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Incentivazione è arrivato il momento
Nicola Posa
Amministratore Delegato Shackleton Group, società di ricerche marketing, formazione, consulenza e comunicazione nel mondo della Farmacia. Da 20 anni nel mondo retail, collabora con prestigiose aziende nazionali e multinazionali. Segue sul territorio nazionale progetti di category management e formazione gestionale
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info@shackleton.it www.shkgroup.eu/it Facebook: nicola.posa.1 Twitter: @PosaNicola
L’importanza di strutturare un piano orientato al futuro per costruire valore materiale e immateriale
Inizio questo articolo con un ricordo relativo a Cosmofarma 2021. Si ricominciava finalmente, un evento importante di ripartenza, con il piacere di incontrare
“fisicamente” le persone dopo tanto tempo.
Il piacere di una sala stracolma, nonostante i divieti di assembramento.
Per l’occasione avevo invitato alcuni amici ad accompagnarmi nella ripartenza, con relazioni su questo tema.
Nella mia relazione sottolineavo la necessità di cominciare davvero a incentivare. Mi colpì molto il fatto di trovare il suggerimento caldo, emotivamente forte, di Gianni Trombetta dello
Studio Guandalini di fare “all-in” con un budget da dedicare. Il poker da un commercialista?
No, investite nei collaboratori.
Entrambi, a distanza, sentivamo la necessità di ripartire coinvolgendo nel progetto i collaboratori.
Saremo stati seguiti? Chissà!
Torniamo ai giorni nostri.
La farmacia vive settimane dove il segno meno ritorna sui nostri schermi dopo anni di crescita, e l’attività quotidiana torna a una domanda più classica.
In questo momento in Shackleton siamo molto ricercati dai titolari di farmacia alla ricerca di una strategia.
Visitando le farmacie troviamo spesso questa situazione: la Farmacia ha lavorato davvero bene in pandemia, è stata presente e la maggioranza dei clienti ha una fiducia accresciuta verso di essa. È chiaro, il momento non è dei migliori, ma i clienti pazienti sono pronti a ricevere proposte su quello che è il primo desiderio degli italiani: la salute. Visto lo scenario bisogna costruire delle azioni per creare valore: e il valore è dato sicuramente dalla gestione più efficace possibile della sintomatologia portata dai clienti pazienti, e da una progettualità post-problema. Devo dire che questo secondo punto non è mai così sviluppato, tranne alcune realtà davvero eccellenti in termine di prevenzione e di gestione attiva sulle possibili recidive. Una grande premessa: passare a questo modello di consiglio costa fatica. Perché semplicemente devo mettere in atto tutta una serie di attività, che prima non facevo, per costruire valore.
Quali attività? Le attività classiche, da fare però meglio:
1) Esposizione, ne parlo spesso nei miei articoli. Provate a descrivere: come deve essere l’esposizione nella vostra farmacia per comunicare i valori di cura e prevenzione? 2) Consiglio. Come deve essere gestita la performance di consiglio al banco?
Quali sono le caratteristiche che ogni consiglio deve avere in farmacia per mantenere la promessa di cura e prevenzione? 3) Comunicazione: cosa e come veicolo i messaggi all’interno e all’esterno della farmacia?
La fase successiva è stabilire punto di partenza e punto di arrivo, definendo i propri indicatori di performance (kpi). Numeri che ci diranno se stiamo portando avanti il programma stabilito. Ma siccome tutto questo costa fatica è giusto
incentivare i successi?
Assolutamente si, anzi non farlo crea sicuramente problemi. La scelta non è neutra, porta reazioni che sicuramente non sono positive. Anche in questo ambito esiste una concorrenza, e credo sia giusto competere anche su questo. Su questo punto la farmacia mediamente non lavora sul suo piano di incentivazione, anche se personalmente le prime mie consulenze sul tema sono di venti anni fa. Ritengo strategico in questo momento sviluppare un piano di retribuzione e incentivazione proiettato verso il futuro. Alcuni chiarimenti, importanti per orientarsi in questo campo minato, dove è facile fare scelte ma ogni tanto si salta in aria. La retribuzione fissa riconosce e paga la professionalità. Sotto questo aspetto molti farmacisti collaboratori non sono soddisfatti - “siamo pagati poco”- dicono. Prima di approfondire questo tema porto alla vostra attenzione uno studio, e alcune sue assunzioni. Un’indagine periodica sviluppata da Infojobs misura il livello di soddisfazione degli italiani nei confronti del loro pacchetto retributivo. Emergono i fattori che più incidono sul rapporto fra retribuzione e soddisfazione. La ricerca è stata effettuata su oltre 2mila lavoratori dipendenti con una ricerca on line, focalizzando l’attenzione su sei dimensioni: 1) equità: ovvero sono pagato il giusto rispetto al mio ruolo e rispetto agli altri; 2) competitività: più precisamente sono pagato in linea col mio valore di mercato; 3) performance e retribuzione: sono pagato in proporzione al mio contributo individuale; 4) trasparenza: dove il lavoratore capisce e ha chiari i criteri di politica retributiva del suo datore di lavoro; 5) fiducia e comprensione: ovvero se il lavoratore condivide i criteri di gestione delle retribuzioni della sua azienda 6) meritocrazia: se davvero le ricompense vanno a chi se le merita.
Cosa emerge?
La retribuzione si conferma un fattore “igienico”, ma non necessariamente motivante. La retribuzione se non è percepita come “adeguata” produce demotivazione, ma non è detto che la motivazione cresca al crescere dello stipendio. Le cose migliorano quando entrano in gioco altri elementi del pacchetto retributivo come premi variabili individuali, incentivi a lungo termine, benefit e welfare. La soddisfazione complessiva sembra essere collegata in modo direttamente proporzionale ai fattori di “equità” e di “performance e retribuzione”. Citando puntualmente cosa indica lo studio: “Questo potrebbe confermare che le chiavi per ottenere un livello di soddisfazione positivo siano da ricercare, soprattutto, nell’adeguare lo stipendio al valore del lavoro, cioè alla propria posizione e al valore della persona (prestazione): in altre parole, retribuzioni simili a parità di condizioni e differenziazione dello stipendio in base al contributo individuale.
La soddisfazione complessiva cala, e di molto, se è presente solo lo stipendio fisso.
Ritorniamo in farmacia. Spesso trovo un modello “stipendio più premi occasionali”, della serie premio l’impegno. Questa è una visione padronale di altri tempi, che non gioca sulle performance. E questo viene portato avanti anche da “giovani titolari” spesso in continuità con il passato. Non ci siamo.
Suggerisco quindi una retribuzione fissa (ci mancherebbe) e poi una incentivazione variabile con criteri sia di risultato di gruppo che individuale.
Per quanto riguarda benefit e piani welfare (i cosiddetti-incentivi non monetari) sono secondo me da applicare quando c’è una costruzione sui primi due parametri consolidata, visti anche gli indubbi benefici fiscali per il lavoratore e per l’azienda.
Ma partire con questi mi ricorda il giocare con le costruzioni: con una base troppo debole, prima o poi tutto cade. Rispetto ad altri settori il valore della
formazione del
personale sembra davvero inflazionato. In realtà siamo molto colpiti in Shackleton quando riceviamo richieste di collaboratori di farmacia che intervengono in nostre attività destinate alle farmacie, investendo in prima persona. Sono persone che negli anni abbiamo visto crescere professionalmente, spesso andando in altre organizzazioni una volta cresciuti.
Quindi elemento sottovalutato, ma potenziale. L’ ambiente di lavoro, altra classica strategia di incentivazione indiretta, è molto sofferente in questi giorni. Mi ricordo con quanta ammirazione si guardavano le sedi “giocose” Silicon Valley (Google su tutte). Lo Smart working sembra aver cancellato la voglia da parte delle aziende di investire su questo. In farmacia fa piacere lavorare in un bel negozio, ma l’effetto è limitato nel tempo. Io da qualche anno sto parlando di sostenibilità in farmacia. Pensate che in molte grandi aziende esistono
obiettivi aziendali sulla sostenibilità,
che coinvolgono operativamente anche i collaboratori. Non solo obiettivi economici, ma anche di collegamento ai propri valori aziendali. In sintesi, tutto il piano di incentivazione che suggerisco alle farmacie di progettare deve essere orientato a costruire valore materiale e immateriale. Dopotutto parliamo di salute ogni giorno. Concludo con un fattore presente in farmacia, che rappresenta un ostacolo professionale grave.
La parola è alibi. O chi si occupa di coaching le definisce convinzioni limitanti. Definire un progetto e coinvolgersi nel migliorare e migliorarsi è una caratteristica imprescindibile. Le convinzioni limitanti “Io sono fatto così”, “la mia realtà è diversa”, “da noi non funziona”, “preferisco fare come facciamo ora”, non permettono il cambiamento necessario per raggiungere obiettivi. Proporre un trattamento o “i clienti non vogliono spendere”? Sono due situazioni agli opposti, o forse indica solamente che deve migliorare la capacità di comunicazione? La nostra ricetta per la farmacia che consiglia davvero è: stile professionale e sanitario. Veri consigli non vendite. Con l’ascolto come premessa per una proposta personalizzata. Ma anche niente alibi, please. Altrimenti non si può costruire nulla.
Nicola Posa