Mary Shelley P r o j e c t
PERIODICO DI CULTURA GOTICA - ANNO I n°1
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ESTETICA DELL’INQUIETUDINE: H. BOSH
CIMITERI E DINTORNI: IL CIMITERO DI PRAGA LA RECENSIONE DEL MESE: ROCK DI DANILO ARONA
INTERVISTA DALL’OLTRETOMBA: MARY SHELLEY SI RACCONTA
Editoriale Cari lettori,
il Mary
Shelley Project
è orgoglioso e lieto di
presentarVi la il suo ultimo capolavoro. Questo è solo l’inizio di un lungo cammino verso le tenebre. Ogni ombra, ogni sinistro scricchiolio sarà portato al Vostro cospetto, svelandovi le porte per accedervi. Noi Vi seguiremo, pronti a spingerVi oltre i confini conosciuti, insensibili alle Vostre urla. Il lungo lavoro di ricerca ci ha sfinito. Ci auguriamo che il materiale raccolto sia di Vostro gradimento e che possa regalarVi numerose notti insonni. Buona lettura
MARY SHELLEY PROJECT MAGAZINE
N° 1 - ANNO 2012
coordinatore editoriale VIOLET BLUNT
collaboratori ARTHUR LOMBARDOZZI CINZIA GIORGIO CARMEN VERDE MARCO PROIETTI MANCINI PAOLA PEGOLO ROSANNA MELE
responsabile di redazione CORNELIA VAN DE KAMP
progetto grafico SAM STONER
direttore editoriale SAM STONER
BLOG www.maryshelleyproject.com EMAIL maryshelleyprojet@gmail.com Progetto editoriale VIOLET BLUNT SAM STONER CORNELIA VAN DE KAMP
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Som
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Intervista dall’oltretomba Mary Shelley The queen of Gothic
2 3 4 22
Gothic Art
Estetica dell’inquietudine Parte Primao
36 6884
Selezioni dei più inquietanti pellicole horror La casa dalle finestre che ridono
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Lo specchio magico American
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1 2 10
Cimiteri e dintorni Il cimitero di Pragal
28
Lecon de ténébre
Note che provengono e che evocano l’Oscuro Don Giovanni
3 38
Da leggere all’imbrunire
Recensioni del mese
mario
1 3 18
1 34 14
Biblioteca di Alessandria
Focus on
Testi mai tradotti in italiano e riscoperti da MSP Clara Reeve
Intervista a Loredana Rotundo
34
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Gothic Painting
IlIlprezioso prezioso e eililSublime sublime
Niccolò Pizzorno
Curiosità gotiche Accessori gotici - vittoriani
42
4 40
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Bluenocturne
Recensione Maxima
Harlequin - Mondadori
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Dicebant mihi soldates, si sepulchrum amicae Visitarem curas meas aliquantulum fore levatas. Ebn Zaiat
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Danilo Arona
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Mary Shelley Nella nebbia
di Violet Blunt
Intervista dall’oltretomba
“Frankenstein è nato in seguito a un terribile incubo. Il soggetto è chiaramente ispirato al mito dell'uomo creatore della vita, ma anche alle Metamorfosi di Ovidio, un autore che io amo particolarmente, e al Paradiso Perduto di Milton.” ncontro Mary al crepuscolo, in un quartiere londinese di periferia. È una giornata uggiosa e l'aria è gelida. Mary ha il viso scavato, l'espressione di chi ha vissuto la sua vita affrontando dolori e turbolenze. Abbozza un sorriso e mi dice di seguirla in un posto più tranquillo, per poter parlare in pace. Entriamo in una chiesa e ci sediamo all'ultimo banco. Mary sospira e mi chiede: “Cosa vuole che le racconti, Violet?” “Tutto,” le dico senza esitazione. Voglio sapere tutto su di lei. Mary sorride e rivolge il suo sguardo verso il pulpito. Poi, prende fiato e comincia a raccontare. “Sono nata in questa città, Londra, il 30 agosto 1797. Mio padre era il noto filosofo William Godwin, un esponente del razionalismo anarchico, mentre mia madre era Mary Wollstonecraft, una donna forte e determinata.
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Fu una delle prime a promuovere la questionedei diritti della donna. Purtroppo, questa madre così eccezionale, volitiva, sensibile e grandiosa, io non l'ho mai conosciuta. Avrei potuto imparare tante cose da lei.”
Mary sospira e poi continua: “Ma nella vita raramente facciamo ciò che vogliamo. Raramente, già, troppo raramente. Mia madre morì poco dopo il parto. Nel 1821, mio padre si risposò con Mrs. Clairmont, anche lei vedova. Era una sua conoscente ed era madre di due figli.” “E Percy Bysshe Shelley?” le chiedo curiosa di conoscere una delle storie d'amore più romantiche dell'epoca. Mary si illumina e il suo sguardo si posa involontariamente sulla bifora della chiesetta gotica in cui siamo entrate. La luce che penetra attraverso le vetrate dipinge di tutti i colori il pavimento.
“L'ho incontrato durante un soggiorno in Scozia,” esclama Mary commossa. “Era bellissimo, uno di quei giovani geniali… un poeta ribelle. Lo sposai nel 1816, avevo diciannove anni. Mio padre non era contento della nostra unione, Percy era sposato, ma dopo una rocambolesca fuga in Svizzera, riuscimmo a vivere assieme, come avevamo voluto. Ci era bastato guardarci negli occhi per capire di appartenere l'uno all'altra, senza alcuna riserva. Nessuno può opporsi a ciò che è destino che accada, dicevano i poeti latini. È vero.” “Shelley però portava con sé una tragedia, vero?” le domando. “Sì, la sua prima moglie, Harriet Westbrook, era morta suicida. Percy aveva poi rotto ogni rapporto con il padre. Viaggiammo moltissimo: Francia, Germania, Olanda e Italia. Ah, l'Italia. La culla dell'arte. Non potevamo non amarla. La amo ancora nonostante tutto. Nel 1822, dopo esserci trasferiti a La Spezia, Percy e il marito di una nostra amica, partirono alla volta di Genova per non tornare mai più. Il suo corpo fu rinvenuto tra i flutti il 15 luglio. Tornata a Londra dopo la morte di Percy, ho vissuto in Inghilterra con i proventi del mio lavoro di scrittrice professionista.” “Autrice di vari romanzi,” la interrompo. “Diventerà famosa soprattutto per Frankenstein o il Prometeo moderno, il suo primo libro scritto nel 1818.”
“Esatto. Frankenstein è nato quasi per gioco, com'è noto. Fu di Lord Byron, l'idea. Durante un soggiorno estivo a Ginevra con Percy, Polidori e me, Byron suggerì che ciascuno di noi scrivesse un racconto dell'orrore, che poi ognuno di noi avrebbe letto agli altri come passatempo serale. Percy compose un'opera breve intitolata The Assassins, Byron scrisse il racconto The Burial, mentre Polidori creò la figura di un vampiro affascinante e misterioso, con il romanzo breve The Vampire. Tutti noi partecipanti a quella notte a Villa Diodati abbiamo avuto una tragica fine. Il mio Percy morì annegato. Lord Byron morì giovanissimo a Missolungi in Grecia, Polidori si suicidò... Mentre io, sono morta qui a Londra il 1 febbraio 1851, dopo aver condotto una vecchiaia piuttosto serena in compagnia dell'unico figlio rimastomi. L'unica mia vera ragione di vita dopo la morte di Percy e degli altri nostri figli.” “La serenità degli ultimi anni è dovuta anche la sua arte. Durante quelle fatidiche notti ginevrine lei scrisse un capolavoro: Frankenstein,” ribatto ammirata. “Già, Frankenstein è nato in seguito a un terribile incubo. Il soggetto è chiaramente ispirato al mito dell'uomo creatore della vita, ma anche alle Metamorfosi di Ovidio, un autore che amo particolarmente, e al Paradiso Perduto di Milton.
Ma in Frankenstein al prodigio si sostituiscono chimica e galvanismo. Frankenstein è la storia di un giovane studioso svizzero, il dottor Frankenstein, specializzato in filosofia naturale. Servendosi di parti anatomiche sottratte ad alcuni cadaveri, il dottore mette insieme i pazzi per arrivare a formare una creatura mostruosa. Ci riesce solo con un procedimento segreto con il quale infonde la scintilla della vita. Malgrado l'aspetto terrificante, la Creatura è docile e buona, ha il cuore mite e l'animo dolce. Tuttavia si accorge del disgusto e della paura che suscita negli altri e, sebbene la sua natura sia incline alla bontà, per il trauma della scoperta, la Creatura si trasforma e diventa una furia distruttiva. Spaventa, depreda e finisce per uccidere persino il suo creatore.” “Questo suo primo romanzo ha goduto di una fama e di una fortuna costanti. È stato oggetto di innumerevoli imitazioni, cosa ne pesa al riguardo?” “La fortuna di Frankenstein può essere dovuta, immagino, alle molte questioni eticofilosofiche che una sua lettura attenta fa sorgere. Fra le tante questioni, c'è quella relativa alla origini della vita, al ruolo a dir poco ambiguo della scienza, troppo spesso inconsapevole creatrice di mostri. Non ultima la questione rousseauiana della bontà e creatività originaria dell'uomo, in seguito corrotto dalla società.” Mary è stanca. Si alza e mi fa cenno di uscire dalla chiesa. “Devo ritornare da Percy,” mi dice inoltrandosi nella nebbia. Cerco di seguire la sua immagine, ma tutto ciò che rimane di lei svanisce. Resta solo il ricordo di una donna forte che per qualche ora ci ha concesso di udire la sua voce.
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r yshelle www.maryshelleyproject.com
E l l e y p r o j e c t. c o 17.02.2012
Il
Cimitero di Cornelia van de Kamp
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…sporgono fitte agglomerazioni di lapidi cionche, cascanti, inclinate come i ciechi di Bruegel, sprofondate fino alla punta, inghiottite dal suolo umido e nero…
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Cimiteri e dintorni 1
Cimiteri e dintorni
A
parere di chi scrive tra i 10 cimiteri da vedere prima di morire non può mancare l'Antico Cimitero Ebraico di Praga, ineguagliabile camposanto nella Repubblica Ceca. Un vero cimitero da bestseller, oggi in cima alle classifiche nelle librerie di quasi tutto il mondo, grazie all'ultimo romanzo di Umberto Eco. Ciò non inganni tuttavia il Lettore di Morti e Sepolti: il romanzo di Eco non è ambientato né a Praga né in un cimitero. La prima volta che il cimitero di Praga compare nel libro è a pagina 121 ed è soltanto l'ambientazione di un incontro puramente immaginario che sarà il fulcro delle vicende del romanzo e dell'antisemitismo mondiale: è infatti qui che Simonini, cinico falsario della Storia e protagonista del romanzo, mette in scena un conciliabolo notturno di dodici rabbini, nel corso del quale questi espongono i loro piani per la conquista del mondo e la distruzione del cristianesimo. La descrizione del luogo che ci regala la penna di Umberto Eco è veloce e profondamente suggestiva: “Esisteva sin dal Medioevo, e nel corso dei secoli, siccome non poteva espandersi al di fuori del perimetro permesso, aveva sovrapposto le sue tombe, così da coprire forse centomila cadaveri……quello spazio sembrava la bocca spalancata di una vecchia strega sdentata…”Così raccontare una storia in tre righe. Il Vecchio Cimitero Ebraico di Praga fu infatti fondato nel 1439 e rimase per oltre
Trecento anni l'unico luogo dove gli ebrei di Praga potevano seppellire i loro morti. Le dimensioni attuali sono all'incirca quelle medievali, perché il cimitero non poteva espandersi fuori dal perimetro esistente: così, nel tempo, si sopperì alla mancanza di spazio sovrapponendo le tombe. In alcuni punti si formarono fino a nove strati di diverse sepolture: le lapidi venivano staccate dal suolo, veniva ammonticchiata della terra per una nuova sepoltura (per questo il cimitero è pieno di collinette e dislivelli) e veniva ricollocata la vecchia lapide con accanto la nuova. Oggi si contano circa 12.000 lapidi ma, data la conformazione “a strati”, si ritiene che vi siano sepolti oltre 100.000 ebrei. Sul procinto di crollare o già cadute, in un disordine commovente e angosciante allo stesso tempo, le pietre tombali se ne stanno assiepate, accavallate, sbilenche e storte, l'una contro l'altra, quasi tutte all'ombra, oscurate dalle fronde di alti sambuchi. Così scrive A. Maria Ripellino nella sua Praga magica: “…sporgono
fitte agglomerazioni di lapidi cionche, cascanti, inclinate come i ciechi di Bruegel, sprofondate fino alla punta, inghiottite dal suolo umido e nero… Pietre scontorte comedenti sradicati, rugose tiare di pietra confitte nelfango, lastre che strisciano come culs-de-jatte su inestricabili grovigli di cippi, stele scalzate dalle contorsioni dei morti, dalle escrescenze della terra compongono un misterioso balletto”. Nessun ritratto, perché la religione ebraica lo vieta. Solo disegni simbolici per indicare la professione o lequalità del defunto: forbici per i sarti, pinzette per medici, mani benedicenti per i rabbini e poi tanti animali per chi si chiamava Volpi, Orsi e così via. “Praga è città di stravaganze funerarie”, annota Fabio Giovannini nella sua preziosa Guida ai cimiteri. “In questa città esiste una via dei Cadaveri (Umlrci Ulice, a Mala Strana) e si mangiano dolci a forma di bara (rakvicky). E la sua nomea di città funeraria, Praga la deve non solo al cimitero ebraico, ma anche agli altri numerosi cimiteri, spesso vicini alle case.” Segnati dal marchio indelebile della malinconia, aggirandoci tra le vie di questa città misteriosa e dolente, siamo giunti al termine della prima tappa di Tops of the pops dei cimiteri di tutto il mondo. Ma questa faccenda delle classifiche può risultare imbarazzante: la motivazione di un primo o secondo posto, diciamocelo, non è mai convincente in modo schiacciante e definitivo. Se siete convinti, come me, che le classifiche non possano che essere personali e soprattutto sentimentali, allora scrivetemi, amici. Come quando si telefonava alla radio per chiedere il proprio disco preferito, il vostro cimitero del cuore potrà essere il protagonista del prossimo appuntamento di Morti e Sepolti. Si accettano dediche.
Bibliografia consigliata e fonti: Umberto Eco, Il Cimitero di Praga, Bompiani, 2011 Fabio Giovannini, Guida ai Cimiteri d'Europa, Stampa Alternativa, Roma, 2000 Angelo Maria Ripellino, Praga magica, Einaudi, Torino, 1992
Gothic Style
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er una casa editrice, grande o piccola che sia, trovare nuovi talenti letterari su cui scommettere è un'ardua impresa. A ROTUNDO facilitare il compito di scegliere tra le migliaia di manoscritti che arrivano sulle scrivanie degli editori vi è una figura, finora poco conosciuta ai più: l'agente letterario. Loredana Rotundo, titolare di una delle agenzie letterarie più quotate del nostro Paese, nella vita si dedica alla ricerca di talenti e all'intermediazione tra gli autori e le case editrici. Loredana ama i libri da Giorgio sempre e di Cinzia questo ha segnato inevitabilmente il suo percorso personale e professionale, così come il cammino degli autori che si imbattono in lei e decidono di affidarle le proprie opere. Loredana Rotundo è diventata agente letterario dopo molti anni dedicati alle traduzioni letterarie e dopo aver frequentato il corso di scrittura creativa con Raul Montanari e i corsi di traduzione del romanzo giallo e rosa con i traduttori Tullio Dobner e Olivia Crosio. Nel 2004 ha deciso di fondare un'agenzia letteraria con due colleghe, per poi proseguire il suo cammino da sola. Fin da subito si è occupata della ricerca di autori italiani. Numerosi gli LOREDANA
Agente Letterario P R O F E S S I O N E
Agente
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er una casa editrice, grande o piccola che P sia, trovare nuovi talenti letterari su cui er una casa editrice, grande o piccola che sia, trovare nuovi talenti letterari su cui scommettere è un'ardua impresa. A facilitare il compito di scegliere tra le migliaia di manoscritti che arrivano sulle scrivanie degli editori vi è una figura, finora poco conosciuta ai più: l'agente letterario. Loredana Rotundo, titolare di una delle agenzie letterarie più quotate del nostro Paese, nella vita si dedica alla ricerca di talenti e all'intermediazione tra gli autori e le case editrici. Loredana ama i libri da sempre e questo ha segnato inevitabilmente il suo percorso personale e professionale, così come il cammino degli autori che si imbattono in lei e decidono di affidarle le proprie opere. Loredana Rotundo è diventata agente letterario dopo molti anni dedicati alle traduzioni letterarie e dopo aver frequentato il corso di scrittura creativa con Raul Montanari e i corsi di traduzione del romanzo giallo e rosa con i traduttori Tullio Dobner e Olivia Crosio. Nel 2004 ha deciso di fondare un'agenzia letteraria con due colleghe, per poi proseguire il suo cammino da sola. Fin da subito si è occupata della ricerca di autori italiani.
scommettere è un'ardua impresa. A facilitare il compito di scegliere tra le migliaia di manoscritti che arrivano sulle scrivanie degli editori vi è una figura, finora poco conosciuta ai più: l'agente letterario. Loredana Rotundo, titolare di una delle agenzie letterarie più quotate del nostro Paese, nella vita si dedica alla ricerca di talenti e all'intermediazione tra gli autori e le case editrici. Loredana ama i libri da sempre e questo ha segnato inevitabilmente il suo percorso personale e professionale, così come il cammino degli autori che si imbattono in lei e decidono di affidarle le proprie opere. Loredana Rotundo è Il servizio diventata agentediletterario dopo molti anni dedicati alle traduzioni letterarie e dopo aver valutazione frequentato il corso di scrittura creativa con Raul dell'opera è Montanari e i corsi di traduzione del romanzo fondamentale giallo e rosa con i traduttori Tullio Dobner e Olivia perCrosio. un Nel 2004 ha deciso di fondare un'agenzia aspirante letteraria con due colleghe, per poi proseguire il suo cammino scrittoreda sola. Fin da subito si è occupata della ricerca di autori italiani. Numerosi gli
Letterario Numerosi gli esordienti che hanno visto le proprie opere pubblicate grazie a un'analisi attenta e scrupolosa del testo e alla conseguente individuazione delle case editrici più adatte, dalle piccole alle grandi. Con la casa editrice Feltrinelli è uscito il primo romanzo di un suo esordiente italiano, a cui hanno fatto seguito le pubblicazioni di successi letterari con gli editori: Fanucci, Frassinelli, Mondadori, Sperling, Tea Libri e tanti altri. Congiuntamente, attraverso la ricerca senza sosta nella rete e la lettura incessante delle pagine di cultura dei maggiori quotidiani e magazine nazionali e internazionali, Loredana Rotundo scova autori o titoli di autori stranieri mai tradotti in Italia: come il grande Lewis Nkosi, autore sudafricano pubblicato da Giunti; oppure M.J. Akbar, noto autore e giornalista indiano edito da Neri Pozza, fino ad arrivare a un titolo di cui l'agenzia va molto fiera: Fall River - 13 racconti inediti del grande scrittore americano John Cheever, vincitore del Premio Pulitzer, pubblicato in Italia da Fandango, in Francia da Gallimard, in Portogallo da Sextante Editora, in Spagna da Tropo Editores. Con queste basi ormai consolidate, il mercato straniero diventa raggiungibile quanto quello italiano. I diritti di traduzione dei romanzi di alcuni autori rappresentati da Loredana Rotundo vengono venduti in Europa e Oltreoceano.
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Style ÈGothic il caso di Francesca Petrizzo con Memorie di una cagna e Raffaello Mastrolonardo con Lettera aagenzia Léontine. La sua ha sede a Paderno Dugnano, alle porte di Milano, dove Loredana vive insieme al marito, ai tre figli e a una buona capacità di resistenza.
Professione: Agente Letterario. In cosa consiste esattamente il suo lavoro? Quali difficoltà ha trovato nell'intraprendere questa professione? a mia principale attività è la ricerca di nuovi autori. Lavoro soprattutto con gli esordienti italiani, offrendo loro una serie di servizi: dalla valutazione dell'inedito con analisi approfondita del testo, all'editing, alla Uno scrittore rappresentanza degli autori dovrebbe o aspiranti autori dedicare presso le case editrici italiane e straniere, fino oltre la metà del alle traduzioni. Oltre a me, in agenzia, ci sono proprio tempo altre due assistenti. Per ciò che riguarda la "libero" alla valutazione dei testi e dell'eventuale editing mi e solo il avvalgo di editor esterni. lettura La valutazione dell'opera mi permette di capire se resto esistano allao meno sbocchi editoriali. Se sì, l'agenzia propone scrittura.
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È il caso di Francesca Petrizzo con Memorie di una cagna e Raffaello Mastrolonardo con Lettera a Léontine. La sua agenzia ha sede a Paderno Dugnano, alle porte di Milano, dove Loredana vive insieme al marito, ai tre figli e a una buona capacità di resistenza. Professione: Agente Letterario. In cosa consiste esattamente il suo lavoro? Quali difficoltà ha trovato nell'intraprendere questa professione? La mia principale attività è la ricerca di nuovi autori. Lavoro soprattutto con gli esordienti italiani, offrendo loro una serie di servizi: dalla valutazione dell'inedito con analisi approfondita del testo, all'editing, alla rappresentanza degli autori o aspiranti autori presso le case editrici italiane e straniere, fino alle traduzioni. Oltre a me, in agenzia, ci sono altre due assistenti. Per ciò che riguarda la valutazione dei testi e dell'eventuale editing mi avvalgo di editor esterni. La valutazione dell'opera mi permette di capire se esistano o meno sbocchi editoriali. Se sì, l'agenzia propone all'autore la rappresentanza presso le case editrici italiane e straniere, a seconda del genere di romanzo.
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er una casa editrice, grande o piccola che sia, trovare nuovi talenti letterari su cui scommettere è un'ardua impresa. A facilitare il compito di scegliere tra le migliaia di manoscritti che arrivano sulle scrivanie degli editori vi è una figura, finora poco conosciuta ai più: l'agente letterario. Loredana Rotundo, titolare di una delle agenzie letterarie più quotate del nostro Paese, nella vita si dedica alla ricerca di talenti e all'intermediazione tra gli autori e le case editrici. Loredana ama i libri da sempre e questo ha segnato inevitabilmente il suo percorso personale e professionale, così come il cammino degli autori che si imbattono in lei e decidono di affidarle le proprie opere. Loredana Rotundo è diventata agente letterario dopo molti anni dedicati alle traduzioni letterarie e dopo aver frequentato il corso di scrittura creativa con Raul Montanari e i corsi di traduzione del romanzo giallo e rosa con i traduttori Tullio Dobner e Olivia Crosio. Nel 2004 ha deciso di fondare un'agenzia letteraria con due colleghe, per poi proseguire il suo cammino da sola. Fin da subito si è occupata della ricerca di autori italiani. Numerosi gli A me, come dicevo prima, interessa molto trovare nuovi autori, anche esordienti. Come si può vedere nel mio sito, gli esordienti che rappresento hanno pubblicato anche con grandi case editrici: Feltrinelli, Mondadori, Frassinelli, Sperling e così via. Nonostante la crisi che ha investito anche il mondo editoriale/librario, c'è ancora spazio per gli autori italiani, anche per gli esordienti: basta guardare le classifiche attuali! Quali consigli darebbe a chi vuole seguire le sue orme e diventare agente letterario? Per chi volesse intraprendere la professione di agente letterario è necessaria la conoscenza del mondo editoriale, dei meccanismi al suo interno. Un buon agente letterario deve avere uno sguardo aperto a 360 gradi sul mondo: arte, politica, società, attualità; deve leggere molto ed essere costantemente aggiornato sulle novità editoriali italiane e straniere. La conoscenza delle lingue è fondamentale per intrecciare rapporti con gli editor degli altri Paesi. Deve essere disponibile a viaggiare molto per essere presente agli eventi più importanti, quali per esempio le fiere del libro internazionali Francoforte, Londra, Torino ecc. Le Fiere del Libro sono infatti il luogo ideale per promuovere e negoziare i diritti. Un buon agente deve inoltre sapersi affidare a editor professionisti e collaboratori esterni, che rendono possibile il grande lavoro di squadra di un'agenzia letteraria. Come nel caso della mia agenzia. In Italia, secondo lei, si scrive più di quanto si legge? Che consigli darebbe a chi vuole diventare uno scrittore? Il servizio di valutazione dell'opera è fondamentale per un aspirante scrittore,
a prescindere dal fatto che scelga o no la nostra agenzia. La valutazione rappresenta il primo passo per ottenere un'analisi approfondita del proprio manoscritto da parte di editor professionisti e, quindi, gli strumenti per mettersi a lavorare sul testo: altro passo importante! Gli aspiranti autori sono moltissimi. Tanti, purtroppo, alla mia domanda: "Posso sapere quali libri legge? Quali sono le opere che l'hanno in qualche modo formata e che ancora si porta dentro?", non riescono a darmi una risposta che comprenda più di un paio di romanzi. La lettura per un aspirante scrittore è più importante della scrittura. Uno scrittore dovrebbe dedicare oltre la metà del proprio tempo "libero" alla lettura e solo il resto alla scrittura. Come si fa a contattarla? Quali sono gli strumenti per lanciare un esordiente? Fino a oggi, nella maggior parte dei casi, sono stati gli autori a cercarmi, attraverso il sito, sottoponendomi i loro manoscritti in valutazione. Quando trovo qualcosa di buono, una bella storia, appassionante e avvincente, ben scritta, di ampio respiro e con un ritmo tale che ti spingono a girare pagina e a leggere tutto d'un fiato, è un grande momento. Purtroppo non succede spesso! A volte comunque è accaduto che attraverso blog o siti specifici abbia scovato un paio di autori che sono riuscita a portare alla pubblicazione. Il massimo della valorizzazione per un aspirante autore è arrivare a ottenere un contratto di pubblicazione con una casa editrice. Piccola, media o grande, l'importante è che sia dignitosa, seria, entusiasta del titolo e dell'autore che sceglie. Deve soprattutto crederci. Succede anche di vendere i diritti di un romanzo italiano prima all'estero e poi in Italia. Si tratta di un servizio che offriamo, quando, ovviamente, siamo convinti della possibilità di una buona riuscita. Così come rappresentiamo autori stranieri in Italia o in altri Paesi Europei. Una cosa di cui andiamo fieri è l'aver scoperto una raccolta di racconti inediti di John Cheever di cui abbiamo venduto i diritti di traduzione in Italia, Spagna, Francia e Portogallo.
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Clara
di Cinzia Giorgio
Reev
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In occulto Latet 1
In occulto Latet
In Occulta Latet presenta
Clara Reeve
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lara Reeve nasce a Ispwich il 23 gennaio 1729 dal reverendo William Reeve, curato di St. Nicholas e da una delle figlie del gioielliere di Re Giorgio I. Ha scritto diversi romanzi, tra cui solo The Old English Baron, (Il Vecchio Barone Inglese, in un primo momento intitolato The Champion of Virtue) viene ricordato oggi. Scritto nel 1777 a imitazione del Castle of Otranto (Il Castello di Otranto) di Sir Horace Walpole, il romanzo della Reeve ha influenzato la stesura del pi첫 celebre Frankenstein di Mary Shelley. Tra le altre operedi Clara Reeve va citato il romanzo epistolare The School for Widows (1791), e la sua innovativa storia del romanzo, The Progress of Romance (1785), che viene generalmente considerata un precursore degli studi sulla nascita e sull'evoluzione del romanzo femminile inglese del XVIII secolo. La Reeve, assieme a Elizabeth Rowe (16741737) e Susannah Dobson (morta nel 1795) viene infatti considerata una delle iniziatrici incontrastate della narrativa femminile del periodo.
Clara 20
Il Vecchio Barone Inglese venne pubblicato anonimo nel 1777 con il titolo The Champion of Virtue, prima di apparire con il titolo corrente nel 1778. La storia, ambientata nell'Inghilterra medievale, segue le avventure di Sir Philip Harclay, che al suo ritorno si trova a dover affrontare una terribile situazione: il castello e la proprietà dell'amico Lord Lovel sono stati usurpati. Una serie di rivelazioni, tradimenti e orrori culmina, in una scena di lotta tra il bene e il male, con la restituzione del maltolto. La Reeve morirà a Ipswich il 3 dicembre 1807. Dalla biografia dell'autrice, lo scrittore americano Thomas M. Disch ne trarrà un romanzo gotico sui generis: Clara Reeve (1975). Scritto sotto lo pseudonimo di Leonie Hargrave, Clara Reeve è un romantico e Shelleyiano omaggio al romanzo gotico e a quello vittoriano. Thomas Disch, noto autore di Science Fiction, horror e mystery, con Clara Reeve si è voluto cimentare anche nel gotico classico. La storia è narrata in prima persona dalla Reeve, che incarna il prototipo dell'ingenua eroina con la vita difficile e ardimentosa. Clara si trova, fin dalle prime battute, in un vortice di eventi misteriosi, che vanno dai sospetti sul nuovo marito di sua zia Lydia, ai segreti di Niles Visconti, che Clara sposa subito dopo.
Il suo romanzo Castel of Otranto ha inluenzato la stesura del più celebre Frankenstein di Mary Shelley
Nella pagina accanto, un ritratto di Clara Reeve; Qui sopra in alto, la copertina del suo romanzo The English Baron; A destra, il romanzo Clara Reeve delo scrittore americano Thomas Ditch uscito nel 1975.
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Gothic Art
Estetica dell’inquietudine - parte prima di Rosanna Mele
Luci e
Ombre
DA BOSCH A F. BACON
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A pag. 11, H.Bosh, Il trittico delle Delizie Inferno, parte alta, (Museo del Prado, Madrid)
Gothic Art
a destra, P. Brugel il vecchio I 7 peccati capitali - L’ira xilografia, 1558,
Il viaggio nell'Estetica dell'inquietudine, spazia nel tempo, tra sonno e morte, sacro e profano, alla ricerca di “artisti maledetti”, che hanno fatto dell'inquietudine dell'anima un principio di bellezza e visione, alternando al reale, l'onirico, al meraviglioso, il diabolico… il mostruoso. 24
'uomo, prima ancora che parlare, ha imparato a comunicare attraverso simboli e immagini che gli hanno permesso di abbandonarsi ad audaci slanci dell'anima tra bene e male e indagini sul mondo, sull' essere umano. Così l'artista, intento a rappresentare l'esistenza, esplora il proprio inconscio e nuovi linguaggi; sperimenta conoscenze e possibilità, creando, quasi come un "nuovo Dio", altri mondi paralleli e ideali da perpetrare attraverso la propria arte. Questo invasamento, ha un profondo significato perché indica la continua oscillazione dell'artista tra tormento ed entusiasmo, la sua fatica ad essere appagato dalla propria opera che deve riprodurre un messaggio universale. Sa che i suoi dipinti, le sue figure poetiche, le sue sculture non sono voci particolari, di un momento, ma sono espressioni eterne. Da qui l'ansia, la tensione alla perfezione ideale. Compiuta la propria opera, l'artista sovrabbonda di entusiasmo, vive il proprio senso di onnipotenza, il desiderio di eternità , la dicotomia tra bello e brutto, bene e male, luce e ombra. In quest'ottica, l'estetica dell'inquietudine è una sorta di vertiginoso strapiombo che apre possibilità illimitate di lettura semiologica, iconografica, simbolica, addentrarsi nelle quali significa tentare di indagare l'ignoto, di risolvere i grandi enigmi della geniale e oscura creatività. Due figure mitologiche Hypnos e Thanatos (leitmotiv dell'intera trattazione), delimitano lo spazio di questo viaggio tematico tra pittura e incisione, la cui navigazione si sviluppa cercando di evitare di tracciare sia una sorta di storia del visionario e dell'ignoto dal XV al XXI sec, sia di definire i contorni teorici del genere nelle arti figurative. Uno studio, questo, che tende a delineare nuove chiavi di lettura iconografica comparando artisti spesso assai diversi tra loro per cultura e formazione. Autori e opere che tra passato e
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presente hanno subito e subiscono il fascino di ciò che è insolito, bizzarro, immaginativo, a tratti onirico, mostruoso, orrido. Nell'imagerie dell'oscuro e del visionario, possiamo delineare due diverse configurazioni, legate alla teoria estetica dell'inquietudine. Se da una parte ci vengono incontro la Dròilerie , il mostro medioevale, essere fiabesco e meraviglioso per eccellenza, che prende vita dal gusto esuberante per l'ibrido; i Gargoyles di Nôtre Dame di Parigi e di Chartres; i Misch-Wesen (esseri metà uomo metà animali) che hanno come punto terminale della loro evoluzione gli esseri metà viventi e metà cose di H. Bosch nel cui solco si pongono le xilografie di P. Brugel il Vecchio, dedicate ai vizi,virtù e follie o le opere visionarie di A.Durer sull'Apocalisse di S. Giovanni. Dall'altra abbiamo invece, i mostri notturni di F. Goya, di W. Blake, J. H. Fussli, nei quali Baudelaire individuò due elementi nuovi e caratteristici, la verosimiglianza e l'umanità; ancora il linguaggio
simbolista di O. Redon, G. Moreau i cui principi furono teorizzati da Rimbaud che scrisse “Il poeta deve farsi veggente, esplorare l'ignoto” o ancora, le illustrazioni di A.L.I. Kubin e le incisioni di M. Klinger, Klinger le deformazioni pittoriche di F. Bacon. L'indagine vuole essere un contributo di studio, un tributo di riconoscenza verso alcuni indiscussi prodigi pittorici del passato. Una rilettura iconologica sulla notte i suoi sogni, la caducità della vita le sue paure. Il tentativo di individuare, anche nell'arte contemporanea, inedite e talvolta inquietanti identità creative, indagare sull'inconscio e i suoi linguaggi, sulla sperimentazione artistica intesa come libera e ritrovata espressione emozionale. L' esplorazione, spazia nel tempo, tra sonno e morte, sacro e profano, alla ricerca di “artisti maledetti”, che hanno fatto dell'inquietudine dell'anima un principio di bellezza e visione, alternando al reale, l'onirico, al meraviglioso, diabolico il meraviglioso.
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Dal buio, così come emerge il senso di angosciosa inquietudine legato alla paura dell'ignoto lato oscuro presente in ognuno di noi, emerge anche l'armonia e l'amore per il Simbolismo e le forme d'espressione primordiali, gli archetipi come mostri, demoni di origine popolare. Riaffiora, il Sublime anche al negativo, che è immenso e lascia l'uomo senza fiato, la bellezza trascendente e l'Oltre; la sublimazione dell' inconscio, l'attenzione alla notte e l'immaginario che genera. La notte come topos, rappresenta non solo il prevalere delle tenebre sulla luce, ma anche l'oscurità più antica e pura, il buio profondo che cela in sé, l'origine caotica delle forze vitali. Precursore di molte atmosfere surreali, moderne e contemporanee, è Hieronymus Bosch. Maestro fiammingo di riconosciuta genialità e sregolatezza, Bosch fu tra i primi a sfruttare appieno le suggestioni della notte e del sogno visionario.
IL CAOS E L’ORDINE
Uno dei luoghi pittorici del suo universo figurativo che lo consacra artista maledetto, è Il Giardino delle Delizie il cui pannello destro del trittico, presenta L'Inferno Musicale.
In questa oscura ambientazione, personaggi bizzarri e deformi, prendono forma in un paesaggio notturno, rischiarato soltanto dal bagliore di un incendio. L'intera figurazione, caratterizzata dalla presenza di enormi strumenti musicali, ghironda, arpa e bombarda, brilla di sinistri balugini che accompagnano la presenza di esseri inquietanti come l'uccellaccio che inghiotte le anime. Fonte letteraria cui l'autore sembra ispirarsi è la Visio Tundali del 1482. Scritta da un frate benedettino irlandese, narra le atroci torture cui vengono sottoposti i peccatori del suo tempo. Le sue invenzioni pittoriche comunicano esattamente l'inquietudine e il disagio della condizione umana che doveva in qualche modo riflettersi negli occhi di Hieronymus. Inferno dunque come antiparadiso in cui la presenza esasperata della musica, diviene caricatura dell'armonia universale. Nell'inferno musicale, il contenuto simbolico e la forma sono indissolubilmente congiunti; la certezza del disegno, la fermezza del contorno, lo splendore del colore, assicurano all'immagine metaforica una realtà fenomenica, che lega gli stravaganti episodi in un'unità visibile. Tesa fra l'angoscia e la speranza, fra il dubbio e la fede, l'opera di Bosch va riguardata come una testimonianza affascinante.
Bibliografia: - G Briganti, I pittori dell'immaginario. Artee rivoluzione psicologica. II ed Milano 1989 - H. Belting, H. Bosch garden of earthly delights, 2002 - R. Caillois, Nel cuore del fantastico,Milano 1984 - J. Le Goff, Il meraviglioso e il quotidiano nell'occidente medievale, Bari 1963 - Le delizie dell'inferno. Dipinti di H. Bosch e altri fiamminghi restaurati, catalogo mostra a cura di C. Vardis Limentani, Venezia1992 - C.Linfert, H. Bosch, Milano 1972 - S Freud, Il perturbante, in opere vol. X Torino 1997 - H. Vorgrimer Storia dell'inferno in Monaco 1993
L'universo bosciano è una gigantesca, minuziosa ebbrezza parodica, è la metamorfosi senza fine della creazione divina in caricatura demoniaca, è l'irruzione alla superficie terrestre delle larve, delle passioni monomaniache, delle tentazioni, degli impulsi grotteschi che ogni uomo cerca di reprimere. Bosch compie quella che Andrè Masson chiama “la trasfigurazione, ad opera dell'artista di uno stato nauseabondo dell'anima”. Un'immaginazione la sua, ardente, visionaria, a tratti delirante, che anima anche “La visione dell'aldilà”, la cui quarta tavola con L'ascesa all'Empireo è una composizione originale e impressionante. Qui il passaggio cilindrico, oltre il quale riverbera lo splendore di Dio, così come anche le bizzarrie antropomorfiche che animano la scena, sembra anticipi alcune atmosfere romantiche e le soluzioni stilistiche tanto care ai simbolisti e ai surrealisti novecenteschi. Nei notturni che caratterizzano le sue figurazioni, inserisce quel mondo quotidiano da cui fa sprigionare una vana e inquietante bellezza non più legata agli insegnamenti religiosi, ma preannunciatrice dell'indipendenza spirituale ed espressiva che le generazioni future conquisteranno appieno. La notte, dunque, come simbolo dell'inferno, degli inferi in terra come prigioni, come momento eletto dei riti e tentazioni sataniche. La notte domina in tutte quelle opere dove il macabro e le sue varianti tra cielo e terra s'impongono come genere. A questo proposito naturale interviene il riferimento al “Trittico degli eremiti” del 1493. A destra è S. Antonio in un paesaggio notturno con un villaggio in fiamme sullo sfondo, con chiaro riferimento al fuoco suo attributo iconografico, collegato alla malattia, “fuoco di S. Antonio”. Il dipinto, come tutti i lavori del grande maestro fiammingo, è ricco di enigmi e simbologie. L'acqua impura, le visioni che lo tormentano, il diavolo-pesce che versa vino, e quello nano che legge il messale, i demoni-grilli e pavoni. Ancora una volta antinatura, antiparadiso. Immagini queste frutto di una scelta ben precisa che sconfina in un'analisi antropologica sul destino mortale degli uomini che consuma dentro di sé la catarsi e l'esorcismo in una sorta di rituale apotropaico.
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DG
on iovanni la morte,
e il diavolo
“ Mozart ha realizzato quanto gli imponeva lo spirito demoniaco del proprio genio, dal quale era posseduto” Goethe
L’oltretomba in re minore di Carmen Verde a notte è fredda e silenziosa. Due figure scure avanzano nel cimitero: Don Giovanni, seguìto dal fedele Leporello, ride fragorosamente raccontando una sordida avventura. D'un tratto, s'ode una voce minacciosa: “Di rider finirai pria dell'aurora”. Mentre i due si guardano attorno stupiti, la voce continua, sempre più tenebrosa: “Audace, lascia a' morti la pace”. A parlare è una statua funebre, ai cui piedi sta un'iscrizione oscura. Don Giovanni lancia la sua sfida al morto: “Questa sera lo attendo a cenar meco”. La Statua china la testa nel buio del cimitero, accettando l'invito. La scena spettrale appartiene al Don Giovanni di Wolfang Amadeus Mozart, “dramma giocoso” in due atti. Tutt'altro che un'opera buffa. Nel Don Giovanni, dall'inizio alla fine il riso gioca sublimemente con le lacrime, il piacere con il terrore più cupo, il lazzo con la disperazione, il mondo terreno con l'oltretomba. In ciò sta la sua incomparabile ambiguità. L'intonazione della morte attraversa tutta l'opera, col suo suono terribile di tromba in re minore (“la chiave tragica di Mozart”, come osserva Jouve): all'inizio, con l'orrendo assassinio del Commendatore di cui si macchia Don Giovanni;
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nel mezzo, a più riprese, con le minacce di morte a Leporello e l'avanzare lento e ambiguo delle maschere al ballo; al cimitero, di fronte alla statua del defunto e, soprattutto, nella scena finale, cui si giunge velocemente dopo che il Morto accetta l'invito sacrilego, che ifrange il divieto fondamentale di tener separati il mondo dei defunti dal mondo dei vivi. Il Convitato di Pietra - personaggio assolutamente gotico - si presenta a casa di Don Giovanni proprio mentre tutto è pronto per la cena e il libertino sta cantando con spensieratezza il vino e le donne. La morte giunge così nel mezzo del piacere, trasformando la cena in una sontuosa festa funebre. Stavolta è la Statua a invitare Don Giovanni (intendendo, evidentemente, all'inferno) e questi, impavido e spericolato, accetta. La stretta di mano al Morto gli è fatale: Don Giovanni sprofonda in un abisso di fuoco, tra demoni e diavoli. “Ah!”, urla, mentre sta per essere inghiottito, in un crescendo tragico di tromboni e trombe. Il cerchio è chiuso. Gli ottoni sono ormai diventate vere e proprie Trombe del Giudizio e annunciano, solenni, la dannazione di Don Giovanni.
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Il Don Giovanni di Losey di Cornelia van de Kamp La trasposizione cinematografica più affascinante del Don Giovanni di Mozart porta la firma di Joseph Losey, regista elegante e raffinato. Superba magia del cinema, la nebbia della laguna si leva intorno a Don Giovanni come vapore di antimonio, il pallore del suo volto strappa al nulla lo spazio scuro nella notte. Don Giovanni viaggia sull'acqua e brilla. Di una luce spettrale, obbedendo a una legge necessaria. E lo spettatore non sa nulla di questo personaggio immenso. Non lo conoscerà e non lo capirà mai. Incantato, e insieme disgustato, dalla trasgressione portata al suo limite, segue con lo sguardo la barca di Don Giovanni che avanza nella notte, fino in fondo all'inferno. E lo saluta tra le fiamme, con un po' di malinconia. Si può amare il peccato, pur non amando il peccatore.
Mozart e la morte di Cornelia van de Kamp Quando compone il Don Giovanni, in pochi mesi e sotto l'influsso di un'ispirazione straordinaria, Mozart ha trentun'anni. Goethe sosteneva che il Don Giovanni non fosse stato “composto”. “Una composizione? Come si trattasse di una focaccia fatta di uova e farina? No. Mozart ha realizzato quanto gli imponeva lo spirito demoniaco del proprio genio, dal quale era posseduto”. 'Demoniaco' è l'aggettivo che torna più spesso nelle letture critiche di quest'opera, e la musica ci fa percepire come Mozart fosse affascinato proprio da questo aspetto del personaggio. “Un demoniaco desiderio di vivere”, scrive Soren Kierkegaard nella sua preziosa analisi del Don Giovanni mozartiano. Non è un caso che la morte e la sfida dell'aldilà siano un tema fondamentale del Don Giovanni:
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Mozart lo compone mentre il padre Leopold è gravemente colpito dalla malattia che lo porterà presto alla tomba. Così scrive Wolfang Amadeus in una lettera al genitore nell'aprile del 1787, nota come la 'Lettera della Morte': “Mi sono talmente avvicinato in questi ultimi anni alla morte, a questa buona e fedele amica dell'umanità, che la sua immagine non mi incute più terrore, ma invece mi conforta e mi consola! E ringrazio Dio d'avermi dato modo d'imparare che la morte è la chiave che apre la porta alla nostra vera felicità. Non vado mai a letto la sera senza pensare che potrei non vedere l'aurora”. Il padre di Mozart morirà nella primavera del 1787. Sempre nel 1787, anno di composizione del Don Giovanni, il Maestro vedrà la scomparsa del conte Hatzfeld (a trentun'anni, proprio l'età di Wolfang Amadeus) e del medico Baresani, suoi carissimi amici. Il Mozart che scrive il Don Giovanni non è più lo stesso, ha l'animo lacerato: avendo compreso il significato ultimo della vita, si è lasciato abbagliare dalla rivelazione della morte.
Dracula e Don Giovanni di Carmen Verde
Alessandro Baricco ha proposto un interessante confronto fra il Don Giovanni di Mozart e Dracula di Bram Stoker. Se Don Giovanni è il seduttore per eccellenza (egli dice a Leporello: «Lasciar le donne? Pazzo! Sai ch'esse per me son necessarie più del pan che mangio, più dell'aria che spiro»), Dracula è l'evoluzione, in chiave gotica, del mito del seduttore: «Tu, che non hai mai amato, tu che non sai amare!», gli dicono le tre donne vampiro. Entrambi paiono non avere sentimenti, né si esprimono mai chiaramente sui loro fini etici o morali. Sono i protagonisti di un mondo mosso dal desiderio, vera e propria forza incontrollabile, istinto cieco che, lasciato libero e fuori controllo, si trasforma in male. Testimoni della barbarie che ritorna, inopinatamente raffinata, ricca e seducente, i due personaggi agiscono di notte, prediligono i cimiteri (dove si svolge appunto la scena centrale del don Giovanni), rappresentano un virus per la società, che tenta di combatterli in ogni modo. Alcune scene delle due opere sono
sorprendentemente simili. Nel Don Giovanni, la seduzione di Donna Anna avviene di notte: don Giovanni si cala in un mantello nero in stile Dracula, Donna Anna si risveglia come da uno stato di sonnambulismo e ritrova il padre morto. La stessa cosa avverrà a Lucy nel capitolo XI del romanzo di Stoker. Andando avanti, nel capitolo XXII di Dracula, gli inseguitori del vampiro riescono ad attirarlo in una stanza. Loro sono in cinque, armati di ostie e coltelli, ma non riescono a catturarlo: Dracula salta dalla finestra nel cortile e scompare. Nel primo finale del Don Giovanni abbiamo la stessa situazione: gli inseguitori sono cinque e hanno colto il seduttore sul fatto ma, contro ogni logica, si fermano a cantare. Don Giovanni scappa. In entrambi i casi, è come se qualcosa di sovrannaturale impedisse alla gente di neutralizzare il nemico, anche quando potrebbe farlo. Altro punto di curiosità: il Commendatore del don Giovanni è un non-morto; non un vampiro, ma comunque un essere sovrannaturale.
- Piero Gelli, Filippo Poletti (a cura di), Dizionario
- Jean Rousset, Il mito di Don Giovanni, traduzione di
dell'Opera,Baldini Castoldi Dalai Editore, 2008
Armando Marchi, Pratiche Editrici, 1980
- Pierre-Jean Jouve, Il Don Giovanni di Mozart,
- Stendhal, Vita di Mozart, Sugarco Edizioni, traduzione di A.
traduzione di Tea Turolla, Piccola Biblioteca Adelphi, 2001
Cerutti, 1994
- Enrico Stinchelli, Mozart, Newton- Compton, 1986
- Alessandro Baricco, La Republica, 6 luglio 2003
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il
Prezioso e il
Sublime
di Paola Pegolo
Castelli stregati, candelabri, statue mostruose, porte che sbattono, cieli plumbei e carrozze guidate da individui sinistri che si perdono nella nebbia e nel buio della notte, tra lampi, tuoni…ed urla inquietanti. Elementi affascinanti di una possibile storia che potrebbe incutere in chi la legge una serie di emozioni e curiosità. Ciò che si dice “il sentimento del sublime”. Durante l'epoca vittoriana venivano pubblicate in abbondanza storie come questa, soprattutto le storie di vampiri, che condizionarono non poco anche lo stile di vita degli appassionati lettori. Arredamento, architettura, ma anche moda e costume si tinsero di tinte macabre e misteriose ed attinsero al gusto di luoghi tetri e spettrali. Si diffusero, infatti, gioielli dalle forme floreali, barocche, impreziosite da filigrane dai motivi arabescati ed anticati. Le pietre più in voga diventarono il granato, rosso come il sangue, l'onice, nera come la notte, l'ossidiana, un vetro vulcanico brillante, misterioso come la morte.
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Senza dimenticare il contrasto ad effetto nell'utilizzare anche candide perle, piccoli fiori e camei incisi con volti femminili; dettagli di purezza, femminilità ed innocenza, qualità tipiche della vittima del vampiro. Le tendenze legate al gotico vittoriano, rivisitato in chiave moderna ed assolutamente trendy, sono presenti con il loro fascino vintage anche nella moda del nostro secolo fin dagli anni 80 e sono trasversali a diversi “life-style”; dalle sub-culture punk e dark agli esponenti appassionati di alchimia e medioevo o ai nostalgici dell'era elisabettiana e vittoriana, fino ad arrivare addirittura al fetish e al burlesque. Non dobbiamo necessariamente essere moderne vampire e streghe per concederci di indossare collane, orecchini o spille in stile victorian-goth, pregni di fascino, mistero e sensualità. E neanche dobbiamo andare a perlustrare le britanniche bancarelle di Camden Town per scovare ciò che fa al caso nostro. Si può andare a Roma, al mercatino giapponese, in cui tra le innumerevoli sfiziosità fatte a mano spicca la bigiotteria gotica (mercatinogiapponese@hotmail.it). Oppure, comodamente da casa, possiamo fare un giro su internet ed ordinare ciò che più stimola il nostro lato oscuro e cortigiano in fatto di orecchini e collane. Qualche suggerimento? Www.artofadornment.ca www.thegothiccatwalk.co.uk - www.hemeraldfairy.com - www.decarabia.co.uk
Un collo arrendevolmente esposto, la pelle morbida e diafana. Cosa c'è di più invitante per un vampiro? Soprattutto se a valorizzare questo punto così femminile ed erogeno, c'è un collarino: l'accessorio perfetto, degno di un'eroina gotica appena uscita da un racconto di Ann Redcliffe. Capelli raccolti e una bella scollatura sono fondamentali per puntare l'attenzione sul collo Il classico collarino vittoriano può essere fatto in vari materiali: pizzo veneziano, raso, seta, organza, velluto. Il nastro è sempre impreziosito da pietre, cristalli o fiorellini. Un punto luce al centro, come una pietra più grande e luminosa o un cameo per le più romantiche, o uno o più charms pendenti, magari a forma di croce, per le più audaci. Oppure, un'altra variante sono i collarini completamente realizzati con perline e cristalli, che si rincorrono in danze di intrecci chandelier. Impossibile evitare un morso fatale!
Un must have: il collarino in stile gotico 33
Bio. Niccolò Pizzorno classe 1983. Diploma liceo artistico. Laurea 'Accademia Ligustica di belle arti. Scuola Chiavarese del Fumetto.
Si occupa di
Illustrazione e tecniche Calcografiche: Acquaforte, Acquatinta,Puntasecca. Mostre. Personale presso Atelier Sarah Gismondi, 2011 Genova / Collettiva ARTEANIMA, 2011Ferrara / Personale IDENTIKIT Galleria SATURA 2010 / Genova Collettiva VIZIOSISMI Calcata (VT) palazzo baronale di Calcata 2010. Design. 2011 Creazione di pannelli il plexiglass retroilluminabili per interni esposti per la prima volta presso la mostra personale Niccolò
Pizzorno
/
Creazione di una linea di gioielli in plexiglass “Oltre” con il Laboratorio orafo LoGiCo. Illustrazioni. Antologia Cronache di inizio Millennio a cura di Laura Costantini e Loredana Falcone Historica edizioni 2011 / Copertina IoComeAutore n7 / Copertina IoComeAutore n11 / Relove copertina per cd singolo di Alex Dicry dj / Raccontimmaginando blog di Assunta Altieri / New York is a woman di Laura Costantini Histolrica Edizioni 2011 / Parole Nude antologia di poesie Parolarte / La Lunga Guerra di Laura Costantini pubblicato sul blog lestoriedilauraetlory.splinder.com / Calendario croce bianca tiglieto 2010 / Jacopo Flammer e il popolo delle amigdale di Carlo Menzinger Libero di scrivere Edizioni 2011 / Il Settimo Plenilunio di Carlo Menzinger Libero di scrivere edizioni 2010.
La bufera infernal, che mai non resta, Mena li spiriti con la sua rapina: Voltando e percotendo li molesta. La Divina Commedia Canto V - vv. 34
Email pizzorno.n@hotmail.it - Website www.chinaccia.wordpress.com - Facebook: Niccolò Pizzorno
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di Arthur Lombardozzi entre in Italia si stava diffondendo l'horror alla Dario Argento, spesso di ambientazione metropolitana, nel 1976 il regista bolognese Pupi Avati realizzò La casa dalle finestre che ridono, un originale e inquietante mystery girato nella Bassa Ferrarese. Caduto per anni nel dimenticatoio, nonostante un premio della critica vinto al Festival du film fantastique di Parigi nel 1979, questo piccolo gioiello del cinema nostrano ha finito per diventare oggetto di culto presso i cinefili. In effetti basta aprire siti specializzati come www.mymovies.it per trovare giudizi che esaltano il film senza mezzi termini: “Straordinario”, “Da venerare come un’icona”, e via incensando.
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Senza esagerare con gli elogi, va riconosciuto che questa storia di ambientazione padana presenta non pochi aspetti di interesse. Protagonista del film è Stefano (Lino Capolicchio), un giovane restauratore che si reca in un paesino presso Ferrara per ripristinare un affresco nella chiesa locale. Si tratta di un dipinto che raffigura l'agonia di San Sebastiano, realizzato da un artista un po' matto, morto suicida diversi anni prima. In compagnia di una giovane e avvenente maestra (Francesca Marciano), il protagonista si trova coinvolto in vicende misteriose, morti violente e colpi di scena, scoprendo così che il sonnacchioso paesino nasconde un'orrida verità: le due sorelle del pittore uccidevano davvero i modelli dei suoi quadri e, cosa ancora peggiore, sono tuttora vive e pericolose!
Nonostante una sceneggiatura a tratti zoppicante, La casa dalle finestre che ridono si distingue “per il senso del paesaggio, l'inclinazione al grottesco, la direzione degli attori e la cura dei particolari” (Morandini). L'idea vincente è proprio l'aver scelto un'ambientazione provinciale, con personaggi solo apparentemente aperti e comunicativi; vero protagonista del film è il paesaggio, con le sue acque stagnanti, i colori sfumati, gli alberi e i casolari. In questo contesto bucolico “si annida un processo di putrefazione: manca il lavoro, i giovani vanno in città in cerca di fortuna e nel paese restano solo vecchi, alcolizzati e dementi con i loro segreti raccapriccianti” (Venturelli).
Pur tendendo all'horror, il film non è privo di ironia e il tono è chiaramente ispirato al mondo della fiaba e della leggenda, a cui Pupi Avati ha fatto più volte riferimento nel corso della sua carriera registica. Anche il filone orrorifico di ambientazione padana è stato ripreso alcuni anni dopo dallo stesso Avati con il film Zeder (1983): vi si narra di un giornalista (Gabriele Lavia) che indaga su alcuni terreni dove pare che i morti possano resuscitare, ma poi se la vede brutta perché i defunti redivivi non sono affatto socievoli. Tra i punti di forza, La casa dalle finestre che ridono può annoverare un buon cast, in cui spicca Lino Capolicchio, già notissimo per aver interpretato l'alter ego di Giorgio Bassani in Il giardino dei Finzi Contini (1970) di Vittorio De Sica. S
La bella maestrina è impersonata da Francesca Marciano, una promettente attrice (già apparsa in Pasqualino settebellezze di Lina Wertmüller) che ha successivamente abbandonato le scene per diventare scrittrice e sceneggiatrice: fra l'altro ha collaborato al copione del film Io non ho paura (2003), di Gabriele Salvatores. E, a proposito di sceneggiature, fra gli autori di La casa dalle finestre che ridono spunta, oltre a quelli di Pupi Avati e Gianni Cavina, anche il nome di Maurizio Costanzo! Va infine ricordato che Pupi Avati ha preso spunto per il film da un suo ricordo d'infanzia. In un'intervista ha infatti raccontato che vicino al luogo dove abitava fu aperta la tomba di un prete, ma i resti rinvenuti appartenevano misteriosamente a una donna. La zia del futuro regista, per farlo stare buono quand'era bambino, lo minacciava del possibile arrivo del “prete donna”, uno spauracchio da lei appositamente inventato. A questo episodio è chiaramente ispirato il colpo di scena finale del film.
Curiosità Secondo il progetto iniziale, le riprese del film dovevano essere realizzate negli Stati Uniti. La chiesa dove è girata parte della pellicola si trova a San Giovanni in Triario, nel comune di Minerbio: è comunque possibile vedere lo stato attuale dei luoghi dove è ambientato il film sul sito www.davinotti.com. In una scena del film, girata la sera del 6 maggio 1976 a Ferrara, è chiaramente percepibile per qualche istante la scossa di terremoto che in quel momento stava devastando il Friuli, provocando oltre 1000 vittime. Infine, fra gli attori c'è Pietro Brambilla, un attore milanese quasi sconosciuto, ma nipote nientemeno che di Ugo Tognazzi.
Da leggersi
Da leggersi all’imbrunire
Il vampiro W. Polidori Studio Tesi Pag 159 € 8,90 A cura di G. Franci e R. Magaroni Recensione di Sam Stoner
davvero singolare come due dei più terribili "mostri" letterari, Frankenstein e il Vampiro, siano nati nello stesso istante e luogo, esattamente in una sera piovosa e fredda del giugno 1816 a Villa Diodati, in Svizzera. Lì, cinque persone decisero di dar vita a storie da brivido. Si trattava di Lord Byron, Shelley e la sua futura moglie Mary, Claire Clairmont, sorellastra di Mary e John William Polidori, medico personale di Byron. Proprio dalla "penna" di quest'ultimo prese vita The Vampyre. The Vampyre è dichiaratamente un'opera di imitazione: Polidori prende da Milton come dalla Radcliffe, dalle leggende popolari e dalla tradizione del "gotico", componendo abilmente gli elementi dell'orrore. La sua originalità è nel calare il "cattivo" nella quotidianità. Il suo vampiro non abita in un castello ma è un gentiluomo che frequenta i salotti londinesi capace di sedurre dame e abile nel gioco d'azzardo. La sua originalità è nel calare il "cattivo" nella quotidianità. Il suo vampiro non abita in un castello ma è un gentiluomo che frequenta i salotti londinesi capace di sedurre dame e abile nel gioco d'azzardo. A ben guardare il suo "cattivo" altri non è che Byron. Un Byron malvagio quanto seducente che assume i tratti del mostro (la rivincita di Polidori per essere stato scacciato). Altro elemento di unicità è la vittoria del male sul bene. Il suo Vampiro non soccombe al bene come avviene in Carmilla o in Dracula, ma trionfa.
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Le notti di Salem Stephen King Sperling & Kupler Pag 650 € 22,00 Traduzione di Tullio Dobner
Recensione di Sam Stoner o scrittore Ben Mears torna nella cittadina natia, Salem, per esorcizzare una terribile esperienza avuta da ragazzino a Casa Marsten, misterioso edificio che domina la cittadina. Ora, Casa Marsten ha un nuovo proprietario, il sedicente signor Barlow, la cui presenza è percettibile solo dopo il tramonto… Le notti di Salem (Salem's Lot) nacque una sera del 1971 da un scambio di battute tra Stephen King e la moglie Tabitha. Quell'anno King tenne in un Dracula di Bram Stoker fu uno dei romanzi esaminati. Quella sera, in tono scherzoso immaginò Dracula nell'America degli anni settanta invece che nella Londra di fine secolo e, ridendo, lo vide investito da un taxi a New York. Tabitha replicò:”E se venisse qui nel Maine? Se finisse in campagna? In fondo, era in campagna anche il suo castello, no?” La mente di King si mise all'opera, come sempre è avvenuto e avviene di fronte al magico “E se…”. Gli elementi che confluiscono in Salem's Lot sono: Dracula di Bram Stoker, i fumetti dell'Entertainment Comics, la fiction naturalistica di Frank Norris, Moby Dick di Melville e I racconti della cripta. Il proposito iniziale di King fu quello di far vincere i vampiri, tanto per permettere a Dracula di prendersi la sospirata rivincita sul manipolo di raffinati britannici dediti alla scienza che lo aveva detronizzato nel romanzo di Bram Stoker. I protagonisti di Salem's Lot, però, la pensavano diversamente.
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All’imbrunire Tenebre nel cuore di Rhyannon Byrd Harmony Bluenocturne € 5,90 Recensione di Cinzia Giorgio
luenocturne è una linea di romanzi supernatural in cui sono presenti tutti i sottogeneri del paranormal, dai vampiri e demoni fino al vero fantasy. La casa editrice è la Harmony da trent'anni marchio leader nel mercato dei romanzi d'amore. Una nuova mini serie all'interno dell'amatissima Bluenocturne sta per uscire: si tratta della Primal Instincts. A inaugurare la serie è il volume Tenebre nel Cuore di Rhyannon Byrd. Ian ha sempre saputo di avere un lato oscuro, ma è deciso a condurre una vita normale, ignorando gli inquietanti sogni erotici che tormentano le sue notti. Fino a quando Molly, una strana ragazza che sostiene di comunicare con gli spiriti dei defunti, non gli confida di aver condiviso quegli incubi. E i segni del suo morso sul collo ne sono la prova. Inoltre ha un messaggio da parte di sua madre, morta da pochi mesi: il nemico è vicino, ed è tempo che la creatura che dimora dentro di lui si risvegli per combatterlo. Ma per farlo Ian dovrà bere il sangue di Molly. Una tentazione che potrebbe essere pericolosa per entrambi...
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La notte di Villa Diodati di Mary Shelley, J.W. Polidori, Lord Byron. Con prefazione di Danilo Arona Nova Delphi Libri (www.novadelphi.it) Recensione di Cinzia Giorgio
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inevra, 14 maggio 1816. Mary e Percy Shelley prendono in affitto Maison Chapuis nei pressi di Villa Diodati, in cui risiede il loro amico Lord Byron. Byron è in compagnia del medico John William Polidori. Il nutrito gruppo di inglesi trascorre le giornate scrivendo, andando in barca e parlando fino a notte fonda. "Ma fu un'estate piovosa e poco clemente", ricorda Mary nel 1831. "La pioggia incessante ci costrinse spesso in casa per giornate intere.” In queste giornate vari sono svariati gli argomenti affrontati dalla compagnia: gli esperimenti condotti nel XVIII secolo da Erasmus Darwin sulla rianimazione della materia morta e il galvanismo. Sedendosi davanti al fuoco, la compagnia si diverte a leggere storie di fantasmi. Una sera Byron propone un gioco: una gara a chi scriverà la storia di fantasmi più raccapricciante, che faccia riemergere le inquietudini primordiali; poco tempo dopo Mary, nel dormiveglia, ha l'idea che poi diveterà il romanzo Frankenstein, Polidori scrive Il Vampiro e Byron non terminerà mai la sua storia. La notte di Villa Diodati riunisce per la prima volta le opere nate dalle notti ginevrine di Lord Byron, Polidori e Mary Shelley. Capolavori del genere gotico quali "Frankenstein" "La sepoltura" e "Il vampiro" sono ora disponibili in una nuova traduzione, si avvale di un completo e aggiornato saggio di Danilo Arona. Un volume imperdibile per gli amanti del gotico.
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Recensione Maxima di Marco Proietti Mancini
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anilo Arona, è un pazzo; è evidente. Basta leggerlo per accorgersene. Oppure è un genio. Non sono ammesse vie di mezzo tra queste due possibili condizioni. Per Danilo Arona, non vedo possibilità intermedia di definizione che non sia una di queste due. Pazzo, o genio. Solo un pazzo potrebbe riuscire a rappresentare con tanta allucinata chiarezza, allucinata lucidità, incubi e deliri, percezioni, distorsioni, deviazioni e tormenti. Un pazzo, o un genio.
Un genio capace di percepire e immedesimarsi, di entrare fin dentro le sensazioni più intime e nascoste dell'anima umana. Se mai Danilo Arona leggerà queste righe, parole; prima che tu vada avanti e ti incazzi anticipo la mia conclusione; per me è un genio (e se si scopre che avrebbe preferito essere un pazzo, vuol dire che lo è, quindi me ne frego). È un genio perché solo un genio potrebbe usare le parole di un romanzo come tessere di un domino, buttarle tutte sul tavolo (virtuale) del lettore
“Danilo Arona, è un pazzo; è evidente. Basta leggerlo per accorgersene. Oppure è un genio.”
Arona e poi ricollocarle una per una, attaccando tra loro i personaggi, le storie, gli episodi, come i pezzi del domino, numero con numero, senza perdere mai il filo e senza farlo perdere a te. È un genio perché è un baro, uno di quelli simpatici, faccia da figlio di buona donna che ti fotte e ti sorride, quando pensi che le tessere le avevi tutte ed eri tu che non riuscivi a metterle in ordine, dalla pagina, dalla sua manica di genio, o di pazzo, di baro, ne tira fuori un'altra. È un genio perché riesce a tenere in ordine una storia come quella che racconta, distorta come una svisata di Jimi Hendrix quando si era fatto di tutto e pure qualcosa di più, eppure sotto la distorsione, sotto il sibilo del Larsson che ti spacca le orecchie, tu riconosci l'armonia, il ritmo, la melodia della storia. È un genio, perché non ti perdi nulla, come quando il solista fa uno di quegli assoli che spezza il prima ed il dopo, eppure tu quell’assolo lo volevi proprio lì, e non lo sapevi che era il punto ed il momento giusto, tra il prima ed il dopo, ma lui, il solista ed il regista, lo sapeva che doveva stare lì. Perché ti stavi assuefacendo alla storia che scorreva troppo placida, in quel punto, ed allora ti piazza la distorsione È un grande scrittore, perché solo un grande scrittore riesce a mettere nello stesso romanzo una pagina di delirio e poi nella pagina dopo c'è la freddezza razionale del giallista classico, e poi in quella dopo la poetica romantica dello scrittore padano, e le pagine attaccate insieme stanno .
bene insieme, tante storie che diventano una. È un grande scrittore, perché scrive bene, e mica è 'na cosa scontata, questa. Però Danilo Arona è un pazzo, perché con una storia così ha scommesso su un “piccolo” editore che ha avuto il coraggio di pubblicarlo, e sono due geni, lui e l'editore Perché in un mondo che celebra il “talento” di Faletti (carta da accendere il camino) e la capacità di inventare colpi di scena di Deaver (un grande, ma ormai si ripete e si ripete e si ripete), un GENIO come Danilo Arona non poteva che pubblicare con un editore piccolo come “Edizioni della Sera”. Bella forza avrebbe avuto a pubblicare con Mondadori o simili, adesso ce lo troveremmo nella Top Ten. Magari lui riesce a mandarci un libro di “Edizioni della sera” nella Top Ten, ed allora noi scrittorucoli sfigati (per evitare di far incazzare gli esimi colleghi passo al singolare) UNO scrittorucolo sfigato come me si ritrova un po' di speranza, c'è spazio anche per le sorprese, per i geni e per i pazzi, se valgono.
Autore: Danilo Arona Titolo: Rock. I delitti dell’uomo nero Editore: Edizioni della sera (Collana Calliphora) Pag. 478 Euro 15,00 Curatore: Enzo Carcello. www.edizionidellasera.it www.daniloarona.com
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Gena Showalter LA NUOVA REGINA DEL PARANORMAL ROMANCE a cura della redazione Harlerquin Mondadori
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a quando ha pubblicato il suo primo romanzo, nel 2004, Gena Showalter ha più volte scalato le classifiche del New York Times e di USA Today, in una incessante catena di successi. I suoi romanzi spaziano dall'erotico alla letteratura per teenagers, ma in Italia la sua consacrazione al grande pubblico è senza dubbio arrivata con la serie dedicata ai “Demoni”, Lords of the Underworld, un mix di
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paranormal romance e passione, i cui protagonisti - terribilmente, dannatamente sexy - hanno letteralmente stregato le lettrici italiane. Ma il suo grande successo nel nostro Paese non si è fermato a questa saga: Atlantis, serie dedicata al mondo di Atlantide pubblicata subito dopo, è stata accolta con grande entusiasmo dal pubblico italiano, consacrando Gena a nuova regina del aranormal Romance. Ambientati nelle oscure profondità
dell'oceano, in un mondo sottomarino popolato da creature dal fascino irresistibile, questi tre romanzi sono riusciti ancora una volta a fare breccia nel cuore delle lettrici. Ma l'incredibile immaginazione di Gena si è riconfermata anche nei due romanzi della serie Tales of an Extraordinary Girl, in cui Belle Jamison, ventiquattrenne con una vita assolutamente normale, scopre all'improvviso di essere dotata di poteri straordinari. Due romanzi appassionanti, un mix di seduzione e ironia, con un protagonista maschile che non si dimentica facilmente. Infine, nei primi mesi dell'anno arrivano in Italia due chicche imperdibili: il primo e i Secondo romanzo dell'autrice, finora inediti nel
Nostro Paese, come sempre pubblicati da Harlequin Mondadori nella collana Bluenocturne, in vendita in tutte le edicole, online e nei migliori supermercati. Il principe di pietra, primo romanzo firmato dalla Showalter, è infatti uscito il 27 gennaio: una vicenda senza tempo, romantica e sensuale, nello stile che ha reso l'autrice celebre in tutto il mondo. A seguire, a partire dal 27 aprile, sarà possibile acquistare il secondo libro scritto da Gena, Schiavo del piacere dove la scrittrice seduce le lettrici con un nuovo, irresistibile UOMO IDEALE, pronto a realizzare ogni desiderio femminile… come a dire, il Genio della lampada che tutte sogniamo.
Gli irresistibili Demoni della saga Lords of the Underworld
Atlantis la trilogia ambientata nelle oscure profondità dell’oceano
I due romanzi con protagonista Belle Jamison, in grado di comandare i 4 elementi...
I due PRIMI ROMANZI INEDITI della Showalter, l’inizio del mito
Tutti i romanzi dell'autrice, disponibili sul sito www.eHarmony.it anche in formato eBook, sono pubblicati da Harlequin/Mondadori, collana BlueNocturne. Serie 'I Signori degli Inferi' (Lords of the Underworld) DEMONS (raccolta di novelle) nr. 15, maggio 2010 (Geryon e Kadence) BACIO DI TENEBRA (raccolta di novelle) nr. 35, marzo 2011 (Lysander e Bianka) 1° libro DEMON'S NIGHT , n. 2, aprile 2009 (Maddox e Ashlyn) 2° libro DEMON'S KISS n.4, giugno 2009 (Lucien e Anya) 3° libro DEMON'S PLEASURE n.6, settembre 2009 (Reyes e Danika) 4° libro DEMON'S LOVE n.8, novembre 2009 (Sabin e Gwendolyn) 5° libro - DEMON'S ANGEL n.27, novembre 2010 (Aeron e Olivia) 6° libro DEMON'S PASSION n.31, gennaio 2011 (Gideon e Scarlet) 7° libro DEMON'S SECRET n.50, Ottobre 2011) (Amun e Haidee) 8° libro DEMON'S GAME n.53, Dicembre 2011) (Strider) 9° libro: in arrivo nell'estate 2012… stay tuned! Serie “Atlantide” (Atlantis) IL GUARDIANO DI ATLANTIDE n. 40, maggio 2011 (Darius e Grace) IL GIOIELLO DI ATLANTIDE n.42, giugno 2011 (Grayson James e Jewel of Dunamis) PASSIONE AD ATLANTIDE n.46, agosto 2011 (Valerian e Shaye) IL VAMPIRO DI ATLANTIDE n.48, settembre 2011 (Layel e Delilah) SERIE “Tales of an Extraordinary Girl” PARANORMAL LOVE n19., luglio 2010 PARANORMAL GAME n.23, settembre 2010 2012 ULTIME USCITE: I PRIMI DUE ROMANZI DI GENA SHOWALTER Il principe di pietra - pubblicato da Harlequin/Mondadori, collana BlueNocturne n.56 , gennaio 2012 Schiavo del piacere- pubblicato da Harlequin/Mondadori, collana BlueNocturne n.61 , aprile 2012
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E l l e y p r o j e c t. c o 17.02.2012
Lo specchio magico
American Horror Story di Cornelia van de Kamp
vete accuratamente evitato per dodici martedì ogni genere di appuntamento serale, per restare a casa dinanzi alla tv? Probabilmente appartenete al club dei fan di American Horror Story, la serie tv che conta più personaggi 'morti' che 'vivi'. Prendete tutti i cliché del genere horror, aggiungete una miscela di acido e otterrete la tormentata fiction americana andata in onda in Italia su Fox dall'otto novembre 2011 al trentuno gennaio 2012. C'è la palla del bambino che rotola, ci sono i raccapriccianti gemelli con gli occhi d'oltre tomba, la sedia a dondolo bianca, il viscido agente immobiliare, la cantina minacciosa con i gradini di legno scricchiolanti, piena di angoli bui e segreti terrificanti. Siamo a Los Angeles. La famiglia Harmon, formata dallo psichiatra Ben, dalla moglie Vivien e dalla figlia adolescente Violet, si trasferisce in un nuova casa per provare a ricominciare e consolidare il loro legame familiare, dopo il tradimento di Ben con una sua studentessa. Il centro di gravità della serie si sposta subito nell'aldilà: sin dalle prime inquadrature, Murder House si rivela la casa più affollata di Los Angeles, con le stanze e il sottoscala infestati di spiriti. Quale sceneggiatore sano di mente ucciderebbe tutti i suoi personaggi nella prima serie? Ryan Murphy e Brad Falchuk, geniali ideatori della serie, lo fanno. Puntata dopo puntata, uccidono tutti i protagonisti 'in carne e ossa', mandandoli ad aggiungersi alla schiera di fantasmi della casa (indimenticabile l'adolescente Violet che scopre nel sottotetto il suo corpo in decomposizione, realizzando così d'essere morta ormai da mesi).
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In un grande gioco di finzioni e rimandi, spesso volutamente sopra le righe, alla fine tutto assume un senso. Il più perverso possibile naturalmente. La morte riavvicina la famiglia Harmon che, nel finale di stagione, addobba l'albero di Natale unita da una morbosa felicità: il mondo dei morti sembra più rassicurante e felice del mondo dei vivi. Jessica Lange è la protagonista assoluta di questa serie, con una performance penetrante e insieme sobria, che ricorda la Bette Davis di Piano piano dolce Carlotta. Degna di nota, poi, l'interpretazione 'alternata' di Alexandra Breckendrige e Denis O'Har, la cameriera morta assassinata, che ad alcuni si presenta come una donna di mezza età, mentre ad altri mostra le sue giarrettiere nere da giovane, conturbante seduttrice. Inquietudine di fine ottocento (la struttura narrativa rimanda a Giro di vite di Henry James), immortalata da una fotografia elegante e raffinata. La sigla è tra le più belle mai realizzate per una serie tv. Ma non ditelo ai vostri bambini.
Once Upon a Time di Cinzia Giorgio
Once Upon a Time ha il gusto delle classiche favole Disney e allo stesso tempo la modernità di scrittura delle migliori serie dei nostri n prima visione assoluta su Fox arriva dagli Stati Uniti un prodotto unico nel suo genere, una serie che ha tutto il gusto delle classiche favole Disney e allo stesso tempo la modernità di scrittura delle migliori serie dei giorni nostri: C'era una Volta (Once Upon a Time). Emma Swan è una giovane donna che abita a Boston, sa prendersi cura di se stessa fin da piccola, quando è stata abbandonata. Quando il figlio, che a sua volta ha dato in adozione dieci anni prima, la ritrova, le cose iniziano a cambiare. Henry ha 10 anni e ha bisogno dell'aiuto di Emma: Henry crede che Emma venga da un mondo alternativo, quello delle fiabe, e che sia figlia di Biancaneve e del Principe Azzurro. Secondo il suo libro di fiabe, Henry le dice che i genitori di Emma l'hanno mandata via da quel mondo magico per proteggerla da una maledizione lanciata dalla Strega Cattiva, che ha congelato nel tempo il mondo delle fiabe e ha trasportato tutti i suoi abitanti nel nostro. Ovviamente Emma non crede a ciò che le dice Henry. Lo riporta da dove è venuto, a Storybrooke, per poi rimanere affascinata dallo strano paesino del Maine dove il bambino vive. Decide quindi di rimanere un po', preoccupata per la sorte di Henry, e inizia a sospettare che a Storybrooke ci sia più di quello che sembra. Storybrooke è infatti un luogo sinistro, in cui la magia è stata dimenticata, ma esiste ancora. È un luogo in cui i personaggi delle fiabe sono vivi, ma non ricordano le loro vere identità. Almeno fino a quel momento, ovvero prima dell'arrivo di Emma. La battaglia per il futuro di entrambi i mondi sta per iniziare e toccherà a Emma svelare l'arcano segreto di Storybrooke e liberare i personaggi delle fiabe del malefico sortilegio di cui sono vittime. C'era una Volta è la favola delle favole, Biancaneve, per la prima volta in una serie tv prodotta dagli studios DISNEY.
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