Alla scuola delladdolorata

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C a rd i n a l e G i a c o m o B i ff i A rc i ve s c o vo e m e r i t o d i B o l o g n a

Alla scuola dell’Addolorata

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a Madonna di San Luca – che è la vera Signora della nostra città e di ogni cuore genuinamente bolognese – guarda questa assemblea con particolarissima tenerezza. In essa scorge i suoi figli più amati, quelli che sono a lei più vicini e più cari perché nelle loro membra sofferenti portano l’immagine più somigliante del Figlio suo crocifisso. Voi siete venuti davanti a lei sorretti da una speranza che non sarà delusa: di qui ripartirete con l’animo consolato, con la certezza di essere stati capiti, con la persuasione di un grande e sovrumano affetto che vi raggiunge, vi dà sollievo, vi rimette in pace. Siete venuti a presentare alla Madre di Dio il vostro carico di mali e di disagi: per le poche energie umane è un peso faticoso da reggere. Ma agli occhi della Vergine Maria – che vedono oltre la superficie delle cose – questo fardello è una ricchezza e un valore. Il mondo, certo, privilegia ed esalta i doni della salute, della forza, dell’efficienza, e tende a emarginare chi è debole; ma la Madonna, che conosce le preferenze di Dio, capisce il pregio inestimabile di un’anima purificata dal dolore, di una fede provata, di una lunga pazienza sostenuta dal desiderio di accogliere in obbedienza ciò che il Signore decide. E voi, che siete convenuti davanti a questa immagine benedetta e cara, dimostrate di sapere che Maria – la quale in tutto ci è maestra di vita – è

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in modo speciale qualificata a insegnarci come si possa soffrire senza disperazione e come si possa fare dei nostri malanni la scala per elevarci e per santificarci. La Madre di Dio è un’esperta nella difficile arte di patire senza smarrire la fede; ha percorso prima di noi la strada della croce; ha conosciuto più di noi l’acre sapore delle lacrime. «Tu pur, beata, un dì provasti il pianto», possiamo dirle con il poeta cristiano. Allora l’impegno più utile per tutti noi, in quest’ora di grazia, credo sia quello di meditare un poco sui dolori e sulle piaghe che hanno ferito il suo cuore. Così ci persuaderemo meglio della sua materna comprensione per noi e della sua volontà di aiutarci. Maria vive in anticipo la passione del Figlio Leggiamo il Vangelo di san Luca al secondo capitolo, nell’episodio della presentazione di Gesù al tempio. Vi troviamo una giovane sposa felice che secondo le consuetudini si reca a Gerusalemme per l’offerta del suo primogenito. Ma la sua gioia è ben presto turbata: Dio vuole preavvisarla di quale vita l’aspetta e di quanto alti siano i costi della sua eccezionale missione. Come ogni madre, anche lei sognava per il frutto delle sue viscere un avvenire di gioia, di tranquillità, di universale riconoscimento; ma è subito disingannata. Le parole profetiche del vecchio Simeone le fanno assaporare in anticipo l’amarezza della passione: il tradimento, l’ostilità, il rifiuto della maggior parte del popolo, che pure è suo, attendono il Figlio di Dio. È una prospettiva che già comincia a stringerle il cuore: Egli è qui - si sente dire per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione… E anche a te una spada trafiggerà l’anima (Lc 2, 34-35). Sono poche parole, dette rapidamente. Ma si incidono per sempre nel suo cuore di Madre, e nel suo cuore, per così dire, sanguineranno ogni giorno. Da questo momento Maria non può guardare più al suo bambino, senza che nel suo interiore orizzonte sia evocata e si profili la croce. Ogni ora che passa – anche la più dolce e quieta – l’avvicina al momento spaventoso di quella preannunciata catastrofe, ed ella lo sa. Ogni ora dunque – anche la più dolce e quieta – è segnata per lei da una sottile e ineludibile angoscia. Il Signore di solito copre pietosamente i nostri occhi davanti ai guai che verranno; perché non ha tenuto nascosto anche a sua madre questo tremendo futuro? Perché per lei ha voluto sollevare il velo su un avvenire di pena, in modo che già negli anni sereni iniziasse a soffrire? È sempre arduo interrogare Dio e il suo mistero a proposito del dolore. Qui però ci sembra di capire qualcosa: era parte del disegno del Padre che tutta l’esistenza di Maria fosse impreziosita da una continua partecipazione al sacrificio di Cristo, quasi in un lungo e penoso travaglio materno dal quale era donata al mondo la Vittima del sacrificio rinnovatore. Così la Madre verginale del Figlio di Dio fatto uomo diventa, nella sofferenza, la madre della nostra redenzione.

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Maria sul Golgota con il Figlio Arriva alla fine l’ora temuta del Golgota, l’ora dello spasimo, l’ora in cui l’offerta si consuma. L’intima connessione tra Gesù confitto al legno e la Madre, che sta in piedi sotto il patibolo, la loro ineffabile comunione nel dolore, prefigura già e avvia la misteriosa ma reale solidarietà che lega ogni creatura che soffre nella speranza, ogni malato che continua a credere, ogni uomo che, pur tormentato, non cessa d’amare il Signore, al Redentore crocifisso, e lo rende partecipe della sua opera di salvezza. Prima e più che per ogni altro cristiano, si avvera sul Calvario l’espressione ardita e verissima di san Paolo: si completa nella carne verginale di Maria quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa (cf. Col 1, 24). Ogni ferita del Figlio si riverbera nelle sue viscere materne; ogni spina dell’orrida corona punge il suo tenero cuore. Alle tre del pomeriggio, la morte, misericordiosa, pone termine al lungo martirio del Crocifisso; ma non pone termine allo strazio della madre. La lancia del milite – che non può infierire più su Gesù ormai spirato – riesce ancora ad accrescere la passione di colei che davanti al figlio morto raggiunge il culmine del suo soffrire. Maria sul Calvario pativa per noi, perché avessimo la forza e la fiducia di affrontare tutte le prove della nostra tribolata esistenza. Soffriva, ma al tempo stesso ci mostrava come si possa, anche nel più acuto tormento, accettare la volontà del Padre, abbandonandosi nelle sue mani. Contro il cielo, in quel cupo tramonto del Venerdì Santo, la Vergine stava sul colle forte e serena; era come l’ultimo lembo azzurro di speranza mentre tutto sembrava inghiottito dalle tenebre; era già un gentile e consolante presagio della Pasqua. Dalla contemplazione dell’Addolorata sgorgano più fervide le nostre preghiere Adesso, dopo aver contemplato la Madonna nella fecondità della sua pena, possiamo, con più luce e con più coraggio, pregare per noi e per tutti. Preghiamo per ogni male del mondo; preghiamo perché i sani si facciano più attenti e interessati ai malati; preghiamo perché la nostra società capisca che ogni uomo che soffre è un tesoro e un pegno di grazia per tutti; preghiamo per coloro che assistono gli infermi, perché possano trovare aiuto e collaborazione; preghiamo perché la nostra città impari dalla Madonna a capire e ad avvalorare sempre più la dignità del dolore. Omelia in occasione del Pellegrinaggio degli ammalati alla Beata Vergine di San Luca, domenica 24 maggio 1987, Cattedrale Metropolitana di San Pietro. Pubblicata in BAB, LXXVIII, 5/1987, 143-145. Gli articoli sono tratti dal libro “La donna ideale ” del Cardinale Giacomo Biffi, Arcivescovo emerito di Bologna. Il libro è in vendita presso Edizioni Studio Domenicano via Dell’Osservanza, 72 40136 Bologna Tel. 051/582034 Fax 051/331583 - esd@esd-domenicani.it

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