La facciata di Palazzo Fortuny – Racconto di un restauro

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comune di venezia Sindaco: prof. Giorgio Orsoni

Progettisti

Impresa Esecutrice

arch. Giorgio Bellavitis prof. Giorgio Baffo arch. Marco Lazzari arch. Diego Zanardo ing. Romeo Scarpa ing. Flavio Zuanier

Lares - Lavori di Restauro S.r.l.

Collaboratori al progetto

Consulenti

Direttore

arch. Claudio Spagnol arch. Silvia Caniglia

dott.ssa Gabriella Belli

Direzione Lavori

ing. Franco Pianon ing. Andrea Tantaro arch. Stefano Lorenzon

Assessore ai Lavori Pubblici dott. Alessandro Maggioni

Direttore della Direzione LL.PP. ing. arch. Manuel Cattani fondazione musei civici di venezia

Presidente dott. Walter Hartsarich

Responsabile Palazzo Fortuny arch. Daniela Ferretti con arch. Francesca Boni

Responsabile Servizio tecnico e manutenzioni arch. Daniela Andreozzi soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di venezia e laguna

Soprintendente arch. Renata Codello

Alta Sorveglianza arch. Anna Chiarelli dott.ssa Annalisa Bristot

restauratore Alessandro Longega

Responsabile del Procedimento ing. Paolo Felletti Spadazzi

(fino al 29/04/2008) arch. Andrea Bellotto

(fino al 12/04/2013) arch. Roberto Benvenuti

(dal 13/04/2013)

arch. Andrea Bellotto geom. Luca Lionello geom. Marco Manzelli

restauratore ing. Romano Cavalletti

Coordinatore della Sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione p.i. Nicola Belloni

Finanziamento Legge Speciale per Venezia

Durata del cantiere 3 anni

Importo contrattuale lavori â‚Ź 811.673,00 (o.f.c.)

Staff Operativo dott. Mario Massimo Cherido dott.ssa Elisabetta Ghittino arch. Donata Cherido arch. Silvia Boel

Restauratori Chiara Baggi Marcella Babetto Santino Gabrieli Azmi Abduloski Raffaele Cavallo Ottavio Filice Lisa Mittone Alessandra Accialini Luana Mocerino Barbara Casagrande

Progetto grafico Tomomot


Con questo importante intervento restituiamo alla Città e ai veneziani, dopo quasi un secolo e mezzo, la storica facciata di Palazzo Fortuny, rendendola visibile oggi nella sua originaria bellezza. Un altro passo importante, nella tutela di Venezia, così delicata e affascinante perché ogni piccolo elemento rappresenta un unicum insostituibile della sua grandiosità e perfezione. Desidero ringraziare gli uffici dei Lavori Pubblici del Comune, La Soprintendenza, la Fondazione Musei e tutti coloro che hanno concorso a questo meraviglioso risultato, perché è grazie alla sinergia di competenze, di professionalità e di passione che si rendono possibili risultati come questo. Alessandro Maggioni assessore ai lavori pubblici comune di venezia

Con il risanamento della facciata di Palazzo Pesaro Orfei, sede di uno dei musei più seducenti della Fondazione Musei Civici di Venezia, Palazzo Fortuny, riacquista luce e splendore un prezioso tassello del vasto patrimonio architettonico che forma il complesso e variegato sistema museale veneziano. È a nome della Fondazione che esprimo vivo entusiasmo e sentita riconoscenza per questo straordinario recupero, reso possibile grazie al contributo del Comune di Venezia, il sostegno della Soprintendenza ai Beni per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Venezia e Laguna, e la professionalità di Lares Restauri. Questo è il risultato proficuo del dialogo e della cooperazione tra istituzioni e aziende, nell’unanime sentimento di responsabilità nei confronti della storia e della città. Walter Hartsarich presidente fondazione musei civici di venezia

La conclusione del restauro della facciata di Palazzo Pesaro Orfei rappresenta per noi tutti un momento di particolare emozione. Architettura veneziana fra le più antiche, il Palazzo è divenuto nel tempo veicolo di memoria collettiva. La sua gloria risiede nella grandezza dei nomi che l’abitarono, la sua preziosità nell’eleganza delle proporzioni e nella severità della pietra e dei marmi, la sua musica nelle partiture murarie: voci e suoni di artisti, artigiani e commercianti, musicisti e letterati, echi di fasti e di potere, ma anche le tracce della più umile quotidianità. Fu con questo respiro che il Palazzo sedusse l’eclettico e geniale Mariano Fortuny, divenendo con lui immagine di Venezia nel mondo. Con profonda gioia e grande soddisfazione oggi presentiamo i risultati di un intervento che, dopo anni di lavoro, restituisce a Venezia, e al mondo intero, una tra le opere architettoniche più affascinanti della città lagunare. Auspichiamo dunque una continuità di intervento per il completamento del restauro dell’intero edificio, sotto l’egida dell’insegnamento di Cesare Brandi: «Il restauro costituisce il momento metodologico del riconoscimento dell’opera d’arte, nella sua consistenza fisica e nella sua duplice polarità estetica e storica, in vista della sua trasmissione al futuro». Daniela Ferretti palazzo fortuny



cenni storici

Costruito per iniziativa di Benedetto Pesaro a partire dalla metà del Quattrocento l’edificio, ampliato e trasformato nel corso dei secoli, si presenta oggi nella sua imponente mole con una facciata verso il rio di Ca’ Michiel e con una più estesa, e tra le più complesse del gotico veneziano, sul campo di San Beneto. Il palazzo, la cui struttura architettonica risponde pienamente alla tradizione veneziana, vanta alcune soluzioni di rilevante pregio come le due eptafore del primo e del secondo piano nobile, e un’inusuale profondità delle sale passanti tra le due facciate. Sviluppatosi su di un edificio sorto con caratteristiche di fondaco commerciale, si estese con stanze e servizi lungo l’asse che collega l’ingresso dal canale con quello di terra, il portego. Al pianterreno sono infatti ancora visibili le tracce di quattro archi a sesto ribassato, successivamente tamponati. Anche gli interni presentano alcuni elementi architettonici particolarmente rilevanti e raffinati, come gli architravi lignei e i pilastri in marmo scolpiti del primo piano nobile. Ricordato fra i principali edifici della città da Francesco Sansovino nel suo Venetia città nobilissima et singolare, nel xvi secolo, come rammenta Marin Sanudo nei suoi Diarii, si svolsero in esso numerose e memorabili feste a opera di Compagnie della Calza, quella degli Immortali e quella degli Ortolani, in onore di principi, ambasciatori, patrizi e nobildonne, e una sontuosa cerimonia ordinata da Pietro Pesaro nel 1522 “per la sua elezione a procuratore di S.Marco”. Notevoli le opere d’arte che la famiglia Pesaro vi aveva raccolto e che si potevano ammirare al suo interno: “eccellenti pitture così antiche che moderne, fra le quali sono meravigliose una Samaritana di mano del Pordenone; un’Adultera di Giorgione”. Verso la fine del xvii secolo, estintasi la discendenza maschile


dei Pesaro di San Beneto, l’edificio venne diviso in due proprietà, una parte destinata a Elena Pesaro, ultima erede diretta, l’altra ai Pesaro di San Stae. Dal 1720 al 1825 circa il palazzo risulta interamente affittato: ospitò, tra gli altri, la Tipografia Albrizzi, ma anche società musicali come l’Accademia degli Orfei, a partire dal 1786, e poi la Società Apollinnea in seguito trasferitasi presso il Teatro La Fenice. Nella seconda metà dell’Ottocento l’edificio venne frazionato in numerosi anti e appartamenti con la conseguente creazione di nuove comunicazioni verticali e orizzontali, per ospitare circa 350 persone di umili condizioni e destinare alcuni spazi ad uso commerciale, come ad esempio i laboratori di stampa di uno tra i più noti fotografi veneziani, Paolo Salviati. Fu in uno stato di degrado e decadenza che Mariano Fortuny y Madrazo, attratto da questa bellezza architettonica, nel 1898 occupò l’enorme stanza posta nel sottotetto dell’edificio, stabilendovi il proprio studio. Nel corso degli anni, acquisite le altre parti dell’immobile, Fortuny iniziò il lavoro di recupero dell’edificio: mano a mano che se ne andavano le persone, liberò gli appartamenti, riadattò le stanze, fece cadere tramezzi e sovrastrutture, riportando equilibrio e proporzione. Dopo un primo utilizzo dedicato alle sue sperimentazioni artistiche e scenotecniche, Fortuny elesse Palazzo Pesaro Orfei a propria dimora. Nel 1907, assieme alla compagna e musa ispiratrice Henriette Nigrin, vi installò un piccolo laboratorio; dopo pochi anni due interi piani del palazzo vennero occupati dallo straordinario atelier per la creazione e la stampa di abiti e tessuti in seta e velluto. Nel 1956, dopo la morte di Fortuny (avvenuta nel 1949), l’edificio fu donato al Comune di Venezia per essere “utilizzato perpetuamente come centro di cultura in rapporto con l’arte”. L’amministrazione cittadina entrò in pieno possesso del palazzo nel 1965, data della morte di Henriette e, nel 1975, aprì al pubblico le porte della singolare casa-museo.

nelle pagine precedenti

Palazzo Pesaro Orfei. Facciata su campo S. Beneto, 1893 ca.


Mariano Fortuny y Madrazo, 1910 ca. Palazzo Pesaro Orfei. Eptafora del primo piano nobile ripresa dall’interno verso campo S. Beneto, 1915 ca. nelle pagine successive

Palazzo Pesaro Orfei. Fotopiano digitale del prospetto su campo S. Beneto, 2007.





l’intervento di restauro Il progetto di restauro di “Palazzo Fortuny”, predisposto nel 2000, è stato revisionato e suddiviso in stralci funzionali per adeguare gli interventi alla programmazione finanziaria dell’Amministrazione Comunale e, nel contempo, per evitare la sospensione delle attività museali. I lavori eseguiti sono relativi al 1° Stralcio del Progetto Esecutivo del 2008, e sono iniziati a Settembre 2009. Tali interventi sono relativi al restauro e al risanamento conservativo della facciata principale verso Campo San Beneto con il recupero dei serramenti e della copertura (restauro ed integrazione degli infissi, rimaneggiatura del tetto). Gli adeguamenti e i cambiamenti d’uso susseguitisi nei secoli sulla facciata di palazzo Fortuny avevano lasciato evidente traccia nelle numerose tamponature visibili prima del restauro al secondo piano nobile, già presenti nelle immagini d’archivio del 1890 e 1920. Sulla facciata principale si è provveduto al preliminare consolidamento della muratura e di tutti gli elementi lapidei in precarie condizioni statiche, includendo i poggioli e le finestre gotiche, al fine di consentire la riapertura delle finestre tamponate da circa 150 anni e il riuso dei poggioli in condizioni di sicurezza. Presupposto fondamentale di questo intervento è stato quello di non alterare in alcun modo l’immagine complessiva che questa facciata aveva acquisito con il passare del tempo, prediligendo la conservazione di gran parte delle integrazioni presenti. Durante l’esecuzione degli interventi si sono riscontrati dissesti e criticità conservative, visibili solo dopo la rimozione delle orbonature e delle preesistenti puntellazioni. L’ analisi visiva ravvicinata e l’esecuzione di alcuni campionamenti in sito, sotto la supervisione dei tecnici della Soprintendenza, ha portato


all’impiego di tecniche di restauro e di consolidamento differenziate al fine di garantire una bassa aggressività sulle superfici originali e i materiali che compongono la facciata. Solo in seguito all’esecuzione di prove di pulitura e delle indagini stratigrafiche sono stati rilevati elementi interessati da vari strati di dipintura, probabilmente applicati durante interventi manutentivi per ridurre l’interferenza visiva delle croste nere; pertanto si è reso necessario procedere alle operazioni di descialbo di tali elementi. Il restauro ha consentito il recupero e la lettura di tutti i lacerti di intonaco storico presenti, propri del periodo gotico, valorizzando la presenza delle tracce di dipinto policromo. Tali intonaci sono stati consolidati in profondità, dopo il preventivo reconsolidamento della pellicola pittorica, sono stati puliti dai depositi superficiali e dalle croste nere presenti e ritoccati con velature ad acquerello sottotono per renderli maggiormente leggibili. Diversi elementi, in particolare in pietra d’Istria, erano interessati da dissesti e problemi di natura statica, in particolare i balconi e i “barbacani” che avevano già subito passati interventi di consolidamento con inserimento di sovrastrutture metalliche che ne avevano ulteriormente aggravato la situazione a seguito dell’ossidazione dei ferri. Gli interventi statici hanno previsto lo smontaggio degli elementi in pericolo di tenuta, la sostituzione degli elementi metallici ossidati con elementi in acciaio inox e l’incollaggio delle parti scomposte o distaccate da ricomporre.


in queste pagine

Tasselli stratigrafici e prova di pulitura. nelle pagine precedenti

Lacerti di intonaco dipinto, dopo il restauro.

La pulitura, che si è mantenuta su livelli poco spinti al fine di preservare tutte le patine presenti sulla pietra d’Istria, ha previsto l’utilizzo di diverse metodologie, dagli impacchi localizzati a base di bicarbonato di ammonio e acqua deionizzata supportati da polpa di carta e sepiolite, all’uso di resine a scambio ionico massaggiate direttamente sulle superfici per poter calibrare la pulitura sino al livello desiderato. Gli elementi lapidei fessurati o che presentavano fenomeni di scagliatura e polverizzazione superficiale sono stati consolidati con microiniezioni localizzate di resina epossidica fluida caricata di silice micronizzata e successiva applicazione di silicato di etile a pennello o a spruzzo. Le fessure e le commettiture tra i giunti sono state stuccate con malta di calce esente da sali e polvere di pietra, velate poi in accompagnamento alle partiture originali con impiego di colori a base di calce e terre naturali. L’intero paramento murario in laterizio con tracce di intonaci antichi è stato trattato con prodotti antivegetativi per la rimozione delle patine biologiche presenti. Sono state pulite le superfici con ripetuti lavaggi con soluzioni a base di carbonato d’ammonio, reintegrate le malte di allettamento e stilatura ed eseguito un trattamento finale con prodotto consolidante, seguito da protettivo idrorepellente con caratteristiche di resistenza ai raggi uv e assenza di alterazioni cromatiche delle superfici.


da sinistra

Ricomposizione dei frammenti distaccati; montaggio e rimontaggio degli elementi instabili; rimessa in opera della balaustra.




da sinistra

Utilizzo di resine a scambio ionico; stuccatura; consolidamenti localizzati sul paramento lapideo; trattamento protettivo a spruzzo.


Facciata di Palazzo Pesaro Orfei nel 1968 e nel 2013.




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