PERUGIA
CORCIANO
DERUTA
Itinerari Guida ai siti, musei, collezioni nel comprensorio perugino
sistema turistico locale del perugino
TORGIANO
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Progetto e testi Lorena Rosi Bonci Collaborazione scientifica Paolo Braconi Realizzazione Quattroemme, Perugia Si ringraziano particolarmente la Soprintendenza ai Beni Archeologici dell’Umbria e Simonetta Stopponi In copertina Urna dalla tomba dei Cutu. Museo Archeologico Nazionale di Perugia, III sec. a.C. (foto archivio Sopr. Beni Arch. Umbria)
Referenze fotografiche Archivio Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Umbria, Perugia: nn. 13, 16, 21.1-4,6,7,9-14, 23, 30.1-4 Fototeca del Servizio Musei e Beni Culturali della Regione dell’Umbria, Perugia: nn. 33, 34 Museo del Vino. Fondazione Lungarotti, Torgiano: nn. 31.1-3 Museo dell’Olivo e dell’Olio. Fondazione Lungarotti, Torgiano: n. 32 Giovanni Aglietti-Quattroemme: nn. 1, 2, 5-8, 11, 13, 14, 17, 19.a, 20, 21.1, 22, 24-28, 30.1,3,4 Paolo Braconi: nn. 10, 12.1-4 Simona Cortona: n. 3 Adamo Scaleggi: nn. 21.5,8 Enrico Chianella: n. 7.a
A pagina 3 in alto Tratto delle mura etrusche in via della Canapina a Perugia (foto G. Aglietti-Quattroemme) A pagina 3 in basso Urna di Arunte Volumnio, Ipogeo dei Volumni (foto G. Aglietti-Quattroemme) In questa pagina Urna con Sacrificio di Ifigenia dalla necropoli di Ponticello di Campo, Ponte San Giovanni, Perugia (foto A. Scaleggi) A pagina 5 Arco etrusco, da U. Tarchi, L’arte etruscoromana nell’Umbria e nella Sabina, Bergamo 1936
La presente guida vuole essere uno strumento divulgativo per la conoscenza e fruizione del notevole patrimonio archeologico della città di Perugia e del suo comprensorio. Propone ai visitatori interessati alle testimonianze dell’epoca antica itinerari tematici, da realizzare autonomamente o accompagnati da guide turistiche, a piedi, con mezzi pubblici o privati, per la durata di una o più giornate. Naturalmente tali percorsi possono collegarsi e integrarsi con altri itinerari storico-artistici, per una lettura completa della città e del territorio. Si consiglia al visitatore, prima di iniziare gli itinerari, di verificare le necessarie informazioni pratiche (parcheggi, viabilità, orari, accessibilità, eventuali prenotazioni, tariffe d’ingresso) presso i punti informativi e di accoglienza del Servizio Turistico Territoriale di Perugia.
Il territorio nell’antichità
Il territorio in esame riguarda la parte centrale dell’Umbria, organizzata, sin dall’età arcaica, attraverso centri etruschi e insediamenti fortificati umbri, in seguito trasformati in municipi e colonie dal processo di romanizzazione. L’area rappresenta il punto di confluenza di due ambiti etnicamente e culturalmente distinti, quello umbro e quello etrusco, rispettivamente collocati a sinistra e a destra del Tevere. Il corso del fiume infatti per lungo tratto rappresentò il confine tra i due territori, seppure con flessibiliità, nel corso delle varie epoche, finchè in età augustea fissò la frontiera tra regio VI (Umbria) e regio VII (Etruria). Piuttosto che vero e proprio confine, il Tevere fu in realtà un fondamentale veicolo di comunicazione e di scambi, sia commerciali che culturali, tra i popoli rivieraschi e con Roma. Il fiume era infatti navigabile, pur con diversi mezzi, da Tifernum Tiberinum (Città di Castello) a Ostia. Fin dall’epoca più antica Perugia svolse un ruolo egemone sul territorio circostante, grazie proprio alla sua eminente posizione topografica (a quota 493 m sul livello del mare), a dominio del Tevere, nel tratto in cui si apre sulla Valle Umbra, controllata dalle antiche città di Assisi, Spello e Spoleto. Al di là del dibattito sulle sue origini, se umbre o etrusche, in epoca arcaica (VII-VI a.C.) e con maggiore documentazione a partire dal V-IV secolo a.C., Perugia è uno dei più importanti centri dell’Etruria interna, insieme alle vicine Chiusi, a ovest, e Orvieto a sud. Grazie agli avamposti territoriali di Arna e Vettona, alla sinistra del Tevere, ben presto si assicurò il controllo di entrambe le rive del fiume e dei suoi guadi. Verso ovest, attraverso un prolungamento della via Amerina da Perusia a Clusium e le sue numerose diramazioni, Perugia era strettamente collegata con il lago Trasimeno, con l’agro chiusino e Cortona.
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A giudicare dalla sua crescita economico-sociale e culturale, dal III secolo a.C. Perugia assunse in Etruria il ruolo dominante rivestito da Orvieto prima della conquista romana (264 a.C.). La cinta muraria, risalente alla seconda metà del III secolo a.C., fu monumentalizzata con la realizzazione delle due porte principali. Un esteso programma edilizio vide, tra l’altro, la realizzazione del Pozzo Sorbello e di una serie di edifici templari urbani ed extra urbani. Intorno alla città e nel territorio aumentò il numero delle necropoli, caratterizzate dal rito dell’incinerazione entro urne in travertino, tipica produzione di serie perugina. Con il bellum perusinum (guerra di Perugia, 41-40 a.C.), in cui la città, sostenitrice della fazione di Marco Antonio, fu assediata e conquistata da Ottaviano, il futuro Augusto, si conclude la fase della romanizzazione. La completa eliminazione o la cooptazione nei ranghi romani delle aristocrazie locali etrusche fu seguita dalla confisca e distribuzione delle loro terre ai veterani dell’esercito vittorioso e alla restrizione del territorio di Perugia a un solo miglio dalla cinta muraria.
L’impianto urbanistico etrusco-romano di Perugia si imposta sull’incrocio di due assi viari, di cui la via principale (cardo maximus) aveva un andamento nord-sud, dall’Arco di Augusto alla Porta Marzia, attraverso l’attuale corso Vannucci e piazza IV Novembre. Qui era il centro della città antica con il Foro di età romana. Un’altra strada (da identificare con il decumano maggiore) percorreva la città da est a ovest, dall’Arco dei Gigli all’Arco di Porta Trasimena attraverso via dei Priori (dove, all’altezza del civico 69, sono visibili resti del basolato). Altri tracciati viari sono stati individuati grazie a sporadici ritrovamenti o dedotti da altri elementi topografici.
I due seguenti itinerari tematici riguardano le mura e le porte (I) e i resti archeologici all’interno della città e nei suoi immediati dintorni (II). Naturalmente si possono integrare o intersecare tra di loro: al visitatore la scelta di comporre un itinerario compatibile con le proprie esigenze e disponibilità di tempo. Si tenga presente che per una “minima” cognizione delle mura non si potrà prescindere dalle due porte principali e da almeno uno dei due tratti meglio conservati di via Battisti o di via della Cupa (pp. 9 e 10). Per quanto riguarda gli altri monumenti, si segnalano in particolare il Pozzo Sorbello per l’epoca etrusca, il mosaico di Santa Elisabetta e il tempio di Sant’Angelo per l’epoca romana (vedere la Carta degli Itinerari e le Informazioni utili alle pagine iniziali). 7
Alto 11 m e con una luce di più di 4, rappresenta l’ingresso monumentale della città, a nord, in piazza Braccio Fortebraccio, posto al termine settentrionale del cardine massimo (attuale corso Vannucci-via Rocchi). Due possenti torrioni, rastremati verso l’alto, delimitano l’arco a tutto sesto, costituito da due serie di conci radiali, sormontati da una cornice.
I - Perugia Circuito delle mura e delle porte L’itinerario può iniziare dal centro storico di Perugia, racchiuso entro la cinta muraria etrusca. Quest’ultima, principale monumento archeologico della città, è espressione della ricchezza e della potenza raggiunta dalla metropoli etrusca, ed è un esempio tra i più imponenti e antichi dell’Italia centrale. Il tracciato delle mura si estendeva per circa 3 km, seguendo all’incirca una stessa curva di livello. L’andamento planimetrico a “trifoglio” è dovuto all’accidentata conformazione delle due alture racchiuse nella cerchia (il colle del Sole, a nord, e il colle Landone, a sud) e dai profondi avvallamenti che ne incidono i fianchi. I blocchi squadrati di travertino locale (probabilmente dalle cave di Santa Sabina), sono messi in opera a secco, in filari piuttosto regolari e ben rifiniti in facciata, più rozzi nella parte interna, addossata al terrapieno. Si discute ancora sulla cronologia delle mura e delle porte. L’ipotesi più accreditata è che la fase monumentale oggi visibile risalga alla metà del III secolo a.C., con interventi effettuati su una cinta originaria preesistente (della metà del IV sec. a.C.). Sono visibili tratti considerevoli lungo i lati nord e sud-est e sei porte, di cui la principale è l’Arco Etrusco o di Augusto (1).
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L’iscrizione ‘AUGUSTA PERUSIA’ fu apposta, oltre due secoli dopo la sua edificazione, a ricordo delle ristrutturazioni volute da Augusto, a seguito del bellum perusinum sopra citato. Più in alto corre una seconda iscrizione, ‘COLONIA VIBIA’, a ricordo dello ius coloniae concesso dall’imperatore romano di origine perugina C. Vibio Treboniano Gallo (251-253). Ai lati dell’arco sono inseriti i resti di due sculture, in pietra arenaria, assai logore. Un fregio di scudi alternati a triglifi (decorazione a gruppi di tre scanalature verticali) separa
la porta da un arco a tutto sesto, ora tamponato, inserito tra due pilastri ionici. Tale apertura, secondo una recente ipotesi, doveva servire per le armi da getto in caso d’assedio. Un’altra ipotesi vede nell’arco superiore il ricordo di una porta preesistente, di cui le sculture in arenaria sarebbero le divinità tutelari, trasferite nella nuova. La parte superiore dell’arco è stata rimaneggiata in epoca rinascimentale, come attesta il loggiato a coronamento della torre orientale. Si procede a destra della porta seguendo uno dei più bei tratti di mura, lungo via Cesare Battisti (2), che fu costruita agli inizi del 1900; il tratto, ben conservato, rende visibile una cornice marcapiano, segno del camminamento di ronda. La cornice sale in contropendenza rispetto al piano stradale, sostenuta da conci in calcare compatto, nettamente diversi dagli altri. La fascia alta e obliqua del muro evidenzia la saldatura tra la cinta più antica e l’aggiunta della porta turrita in epoca più recente.
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Si prosegue fino all’altezza dell’Arco medievale di via Appia, nei pressi del quale doveva essere ubicata la seconda porta della cinta etrusca. Dalla scalinata è possibile raggiungere il cunicolo medievale dell’acquedotto, collegato sin dal momento della sua costruzione alla postierla (piccola porta), detta della Conca (3), accesso pedonale su un percorso in forte pendenza.
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Le mura riaffiorano a ovest negli orti sottostanti via del Verzaro e in piazza Ermini, all’interno dei locali della Facoltà di Scienze della Formazione, dove è visibile l’unico tratto interno della cinta; la superficie dei blocchi è irregolare in quanto originariamente in fondazione e addossata al terrapieno. Le mura proseguono quindi in via del Poggio per interrompersi e ricomparire all’imbocco di via del Piscinello nella Porta Trasimena o di San Luca (4), in fondo a via dei Priori; della costruzione originaria etrusca si conservano solo i piedritti, su cui ora si imposta l’arco medievale. 9
Si seguono le mura in via Tornetta e della Canapina (presso porta Santa Susanna, con un percorso da via della Sposa a piazza del Drago) e successivamente, piegando verso sudovest, in via della Cupa, dove si può ammirare uno dei tratti meglio conservati. Da segnalare qui la cornice marcapiano, che indica la probabile quota interna di frequentazione della città. Scendendo alla base del muro, si può osservare la postierla della Cupa (5), ritenuta un secondo passaggio pedonale per l’ingresso in città. Tale modesta apertura si trova a uguale distanza tra le porte Trasimena e della Mandorla, nel punto in cui le mura s’incuneavano profondamente nell’incisione creata dal fosso della Cupa, disegnando un percorso in ripida pendenza e in diretta comunicazione con il centro.
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originali fino all’imposta della copertura, sostituita da un arco a sesto acuto. A sinistra continua un bel tratto, anche se molto rimaneggiato, lungo le scalette di via del Paradiso; da notare alcune iscrizioni frammentarie relative alla colonia romana. Seguono resti ben conservati sotto la Torre Donati. Le mura proseguivano tra via Bonazzi e via del Pozzo, ora non più visibili. Continuando per viale Indipendenza, si raggiunge la seconda porta monumentale, la Porta Marzia, inglobata in un bastione della Rocca Paolina, per volere di Antonio Sangallo nel 1540 (7).
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Resti di una porta etrusca si trovano nell’Arco della Mandorla (6), tra via Bruschi e via San Giacomo, che sul lato destro conserva ancora i conci 7
La porzione superiore della porta, destinata a essere distrutta dai lavori della fortezza, fu smontata e ricomposta nella fronte del bastione. La posizione originaria, arretrata di quattro metri, risulta dai resti degli stipiti all’interno della rocca. Costruita in travertino, come il resto delle mura, nella sua forma attuale presenta un arco a tutto sesto, costituito da un filare di conci a raggera, sottolineato da una cornice aggettante. Al di sopra corre una balaustra scandita da quattro pilastrini in stile italo-corinzio, dalla quale sporgono cinque sculture, interpretate come Giove tra i Dioscuri (7a), Castore e Polluce, e i rispettivi cavalli alle due estremità.
Si raggiunge facilmente la chiesa di Sant’Ercolano, al cui interno è un bel sarcofago romano in marmo, decorato da leoni (vedi II itinerario, p. 17); lungo l’omonima via, a fianco della chiesa, è visibile un tratto di mura, piuttosto deteriorato, su cui si addossano gli edifici costruiti in varie epoche. Accanto si apre l’Arco di Sant’Ercolano (8), che conserva la struttura originaria etrusca solo negli stipiti, su cui fu impostato l’arco gotico.
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La decorazione è racchiusa entro due alti pilastri italo-corinzi, che partono dalla base dell’arco e supportano la cornice superiore dove è incisa l’iscrizione ‘COLONIA VIBIA’, che, come ‘AUGUSTA PERUSIA’, posta alla base della balaustra, ripete gli epiteti della città già visti sull’Arco Etrusco.
Si prosegue per via Oberdan, dove resti di murature sono conservati all’interno della chiesa di Santa Maria della Misericordia (annessa all’ex Ospedale, che poggiava direttamente sulla cinta muraria) e nei locali sottostanti al numero civico 52. Proseguendo per via Oberdan, all’interno del numero civico 28, vi è un bel tratto con filari perfettamente rettilinei. La cinta, originariamente se11
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guiva il margine occidentale di piazza Matteotti, lungo il prospetto dell’attuale Palazzo delle Poste. La piazza era detta del Sopramuro (9), a indicare la sua posizione a ridosso del muro medievale che la conteneva. La cinta antica prosegue lungo le vie Cartolari e della Viola e riappare in alcuni tratti in via Alessi, ai numeri civici 26 e 30 e in via della Pazienza. Per la via Sdrucciola si raggiunge un angolo delle mura che si aprono obliquamente nella porta di via Bontempi, detta Arco dei Gigli (10).
Ben conservato fino a una certa altezza, fu modificato in epoca medievale dall’arco gotico, su cui furono apposti i gigli in onore dello stemma di Paolo III Farnese.
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Si raggiunge nuovamente l’Arco di Augusto, risalendo verso Porta Sole e scendendo per la bella scalinata di via delle Prome (11), che immette sulla discesa di via Bartolo, al termine della quale si può ammirare l’ultimo tratto contiguo alla porta. In alternativa si può scendere per via del Roscetto in via Pinturicchio e da qui tornare in piazza Fortebraccio. 10
La città delle porte sospese Paolo Braconi
Quando un centro urbano antico si perpetua nei secoli, normalmente si stratificano i segni delle varie epoche e il suolo sale di livello così che, scavando, si trovano le vestigia delle “città” che furono. Nel caso di Perugia, invece, a ben guardare, ci si accorge che i livelli medievali sono spesso al di sotto di quelli più antichi. È opportuno ricordare che l’originaria conformazione dell’altura che ospita Perugia si articolava in due rilievi, il colle del Sole (a nord) e il colle Landone (a sud), separati da una valle. Oltre alla grande opera di munizione e terrazzamento costituita dalle mura di cinta, dovevano perciò essere presenti altri apprestamenti che regolavano la distribuzione dello spazio urbano in gradoni terrazzati e rampe di accesso. Ma le grandi opere di sistemazione urbanistica intraprese dal libero Comune hanno alterato notevolmente sia l’originario andamento del suolo che la sua antica modellazione. Uno degli esempi più evidenti è proprio nel cuore della città, dove la “Platea Magna” medievale si sovrappose in parte all’antico Foro. Qui, sotto le “Logge di Braccio”, la fondazione del campanile della più antica cattedrale (12.1) riutilizza materiali (se non fondamenta) antichi e mostra chiaramente che fino al XIII secolo la piazza aveva conservato un piano di frequentazione all’incirca coincidente con l’attuale pavimento del duomo. Prova di questo antico livello più alto sono anche le porte, oggi tampo12.1 nate e “sospese”, a circa due metri d’altezza, sopra i civici 1 e 3 di via della Gabbia (12.2). Nella stessa via, un attento osservatore potrà notare che il piede della torre di Madonna Dialdana, inglobata nel Palazzo dei Priori, oggi mostra le fondamenta scalzate e le aperture palesemente ribassate: segno evidente che furono concepite in rapporto ad un esterno più elevato di quello tardo-duecentesco, ancora oggi praticato. Si può, insomma, dedurre che l’antico Foro occupava un vasto terrazzamento, in parte coincidente con la platea della cattedrale e che in origine si spingeva 12.2 ben oltre, verso sud. All’angolo nord-oc13
cidentale della terrazza forense, noto grazie agli scavi della Soprintendenza Archeologica dovevano corrispondere altrettanto imponenti sostruzioni verso sud, a prospettare sulla valle tra i colli del Sole e Landone, oggi sepolta sotto corso Vannucci. Seguendo proprio l’asse via12.3 rio nord-sud verso l’Arco di Augusto, si trova un altro esempio di “scavo” della città antica, in via Ulisse Rocchi. Qui altre aperture oggi “sospese” e rifoderature delle fondamenta di alcuni edifici medievali indicano un drastico ribassamento dei livelli antichi. Prova finale di questo continuo lavorio al “ribasso” è il monumento principe della città: l’Arco Etrusco. Qui si vede nettamente (a ben guardare) come la quota della “soglia” antica sia oltre 2 m al di sopra dell’attuale (12.3-4). Alla diffusa attività di erosione dei livelli antichi all’interno della città corrisponde la creazione di nuovi livelli, che proprio da quell’erosione devono avere tratto materia: oltre alla citata colmatura della “valle” tra i due colli, lo smantellamento della platea dell’antico Foro sarà senz’altro servito alla grande colmata del Sopramuro, la piazza che il potente Comune medievale volle giustapporre alle mura etrusche. È difficile, infatti, separare questi due eventi che, sotto la guida di fra Bevignate, cambiarono radicalmente il volto della città. Questi apprestamenti permisero, tra l’altro, di abbassare sensibilmente il piano di posa della nuova Fonte di Piazza e, di conseguenza, di favorire (o permettere?) la “mostra” del sospirato acquedotto...
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II - Perugia Archeologia urbana Oltre il percorso delle mura, in varie parti della città si incontrano i resti del centro etrusco e romano, per i quali si cercherà di seguire una direzione da nord a sud. Coevo alla cinta muraria, costruito con lo stesso travertino, risulta il Pozzo Etrusco o Pozzo Sorbello (13), ubicato in piazza Danti, all’interno del Palazzo Ranieri di Sorbello. Si trova circa 4 m al di sotto dell’attuale livello stradale; è scavato nel cosiddetto “tassello mandorlato”, conglomerato tipico della città, ed è alimentato da acqua sorgiva. Struttura unica nel suo genere, sia per la monumentalità, che l’originalità della doppia funzione di pozzo e di cisterna, ha una profondità di circa 35 m e un diametro di 5,6 m nella parte superiore della canna. Questa è rivestita da blocchi di travertino, per 17 filari, fino a circa 5,3 m di profondità, e va restringendosi verso il basso fino a 3 m circa di diametro.
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Da sottolineare il sistema di copertura, realizzata da due possenti capriate, formate ciascuna da cinque grandi blocchi di travertino (due monoliti orizzontali, due monoliti trasversali e una chiave di volta), come base di appoggio dei lastroni pavimentali sui quali poggiava la vera quadrata, entro cui era ricavata l’apertura per l’attingimento dell’acqua. Aveva una capacità fino a 424.000 litri e si può considerare il principale serbatoio idrico della città antica. Altri pozzi e cisterne (come quella assai simile al Pozzo Sorbello, in via Caporali, inglobata dopo l’età etrusca in una casa romana) si trovavano all’interno della città antica e rimasero in uso fino alla costruzione del primo acquedotto pubblico nel XIII secolo. Da piazza Piccinino si prosegue in piazza IV Novembre, dove si può visitare (con ingresso a pagamento) il Museo Capitolare della Cattedrale di San Lorenzo, nei cui sotterranei recenti scavi hanno riportato alla luce strutture murarie etrusche (14), tra cui un probabile edificio sacro. 15
dove si trova il Dipartimento di Scienze Biologiche. All’interno è visibile il Mosaico romano di Santa Elisabetta (16), così denominato dalla chiesa, in seguito demolita, costruita sui resti di un edificio termale, di età imperiale. Nel mosaico a tessere bianche e nere è raffigurata una scena con Orfeo: il mitico cantore greco suona la cetra, seduto su una roccia, mentre quaranta animali divisi in due gruppi, disposti su file parallele, avanzano attratti dalla sua musica. Il mosaico, pertinente a un vasto complesso termale pubblico, può essere datato al II secolo d.C.; fu probabilmente riutilizzato in età cristiana, come attestano i resti di un’abside e i segni di due croci sul pavimento.
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A breve distanza, in via delle Cantine, all’interno degli edifici ai numeri 12, 14, 16 è stato scoperto il possente tratto di muro di sostruzione del Foro, ortogonale al tratto già da tempo noto visibile in via Maestà delle Volte (n. 10). Si raggiunge infine l’Area archeologica di piazza Cavallotti (15), interessante frammento della storia urbanistica di Perugia. È visibile al di sotto della piazza dove, nel 1984, a seguito di lavori di ripavimentazione, si rinvennero strutture pertinenti a varie fasi edilizie. Di epoca romana, e forse preesistente, è l’incrocio di due tratti di strada, lastricati da basoli in calcare bianco, recanti le tracce dei solchi di usura dei carri. Adiacenti alla strada sono i resti di una fontana monumentale, a pianta semicircolare, originariamente rivestita in marmo, quindi ripavimentata con una decorazione musiva a tessere rosa. Si conservano inoltre opere di canalizzazione, a essa collegate. Da piazza Cavallotti, girando in via Baldeschi, scendendo per via Appia, si fiancheggia il percorso pedonale del vecchio acquedotto, fino a via Pascoli,
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Da via Pascoli, a sinistra, si sale nella piazza di San Francesco al Prato (raggiungibile anche da via dei Priori) all’Oratorio di San Bernardino (XV sec.). All’interno si conserva, riutilizzato come altare, il cosiddetto sarcofago romano del “Beato Egidio” (17), rinvenuto a non molta distanza, fuori le mura. Notevole esempio di arte paleocristiana, fu probabilmente eseguito a Roma nel 360 d.C. Sul coperchio, tra due teste di profilo, sono scolpite scene dell’Antico Testamento (Giona e arca di Noè). Sulla fronte sono sette nicchie, contenenti ciascuna un personaggio; al centro Cristo in trono; a sinistra una figura femminile, probabile rappresentazione della Chiesa, e ai lati personaggi vestiti di tunica e mantello (pallium), forse raffiguranti la comunità dei santi. Per via dei Priori, si riprende corso Vannucci, via Oberdan, fino a via Sant’Ercolano.
Un altro importante sarcofago romano è conservato dentro la chiesa di Sant’Ercolano (attualmente chiusa per lavori di ristrutturazione), utilizzato come base dell’altare maggiore. Al suo interno sono conservate le reliquie di sant’Ercolano, protettore di Perugia; il sarcofago in marmo, di forma ovale, presenta una decorazione a strigilature (scanalature ondulate, a forma di strigile, lo strumento curvo con cui gli atleti antichi si detergevano); ai lati sono scene di caccia (due leoni che azzannano un cerbiatto e un cavallo) e due figure umane. Il tipo di sarcofago, proveniente dall’area della chiesa di Sant’Orfeto, appartiene a una tipologia piuttosto rara nel territorio perugino. Tale esemplare è databile al III secolo d.C. Si scende verso corso Cavour e via Podiani, per una breve sosta al Museo di Palazzo Della Penna dove, al primo piano se17
minterrato, sono visibili gli unici resti dell’anfiteatro romano (18). Si riprende corso Cavour in direzione di San Pietro, oltrepassando il Museo Archeologico (vedi p. 19). La basilica di San Pietro (19), di straordinario interesse storico e artistico, conserva importanti testimonianze delle precedenti fasi romane e paleocristiane. Presso l’ingresso si trovano i resti di un monumento a pianta circolare, in blocchi di travertino. Si tratta del nucleo di un mausoleo di età romana, in seguito utilizzato come base per la torre campanaria. L’interno infatti è diviso in tre navate da 18 colonne di epoca romana, in marmo e granito; i capitelli sono di tipo ionico (tranne l’ultima coppia). Dall’interno della chiesa è possibile accedere, sotto l’abside, alla cripta altomedievale (19.a), scoperta nel 1979, a pianta circolare, con interessante ambulacro e pareti intonacate e dipinte con motivi geometrici e figurativi. Dall’altra parte della città, a
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nord, al termine di corso Garibaldi, sorge la chiesa paleocristiana di Sant’Angelo (20), della fine del V secolo d.C. È un raro edificio a pianta circolare, originariamente ubicato lungo l’importante “via regale” che proveniva dall’Arco Etrusco. Il tamburo, che sorregge la copertura “a tenda” della chiesa, poggia su 16 colonne di marmo con capitelli in stile corinzio, di recupero da monumenti romani. Nella chiesa è conservato anche un cippo romano con dedica all’imperatore Marco Aurelio.
Il Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria L’attuale allestimento è provvisorio. Il museo ha sede dal 1948 nell’exconvento di San Domenico (21.1). Nel cortile 21.1 d’ingresso, sotto il portico, sono esposti materiali lapidei, facenti parte della sezione etrusco-romana, che si articola nel piano superiore. Da segnalare nella sala piano terra marmi romani di grande pregio, come il sarcofago con il mito di Meleagro e la vera di pozzo con lotta tra Greci e Amazzoni, entrambi provenienti da Farfa Sabina, e il sarcofago, restaurato recentemente, con scena dionisiaca scolpita ad altorilievo, inquadrata tra due protomi leonine. Dal portico si accede anche alle sedi espositive sotterranee, dove, dal 2000, è possibile visitare la tomba dei Cai Cutu (21.2), scoperta fortuitamente nel 1983 nella necropoli di Monteluce. La tomba è stata qui ricostruita anche con ricollocazione del corredo funerario. Sul fondo della cella centrale è il sarcofago in arenaria con i resti dell’inumato, il capostipite. Ai lati 50 urne in travertino con iscrizioni pertinenti alla famiglia di origine orvietana dei Cai Cutu, gentilizio etrusco di origine servile, poi semplificato in Cutu, e, nelle urne più recenti, latinizzato in Cutius. La tomba mostra una continuità d’uso dal III al I secolo a.C.
zi on .P iC d no eg dis
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Nel loggiato superiore, attorno al chiostro, sono raggruppate le urne di travertino provenienti dalle necropoli perugine. Si tratta di una caratteristica produzione in serie dell’artigianato etrusco di Perugia in età ellenistica (21.3).
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Sul lato nord si accede alla sala espositiva delle lamine in bronzo sbalzato (21.4) e delle statuette in bronzo fuso, da Castel San Mariano (Comune di Corciano). Si tratta di elementi del rivestimento e della decorazione di tre carri da parata, databili tra il 570-520 a.C., considerati tra le opere piĂš rilevanti della bronzistica etrusca arcaica. I carri provengono da una tomba principesca, ricca di altri pregiati materiali, ora dispersi in vari musei europei.
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in arenaria, raffigurante due guerrieri affrontanti, e il sarcofago dello Sperandio (21.7): si tratta di un importante manufatto in pietra tenera (cosiddetta fetida), di produzione chiusina, databile intorno al 510-500 a.C.; sulla fronte è raffigurato un lungo corteo, variamente interpretato, e sui lati brevi scene di banchetto.
Dal loggiato, lungo la galleria che prende luce dal chiostro minore, sono vetrine con corredi di tombe etrusche, esposti secondo il tema della cosmesi e dell’ornamento nel mondo antico (come i balsamari d’argento da Civitella d’Arna) (21.5). In fondo alla galleria, nell’ala seicentesca, sono i materiali più arcaici, quali la stele funeraria di monte Gualandro (fine VII-inizi VI sec. a.C.) (21.6),
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Nella stessa sala sono altre importanti basi e cippi di età etrusco-arcaica. Di grande interesse i corredi e le urnette dalle necropoli etrusche del Frontone, di Monteluce, del Cimitero; in particolare si segnalano quelle pertinenti all’ipogeo della famiglia Satna da Ponticello di Campo, che, grazie anche a un recente restauro, presentano policromia ben conservata (21.8). 21.8
Di notevole importanza per la documentazione epigrafica è il cippo perugino (21.9), con un lungo testo inciso, che regola rapporti giuridici di proprietà tra due famiglie etrusche, gli Afuna, di Chiusi, e i Velthina, di Perugia. 21.9
Un percorso didattico introduce la Sezione Preistorica, costituita dai materiali appartenenti alla ricca Collezione Bellucci (21.10,11), ordinata con criterio in parte tipologico e in parte topografico. Si tratta di materiali d’epoca paleolitica e neolitica, provenienti dall’Umbria, dalla Toscana, dalle Marche e dall’Abruzzo, raccolti dal chimico, paletnologo, etnografo perugino Giuseppe Bellucci (1844-1921).
21.10
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Segue la Raccolta Umberto Calzoni collocata nel Salone dei Bronzi (21.12), che ospita materiali di varia provenienza, dal paleolitico all’età del ferro. Di particolare interesse i materiali provenienti da Cetona, i bronzi da Perugia e dall’Italia centrale, i dischi aurei da Gualdo Tadino. Dal 2000 è visitabile anche la sezione della Collezione Bellucci, che espone parte della ricca raccolta di amuleti e strumenti magico-religiosi (21.13), comprendente oltre 1700 oggetti, provenienti dalle regioni centro-meridionali dell’Italia, ordinati tipologicamente dall’epoca preistorica fino al XX secolo.
21.13
È inoltre esposta una parte esemplificativa della Collezione Guardabassi (21.14), costituita da reperti, perlopiù romani, raccolti in anni di ricerche dal pittore e studioso perugino Mariano Guardabassi (1823-80), autore del celebre Indice-Guida dei monumenti perugini. Tra i reperti, degni di nota, alcuni anelli romani con sigillo, ghiande missili, una pregevole teca di specchio in bronzo dorato di età ellenistica.
21.14 23
III - Le necropoli etrusche e il territorio Rappresentano un’importante emergenza archeologica del territorio perugino e una straordinaria fonte per la conoscenza della cultura artistica e dell’ordinamento sociale della città. Erano ubicate fuori della cinta muraria, ai lati delle direttrici viarie che si dipartono dalle sue porte, pertinenti sia al centro urbano che ai sobborghi. Delle numerose necropoli, costituite da sepolture ipogee a camera o a fossa, in certi casi risalenti anche al VI secolo a.C., sono visitabili soprattutto alcune delle tombe più recenti. Partendo dall’Arco Etrusco, attraverso corso Garibaldi e via dello Sperandio, si raggiunge la necropoli dello Sperandio (22), costituita perlopiù da tombe a camera, oltre che da tombe a cassone e a fossa, con una continuità d’uso dal VI al II secolo a.C. Predomina il rito inumatorio, ma è attestato anche quello incineratorio, che ha restituito numerose urnette in travertino. Dalla necropoli provengono anche cippi funerari e materiali ceramici, in bronzo e in ferro, conservati presso i musei di Perugia, di Firenze e il British Museum di Londra. È visitabile (v. scheda informativa) una delle tombe a camera più recenti (fine IV-III sec. a.C.). Restaurata recentemente, conserva il lastrone che sigillava
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l’ingresso e, all’interno, un semplice sarcofago di arenaria, pertinente alla ricca proprietaria dei gioielli d’oro (conservati al Museo di Firenze), tra cui un prezioso diadema, che ha dato il nome alla tomba, cosiddetta della “Principessa”. Uscendo dalla città, in auto o in bus, in direzione ovest, dalle necropoli settentrionali si può passare a quelle occidentali, ubicate presso Madonna Alta e Ferro di Cavallo. La necropoli di Madonna Alta fu scoperta casualmente, in località Centova, durante i lavori per la costruzione della strada statale E45 ed è raggiungibile da via Cortonese e dal raccordo per la superstrada. Superato un viadotto, s’incontra un piccolo piazzale, al di sopra del quale, sulla sommità di una collina, sono conservate sei tombe a camera, scavate nel tassello, con pareti e copertura rivestite da blocchi di travertino. Di queste, so-
lo una tomba è stata rinvenuta inviolata; presenta tetto a doppio spiovente e conteneva 16 urne cinerarie in travertino, con iscrizioni appartenenti alla famiglia Alfa. La necropoli è databile al II-I secolo a. C. Ipogeo di San Manno La tomba risulta ubicata lungo l’importante asse viario che conduceva verso il lago Trasimeno e Chiusi, segnalato dalla presenza di varie necropoli, a circa 5 km da Perugia, in località Ferro di Cavallo. Attualmente si presenta come cripta della chiesetta di San Manno (23), all’interno del complesso architettonico di proprietà del Sovrano Ordine dei Cavalieri di Malta.
tangolare (m 7,70 x 4,05 x 3,65), su cui si aprono due piccole nicchie. Di particolare rilievo risulta l’iscrizione disposta in tre linee sulla parete a sinistra dell’attuale ingresso. È uno dei testi funerari etruschi più lunghi tra quelli conservati (5 m), che permette di attribuire la tomba alla famiglia etrusca Precu, di cui sono nominati il padre, la madre e i fratelli Aule e Larth. L’ipogeo risulta l’esempio architettonico più importante tra quelli con volta a botte diffusi nel territorio. È databile al III-II secolo a.C e confrontabile con la tomba del Colle di Bettona. Attualmente è sottoposta a lavori di restauro (v. scheda informativa). Uscendo da Perugia, in direzione sud-ovest, lungo l’attuale strada statale Pievaiola, presso l’abitato di Castel del Piano, si trova la necropoli di Strozzacapponi (Comune di Corciano) (24). Le tombe, rinvenute a più riprese negli anni già a partire dall’800 durante lavori agricoli e interventi edilizi, fanno parte di un’estesa necropoli, utilizza-
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La chiesa è decorata da affreschi del ’300 e del ’500. Per una scala aperta successivamente nella parete di fondo, si accede a una tomba, interamente rivestita di grandi blocchi di travertino, disposti in filari regolari. Una pregevole volta a botte copre la vasta camera ret24 25
ta tra il II e il I secolo a.C. Si tratta della fase storica in cui si compie il passaggio dalla civiltà etrusca a quella romana, come attestato dal mutamento linguistico delle iscrizioni sulle urne: in etrusco le più antiche, in latino le più recenti. L’ubicazione, nei pressi delle cave di Santa Sabina, suggerirebbe la vicinanza a un insediamento di personale addetto alla lavorazione del travertino, come testimonierebbe anche la condizione sociale medio bassa dei defunti. Nella sua parte centrale è formata da tombe a camera, scavate nel banco di travertino, con banchine sui lati per la deposizione dei corredi. Si accedeva tramite un vestibolo alla porta chiusa da una lastra in travertino; il soffitto, perlopiù a doppio spiovente, in molti casi risulta franato. La parte attualmente visitabile è disposta al di sotto di un edificio adibito a negozio (v. scheda informativa). Da questo punto, si può proseguire per Corciano, piacevole borgo di età medievale, nella cui residenza comunale sono allestite e visitabili la Raccolta di reperti paleontologici (resti di scheletri di animali del pleistocene medio-inferiore e frammenti fossili), e la Raccolta di reperti archeologici, di provenienza locale, comprendente, tra l’altro, due grandi vasi di età villanoviana, urnette cinerarie di epoca etrusco-romana, cippi funerari e basi (25). Tra queste, di par-
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ticolare importanza, quella in travertino con dedica votiva etrusca a una divinità infernale, proveniente da Taverne di Corciano (26).
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Da segnalare i due leoni in travertino, collocati ai piedi della scalinata che porta in piazza dei Caduti, attribuibili probabilmente ad un monumento funerario di epoca romana, databile tra il I secolo a.C e il I d.C (27).
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Uscendo da Perugia, verso sudest, sulla strada verso Assisi, nel tratto Piscille-Ponte San Giovanni, a circa 7 km dal centro, è la necropoli del Palazzone (dal nome della villa del conte Baglioni, proprietario del terreno del rinvenimento). Comprende quasi 200 tombe a camera scavate nel terreno della collina sovrastante il Tevere, databili all’età ellenistica, tranne cinque attribuibili al VI-V secolo a.C. Sono perlopiù a camera semplice o con celle, dotate di un corridoio d’ingresso e chiuse da una lastra di travertino. Sono attribuibili a nuclei familiari della tarda aristocrazia etrusca, come si desume dai corredi e dalle iscrizioni incise sulle urnette cinerarie (28), conservate nell’edificio all’ingresso della tomba più celebre della necropoli, l’Ipogeo dei Volumni.
Nei dintorni, in vocabolo Vecchio di Miralduolo, è ubicata una importante tomba romana a camera, rinvenuta casualmente nel 1973, fortemente danneggiata, successivamente restaurata e protetta. La tomba, a pianta rettangolare, è costruita in opera cementizia, con volta a botte intonacata e dipinta all’interno. Lungo la parete di fondo è una banchina per la deposizione del defunto. La porta d’ingresso, chiusa da un lastrone in travertino, ha stipiti e architrave pure in travertino, come le tombe con volta a botte di età ellenistica.
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Da Ponte San Giovanni, si può proseguire verso Torgiano, dove presso i musei della Fondazione Lungarotti, sono anche importanti collezioni archeologiche.
Le manomissioni avvenute al momento del ritrovamento non permettono di conoscere né le deposizioni, né l’entità del corredo, di cui restano solo pochi materiali pertinenti a una defunta (gemme e oggetti da toeletta) (29). La tomba, non attualmente fruibile da un largo pubblico, si può datare nel I secolo d.C. Da Torgiano si può proseguire per Deruta dove, nel Museo Regionale della Ceramica, sono visitabile le raccolte archeologiche. 27
Ipogeo dei Volumni (30.1) Attraverso un ripido dromos (corridoio d’ingresso) si raggiunge la porta, dotata di stipiti, architrave e lastrone di chiusura in travertino. Sullo stipite destro è incisa l’iscrizione etrusca, che ricorda la fondazione della tomba da parte di Arunte e Lars Volumnio. Si entra in un complesso spazio architettonico ipogeo, che riproduce lo schema planimetrico di una casa romano-italica, con atrio centrale, tablino (corrispondente alla stanza di fondo), e due piccole celle su ciascuno dei due lati (30.2). Da un vano trasversale di fronte al tablino si accede a due stanzette laterali, munite di banchine. Gli stessi soffitti sono decorati a imitazione delle travature lignee e della decorazione a cas-
30.2
30.1
settoni. Il riquadro centrale del soffitto della camera di fondo è ornato da una testa di Medusa. La decorazione a rilievo del frontone sull’ingresso dell’atrio riproduce a rilievo uno scudo con testa di Gorgone tra due delfini. Di fronte, ai lati dell’ingresso del tablino, sono i probabili resti di protomi di serpenti, con significato apo-
30.3
tropaico; sul frontone soprastante è raffigurato uno scudo con testa di Gorgone tra spade sormontate da colombe e due protomi maschili. Sulle banchine della stanza di fondo sono disposte sette urne cinerarie, tra cui spicca quella al centro della parete di fondo, attribuibile in base all’iscrizione al capofamiglia, Arunte Volumnio, figlio di Aule (30.3). È composta da una base su cui è dipinta al centro la porta dell’Ade, fiancheggiata da due Lase, divinità infernali, a rilievo. Su questa poggia l’urna a forma di kline (letto da banchetto), con il defunto semisdraiato. Una delle urne con la raffigurazione di una figura femminile seduta, appartiene a Velia Volumnia (30.4), figlia di Arunte. L’unica urna in marmo, a forma di tempietto, pertinente a Publius Volumnius, figlio di Aulo, riporta un’epigrafe latina, databile all’inizio dell’età imperiale. L’ipogeo può datarsi tra la seconda metà del III secolo a.C. e il I d.C.
30.4
Si consiglia il percorso attraverso la necropoli del Palazzone, segnalato da cartellonistica didattica, per raggiungere l’Antiquarium che ospita mostre tematiche temporanee di reperti archeologici. 29
Torgiano. Museo del Vino (31.1) Foto Museo del Vino - Fondazione Lungarotti, Torgiano
31.1
Il Museo del Vino (con sede nel Palazzo Graziani Baglioni) è dedicato alla produzione e alla diffusione della vite e del vino, attraverso le varie epoche, nel bacino del Mediterraneo, a partire dall’antichità. Nella I sala sono esposti contenitori del vino di arte cicladica (31.2), anatolica, greca, italiota, etrusca e romana. Si segnalano pregevoli coppe protocorinzie e attiche (31.1), bronzi, buccheri, vetri e una interessante tipologia di anfore greche e romane, destinate al trasporto di vino su navi (31.3).
31.2
Nella IX sala sono esposti materiali proveniente dal territorio di Torgiano, dove sono attestati resti di cisterne, di villae rusticae e di necropoli di età etrusco-romana. 31.3
Deruta. Museo Regionale della Ceramica. Collezione Milziade Magnini
Il Museo dell’Olivo e dell’Olio è dedicato alle caratteristiche botaniche dell’olivo, alle diverse tecniche colturali dall’antichità a oggi e al diffondersi dell’olivicoltura nel bacino del Mediterraneo.
È costituita da circa 1000 pezzi di varia provenienza regionale, e in particolare dalla Puglia e dalla Lucania, tra cui, degna di nota, la serie di vasi di ceramica apula databili al IV secolo a.C. © Fototeca del Servizio Musei e Beni Culturali della Regione dell’Umbria
Foto Museo dell'Olivo e dell'Olio - Fondazione Lungarotti, Torgiano
Torgiano. Museo dell’Olivo e dell’Olio
33.1
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In particolare la sala V s’incentra sul carattere sacrale dell’olivo, dono della dea Atena. Tra i reperti spiccano una eccezionale lucerna in stile dedalico (620-610 a.C.) in marmo pario (32), un alàbastron (vaso per unguenti)attico a figure rosse del “Pittore della Fonderia” (490-480 a.C.), e uno skyphos (profonda coppa) apulo a figure rosse; nella sala VII, vetrina 1, un’esemplificativa raccolta di lucerne dall’età preromana all’alto Medioevo.
33.2
Si segnalano in particolare una trozzella, peculiare forma della ceramica messapica (33), e un cratere a campana figurato (34).
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Tomba del Faggeto Uscendo dalla città, a nord, attraverso la zona dell’Elce, San Marco, Cenerente, si raggiunge Colle Umberto, in auto o in bus, in circa 30 minuti dal centro. Da qui, seguendo un tratto della strada provinciale per Umbertide e quindi un percorso d’interesse ambientale (non segnalato) sulle pendici di Monte Tezio, si giunge, in circa 30-40 minuti, sulla cima della Cresta del34 la Fornace (m 607), dove, superata una breve radura e attraverso un piccolo sentiero, in 5 minuti si raggiunge facilmente la tomba del Faggeto (m 591), visibile entro un piccolo recinto, vigilata da giovani cipressi. Fu scoperta casualmente nel 1920, in proprietà tuttora privata, in un’area di grande interesse paesaggistico, dall’atmosfera suggestiva; la vista spazia da sud a ovest, dal monte Peglia a Montarale, monte Cetona, fino a Castel Rigone e Preggio. Attraverso un corridoio, fiancheggiato da due muretti, si raggiunge la porta (34), costituita da una pesante lastra rettangolare in arenaria (cm 144 x 75 x 11), tuttora girevole su cardini infissi nell’architrave e nella soglia. Si presenta come una piccola camera sepolcrale, a pianta rettangolare, coperta da volta a botte, con conci disposti radialmente. La tomba risulta costruita da blocchi in pietra locale, disposti su filari, piuttosto regolari. Ai lati restano tracce di una banchina, su cui si rinvenne l’urna cineraria in travertino, attribuibile, dall’iscrizione, a Arnth Cairnina, e pochi oggetti di corredo. È databile intorno alla seconda metà del II secolo a.C. Esistono altri percorsi per raggiungere il sito, partendo anche dalla località di San Giovanni del Pantano. Agli escursionisti interessati si consiglia di dotarsi della Carta Turistica Kompass n. 663 “Perugia-Deruta”, in scala 1:5000, e comunque di visitare il sito www.montideltezio.it, dove si trovano i riferimenti telefonici per le adeguate informazioni di visita a cura dell’ “Associazione Socioculturale Monti del Tezio”.