrivere :O. Una risata è :)); per confessare che si è bevuto qualche bicchiere di troppo :}. Se si vuole intendere che si sta scherzando, basta mettere J/K, se si è confusi ?-), se si decide di inviare baci affettuosi, quello che ha appena fatto Conan, basterà semplicemente digitare :*. Conan attende la risposta, la quale non tarda ad arrivare. Prima arriva quella di Paloma. PALOMA: Per Conan :* ;-). Poi arriva quella di Dolores. DOLORES: Per Conan :*. Conan avrebbe preferito fosse stata Dolores a fargli il ghigno di complicità, ma è contento comunque: lo hanno baciato entrambe, suscitando l’ammirazione di Beto e l’indignazione di Killer. Basta leggere i messaggi che mandano. KILLER: Chi ti credi di essere, Conan il Magnifico? BETO: :O Non mollare Conan! Conan sorride soddisfatto, digita ;-) e subito aggiunge :-)). I suoi amici lo capiscono subito perché sia Beto sia Killer gli restituiscono il ghigno e le risate. Perfino Jordi, zitto fino a questo momento, invia una risata:
48
VICENTE BATTISTA
JORDI: :-)). Jordi, di dove sei? domanda Conan e prima che gli arrivi la risposta appaiono i messaggi di Dolores, di Beto e di Paloma, in questo ordine. Killer è ancora nel gruppo, ma ha perso la parola. Dolores dice che sta morendo di sonno, Beto consiglia un programma che ha visto via cavo e Paloma fa una battuta di cattivo gusto sulla virilità di Conan. Conan sta per risponderle, ma in quel momento sullo schermo appare Jordi. JORDI: Che ti importa di dove sono? Hai ragione, riconosce Conan e subito dopo tutti chattano senza problemi né aggressività. Interviene persino Killer, che se ne stava zitto zitto. Questi sono momenti di vero piacere per Conan. Più che navigare, galleggia nel cyberspazio. Si tratta di una gradevole sensazione che gli attraversa il corpo, come se levitasse. Non è una definizione esatta, ma è quello che si avvicina di più alla sensazione di Conan ora. Una sensazione che si manifesta solo quando chatta con i suoi amici e amiche della rete. Tuttavia, è ben noto, anche le cose belle finiscono. Killer e Beto salutano a domani o a dopodomani. Jordi se ne va, con la promessa di tornare. Dolores insiste che il sonno è più forte di lei e Paloma confessa che sta morendo di fame e saluta con :* a tutti. Ora si sono aggiunti altri tre nomi nuovi. Conan li vede nella parte laterale dello schermo. Si tratta di Pandy, Frodo e Spectra. Conan conosce Frodo e Spectra, ma in questo momento non ha voglia di chattare con loro. Per questo scrive: Amici, Conan si ritira. E non aspetta risposta. Spegne la macchina e torna di nuovo a essere Gutiérrez.
VI
Allungare il braccio destro con la mano aperta è il primo gesto di Gutiérrez in questo lunedì mattina. In realtà, non è un gesto esclusivo di questo lunedì. Tutte le mattine Gutiérrez allunga il braccio destro in fuori con un solo proposito: trovare gli occhiali lasciati sopra il cubo di legno che assolve la funzione di comodino. Posare i suoi occhiali sopra il cubo di legno che assolve la funzione di comodino è l’ultimo gesto compiuto da Gutiérrez prima di addormentarsi; riprenderli, il primo al risveglio. Gutiérrez ripete questa routine di lasciare e riprendere da poco più di trent’anni; precisamente, dal giorno in cui ha cominciato a usare gli occhiali; o meglio, dalla prima notte in cui se li è dovuti togliere. Gutiérrez ricorda ancora quel momento. Per levarseli usò la mano sinistra: con l’indice di quella stessa mano chiuse una stanghetta e con l’indice della mano destra l’altra; poi mise gli occhiali sul comodino, attento a non far toccare le lenti sul legno: gli avevano spiegato che era il modo migliore per evitare di graffiarli. Per quest’ultima azione (posare gli occhiali evitando di graffiare le lenti) usò esclusivamente la mano destra. Da allora Gutiérrez ha cambiato letto e comodino, ma quella cerimonia inaugurale si mantiene inalterata: mano sinistra per toglierseli, mano destra per posarli sul comodino, senza far toccare le lenti sul legno. Più di una volta, quando è sul punto di lasciare i suoi occhiali sopra il cubo di legno che assolve la funzione di comodino, Gutiérrez pensa possa morire nel sonno (molta gente muore nel sonno) e l’ultima cosa che pensa prima di addormentarsi è: Chi riprenderà domani i miei
50
VICENTE BATTISTA
occhiali? Per questa ragione, stendere il braccio ogni mattina e trovare i suoi occhiali è per Gutiérrez un modo per sentirsi vivo un altro giorno. Gutiérrez si è appena messo gli occhiali. Si siede sul letto, con la mano destra cerca il recipiente delle pasticche diurne e con i piedi cerca le pantofole che, piuttosto consumate, lo attendono a pochi centimetri dal cubo di legno che funge da comodino. Gutiérrez si mette una pasticca blu sulla lingua, si infila le pantofole e si alza in piedi. Gutiérrez si fa scivolare la pasticca blu in gola. È un movimento meccanico che Gutiérrez compie da un anno: una pasticca blu quando si corica; una pasticca blu quando si alza. Sono dello stesso colore, ma compiono funzioni diverse. Gutiérrez non usa il pigiama, preferisce dormire in mutande e maglietta, con o senza maniche, a seconda se è inverno o estate. Siccome ora è inverno, porta una maglietta con le maniche. Un po’ sovrappeso, stretto di spalle e con la pelle molto chiara, il suo aspetto in mutande non è proprio felice. Gutiérrez lo sa, per questo si affretta a vestirsi. Prima, ovviamente, passa per il bagno. Lì si lava i denti, si rade e finalmente si fa la doccia. Si tratta sempre di una doccia corta e silenziosa. Gutiérrez non canta sotto l’acqua; non l’ha mai fatto. Dopo l’ultima insaponatura, Gutiérrez avvolge il suo corpo con un asciugamano ed esce dalla vasca. Appoggia i piedi bagnati su un tappetino di plastica (strategicamente sistemato tra il bidet e la vasca), ignora le pantofole e si mette le ciabattine da spiaggia. Per qualche ragione che ha dimenticato, quando Gutiérrez cammina scalzo, lo fa in punta di piedi. Sa che avvolto in un asciugamano e camminando sulle punte, risulterebbe ridicolo agli occhi di chiunque lo guardasse. Per questo Gutiérrez ricorre alle ciabattine da spiaggia per coprire il breve tragitto dal bagno alla stanza da letto; le pantofole, le porta in
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
51
mano. Gutiérrez si siede sul letto e finisce di asciugarsi. Una volta asciugato, si rimette le pantofole e riporta le ciabattine da spiaggia in bagno; le lascia quasi nascoste dietro il bidet. Lì rimangono, inattive, fino alla mattina seguente. È innegabile: Gutiérrez cura la forma. Una volta vestito, Gutiérrez prepara il caffè istantaneo e ci aggiunge un po’ di latte caldo. Oggi non c’è tempo di assaporarlo lentamente, per cui Gutiérrez beve la sua colazione quasi d’un fiato e accende subito il computer. Ieri sera Gutiérrez aveva lasciato pronto l’ultimo capitolo del libro su Lilith, la Madre dei Demoni, anche detta Regina della Notte, e ora farà le correzioni finali. Gutiérrez attiva il CONTROLLO ORTOGRAFICO dell’elaboratore di testo e fissa lo schermo con attenzione: sa che il programma sottolineerà qualsiasi termine sconosciuto o scritto in maniera scorretta. Usare il CONTROLLO ORTOGRAFICO quasi non è necessario, visto che del testo definitivo (sia per quanto riguarda i concetti sia la grammatica) si occuperanno i correttori; indipendentemente da quello che Gutiérrez o il CONTROLLO ORTOGRAFICO pensino o facciano. Gutiérrez guarda l’ora, mancano venti minuti alle otto. Gutiérrez ha promesso a Marabini di essere in casa editrice prima di mezzogiorno. Deve affrettarsi. Tuttavia Gutiérrez non si affretta. Si comporta come se avesse a disposizione tutto il tempo del mondo. Senza essere reclamato da nessuno, gli dice di solito Requejo, le volte in cui Gutiérrez e Requejo si incontrano casualmente in strada, in qualche libreria o in un negozio qualsiasi. È così che si scrive davvero, gli dice Requejo, senza nessun editore che ti metta fretta. Gutiérrez approva con un gesto e dice di sì, in questo modo scriverà il suo romanzo autentico. Sul romanzo segreto che sta scrivendo, Gutiérrez non dice una parola. Nessuno, nemmeno Requejo, sa dell’esistenza di questo romanzo. Quanto al romanzo autentico che Gutiérrez promet-
52
VICENTE BATTISTA
te di scrivere, Gutiérrez assicura che quando lo scriverà non sarà su commissione. Sarà, afferma Gutiérrez, un testo lavorato lentamente, parola per parola, pagina per pagina, capitolo per capitolo. Sarà un’altra cosa, dice Gutiérrez, non un solo correttore oserà toccarlo. Sebbene su quest’ultimo aspetto Gutiérrez abbia i suoi dubbi: i correttori (si dice) intervengono anche sui romanzi autentici, quelli scritti parola per parola, pagina per pagina e capitolo per capitolo. Tuttavia Lilith, nota anche come Mostro della Notte e Signora delle Tenebre, non è un romanzo; potrebbe essere catalogato come biografia fantastica o saggio esoterico. Poco importa come venga classificato, l’unica cosa certa è che Gutiérrez deve consegnarlo oggi a mezzogiorno. Glielo ha chiesto Marabini, per cui Gutiérrez smette di riflettere su questioni che non vengono al caso e si dedica a pieno alla revisione dell’ultima parte del testo. Legge al volo mentre il tempo passa inesorabilmente. Al tempo non interessano i problemi di Gutiérrez. Né i miei né quelli di nessuno, pensa Gutiérrez e guarda ancora una volta l’orologio. Dirige il cursore del mouse verso l’opzione SALVA e salva il testo nella cartella LAVORI del disco rigido. Poi cerca un dischetto di tre pollici e mezzo, lo introduce nella bocca del case e copia la cartella nel dischetto. In casa editrice si preoccuperanno di dargli il nome definitivo; Gutiérrez per ora l’ha chiamato Lilith.txt e sta per portarlo a Marabini. Un’altra opera terminata. Gutiérrez chiude la porta a chiave con due mandate. Sa che per un istante, per il tempo che impiegherà ad arrivare alle scale, Gutiérrez occuperà tutta l’attenzione della vicina del 2°C. Lo spioncino della porta del 2°C è leggermente sollevato, segno indubbio che la signora stia curiosando. Più di una volta Gutiérrez ha pensato di dedicare alla vicina un gesto osceno, ma finora non si è mai azzardato e forse non si azzarderà mai.
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
53
Scendere i due piani a piedi e percorrere i nove isolati che lo condurranno alla fermata dell’autobus è il primo esercizio (e forse l’ultimo) che compirà Gutiérrez quest’oggi. Gutiérrez cammina tranquillo, come se passeggiasse, senza prestare troppa attenzione a cosa gli succede intorno. In realtà, intorno a Gutiérrez non c’è nulla che meriti la minima attenzione. È un lunedì mattina d’inverno, identico a tanti altri lunedì mattina d’inverno. Gutiérrez pensa solo ad affrettare il passo. Perché la camminata sia valida come esercizio deve essere eseguita a passo rapido, è quanto il medico ha detto a Gutiérrez e Gutiérrez non sta assolutamente dando retta al medico. Gutiérrez si affretta e pensa che magari con un po’ di fortuna conquisterà un posto libero sull’autobus. Gutiérrez è fortunato, conquista un posto libero e, di bene in meglio, vicino al finestrino dalla parte del sole. Gutiérrez si accomoda sul sedile in maniera quasi voluttuosa e non pensa a nulla, si limita a guardare i compagni di viaggio. Dietro a Gutiérrez c’è una coppia che parla sottovoce; il resto dei viaggiatori è composto da altri sette uomini: tre si sono assopiti; gli altri quattro non parlano né sonnecchiano, forse non pensano a niente, come Gutiérrez. Solo uno legge, non il giornale ma un libro, per cui a Gutiérrez viene in mente che possa essere uno dei tanti libri scritti da lui. Però no, si vede subito che è un volume di maggiori dimensioni e senza copertina dai colori vivaci: un libro diverso da quelli scritti da Gutiérrez. Dieci persone, senza contare il conducente, stanno viaggiando ora sull’autobus; poi saliranno altre persone, ma non c’è da aspettarsi cambiamenti importanti. Gutiérrez lo sa bene: sono anni che fa lo stesso percorso e mai, in tutto questo tempo, è successo qualcosa degno di essere ricordato. Così è la vita, si dice Gutiérrez. Fuori soffia un vento moderato da nordest e la temperatura arriva a cinque gradi centigradi, con una percezione termi-
54
VICENTE BATTISTA
ca di due gradi. Il cielo è terso e il sole picchia forte. Nulla di tutto ciò sembra interessare i passanti che in questo momento camminano a passi rapidi per la strada; mancano pochi minuti alle nove di mattina, è ora di attaccare al lavoro e non si può perdere tempo in inezie come il vento, il freddo o il sole. Gutiérrez li capisce. Anche a Gutiérrez sarà capitato qualche volta di dover rispettare orari inflessibili: grazie a questo ha potuto capire una volta per tutte e per sempre quanto ci si guadagna a essere ordinato e minuzioso. Se Gutiérrez fosse un signore feudale, un orologio e una squadra sarebbero i principali emblemi sul suo scudo araldico. Gutiérrez però non è un signore feudale, bensì un redattore di libri su commissione, un autentico artefice della parola, in grado di scrivere storie di personaggi mitici (come questa di Lilith ora nel dischetto) o di personaggi reali (come le tante biografie, da Machiavelli al Mahatma Gandhi, che gli hanno chiesto) o romanzi western, di fantascienza e gialli, romanzi di spionaggio, di pirati, erotici e rosa. Non esiste genere letterario che Gutiérrez non abbia toccato. Sei uno scriba, gli dice di solito Requejo le volte in cui si incontrano casualmente in strada, in qualche libreria o in un negozio qualsiasi. Sai l’importanza degli scribi nella civiltà maya? domanda Gutiérrez. Requejo non lo sa. Erano personaggi d’alto rango, dice Gutiérrez, nella pittura e nella scultura maya sono rappresentati con un mazzo di penne e pennelli, pronti a scrivere. Sai cosa scrivevano? domanda Gutiérrez. Requejo non lo sa. Testi che glorificavano i trionfi del re, dice Gutiérrez. Erano i suoi agenti di propaganda, dice Requejo. Erano artisti, dice Gutiérrez. Agenti di propaganda, insiste Requejo. Artisti che si giocavano la vita, dice Gutiérrez. Nessun agente di propaganda si gioca la vita per nessuno, assicura Requejo. Gli scribi maya sì, dice Gutiérrez. Erano i primi a essere sacrificati quando il loro re cadeva in un combattimento: prima gli spezzava-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
55
no le dita, poi gli strappavano le unghie e infine gli estraevano il cuore. Scrivevano su commissione, come te, dice Requejo. Gutiérrez sa che non vale la pena intavolare inutili discussioni con Requejo, per questo in genere smette di parlare degli scribi maya e cambia discorso. E ora si mette a pensare a qualcos’altro, non c’è motivo di pensare a Requejo in una mattina come questa, piena di sole, con venti moderati che soffiano da sudest, con una temperatura di cinque gradi centigradi e una percezione termica di due gradi. Una mattina in cui Gutiérrez si sente pieno, quasi potremmo dire: felice. Gutiérrez sa che tra poco incontrerà Marabini ed è sicuro di due cose. La prima: Marabini non dirà una parola contro Lilith; la seconda: Marabini gli commissionerà un romanzo giallo o un romanzo western. Soprattutto quest’ultima certezza è motivo di reale felicità per Gutiérrez: è da molto tempo che ha voglia di scrivere un’altra storia di cowboy. Assorto nei suoi pensieri, Gutiérrez quasi salta la fermata. Cammina a passo svelto fino alle porte dell’autobus che, per fortuna, sono ancora aperte, e riesce a scendere. Gutiérrez si chiude il soprabito fino all’ultimo bottone (in strada si avvertono i due gradi di percezione termica) e si incammina lungo i cinquanta metri che lo separano dalla casa editrice. Buongiorno, signor Gutiérrez, lo saluta il sorvegliante. Buongiorno Ramón, risponde Gutiérrez. Ramón è l’unico in tutta la casa editrice a chiamarlo signor Gutiérrez; il resto del personale, da Marabini fino all’ultima ruota del carro, lo chiama semplicemente Gutiérrez. È arrivato? domanda Gutiérrez. Il signor Marabini è arrivato da poco più di un’ora, lo informa Ramón, e d’un tratto Gutiérrez sente qualcosa di simile al senso di colpa ma in realtà è paura. Gli viene in mente che Marabini lo sta aspettando da più di un’ora e affretta il passo. L’ascensore si trova al secondo sotterraneo, ma la freccia indi-
56
VICENTE BATTISTA
ca che sta salendo verso il pianterreno. Gutiérrez è tranquillo: in pochi secondi si aprirà la porta. Quando la porta si apre, Gutiérrez si trova davanti un uomo di poco più di sessant’anni, con la pelle di colore giallo tendente al verde, nell’angolo sinistro dell’ascensore. Buongiorno, dice Gutiérrez e si accorge che è lo stesso uomo incontrato in questo stesso ascensore un paio di settimane fa. Gutiérrez pensa che potrebbe essere una buona situazione per un romanzo di spionaggio o forse per un giallo. L’uomo porta lo stesso vestito, la stessa camicia e la stessa cravatta di due settimane fa. Gutiérrez se lo ricorda bene: vestito blu, camicia celeste e cravatta bianca a righe rosse. Tuttavia ora, nonostante la percezione termica di due gradi, l’uomo non indossa il soprabito. L’uomo risponde al saluto di Gutiérrez con un leggero sorriso e un piccolo movimento del capo. Poi accade un fatto strano. Gutiérrez e l’uomo si guardano in silenzio. La scena si paralizza per un istante e a Gutiérrez viene in mente che l’uomo di poco più di sessant’anni, con la pelle di colore giallo tendente al verde, potrebbe benissimo essere un correttore. Veniva dal sotterraneo e c’è chi afferma che i correttori lavorino negli scantinati. Gutiérrez è sul punto di domandargli: “Scusi, lei è un correttore?” ma si ricorda che riconoscere un correttore significa perdere il lavoro. Gutiérrez non dice una parola, pur notando come l’uomo con la pelle di colore giallo tendente al verde che ora si dirige verso la strada, zoppichi leggermente. Viene dal sotterraneo ed è zoppo, pensa Gutiérrez. Gutiérrez è sicuro che l’uomo con la pelle di colore giallo tendente al verde e di poco più di sessant’anni sia un correttore. Gutiérrez si sbaglia, perché quell’uomo con la pelle di colore giallo tendente al verde, di poco più di sessant’anni e il vestito blu, non è un correttore. Però Gutiérrez questo non lo sa. Spinge il pulsante per salire al quinto piano e durante il tragit-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
57
to pensa di aver appena conosciuto un correttore. Forse avrei dovuto seguirlo, pensa Gutiérrez e pensa che avrebbe potuto mettere in pratica la tecnica d’inseguimento utilizzata spesso da Robert Peterson: confondersi tra la gente, non attirare l’attenzione in nessun modo, a volte camminare davanti a chi si sta pedinando. Robert Peterson è un agente della CIA creato da Gutiérrez e il protagonista di numerosi romanzi di spionaggio scritti da Gutiérrez. Gutiérrez è sicuro che l’uomo con la pelle di colore giallo tendente al verde, di poco più di sessant’anni e il vestito blu, si diriga verso il luogo dei correttori. Bastava assumere le vesti di Robert Peterson e seguirlo. Però, invece di calarsi nelle vesti di Robert Peterson, Gutiérrez è rimasto nelle vesti di Gutiérrez. È arrivato al quinto piano e si dirige verso l’ufficio di Marabini. Lungo questo tragitto niente e nessuno può distoglierlo dall’idea fissa che Gutiérrez ha in testa: Gutiérrez ha visto un correttore. Quest’idea, com’è ovvio, fa venire i brividi a Gutiérrez. Ora Gutiérrez è appena entrato nell’ufficio di Marabini. Deve dedicare tutta la sua attenzione a quello che Marabini dirà. La aspettavo più tardi, dice Marabini e aggiunge che deve dargli una buona notizia. Devo darle una buona notizia, dice. Gutiérrez attende in silenzio: non sempre si ricevono buone notizie. Marabini non lo fa attendere. È piaciuta molto, dice. La prima parte della sua bibliografia di Judith è piaciuta molto. Lilith, osa correggerlo Gutiérrez, si chiama Lilith. Non ha importanza come si chiami, l’importante è che sia piaciuta molto. Si rende conto che bisogna starle addosso, Gutiérrez, perché faccia le cose come si deve, dice Marabini. Gutiérrez annuisce in silenzio. Non tutti i giorni Marabini elogia il suo personale con una simile enfasi.
VII
Gutiérrez cammina orgoglioso. Marabini si è congratulato con lui e Marabini non ha l’abitudine di congratularsi con nessuno. Forse si congratula con gli scrittori le cui foto, alcune con dediche, altre no, sono appese alla parete del suo ufficio. Ma con gli scrittori che come Gutiérrez scrivono a cottimo, Marabini non si congratula mai. Avrà le sue ragioni, Gutiérrez non gli ha mai chiesto nulla di queste ragioni. Sa che le cose stanno così e sa che è meglio non fare certe domande. Marabini si è congratulato con Gutiérrez. Da anni Gutiérrez lavora agli ordini di Marabini e fino a stamattina non aveva mai ricevuto un elogio, una lode o una parola d’incoraggiamento. Tuttavia Gutiérrez non si è mai preoccupato di questa mancanza d’attenzione da parte di Marabini: nel suo intimo sapeva che un giorno o l’altro Marabini si sarebbe congratulato con lui. Era sicuro che si sarebbe congratulato con lui prima o dopo che la foto di Gutiérrez, con una dedica tipo “Cordialmente” o “Amichevolmente”, fosse appesa alla parete dell’ufficio di Marabini. Era sicuro anche del fatto che a partire da quel momento il rapporto tra Gutiérrez e Marabini sarebbe cambiato. Marabini si è congratulato con Gutiérrez, ma il rapporto non fu affatto da pari a pari. Tuttavia si può dire che questo sia un buon giorno per Gutiérrez o, almeno, una buona mattinata: Marabini non solo si è congratulato con lui, ma gli ha anche commissionato la stesura di un nuovo romanzo e gli ha chiesto (ha preteso, dovremmo dire) che il romanzo, con tanta azione e tanto sangue, avesse Kid Warsen come personaggio.
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
59
Kid Warsen è uno dei tanti eroi inventati da Gutiérrez. Un eroe per il quale Gutiérrez nutre particolare simpatia. Per crearlo, si era ispirato a Shane il solitario, quel cowboy interpretato da Alan Ladd con esemplare maestria. Nella sua versione originale Kid Warsen, così come Shane, girava solo per il mondo e, come Shane, si trascinava dietro una vecchia colpa segreta. Tutto questo Gutiérrez lo trasferì nella prima avventura di Kid Warsen e sarebbe stato meglio se non lo avesse fatto. È impazzito, Gutiérrez? gli aveva domandato quella volta Marabini mentre agitava per aria un foglio di carta. Sebbene Marabini sia di per sé un uomo dal carattere forte, Gutiérrez poche volte lo aveva visto così alterato. Guardi, Gutiérrez, disse quella volta Marabini e gli diede il foglio. Solo in quell’istante Gutiérrez scoprì il motivo della rabbia di Marabini: il foglio era una relazione dei correttori. Per un attimo Gutiérrez rabbrividì. Lo legga, Gutiérrez, pretese Marabini. Gutiérrez lo lesse e le parole di quel foglio gli rimasero impresse per sempre. Il foglio diceva: “Relazione dei Correttori – Opera: Spari solitari – Autore: Gutiérrez – Pseudonimo: Larry Gibson – Voto: Mediocre – Decisione: Rifiutata – Motivi della decisione: Un romanzo western con oscure impostazioni filosofiche niente affatto pertinenti al tenore del testo richiesto.” Questo diceva il foglio e quella volta Marabini disse: Cosa mi combina, Gutiérrez? E lo disse con un certo dolore; almeno Gutiérrez avvertì un certo dolore nelle parole di Marabini. È veramente grave che un testo sia rifiutato in questo modo, disse Marabini, è veramente grave che non ci sia un solo correttore in grado di correggerlo. Un testo incorreggibile, disse Marabini, questo non succede quasi mai. Gutiérrez pensò agli scribi maya e si toccò le unghie. Le ho detto di non diventarmi metafisico, Gutiérrez, ripeté quella volta Marabini e Gutiérrez pensò che avrebbe perso il lavoro. Ma non c’è verso, lei insiste con questo atteggiamento,
60
VICENTE BATTISTA
si lamentò quella volta Marabini e Gutiérrez capì che non era tutto perduto. Posso aggiustarlo, lo lasci nelle mie mani, posso aggiustarlo, assicurò Gutiérrez quella volta. Lo avrà detto in tono convincente, perché Marabini disse che gli avrebbe dato un’altra occasione. Se vuole insistere con questo cowboy di quarta categoria, insista, disse Marabini, ma me lo faccia di pura azione: tanti spari e tanti morti. I suoi personaggi non devono pensare, Gutiérrez, devono agire, mi raccomando: devono agire. Un’altra relazione come questa ed è un uomo morto. Glielo dico sul serio, Gutiérrez, non mi faccia il poeta. Gutiérrez lo capì molto bene e a partire da quel momento Kid Warsen si trasformò in un personaggio senza angosce né colpe segrete, veloce con la Colt e nella conquista di tutte le donne che incrociava durante il cammino. I correttori lo accettarono e le cose tornarono al loro corso naturale. Gutiérrez, tuttavia, nel suo intimo continua a preferire il primo Kid Warsen. Mai e poi mai però gli verrebbe in mente di tornare a lui. In definitiva, è il pubblico che decide. Ora Gutiérrez solleva il bavero del suo soprabito. È un mezzogiorno di sole forte, ma la percezione termica sembra non essere aumentata. Kid Warsen cavalca di nuovo, mormora Gutiérrez. Dovrà pensare a una nuova avventura degna di un cowboy pura azione e puro sangue. Quando Gutiérrez arriverà a casa potrà pensarci con comodo. Come sempre, un buon bicchiere di latte e la parete cieca gli verranno in aiuto. Il resto sarà nelle mani di Gutiérrez. L’immaginazione di Gutiérrez è inesauribile. Ti serve solo per scrivere quelle porcherie su commissione però, gli dice di solito Requejo quando si incontrano casualmente in strada, in qualche libreria o in un negozio qualsiasi. A Gutiérrez le critiche di Requejo interessano poco e gli interessano men che mai in momenti come questo, in cui Gutiérrez sta per compiere la cerimonia della ricerca.
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
61
Nessuno, ma assolutamente nessuno sa di questa cerimonia. Per cui ora, agli occhi del mondo, Gutiérrez è solo un comune mortale in procinto di fare una passeggiata. Chiunque vedesse Gutiérrez in questo istante penserebbe di vedere un individuo freddoloso (non a caso porta il bavero del soprabito rialzato) pronto a passeggiare per questo isolato poco frequentato. Se lo pensasse sbaglierebbe. O almeno, sbaglierebbe in parte. Certo Gutiérrez è un individuo freddoloso, ma non sta per fare una semplice passeggiata. Gutiérrez si prepara al giro completo dell’isolato. Un rito che, contro fulmini e tempeste, Gutiérrez compie ogni quindici giorni. Non importa se piove a dirotto, si muore di freddo o fa un caldo insopportabile: ogni quindici giorni Gutiérrez fa obbligatoriamente il giro completo dell’isolato. Quali fini cela Gutiérrez dietro questa finta passeggiata? Gutiérrez vuole scoprire il luogo dove lavorano i correttori. C’è chi assicura che i correttori lavorino da qualche parte nello stesso isolato della casa editrice. Questo pettegolezzo è giunto alle orecchie di Gutiérrez dalla bocca di un ghost-writer. È stato durante un cocktail organizzato dalla casa editrice. Gutiérrez sedeva a un tavolo con altri tre ghost-writer. Chiacchieravano di cose senza importanza, quando d’un tratto e senza motivo uno dei tre ghost-writer parlò dei correttori; del posto dove, disse, lavoravano i correttori. Quella sera, Gutiérrez era sul punto di alzarsi da tavola, ma decise di rimanere. Disse che si trattava soltanto di chiacchiere e che andavano prese come tali. Bisogna prenderle come le sciocchezze che sono, disse Gutiérrez quella sera. Un altro ghost-writer assicurò che non sempre le chiacchiere sono sciocchezze. Gutiérrez, quasi indignato, domandò: Che importanza ha sapere qual è il posto dove lavorano i correttori? Per un attimo Gutiérrez pensò con questa frase di aver messo fine alla discussione, ma non fu così.
62
VICENTE BATTISTA
Può essere importante, disse il ghost-writer che aveva lanciato il pettegolezzo. Non è altro che un pettegolezzo, disse Gutiérrez, lasciamo lavorare in pace i correttori. I due ghost-writer che avevano parlato si azzittirono, senza batter ciglio. Il terzo, che non aveva detto una sola parola, non disse niente nemmeno in quel momento, ma con piccoli cenni del capo approvò le parole di Gutiérrez. Gutiérrez guardò l’orologio, disse che per lui si era fatto tardi, si alzò in piedi, salutò con un gesto e se ne andò. Da quel giorno, Gutiérrez evitò di incontrarsi con quei tre ghost-writer. Decisione che non gli richiese un grande sforzo: alcune settimane dopo quel cocktail quei tre ghost-writer scomparvero dalla casa editrice. Non si seppe mai più nulla di loro, nessuno chiese di loro. Ora Gutiérrez non pensa a quei tre ghost-writer scomparsi. Gutiérrez si limita a compiere la sua cerimonia segreta. Agli occhi del mondo (vale a dire, agli occhi di chi mai lo guardasse), Gutiérrez sta facendo una semplice passeggiata. Il vero motivo di questa camminata è custodito nei pensieri di Gutiérrez. Com’è noto, è impossibile leggere i pensieri. È però possibile rivelarli in sogno o durante una feroce sbornia: ci sono molte persone che parlano nel sonno e l’alcol scioglie la lingua anche ai più silenziosi. Tuttavia, Gutiérrez non se ne preoccupa: non dorme mai con nessuno e non sa cosa significhi bere una goccia di alcol. Beve soltanto latte e acqua, e né il latte né l’acqua sciolgono la lingua di nessuno. Per questo Gutiérrez esegue tranquillo la sua finta passeggiata. Gutiérrez guarda di sghembo le porte delle case. Immagina che dietro una di quelle porte si celi il posto proibito, il luogo segreto dove lavorano i correttori. Gutiérrez non si è mai domandato come si comporterebbe se davvero trovasse quel luogo segreto. Oggi Gutiérrez compie la cerimonia esattamente nello stesso modo in cui la compie da quando alle sue orecchie è giunta
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
63
la voce che i correttori lavorino da qualche parte nell’isolato della casa editrice. Tuttavia, in questa occasione ci sarà una leggera variante. Gutiérrez ha appena girato al primo incrocio del suo percorso e d’improvviso vede qualcosa che lo turba sul serio. Non si tratta del posto segreto in cui lavorerebbero i correttori. Gutiérrez ha appena visto una donna camminare nella sua stessa direzione, ma trenta metri più avanti. Di conseguenza la donna non vede Gutiérrez (lo vedrebbe nell’ipotetico caso in cui la donna si voltasse) e Gutiérrez vede la donna soltanto di spalle. Malgrado Gutiérrez non veda il viso della donna (lo vedrebbe nell’ipotetico caso in cui la donna girasse la testa), è sicuro di chi si tratti. Non gli era mai passata per la testa l’idea di incontrare Ivana nell’isolato della casa editrice. In realtà, dal momento in cui si rifiutò di rispondere alle chiamate di Ivana, Gutiérrez decise che non l’avrebbe mai più incontrata, né nell’isolato della casa editrice né in nessun altro posto. Gutiérrez è così. Tuttavia dovrà arrendersi alle circostanze. L’evidenza indica che Ivana cammina trenta metri più avanti. Dove starà andando? si domanda Gutiérrez e affretta il passo. Spinto dall’ansia, non si accorge di commettere un grave errore. Agli occhi del mondo (vale a dire, agli occhi di chiunque lo guardasse), quella di Gutiérrez non è più una passeggiata. Nessuno passeggia a un ritmo così sostenuto. Per giunta, anche Ivana aumenta il ritmo della propria andatura, come se avesse intuito che Gutiérrez vuole raggiungerla. Tutto resta una semplice ipotesi, perché Ivana ora entra in una casa vicino al prossimo incrocio. Gutiérrez non ha diminuito il ritmo della propria andatura e arriva fino alla porta della casa dove è entrata Ivana. È un palazzo con vari appartamenti e una hall deserta dove si vede soltanto un enorme specchio che riveste una delle pareti. Dopo lo specchio comincia un lungo e stretto corridoio, così
64
VICENTE BATTISTA
lungo e stretto che Gutiérrez non riesce a intravederne la fine. Questo è quanto Gutiérrez riesce a vedere, ma non vede Ivana. Potrebbe essersi persa nel corridoio, suppone Gutiérrez, o essere entrata nello specchio. Gutiérrez sa che questo accade solo nell’inganno della narrativa. Ivana, invece, è reale, assolutamente vera. Sebbene non si possa credere neanche a questo. Forse quella donna scomparsa per il corridoio (è ridicolo pensare che sia entrata nello specchio) non ha nulla a che vedere con Ivana, è solo una donna che così, di spalle, assomiglia parecchio a Ivana. Succede migliaia di volte. Per questo motivo Gutiérrez decide che quella donna non ha niente a che vedere con Ivana e torna al suo proposito iniziale: fare il giro completo dell’isolato, passeggiando. Agli occhi del mondo (vale a dire, agli occhi di chiunque lo guardasse), Gutiérrez è un’altra volta un uomo a passeggio, senza alcuna preoccupazione, un mezzogiorno d’inverno, con una temperatura percepita di due gradi. Così Gutiérrez arriva alla fine del suo percorso senza trovare la minima traccia del luogo dove si suppone lavorino i correttori. Non si preoccupa: anche questo sembra far parte del rito. Si dirige ora verso la fermata dell’autobus che lo porterà a casa. Un’altra cerimonia, che ripeterà fra quindici giorni, è compiuta.
VIII
A quest’ora gira poca gente. Una coppia giovane, che parla sottovoce, e un uomo solitario, che guarda a terra, sono le uniche tre persone che Gutiérrez trova alla fermata dell’autobus. Gutiérrez si accoda all’uomo solitario che guarda a terra. Né la coppia giovane né l’uomo solitario sembrano avvertire la presenza di Gutiérrez. La coppia giovane continua a parlare in tono monocorde e l’uomo solitario ha sempre la testa bassa e guarda a terra. Gutiérrez pensava di non trovare nessuno alla fermata. All’una del pomeriggio non c’è quasi nessuno per la strada. Men che mai oggi, con il freddo che fa. Gutiérrez si sfrega le mani. Prima faceva più freddo, dice l’uomo solitario. Lo ha detto quasi in un sussurro e senza alzare la testa. Gutiérrez annuisce in silenzio, ma l’uomo solitario che guarda a terra non si accorge del gesto. Non se ne accorge perché ha la testa china e perché è di spalle a Gutiérrez. Forse per questo l’uomo solitario ripete che prima faceva più freddo, e aggiunge: È vero che prima faceva più freddo? Gutiérrez pensa di domandargli prima di quando facesse più freddo, ma preferisce acconsentire che sì, prima faceva più freddo; sebbene non sappia prima di quando. Sì, prima faceva più freddo, dice Gutiérrez. L’uomo solitario, sempre con la testa china, sembra accettare l’approvazione di Gutiérrez, perché torna in silenzio; come se non fosse stato detto nulla. La coppia giovane, dal canto suo, continua a parlare in tono monocorde. In quel momento arriva l’autobus. La coppia giovane, senza smettere di parlare in tono monocorde, cammina verso le porte dell’autobus. L’uomo solitario
66
VICENTE BATTISTA
non si muove dal suo posto. Neanche adesso alza la testa. È arrivato l’autobus, lo avverte Gutiérrez. Lo so, dice l’uomo solitario. Non sale? chiede Gutiérrez. Aspetto il prossimo, dice l’uomo solitario e, senza alzare la testa, fa un gesto con la mano sinistra. Il gesto non ammette dubbi. L’uomo solitario dalla testa china ha appena indicato a Gutiérrez che può andare verso l’autobus. Gutiérrez sale sull’autobus e pensa a quell’uomo solitario rimasto alla fermata. In realtà, non pensa all’uomo ma alla probabile malattia di quell’uomo. Di sicuro, una strana paralisi gli impedisce di muovere il collo. Pover’uomo, pensa Gutiérrez. Invece di pensarlo con compassione, lo pensa con allegria. Gutiérrez è contento perché non soffre di simili mali, come quell’uomo solitario con la testa china rimasto alla fermata dell’autobus. È contento anche perché l’autobus è quasi vuoto. Gutiérrez sceglie un sedile singolo, vicino al finestrino. Guarda l’uomo dalla testa china, ancora lì, più solitario che mai. Pover’uomo, pensa nuovamente Gutiérrez e di colpo scopre che l’uomo solitario non ha più la testa china. Gutiérrez non riesce a vedere il viso dell’uomo solitario, ma vede come a passo lento e tranquillo si allontana dalla fermata. Gutiérrez non ci capisce nulla. Non ci capirà nulla neanche quando, alcuni giorni dopo, incontrerà di nuovo quell’uomo solitario. Il viaggio d’andata è sempre più corto del viaggio di ritorno. Questo è un enigma che turba Gutiérrez, perché l’autobus compie esattamente lo stesso tragitto: va e torna per le stesse strade. Gutiérrez ha pensato tante volte di andare dalla casa editrice al suo appartamento e dal suo appartamento alla casa editrice; ovvero, di cambiare l’ordine dei viaggi per provare se in questo modo il fenomeno si ripete: che il viaggio d’andata fosse quello di ritorno e quello di ritorno l’andata. Tuttavia non ha mai fatto questo esperimento e forse non lo farà mai. È una delle tante idee di Gutiérrez che restano soltanto idee. In qual-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
67
che momento ha anche pensato che potrebbe essere un buon tema per un romanzo di genere fantastico. Non è il genere prediletto da Gutiérrez, per questo non lo ha nemmeno suggerito a Marabini. Tuttavia, ne ha parlato con Requejo. Il genere fantastico non è per te, gli disse Requejo. Non ti ci vedo nel ruolo di Lovecraft, gli disse. Lovecraft è uno dei pochi scrittori del secolo scorso che Requejo rispetta. Gutiérrez di solito non è d’accordo con le opinioni di Requejo. In quel caso però era d’accordo. Dal giorno in cui Requejo gli disse che il ruolo di Lovecraft non era per lui, Gutiérrez abbandonò l’idea del romanzo fantastico, anche se non del tutto. Nel suo intimo spera che una volta Marabini gliene commissioni uno, così dovrà scriverlo, non gli resterà altra soluzione che scriverlo; anche se a Requejo l’idea non piace. La coppia giovane, che continua a parlare in tono monocorde, sta per scendere dall’autobus. Gutiérrez si domanda perché lo avranno preso, se la corsa è stata appena di cinque isolati. È risaputo che i giovani camminano sempre meno. Ai giovani risulta più gratificante navigare nel cyberspazio che camminare per queste strade fredde e deserte. Gutiérrez capisce la gioventù. Gutiérrez stesso non cammina quasi per niente. Si può dire che percorre solo diciotto isolati (nove all’andata e nove al ritorno) una volta la settimana, da casa alla fermata dell’autobus e dalla fermata dell’autobus a casa. Bisognerebbe poi aggiungere i quattro isolati che Gutiérrez percorre ogni quindici giorni intorno al quartiere della casa editrice, alla ricerca del posto dove lavorano i correttori, e bisognerà aggiungere gli altri quattro che Gutiérrez percorre intorno all’isolato di casa sua quando, senza una data fissa, realizza la sua camminata salutare-sportiva. Il medico gli ha ordinato di camminare di più, ma Gutiérrez ignora quest’ordine. Da quando Gutiérrez ha interrotto la sua relazione con Ivana, ha interrotto anche le pas-
68
VICENTE BATTISTA
seggiate. A Ivana piaceva passeggiare e a Gutiérrez non restava altra alternativa che accompagnarla. Gutiérrez e Ivana erano soliti camminare per interi isolati, a volte camminavano addirittura mano nella mano. Per chiunque li guardasse, erano una di quelle coppie che non si vedono quasi più. Gutiérrez lo diceva a Ivana. Non ha senso camminare così, le diceva. Ivana ripeteva che bisogna saper trovare un senso alle cose. Ma per quanto si sforzasse, Gutiérrez non trovava giustificazioni a quelle passeggiate. Vedere la bellezza nascosta delle cose, diceva Ivana. Quale bellezza ci può essere in queste strade, si lamentava Gutiérrez, e un po’ di ragione ce l’aveva. Allora, come adesso, la città non invitava a camminare. Perché Gutiérrez pensa a Ivana proprio in questo momento? Perché poco meno di un’ora fa gli è sembrato di vederla. Forse quella donna che camminava trenta metri avanti a Gutiérrez non era Ivana, ma una che le somigliava molto. Che fosse o no Ivana, è stato sufficiente affinché Gutiérrez tornasse indietro a un passato dove non aveva voglia di tornare. Come sono le cose della mente, pensa Gutiérrez, e ancora una volta guarda la strada. Questa strada per cui transita ora l’autobus, però, non quella strada dove di solito camminava con Ivana. Niente da fare, non può levarsela dalla testa. Come sono le cose della mente, pensa di nuovo Gutiérrez e chiude gli occhi. Quando li apre, scopre che è rimasto da solo nell’autobus. Si guarda le mani, le trova pallide e fredde; sebbene la temperatura non si veda, si sente. Hai le mani fredde, gli diceva spesso Ivana. Allora Gutiérrez le parlava del sangue, di un problema di circolazione del sangue. E non parlava invano: Gutiérrez lo aveva spiegato in uno dei libri scientifici che aveva scritto. Sintomi e soluzioni, si chiamava il libro e due capitoli (il quarto e il quinto, o il quinto e il sesto, ora non ricorda) erano dedicati alla circolazione sanguigna. Gutiérrez capisce che il metodo di
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
69
chiudere gli occhi non serve a togliersi Ivana dalla testa. Guarda di nuovo dal finestrino e scopre che dovrà scendere alla prossima fermata. Questo lo tranquillizza. Ora Gutiérrez cammina verso casa. Ha deciso che si metterà subito a lavorare su Kid Warsen. Deve immaginare una nuova avventura per il suo leggendario eroe. Pensa che i nove isolati che lo separano dalla fermata dell’autobus fino a casa sua possano essere di enorme utilità. Gutiérrez suppone che Kid Warsen potrà scacciare definitivamente Ivana. Una cosa però è ciò che Gutiérrez suppone e un’altra ben diversa è ciò che di fatto accade. Gutiérrez non è nemmeno arrivato alla prima svolta che Ivana (o meglio: l’immagine di una donna simile a Ivana che cammina trenta metri avanti a Gutiérrez) rimpiazza completamente Kid Warsen. Questa mancanza di controllo indigna Gutiérrez. Tuttavia, Ivana è ancora lì. Sono sicuro che non era Ivana, pensa Gutiérrez. Sebbene ora poco importi se la donna che un’ora fa camminava trenta metri avanti a Gutiérrez fosse o no Ivana. La vera Ivana, quella che una volta è stata la fidanzata di Gutiérrez, gli è ormai entrata in testa e lo accompagnerà lungo gli otto isolati che mancano per arrivare a casa. Saranno otto isolati di ricordi sconclusionati (come d’altra parte sono in genere i ricordi), schermate senza senso, cose che è meglio dimenticare e che però non si dimenticano. Strani meccanismi della mente, pensa Gutiérrez mentre apre la porta del suo appartamento. Tutto è in ordine, pulito e ordinato. Gutiérrez va in cucina, si versa un bel bicchiere di latte, torna in soggiorno e si siede davanti al computer. Vicino al computer c’è il telefono. Il telefono ha una segreteria telefonica. Dopo aver provato diversi messaggi di benvenuto, Gutiérrez ne scelse uno molto discreto. “Questa è la segreteria telefonica di Gutiérrez. Per favore, lasci un messaggio” si può ascoltare con un tono di voce lieve
70
VICENTE BATTISTA
e secco; un tono difficile da spiegare: bisogna sentirlo. Gutiérrez registrò e cancellò mille volte il messaggio di benvenuto prima di ottenere questo tono difficile da spiegare. Fu uno sforzo vano perché, fatta eccezione per la chiamata di Ivana in cui voleva sapere perché Gutiérrez non avesse intenzione di vederla, due chiamate commerciali e uno che aveva sbagliato numero, nessuno l’ha più chiamato. Eppure, Gutiérrez controlla la sua segreteria quotidianamente. Gutiérrez accende il computer. Tutto è pronto per cominciare a scrivere la nuova avventura di Kid Warsen; tuttavia, invece di avviare il suo programma di scrittura, Gutiérrez apre l’ultimo cassetto della sua scrivania. Non la scrivania virtuale del sistema, bensì la sua: la vecchia scrivania di legno. In fondo a quel cassetto reale, Gutiérrez cerca qualcosa con moltissima cautela. Gutiérrez ha ora in mano un CD-ROM senza custodia. In origine, aveva una custodia che a grandi lettere rosse annunciava The woman from 42nd St., e mostrava la foto di una donna seminuda, dal corpo esuberante e dall’espressione libidinosa. A Gutiérrez sembrò poco opportuno conservare una custodia con quelle caratteristiche e la distrusse il giorno stesso in cui comprò il CD-ROM, qualche anno fa. The woman from 42nd St. è un audace programma interattivo, un gioco per adulti, che consiste nel conquistare Margaret, la signora dall’espressione libidinosa della copertina. Come il CDROM si mette in funzione, sullo schermo appare l’immagine di Margaret. Margaret si trova all’angolo della quarantaduesima strada, accanto a una segnaletica stradale. “N.E. 42nd St.,” annuncia la segnaletica stradale. Se vuoi entrare in contatto con Margaret dovrai rispondere a una delle tre domande che compaiono subito sullo schermo. Le domande possono essere: 1) “Margaret sta aspettando te?” 2) “Sta aspettando il suo amante?” 3) “Non sta aspettando nessuno?” Se scegli la risposta giu-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
71
sta, comincia il vero gioco. Allora potrai accedere al livello successivo: Margaret ti inviterà a casa sua, a pochi metri dall’angolo della quarantaduesima dove l’hai incontrata. La nuova scena è il salotto di casa di Margaret. Margaret ti offrirà un bicchiere di champagne. Tu dovrai rispondere a una delle tre nuove domande che compariranno immediatamente sullo schermo. Le domande possono essere: 1) “Accetti il bicchiere che Margaret ti offre?” 2) “Dici che preferisci bere dopo?” 3) “Confessi che non bevi alcol?” Se azzecchi la risposta, passerai a un altro livello. In questo caso, la scena è un po’ più intima, con tre nuove domande e una sola risposta esatta. Così, tra domande e risposte e di livello in livello, arriverà il momento decisivo: togliere uno ad uno i vestiti che Margaret indossa. Prima, il pullover; poi, la camicetta; più tardi, la gonna e, infine, il reggiseno, il reggicalze, le calze e le mutande. Detto in quest’ordine sembra facile, ma non sempre è in quest’ordine. Per l’esattezza, l’ordine cambia di gioco in gioco, le varianti sono quasi infinite; le domande, anche. Davanti a ogni indumento tre nuove domande compaiono subito sullo schermo e, come sempre, c’è una sola risposta giusta. Se azzecchi tutte le risposte, Margaret, con gesti felini, ti inviterà nel suo letto virtuale. Non è per niente facile arrivare a questo letto. Il minimo errore, una sola risposta sbagliata, e si ritorna all’inizio: Margaret di nuovo vestita, in piedi accanto alla segnaletica stradale che annuncia “N.E. 42nd St.” Ogni volta che si verifica il peggio, restano due possibilità: ricominciare da capo o uscire dal gioco e lasciare a un altro giorno la conquista. Il trionfo si ottiene con abilità, pazienza e (sebbene sembri un controsenso) tantissimo sangue freddo. È una sfida difficile, ma Gutiérrez ci ha giocato tante, ma così tante volte, che praticamente ormai lo conosce a memoria: conosce fino all’ultimo stratagemma del programma. Per Gutiérrez andare al letto con Margaret è quasi un gioco da ragazzi.
72
VICENTE BATTISTA
Gutiérrez mette ora il CD-ROM nel drive del computer. Margaret compare sullo schermo e Gutiérrez risponde subito a ogni domanda. Sale senza difficoltà di livello in livello. Non c’è una sola sorpresa. Margaret non ha segreti per Gutiérrez. È come se Margaret e Gutiérrez fossero sposati da più di trent’anni. Tuttavia, oggi c’è stata una leggera differenza. Durante i tre minuti in cui è stato nel letto virtuale con Margaret, Gutiérrez ha pensato solo a Ivana. Pensava che Margaret fosse Ivana. Succede anche nelle migliori famiglie, si è detto Gutiérrez più tardi, nel suo letto reale.
IX
Gutiérrez si sveglia diverso dopo una notte d’amore. Lavora con uno spirito migliore, vede tutto con maggior chiarezza e più lucidità. Gutiérrez non si è mai chiesto perché gli succeda questo dopo una notte d’amore. Non bisogna neanche starsi a domandare il perché di tutte le cose che ci succedono, dice di solito Gutiérrez. Una volta Gutiérrez lo disse a Ivana. Le disse che non c’era motivo di starsi a domandare il perché di tutte le cose che ci succedono. Ivana quella volta gli disse che lei invece si domandava il perché e il per come. Tutto sembrava indicare che sarebbe iniziata una discussione. Tuttavia, non discussero. Era una notte calda che non invitava a discutere. Gutiérrez e Ivana erano nudi, sdraiati sul letto, con gli occhi fissi sul soffitto. Sebbene non sia lecito scrivere “erano nudi”. Solamente Ivana era nuda. Gutiérrez si era coperto con il lenzuolo. A Gutiérrez non piace esibirsi. Poiché non gli piace esibirsi, Gutiérrez preferisce che le sue relazioni avvengano attraverso internet o mediante il CD-ROM. In quei luoghi non è necessario mostrarsi. Quando Gutiérrez avvia The woman from 42nd St., vede subito il corpo di Margaret; al contrario, Margaret non vede il corpo di Gutiérrez, non lo vedrà mai. Qualcosa di simile accade quando Gutiérrez chatta su internet. Qualcosa di simile, ma non uguale. Per mezzo del CDROM è possibile vedere uno dei due corpi. In The woman from 42nd St. Gutiérrez vede il corpo di Margaret; invece, su internet, Gutiérrez non vede il corpo di Paloma e non vede il corpo di Dolores. Neanche Paloma e Dolores vedono il corpo di Gutiérrez.
74
VICENTE BATTISTA
Bisognerà tenere conto che, tuttavia, nel caso specifico di internet i corpi di Gutiérrez, di Paloma e di Dolores non si vedono per pura scelta. Gutiérrez, Paloma e Dolores hanno scelto di non mostrarsi. Nel caso specifico di internet è molto semplice porre fine a tante riserve: basta inviare una foto per il cyberspazio. Paloma può inviare una foto a Gutiérrez, assicurandogli che quella donna dagli occhi chiari e dal bel sorriso è Paloma. Dal canto suo, Dolores può mandare una foto a Gutiérrez, assicurandogli che quella donna dai capelli neri e l’espressione maliziosa è Dolores. Ma chi garantisce a Gutiérrez che la donna dal bel sorriso sia realmente Paloma e la donna dall’espressione maliziosa Dolores? Paloma può benissimo aver inviato la foto di un’amica o una foto qualsiasi scaricata da un qualsiasi sito internet. Lo stesso può aver fatto Dolores; le donne adorano mentire. Il corpo di Margaret, invece, è pura verità. Margaret non ha motivo di fingere. Si mostra così com’è. In The woman from 42nd St. Gutiérrez non ha bisogno di esibirsi. Quest’ultimo aspetto gli permette di affrontare Margaret senza preoccuparsi di come è vestito, se si è fatto o no la barba, se ha lucidato le scarpe oppure no. Quanto alla doccia non ci sono problemi. Gutiérrez si fa la doccia tutti i giorni, al di là che abbia intenzione di chattare su internet o di mettere il CD-ROM per fare l’amore con Margaret. Gutiérrez ha scritto diversi libri sull’amore e sulle sue conseguenze. È autore di alcuni volumi scientifici riguardanti le malattie veneree e l’AIDS. Parlare di volumi potrebbe forse dar luogo a equivoci. Volume è inevitabilmente legato a voluminoso e i libri scientifici scritti da Gutiérrez non eccedono mai le ottantaquattro cartelle di testo, di trenta righe ciascuna; vale a dire, novantacinquemila caratteri spazi inclusi. Queste misure danno come risultato un esemplare tascabile di centoventitré
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
75
pagine. Non si può dire che i libri scientifici scritti da Gutiérrez siano voluminosi. Le dimensioni (ottantaquattro cartelle di testo, di trenta righe ciascuna o, se si preferisce, novantacinquemila caratteri spazi inclusi) gliele prescrisse Marabini quando commissionò a Gutiérrez la redazione del primo libro scientifico. Gutiérrez ha sempre rispettato queste dimensioni, sa di altri ghost-writer che hanno voluto fare i ribelli, non rispettarono queste dimensioni e da un giorno all’altro si ritrovarono per strada. Non rispettare quelle dimensioni è temerario quasi quanto contestare la minima correzione dei correttori. Gutiérrez non ha fatto riferimento all’amore e alle sue conseguenze solo nei numerosi volumi scientifici che ha scritto; ha affrontato il tema anche in manuali di autoaiuto (hanno all’incirca le stesse dimensioni dei volumi scientifici), in opuscoli che spiegano il modo in cui redigere una lettera d’amore e in libri di aforismi. Gli opuscoli su come redigere una lettera d’amore e i libri di aforismi contano meno pagine dei volumi scientifici e dei manuali di autoaiuto. Gutiérrez ha trattato l’amore da diverse angolazioni. Detto così si potrebbe pensare che Gutiérrez sia un esperto in materia, un intenditore di queste cose. Chi lo pensa, si sbaglia. Gutiérrez, a parte quello che scrive su commissione, non ha un’idea chiara dell’amore. Dettaglio che non lo preoccupa più del dovuto. Tuttavia, dopo una notte di passione, Gutiérrez si alza più creativo. Ecco uno di quei momenti. Gutiérrez ha appena finito di mangiare un paio di cracker senza sale e di bere il suo bicchiere di latte mattutino ed è già in posizione davanti allo schermo del computer. Gutiérrez è pronto a intraprendere il suo lavoro quotidiano. Tutto sembra indicare che inizierà una nuova avventura di Kid Warsen, così come gli ha commissionato Marabini. Niente affatto. Gutiérrez si prepara a scrivere, ma non il romanzo che Marabini gli ha commissionato. Que-
76
VICENTE BATTISTA
sta mattina, dopo una notte d’amore, Gutiérrez si accinge a continuare il suo romanzo segreto. Non una sola persona sa dell’esistenza di questo romanzo segreto. Di solito, quando Gutiérrez si incontra con Requejo, per la strada, in qualche libreria o in un negozio qualsiasi, gli parla del romanzo autentico che pensa di scrivere, ma assolutamente mai e poi mai Gutiérrez ha detto a Requejo una sola parola sul romanzo segreto. Chi gli ha commissionato questo romanzo? Nessuno. È una specie di gioco privato di Gutiérrez. Incuriosito dall’impenetrabile mondo dei correttori, Gutiérrez decise che quel mondo e quei personaggi potevano essere il germe di un romanzo. E così, in uno strano atteggiamento di sfida, Gutiérrez decise di scrivere una storia che avesse come protagonisti i correttori. Parlare di un atteggiamento di sfida è quasi come assegnare a Gutiérrez la categoria di eroe. Forse è una definizione un po’ eccessiva. Eroe, com’è risaputo, è qualcuno nato dall’unione di un dio o di una dea con un mortale; un semidio, in una parola. Ercole o Achille potrebbero essere due buoni esempi. Si considera eroe anche quella persona che ha realizzato un’impresa memorabile, un’impresa per la quale si richiede necessariamente estremo coraggio. Ulisse o il Cid potrebbero essere due buoni esempi. Non si sa nulla dei genitori di Gutiérrez. Malgrado quest’ignoranza, si può sostenere con assoluta certezza che i genitori di Gutiérrez sono, o sono stati, due semplici esseri umani; come chiunque di noi. Non abbiamo neanche notizia di imprese straordinarie realizzate da Gutiérrez o che sia in procinto di realizzare, una di quelle imprese per le quali si richiede estremo coraggio. La domanda è inevitabile: questa propensione a scrivere un romanzo segreto conferisce lo status di eroe a Gutiérrez? Non è una domanda di facile risposta. Con il suo metro e settantacinque di statura e i suoi quasi ottanta chili di peso, con
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
77
la sua bocca inespressiva, dalle labbra sottili, e i suoi occhiali da miope, dalle lenti spesse, non si può dire che Gutiérrez abbia un aspetto da eroe. Forse Gutiérrez assume un legittimo aspetto da eroe quando indossa le vesti di Conan il Magnifico e si lancia in internet per chattare. È chiaro che in queste occasioni Gutiérrez smette di essere Gutiérrez per essere Conan. Un tipico conflitto d’identità, così comune nella letteratura. Eroe o no, nessuno ha commissionato a Gutiérrez il romanzo segreto e nessuno glielo pubblicherà. Malgrado questi inconvenienti, da qualche tempo (non è possibile precisare la data esatta) Gutiérrez sta scrivendo questo ermetico testo al quale ha deciso di dare il nome di “romanzo segreto”. Fino ad oggi ha redatto una quantità considerevole di cartelle, o di caratteri, come si preferisce. Cosa racconta Gutiérrez in questo romanzo? È impossibile saperlo. Tra l’altro, perché è impossibile accedervi. Tutti i testi che Gutiérrez compone sono conservati nel disco rigido del suo computer, all’interno della cartella LAVORI. La cartella LAVORI si suddivide a sua volta in tante sottocartelle quanti sono i generi affrontati da Gutiérrez: GIALLI, WESTERN, ROSA, SPIONAGGIO, SCIENZA, AUTOAIUTO, eccetera. Tuttavia, il romanzo segreto che Gutiérrez scrive da qualche tempo (non è possibile precisare la data esatta) non si trova in nessuna di queste sottocartelle. Sotto un nome formato da quattro lettere, il romanzo segreto si confonde all’interno della cartella che contiene i file del programma Norton Antivirus. Gutiérrez sembra dissentire dalla logica della Lettera rubata: ha dissimulato il suo romanzo segreto tra i file del programma destinato a eliminare i virus che potrebbero danneggiare il sistema. Per arrivare al romanzo, Gutiérrez si vede obbligato a eseguire una serie di passi. Li compie con la destrezza di un camminatore esperto: scarta false vie e supera labirinti, fino ad ar-
78
VICENTE BATTISTA
rivare alla cartella dalle quattro lettere. Ha superato la prima tappa, ma si trova appena sulla soglia. Ora deve aprire la porta. Per aprirla bisogna necessariamente conoscere la password. Il romanzo segreto è custodito in un file protetto. Non appena qualcuno prova ad aprirlo, appare sullo schermo una finestrella per l’inserimento della password. Soltanto Gutiérrez la conosce (e la modifica ogni quindici giorni), per cui solo Gutiérrez può aprire il suo romanzo segreto. Ora il romanzo segreto compare sullo schermo. Gutiérrez lo legge senza fretta, come se tutto il tempo del mondo stesse dalla sua parte. Gutiérrez corregge il testo più volte, toglie e aggiunge parole con la pazienza di un artigiano, sceglie gli aggettivi che preferisce, evita ripetizioni e dissonanze. Non c’è modo di spiegare quanto goda Gutiérrez in questo momento. Gutiérrez sa che non una sola lettera di quelle che sta digitando sarà modificata dalle mani anonime dei correttori, mani capaci di fare quello che vogliono con le parole altrui. Gutiérrez percorre senza tregua la tastiera del computer. Per la frenesia con la quale esegue quest’azione, per il modo in cui accarezza ogni tasto, Gutiérrez sembra un concertista di piano mentre interpreta la Polacca n° 3, Opus 40, I, chiamata anche Militare, di Chopin. Tanta energia sprecata in un romanzo che non pubblicherà mai. Cose di Gutiérrez.
X
Gutiérrez guarda spesso delle foto. Ne ha diversi album, gelosamente custoditi. Più che custoditi, converrebbe dire nascosti. Si trovano in un luogo della casa al quale non si arriva facilmente. Gutiérrez non vuole che nessuno, assolutamente nessuno, veda le foto che da molto tempo raccoglie in questi album. Detto così si potrebbe pensare si tratti di foto pornografiche o immagini meritevoli di censura. Niente affatto. In tutti i casi, le foto mostrano persone decentemente vestite. In alcune foto le persone sono ritratte mentre camminano; in altre, in piedi; in altre, sedute. Tuttavia, sia che stiano camminando, in piedi o sedute, nessuna di queste persone ha un’espressione procace. Non c’è nulla di cui vergognarsi nelle foto che Gutiérrez custodisce gelosamente in un luogo nascosto della sua casa. Perché tanti segreti, allora? Bisognerebbe chiederlo a Gutiérrez. La maggior parte delle foto (per non dire quasi tutte) è in bianco e nero. Non per una mera ragione estetica, ma per una semplice ragione cronologica: si tratta di foto scattate agli inizi del ’900; quando, come tutti sanno, non erano ancora state sperimentate le foto a colori. Le poche foto a colori che Gutiérrez conserva nei suoi album non possono essere considerate, a dir la verità, foto a colori, ma semplicemente foto colorate. Una tecnica artigianale che richiedeva una pazienza infinita da parte di chi la eseguiva e i cui risultati non valevano il tempo impiegato. A queste foto Gutiérrez quasi non presta attenzione; forse perché le ritiene poco autentiche.
80
VICENTE BATTISTA
Gutiérrez non ha né un giorno né un’ora prefissata per sedersi a guardare le foto. Preferisce lasciare tutto in mano al caso. Può trascorrere più di un mese senza guardare una sola foto e, sempre senza ragione apparente, può guardare tre o quattro foto nella stessa giornata; in tre o quattro momenti diversi della stessa giornata. Non deve sorprendere, allora, che nel bel mezzo della stesura di uno dei suoi libri, Gutiérrez esegua il comando SALVA del computer, archivi nel disco rigido quanto scritto e poi, con passi prudenti, si diriga verso il luogo segreto dove conserva le foto. Non ha in mente nessuna foto in particolare. Semplicemente, opta per l’album che gli capita in mano. Gutiérrez lascia andare la sua mano in estrema libertà verso un qualsiasi album. Sono tutti rilegati in blu e non riportano neanche una parola sul dorso; vale a dire, non c’è modo di identificarli. La mano di Gutiérrez sceglie a capriccio. Gutiérrez accetta l’album che la sua mano ha scelto e lo apre alla pagina che capita; a Gutiérrez o alla sua mano. Gutiérrez si compiace di questo atteggiamento, tra il ribelle e il casuale. Solo allora guarda la foto che gli è toccata in sorte, avanza o torna indietro di qualche pagina, guarda altre foto oppure no; poi chiude l’album, torna al computer, recupera il testo e continua a scrivere. Quali foto guarda Gutiérrez? Ce ne sono di tutti i tipi. Gutiérrez è contento quando gliene capita una intitolata: Classe di signorine, Accademia Nazionale delle Belle Arti. Senza sforzo si capisce che si tratta di una foto in studio. Ritrae sette alunne di spalle all’obiettivo, apparentemente preoccupate solo del disegno che stanno realizzando su un foglio di carta bianca. Un professore, calvo e di esile corporatura, vigila il compito delle signorine. Anche il professore dà le spalle all’obiettivo. La foto non riporta la data, però a giudicare dai vestiti indossati, tanto dalle signorine quanto dal professore, deve essere stata scattata durante un pomeriggio d’inverno, agli inizi del ’900.
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
81
A Gutiérrez interessano anche altre foto di alcuni anni più tardi. Ad esempio, quella della facciata di Casa Tow, all’angolo tra Florida e Cangallo, o quella della facciata del negozio A Città del Messico, all’angolo tra Florida e Sarmiento. Entrambe risalgono al 1930, ma furono scattate in diverse stagioni dell’anno. Quella di Casa Tow, in inverno. Quella del negozio A Città del Messico, in estate. In quella di Casa Tow si capisce sia inverno dai passanti che compaiono nella foto: le donne indossano cappotti di pelle o di lana; gli uomini, soprabiti. Non un bambino o una bambina: senza dubbio, a quell’ora erano a scuola. Nella foto del negozio A Città del Messico si capisce che è estate per lo stesso motivo per cui in quella di Casa Tow si capisce che è inverno: per i passanti che compaiono nella foto. Abbondano i vestiti bianchi, tanto per gli uomini quanto per le donne, e si vedono alcuni bambini e alcune bambine che, non c’è dubbio, si stanno godendo le vacanze. C’è una foto che per diverse ragioni cattura l’attenzione di Gutiérrez. È stata scattata nel 1914 e si chiama Veicoli per la consegna di Gath & Chaves. Per la concezione panoramica potrebbe essere catalogata come una foto di questi tempi. In un enorme spiazzo si vedono tricicli per la consegna, con il rispettivo conducente in uniforme e cappello vicino a ogni triciclo. I tricicli sono in primo piano; in secondo piano si vedono altri veicoli più grandi: tre file di carri trainati da cavalli e, addirittura, alcuni camion a benzina. I tricicli in primo piano sono ventidue; i carri ammontano a quarantasei e i camion a sette. Gutiérrez ha contato i tricicli, i carri e i camion. Quella volta si era domandato quale potesse essere il giro di affari dei negozi Gath & Chaves per possedere una simile squadra per la consegna. Gutiérrez se lo ridomanda ogni volta che si trova questa foto davanti. La foto che però Gutiérrez guarda con maggiore interesse (questo non significa affatto sia la sua preferita o una delle sue
82
VICENTE BATTISTA
preferite) si chiama Prendendo il tè sulla terrazza di Gath & Chaves. Gutiérrez ha visto questa foto un’infinità di volte, potremmo affermare che la conosce a memoria. Tuttavia, ogni volta che se la trova davanti, la contempla a lungo. Sebbene Gath & Chaves sia il tema della foto, nello scatto non ci sono i lavoratori di questi grandi negozi, in piedi e in posa vicino alle loro macchine da lavoro. Il fotografo ha preferito immortalare alcuni clienti di questi grandi negozi, sulla terrazza di questi grandi negozi, proprio mentre prendono il tè. Gutiérrez guarda la foto con legittima sorpresa, ogni volta come se non l’avesse mai vista. Prima fa scorrere lo sguardo sul tavolo a cui è seduta una coppia e la loro figlia piccola; da lì si sposta verso il tavolo occupato da tre donne (due delle quali di spalle all’obiettivo) e subito dopo si incammina verso il tavolo di un uomo solitario, forse in attesa di una donna. Poi gli occhi di Gutiérrez vanno verso quattro uomini in piedi, di spalle all’obiettivo e appoggiati alla ringhiera della terrazza; tutti e quattro contemplano il paesaggio urbano. Da quei quattro uomini che contemplano il paesaggio urbano, Gutiérrez passa a un altro, svogliatamente appoggiato con il corpo alla ringhiera della terrazza. È solo, come l’uomo del tavolo. Indossa abito e cappello, come gli altri uomini della foto. A differenza degli altri uomini della foto, però, quell’uomo non sembra interessato al paesaggio urbano; non sembra neanche stia aspettando qualcuno. Tiene la mano sinistra nella tasca dei pantaloni, il braccio destro sopra la ringhiera della terrazza e, quasi con insolenza, guarda verso l’obiettivo. Fin dalla prima volta in cui ha visto questa foto, Gutiérrez ha capito che quell’uomo era l’unico realmente in posa e, inoltre, l’unico a sapere di essere fotografato. Tuttavia, non è per quell’uomo, per l’insolenza di quell’uomo, che Gutiérrez è tanto interessato a questa foto. L’unico reale motivo di interesse sono le due cupole. La cupola del Municipio e quella del quotidiano “La Prensa” che si stagliano sullo sfondo della foto.
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
83
Perché gli interessano le due cupole? Perché di quasi tutte le foto che Gutiérrez tiene nascoste in un posto segreto della sua casa sono le uniche cose che ancora esistono. Sono sparite la terrazza e i tavoli della terrazza di Gath & Chaves, non esistono più le persone che prendevano il tè sedute ai tavoli della terrazza né gli uomini che contemplavano il paesaggio urbano né l’uomo dall’espressione insolente, appoggiato alla ringhiera. Lo stesso vale per gli addetti alle consegne di Gath & Chaves e per le signorine che studiavano all’Accademia Nazionale delle Belle Arti. Non esistono più né gli uomini né le donne che camminavano per la via Florida, né il professore che insegnava alle signorine. Forse è ancora vivo qualcuno dei bambini o delle bambine nella foto dell’estate; nel migliore dei casi, quel bambino sarà adesso un vecchio di quasi novant’anni. Gutiérrez si domanda spesso quale fine avranno fatto i protagonisti di tutte quelle foto. Cosa sarà successo a quelle persone che camminavano per la via Florida e prendevano il tè sulla terrazza di Gath & Chaves? Ne sarà rimasta qualche traccia o è rimasta solo la foto che Gutiérrez conserva con tanto riserbo dentro un album nascosto in un luogo segreto della casa? Gutiérrez non ha risposte a così tante domande. Per questo nemmeno le formula, se le pone soltanto, e se le pone esclusivamente quando guarda le foto. Gutiérrez confida che con il tempo nemmeno se le porrà più. Gutiérrez continuerà a guardare le foto, ovviamente, ma smetterà di farsi queste stupide domande, domande che non hanno nemmeno risposta. Le foto che Gutiérrez custodisce non sono, salta agli occhi, foto di famiglia. Gutiérrez preferisce non parlare della sua famiglia. Come si è opportunamente detto, non si sa con certezza se Gutiérrez sia figlio unico o se, al contrario, sia un ulteriore anello in una catena di fratelli e sorelle. Non si sa neanche se Gutiérrez abbia cugini o cugine, zii o zie, e il resto di parenti che danno vita, ragion d’essere, a una famiglia. La famiglia di Gutiérrez,
84
VICENTE BATTISTA
nel caso abbia o abbia avuto una volta una famiglia, non c’è nelle foto che Gutiérrez gelosamente conserva in un luogo segreto della casa. Gutiérrez non custodisce neanche foto di amici, di vecchie fidanzate o di presunte amanti. Questo è comprensibile, dato che non si può dire che Gutiérrez abbia amici, vecchie fidanzate o presunte amanti. Siccome però ogni regola ha la sua eccezione, esiste una foto che infrange la regola di Gutiérrez. È una foto in cui si vede Ivana che ride. Ivana che ride, la intitolò Gutiérrez e la conservò in un album. Ovviamente, non ricorda in quale. Perché dentro un album si trova quest’unica foto di Ivana? Si deve tutto a una notizia letta da Gutiérrez una notte mentre navigava in rete. Gutiérrez lesse che alcuni scienziati dell’Università della California avevano scoperto che il senso dell’umorismo e la capacità di ridere erano localizzate in una piccola regione di appena due centimetri quadrati, nella circonvoluzione sinistra frontale superiore del cervello. Sempre quella notte, Gutiérrez scoprì che dal punto di vista muscolare, sorridere implica meno sforzo di aggrottare le sopracciglia. Per sorridere, seppe, si mettono in movimento diciassette muscoli; mentre per aggrottare le sopracciglia, è necessario attivarne quarantatré. Per questi strani capricci della mente, quella notte Gutiérrez ricordò la foto di Ivana che ride (ancora non si chiamava Ivana che ride). Sapeva di averla conservata in uno dei cassetti della scrivania e la cercò senza tregua. Grazie a quanto aveva letto in rete, quella notte Gutiérrez capì che nel momento in cui le scattavano la foto, Ivana metteva in azione diciassette muscoli del viso. Scoprire che Ivana aveva realizzato un simile sforzo solo per ridere a qualcosa che aveva detto Gutiérrez, aveva emozionato Gutiérrez. Gutiérrez non ricorda né il giorno né il luogo né l’istante preciso in cui Ivana muoveva i diciassette muscoli del viso. Però conservò la foto nell’album, a testimonianza di quel momento.
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
85
Anche le altre foto fungono da testimonianza. Fatta eccezione per quella di Ivana, però, tutte testimoniano un tempo che non appartiene a Gutiérrez. Sono foto scattate prima che Gutiérrez nascesse. Quando fecero quelle foto, Gutiérrez non esisteva. Forse non era nemmeno stato pensato da quelli che sarebbero stati i suoi genitori. Si potrebbe persino affermare che all’epoca di quelle foto quelli che sarebbero stati i suoi genitori ancora non si conoscevano. Ovviamente, quest’affermazione è solo una mera congettura. Nasce dal conteggio degli anni in cui furono scattate quelle foto e dall’età che, si suppone, abbiano avuto in quegli anni i futuri genitori di Gutiérrez. Per averne conferma, bisognerebbe domandarlo a Gutiérrez. Siccome però Gutiérrez non parla mai dei suoi genitori, bisognerà accontentarsi di questa mera congettura. Non bisogna neanche preoccuparsi troppo: oltre ad avergli dato l’essere (che non è poco), i genitori di Gutiérrez non sembrano aver avuto una grande incidenza sulla vita del figlio. Non si vedono riflessi in nessuno dei molti libri scritti da Gutiérrez. Si potrebbe argomentare che questi sono libri redatti su commissione, mentre qualcosa di ben diverso succederà nel romanzo autentico che Gutiérrez si propone di scrivere. Persino i genitori di Gutiérrez potrebbero partecipare in un modo o nell’altro al romanzo segreto che Gutiérrez sta scrivendo. Anche questa è una mera congettura, visto che Gutiérrez non fornisce la minima informazione su questo romanzo segreto. Gutiérrez non è molto esplicito nemmeno in merito al romanzo autentico che pensa di scrivere. Per cui risulta impossibile affermare se i genitori di Gutiérrez appariranno mai come personaggi o se saranno condannati all’anonimato, come le creature delle numerose foto che Gutiérrez conserva in un luogo segreto della sua casa. Foto che i correttori non potranno mai correggere. Questa cosa tranquillizza Gutiérrez.
XI
Gutiérrez è indeciso tra Margaret e Dolores. Sono anni che Gutiérrez se la spassa con Margaret. Tuttavia, lo slancio non offusca la ragione a Gutiérrez: sin dal primo giorno in cui ha spogliato Margaret, sin dalla prima volta in cui se la spassò con Margaret, Gutiérrez sapeva che Margaret era un nome falso. Un nome inventato dagli ideatori del prodotto. In più di un’occasione, Gutiérrez si è domandato quale potesse essere il vero nome di Margaret. Ciò malgrado, non l’ha mai chiamata diversamente, non le ha mai inventato un altro nome. Gutiérrez preferisce continuare a utilizzare quello scelto dagli ideatori del CD-ROM. Sin dalla prima volta in cui ha caricato The woman from 42nd St. nel suo computer, Gutiérrez ha accettato che quella donna della quarantaduesima strada si chiamasse Margaret. Così diceva il manuale delle istruzioni, e Gutiérrez non ama trasgredire le norme stabilite. Gutiérrez gode con Margaret come se realmente Margaret si chiamasse Margaret. Anche la relazione con Dolores si fonda sulla menzogna. Per navigare in internet, Gutiérrez si cala nei panni di Conan. Dolores chatta con Conan il Barbaro, Conan il Magnifico, Conan il Conquistatore. Dolores non ha la minima idea di chi sia Gutiérrez. È comune l’uso di nomi falsi per chattare. Sicuramente, Dolores non è il vero nome di Dolores. Cosa c’è di vero in mezzo a tante menzogne? Questa è una domanda che turba Gutiérrez. Forse di vero c’è solo Conan. Quale Conan però? Quello scritto da Robert E. Howard, quello disegnato nel fumetto o quello che compare nel film? Conan è solito doman-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
87
darsi qual è il Conan che sceglie Dolores. Conan, invece, non ha avuto problemi con Dolores. Sin dal primo giorno in cui l’ha incontrata su internet, ha deciso che sarebbe stata identica a Nuestra Señora de los Dolores. Avrebbe avuto gli occhi di Nuestra Señora de los Dolores, occhi oltre il cielo e la terra; e avrebbe avuto le labbra di Nuestra Señora de los Dolores, che si offrono socchiuse, in un’espressione confusa d’incomprensione, dolore e piacere. La Dolores che chatta con Conan è identica alla Vergine che Gutiérrez ha visto in semanasanta.andal.es, la pagina internet che mostra l’immagine di Nuestra Señora de los Dolores così come può essere vista nella chiesa di Siviglia. Così è la Dolores che vede Conan. Oggi Gutiérrez decide di chattare con Dolores, per cui cessa subito di essere Gutiérrez per trasformarsi in Conan il Guerriero. Il Conquistatore di Cimmeria fa il suo ingresso in internet e si lancia alla ricerca dei suoi amici. Trova Beto, Jordi, Killer e Paloma, ma non trova Dolores. Ciao, amici, Conan è arrivato, scrive Conan e riceve subito il benvenuto di Beto, Jordi, Killer e Paloma. Salve, conquistatore! scrive Beto. Ciao, Conan! scrive Jordi. Ti aspettavamo! scrive Killer. Benvenuto! scrive Paloma. Non compare però una sola parola di Dolores. Beto chiede a Conan delle sue ultime conquiste. Conan afferma di non aver annesso nuovi territori al suo regno. Jordi vuole sapere di un film finlandese, ma nessuno lo ha visto. Paloma dice qualcosa su Machu Picchu e, per un bel po’, tutti parlano della città inca. Dolores è ancora assente. Conan calcola che è il momento di chiedere di lei, non c’è nulla di strano se all’improvviso chiede: Che si sa di Dolores? Si tratta di una domanda ingenua, è inutile cercarvi doppi fini. Se di colpo mancasse Beto, Conan chiederebbe ugualmente: Che si sa di Beto? E lo stesso se mancassero Jordi, Killer o Paloma. Conan chiederebbe: Che si sa di Jordi, Killer o Paloma? Anche se sono amici virtuali, sebbene non si sappia realmente
88
VICENTE BATTISTA
chi siano e da dove vengano, anche nel cyberspazio l’assenza di un amico preoccupa. Motivo per cui Conan chiede: Che si sa di Dolores? La prima risposta è di Beto. BETO: Non ne ho la minima idea, sono giorni che non si fa vedere. Prima che Conan possa dire qualcosa, si vedono le parole di Killer. KILLER: Non ne sappiamo nulla, è scomparsa all’improvviso. Le parole di Killer suonano lugubri. Per fortuna, interviene Paloma. PALOMA: Sarà andata in vacanza in montagna. Conan è sicuro che Paloma vuole attaccarlo, farlo ingelosire, forse? A nessuno passa per la testa che un eroe dell’Era Hyboriana possa essere geloso. Tuttavia, Conan in questo momento è geloso. Immagina Dolores con un uomo in montagna ed è geloso. Su un sentimento tanto ridicolo prevale però la sua condizione di soldato, di guerriero forgiato da mille battaglie. Poi ci racconterà com’è andata, scrive Conan, e pensa che così metterà fine all’argomento. Si sbaglia. Sullo schermo compaiono le parole di Beto. BETO: Credo che Dolores l’abbiamo persa per sempre. Conan rabbrividisce. Se questa frase l’avesse scritta Killer, Conan non avrebbe provato nulla. È naturale che Killer scriva cose simili. È Beto, però, ad aver appena scritto l’abbiamo persa per sempre e Beto non è tipo da scrivere cose del genere. Conan supera immediatamente la scossa. È proprio dell’indole eroica non cadere mai. Tornerà, scrive Conan, e sa che in momenti come questo un ghigno complice può dire più di mille parole; dopo “Tornerà”, Conan aggiunge ;-). L’effetto dello smiley si avverte immediatamente. Beto compare di nuovo sullo schermo. BETO: Tornerà, Conquistatore.
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
89
Subito Killer e poi Jordi. KILLER: Presto l’avremo con noi. JORDI: Tornerà. Conan non vede una sola parola di Paloma. È naturale che Paloma abbia scelto il silenzio; in definitiva: chi tace acconsente. Ancora una volta, Conan sente di aver trionfato. A partire da questo momento non resta che aspettare. Ora Beto, Jordi, Killer e Conan parlano di un virus di nome Matrix che, a quanto dicono, causa disastri. Persino Paloma partecipa alla chiacchierata. Nessuno nomina Dolores ed è meglio così: su Dolores è già stato detto tutto quello che c’era da dire. Paloma e Killer scrivono |-). È ora di salutarsi. Ognuno lo fa a modo suo. Alla prossima, scrive Conan e confida che in questa prossima troverà Dolores. Quest’ultima cosa non la scrive, la pensa, per cui nessuno se ne accorge; nel cyberspazio importa solo ciò che è scritto. Gutiérrez si è tolto i panni di Conan; tuttavia, non riesce a togliersi Dolores dalla testa. Al di là delle parole d’incoraggiamento dei suoi amici, Gutiérrez è sicuro di averla persa per sempre. Ma chi l’ha persa: Gutiérrez o Conan? Gutiérrez non ha motivo di soffrire per le perdite di Conan. Hyde si intromette nella vita di Jekill e scoppia lo scandalo. Nel caso di Gutiérrez, lo scandalo è cominciato da tempo. Gutiérrez credeva di poterlo controllare e ora si accorge che non è possibile. Da quanto tempo? Non si può precisare la data. Si sa solo che un pomeriggio Gutiérrez ha cominciato a fantasticare su Dolores. Non Conan, che sarebbe una cosa normale, ma Gutiérrez. Era Gutiérrez a fantasticare su Dolores. Le fantasie non avvenivano nell’Era Hyboriana. Avvenivano in questo secolo, ora e qui. A Gutiérrez sembrò naturale: era Gutiérrez e non Conan ad aver visto quella pagina su internet. Era Gutiérrez ad aver visto la Vergine. Tuttavia, non si può dire che le fantasie di Gutiérrez
90
VICENTE BATTISTA
su Dolores fossero verginali. A volte si trattava di una semplice cena, una fondue di formaggio, ad esempio, a lume di candela, in un ristorante appartato. Dolores quella sera raccontava a Gutiérrez cose della sua vita mai raccontate prima. A volte Gutiérrez e Dolores andavano al cinema e si prendevano semplicemente per mano. A volte però, la maggior parte delle volte, Gutiérrez e Dolores andavano in un albergo a ore. Lì ripetevano le azioni di una coppia in un albergo a ore; non è il caso di raccontarne i dettagli. Per le sue fantasie sessuali, Gutiérrez immaginava sistematicamente un albergo a ore; sempre lo stesso albergo a ore. Gutiérrez non ha mai portato Dolores nel suo appartamento. Non è mai andato a letto con lei nel suo appartamento. Perché Gutiérrez non portava Dolores nel suo appartamento nemmeno nelle fantasie più sfrenate? Le ragioni possono essere molteplici. Ad esempio, Gutiérrez non voleva essere sorpreso dalla vicina del 2°C, una curiosa senza speranza, capace di intromettersi nelle fantasie di chiunque. Un’altra possibilità era evitare di essere scoperto da Ivana. Gutiérrez era fidanzato con Ivana quando cominciò a fantasticare su Dolores. Era fidanzato con Ivana e, tuttavia, Gutiérrez non ha mai avuto la sensazione di tradire Ivana quando fantasticava su Dolores. Sentiva invece che Dolores tradiva Conan. Questa cosa rendeva felice Gutiérrez. Perché lo rendeva felice? Bisognerebbe chiederlo a Gutiérrez. Ora Gutiérrez non è felice. Sa di aver perso Dolores. Elaborare una perdita virtuale è più duro e penoso che elaborare una perdita reale. Dolores forse non è mai esistita. Quella Dolores che chattava con Conan e sulla quale Gutiérrez fantasticava avrebbe potuto essere l’invenzione di un ragazzino ingegnoso o di un vecchio disperato. Un vecchio che soffre di una malattia terminale. Diciamo un vecchio, annoiato e sporco, che per ammazzare il tempo, il poco tempo che gli rimane, decide di
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
91
prendere in giro Beto, Paloma, Jordi, Killer e Conan. Dice a tutti di chiamarsi Dolores e tutti gli credono. Per cui Dolores non sarebbe quella ragazza dalle labbra socchiuse, immaginate da Conan e sulla quale fantastica Gutiérrez. Dolores è in realtà un povero vecchio che non controlla neanche gli sfinteri. Un vecchio che in mancanza d’altro si intrattiene navigando in internet e di tanto in tanto chatta con Beto, con Paloma, con Jordi, con Killer e con Conan. Così stanno le cose nel cyberspazio. Gutiérrez pensa che quel vecchio bugiardo sia morto, per cui Dolores si sarà persa per sempre. Una volta Gutiérrez ha letto che solo ciò che non si è realmente posseduto si perde. È impossibile per Gutiérrez perdere Dolores perché Gutiérrez ha posseduto Dolores una volta. L’ha posseduta nelle sue fantasie, ancora la possiede. Si tratta solo di saperla cercare. Gutiérrez è disposto a tornare nel cyberspazio, ma non sotto le vesti di Conan. Sa che Dolores non c’è per Conan, così come non c’è per Beto, per Paloma, per Jordi né per Killer. Ma il cyberspazio è infinito. Dolores può esserci per il nuovo nome che sceglierà Gutiérrez. Peter Pan, ad esempio, o Robin Hood o Sandokan. Con uno qualsiasi di questi nomi, Gutiérrez tornerà nel cyberspazio e da lì potrà chiamare Dolores, fino a quando Dolores non comparirà. Chi gli garantirà però che sia quella la Dolores di Gutiérrez? In definitiva, a reclamare Dolores sarà Peter Pan, Robin Hood o Sandokan. Ci sarà una Dolores per ognuno di loro. Una Dolores per Peter Pan, un’altra Dolores per Robin Hood, un’altra Dolores per Sandokan. Il problema è questo. Proprio in questo istante, quando è sul punto di tornare nel cyberspazio, Gutiérrez risolve il problema. La soluzione arriva all’improvviso, come la mela che cade dall’albero davanti a Newton o l’acqua che fuoriesce dalla vasca da bagno di Archimede. Eureka! È sul punto di gridare Gutiérrez. È stato tutto frutto di un errore iniziale. Gutiérrez ha sbagliato prospettiva.
92
VICENTE BATTISTA
Ha fantasticato su una donna che non gli apparteneva. Trascinato dalla passione, Gutiérrez ha dimenticato una norma che da sempre governa la sua vita: ogni cosa al suo posto e un posto per ogni cosa. Una dimenticanza di questo calibro in genere si paga cara. La felicità è il prezzo. Gutiérrez ha appena risolto il problema, ma non si può dire che in questo momento Gutiérrez sia un uomo felice. Ma come si misura la felicità? Gutiérrez ricorda di aver scritto un libro, Essere felice, si chiamava. Non era un volume di autoaiuto ma un testo per la collana Il Sapere Scientifico, una collana durata poco. Lì Gutiérrez spiegava la teoria proposta da certi ricercatori dell’Università di Washington, di St. Louis, negli Stati Uniti d’America. Secondo questi scienziati, essere felici o meno era una pura questione genetica. Allo stesso modo in cui certi geni sono la causa dell’obesità, della violenza o della follia, un gruppo di geni si sarebbe anche occupato di governare la felicità dell’individuo. Sulla base di questa proposta, non si potrebbe fare nulla per l’infelicità patita ora da Gutiérrez. Si tratterebbe di una questione genetica, come la sua miopia. Gutiérrez però sa che non è così. Gutiérrez ricorda di aver letto una nuova teoria sulla felicità. Non ricorda se l’ha letta in un giornale o in una rivista. L’articolo faceva riferimento alla conclusione alla quale era giunto un gruppo di dottori dell’Università del Minnesota. Dopo uno studio minuzioso, gli scienziati del Minnesota avevano stabilito che la felicità totale non esiste. Tuttavia, non bisogna disperare. Secondo questi ricercatori, tutti gli esseri della Terra, Gutiérrez compreso, hanno momenti di felicità. Per sapere se una creatura sia realmente felice, basterebbe sommare i momenti di felicità di questa creatura durante l’anno. Se il risultato di questa somma fosse uguale o superiore a un certo numero chiave, questa creatura sarebbe felice. Nel caso in cui la somma desse un risultato in-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
93
feriore a tale numero chiave, questa creatura sarebbe irrimediabilmente infelice. Il numero chiave è di tre cifre. Non è un capriccio, ma il risultato, razionale e logico, delle ricerche realizzate dagli scienziati dell’Università del Minnesota. Il numero non fa differenza di sesso, vale tanto per l’uomo quanto per la donna. Gutiérrez ha avuto i suoi momenti di felicità durante l’anno; deve solo sommarli. Non serve a niente sommarli però. Gutiérrez non ricorda quale sia il numero chiave, il numero che stabilisce se è felice o meno. Gutiérrez conserva sempre questo tipo di notizie, ritaglia gli articoli e li raccoglie in posti diversi. Gutiérrez ricorda di aver ritagliato quest’articolo, ma non ricorda dove l’ha messo. Gutiérrez si prepara a cercare fra le sue carte. Fino a quando non troverà quel numero di tre cifre, Gutiérrez non saprà se è un uomo felice. Dovrà accettare questa sfortuna che ora lo affligge. Gutiérrez va verso il cubo di legno che assolve la funzione di comodino. Apre il recipiente delle pasticche notturne, ne tira fuori una e se la mette sulla lingua. Gutiérrez si fa scivolare la pasticca blu in gola. Non è facile raggiungere la felicità.
XII
“Kid Warsen cavalca di nuovo.” Gutiérrez lo ha appena appuntato nel block-notes che tiene accanto alla tastiera del computer. Gutiérrez pensa possa essere un titolo magnifico. Tuttavia, non lo suggerirà a Marabini. Gutiérrez sa che non ne vale la pena. I correttori si occupano anche del titolo; lo considerano parte del testo. I correttori scelgono il titolo definitivo. Così è stabilito. Gutiérrez non se ne preoccupa più del dovuto. Si tratta di libri scritti su commissione, libri che invece di mostrare il nome di Gutiérrez in copertina, nel frontespizio e sulle testatine di pagina, propongono uno dei tanti pseudonimi usati da Gutiérrez. Il vero nome di Gutiérrez apparirà a chiare e grandi lettere nel romanzo autentico che Gutiérrez pensa di scrivere. Quale sarà il titolo di quel romanzo? Questa è una domanda che Requejo ripete a Gutiérrez le volte in cui si incontrano casualmente in strada o in qualche libreria o in un negozio qualsiasi. Non ha ancora un titolo, dice Gutiérrez. Strano, dice Requejo, il titolo è la prima cosa che ti viene in mente non appena cominci a scrivere un romanzo. Non sempre, dice Gutiérrez. Sempre, afferma Requejo. Gutiérrez, poco amante delle discussioni, accetta il sempre. Tuttavia, il dibattito non finisce qui. Il titolo è un elemento essenziale in ogni grande romanzo, dice Requejo. Non sempre, dice Gutiérrez. Sempre, afferma Requejo. Gutiérrez, malgrado sia poco amante delle discussioni, non accetta quest’ultima affermazione. Se fosse così, dice Gutiérrez, cosa ne sarebbe stato di Don Chisciotte della Mancia, di Guerra e pace o di Madame Bovary? Io parlavo di gran-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
95
di romanzi, dice Requejo. Gutiérrez capisce che non vale la pena continuare a discutere, fa un gesto d’approvazione che non significa niente e si accinge a parlare di un’altra cosa. Requejo però insiste. Io so perché il tuo romanzo non ha un titolo, dice Requejo. Perché ancora non me n’è venuto in mente nessuno, dice Gutiérrez. Poco importa il titolo che ti verrà in mente, dice Requejo, anche il titolo è nelle mani dei correttori. Questa affermazione indigna Gutiérrez. Non in questo caso, dice Gutiérrez, indignato. In tutti i casi, assicura Requejo. Gutiérrez nega muovendo la testa da sinistra a destra e da destra a sinistra, in un’espressione che intende essere sarcastica e indolente. Un’espressione che non coincide per niente con la vera preoccupazione di Gutiérrez. Questa è la vera preoccupazione di Gutiérrez: Cosa succederà il giorno in cui porterà a Marabini l’originale del suo romanzo autentico? Gutiérrez potrà scegliere il titolo o il titolo sarà nelle mani dei correttori? Sono domande a cui Gutiérrez non osa dare una risposta. Forse per questo motivo ora Gutiérrez abbandona le avventure di Kid Warsen e in modo quasi febbrile (atteggiamento insolito in Gutiérrez) appunta alcuni titoli possibili per il suo romanzo autentico. Li appunta nel block-notes che tiene accanto alla tastiera del computer. Si tratta di un block-notes per la brutta copia, per cui bisognerà assumere che questi titoli siano appena dei semplici abbozzi; parole senza importanza. Senza importanza al punto che Gutiérrez non li salva nemmeno nel disco rigido del suo computer. A causa di queste riflessioni Gutiérrez ha finito per mischiare le cose. Gutiérrez non sopporta i miscugli. Fino a un momento fa era tutto preso da Kid Warsen, lo aveva fatto entrare nel saloon con quell’aria tra l’attaccabrighe e il cinico che caratterizza il suo eroe. Gutiérrez aveva cominciato il dialogo che Kid Warsen avrebbe sostenuto con Ralph Techer, un baro
96
VICENTE BATTISTA
da quattro soldi, distrutto dalla tubercolosi e dall’alcol. “A volte è solo un colpo di fortuna” stava dicendo Kid Warsen quando d’un tratto a Gutiérrez è venuto in mente un titolo possibile. “Kid Warsen cavalca di nuovo” ha appuntato nel suo blocknotes che tiene accanto alla tastiera del computer. Anziché tornare al dialogo di Kid Warsen, a quello che Ralph Techer avrebbe risposto a Kid Warsen, Gutiérrez pensò che “Kid Warsen cavalca di nuovo” era un titolo magnifico. Pensò anche che non lo avrebbe suggerito a Marabini. Un pensiero tira l’altro e di colpo Gutiérrez smise di pensare a Kid Warsen, a quello che Ralph Techer avrebbe risposto a Kid Warsen, e si mise a pensare al romanzo autentico, al titolo del romanzo autentico che Gutiérrez ha in progetto di scrivere. Le cose si mischiarono irrimediabilmente. Gutiérrez, che non sopporta i miscugli, in casi come questi arresta la marcia, abbandona per un attimo quello che sta scrivendo e sceglie di fare qualcosa lontano dalla letteratura. Ad esempio guardare l’orologio. Mancano quindici minuti alle tre del pomeriggio. Gutiérrez potrebbe entrare in internet, navigare un po’ per la rete e chattare con i suoi amici, con Beto e Killer, con Paloma e Jordi. Potrebbe persino verificare se finalmente Dolores è tornata. Gutiérrez capisce che alle tre del pomeriggio non è l’ora migliore per indossare le vesti di Conan il Barbaro. Non ha neanche voglia di amoreggiare con Margaret. Quindi opta per qualcosa di più sano e sportivo. Gutiérrez salva quanto scritto, spegne il computer e a passo spedito si dirige verso la stanza da letto. Cerca nell’armadio la sua tuta blu e le scarpe da ginnastica dello stesso colore. Si toglie le scarpe, i pantaloni e la camicia e si mette la tuta (ha deciso di lasciarsi i calzini: sono blu e non stonano con il resto), si infila le scarpe da ginnastica e si incammina verso la strada. Gutiérrez farà un giro completo dell’isolato. È l’esercizio che Gutiérrez è abituato a compiere in momenti co-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
97
me questo, quando si mischia tutto, senza motivo e contro la sua volontà. Gutiérrez chiude a chiave con doppia mandata la porta del suo appartamento, poi cammina per il pianerottolo, più che camminare trotterella, come per scaldarsi. Gutiérrez sa che l’occhio in allerta della vicina del 2°C lo seguirà fino in fondo alla tromba delle scale. Gutiérrez si perderà per la tromba delle scale e la vicina del 2°C non avrà più motivo di continuare a controllare. Ora Gutiérrez si trova davanti al portone del palazzo. Nessuno sembra accorgersi di Gutiérrez. C’è pochissima gente per strada; un’assenza logica, visto il giorno e l’ora. È un giorno feriale e sono le tre e un quarto passate del pomeriggio. A Gutiérrez non importa molto se ci sia o meno qualcuno. Fa qualche esercizio di allungamento per braccia e gambe ed è pronto a iniziare la sua camminata salutare-sportiva. Gira a sinistra e si mette in marcia. Gutiérrez esegue questa camminata da sinistra verso destra, allo stesso modo in cui si muovono le lancette dell’orologio. Questo particolare non è un mero capriccio. Un paio di anni fa, Gutiérrez ha scritto alcuni libri per la collana Paesi del Mondo, una collana che ebbe vita breve e che, come sta a indicare il nome, comprende volumi destinati a dare informazioni sui diversi paesi del mondo. La Svezia è stato uno dei paesi toccati a Gutiérrez. Il libro si chiamava Il miracolo svedese o La Svezia e il miracolo economico. Gutiérrez non lo ricorda di preciso, ma ricorda che la parola “miracolo” si trovava nel titolo e doveva necessariamente esserci la parola “Svezia” o la parola “svedese”. In quell’occasione, come in tutte le altre occasioni, Marabini fornì a Gutiérrez abbondante materiale informativo. Gutiérrez, che nutre speciale simpatia per i paesi nordici, lesse e appuntò tutto quanto gli sembrò opportuno per la buona riuscita del libro. Gutiérrez scoprì che gli svedesi hanno un modo caratteristico di passeggiare per gli spazi
98
VICENTE BATTISTA
pubblici: lo fanno invariabilmente da sinistra verso destra, seguendo il corso delle lancette dell’orologio. Non importa se si tratta di una piazza o di un parco nazionale. Per percorrere quella piazza o quel parco nazionale, gli svedesi iniziano sempre la loro marcia da sinistra e la terminano sempre a destra. Non esiste nessuna legge che lo decreti, ma si fa così e non c’è nessuno che lo metta in discussione. Gli svedesi hanno l’abitudine di rispettare le tradizioni. Leggendo il materiale fornitogli da Marabini, Gutiérrez seppe anche che la Svezia è un paese ben organizzato: chi lo governa, qualsiasi sia il suo orientamento politico, non lascia nulla in mano al caso. A partire da quelle letture, l’ammirazione di Gutiérrez per la Svezia crebbe notevolmente. All’epoca in cui scrisse Il miracolo svedese o La Svezia e il miracolo economico, Gutiérrez aveva cominciato a fare le sue camminate salutari-sportive. Fino a quel momento non aveva nessun canone prestabilito per eseguirle. Delle volte Gutiérrez girava a destra; altre volte girava a sinistra. Lo stesso giorno in cui venne a conoscenza dell’usanza svedese però, Gutiérrez decise di adottare la modalità nordica per fare le sue camminate salutari-sportive. Da allora, le realizza invariabilmente da sinistra verso destra. Gutiérrez fa il giro dell’isolato seguendo il corso delle lancette dell’orologio. Non ha ceduto neanche una volta. A cosa si deve una tale ostinazione? Gutiérrez si sente un suddito del regno di Svezia e questo non gli dispiace. È un sentimento intimo. Non l’ha mai raccontato a Ivana; non l’ha raccontato neanche a Requejo. Le camminate salutari-sportive potrebbero benissimo confondersi con le camminate che Gutiérrez porta a termine ogni quindici giorni intorno all’isolato della casa editrice. Tuttavia, sono ben diverse. Gutiérrez cammina intorno all’isolato della casa editrice con il proposito di risolvere un enigma:
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
99
scoprire la tana dei correttori. Le camminate salutari-sportive, invece, Gutiérrez le realizza esclusivamente per motivi di salute; solo quando gli si mischiano le cose e i pensieri. Non è possibile precisare quando si producano questi miscugli. Possono verificarsi due o tre casi in una settimana o può passare più di un mese senza che succeda niente. Non bisogna confondere le camminate. Gutiérrez non le confonde. Ora si è lasciato dietro il primo incrocio e si accinge ad avanzare per un isolato quasi deserto. Tutto sta a indicare che questa camminata salutare-sportiva sarà identica a quelle precedenti. Tuttavia, non è così. Verso la metà dell’isolato deserto che Gutiérrez si accinge a percorrere c’è un uomo solitario dall’aria familiare. Si tratta di quell’uomo con la testa china che giorni addietro si trovava davanti a Gutiérrez nella fila per salire sull’autobus. Come in quell’occasione, l’uomo solitario ha la testa china. Dà le spalle alla strada e guarda la parete. Sebbene non sia corretto dire “guarda la parete”. L’uomo ha la testa china, per cui in ogni caso starebbe guardando a terra. Questo, ovviamente, se l’uomo dalla testa china avesse gli occhi aperti. Dettaglio non facile da appurare da dove si trova Gutiérrez. Gutiérrez si trova a poco più di cinquanta metri dall’uomo solitario dalla testa china. Coincidenze, pensa Gutiérrez e avanza a passo deciso. Ora Gutiérrez passa accanto all’uomo solitario dalla testa china. Gutiérrez lo guarda di sghembo, per cui non riesce a distinguere se l’uomo solitario dalla testa china abbia o no gli occhi aperti. Dal canto suo, l’uomo solitario dalla testa china sembra non aver avvertito la presenza di Gutiérrez, perché è nella stessa posizione di quando Gutiérrez ha girato l’angolo: con la testa china, di spalle alla strada e guarda a terra; nel caso in cui avesse gli occhi aperti. Gutiérrez è passato accanto all’uomo solitario dalla testa china e prosegue la mar-
100
VICENTE BATTISTA
cia a passo veloce. Gutiérrez pensa di continuare così fino al prossimo incrocio, senza girarsi neanche una volta. Gutiérrez mantiene la sua promessa. Se si fosse girato, anche una sola volta, avrebbe visto che l’uomo solitario non aveva più la testa china, avrebbe visto come l’uomo solitario aveva alzato la testa e avrebbe visto come l’uomo solitario camminava, a passo lento e tranquillo, in direzione opposta a Gutiérrez. Gutiérrez è arrivato all’altro incrocio e inizia a percorrere il nuovo isolato. Coincidenze, pensa di nuovo Gutiérrez. È naturale rincontrarsi con uno sconosciuto. Succede di continuo e non c’è di che o perché preoccuparsi. Tuttavia, Gutiérrez è preoccupato. Quell’uomo solitario dalla testa china potrebbe benissimo essere una spia, qualcuno incaricato di seguire i passi di Gutiérrez. Gutiérrez pensa che è una sciocchezza pensare una cosa simile. Se qualcuno volesse spiarlo, cercherebbe di non farsi notare, e l’uomo solitario dalla testa china non fa il minimo sforzo per passare inosservato. Gutiérrez pensa che l’uomo solitario dalla testa china potrebbe essere un personaggio interessante per qualche romanzo futuro. Non per una storia di spionaggio; neanche per un romanzo giallo, ma potrebbe tornare utile per qualche romanzo dal taglio drammatico. Gutiérrez pensa al vecchio tema della bella e la bestia. L’uomo solitario dalla testa china sarebbe la bestia che soffre inconsolabilmente perché sa che non otterrà mai i favori della bella. Gutiérrez sa quanto questo tipo di storie entusiasmi il grande pubblico. Gutiérrez ha terminato la sua camminata salutare-sportiva. È nuovamente sul portone di casa. Sale a piedi i due piani di scale. Sa che non appena comincerà a camminare per il pianerottolo, i suoi passi saranno seguiti dall’occhio attento della vicina del 2°C. Questo dettaglio non lo preoccupa più del dovuto. Grazie alla camminata salutare-sportiva, Gutiérrez ha riordi-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
101
nato le idee. Sono spariti quei miscugli che tanto lo infastidivano. Ora gli interessa solo continuare le avventure di Kid Warsen. Gutiérrez entra nel suo appartamento. Si versa un meritato bicchiere di latte e accende il computer. Apre sullo schermo Kid Warsen e cerca il dialogo sospeso. “A volte è solo un colpo di fortuna” stava dicendo Kid Warsen. “Non sempre è un colpo di fortuna” fa dire Gutiérrez a Ralph Techer. L’avventura continua.
XIII
Oggi è lunedì e Gutiérrez ha appena messo il punto finale a una nuova avventura di Kid Warsen. In realtà, il punto finale lo ha messo ieri: domenica. Quasi alle dodici della notte di domenica, Gutiérrez ha salvato la nuova avventura di Kid Warsen. L’ha salvata con il nome “Warsen.doc”. Ormai il titolo “Kid Warsen cavalca di nuovo” era finito definitivamente nel dimenticatoio. Così, sotto “Warsen.doc”, Gutiérrez ha salvato il testo nella cartella LAVORI. Un altro libro terminato. Sebbene sarà realmente terminato dopo il passaggio di Kid Warsen per i correttori. I correttori hanno l’ultima parola, sono gli unici autorizzati a modificare la storia. Si dice emendino innumerevoli testi al giorno. C’è chi assicura facciano unicamente quello, e che lo facciano senza tregua per ventiquattro ore. Queste però sono solo supposizioni; la gente, com’è ben noto, parla tanto per parlare. Domenica Gutiérrez ha lavorato fino a mezzanotte. La domenica è il settimo giorno della settimana. Un giorno sacro. Fu il giorno in cui il Dio della Bibbia “si riposò da tutta l’opera che aveva creato e fatto”. Gutiérrez, il quale si sente un creatore anche lui (sebbene non della magnificenza di Dio), non ha un giorno prefissato per riposarsi. Per Gutiérrez è uguale riposare un martedì, un venerdì o una domenica. Sarebbe un errore pensare che Gutiérrez, alla maniera degli antichi viandanti, riposi laddove lo sorprenda la notte. Niente affatto. Sono i libri che Gutiérrez scrive a organizzare in qualche modo il giorno di riposo di Gutiérrez. I dischetti devono essere consegnati un
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
103
giorno prestabilito e a un’ora precisa. Marabini non ammette dilazioni. Non si può arrestare la formidabile industria editoriale solo per un giorno di riposo di uno dei suoi ghost-writer. Gutiérrez ne è consapevole. Finora non ha ritardato un solo giorno e non ritarderà mai. Tutti i lunedì, invariabilmente, Gutiérrez bussa con due leggeri colpetti alla porta dell’ufficio di Marabini, attende l’ordine di entrare da Marabini e consegna a Marabini il dischetto con la prima parte o con la seconda e ultima parte del libro, dipende dal giorno. Una simile armonia è possibile solo in persone molto responsabili e molto equilibrate. Gutiérrez può essere catalogato tra queste persone. Niente a che vedere con un autentico creatore, dice Requejo le volte in cui si incontrano casualmente in strada o in qualche libreria o in un negozio qualsiasi e discutono della creazione e dell’ordine. Requejo assicura che ogni creatore ha qualcosa del bohémien, fornisce un’infinità di esempi, che non vale la pena ripetere ora, e propone il disordine creativo. Gutiérrez non è d’accordo con questa affermazione. Per confutarla, cita la Genesi. Gutiérrez parla dei giorni ordinati e precisi che si prese Yahweh per creare i cieli, la terra e tutto il firmamento. Ma se tu sei agnostico, dice Requejo. Una cosa non ha niente a che vedere con l’altra, dice Gutiérrez. Requejo dice di sì, ha a che vedere. Allora Gutiérrez fa riferimento al rigoroso ordine dell’universo. Che mi dici al riguardo? domanda Gutiérrez a Requejo e, sebbene sembri insolito, Requejo non ha una risposta a questa domanda di Gutiérrez. Motivo per cui la discussione termina lì. Per Gutiérrez, di conseguenza, la domenica non è un giorno sacro, è un giorno come qualsiasi altro. Non deve sorprendere, allora, che Gutiérrez abbia consacrato quasi l’intera domenica a Kid Warsen. Gutiérrez si è allontanato dal computer in tre occasioni. La prima, con il solo proposito di pranzare.
104
VICENTE BATTISTA
Siccome era domenica, Gutiérrez ha optato per un piatto di pasta al burro. La seconda, con il solo proposito di fare merenda. In questo caso, Gutiérrez ha scelto una camomilla e due cracker senza sale. La terza, con il solo proposito di cenare. È stata una cena frugale: Gutiérrez si è riscaldato la pasta avanzata dal pranzo, come dessert ha mangiato una pera. Durante il pranzo, Gutiérrez ha bevuto latte; durante la cena, acqua. Mentre mangiava il dolce, a Gutiérrez saltò in mente di calarsi nelle vesti di Conan il Magnifico. Gutiérrez pensò che Dolores non ci sarebbe stata nel cyberspazio e abbandonò l’idea. Gutiérrez spense il computer, prese la sua pasticca blu e se ne andò a dormire. Un buon riposo dà i suoi frutti. Questo lunedì mattina Gutiérrez si sente più lucido che mai. Si mette una pasticca blu sulla lingua e la fa scivolare verso la gola. Gutiérrez considera che non bisogna sprecare questi momenti di lucidità, motivo per cui decide di leggere ancora una volta l’ultimo capitolo della nuova avventura di Kid Warsen. Non trova nulla degno di essere corretto. Gutiérrez sa che questa non sarà l’opinione dei correttori. Ma così stanno le cose. Motivo per cui Gutiérrez salva il romanzo sul dischetto e, con la pace che conferisce ogni lavoro ultimato, si prepara a gustare la sua colazione: un bicchiere di latte freddo e due cracker senza sale. Ora è il momento della doccia, ma prima deve lavarsi i denti. Gutiérrez non capisce quegli uomini e quelle donne che si lavano i denti mentre si fanno la doccia. Fedele all’ordine sopra citato, per Gutiérrez tutto deve essere fatto passo dopo passo. Prima si lava i denti e poi si fa la doccia. Proprio in questo momento, entra nella vasca da bagno e apre il rubinetto. L’acqua gli picchietta il corpo. Gutiérrez ha raggiunto la temperatura giusta: né fredda né calda; si può dire che Gutiérrez è felice. Decide quindi di sommare questo momento di felicità agli altri mo-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
105
menti felici conquistati durante il corso dell’anno. Gutiérrez non ha ancora trovato l’articolo in cui gli scienziati del Minnesota rivelano il numero di tre cifre che, perentoriamente, stabilisce se un uomo è o non è felice. Gutiérrez non perde la speranza di trovarlo, per questo continua a sommare i suoi momenti di felicità. Una volta Gutiérrez ha letto in che modo si deve vestire e spogliare un uomo. L’articolo era pubblicato su una rivista di cultura generale ed era firmato da una donna, motivo per cui era doppiamente valido. Questa donna (Gutiérrez ne ha dimenticato il nome) sottolineava che per vestirsi un uomo deve mettersi prima i pantaloni, poi i calzini e le scarpe e infine la camicia. Per spogliarsi, al contrario, prima si deve togliere la camicia, poi le scarpe e i calzini e infine i pantaloni. Gutiérrez ha indosso i calzini e le scarpe, si è appena messo la camicia e aggiustato la cravatta e solo adesso si accinge a mettersi i pantaloni. Questo modo di vestirsi infrange le regole proposte nell’articolo letto da Gutiérrez; addirittura va contro la naturale simmetria utilizzata da Gutiérrez per le sue cose. Se qualcuno in questo momento guardasse Gutiérrez, lo vedrebbe in camicia, cravatta e mutande. Una figura chiaramente ridicola. Per quale motivo, nonostante la figura ridicola, Gutiérrez insiste a indossare la camicia e a farsi il nodo alla cravatta prima di mettersi i pantaloni? È una domanda che ha varie risposte. Sebbene con ogni probabilità neanche una sia corretta, scegliamone una. È il modo con cui Gutiérrez, segretamente, avalla la teoria del libero arbitrio. Teoria che Gutiérrez rinnega in pubblico. Una volta indossati i pantaloni, Gutiérrez controlla che tanto l’interruttore del gas quanto gli interruttori della luce siano chiusi, si mette la giacca, poi il soprabito ed esce nel pianerottolo. Gutiérrez sa che la vicina del 2°C ha l’occhio allo spioncino della porta e sa che lo seguirà con lo sguardo fin
106
VICENTE BATTISTA
quando Gutiérrez non si perderà nella tromba delle scale. Gutiérrez quasi non si preoccupa dello sguardo della vicina del 2°C. Sa che anche l’occhio vigile della vicina del 2°C rientra nell’ordine logico che regge l’universo. Fuori dei grossi nuvoloni minacciano pioggia. Gutiérrez considera questi nuvoloni non più di una minaccia, per cui desiste dall’idea di rientrare nel suo appartamento per prendere l’impermeabile. Ora Gutiérrez si accinge a percorrere i nove isolati che lo conducono verso l’autobus che lo porterà fino all’ufficio di Marabini e verso il nuovo libro che Marabini gli commissionerà. Malgrado la minaccia di pioggia, Gutiérrez non affretta il passo, ha tempo in abbondanza per arrivare senza scosse. Gutiérrez guarda il cielo e pensa sia un giorno perfetto per il suo giro intorno all’isolato della casa editrice. Gli dispiace di non essere andato a prendere l’impermeabile, perché così avrebbe assomigliato a Eric Thompson, il duro investigatore privato protagonista di tanti gialli scritti da Gutiérrez. Gutiérrez ha appena dato due leggeri colpetti alla porta dell’ufficio di Marabini. Avanti, dice Marabini. Gutiérrez apre la porta, inclina leggermente la testa, come primo saluto, chiude la porta e si dirige verso la scrivania di Marabini con la mano destra tesa, pronto a portare a termine il saluto formale. Marabini lo attende in piedi, anche lui ha teso la mano destra. Marabini ha indosso un vestito blu, anche se di una tonalità più chiara rispetto a quelli che usa abitualmente. Marabini sembra contento, si potrebbe persino dire che il suo volto abbozza un tenue sorriso. Molto bene, Gutiérrez, molto bene, dice Marabini e indica il tetto, la prima parte del suo cowboy è piaciuta. Per Gutiérrez il gesto che ha appena fatto Marabini è davvero contraddittorio. Se come assicurano in molti, i correttori si trovano nel sotterraneo della casa editrice, per quale motivo Marabini ha indicato verso l’alto? Un modo per disorientarlo? O
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
107
forse i correttori si trovano all’ultimo piano della casa editrice? Si trovano in cielo anziché all’inferno, come finora si credeva? Gutiérrez pensa sia un buon elemento per il romanzo segreto che sta scrivendo. Lo pensa anche se continua a credere che i correttori non si trovino né nel sotterraneo né all’ultimo piano della casa editrice, ma da qualche parte nell’isolato dove si staglia l’edificio della casa editrice. Perché non mi risponde, Gutiérrez, è diventato muto? domanda Marabini. Stavo pensando, dice Gutiérrez. A cosa stava pensando? domanda Marabini. Stavo pensando quanta ragione aveva lei quando mi disse di non far pensare Kid Warsen, dice Gutiérrez. Non sono stato io, sono stati loro, dice Marabini, anche se questa volta non indica né su né giù. Ma lei c’entra qualcosa, insiste Gutiérrez. Be’, qualcosa sì, riconosce Marabini, ma anche lei ci ha messo del suo. Lei sta migliorando, Gutiérrez, fa le cose come le vengono chieste; quasi come fosse davvero uno scrittore. Non mi correggono? osa domandare Gutiérrez e indica verso l’alto. Gutiérrez, non diventi quel Gutiérrez che non ci interessa, dice Marabini. Come pretende che non la correggano? Come può pretendere una cosa del genere, Gutiérrez? Era un’idea folle, dice Gutiérrez. Come un’idea folle? domanda Marabini. Da quando in qua ha idee folli? No, no, si affretta a dire Gutiérrez, non ho idee folli. Ho avuto solo questa adesso, ma è già sparita. Mi fa piacere, Gutiérrez, dice Marabini, per il lavoro che fa lei, non c’è peggior cosa che avere idee folli. Lei non può avere idee folli, Gutiérrez. Non ne ho, Marabini, mi creda, non ne ho, afferma Gutiérrez e pensa che all’improvviso crolli tutto. Gutiérrez inclina la testa, in attesa delle parole che pensa gli dirà Marabini. “Basta così, Gutiérrez. Il suo lavoro è terminato in questa casa editrice” pensa che gli dirà Marabini. Al contrario, però, Marabini dice di non avere molto tempo. Non ho molto tempo, Gutiérrez, dice Marabini,
108
VICENTE BATTISTA
parliamo del suo prossimo libro. Come vuole, Marabini, dice Gutiérrez e alza la testa. Marabini ha detto a Gutiérrez che parleranno del prossimo libro che Gutiérrez deve scrivere. Lo commissiono a lei, dice Marabini, perché sono sicuro che lei saprà colpire nel segno. Gutiérrez approva con due leggeri movimenti del capo, anche se non sa di quale libro si tratta e, di conseguenza, non è in condizioni di affermare se può colpire nel segno oppure no. Sebbene abbia già scritto altri volumi di questo genere, dice Marabini, in questo caso, anche se sembra una cosa molto simile, si tratta di una cosa diversa. Gutiérrez annuisce un’altra volta con movimenti del capo, ma continua a non capire. Glielo spiego, dice Marabini. Gutiérrez dissimula un sospiro di sollievo e si prepara a sentire la spiegazione di Marabini. Tuttavia, neanche adesso Marabini spiega nulla. Anziché spiegare di quale libro si tratta, torna a far riferimento all’evidente cambiamento che ha avuto luogo nel modo di lavorare di Gutiérrez. Questo, non serve dirlo, alimenta l’orgoglio di Gutiérrez. Un cambiamento in meglio, dice Marabini. Gutiérrez ringrazia con un leggero inchino e gira la testa verso la parete su cui sono appese le foto dei celebri scrittori che pubblicano con la casa editrice. Gutiérrez pensa che molto presto anche la sua foto sarà appesa su quella parete e pensa che questo potrebbe essere un buon momento per parlare a Marabini del romanzo autentico che si prepara a scrivere. Un’idea folle, pensa Gutiérrez. Non l’idea del romanzo che si prepara a scrivere, ma l’idea di raccontarla a Marabini. Gutiérrez smette di guardare le foto dei celebri scrittori appese alla parete e si prepara a sentire Marabini che, finalmente, gli parla del libro che ha deciso di commissionargli. Un oroscopo, dice Marabini. Gutiérrez lo guarda sorpreso. Gutiérrez ha scritto vari oroscopi, non capisce cosa abbia di originale o di nuovo questa richiesta. Un oroscopo? domanda Gu-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
109
tiérrez, senza nascondere la sua sorpresa. Sì, un oroscopo, ripete Marabini, quei libretti che descrivono la personalità e predicono il futuro. Grazie agli astri, completa Gutiérrez. In questo caso no, dice Marabini, ed è questo che avrà di diverso, mi capisce, Gutiérrez? Più o meno, confessa Gutiérrez. Marabini assume un’espressione infastidita. Cercherò di spiegarglielo, Gutiérrez, dice Marabini, mi presti attenzione. Gutiérrez assicura che gli presterà attenzione. Gli oroscopi tradizionali si basano sul movimento degli astri, vero Gutiérrez? dice Marabini. Sul movimento degli astri, conferma Gutiérrez. Dopodiché è arrivato in Occidente l’oroscopo cinese, che invece degli astri ricorre agli animali, dice Marabini. Effettivamente, conferma Gutiérrez, ricorre ad alcuni animali: la capra, il maiale. Non ho bisogno che me li elenchi, Gutiérrez, dice Marabini, basta che siano animali. Ricorrono persino al drago, un animale mitologico, dice Gutiérrez. So molto bene cos’è un drago, Gutiérrez, dice Marabini, ma non siamo qui per parlare dell’oroscopo cinese, l’ho preso solo come esempio. Gutiérrez annuisce in silenzio e attende che Marabini ampli la sua spiegazione. Marabini non si fa attendere. Dopodiché vennero altri oroscopi, di altri paesi. C’è l’oroscopo maya, dice Marabini, e l’oroscopo azteco, credo. Quello maya, conferma Gutiérrez. D’accordo, quello maya, dice Marabini, voglio che me ne faccia uno lei. Un oroscopo maya? domanda Gutiérrez. No, Gutiérrez, si indigna Marabini, lei non capisce niente, l’oroscopo maya è già stato fatto, voglio un oroscopo nuovo. Nuovo? domanda Gutiérrez. Non ripeta tutto quello che le dico, Gutiérrez, dice Marabini, un oroscopo nuovo è un oroscopo nuovo. Può essere l’oroscopo quechua o l’oroscopo egizio, scelga lei, a suo piacere, Gutiérrez. Marabini appoggia le mani sulla scrivania. È il gesto di Marabini quando è sul punto di alzarsi in piedi. Appoggia le mani sulla scrivania e in questo modo si spinge. Gutiérrez si alza
110
VICENTE BATTISTA
quasi nello stesso momento di Marabini, sebbene senza l’aiuto delle mani. Sono entrambi in piedi ora. Gutiérrez timidamente domanda: Non mi dà nulla, Marabini? Darle cosa, Gutiérrez? vuole sapere Marabini. Non so, esita Gutiérrez, del materiale sull’oroscopo quechua o sull’oroscopo egizio. Lei fa troppe domande, Gutiérrez, si indigna Marabini. Come posso darle qualcosa che non esiste? Non le ho appena detto che deve inventarlo lei? Non vuole essere uno scrittore, Gutiérrez? domanda Marabini e prima che Gutiérrez risponda, afferma: Tutti gli scrittori inventano. Marabini indica la parete su cui sono appese le foto dei celebri scrittori. Quelli si trovano lì, dice Marabini, perché hanno saputo inventare. Inventi, Gutiérrez, inventi se vuole essere uno scrittore. Inventerò, Marabini, dice Gutiérrez e gli tende la mano destra. Marabini fa lo stesso. Le due mani si stringono. Più che un saluto sembra stiano siglando un patto. Un ultimo dettaglio, Gutiérrez, dice Marabini, ogni due o tre pagine inserisca una riga con sei numeri diversi, di una o due cifre. Alla gente piace giocare, sa? Sarà fatto, dice Gutiérrez, ogni tre pagine sei numeri. Magari farà diventare milionario uno dei suoi tanti lettori, dice Marabini. Tutto è possibile, dice Gutiérrez. Fuori le nuvole di tempesta sono completamente scomparse. Ora splende il sole e sebbene la temperatura sia ancora bassa, è una giornata che invita a camminare. È quello che si propone di fare Gutiérrez. È pronto a fare il giro completo dell’isolato. In quest’occasione due propositi spingono Gutiérrez: trovare, finalmente, il luogo dove lavorano i correttori e rincontrare Ivana o quella donna che tanto somigliava a Ivana. Dall’ultima volta che l’ha vista, Gutiérrez non può togliersela dalla testa. Questo non va bene, soprattutto adesso che Gutiérrez deve occupare il suo tempo con l’oroscopo, quechua o egizio, che Marabini gli ha appena commissionato.
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
111
Gutiérrez compie il rito di fare un giro completo dell’isolato. Non trova il luogo dove lavorano i correttori; non incontra neanche Ivana o quella donna che tanto somigliava a Ivana. Ma almeno il giro dell’isolato è servito a qualcosa. Gutiérrez ha deciso che l’oroscopo sarà quechua. Sale sull’autobus ansioso di arrivare a casa. Dovrà documentarsi sulla vita di questo popolo amerindio che visse sulla cordigliera delle Ande. Saranno giorni di duro lavoro.
XIV
Marabini non ha dato nessun materiale a Gutiérrez. Inventi, Gutiérrez, tutti gli scrittori inventano, gli ha detto Marabini. Malgrado una simile verità, Gutiérrez ha deciso di far ricorso alla sua biblioteca. Non la biblioteca che tiene nascosta nell’armadio della stanza da letto. In questo momento Gutiérrez si incammina verso la biblioteca del soggiorno, quella alla vista di tutti. Gutiérrez pensa che in questa biblioteca troverà il materiale adatto. La ricerca dà i suoi frutti. Gutiérrez ha recuperato due validi titoli: Civiltà precolombiane e Viracocha riscattato. Il primo è un grosso volume di quattrocentosessantasei pagine, pubblicato da Tarimas Edizioni per la collana Enciclopedia dell’uomo che trionfa, copyright 1928. Civiltà precolombiane è una ricerca realizzata dallo storico francese Pierre Duchiez, esperto in culture indigene scomparse. La traduzione di Civiltà precolombiane è di J.G.C. Figurano solo le iniziali. Gutiérrez pensa a questo tale J.G.C., alla poca ansia da protagonismo di J.G.C. Dopo aver tradotto le quattrocentosessantasei pagine scritte da Pierre Duchiez, J.G.C. ha deciso di figurare solo con le iniziali; ha celato il suo nome. Qualcosa del genere succede con lo stesso Gutiérrez. Per i suoi sconosciuti lettori, Gutiérrez a volte è Bill Ryan o Giovanni Storza o John McMillar o Simone Marchand, dipende dal libro che ha scritto. Sono scelte. Sebbene una cosa sia tradurre e un’altra, ben diversa, scrivere. Gutiérrez sa che quando pubblicherà il romanzo autentico che pensa di scrivere, si lascerà alle spalle Bill Ryan e Giovanni Storza e John
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
113
McMillar e Simone Marchand. Il romanzo autentico che Gutiérrez pensa di scrivere apparirà con il vero nome di Gutiérrez. Qualcosa che non avviene, pensa Gutiérrez, con questo tale J.G.C.; perché J.G.C. è un traduttore e non uno scrittore. Un’altra cosa che sconcerta Gutiérrez è la collana in cui hanno inserito Civiltà precolombiane. Perché un libro che parla di cultura indigena americana si trova nella collana Enciclopedia dell’uomo che trionfa? Non si può dire che gli Inca abbiano trionfato. Forse si tratta di una decisione dei correttori. È possibilissimo che nel 1928, Tarimas Edizioni abbia avuto dei correttori severi come quelli della casa editrice per cui lavora ora Gutiérrez. Viracocha riscattato è un volume con un minor numero di pagine. Centoquarantotto in totale, indice e bibliografia compresi. È stato pubblicato nel 1956 da Risorgere Editore, nella collana Altri mondi. Una collana che, stando a quanto si legge, raccoglie “Libri meravigliosi e accessibili per l’uomo del nostro tempo”. Alphons van Hemel, originario di Eindhoven, Olanda, è l’autore di Viracocha riscattato. Il libro forse è stato scritto in neerlandese. Sebbene questa sia una mera supposizione, visto che nel copyright non figura il titolo originale; non figura nemmeno il nome del traduttore. La copertina di Viracocha riscattato è a colori vivaci e di autentico cattivo gusto. Gutiérrez la trova molto simile alle copertine dei suoi stessi libri. Quei libri che Gutiérrez immancabilmente rilega in finta pelle azzurra e custodisce nella biblioteca nascosta nell’armadio della stanza da letto. La quarta di Viracocha riscattato è un pochino più sobria. Alcune strane figure, impossibili da decifrare, incorniciano un testo dai caratteri gotici. Gutiérrez legge il testo. “Alphons van Hemel” legge Gutiérrez “non ha bisogno di presentazioni: rinomato esponente del mentalismo, grazie ai suoi libri è divenuto un personaggio popolare e la personalità più rilevante tra
114
VICENTE BATTISTA
quanti studiano gli enigmi delle religioni incaiche e preincaiche.” Gutiérrez legge che “Alphons van Hemel, con il suo stile diretto e piacevole, con un linguaggio piano e privo di fronzoli, spiega come e perché nacque la fede in Viracocha, il Signore Maestro dell’Universo”. Gutiérrez legge anche che “Alphons van Hemel giunge a sorprendenti conclusioni che lo hanno condotto a un passo dalla scomunica da parte delle autorità vaticane”. Gutiérrez ignora se alla fine questa sentenza sia stata eseguita e gli interessa poco se sia stata eseguita oppure no. Gutiérrez non ha mai negato il suo agnosticismo e non c’è motivo perché Marabini venga a sapere che Gutiérrez, per confezionare l’oroscopo quechua, abbia consultato un libro stigmatizzato dalla Chiesa cattolica. Gutiérrez non pensa di includere una bibliografia nel suo oroscopo quechua. Sarebbe ridicolo un oroscopo con la bibliografia e Gutiérrez, non è superfluo ripeterlo, odia cadere nel ridicolo. Prima la ragione, poi la passione, è uno dei dogmi di Gutiérrez. Fedele a questo dogma, Gutiérrez chiude Viracocha riscattato e apre Civiltà precolombiane. Gutiérrez si sofferma sul quarto capitolo di Civiltà precolombiane: Quechua o quichua? è il titolo del capitolo. Questa domanda sorprende Gutiérrez. Pierre Duchiez fornisce subito la risposta. Le vocali del quechua, spiega Pierre Duchiez, variano nella loro pronuncia: la ‘e’ e la ‘o’ figurano solo come varianti combinatorie di ‘a’, ‘i’ e ‘u’. Si può scrivere indifferentemente quechua o quichua, poiché, indifferentemente, si pronunciano allo stesso modo. Una semplice questione di suono. Tuttavia, com’è ben noto, le parole non solo si pronunciano; si leggono anche. Questa questione turba Gutiérrez. La grammatica quechua o quichua è stata forgiata dagli spagnoli e, com’è ben noto, quasi tutte le parole nella lingua spagnola si pronunciano così come sono state scritte. Motivo per cui Gutiérrez non sa se optare per quechua o quichua.
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
115
Al di là di questa questione fonetica, Gutiérrez intuisce che le popolazioni quechua o quichua (come si preferisce) sono più importanti di quanto pensasse inizialmente. Gutiérrez pensava che le popolazioni quechua o quichua fossero simili ai Tehuelche o ai Comechingones. Gutiérrez pensava che i Quechua o Quichua fossero una semplice tribù cacciatrice, come i Tehuelche, o una semplice tribù raccoglitrice, come i Comechingones. Niente di tutto ciò. Grazie a Pierre Duchiez, Gutiérrez scopre che le popolazioni quechua si estesero per vasti territori dell’America Latina e scopre che la lingua quechua continua a essere parlata da milioni di persone in Perù, in Bolivia, in Ecuador, in Cile e nel nord est dell’Argentina. Gutiérrez scopre l’importanza assunta dalle popolazioni quechua o quichua prima e dopo l’arrivo del conquistador spagnolo, ma non capisce se le popolazioni quechua o quichua avessero, prima o dopo questo arrivo, qualche conoscenza di astrologia. Civiltà precolombiane non ne fa parola. Non fornisce la minima informazione sull’esistenza di astrologi nel popolo quechua o quichua. Il cuore conosce ragioni che la ragione non comprende, pensa Gutiérrez e apre di nuovo Viracocha riscattato. A pagina ventisei di Viracocha riscattato, Alphons van Hemel sostiene che le popolazioni quechua veneravano Viracocha, l’Anziano Uomo dei Cieli, considerato il dio creatore della Terra, degli animali e degli esseri umani. Le popolazioni quechua, dice Alphons van Hemel, avevano anche il culto del Sole, sebbene lo ritenessero una divinità remota, aliena alle questioni umane. Per le questioni umane, legge Gutiérrez a pagina trenta di Viracocha riscattato, le popolazioni quechua ricorrevano alla Luna. La Luna era un dio maschile, fragile di salute, che si ammalava spesso e che moriva e risuscitava costantemente. Oltre al Sole e alla Luna, scopre Gutiérrez, le popolazioni quechua adoravano altre divinità minori, spesso invocate dagli strego-
116
VICENTE BATTISTA
ni. Tra queste divinità minori emergevano gli Apu, gli Auki e gli Achachila. Le tre deità vivevano in sontuosi palazzi, costruiti sulle cime delle montagne più alte. Le popolazioni quechua o quichua, ha appena scoperto Gutiérrez, avevano un paio di dèi principali, alcuni dèi minori e un numero impreciso di stregoni. Gutiérrez scopre tutto ciò, ma non trova un solo dato sugli oroscopi. Chiude Viracocha riscattato e si alza in piedi. Chi avrebbero consultato per il proprio destino? si domanda Gutiérrez mentre cammina da una parte all’altra del soggiorno. Se qualcuno vedesse Gutiérrez in questo momento lo confonderebbe con uno scienziato che deambula dietro a quella formula che non riesce a enunciare. Gli stregoni! dice Gutiérrez a voce alta e torna subito a Viracocha riscattato. Gutiérrez crede di aver trovato la formula, ma lo stesso Alphons van Hemel gli leva quest’illusione. A pagina trentacinque di Viracocha riscattato Gutiérrez legge che gli stregoni potevano invocare solo le divinità minori. La missione degli stregoni era bussare alla porta degli Apu, degli Auki e degli Achachila, ma non bussavano con il fine di conoscere il destino degli uomini, bussavano per implorare un buon raccolto o il trionfo nella lotta contro l’invasore. Gutiérrez non ha più dubbi: le popolazioni quechua o quichua non avevano astrologi né, di conseguenza, oroscopi. Un vuoto che Gutiérrez si prepara a colmare. Un compito immenso, perché negarlo. Un po’ più calmo, Gutiérrez si sofferma a pagina ottantaquattro di Viracocha riscattato. Lì legge che gli astronomi quechua si erano avvicinati alla reale durata dell’anno solare. Alphons van Hemel assicura che grazie ad alcuni metodi ancora da chiarire a tutt’oggi, gli astronomi quechua stabilirono un anno solare di 365,2420 giorni. Una differenza insignificante rispetto alla reale durata dell’anno solare che, come tutti sanno, è di 365,2422 giorni. A Gutiérrez, tuttavia, non sembra verosi-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
117
mile tale esattezza; proprio per questo, per la sua esattezza. È ora di tornare alla ragione. Gutiérrez chiude Viracocha riscattato e apre Civiltà precolombiane. Nel capitolo Il calendario occulto, Pierre Duchiez indica che le popolazioni quechua misuravano il tempo secondo le fasi della Luna, per cui avevano un anno di trecentosessanta giorni, diviso in dodici lune di trenta giorni ciascuna. Gutiérrez preferisce quest’opzione. Il primo passo sarà convertire il vecchio calendario quechua o quichua in un calendario gregoriano. Gutiérrez sa che nessuno si offenderà per questa metamorfosi: le attuali comunità quechua o quichua misurano il tempo basandosi sul calendario gregoriano. Gutiérrez rispetterà le dodici lune. Alcune saranno di trenta giorni, altre di trentuno e solo una sarà di ventotto. Ogni quattro anni, Gutiérrez aggiungerà un giorno a questa luna di ventotto. Gutiérrez dovrà assegnare un nome a ciascuna luna. Dodici lune, dodici nomi. Quali nomi però? Quelli dei pianeti, delle stelle e delle costellazioni sono già stati utilizzati dall’oroscopo tradizionale. In certe cose, Gutiérrez è pragmatico: se il cielo non basta, bisogna ricorrere alla terra. Gutiérrez ricorda che l’oroscopo cinese si nutre degli animali della terra. L’oroscopo quechua o quichua, l’ha appena detto, si nutrirà dei frutti della terra, con i frutti che raccoglievano le popolazioni quechua o quichua. Ogni luna avrà il nome di uno di questi frutti. Quali erano questi frutti? Per alimentarsi (in questo coincidono Pierre Duchiez e Alphons van Hemel) le popolazioni quechua o quichua ricorrevano al mais, al pomodoro, alla patata, alla cirimoia e alla zucca. Per darsi forza, le popolazioni quechua o quichua coltivavano la coca. Luna del Mais, allora, e Luna della Batata e Luna della Manioca. Gutiérrez somma i frutti della terra, sia quelli per l’alimentazione sia quelli per darsi forza, e arriva a undici. Questa cifra non lo scoraggia. Ricorre un’altra volta all’oroscopo cinese. Com’è ben
118
VICENTE BATTISTA
noto, l’oroscopo cinese ha undici animali reali, dal coniglio alla tigre, e un solo animale mitologico: il drago. Gutiérrez decide di stabilire questa norma nell’oroscopo quechua o quichua. Avrà undici frutti reali, dalla patata alla zucca, e un solo frutto mitologico: l’Utsu Laika. Questo frutto mitologico è una pura invenzione di Gutiérrez. Utsu Laika è una voce quechua o quichua che in spagnolo può essere letta come “peperoncino stregone”. Gutiérrez ha deciso che l’Utsu Laika avrà il dono di provocare il fulmine e la grandine. Gutiérrez decide anche che l’Utsu Laika sarà una divinità ambivalente. Con identica energia, l’Utsu Laika distrugge o protegge i raccolti; tutto dipende dal colore che mostra nell’istante in cui appare. Neanche gli stregoni più saggi, ha deciso Gutiérrez, sono capaci di prevedere quell’istante. L’Utsu Laika è molto simile al Ccoa, conosciuto anche come “Il Gatto degli Spiriti”, tipica creatura della mitologia quechua. Motivo per cui l’Utsu Laika non sarebbe una pura invenzione di Gutiérrez. Gutiérrez confida che i lettori del suo oroscopo non si accorgano di questo dettaglio. Forse lo noteranno i correttori, e forse lo correggeranno; ma questo già riguarda esclusivamente i correttori. Gutiérrez ha quindi adesso gli elementi essenziali per comporre l’oroscopo quechua. Gutiérrez mette a posto Civiltà precolombiane e mette a posto Viracocha riscattato (libri che gli sono stati di enorme utilità) e salva quello che ha scritto nella cartella BRUTTE COPIE del suo programma di scrittura. Gutiérrez chiude il programma, ma non spegne il computer. Adesso Gutiérrez sta per entrare in internet. Si propone di cercare in rete elementi nuovi sulle popolazioni quechua o quichua. Gutiérrez cerca su Yahoo e su Altavista. Sotto la voce quechua ci sono cinquemilaseicentoundici siti. Gutiérrez può scegliere da un corso di quechua, fornito dall’Academia de quechua Yachay
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
119
Wasi, fino a foto, canzoni, poesie e barzellette andine. Gutiérrez è oppresso da tanto materiale. Decide che per il suo oroscopo basta il materiale raccolto e abbandona il motore di ricerca, ma non abbandona internet. Simulando un’indifferenza superflua, perché nessuno lo guarda, Gutiérrez decide di indossare le vesti di Conan. È una decisione sorprendente. O forse no. Forse Gutiérrez pensava di calarsi nelle vesti di Conan fin dal primo momento in cui è entrato in internet. Andare su Yahoo a cercare informazioni sulle popolazioni quechua o quichua forse è stata solo una banale scusa per poi entrare nel programma di chat. Questo lo sa unicamente Gutiérrez. La cosa certa è che in questo momento, Conan, il Cimmero, annuncia il suo arrivo nel gruppo della chat. Lì trova Beto, Jordi e Paloma. Conan si connette con Beto, Jordi e Paloma. Per un po’ fanno riferimento a temi di poca importanza. Tuttavia, dinanzi a ogni parola scritta e dinanzi a ogni parola letta, Conan immagina che in qualsiasi momento entrerà Dolores. Sono vane speranze. Conan rimane connesso circa mezz’ora con Beto, Jordi e Paloma. Per tutto questo tempo non si ha la minima notizia di Dolores. Conan non chiede di Dolores, non è una domanda degna dell’Eroe di Cimmeria. Beto, Jordi e Paloma non nominano Dolores neanche una volta. Conan capisce che entrare in internet è stato inutile, per cui si ritira dal gruppo e torna a essere Gutiérrez. Sebbene Gutiérrez lo dissimuli, si avverte un certo malessere nei suoi gesti. Forse è un buon momento per fare una camminata. Potrebbe essere una camminata salutare-sportiva, un giro completo dell’isolato che aiuterà la salute di Gutiérrez e che metterà un po’ di ordine nelle sue idee. L’assenza di Dolores lo preoccupa. Gutiérrez guarda l’orologio, è tardi. Gutiérrez vive in un quartiere desolato, con strade desolate. Pochissima gente gira per quelle strade di giorno e nessuno di notte.
120
VICENTE BATTISTA
Gutiérrez decide che non è conveniente uscire a quest’ora. Non perché abbia timore dei fantasmi o degli spiriti maligni. Gutiérrez, come ogni artista che si rispetti, è in grado di creare creature mitologiche per il suo oroscopo, creature mostruose per i suoi romanzi del terrore e creature interstellari per i suoi romanzi di fantascienza. Gutiérrez crea queste creature, ma non ci crede affatto. Gutiérrez non ha paura dei personaggi mitologici, mostruosi o interstellari. Per le strade desolate però possono apparire personaggi reali. Gutiérrez decide di rimanersene a casa. Si è appena versato un bel bicchiere di latte e a passo lento si dirige verso la finestra che dà sulla parete cieca. Per un attimo pensa di nuovo a Dolores. Gutiérrez pensa che non ha motivo di scoraggiarsi, forse domani incontrerà Dolores in rete. Gutiérrez decide di tornare al computer per dedicarsi un’altra volta all’oroscopo quechua o quichua. Gutiérrez ha ritrovato la calma e si accinge a continuare il lavoro; è notevole come aiutino un bicchiere di latte e una parete.
XV
Decisamente, quechua. Gutiérrez scarta quichua e opta per quechua. Non è stata una decisione facile. Gutiérrez è vissuto nell’indecisione tra quechua o quichua per cinque giorni. Quichua gode degli stessi diritti di quechua. Tuttavia quechua si è generalizzato, è una semplice ragione d’uso. Quechua ha acquisito una popolarità che è stata negata a quichua. Gutiérrez pensa che le maggioranze non sempre hanno ragione. Scegliere quichua era, questo è chiaro, un atteggiamento dissidente, significava mettersi contro le maggioranze. Senza dubbio Requejo avrebbe scelto quichua. Gutiérrez non vuole essere etichettato come ribelle. Dopo cinque giorni di indecisione, Gutiérrez sceglie quechua. Il libro si chiamerà Oroscopo quechua. L’accezione quichua è definitivamente bandita dal volume, come se non fosse mai esistita. In certi tipi di libri – oroscopi, autoaiuto, chiromanzia, eccetera – i correttori di solito aggiungono un sottotitolo. Gutiérrez appunta tre sottotitoli possibili: La verità definitiva, L’altipiano segna il tuo destino e Un modo millenario di scoprire il futuro. Quello che a Gutiérrez piace di più è Un modo millenario di scoprire il futuro. Gutiérrez immagina la copertina del libro. Sullo sfondo, un disegno del sole o della luna; potrebbe andar bene persino il disegno di qualche divinità minore: un Apu o un Auki. Sopra questo sfondo, in evidenza, Oroscopo quechua, e sotto, a caratteri più piccoli, Un modo millenario di scoprire il futuro. Gutiérrez immagina la copertina, anche se non vale la pena perdere tempo in fantasie. Il libro sicura-
122
VICENTE BATTISTA
mente uscirà con un’altra illustrazione e con un altro titolo. E con un altro testo, dice Requejo a Gutiérrez, quando si incontrano casualmente in strada o in qualche libreria o in un negozio qualsiasi. Gutiérrez preferisce non discutere di questo argomento con Requejo. Queste sono le regole. Gutiérrez lo sapeva fin dal primo momento in cui ha cominciato a lavorare per la casa editrice. Ora Gutiérrez si prepara a scrivere. È seduto davanti al suo tavolo e un faretto illumina la cartellina di fogli a quadretti utilizzati per gli appunti. Questa cartellina è un po’ come la brutta copia delle brutte copie. Un deposito di parole che non servono a niente o a ben poco. Tuttavia, mentre Gutiérrez le appunta, risultano di notevole valore. Queste parole possono essere essenziali nei momenti di pura creazione. In momenti come questo, senza andare troppo lontano. Ora Gutiérrez rivede i suoi appunti, la luce cade sulle parole scritte nei fogli a quadretti e il silenzio è totale. A Gutiérrez non piace lavorare con la musica. Quando scrive, preferisce il silenzio assoluto e quando non scrive, anche. Nella casa di Gutiérrez non c’è un solo apparato di musica, non un solo CD di musica né niente che riguardi la musica. Di questo discutono Gutiérrez e Requejo quando si incontrano casualmente in strada o in qualche libreria o in un negozio qualsiasi. “Dove c’è musica non può esserci nulla di cattivo”, Sancio Panza lo disse alla Duchessa nella seconda parte del Chisciotte, dice Requejo, ma a Gutiérrez non fa né caldo né freddo. “L’uomo che non ha musica in sé stesso, né è commosso dal concerto di dolci suoni, è adatto ai tradimenti, agl’inganni, alle rapine”, lo dice Lorenzo a Jessica nel quinto atto del Mercante di Venezia, dice Requejo, ma Gutiérrez continua a rimanere indifferente. Sono i tuoi autori, insiste Requejo, ma nemmeno così riesce a convincere Gutiérrez.
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
123
Gutiérrez non rinuncia alla musica per mero capriccio o per una semplice questione di gusti, Gutiérrez rinuncia alla musica con argomenti sensati. Gutiérrez non riesce a capire come con appena sette note, combinate in un modo o nell’altro, si ottengano suoni che rallegrino o emozionino (a seconda del caso) chi la ascolta. Qualcosa del genere avviene nella scrittura, dice Requejo. Non è uguale, dice Gutiérrez. È uguale, spiega Requejo, combinando sette note puoi comporre da una cantata fino a un concerto e combinando ventisette lettere puoi comporre da un sonetto fino a un romanzo. Ti rendi conto che è uguale? domanda Requejo. Non è uguale, dice Gutiérrez. È uguale, ripete Requejo: la combinazione di lettere forma la parola e la combinazione di parole forma il testo. Non è uguale, risponde Gutiérrez, la letteratura si traduce, la musica no. Ma si può arrangiare, dice Requejo, la musica si arrangia. Visto così, i correttori sarebbero gli arrangiatori dei testi che compone Gutiérrez. Quest’idea, in fondo, seduce Gutiérrez: arrangiare risulta meno violento di correggere. Ora Gutiérrez né arrangia né corregge; semplicemente, scrive. Gutiérrez prepara le predizioni astrologiche per il prossimo anno. Gutiérrez sta determinando il destino dei suoi anonimi lettori. Finora, Gutiérrez ha determinato il destino degli anonimi lettori nati sotto cinque differenti lune: quella del Mais, della Manioca, della Cirimoia, della Batata e della Zucca. Gutiérrez ha composto quasi la metà del libro. Gli resta solo un giorno per completare le restanti lune. È tempo di occuparsi della Luna dell’Utsu Laika, l’unico frutto mitologico dell’oroscopo quechua che Gutiérrez sta creando. I nati sotto la Luna dell’Utsu Laika, raccomanda Gutiérrez, devono realizzare i loro sogni più audaci e dovranno lasciarsi condurre dallo spirito intuitivo che li caratterizza. Conviene, consiglia Gutiérrez, ascoltare il battito del proprio cuore e os-
124
VICENTE BATTISTA
servare il volo degli uccelli nel cielo. Con precisione ma senza slancio, parola per parola, Gutiérrez traccia il destino dei lettori nati sotto la Luna dell’Utsu Laika. Poi traccerà il destino dei lettori nati sotto la Luna della Patata, poi il destino dei lettori nati sotto la Luna della Coca e così via fino ad arrivare alla Luna del Chayote, l’ultima di tutte. Gutiérrez nel suo intimo si ritiene un creatore, come altro si può definire qualcuno in grado di segnare il destino degli altri? Tuttavia, ogni creatore si stanca, lo stesso Yahweh ha riposato il settimo giorno. Gutiérrez decide di fare una sosta nel cammino, salva quello che ha scritto nel disco rigido del computer e si alza in piedi, con il salutare proposito di stirarsi le gambe. Gutiérrez cammina da una parte all’altra del soggiorno. Se qualcuno guardasse Gutiérrez in questo momento, se qualcuno si soffermasse sull’espressione pensierosa di Gutiérrez, penserebbe che Gutiérrez si trovi in pieno processo creativo. Se qualcuno guardasse Gutiérrez in questo momento e pensasse che Gutiérrez si trovi in pieno processo creativo, si sbaglierebbe da cima a fondo. Gutiérrez cammina da una parte all’altra del soggiorno con espressione pensierosa, ma cammina senza pensare a nulla. Neanche questo è vero: è impossibile non pensare a nulla. Gutiérrez sta pensando a Dolores. Perché Gutiérrez pensa a Dolores nel bel mezzo della scrittura dell’oroscopo quechua? È una domanda alla quale deve rispondere Gutiérrez. Anziché rispondere, Gutiérrez torna al computer, si siede e guarda lo schermo. Tutto sta a indicare che continuerà a scrivere il suo oroscopo quechua. Tuttavia, non è così. Gutiérrez ha deciso di indossare le vesti di Conan. È mezzogiorno e non è il momento migliore perché l’Eroe di Cimmeria navighi per il cyberspazio. A quest’ora non incontrerà né Jordi né Beto né Paloma e, soprattutto, non incontrerà Dolores. Il barbaro guerriero dell’Era Hyboriana fa ugualmente il suo ingresso nel pro-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
125
gramma di chat. Entra con la speranza di trovare Jordi, Beto e Paloma e, soprattutto, di trovare Dolores. Nell’angolo destro dello schermo appaiono i nomi di chi sta chattando. Non ci sono né Jordi né Beto né Paloma e, soprattutto, non c’è Dolores. I miracoli accadono solo nella letteratura. Conan si ritira da internet e torna a essere Gutiérrez. Gutiérrez cammina di nuovo da una parte all’altra del soggiorno. Se qualcuno guardasse Gutiérrez in questo momento, penserebbe che Gutiérrez si trovi in pieno processo creativo. Tuttavia, non è così. Gutiérrez in questo momento non si trova in pieno processo creativo. Gutiérrez in questo momento è preso da una di quelle crisi che con frequenza affligge i creatori. Gutiérrez non sa come continuare il suo oroscopo quechua. Gli mancano ancora cinque lune e gli resta solo questa domenica, il pomeriggio e la notte di questa domenica. Non è molto, ma è meglio di niente. Gutiérrez arresta la marcia e, deciso, si dirige verso il computer. Si posiziona davanti al computer, apre la cartella Oroscopo quechua e comincia a lavorare con la Luna del Pomodoro. Gutiérrez scrive: I nati sotto il segno della Luna del Pomodoro sono individui introversi, con un’accentuata timidezza e timorosi del futuro. Gutiérrez legge quanto ha scritto e immediatamente corregge: anziché timorosi del futuro mette timorosi di quello che verrà. Il processo creativo si è rimesso in moto, i timori sono cosa del passato. Sono quasi le dodici della notte. Gutiérrez mette il punto finale al suo oroscopo quechua. Si è allontanato dal computer solo per bere un bicchiere di latte e mangiare quattro cracker integrali. Ora Gutiérrez sente quel vuoto angosciante che ogni creatore prova dinanzi a un’opera conclusa. In realtà, il vuoto di Gutiérrez non è motivato dall’opera conclusa. Dolores, l’assenza di Dolores, è la causa del vuoto che sente adesso Gutiérrez. Rare volte Gutiérrez soffre questo tipo di vuoto. La pastic-
126
VICENTE BATTISTA
ca notturna è il miglior antidoto. Gutiérrez si mette la pasticca notturna sulla lingua, la fa dolcemente scivolare in gola, si mette al letto e spegne la luce. Santo rimedio, in pochi minuti Gutiérrez si addormenta. Gutiérrez non sogna o, almeno, non ricorda mai quello che sogna. Motivo per cui risulta impossibile parlare dei sogni di Gutiérrez. Ora è lunedì e tutto è tornato alla normalità. Gutiérrez cerca i suoi occhiali, si alza dal letto, prende la pasticca diurna e si dirige verso il bagno. La doccia è breve e la colazione anche, quasi quanto la doccia. Gutiérrez butta nella spazzatura i resti di cracker rimasti nel piatto; poi lava il piatto e la tazza. Gutiérrez espelle il dischetto dal computer. Spegne l’unica luce accesa, esce dal suo appartamento e chiude la porta a chiave con doppia mandata. Gutiérrez sente che la vicina del 2°C lo osserva dallo spioncino. Gutiérrez reprime quel gesto osceno che invece la vicina del 2°C meriterebbe, ignora l’ascensore e si dirige verso le scale. Dopo una giornata di lavoro sedentario, è consigliabile un po’ di ginnastica. Ora Gutiérrez si trova in strada e non incrocia quasi nessuno per i nove isolati che percorre fino alla fermata dell’autobus. Il viaggio in autobus non ha nulla degno di nota. Durante il viaggio Gutiérrez pensa a Dolores, ma solo a tratti; evocazioni senza importanza. La giornata sembra propizia per Gutiérrez. Marabini lo riceve con un bel sorriso e con un gesto gentile lo invita a sedersi. Gutiérrez si siede. Mi hanno elogiato la prima parte del suo oroscopo inca, dice Marabini. Quechua, corregge Gutiérrez, oroscopo quechua. Insomma, quello che è, dice Marabini, quechua o inca, me l’hanno elogiato. Gutiérrez è sul punto di domandare chi glielo abbia elogiato, ma non domanda nulla, fa solo un piccolo inchino di gratitudine. Spero avvenga lo stesso con la seconda parte, dice Marabini. Non ne dubiti, risponde Gutiérrez, consegna il dischetto a Marabini e gira leggermen-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
127
te lo sguardo verso la parete su cui si trovano le foto degli scrittori veri. Gutiérrez è convinto che la sua foto sarà esibita su quella parete molto presto. Mi permetta di dubitarne, dice Marabini. Gutiérrez sobbalza. Dubitare di cosa? domanda Gutiérrez, allarmato. Dubitare che la seconda parte sia buona come la prima, dice Marabini, lei di solito mi sgarra nella seconda parte. Non sarà questo il caso, dice Gutiérrez, tranquillo. Speriamo di no, dice Marabini. Qui cala il silenzio. Gutiérrez non osa rompere questo silenzio. È Marabini a romperlo. Mi dica, Gutiérrez, domanda Marabini, lei è sposato? Gutiérrez è sorpreso da questa domanda, ma non indugia nella risposta. No, dice Gutiérrez, non sono sposato. Ha figli? domanda Marabini. No, dice Gutiérrez, non sono sposato. Cosa c’entra, Gutiérrez, dice Marabini, si può essere padre senza essere sposati. No, Marabini, non sono padre di nessuno, dice Gutiérrez, almeno che io sappia. Gutiérrez, lei è omosessuale? domanda Marabini. Per dio, Marabini! dice Gutiérrez, mi piacciono le donne, come a qualsiasi uomo normale. Gli omosessuali non sono forse normali? domanda Marabini. Gutiérrez capisce di aver appena commesso un grande errore: forse Marabini è omosessuale. Non dico questo, dice Gutiérrez. Lo dica, Gutiérrez, lo dica senza problemi, autorizza Marabini, quegli individui non sono normali, non possono essere normali. Per niente, afferma Gutiérrez. Cala un altro silenzio. Sta pensando a un libro sugli omosessuali? domanda Gutiérrez. Sì e no, dice Marabini, stiamo pensando a un volume di autoaiuto per uomini soli, fa lo stesso che siano omo o eterosessuali; l’aspetto essenziale è che vivano da soli. Interessante, dice Gutiérrez. Si rende conto, Gutiérrez, che oggigiorno cresce sempre di più il numero di persone che vivono da sole? dice Marabini. Me ne sono reso conto, ammette Gutiérrez. Non possiamo ignorare questo formidabile numero di potenziali lettori, dice Marabini. Non pos-
128
VICENTE BATTISTA
siamo ignorarli, ammette Gutiérrez. Lei stesso, dice Marabini, lei stesso vive da solo, vero, Gutiérrez? Vivo da solo, conferma Gutiérrez. Per questo abbiamo pensato a lei, dice Marabini, lei è la persona indicata per redigere Finalmente solo. Finalmente solo? domanda Gutiérrez. Così si chiamerà il libro, dice Marabini. Dovrà parlare delle comodità che si ottengono vivendo da soli, Gutiérrez, in centoventi pagine, senza illustrazioni. Sono molte, dice Gutiérrez. Sono quelle consuete in un volume di questa collana, dice Marabini. Dico che sono molte le comodità che si ottengono vivendo da soli, dice Gutiérrez. È compito suo riversarle in questo libro, dice Marabini. Avrò del materiale? domanda Gutiérrez. Marabini gli porge una busta, non troppo voluminosa. Qui ci sono alcune cose che possono servirle, dice Marabini. Grazie, dice Gutiérrez. Anche se io credo che la sua esperienza le basterà, aggiunge Marabini. La mia esperienza basterà, conferma Gutiérrez. Marabini annuisce con un movimento del capo e si alza in piedi. Gutiérrez capisce che il colloquio è terminato e anche lui si alza in piedi. Marabini e Gutiérrez si stringono la mano. A lunedì, dice Gutiérrez. Non è necessario che venga lunedì prossimo, dice Marabini. Gutiérrez non capisce. Mi porti il libro pronto tra quindici giorni, dice Marabini. Gutiérrez capisce. Senz’altro, dice Gutiérrez e si dirige verso la porta. Sta per aprire la porta quando sente la voce di Marabini. Gutiérrez, dice Marabini, mi viene da pensare che questo libro sarà un quadro della sua vita. Mi sbaglio? domanda Marabini. Non si sbaglia, risponde Gutiérrez, senza guardare Marabini. Gutiérrez mente e non vuole che Marabini lo scopra.
XVI
Gutiérrez cammina disorientato. Mai prima d’ora Marabini aveva detto a Gutiérrez: “Gutiérrez, mi porti il libro pronto tra quindici giorni.” Fino a stamattina, tutti i libri che Gutiérrez aveva scritto – narrativa, in qualsivoglia delle sue diverse forme, volumi di autoaiuto, biografie, trattati scientifici, eccetera – li aveva consegnati in due volte: un lunedì la prima; il lunedì successivo, la seconda. Questa modalità di consegna non vale esclusivamente per Gutiérrez: accomuna tutti i ghost-writer della casa editrice. Per alcuni ghost-writer il giorno di consegna è il martedì, per altri il mercoledì, per altri il venerdì. Gutiérrez deve consegnare il lunedì, tutti i lunedì, senza eccezioni. Gutiérrez non si è mai domandato perché gli toccasse il lunedì e non, ad esempio, il mercoledì o il giovedì. Forse i giorni furono stabiliti a sorte o forse si tratta semplicemente di un capriccio di Marabini. Gutiérrez non ha risposta a questa domanda. D’altra parte, Gutiérrez non si era mai posto questa domanda. Neanche adesso se la pone. Ci sono certe cose che Gutiérrez accetta così come sono. Altre, invece, le accetta perché appartengono al puro ordine della logica. Consegnare l’originale in due volte, ad esempio, appartiene al puro ordine della logica. Si consegna in questo modo per uno scopo predefinito: controllare l’andamento del libro. Ma controllarlo per cosa? si è appena domandato Gutiérrez. A parte quell’esperienza sgradevole, quando Marabini gli restituì l’originale di Spari solitari, “Cosa mi combina, Gutiérrez?” gli disse quella volta Marabini e Gutiérrez quella volta notò una
130
VICENTE BATTISTA
certa delusione nelle parole di Marabini. A parte quell’esperienza sgradevole, che non si è mai più ripetuta, i libri scritti da Gutiérrez sono sempre stati accettati così come Gutiérrez li aveva consegnati. Non gli hanno mai restituito un originale affinché vi apportasse la pur minima correzione. I correttori si occupano di fare queste correzioni. Allora, per quale motivo Gutiérrez deve consegnare gli originali in due volte, un lunedì la prima parte, il lunedì dopo la seconda e ultima? È una norma della casa editrice. Gutiérrez è stato assunto per scrivere libri, non per contestare norme. Tuttavia, Marabini ha appena infranto l’inflessibile norma della consegna settimanale. Gutiérrez non ha la minima idea del perché Marabini abbia infranto questa inflessibile norma. Gutiérrez sa solo che il prossimo lunedì non verrà in casa editrice ed è questo che davvero lo disorienta. Per la precisione, il prossimo lunedì doveva fare un giro completo dell’isolato della casa editrice. Potrebbe farlo lo stesso. Non c’è niente e nessuno che glielo impedisca. Cosa succederebbe però se all’improvviso, nel bel mezzo del suo giro, Gutiérrez incrociasse Marabini? Cosa logicamente possibile. Marabini non vive nella casa editrice. Per arrivare fin lì Marabini deve uscire in strada. È logicamente possibile che Marabini incroci Gutiérrez. Quale spiegazione potrebbe dare Gutiérrez a Marabini se Marabini domandasse a Gutiérrez: “Cosa sta facendo da queste parti, Gutiérrez?” Nessuna spiegazione. Gutiérrez non può dire a Marabini: “Sto cercando la tana in cui, si dice, lavorano i correttori.” Gutiérrez si è fermato all’incrocio, disorientato. Se prendesse a destra andrebbe direttamente verso la fermata dell’autobus, cioè quello che dovrebbe fare da programma. Se prendesse a sinistra, comincerebbe il suo giro dell’isolato, cioè quello che dovrebbe fare lunedì prossimo. Gutiérrez esita. Nel dubbio, astieniti, suggerisce la saggezza popolare. Gutiérrez però
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
131
non si astiene. Marabini ha violato le regole, per cui può violarle benissimo anche Gutiérrez. Gutiérrez sceglie la strada di sinistra e comincia a camminare, confondendosi tra le persone che come lui camminano lungo questa strada questo lunedì a mezzogiorno. Gutiérrez guarda impassibile da una parte e dall’altra. Nessuno, assolutamente nessuno, può immaginare che Gutiérrez in questo momento cerchi la tana in cui, si dice, lavorano i correttori. Gutiérrez arriva all’altro incrocio. Lungo questo tragitto, ha visto quattro adolescenti, tre ragazzi e una ragazza, seduti sulla soglia di una porta. I quattro adolescenti stavano in silenzio, ognuno assorto nei propri pensieri. Gutiérrez aveva guardato i quattro adolescenti di sghembo, era stata un’occhiata fugace, ma sufficiente a notare che avevano tutti una bottiglia di birra in mano. Gli adolescenti non guardarono Gutiérrez. Tuttavia, non appena passato oltre, Gutiérrez aveva sentito il loro sguardo sulla schiena. Gutiérrez stava per voltarsi, ma non lo fece. Chi gli assicurava che quegli adolescenti non fossero correttori? Si dice che i correttori siano zoppi, che l’essere zoppo sia una condizione essenziale per un correttore. Gutiérrez, malgrado l’occhiata fugace, vide che quegli adolescenti, a parte l’aspetto trasandato, non sembravano avere nessun difetto. Tuttavia, Gutiérrez non ha scartato la possibilità che quegli adolescenti fossero correttori. La leggenda dei correttori zoppi era nata da una voce che, come accade di solito con le voci, si era diffusa rapidamente. La voce diceva che i correttori zoppicassero. Con il tempo questa voce, come accade di solito con le voci, finì per trasformarsi in un dato reale. I dati reali non sono sempre veri. Motivo per cui quegli adolescenti trasandati, potevano benissimo essere correttori. O magari non erano correttori, ma potevano benissimo essere i cerberi della tana dei correttori. Gutiérrez pensò che si trovavano lì, birra in ma-
132
VICENTE BATTISTA
no, per impedire a qualsiasi intruso di entrare nella tana. Gutiérrez è arrivato all’incrocio con quest’idea. Ora si incammina lungo il nuovo isolato. Gutiérrez incrocia una coppia di anziani che cammina a passo lento. L’uomo sembra cieco o almeno ha gli occhi persi nel vuoto, come di solito hanno i ciechi. Tuttavia, l’uomo non ha un bastone bianco, come di solito hanno i ciechi. Dal canto suo, la donna che lo accompagna non ha quell’aspetto di guida, come di solito hanno le donne che accompagnano i ciechi. L’uomo che sembra cieco e la donna che lo accompagna restano indietro. Ora Gutiérrez incrocia una madre che trascina a fatica il figlio, un ragazzino scalmanato che si divincola come un ossesso. Gutiérrez non riesce a distinguere se il ragazzino rida o pianga. Gutiérrez non incrocia nessun altro essere vivente, né umano né animale, fino alla fine dell’isolato. Gutiérrez arriva al nuovo incrocio senza aver scovato la tana in cui, si dice, lavorano i correttori. Gutiérrez dovrebbe sentirsi sconfortato, ma in realtà non lo è. Senza sconforto ma convinto che non troverà la tana, Gutiérrez arriva all’ultimo incrocio. Un nuovo fallimento, sebbene forse non lo consideri un fallimento. Questo lunedì non era il giorno destinato alla ricerca della tana in cui, si dice, lavorano i correttori. Gutiérrez non lo considera un fallimento. Gutiérrez attraversa la strada e si dirige verso la fermata dell’autobus. Tutto torna alla normalità. Il percorso segue le stesse strade, nella stessa città con le stesse persone. Persone con la propria storia e a cui interessa poco quella degli altri. Questo pensiero è di Requejo. Gutiérrez si sorprende che, proprio adesso, nel bel mezzo del tragitto in autobus, gli venga in mente questo pensiero di Requejo. Non c’è motivo di allarmarsi. Gutiérrez sta per cominciare a scrivere il libro che gli ha commissionato Marabini. Si tratta di un
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
133
volume dedicato specificamente agli uomini soli, un libro di autoaiuto per gli uomini soli. Requejo è un uomo solo. È naturale, allora, che Gutiérrez pensi a Requejo, proprio adesso che sta per iniziare a scrivere un libro dedicato agli uomini soli. Ma Requejo è davvero un uomo solo? Le volte in cui Gutiérrez e Requejo si incontrano casualmente in strada o in qualche libreria o in un negozio qualsiasi, Requejo è solo. Gutiérrez non ha mai visto Requejo in compagnia di qualcuno. Questo significa che Requejo è un uomo solo? No di certo. Requejo non ha mai visto Gutiérrez in compagnia di qualcuno, questo, tuttavia, non significa che Gutiérrez sia un uomo solo. Bisogna tener conto del fatto che le apparenze ingannano. Magari Requejo è un uomo sposato, è possibile che Requejo sia padre di tre bambini, due maschietti e una femminuccia. Gutiérrez immagina di incontrare Requejo con sua moglie e i suoi figli in un parco giochi. È un Requejo diverso. Un Requejo allegro e spensierato. Un Requejo felice, in una parola. Questo può succedere nell’immaginazione di Gutiérrez, ma non nella realtà. Gutiérrez non va mai nei parchi giochi. Ora Gutiérrez entra nel suo appartamento. Accende la luce e controlla se c’è qualche messaggio nella segreteria telefonica. Non c’è nessun messaggio nella segreteria telefonica. Tutto è tale e quale a come Gutiérrez lo ha lasciato prima di uscire. È come se il tempo non fosse passato dentro l’appartamento di Gutiérrez. Tuttavia, il tempo è passato. Il bicchiere del latte e il piatto che Gutiérrez aveva lasciato bagnati nello scolapiatti si sono asciugati. Sul tavolo da lavoro di Gutiérrez si è depositato un pulviscolo nuovo che non c’era quando Gutiérrez ha lasciato l’appartamento. Gutiérrez soffia via il pulviscolo, bagna il bicchiere del latte e bagna il piatto. Gutiérrez rimette un’altra volta il bicchiere del latte e il piatto nello scolapiatti. Tutto è come prima. Tuttavia, il tempo è passato.
134
VICENTE BATTISTA
Il tempo non è motivo di preoccupazione per Gutiérrez. Marabini gli ha commissionato un libro di autoaiuto per uomini soli, non un libro sul tempo. Gutiérrez apre la busta che gli ha dato Marabini. Ci trova articoli fotocopiati dedicati agli uomini soli; ci trova anche un paio di statistiche e i risultati di un sondaggio realizzato dieci anni fa. Poco o niente. Gutiérrez si versa un bicchiere di latte e con il bicchiere in mano si dirige verso la finestra. Guarda a lungo la parete cieca, poi beve un sorso di latte. “Questo libro sarà un quadro della sua vita” gli ha detto Marabini. Gutiérrez non ha voglia di dipingere la sua vita. Ora Gutiérrez si sistema davanti al computer, ma non lo accende. Apre la cartellina di fogli a quadretti e si prepara ad appuntarsi alcune annotazioni preliminari. Solitario, appunta Gutiérrez. Cosa si intende per solitario? si domanda Gutiérrez, ma invece di appuntare questa domanda, appunta alcune conclusioni relative a questa domanda. In linea di principio, appunta Gutiérrez, qualcuno può vivere da solo e non necessariamente essere un solitario. Ci sono moltissimi solitari che vivono con qualcuno e non per questo perdono la loro condizione di solitari. Gutiérrez sottolinea condizione di solitari e subito dopo appunta: allo stesso modo ci sono moltissimi uomini che vivono da soli e che, tuttavia, non possono essere considerati solitari. Gutiérrez si sente inquadrato all’interno di quest’ultimo parametro. Gutiérrez vive da solo. Questa circostanza, tuttavia, non gli impedisce di avere degli amici. Gutiérrez ha per lo meno un amico. Sebbene lo incontri solo casualmente in strada o in qualche libreria o in un negozio qualsiasi, Gutiérrez considera Requejo suo amico. Gutiérrez ricorda spesso la sua relazione con Ivana. Gutiérrez di solito rievoca i momenti belli e brutti vissuti con Ivana. Chi vive con i propri ricordi non può essere considerato un solitario. Nell’ultimo cassetto della sua scrivania, Gutiérrez tiene The woman from 42nd St. Ogni volta che Gutiérrez ha
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
135
bisogno di un momento di piacere (cosa naturale in qualsiasi uomo), Gutiérrez carica il CD-ROM nel suo computer. Sullo schermo appare l’irresistibile Margaret, con l’ameno proposito di fornirgli un momento di piacere. Non può essere considerato un solitario chi sa viversi i propri momenti di piacere. Gutiérrez, sotto il nome di Conan Il Magnifico, chatta in internet. Con il nome di Conan Il Conquistatore, si è fatto dei cyber amici incondizionati: Jordi, Beto, Killer, Paloma e Dolores. Addirittura c’è una probabile storia d’amore tra Conan Il Guerriero e Dolores. Può essere considerato un solitario chi ha un amico nello spazio reale e vari amici nel cyberspazio? Può essere considerato un solitario chi possiede nella testa i ricordi di una donna e possiede le forme inalterabili di un’altra donna nel suo CD-ROM? Marabini ha commissionato a Gutiérrez un manuale di autoaiuto per uomini soli. Marabini ha detto a Gutiérrez che questo libro sarà un quadro dello stesso Gutiérrez. Gutiérrez ha una casa confortevole e un lavoro sicuro. Cos’altro può desiderare? Decisamente, Gutiérrez non è un solitario. Gutiérrez però deve scrivere un manuale di autoaiuto per uomini solitari. Il manuale si chiamerà Finalmente solo, sebbene non sarà affatto un ritratto di Gutiérrez. Marabini può benissimo pensare che il libro commissionato a Gutiérrez sarà un ritratto vivente di Gutiérrez. Gutiérrez non ha motivo di contraddire i pensieri di Marabini. Gutiérrez è professionale quanto basta da far credere a Marabini che Finalmente solo, il manuale di autoaiuto che si accinge a scrivere su commissione di Marabini, è un ritratto vivente di Gutiérrez. Gutiérrez chiude la sua cartellina di appunti e accende il computer, va al programma di scrittura e scrive: Chi fa da sé fa per tre. Non è una cattiva idea iniziare il libro con questa sentenza colorita. Gutiérrez ha quindici giorni per scrivere Finalmente solo. La macchina si è messa in moto.
XVII
Non sarà mai solo chi è in grado di stare con sé stesso, scrive Gutiérrez. Una magnifica frase, perché negarlo, per chiudere Finalmente solo. Dopo due settimane di lavoro, Gutiérrez può mettere il punto finale. Lo mette e subito dopo attiva l’opzione CONTEGGIO PAROLE del suo programma di scrittura. In meno di un secondo compaiono sullo schermo i risultati: Finalmente solo consta di 90 pagine che contengono 26.740 parole, composte in tutto di 162.570 caratteri, distribuiti in 150 paragrafi, per un totale di 2.800 righe. Un libro perfetto, dalle dimensioni adeguate. È quasi la mezzanotte di domenica e Gutiérrez non ha motivo di dissimulare il suo entusiasmo. Se fosse un po’ più espressivo potrebbe persino fare i classici saltelli di gioia. Gutiérrez però è fatto così, per cui si limita a dare dei colpetti di gioia. Gutiérrez utilizza il mignolo, l’anulare, il medio e l’indice della mano sinistra e il mignolo, l’anulare, il medio e l’indice della mano destra per dare dei colpetti di gioia sul tavolo del computer. Ancora una volta Gutiérrez ha rispettato le scadenze pattuite, domani consegnerà il suo nuovo libro a Marabini. Gutiérrez è un autentico professionista, perché negarlo. Gutiérrez chiude Finalmente solo, ma non spegne il computer. Per quale motivo Gutiérrez non spegne il computer? Perché in questo momento Gutiérrez è tormentato da un dubbio. Da una parte, pensa che potrebbe lavorare al suo romanzo segreto. Dall’altra, pensa che potrebbe navigare in internet. È mezzanotte ed è il momento perfetto per incontrare i suoi amici del
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
137
cyberspazio. Gutiérrez ha voglia di lavorare al suo romanzo segreto; tuttavia sa bene che si merita un momento di svago. Tra il lavoro e lo svago vince lo svago. Anche se non è per svagarsi che Gutiérrez entra in internet. Gutiérrez (o meglio, Conan, perché a partire da questo istante Gutiérrez cessa di essere Gutiérrez per essere Conan) entra in internet con la speranza di trovare Dolores. L’eroe di Cimmeria non sopporta la prolungata assenza di questa donna per la quale, non c’è ragione di nasconderlo, nutre una simpatia speciale. Conan arriva nel gruppo della chat convinto di trovare finalmente Dolores. Il resto è semplice: la inviterà a parlare in privato. E in privato le dichiarerà i suoi sentimenti. Nel programma di chat ci sono Jordi e Beto. Conan non si scoraggia. Conan è arrivato! scrive e subito dopo aggiunge :o e :)), gli smiley che indicano grido e risata. I suoi amici del cyberspazio non tardano a rispondere. JORDI: Che bello averti tra noi, amico! BETO: Era ora, grand’uomo, dove eri finito? Carico di lavoro, scrive Conan, ma Beto non gli crede. BETO: Non fare il modesto, confessa che sei andato a fare conquiste! Conan non può deludere il suo amico. Qualche conquista pure c’è stata, scrive e attende la risposta. È Jordi a rispondere. JORDI: Conquistatore, una fanciulla ha chiesto di te. Ieri e giovedì, mi sa. BETO: Anche martedì. Si vede che aveva molta voglia di incontrarti. Conan legge le parole di Jordi e le parole di Beto. Le legge più volte. Conan sa che deve dissimulare la sua gioia. Domanda chi fosse quella dama che lo cercava, ma non aggiunge :), lo smiley che indica felicità. Arriva la risposta di Beto. BETO: Non te lo immagini?
138
VICENTE BATTISTA
Conan pensa a Dolores. A Dolores che chiede di Conan: Che si sa di Conan? Dov’è Conan? avrà chiesto Dolores. Anche se non ha aggiunto lo smiley che indica felicità, Conan si sente felice. Ora interviene Jordi. JORDI: Tu la conosci bene. Conan sorride soddisfatto. Scrive: Non ho idea di chi possa essere questa donna. Sta per aggiungere ;-), cioè lo smiley che indica un ghigno complice, ma non lo aggiunge. Conan attende la risposta di Beto e la risposta di Jordi. Prima risponde Beto. BETO: Paloma. Poi risponde Jordi. JORDI: Paloma. Mi lusinga che Paloma mi cerchi, scrive Conan e, ora sì, aggiunge ;-), cioè lo smiley che indica il ghigno complice. In realtà, avrebbe dovuto digitare :(, ovvero lo smiley che indica tristezza. Conan sa che certe cose non hanno motivo di diventare di dominio pubblico. Pensa a Dolores, ma non può esprimere i suoi pensieri e men che mai i suoi sentimenti. Né Jordi né Beto hanno detto una sola parola su Dolores, come se Dolores non fosse mai esistita. Il cyberspazio manca di memoria. Nei quindici minuti seguenti Jordi e Beto discutono di un nuovo virus che attacca il BIOS della scheda madre. Conan approva o disapprova, a seconda del caso, sebbene gli interessi poco o niente l’esistenza di questo nuovo virus. Beto è il primo ad abbandonare la chat; subito dopo lo segue Jordi. Conan rimane da solo. Per dieci minuti attende invano l’arrivo di Dolores. Ha gli occhi fissi sullo schermo e pensa a chissà cosa. Finalmente chiude il programma, spegne il computer e torna a essere un’altra volta Gutiérrez. Il soggiorno è rimasto al buio. Gutiérrez va alla finestra. Scorre la tenda e guarda verso la parete cieca. Sta piovendo ed è notte fonda. La parete cieca non si riesce a vedere. Gutiérrez
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
139
la immagina. Non c’è molto da immaginare. La parete cieca è una semplice parete cieca di colore blu scuro, sbrecciata in alcuni punti; nient’altro. Gutiérrez immagina la parete cieca e pensa a Dolores. Gutiérrez pensa che Dolores, quella che insieme a Jordi, Beto, Killer e Paloma si trova nel cyberspazio, è meno reale dell’altra Dolores, quella che si trova a Siviglia, vicino al Santissimo Cristo del Desamparo y el Abandono. Gutiérrez ha visto quella Dolores di Siviglia su internet così com’è, irresistibile al centro dell’altare. Gutiérrez non ha mai visto la Dolores del cyberspazio. Una si trova ancora nella chiesa; l’altra non si trova più nel cyberspazio. Gutiérrez capisce di averla perduta. Gutiérrez ricorda che si perde solo quello che non si è mai posseduto. Gutiérrez ha sempre posseduto Dolores nei suoi pensieri e lì continuerà a possederla. Magari un giorno Dolores si convertirà in un personaggio, ma non in un qualsiasi personaggio di uno dei romanzi scritti da Gutiérrez su commissione. Dolores, così com’è nei pensieri di Gutiérrez, dovrebbe essere un personaggio del romanzo autentico che Gutiérrez si propone di scrivere. Gutiérrez accende la luce, cerca la pasticca, se la mette sulla lingua e la manda giù con un sorso d’acqua. Gutiérrez ha la bocca secca. Se ne va a dormire pensando che domani sarà un altro giorno. Oggi è un altro giorno. È lunedì, sono le undici di mattina e Gutiérrez entra in casa editrice. Per strada restano tracce della pioggia notturna, ma il sole si occuperà di cancellarle in meno di un’ora. Gutiérrez saluta il portiere e sale all’ufficio di Marabini. Gutiérrez bussa due volte alla porta e attende l’ordine di Marabini. Gutiérrez sprizza ottimismo, non resta nulla, non un solo residuo della notte precedente. Anche Marabini sembra ottimista. Si sieda, Gutiérrez, si sieda, dice Marabini. Gutiérrez lascia sopra la scrivania di Marabini il dischetto dov’è salvato
140
VICENTE BATTISTA
Finalmente solo; dopodiché si siede. Marabini prende in mano il dischetto e lo guarda a lungo, come se potesse leggere le 26.740 parole ivi raccolte. Nessun problema? domanda Marabini. Nessun problema, è esattamente come me lo ha chiesto lei, dice Gutiérrez. Non se ne sarà andato per la tangente, domanda Marabini. Per niente, dice Gutiérrez. Lei a volte se ne va per la tangente, dice Marabini. Non in questo caso, assicura Gutiérrez. È un suo ritratto, Gutiérrez? domanda Marabini. Be’, un ritratto... esita Gutiérrez, noi scrittori ricorriamo sempre alla nostra esperienza. Non mi racconti frottole, Gutiérrez, mi vuole dire che lei è stato una volta cowboy, detective privato, marziano, cavaliere medievale, spia sovietica, corsaro inglese, serial killer, monaco tibetano... continuo con la lista, Gutiérrez? Per favore, Gutiérrez, non mi racconti frottole. Noi scrittori, dice Gutiérrez e indica la parete su cui sono appese le foto degli autori della casa editrice, abbiamo questo dono. Lei crede che raccontare frottole sia un dono, Gutiérrez? si indigna Marabini. Non parlo di raccontare frottole, spiega Gutiérrez, mi riferisco a quel misterioso dono che abbiamo noi scrittori. Quale dono? domanda Marabini. Possiamo creare migliaia di personaggi, dice Gutiérrez. Gli scrittori, dice Marabini, non lei, Gutiérrez. Anch’io, pensa Gutiérrez, ma non lo dice. Gutiérrez approva con piccoli movimenti del capo le parole di Marabini. Non si scoraggi, Gutiérrez, dice Marabini, sono sicuro che ha fatto un buon lavoro, che si tratti o no di un ritratto della sua vita. Non ne dubiti, dice Gutiérrez. D’altra parte, dice Marabini, a chi potrebbe interessare la sua vita, Gutiérrez? È vero quello che ha detto Marabini: la vita di Gutiérrez è priva di interesse. E che dire allora della vita di Requejo e della vita di Ivana, persino della vita di Marabini? Sono interessanti le vite di Requejo, di Ivana o di Marabini? Tutto dipende da chi le racconta, pensa Gutiérrez, anche se a volte non suc-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
141
cede nulla e non c’è niente da raccontare. Non c’è mai nulla da raccontare, dice Requejo a Gutiérrez quando si incontrano casualmente in strada, in qualche libreria o in un negozio qualsiasi. È solo una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e di furore. Questa forse è l’unica cosa rilevante che ha detto il tuo famoso Cigno dell’Avon, dice Requejo. Gutiérrez preferisce non discutere. Gutiérrez si limita a raccontare storie, lo pagano per raccontare storie, non per essere il personaggio di queste storie. Marabini appoggia le mani sulla scrivania. Questo gesto indica che Marabini sta per alzarsi, che il colloquio sta per giungere al termine. Marabini si spinge con le mani e si alza in piedi. Anche Gutiérrez si alza. Ora Marabini dovrebbe commissionare un nuovo libro a Gutiérrez. Non c’è un solo foglio sulla scrivania di Marabini. Gutiérrez non vede nessuna busta, non vede neanche cartelline con fotocopie di appunti e di articoli di giornale. Questo materiale in genere è molto importante quando si lavora con biografie, piccoli saggi o volumi di autoaiuto. Gutiérrez suppone che il nuovo libro sarà di narrativa, magari un giallo o un western, potrebbe essere persino un’avventura di spie. Marabini non batte ciglio e non dice una sola parola. Non dice: “Gutiérrez, dovrà scrivere...” come ha detto altre volte. È come se Marabini in questo caso cedesse la parola a Gutiérrez. Quale sarà il prossimo libro? domanda Gutiérrez, facendo uso della parola. Non ci sarà un prossimo libro, risponde Marabini. Non capisco, dice Gutiérrez. Cos’è che non capisce? domanda Marabini. Che non ci sarà un prossimo libro, dice Gutiérrez, non capisco che non ci sarà un prossimo libro. È facile da capire, dice Marabini, non c’è un prossimo libro. Perché? domanda Gutiérrez, ho commesso qualche grave errore? Ho fatto qualcosa che non dovevo fare? Niente affatto, assicura
142
VICENTE BATTISTA
Marabini. Non siete soddisfatti del mio lavoro? domanda Gutiérrez. Niente affatto, assicura Marabini, lei è uno dei nostri uomini migliori, Gutiérrez. Non esiste la minima lamentela contro di lei. Meticoloso, puntuale, silenzioso, rispettoso, obbediente. Magari tutti i ghost-writer di questa casa editrice fossero come lei, Gutiérrez. E allora? domanda Gutiérrez. Allora questo è quanto, Gutiérrez, risponde Marabini, quanto le ho appena detto: non c’è nessun libro. Faccia conto che si prende una settimana sabatica. La prossima settimana ci sarà un libro? domanda Gutiérrez. O magari la prossima ancora, risponde Marabini, per cui non sarebbe una, sarebbero due le settimane sabatiche. Lei si merita un po’ di riposo, Gutiérrez. Ha il diritto di uscire con sua moglie e con i suoi figli. Sono solo, dice Gutiérrez, non ho moglie, non ho neanche figli. Certo! Alla fine solo, dice Marabini, prende il dischetto che Gutiérrez gli ha lasciato e lo agita davanti alla faccia di Gutiérrez. Finalmente solo, corregge Gutiérrez. È uguale, dice Marabini, è la stessa solitudine.
XVIII
E adesso? si domanda Gutiérrez. Marabini ha appena rotto la routine, per cui questo lunedì sarà diverso da tutti i lunedì vissuti da Gutiérrez negli ultimi anni. Quanti anni? Non è possibile azzardare una cifra esatta, ma sono stati molti. La cosa grave è che non soltanto questo lunedì sarà diverso per Gutiérrez, sarà diverso anche il martedì e sarà diverso il mercoledì e lo saranno il giovedì e il venerdì e il sabato e la domenica. Compreso il prossimo lunedì. Marabini non ha assicurato a Gutiérrez nessun libro per il prossimo lunedì. Sebbene non abbia mai trovato quel numero di tre cifre che, secondo i ricercatori dell’Università del Minnesota, potrebbe stabilire se qualcuno è felice o meno, Gutiérrez, fino ad oggi, si considerava un uomo felice. Aveva un lavoro stabile e creativo, aveva buoni amici nel cyberspazio e si incontrava spesso con il suo amico Requejo in strada, in qualche libreria o in un negozio qualsiasi. Gutiérrez si credeva fortunato con le donne, aveva saputo guadagnarsi la simpatia di Dolores e di Paloma, e per quei momenti di pura passione (naturale in ogni uomo) poteva contare sul CD-ROM di Margaret; a rigor di termini, l’unica amica intima di Gutiérrez. Gutiérrez aveva ambizioni segrete. Ad esempio, scrivere il romanzo autentico o incontrare Dolores al di fuori del cyberspazio. Gutiérrez si credeva un uomo felice. È però bastato che Marabini rompesse la routine perché tutto crollasse. Non è semplice accettare un cambiamento di routine. Si potrebbe argomentare che ora Gutiérrez avrà tutto il tempo del
144
VICENTE BATTISTA
mondo per continuare a scrivere il romanzo segreto o che inizierà, finalmente, a scrivere il romanzo autentico. Ma chi garantisce a Gutiérrez che proprio durante questa settimana lo visiteranno le muse? Gutiérrez, sebbene non lo abbia mai detto, crede nelle muse. Sa che una cosa è scrivere libri su commissione, un tot di pagine al giorno, e un’altra, ben diversa, è scrivere libri che vengono pubblicati con il nome dell’autore, persino con la foto dell’autore nella bandella o nella quarta di copertina. Gutiérrez sa che per scrivere quei libri è essenziale la visita delle muse e le muse, questo Gutiérrez lo sa benissimo, non arrivano un giorno qualsiasi e a qualsiasi ora. Si potrebbe argomentare che Gutiérrez avrà più tempo per chattare, per uscire a camminare o per incontrare Requejo. Sono argomenti validi, ma che cadono sotto il loro stesso peso. Gutiérrez (in realtà Conan) chatta di notte. È vero che qualche volta lo ha fatto di giorno, ma lo ha fatto per incontrare Dolores, non per la chat in sé. In quanto a uscire a camminare, Gutiérrez cammina per tre ragioni specifiche: 1) Per andare in casa editrice; in questo caso, percorre diciotto isolati (nove all’andata e nove al ritorno) dal suo appartamento fino alla fermata dell’autobus e viceversa. 2) Per trovare il luogo dei correttori; in questo caso, fa un giro completo dell’isolato della casa editrice. 3) Per mettere in pratica quello che gli aveva opportunamente consigliato il medico; in questo caso, esegue un giro completo dell’isolato in cui vive. Stando così le cose, Gutiérrez non potrà camminare fino alla fermata dell’autobus che lo porta in casa editrice. Gutiérrez non ha nessun libro da consegnare in casa editrice. Gutiérrez non potrà neanche fare il giro completo dell’isolato della casa editrice perché questa settimana non è in programma. A Gutiérrez resterebbe solo la camminata salutare-sportiva, ma è impossibile fare una camminata di questo calibro in una sola giornata. Per
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
145
quanto concerne gli incontri con Requejo, questi incontri avvengono sempre casualmente. Gutiérrez è incapace di affrontare le capricciose leggi del caso. Una settimana difficile. Basta guardare Gutiérrez, soffermarsi un istante sui tratti di Gutiérrez, per capire che sta vivendo uno dei momenti più difficili della sua vita. Gli occhi, dicono, sono lo specchio dell’anima. Non c’è luce negli occhi di Gutiérrez. È pur vero che gli occhi di Gutiérrez non si sono mai distinti per il loro luccichio. In quanto al fatto che Gutiérrez stia vivendo uno dei momenti più difficili della sua vita, perché questa affermazione abbia fondamento, bisognerebbe conoscere a fondo la vita di Gutiérrez, sapere della sua infanzia e della sua adolescenza, sapere quali sono stati i suoi amori impossibili e quali i suoi desideri frustrati. Poco o niente si sa di Gutiérrez. Si sa che ha l’ambizione di scrivere il romanzo autentico e che desidera incontrarsi con Dolores nello spazio reale; si sa che prende una pasticca blu quando si corica e un’altra pasticca, sempre blu, quando si alza; si sa che si fa la doccia tutti i giorni, gli piace il latte e mangia frugalmente. Queste sono le uniche cose che si sanno di Gutiérrez. Dovrebbe essere lo stesso Gutiérrez a fornire maggiori informazioni. Forse ha riversato qualcosa nel romanzo segreto che sta scrivendo o forse riserverà il tutto per il romanzo autentico che pensa di scrivere. La verità è che finora poco o niente si sa di Gutiérrez, per cui dire che Gutiérrez stia vivendo uno dei momenti più difficili della sua vita è pura letteratura, una frase fatta tanto per dire qualcosa. Ma non tutto è perduto. Gutiérrez è appena uscito dalla casa editrice. Oggi dovrebbe fare il giro completo dell’isolato. Dopo questo giro, si suppone, verranno i problemi reali. Gutiérrez salirà sull’autobus e agli occhi di chiunque guardi Gutiérrez, questo sarà un viaggio identico a quello degli altri lunedì. Tuttavia, il viaggio sarà simile, ma non identico. Questa volta, Gutiérrez
146
VICENTE BATTISTA
non avrà con sé una busta con le informazioni sul libro che deve scrivere. Non porterà con sé una busta con le informazioni, semplicemente perché Marabini non gli ha commissionato alcun libro. Si potrebbe argomentare che non sempre Gutiérrez esce dalla casa editrice con una busta sotto il braccio. Quando Marabini gli commissiona un testo di narrativa, Gutiérrez non porta con sé nessuna busta. È vero. Quando Marabini gli commissiona un testo di narrativa però, Gutiérrez approfitta del viaggio in autobus per pensare alla storia che dovrà scrivere. Questa volta, Marabini non gli ha commissionato nessun romanzo, né del far west né di spionaggio né rosa né giallo né erotico: a cosa penserà Gutiérrez durante il tragitto in autobus? È prematuro azzardare cosa penserà Gutiérrez durante il tragitto in autobus. Prima di questo tragitto, Gutiérrez deve fare il giro completo dell’isolato della casa editrice. Gutiérrez crede che sarà un giro come tutti gli altri, parte di una routine realizzata ogni quindici giorni. Gutiérrez pensa che niente cambierà dopo questo giro. In questo caso, Gutiérrez si sbaglia. Ovviamente però, Gutiérrez non lo sa, per cui è pronto per il suo giro. Gutiérrez si volta alla sua sinistra e comincia a percorrere i pochi metri che lo porteranno fino al primo incrocio. Ora si sofferma accanto alla buca delle lettere che quasi come una reliquia del passato resiste in quest’incrocio. Gutiérrez guarda alla sua sinistra e alla sua destra, con l’inequivocabile espressione di chi sta cercando qualcuno. È un’espressione finta, adottata al solo fine di disorientare chi stesse eventualmente seguendo i passi di Gutiérrez. Non invano Gutiérrez ha scritto numerosi romanzi di spionaggio e numerosi romanzi gialli. Gutiérrez sa con certezza in che modo si possono depistare possibili inseguitori. Ci sono diverse tecniche per trarli in inganno. I personaggi di Gutiérrez le utilizzano spesso. Guardare verso sinistra e verso destra, come chi cerca qualcuno, è una di quelle. Perché nessuno si
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
147
accorga dell’inganno, Gutiérrez cambia tecnica ogni quindici giorni. Gutiérrez si accinge a percorrere il secondo isolato, visto che il tratto di strada dalla porta della casa editrice fino a questo incrocio si conta come primo. Non c’è quasi nessuno per strada. Gutiérrez vede solo una donna che cammina alcuni metri più avanti. Gutiérrez scopre che la donna è accompagnata da un ragazzino; sembra un ragazzino monello che saltella senza motivo. La donna lo sgrida, forse gli ha dato una bella tirata d’orecchie, perché ora il ragazzino cammina normalmente accanto alla donna. Sul marciapiede di fronte Gutiérrez vede una coppia interessata agli articoli esposti in una vetrina. Gutiérrez ignora di quali articoli si tratti, perché il negozio che li vende non ha insegna. La donna con il ragazzino entra nella casa che si trova all’incrocio dove è appena arrivato Gutiérrez. In questo nuovo incrocio Gutiérrez mette da parte la tecnica di guardare a sinistra e a destra, come se cercasse qualcuno. Ora prova un nuovo trucco: simulare la decisione di tornare sui suoi passi. All’improvviso, Gutiérrez retrocede di alcuni passi. Se in questo momento qualcuno stesse seguendo Gutiérrez si troverebbe in serie difficoltà, visto che all’istante se lo ritroverebbe davanti. Il tipico caso del cacciatore cacciato. Gutiérrez è appena tornato sui suoi passi e non si è trovato davanti nessuno; in apparenza nessuno lo segue. È tempo di mettersi a camminare per il terzo isolato. Gutiérrez percorre alcuni metri e s’arresta di colpo, come se una forza misteriosa lo avesse paralizzato. Non si tratta di un nuovo stratagemma per disorientare il presunto inseguitore. Gutiérrez si è fermato non per qualcuno che presumibilmente veniva da dietro, ma per qualcuno che ha appena visto più avanti. Gutiérrez ha visto una donna che camminava cinquanta metri più avanti. Gutiérrez è sicuro che quella donna sia Ivana. Un lu-
148
VICENTE BATTISTA
nedì di un mese e mezzo fa uguale a questo, Gutiérrez ha vissuto la stessa situazione. Allora non ha esitato ad andare dietro a quella donna, convinto che si trattasse di Ivana. Cos’aveva spinto Gutiérrez a seguire Ivana in modo così compulsivo? Neanche Gutiérrez potrebbe dare una risposta esatta. La cosa certa è che quel lunedì Gutiérrez ha seguito Ivana. Non si è trattato di un inseguimento prolungato: Ivana è entrata in un palazzo con vari appartamenti e lì, sulla porta di quel palazzo, Gutiérrez ne ha perso definitivamente le tracce. Ora Gutiérrez non vuole che la storia si ripeta. Sebbene tutto stia a indicare che si ripeterà. Ivana (o quella donna che Gutiérrez crede sia Ivana) è appena arrivata sulla porta dello stesso palazzo dove era arrivata quell’altro lunedì, un mese e mezzo fa. Questo lunedì, come l’altro, Ivana apre la porta del palazzo con vari appartamenti ed entra. Gutiérrez affretta il passo, quasi corre. Con questa mossa, Gutiérrez getta via tutti gli ingegnosi stratagemmi architettati finora, ma poco gli importa. Vuole soltanto arrivare alla porta. Gutiérrez arriva ma, come il lunedì di un mese e mezzo fa, Ivana non c’è. Tuttavia, a differenza di quel lunedì, Gutiérrez non abbandona l’inseguimento. La porta è socchiusa, Gutiérrez entra nel palazzo. Gutiérrez attraversa la hall. L’immagine di Gutiérrez si riflette nello specchio che riveste una delle pareti. Lo specchio è l’unico dettaglio decorativo (nel caso uno specchio possa considerarsi elemento decorativo) di questa hall. Gutiérrez si dirige verso il punto in cui, si suppone, si trovi l’ascensore. Vicino all’ascensore ci sono le scale che conducono ai piani alti. Quasi accanto alle scale, come nascosta, si intravede una porta. Tutto sembra indicare che da lì si accede allo scantinato dell’edificio. Anche questa porta è socchiusa. Gutiérrez la apre. La porta, in effetti , dà accesso alle scale che scendono nello scantinato. Ora Gutiérrez comincia a scenderle. Sembrano non avere fine, ma Gutiérrez non
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
149
se ne preoccupa. Man mano che scende aumenta il buio; questo sì preoccupa Gutiérrez, ma non si ferma. Gutiérrez è arrivato alla fine delle scale, il buio è totale. Gutiérrez ignora le dimensioni di questo posto, potrebbe trattarsi di un semplice corridoio o di un vasto salone. Gutiérrez non ha modo di saperlo, ma ugualmente stende le braccia e avanza, cieco. Tutto è silenzio. In lontananza, molto in lontananza, brilla una piccola luce. Gutiérrez non esita e si dirige in quella direzione. Ora Gutiérrez è molto vicino a quella luce. Gutiérrez scopre che si tratta di un cerchio perfetto di non più di venti centimetri di diametro, una specie di sigillo immobile in mezzo al buio. Gutiérrez pensa a un raggio laser, ma si disfa subito di questo pensiero. Davanti agli occhi di Gutiérrez c’è una specie di luce che Gutiérrez non aveva mai visto prima. Gutiérrez continua ad avanzare con le braccia tese. Le mani di Gutiérrez toccano un ostacolo solido. È un muro. Sul muro qualcuno ha ricavato quell’occhio di bue da cui filtra la luce che proviene dall’altra parte. Gutiérrez sa che deve attraversare questo muro, ma non sa come. Decide di andare verso sinistra, tastando il muro, alla ricerca di una porta impossibile. Dopo un bel tratto, quando comincia a perdere ogni speranza, Gutiérrez tasta qualcosa che ha la consistenza di una tela ruvida e solida; crede sia una tela di olona, ma scopre subito che si tratta di quel tipo di tela pesante con il quale si fabbricano i sipari. Gutiérrez chiude gli occhi e fa scorrere il telone. Ora si trova dall’altra parte. Gutiérrez apre gli occhi e si ritrova in un luogo di cui è impossibile determinare le dimensioni. Un posto dove la luce si perde nell’infinito. È una luce intensa, aggressiva e calda allo stesso tempo. Gutiérrez ha appena risolto un enigma leggendario: il luogo dei correttori esiste. I correttori non sono zoppi, nota Gutiérrez.
XIX
Gutiérrez è un’altra volta in strada. Un momento prima aveva cominciato a risalire le scale che lo avrebbero condotto dallo scantinato al pianterreno. Non si vedeva la luce alla fine delle scale: segno inequivocabile che la porta dello scantinato era chiusa. Gutiérrez pensò persino che fosse chiusa a chiave. Le porte dello scantinato devono naturalmente essere chiuse a chiave, gli addetti agli edifici sono incaricati di far rispettare questa legge senza deroghe. Gutiérrez pensò che l’addetto a questo edificio fosse un uomo rispettoso delle leggi e all’istante si immaginò rinchiuso nello scantinato. Rinchiuso lì per chissà quanto tempo, con la sola compagnia di topi e scarafaggi. Negli scantinati degli edifici della città ci sono topi e scarafaggi; in molti di questi scantinati di solito ci sono addirittura i ratti. Mentre risaliva le scale, Gutiérrez pensò che se la porta fosse stata chiusa a chiave, avrebbe dovuto accettare la compagnia di topi e scarafaggi; magari anche la compagnia dei ratti. Quando arrivò all’ultimo scalino Gutiérrez si trovò davanti la porta; non c’era più tempo per le speculazioni. Appoggiò la sua mano destra sul pomello e cominciò lentamente a farlo girare. Non mormorò nessuna preghiera (Gutiérrez, già è stato detto, è agnostico), ma non dissimulò il sospiro di sollievo quando si accorse che la porta non era chiusa a chiave. Nella hall dell’edificio tutto fu più semplice. Gutiérrez si ritrovò al pianoterra, dove di solito si trova la gente normale di questo mondo. Gutiérrez camminò verso la porta d’uscita proprio nel momento in cui, come per miracolo, entrava un inquilino del-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
151
l’edificio. Gutiérrez e l’inquilino dell’edificio farfugliarono un saluto di cortesia. Ora Gutiérrez è un’altra volta in strada e a passo lento si dirige verso la fermata dell’autobus. Gutiérrez ha occupato il quarto posto a sedere, dalla parte del corridoio, nella fila di sinistra. L’uomo che viaggia al lato del finestrino non guarda Gutiérrez. Neanche Gutiérrez guarda l’uomo che viaggia dal lato del finestrino. L’uomo che viaggia dal lato del finestrino guarda dal finestrino. Gutiérrez, invece, ha gli occhi fissi su un punto impreciso, situato qualche metro più avanti. Forse guarda il cartello che riporta il numero di passeggeri che questo autobus ammette seduti e in piedi, o forse guarda la piastra di metallo su cui compare il nome dell’impresa che ha costruito questo autobus: una sorta di marchio di fabbrica. Non importa cosa guardi, Gutiérrez ripete i gesti che immancabilmente compie a bordo dell’autobus, tutti i lunedì in cui Marabini gli commissiona un libro di narrativa. Ora, come qualsiasi lunedì, Gutiérrez viaggia assorto nei suoi pensieri. Tutto sembrerebbe indicare che, come quei lunedì, Gutiérrez pensi al tema del nuovo romanzo che gli ha commissionato Marabini. Com’è ben noto, però, Marabini non gli ha commissionato alcun romanzo. Malgrado questa circostanza, Gutiérrez viaggia ugualmente assorto nei suoi pensieri. Pensa al suo romanzo segreto. Un romanzo che, si suppone, avrà i correttori come personaggi. Gutiérrez ha appena scoperto che il luogo dei correttori esiste davvero. Non è una semplice fantasia. Gutiérrez ha appena visto i correttori. Questa è la pura realtà. Gutiérrez ha visto questa realtà, adesso non gli resta che raccontarla. Si è lasciato dietro il viaggio in autobus, si è lasciato dietro anche i nove isolati che separano la fermata dell’autobus da casa sua. Gutiérrez ha usato l’ascensore per salire i due piani,
152
VICENTE BATTISTA
uscendo dall’ascensore sapeva che la vicina del 2°C lo osservava dallo spioncino della porta. Gutiérrez ha camminato fino al suo appartamento senza dar importanza a quello sguardo. Ora è a casa, beve un bicchiere di latte caldo riparatore e si dirige verso il computer. È tempo di rivelare com’è il luogo dei correttori, dire senza peli sulla lingua come sono i correttori. Gutiérrez percorre il labirinto che lo conduce fino al file dove, sotto un falso nome, custodisce il suo romanzo segreto. Gutiérrez scrive la password e attende. Appena pochi secondi e il suo romanzo segreto compare sullo schermo. Gutiérrez preme contemporaneamente i pulsanti CONTROL e FINE e si ritrova subito all’ultima riga che ha scritto del suo romanzo segreto. A partire da questo momento Gutiérrez digita i tasti senza tregua. Si potrebbe affermare che digita i tasti in modo quasi febbrile, come se fosse realmente posseduto. Mai prima d’ora aveva scritto così. Non c’è dubbio che Gutiérrez senta l’esigenza di raccontare quello che ha visto. Nel 1974 Jum’a, un pastore beduino della tribù Ta’amireh scoprì alcuni antichi manoscritti di pergamena e di tela in una grotta sulla riva nord occidentale del Mar Morto. Quei rotoli, più tardi registrati sotto il nome I Rotoli del Mar Morto, erano più di seicento e si trovavano in diversi stati di conservazione. I rotoli erano scritti in ebraico e in aramaico e, oltre a manuali di disciplina e a libri di inni, includevano, quasi intatte, due delle più antiche copie del Libro di Isaia, e alcuni frammenti di tutti i libri dell’Antico Testamento, a eccezione del Libro di Ester. Le prove paleografiche indicarono che la maggior parte dei documenti era stata compilata in date diverse, a quanto pare, dal 200 a.C. fino al 68 a.C. Oggi costituiscono un aiuto inestimabile per decifrare il testo originale delle scritture ebraiche. Sono scritture accreditate. Jum’a trovò i rotoli per caso. Gutiérrez invece, cercò pa-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
153
zientemente il luogo dei correttori. Jum’a non ha mai avuto la minima idea di cosa avesse trovato. Gutiérrez, invece, fin da subito capì l’importanza della sua scoperta. Jum’a era un pastore analfabeta. Gutiérrez, invece, è uno scrittore che si prepara a rivelare la verità, senza aggiungere o togliere niente. Sebbene ognuno racconti a suo modo le cose che vede, bisognerà prendere per vere le parole di Gutiérrez, visto che, presumibilmente, Gutiérrez è l’unico a conoscere il luogo dei correttori, è l’unico ad aver visto i correttori. Cosa racconta Gutiérrez? Impossibile saperlo. Ben poco si può sapere di un romanzo che già dal titolo si proclama segreto. Bisognerà confidare nel fatto che un giorno Gutiérrez pubblicherà questo romanzo. Sicuramente uscirà con un altro titolo. Il luogo dei correttori, ad esempio, o I correttori. Allora, finalmente, si potrà sapere quello che ora sta scrivendo Gutiérrez. Per il momento dovremo immaginare quel testo. Il fervore che Gutiérrez mette nella scrittura è impossibile da nascondere. Ma in che modo si descrive un fervore? O più nel dettaglio: in che modo si descrive il fervore che proprio adesso sente Gutiérrez? Non c’è modo. Forse è sufficiente dire che le dita di Gutiérrez battono senza tregua sulla tastiera e che gli occhi di Gutiérrez sono sempre fissi sullo schermo. Sebbene neanche questo sia vero. Gutiérrez ha appena alzato le mani dalla tastiera, appoggia il corpo allo schienale della sedia e apre e chiude ripetutamente gli occhi, senza dubbio irritati dalla luce dello schermo. Dopo questa veloce operazione sanitaria, Gutiérrez preme i pulsanti CONTROL e INIZIO. Tutto indica che torna all’inizio del suo romanzo segreto, certo al fine di dedicarsi a una lettura di controllo. Per tre minuti, non fa altro che leggere. Quasi al quarto minuto, interrompe la lettura. Sul viso di Gutiérrez si avverte un’inconfondibile espressione di sorpresa. Nel testo ci sono aggettivi estranei a Gutiérrez, parole che Gu-
154
VICENTE BATTISTA
tiérrez non aveva mai scritto. Qualcuno ha corretto il suo romanzo segreto. Questo è impossibile. Nessuno, proprio nessuno sa di questo romanzo. Per arrivarci è necessario percorrere un labirinto che solo Gutiérrez conosce. Per accedervi è inevitabile scrivere una password che solo Gutiérrez conosce. Gutiérrez pensa a un hacker. Com’è noto, gli hacker invadono le macchine quando la vittima (vale a dire: il proprietario del computer) naviga in internet. Gutiérrez non rientra in questa categoria. Sul computer di Gutiérrez è istallato un sofisticato programma in grado di scoprire e respingere la presenza di qualsiasi hacker. In questo momento Gutiérrez manifesta un sentimento comune agli esseri umani. Gutiérrez ha dei dubbi. Forse ha scritto le parole che ora non riconosce come sue. Nel processo di scrittura spesso si intercalano parole estranee al vocabolario di chi scrive. Potrebbero essere utilizzati numerosi argomenti per spiegare questo fenomeno, Gutiérrez preferisce attribuirlo al sonno. È possibilissimo che quando ha scritto questo paragrafo, si trovasse in quello stato meglio conosciuto come “dormiveglia”. Vale a dire, a metà strada tra la lucidità e il sonno. Gutiérrez pensa che quelle parole furono sognate più che pensate e, com’è ben noto, non c’è modo di dominare i sogni. Sebbene la spiegazione segua una logica assoluta, non riesce a eliminare quel dubbio. Al solo fine di dissipare quel dubbio, Gutiérrez decide di fare una prova. A prima vista si tratta di una prova innocente, quasi infantile, che tuttavia, proprio in virtù di questa ingenuità, può eliminare qualsiasi incertezza. Gutiérrez apre il block-notes della brutta copia che tiene accanto alla tastiera del computer e con una matita a punta fina realizza una dettagliata descrizione dei correttori. Gutiérrez scrive: “Sono individui alti non più di un metro e mezzo, ma di quasi cento chili di peso. Indossano vestiti sgargianti che
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
155
creano contrasto con la pelle, pallida e incartapecorita, delle mani e dei visi.” Gutiérrez annuisce con un rapido movimento del capo, prova inconfutabile che approva quanto ha scritto. Ora, parola per parola, aggiunge questa descrizione in uno dei capitoli del suo romanzo segreto. Il ritratto dei correttori si trova già nel disco rigido. Gutiérrez non può evitare un’espressione di piacere: la sua descrizione dei correttori è costellata di menzogne e assurdità. Questa è la trappola. Gutiérrez spegne il computer, si alza in piedi e si sgranchisce il corpo. È un buon momento per fare una camminata salutare-sportiva. Non ci pensa due volte. Verifica che la finestra che dà sulla parete cieca sia ben chiusa e si dirige verso la porta. La porta e la finestra sono gli unici due punti da cui si può accedere all’appartamento di Gutiérrez. Prima ce n’era un terzo: il vano della lavanderia. Da anni però quella vecchia entrata è sbarrata da una solida parete di mattoni. Ora Gutiérrez si trova nel pianerottolo. Ha chiuso la porta a chiave e si dirige verso le scale. Sa che la vicina del 2°C lo sta guardando, ma gli importa poco. La camminata salutare-sportiva trascorre senza nessun dettaglio degno di essere segnalato. Gutiérrez ha compiuto un giro completo dell’isolato ed è di nuovo davanti al portone dell’edificio. Apre il portone e si dirige verso l’ascensore. Ha l’abitudine di scendere a piedi e di salire in ascensore, l’ha adottata come una regola. Gutiérrez rispetta le regole. È il modo migliore di vivere senza scosse, dice di solito Gutiérrez a Requejo le volte in cui si incontrano casualmente in strada o in qualche libreria o in un negozio qualsiasi. Le mucche e gli agnelli vivono senza scosse, risponde Requejo. Gutiérrez però non coglie l’allusione. Non si sente né mucca né agnello, motivo per cui in situazioni come queste preferisce cambiare discorso: un altro modo efficace per vivere senza scosse.
156
VICENTE BATTISTA
Gutiérrez apre la porta del suo appartamento, accende la luce e verifica che tutto si trovi come lo aveva lasciato prima di intraprendere la camminata salutare-sportiva. Ora si dirige verso il computer, preme il pulsante d’accensione e si siede ad aspettare. Gutiérrez è sicuro che non avrà nessuna scossa. Attraversa il labirinto che lo conduce al suo romanzo segreto, scrive la password e attende che il testo compaia sullo schermo. Gutiérrez è sicuro che sarà tutto come sempre, nulla sarà cambiato. Gutiérrez si sbaglia. Gutiérrez preme i tasti CONTROL e FINE e arriva alle ultime righe del suo romanzo segreto. Gutiérrez ha una scossa. Ci sono due motivi per questa scossa. Primo, qualcuno gli ha corretto il testo. Secondo, chi gli ha corretto il testo ha riproposto la trappola di Gutiérrez: ha realizzato una descrizione dei correttori piena di errori e assurdità. I correttori non sono individui magri di quasi due metri d’altezza, né indossano vestiti eleganti, come ha appena letto Gutiérrez. Non sono così i correttori. Gutiérrez lo sa molte bene, perché li ha visti. Davanti a questa circostanza, non serve a niente andare alla ricerca di Margaret o lanciarsi in internet per chattare. La cosa più sana è prendere rapidamente una pasticca blu. Gutiérrez vuole credere che sia stato solo un brutto sogno, cammina fino al letto e con questa idea si addormenta.
XX
Gutiérrez spegne la sveglia prima che inizi a suonare, poi guarda l’ora: le sette meno un quarto. Fuori è ancora notte. Gutiérrez immagina sia ancora notte. Dal letto è impossibile sapere se è già spuntato il sole. Del resto, anche se Gutiérrez si fosse alzato dal letto, avrebbe comunque dovuto immaginarlo. L’edificio che si leva davanti all’unica finestra dell’appartamento di Gutiérrez è alto più di venti piani. Per sapere se è nuvoloso o se c’è il sole, Gutiérrez deve aprire quella finestra, affacciarsi e guardare verso l’alto. Gutiérrez deve osservare minuziosamente il pezzo di cielo che si intravede nel rettangolo formato tra l’uno e l’altro edificio. Neanche così si ottengono dati certi. Una nube può coprire quel rettangolo proprio nel momento in cui Gutiérrez guarda. Più di una volta Gutiérrez ha pensato fosse un giorno nuvoloso quando in realtà era un giorno di sole. Questo disordine, tuttavia, non lo innervosisce. Gutiérrez non si preoccupa delle variazioni climatiche. Neanche Conan. In internet non ci sono né tempeste né lampi, non esiste né il giorno né la notte. Le volte in cui Gutiérrez e Requejo si incontrano in strada o in qualche libreria o in un negozio qualsiasi, non parlano mai del tempo. Ivana era l’unica persona che parlava con Gutiérrez della magia delle notti di pioggia o del fascino dei pomeriggi di sole. Per me è uguale sia una cosa sia l’altra, diceva Gutiérrez ogni volta che Ivana gli parlava di quella magia o di quel fascino, ma non diceva perché per lui fosse uguale. Anche adesso per Gutiérrez è uguale. Poco importa che questa sia una mattina tempestosa o una mattina di sole. Gutiérrez
158
VICENTE BATTISTA
si mette lo stesso gli occhiali, si infila le pantofole, si mette sulla lingua la pasticca diurna e si dirige verso il bagno. Gutiérrez ha deciso di trasgredire una delle sue norme mattutine: oggi non si farà la doccia. È coerente adottare un atteggiamento ribelle quando, come in questo caso, Gutiérrez ha deciso di dedicare il suo tempo alla stesura del romanzo segreto. Gutiérrez beve una sorsata d’acqua con lo scopo di ingerire la pasticca blu e si dirige in cucina per fare colazione. Al di là di non essersi fatto la doccia, questa mattina sembra identica al resto delle mattine vissute da Gutiérrez. Tuttavia, da qui a un istante, accadrà qualcosa di diverso dal resto delle mattine di Gutiérrez. Mentre si dirige in cucina, Gutiérrez si accorge che la lucetta rossa della segreteria telefonica lampeggia. Qualcuno lo ha chiamato e gli ha lasciato un messaggio. Da quando ha installato la segreteria telefonica, anni orsono, Gutiérrez ha ricevuto solo quattro messaggi. Li ricorda con precisione. Il primo era di un’agenzia di viaggi, gli offriva una crociera ai Caraibi; poteva pagarla in comode rate mensili. Anche il secondo in qualche modo si riferiva a un viaggio. Si trattava di un’offerta di Giardini del Riposo, un cimitero privato in via di espansione che offriva i suoi nuovi loculi a prezzi vantaggiosi. Il terzo era di Ivana, voleva sapere perché Gutiérrez si rifiutasse di vederla. È stata l’unica volta in cui ha chiamato. Il quarto era di qualcuno che aveva sbagliato numero: un certo Raúl ricordava a un certo Santiago che l’indomani alle otto avrebbero dovuto giocare la partita di basket. Il nome di Gutiérrez non è Santiago e Gutiérrez non ha mai giocato a basket. Ora la lucetta rossa della segreteria telefonica lampeggia per la quinta volta. Gutiérrez pensa possa essere Dolores. Pensa che Dolores se ne sia andata dal cyberspazio e abbia deciso di rientrare attraverso la linea telefonica. Questo è impossibile. Dolores starebbe chiamando Conan e non Gutiérrez. Conan non ha
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
159
mai lasciato nessun numero di telefono. Nell’Era Hyboriana, d’altra parte, non c’era il telefono. Chi ha chiamato, di conseguenza, deve essere qualcuno di adesso e di qui. Requejo non conosce il numero di telefono di Gutiérrez. Requejo una volta ha dato il suo numero di telefono a Gutiérrez, ma Gutiérrez non ha mai dato il suo a Requejo. Magari è Ivana, le donne sono imprevedibili, o forse Marabini. In casa editrice hanno capito che Gutiérrez è insostituibile e Marabini lo ha chiamato per chiedergli che, per favore, ritorni. L’enigma si risolverà non appena Gutiérrez avrà sentito il messaggio. Gutiérrez aziona il pulsante della segreteria e si prepara ad ascoltare. Sarebbe stato meglio non averlo ascoltato. Una voce grave, monocorde, dice: “Nella biblioteca si trova la verità, Gutiérrez. La verità si trova nei libri con la copertina blu.” Gutiérrez non può credere alle sue orecchie, per cui riavvolge il nastro e lo ascolta di nuovo. La stessa voce, lo stesso tono, lo stesso messaggio. Gutiérrez vuole credere si tratti di un sogno. Un sogno uguale a quello della notte precedente, quando gli era sembrato di vedere delle correzioni nel suo romanzo segreto. Ora però Gutiérrez è sveglio. Gutiérrez ha paura. Non quella paura che con tanta lucidità, sotto lo pseudonimo di Enrico Moretti, aveva descritto nel suo libro La Paura, un nemico nascosto, della collana La scienza a portata di tutti. Questa è una paura reale, difficile da descrivere. Gutiérrez si guarda intorno, gira su sé stesso più volte cercando le cause del cambiamento, ma non è cambiato nulla. Le cose si trovano al loro posto di sempre e Gutiérrez, come sempre, è solo nel suo appartamento. Gutiérrez cammina verso la stanza da letto. Gutiérrez teme il peggio. L’armadio che nasconde la biblioteca si trova nella stanza da letto. Oltre all’armadio, nella stanza c’è un letto (in realtà si tratta di un materasso da una piazza e mezza, appoggiato su
160
VICENTE BATTISTA
un somier), un cubo di legno che assolve la funzione di comodino, un baule di media grandezza e una vecchia sedia, senza lucido né pittura né stile definito. La stanza da letto di Gutiérrez, come si ricorderà, sembra una cella monacale e non ha finestre. Non c’è modo di guardare da fuori. Gutiérrez percorre le pareti della stanza da letto ed esamina ogni minimo dettaglio: una crepa, una macchia o un’incrinatura impercettibile. Gutiérrez si siede sul letto, ora china il corpo per raccogliere un pelucco da terra; con la scusa guarda se c’è qualcosa sotto il somier. Non c’è niente. Gutiérrez si alza e si dirige verso il baule che si trova ai piedi del letto. Gutiérrez solleva il coperchio del baule. Ben ordinate, così come Gutiérrez le aveva lasciate, ci sono le stesse cose che Gutiérrez aveva riposto alcuni anni prima. Niente sotto il somier, niente dentro il baule. Resta solo l’armadio. Lì si dirige Gutiérrez. I vestiti appesi nell’armadio coprono la biblioteca che custodisce i libri con la copertina blu. Gutiérrez apre l’anta dell’armadio. Nella parte interna dell’anta c’è un’asta di bronzo che sorregge un discreto numero di cravatte. Gutiérrez ne sceglie una, quella con le righe in due diverse tonalità di blu, e la contempla con attenzione, come se stesse cercando una macchia. Mentre cerca la macchia, Gutiérrez di sghembo guarda l’interno dell’armadio. Tutto è in ordine: il soprabito, le giacche e i pantaloni sono appesi nelle loro rispettive stampelle, così come Gutiérrez li aveva lasciati. Non c’è nulla da temere, motivo per cui Gutiérrez fa scivolare la mano in mezzo ai vestiti e prende un libro. Lo apre e scopre che si tratta di un’avventura di Charles “Timbo” Lewis, un soldato mercenario che Gutiérrez ha fatto combattere in diversi paesi dell’America Centrale. Ora Gutiérrez si trova al centro della stanza da letto, con il libro in mano. Se potessimo misurarla, constateremmo che Gutiérrez si trova nel centro esatto della stanza da letto. Bisognerà at-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
161
tribuire questa coincidenza al puro caso. Sarebbe stato impossibile raggiungere quest’esattezza senza disporre di strumenti adeguati. La cosa certa è che Gutiérrez si trova al centro della stanza da letto e si accinge a leggere il libro. Gutiérrez legge una pagina qualsiasi. La faccia di Gutiérrez si trasforma. Può essere un’espressione di dolore o un’espressione di sorpresa. A volte il dolore e la sorpresa si confondono. In questo momento Gutiérrez è confuso, si sforza di accettare quello che ha appena letto in questa pagina qualsiasi. Non può accettarlo perché quello che Gutiérrez ha appena letto in questa pagina qualsiasi è qualcosa di assolutamente vero, di puramente reale. Davanti agli occhi di Gutiérrez scorrono episodi della vita di Gutiérrez che Gutiérrez credeva dimenticati per sempre. Nelle pagine di questo libro vengono descritti momenti molto intimi di Gutiérrez, che Gutiérrez aveva tenuto nascosti per tutta la vita. Non ci sono dubbi: il libro narra com’era Gutiérrez, dagli anni della scuola elementare fino ad oggi. Il libro parla anche dei genitori di Gutiérrez. C’è tutto. Gutiérrez si domanda cosa sia successo al resto dei volumi che custodisce nella biblioteca nascosta nell’armadio. C’è un solo modo per saperlo. Gutiérrez si allontana dal centro esatto della stanza da letto, si ferma davanti all’armadio e come se aprisse un sipario scansa le giacche e i pantaloni. Gutiérrez tira fuori un altro libro, in questo caso si tratta di un manuale di autoaiuto. Gutiérrez gli dà una veloce sfogliata e riscontra che anche questo libro parla di Gutiérrez. Gutiérrez svuota la biblioteca. I libri sono sparsi sul pavimento, senza nessun ordine né criterio. Gutiérrez si inginocchia sul pavimento e comincia a sfogliarli. Questa semplice operazione gli basta per capire che, con leggere varianti, in ogni libro è raccontata sempre la stessa storia. Non importa chi sia a firmarlo, non importa neanche se siano romanzi, di qualsiasi genere, o volumi di
162
VICENTE BATTISTA
autoaiuto o manuali di divulgazione scientifica: tutti i libri sono identici, come se per tutta la vita Gutiérrez non avesse fatto altro che scrivere lo stesso libro. Se qualcuno guardasse ora Gutiérrez dall’alto, diciamo dal soffitto della stanza da letto, vedrebbe che Gutiérrez non si trova più al centro della stanza, si è spostato leggermente di lato. Gutiérrez sa che sul pavimento ci sono centocinquantadue libri. Ora inizia a impilarli. Gutiérrez li ammucchia in quattro pile, di trentotto libri ciascuna. Una volta ordinate le quattro pile, Gutiérrez si dirige verso la prima, la solleva e con estrema attenzione la porta fino in bagno. Gutiérrez lascia i libri accanto alla vasca da bagno e torna a prendere la seconda pila. Gutiérrez ripete la stessa operazione con questa seconda pila, con la terza e con la quarta. Tutti i libri, in quattro colonne quasi perfette, sono sistemati accanto alla vasca da bagno. Gutiérrez prende il primo libro della prima colonna, lo rompe in due metà e le butta dentro la vasca da bagno. Non è difficile rompere in due un libro. Basta tenere la copertina con la mano destra e la controcopertina con la mano sinistra, dopodiché si esegue un rapido movimento di mani e all’istante, dal dorso, il libro risulta diviso in due parti. Gutiérrez esegue la stessa operazione con il resto dei libri della prima colonna. Le copertine blu, confuse con le pagine bianche e i caratteri neri, danno luogo a una strana immagine: sembra un fiume morto. Gutiérrez non dà importanza a questa strana immagine, si dirige verso quella che una volta era stata la lavanderia e che ora è il suo laboratorio di rilegatura. Lì conserva una tanica di cherosene. Per quale motivo Gutiérrez conservava questa tanica nel laboratorio di rilegatura? Si potrebbero formulare varie ipotesi, da quella determinista (la tanica piena di cherosene si trovava lì perché si compisse il destino segnato di Gutiérrez) fino a quella pragmatica (la tanica piena di cherosene si trovava
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
163
lì perché Gutiérrez la utilizzava per le sue mansioni di rilegatura); qualsiasi di queste ipotesi potrebbe essere valida. La cosa certa è che Gutiérrez, tenendo la tanica con la mano destra, si dirige di nuovo verso il bagno. Ora sparge di cherosene i libri strappati che si trovano dentro la vasca da bagno e ci butta sopra un fiammifero acceso. Le fiamme divampano immediatamente. Gutiérrez ha abbassato la tavoletta della tazza e ci si siede. Gutiérrez osserva in silenzio come il fuoco distrugga i libri. Sulla faccia di Gutiérrez si intravedono alcune lacrime. È logico: il fuoco produce fumo e il fumo a volte fa piangere. Gutiérrez va nel soggiorno e spalanca la finestra. Un modo efficace di ridurre il fumo che dal bagno invade il resto dell’appartamento. Gutiérrez si siede su una sedia del soggiorno. Per la successiva mezz’ora, Gutiérrez non fa altro che osservare come il fumo voli via dalla finestra. Ora ritorna in bagno, prende la seconda pila di libri, li rompe a metà, li butta dentro la vasca da bagno e li brucia. Non appena si alzano le prime fiamme, Gutiérrez torna alla sedia del soggiorno, si siede e guarda come il fumo voli via dalla finestra. Mezz’ora dopo, Gutiérrez torna in bagno, rompe i libri che formano la terza colonna e li brucia. Poi ritorna al soggiorno, si siede sulla sedia e osserva come il fumo voli via dalla finestra. Mezz’ora dopo, Gutiérrez torna in bagno per portare a termine l’ultima cremazione. Dopodiché ritorna alla sedia del soggiorno e osserva come il fumo voli via dalla finestra. Gli incendi, anche se piccoli, come questi provocati da Gutiérrez, hanno qualcosa di rituale. Al contrario, quando il fuoco finisce, resta solo fumo, puzza e un paesaggio buio e desolato. Così è il paesaggio che si presenta agli occhi di Gutiérrez. Le piastrelle del bagno hanno sopportato il calore fino alla seconda pila di libri, ma si sono rotte non appena Gutiérrez ha cominciato a bruciare la terza. La vasca da bagno non ha resi-
164
VICENTE BATTISTA
stito tanto: lo smalto ha cominciato a scortecciarsi a metà del secondo rogo. La fuliggine copre parte delle piastrelle rotte. Una coltre di cenere ricopre le crepe della vasca da bagno. Persistono, caparbiamente, alcuni pezzi di carta bruciata. Gutiérrez è di nuovo accanto alla vasca da bagno. Ora si china, raccoglie un pugno di cenere, alcuni pezzi di carta bruciati, li butta nella tazza e spinge il pulsante dello sciacquone. Gutiérrez ripete questa manovra più volte. La vasca è libera da ceneri e pezzi di carta bruciati. Gutiérrez apre i rubinetti e lascia scorrere l’acqua sullo smalto incrinato fino a che non si perde nello scarico. Gutiérrez concentra tutta la sua attenzione sul percorso, come se davvero si trovasse di fronte a un grande fenomeno naturale. Gutiérrez inizia a levarsi i vestiti. Ora entra nella vasca da bagno, apre i rubinetti della doccia e lascia cadere l’acqua sul corpo nudo. Gutiérrez vuole credere che l’acqua purifichi come il fuoco e rimane lì, sotto una pioggia che dovrebbe essere riparatrice. I bagni, per il silenzio e la solitudine che li caratterizza, sono di solito luoghi adatti alla riflessione. Spesso, sotto la doccia, Gutiérrez ha pensato ad alcune delle sue storie. Anche in questo momento Gutiérrez pensa, ma non pensa a nessuna storia. Sicuramente, Gutiérrez pensa che non sia servito a nulla bruciare i libri. Migliaia di lettori avranno letto o staranno per leggere la vita di Gutiérrez. Migliaia di lettori conosceranno o staranno per conoscere i segreti più nascosti di Gutiérrez. Né il fuoco né l’acqua possono evitarlo. Gutiérrez chiude l’acqua e rimane a lungo, in piedi, dentro la vasca da bagno. Gutiérrez sente qualcosa, ma non riesce a capire di preciso cosa. Ora, nudo e bagnato, si dirige verso il computer e mette il CD-ROM di Margaret. Gutiérrez ha bisogno di una sessione di sesso brutale. Selvaggio, come non lo aveva mai fatto prima. Gutiérrez pensa di fare con Margaret tutto quello che non aveva mai osa-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
165
to finora. Gutiérrez accende il computer, pronto a iniziare la cerimonia. Sa che sullo schermo apparirà il generoso corpo di Margaret. Invece del generoso corpo di Margaret, sullo schermo compare una finestra che annuncia che è impossibile accedere al programma. La finestra consiglia di provare un’altra volta e se si dovesse ripetere l’errore, consiglia la finestra, non resta altro da fare che ricorrere al rappresentante del prodotto. Gutiérrez prova un’altra volta e compare di nuovo la finestra. Gutiérrez sa che anche provando mille volte, mille volte comparirà la finestra. Gutiérrez spegne il computer e si spegne anche in Gutiérrez quella passione sfrenata di qualche minuto fa. Gutiérrez ritorna in bagno, si asciuga il corpo, si infila le ciabattine da spiaggia e si dirige verso il letto. Prima di coricarsi, Gutiérrez prende la pasticca notturna. Gutiérrez vuole credere che si è trattato di un brutto sogno anche questa volta.
XXI
I sogni, brutti o no, raramente lasciano tracce. Nell’appartamento di Gutiérrez, tuttavia, restano delle tracce. Il fumo è volato via dalla finestra, ma il pulviscolo è ancora attaccato alle pareti. Gutiérrez si sveglia alle sei di mattina, si alza dal letto, prende la pasticca diurna e si dirige verso il bagno. Il soffitto ha alcune chiazze nere, parte del pavimento è ancora coperta di fuliggine e le piastrelle sono tutte spaccate. Dentro la vasca da bagno si vedono le spaccature dello smalto, ma non c’è più né carta bruciacchiata né cenere. Gutiérrez entra nella vasca da bagno, apre il rubinetto della doccia, lascia scorrere l’acqua sul corpo, si insapona e si sciacqua, come se niente fosse successo. Ora si asciuga, con la tranquillità di tutte le mattine, si infila le ciabattine da spiaggia, con la calma di tutte le mattine, si copre, con il pudore di tutte le mattine, e cammina un’altra volta verso la stanza da letto, come tutte le mattine. Gutiérrez passa accanto alla segreteria del telefono e nota che la lucetta rossa lampeggia. Qualcuno lo ha chiamato, qualcuno gli ha lasciato un messaggio. Gutiérrez è in dubbio se ascoltare il messaggio o tirare dritto. Tira dritto. Ora è nella stanza da letto. Prende una vestaglia dall’armadio e se la mette, si leva le ciabattine da spiaggia e si infila le pantofole, raccoglie l’asciugamano e le ciabattine da spiaggia e si dirige nuovamente verso il bagno. Gutiérrez si ritrova di nuovo davanti alla lucetta rossa della segreteria. I bordelli erano soliti avere una luce rossa sul coprifilo della porta. Anche i pronto soccorsi degli ospedali vengono identificati con una luce rossa. Que-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
167
st’ultimo particolare, tuttavia, Gutiérrez non lo può confermare. Gutiérrez più di una volta è andato in un pronto soccorso, ma non ha mai visitato un bordello. Capricci della mente: Gutiérrez è sicuro di quale sia la luce di un posto dove non è mai stato ed è in dubbio sulla luce di un posto dove è stato più di una volta. La luce rossa che vede adesso Gutiérrez non appartiene né a un bordello né a un pronto soccorso. È una piccola luce che annuncerà grandi disgrazie. Questo Gutiérrez lo saprà quando, una volta per tutte, deciderà di ascoltare il messaggio annunciato da quella lucetta rossa. Gutiérrez indugia davanti alla segreteria. Preme il pulsante e si prepara all’ascolto. Gutiérrez sente la stessa voce, con lo stesso tono del giorno prima. La voce dice: “Un’immagine vale più di mille parole.” Dice solo questo, ma è sufficiente. Gutiérrez lascia cadere le ciabattine da spiaggia e l’asciugamano a terra e, rassegnato, si dirige verso il luogo dove tiene nascosti i suoi album di foto. Gutiérrez tira fuori un album dal luogo dove li tiene nascosti e si prepara a guardarlo. Sarebbe stato meglio non averlo guardato. Qualsiasi cosa ma questo no, dice Gutiérrez a voce molto bassa, quasi in un sussurro. Le foto che ora vede Gutiérrez naturalmente non sono quelle che conservava in questi album. Non si tratta della foto Veicoli per la consegna di Gath & Chaves, neanche di Classe di signorine, Accademia Nazionale delle Belle Arti. Le foto che erano conservate negli album erano scatti inoffensivi, foto che potevano essere mostrate senza alcun rischio, senza disturbare chi le avesse guardate. Invece, quelle che ora vede Gutiérrez sono offensive. Almeno per Gutiérrez risultano offensive. Non invano Gutiérrez ripete più volte: Qualsiasi cosa ma questo no. Non invano si è trasformata la faccia di Gutiérrez. Cosa mostrano quelle foto? Gutiérrez ha chiuso l’album e non pensa di riaprirlo. Non aprirà neanche il resto degli album nascosti in
168
VICENTE BATTISTA
qualche luogo dell’appartamento. Luogo al quale non è facile arrivare. Gutiérrez è solo in mezzo al soggiorno. Dire che Gutiérrez è solo in mezzo al soggiorno è una pura costruzione letteraria. Forse Gutiérrez non è mai stato solo, forse lo hanno osservato tutto il tempo. Chi? Questa domanda anziché dar luogo a una risposta fa sorgere una nuova domanda: Come? Gutiérrez sospetta che ci siano telecamere nascoste nel suo appartamento. In Stazione spaziale sanguinosa, un romanzo del terrore stellare scritto da Gutiérrez per la collana Il cosmo fantastico, avveniva un fatto simile. Il capitano Xcor, esperto in viaggi interplanetari, era seguito tutto il tempo da un occhio che osservava ogni suo minimo movimento. Poi l’occhio inviava i dati alla stazione nemica. Il capitano Xcor non era a conoscenza di quell’occhio, poiché invisibile al capitano. Malgrado questa circostanza, Xcor lo scopriva e metteva fine alla minaccia intergalattica. Non è il caso di Gutiérrez. Stazione spaziale sanguinosa è un romanzo di fantascienza, un genere che permette le fantasie più sbrigliate. Quello che sta accadendo a Gutiérrez, invece, è la pura realtà, e nella realtà non accadono queste cose. Anche se nella realtà non accadono queste cose, Gutiérrez inizia a cercare le telecamere nascoste. Gutiérrez ispeziona fino all’ultimo angolo del suo appartamento e controlla tutti i libri della biblioteca del soggiorno. Gutiérrez non trova nessuna telecamera, né negli angoli né tra i libri. Non ci sono telecamere né negli apparecchi elettrici né nel telefono né nella segreteria telefonica. Gutiérrez pensa all’occhio invisibile che vigilava il capitano Xcor e in automatico dirige gli occhi sullo schermo del computer. Il computer è spento. Gutiérrez accende il computer e si aspetta il peggio. Ma non succede nulla. Lo schermo mostra come pian piano si caricano i diversi pro-
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
169
grammi e finalmente si ferma, in attesa di ordini. Gutiérrez decide di entrare in internet. Ora non è Gutiérrez ma Conan. Forse nel cyberspazio sapranno dargli una risposta. Conan arriva nel gruppo della chat e scopre che ci sono tutti i suoi amici: Beto, Jordi, Killer e Paloma. Per la sorpresa di Conan, c’è anche Dolores. Conan è arrivato! Scrive Conan e aggiunge :-)) che, come si ricorderà, è lo smiley che indica risate; in questo caso, risate di soddisfazione. Conan pensa che Beto o Jordi saranno i primi a rispondere. Nel suo intimo, Conan vorrebbe che Dolores anticipi Beto e Jordi. “Ciao, Guerriero,” potrebbe scrivere Dolores, o potrebbe scrivere: “Benvenuto, eroe di Cimmeria.” Non tutto si perde per sempre, mormora Conan e aspetta di leggere le parole dei suoi amici del cyberspazio. Invece delle parole di Killer o di Jordi, di Beto, di Paloma o di Dolores, Conan riceve una secca e definitiva notifica. “Moderi il linguaggio,” ha scritto l’Amministratore. Sono anni che Conan chatta e non ha mai avuto un solo problema con l’Amministratore. Conan pensa si tratti di uno scherzo. Killer potrebbe benissimo fare una battuta di questo tipo. “Non ci riuscirai, Killer, i miei soldati combatteranno fino all’ultimo sangue” scrive Conan e aggiunge >;-> che, come si ricorderà, è lo smiley che significa sarcasmo e ghigno complice. Ora non resta che aspettare le parole di Killer. Non è Killer però a rispondere. “Lei non può più accedere a questo gruppo” ha scritto l’Amministratore. Conan capisce che non si tratta di uno scherzo. È appena stato vittima di quello che nel linguaggio cibernetico si chiama Kickclean. Letteralmente: Conan è stato pulito a calci. Non c’è modo di revocare questa condanna. Jordi, Killer, Beto, Paloma e Dolores se ne sono andati. In realtà, loro non sono andati via, semplicemente qualcuno ha deciso che Conan non starà più con loro. Per quale motivo si è giunti a
170
VICENTE BATTISTA
questa decisione? Nel cyberspazio ci sono domande che non hanno risposte. Conan chiude la chiamata e torna a essere Gutiérrez. Gutiérrez è di nuovo in piedi in mezzo al soggiorno. Guarda il telefono e pensa a Requejo. In molte occasioni Requejo gli ha chiesto di chiamarlo. Gutiérrez aveva appuntato in un foglietto il numero di Requejo e aveva messo quel foglietto accanto al telefono, ma non l’ha mai chiamato. Ora Gutiérrez si accinge a chiamarlo. Porta l’auricolare all’orecchio, fa il numero e attende la risposta. Sarebbe stato meglio non averlo fatto. Dall’altro capo del telefono gli dà il benvenuto una segreteria telefonica. “Questa è la segreteria telefonica di Gutiérrez. Per favore lasci un messaggio” dice la segreteria. Gutiérrez attacca. Non può credere alle sue orecchie. C’è una sola spiegazione logica: il telefono di Gutiérrez si è commutato con il telefono di Requejo; capricci della tecnologia. C’è un solo modo di risolvere l’inconveniente: Gutiérrez cancella il messaggio di benvenuto della sua segreteria e richiama Requejo. “Questa è la segreteria telefonica di Gutiérrez. Per favore lasci un messaggio” dice la segreteria. Gutiérrez attacca, incrocia le braccia sul petto e guarda il telefono con un atteggiamento che potrebbe sembrare provocatorio. Niente affatto. Gutiérrez è disorientato. Ora si dirige verso il bagno. Continua a non dare importanza alle piastrelle rotte, al soffitto macchiato di fuliggine e allo smalto sbrecciato della vasca da bagno. Gutiérrez concentra la sua attenzione sull’acqua della tazza. Proprio lì, alcune settimane prima, aveva buttato il foglio con il numero di telefono di Ivana, dopodiché aveva spinto il pulsante dello sciacquone e il numero di telefono di Ivana era scivolato via per le tubature. Ora Gutiérrez guarda l’acqua immobile con la speranza che avvenga il miracolo. Gutiérrez immagina che il foglio con il telefono di Ivana
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
171
apparirà galleggiando sull’acqua immobile della tazza. Questi miracoli accadono solo in certi film nordamericani. Può succedere persino a un qualsiasi personaggio di Gutiérrez in un qualsiasi romanzo che ha scritto Gutiérrez, ma non può succedere a Gutiérrez. Così stanno le cose. Gutiérrez guarda ancora per un momento l’acqua immobile della tazza, dopodiché preme il pulsante dello sciacquone. Gutiérrez sente il rumore dell’acqua che scende e osserva la confusione che si crea dentro la tazza. Quando torna la pace, Gutiérrez non vede nessun foglio galleggiare sull’acqua immobile. Gutiérrez esce dal bagno. Ogni volta che Eric Thompson si trova davanti a un problema grave, riempie un bicchiere di whisky e se lo beve tutto d’un fiato. Il duro detective creato da Gutiérrez ripete questo rito di romanzo in romanzo. Gutiérrez non ha whisky in casa (non ha mai bevuto una goccia di alcol in tutta la sua vita), ma gli rimane del latte in frigo. Si dirige verso il frigo. Riempie un bicchiere di latte freddo e se lo beve d’un fiato. Non appena l’ultima goccia di whisky gli scende in gola, Eric Thompson sa come affrontare e risolvere il problema. L’ultima goccia di latte finisce di scendere nella gola di Gutiérrez, ma Gutiérrez continua a essere confuso esattamente come un attimo prima di bere il latte. Questo non si sistema con la letteratura, pensa Gutiérrez e guarda il telefono. Gli resta ancora una chiamata, ma non osa farla. Tra i libri di autoaiuto scritti da Gutiérrez per la collana La tua stessa cura, ce n’è stato uno di particolare importanza. Si tratta del volume 17 di questa collana. Il libro si chiama Tu puoi! Per scriverlo, Gutiérrez si era basato su diversi testi di new age e altre correnti simili. Il libro è uscito firmato dal professore Sidney di Tomasso. Nel quinto capitolo, il professore Di Tomasso spiegava come sconfiggere quei timori che frustrano la realizzazione di grandi imprese. La tecnica offerta dal professor Di Tomasso era una versione contemporanea del metodo
172
VICENTE BATTISTA
ideato dai Huachicinta, una tribù che abitava le terre dove oggi si estende la Costa Rica e che scomparve prima dell’arrivo del conquistador spagnolo. Gli stregoni Huachicinta consigliavano di mettersi in piedi e, con fermezza, battersi il petto con i pugni chiusi e gridare più volte: Io posso! Io posso! Gutiérrez è in piedi in mezzo al soggiorno, si batte il petto più volte mentre grida Io posso! Io posso! Il metodo sembra dare buoni risultati, perché Gutiérrez, senza smettere di colpirsi il petto né di gridare Io posso! Io posso! si dirige verso il telefono. Gutiérrez chiamerà Marabini. È la prima volta da quando si conoscono che Gutiérrez chiama Marabini. Una voce metallica dice il nome della casa editrice, ringrazia per aver chiamato e invita a digitare il numero interno dopo il segnale nel caso in cui ne sia a conoscenza. Gutiérrez non conosce il numero interno. Gutiérrez è sul punto di attaccare, ma un’altra voce, ora umana, lo ferma. La voce chiede con chi vuole parlare. Con il signor Marabini, dice Gutiérrez. Da parte di chi? chiede la voce. Gutiérrez, sono Gutiérrez, dice Gutiérrez. Un attimo, per favore, dice la voce. Gutiérrez sa che non può più attaccare, ma conserva ancora la speranza che Marabini non ci sia, che si trovi in riunione o che non voglia rispondergli. Vane speranze. Marabini appare dall’altro capo del telefono. Di cosa ha bisogno, Gutiérrez? dice Marabini. Voglio parlare con lei, dice Gutiérrez. Lo sta facendo, dice Marabini. Mi succedono delle cose, dice Gutiérrez. A tutti succedono delle cose, Gutiérrez, dice Marabini. Ho visto qualcosa, dice Gutiérrez. Tutti vedono qualcosa, Gutiérrez, persino i ciechi hanno un modo tutto loro di vedere, dice Marabini. Quello che ho visto è molto importante, dice Gutiérrez. Me lo dica, dice Marabini. Preferisco dirglielo di persona, dice Gutiérrez. Venga in casa editrice, dice Marabini. Quando? domanda Gutiérrez. Adesso, Gutiérrez, adesso, risponde Marabini.
SEMPLICEMENTE GUTIÉRREZ
173
Gutiérrez prende dalla stampella il vestito blu scuro, cerca la camicia celeste e sceglie la cravatta a righe, si allaccia la camicia e fa scivolare la cravatta sotto il collo, la annoda, si infila le scarpe nere, si mette il vestito blu e infine il soprabito. Gutiérrez è pronto per uscire. Lancia un’ultima occhiata al suo appartamento ed esce. Gutiérrez cammina in direzione delle scale, sente lo sguardo della vicina del 2°C sulla sua schiena. Si arresta di colpo e gira sui talloni. A passo deciso, Gutiérrez si dirige verso la porta di casa della vicina del 2°C. Quando Gutiérrez arriva a neanche dieci centimetri dalla porta, lo spioncino si chiude. Gutiérrez suona il campanello, ma nessuno risponde. Gutiérrez sente la respirazione della vicina del 2°C dietro la porta. Gutiérrez bussa più volte, ma nessuno risponde. Gutiérrez muove le spalle in un chiaro gesto di indifferenza e si dirige di nuovo verso le scale. Gutiérrez sa che la vicina del 2°C ha alzato di nuovo lo spioncino e sa che lo sta guardando, ma non gli importa più. Ora Gutiérrez è in strada. È una mattina fredda, la percezione termica raggiunge forse i due gradi. Gutiérrez si dirige verso la fermata dell’autobus. Prima di arrivare all’incrocio, due uomini si affiancano a Gutiérrez; uno a destra, l’altro a sinistra. Non vale la pena descrivere questi uomini. È sufficiente dire che si tratta di due individui robusti, ben vestiti. Non c’è nessun altro dettaglio utile a distinguerli. Gutiérrez non è sorpreso dalla loro presenza, si potrebbe dire che li stava aspettando. Lei è Gutiérrez? domanda uno di questi uomini. Sono Gutiérrez, dice Gutiérrez. Se è Gutiérrez, dovrà venire con noi, dice l’altro uomo. D’accordo, dice Gutiérrez e si lascia scappare un leggero sospiro che si trasforma immediatamente in un sorriso. Ora Gutiérrez e i due uomini formano una linea retta che si dirige verso l’incrocio. Proprio quando arrivano all’incrocio arriva un terzo uomo. Gutiérrez ha già visto prima questo terzo uomo.
174
VICENTE BATTISTA
Non gli ha visto la faccia (neanche ora si riesce a vedere), ma non c’è dubbio che si tratta dell’uomo con la testa china con cui Gutiérrez si è incrociato altre volte. L’uomo dalla testa china apre il passo, dietro l’uomo dalla testa china vanno Gutiérrez e la sua scorta. I tre uomini e Gutiérrez camminano in direzione opposta alla fermata dell’autobus. Allora, senza nessun altro gesto, Gutiérrez se ne andrà per sempre da questa storia.
Redazione di Morena Licco Grafica Progetto: Alberto Lecaldano Font: Voland, Luciano Perondi, 2010 Stampa Grafiche del Liri via Napoli, 85 03036 Isola del Liri (FR) Finito di stampare: novembre 2014 Edizioni Voland 00185 Roma, via Napoleone III 12 tel. 06 4461946 www.voland.it e-mail: redazione@voland.it