Altrestorie_17

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rivista periodica a cura del museo storico in trento, www.museostorico.it - info@museostorico.it

anno settimo numero diciassette agosto 2005

IN QUESTO NUMERO “Le colonie per l’infanzia” Città in miniatura di Massimo Martignoni

Da luoghi di cura a centri di vacanza: breve storia delle colonie per l’infanzia di Rodolfo Taiani

La Pontificia opera di assistenza di Trento e la sua opera in favore delle colonie estive (1946-1984) a cura di Patrizia Marchesoni Colonia alpina di Serrada, 1947: momenti di vita quotidiana

Le colonie della Pontificia opera di assistenza attive negli anni 1946-1984

Una storia romantica: gli anni sessanta dall’archivio di Gigliola Cinquetti Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) - art. 1, comma 1, D.C.B. Trento - Periodico quadrimestrale registrato dal Tribunale di Trento il 9.5.2002, n. 1132. Direttore responsabile: Sergio Benvenuti - Distribuzione gratuita - Taxe perçue - ISSN 1720 - 6812


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Le colonie marine per l’infanzia: edifici bianchi e lucenti planati negli anni trenta, come di Massimo Martignoni dischi volanti, ai margini delle spiagge italiane. Lungo i litorali ancora vergini della penisola, tra sabbie e pinete, l’architettura moderna italiana trova nella progettazione delle colonie spiragli consistenti per liberare energie creative altrove La colonia elioterapica 3 gennaio di Torino represse. Queste città in mi-

Città in miniatura

La colonia XXVIII ottobre di Marina di Massa

niatura, abitate da un popolo nuovo di bimbi e ragazzi, immerse nel sole e nell’azzurro del mare e del cielo, costituiscono una palestra ideale per le sperimentazioni planimetriche e formali dei giovani architetti razionalisti. “Tutto in esse, dalle linee astratte e dai volumi agli svolgimenti delle piante... tutto concorre a comporre la forma plastica, l’immagine visiva, in cui si immedesimerà per sempre, nella memoria di questi ragazzi, il ricordo del soggiorno in colonia” (“Costruzioni-Casabella”, novembre 1941, numero monografico sulle colonie marine curato da Mario Labò e Attilio Podestà; il servizio prosegue nel mese successivo con le colonie montane ed elioterapiche). Il tema della colonia per l’infanzia, marina o montana che sia, viene svolto da decine di progettisti italiani in un campionario di opere che sondano le diverse espressioni del linguaggio moderno: dalla pura matrice razionalista, variamente declinata (Ettore Sottsass senior e Alfio Guaitoli a Marina di Massa, Giulio Minoletti a Formia, Giuseppe Vaccaro a Cesenatico, Luigi Carlo Daneri a Santo Stefano d’Aveto, i BBPR a Legnano, Agnoldomenico Pica in un progetto per Marina di Ravenna) all’intonazione metafisica e novecentista (Angiolo Mazzoni a Calambrone, con la celebre torre dell’acqua avvolta dalla spirale della scala). Dall’invenzione giocosa, Clemente Busiri Vici con le «navi» a Cattolica, fino alla creazione di nuove tipologie strutturali (le torri di Vittorio Bonadé Bottino a Marina di Massa e Salice d’Ulzio e di Camillo Nardi Greco a Chiavari). Un lascito architettonico rilevante, tra i più significativi del ventennio fascista, che ora è soggetto a uno

stato di generale abbandono. La crisi di questo formidabile sistema ricreativo-educativo parte da lontano. Sopravvissuta alla fine del fascismo, la rete delle colonie continua a funzionare, ma gli anni del boom economico portano le famiglie a pensare a una propria, autonoma organizzazione delle ferie estive. Il concetto di vacanza si diffonde e diventa un momento di riunione e intimità da passare insieme. Il contrasto con l’immagine militaresca delle colonie inizia a farsi netto. Quei ritmi di vita mutuati dalle caserme, con il corollario del distacco (a volte traumatico) dei pargoli dal grembo materno, la partenza in massa nei treni e nei pullman, le lacrime dai finestrini, e poi, all’interno dei grandi edifici bianchi e rigorosi, le sveglie forzate con le suore o le istitutrici severe, i canti collettivi, le mense, i bagni a mare concessi con il contagocce, il tutti a letto presto dopo avere detto le preghiere... Sensazioni poco gradevoli, lontane dalla sensibilità di genitori e figli moderni. La stagione delle colonie, intesa come rito collettivo degli italiani, giunge lentamente al capolinea. Il resto è storia recente. Dagli anni ottanta si torna a riflettere sul valore architettonico di quei manufatti – si ricorda una mostra a Londra nel 1988, «Cities of childhood, Italian colonie of the 1930s», un convegno a Cervia nel 1986 – ma è un girare a vuoto, con dibattiti lunghi e inconcludenti, con proposte di restauro e di riutilizzo che rimangono quasi sempre sulla carta. Mentre il degrado e l’incuria avanzano. Quale futuro per le colonie italiane? (Una prima versione di questo testo è stata pubblicata in Casa Vogue, giugno 2003).


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La colonia XXVIII ottobre di Marina di Massa progettata da Ettore Sottsass e Alfio Guaitoli: un esempio di architettura razionalista


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Giuseppe Barellai (1813-1884) fu in Italia uno dei più convinti assertori nel corso dell’Ottocento dell’efficacia della talassoterapia – la cura che sfrutta l’azione del clima marino e dei bagni di mare – nel trattamento della scrofola. Tale sindrome era allora piuttosto diffusa fra l’infanzia, caratterizzata da ingrossamento e degenerazione dei linfonodi, soprattutto del collo. Solo la scoperta del bacillo di Koch ha permesso di riconoscere questa malattia come una forma di tubercolosi extrapolmonare. Il medico fiorentino fu pertanto promotore della creazione di ospizi marini nei quali accogliere e trattare secondo il nuovo metodo i bambini scrofolosi. Si metteva così a frutto quanto la pediatria aveva già “scoperto” per così dire fin dalla fine del Settecento, ma indubbio merito di Barellai fu proprio l’energia che egli profuse nella fondazione di simili istituti, a partire da quello pionieristico di Viareggio, attivo dal 1856.

Da luoghi di cura a centri di vacanza: breve storia delle colonie per l’infanzia di Rodolfo Taiani

Immagini di vita quotidiana nelle colonie Fiat di Marina di Massa

Nonostante una sorta di ostruzionismo, fu proprio grazie al suo esempio che ospizi marini per bambini cominciarono ad operare anche in Liguria, sulle coste dell’Adriatico e sempre più numerosi nella stessa Toscana. Una volta consolidato, questo genere di strutture ampliò l’intervento anche in favore dei bambini affetti da rachitismo, ossia da difetti nello sviluppo della struttura

ossea a causa della mancanza di vitamina D. Gli ospizi marini nei primi decenni della seconda metà dell’Ottocento si configurarono pertanto come luoghi dediti prevalentemente alla cura e all’assistenza dei bambini delle classi più povere e disagiate. Scrofola e rachitide erano in un certo senso sinonimo stesso di miseria e diretto effetto delle precarie condizioni


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La Società pro Riccione di Trento La Società fu fondata a Trento nel 1900 allo scopo di consentire ai bambini rachitici e scrofolosi, residenti in città, di beneficiare di soggiorni marini sulla costiera romagnola per periodi di almeno quaranta giorni. Ogni anno venivano inviati al mare circa 150 bambini. La spesa necessaria era garantita sia dall’intervento delle famiglie dei bambini, sia dalle offerte pervenute a tale scopo da privati cittadini e dalla Banca cooperativa (fonte: Museo storico in Trento, Archivio E, busta 52, fasc. 5, relazione di Roberto Suster del 2 maggio 1917 sulla beneficenza in Trentino, c. 59).

La colonia IX maggio di Bardonecchia

di vita in cui versavano molte famiglie rurali e cittadine tanto in Italia quanto nell’intera Europa. In Trentino la situazione non si presentava evidentemente diversa: il medico Giovanni Gerloni, in un intervento sul Bollettino medico dell’Associazione medica tridentina

del 1885, lamentava la grande diffusione della rachitide fra la popolazione infantile e indicava proprio nei soggiorni climatici un appropriato intervento preventivo e terapeutico. In altro contributo del dottor Brugnara, comparso in quell’anno sullo stesso periodico, si ribadiva l’importanza delle cure climatiche per risollevare le sorti di tanti infelici, vittime inconsapevoli di una fragile costituzione fisica. Sempre il medico Gerloni, nel sottolineare la gravità della situazione e l’urgenza di adeguate misure, ricordava come nella città di Trento, negli anni 1884-1886, sul totale di coscritti delle generazioni 18641866, la percentuale di abili all’arruolamento fosse stata solo del 22% contro il valore del 45-50% registrato in altre nazioni quali l’Austria o la Germania. Una differenza legata a molteplici fattori, ma che sicuramente trovava una propria

spiegazione anche negli effetti negativi sullo sviluppo fisico della popolazione indotti dallo stato di crescente miseria nel quale giaceva, nella seconda metà dell’Ottocento, una larga fetta di popolazione. L’organizzazione di una sempre più ampia e fitta rete di ospizi marini o montani un po’ ovunque in Italia ed Europa, fu pertanto una scelta indotta innanzitutto da strategie di ordine politicosanitario. La popolazione andava salvaguardata e tutelata particolarmente nella prima fase di crescita, quella più esposta ai rischi di alta mortalità e/o di ritardi nello sviluppo psico-fisico della persona. Sul finire del secolo XIX nessuno più dubitava dei grandi vantaggi che il soggiorno, anche per brevi periodi, in queste strutture, avrebbe arrecato anche per l’opportunità di beneficiare di una sana e regolare alimentazione, della costante esposizione all’aria e al sole,


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L’iscrizione commemorativa della posa della prima pietra dell’Ospizio marino di Viareggio

L’Ospizio marino di Viareggio entrato in funzione nel 1856

di una vita scandita da ritmi regolari e della corretta trasmissione di una serie di abitudini e comportamenti giudicati fondamentali per il consolidamento e la conservazione della salute. A partire dagli anni venti, peraltro, il già diffuso modello della colonia per bambini poveri subisce notevoli mutamenti che contribuirono ad aumentarne la popolarità. Su committenza del Partito nazionale fascista, delle Federazioni dei fasci locali e di grandi industrie, vengono costruite in breve tempo enormi strutture che cambiano le sorti delle località marine e montane in cui vengono localizzate. La grande colonia è un edificio in grado di offrire

ospitalità in alcuni casi anche a mille e più bambini. Si vengono così a creare delle vere e proprie città dell’infanzia. Qui hanno luogo le adunate di giovani balilla e di piccole italiane che, in soggiorni periodici, svolgono attività fisica, giochi, si sottopongno a quotidiani bagni di sole, e naturalmente di disciplina. Cambia il contesto, mutano in parte gli orientamenti e l’ampiezza del fenomeno, ma l’azione delle colonie prosegue nel secondo dopoguerra. Tutte le grandi industrie riattivano o fondano i soggiorni estivi per i figli dei propri dipendenti: così la Fiat, la Pirelli o la Montedison. Ma sono soprattutto le organizzazioni cattoliche, fra le quali la POA (Pontificia opera d’assistenza), poi trasformata in Caritas, a fare la parte del leone. Con riferimento al Trentino, come sarà ricordato più avanti in un altro articolo, conobbe particolare fortuna l’azione promossa da don Domenico Redolf. Alla sua iniziativa si legano i

centri ad esempio di Calambrone e Ziano, nomi rimasti nella memoria di tantissimi trentini che vi hanno trascorso periodi di soggiorno o vi hanno inviato i propri figli per vivervi un’esperienza che negli anni più recenti ha conosciuto un’ulteriore modificazione. Chiusa la parentesi di tipo medico-assistenziale, così come quella più educativo-nazionale, la colonia diviene luogo di socializzazione dove vivere una esperienza formativa di tipo esistenziale. Non sono più gli anni della rachitide o della scrofola, né gli anni dell’azione preventiva finalizzata al miglioramento della razza e all’educazione in chiave nazionalistica delle generazioni più giovani; rimane sì centrale il tema della salubrità dell’ambiente marino o alpino, ma crescente importanza è assunto dal valore formativo attribuito ad un’esperienza di vita comunitaria la cui offerta costituisce in ogni caso il risultato di una nuova espressione del benessere: la vacanza.


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La quasi quarantennale storia ed esperienza delle colonie della Pontificia opera di assistenza inizia subito dopo la fine della seconda guerra mondiale. Don Domenico Redolf, ex cappellano militare e, a guerra A cura di finita, cappellano della Patrizia Marchesoni Parrocchia del Duomo di Trento organizza un gruppo di volontari che va ad accogliere alla stazione ferroviaria i soldati di ritorno dai campi di internamento della Germania per dare il primo aiuto e conforto. Poi, nel 1946, inizia ad organizzare le colonie estive diurne per i bambini. Partivano al mattino presto per Povo, venivano ospitati nella scuola e poi venivano riaccompagnati a casa la sera. Inizia così l’attività della Pon-

La Pontificia opera di assistenza di Trento e la sua opera in favore delle colonie estive (1946-1984)

Trento, estate 1946: la partenza da piazza Duomo del primo turno diretto alla colonia alpina di Moena. Nella fotografia anche don Domenico Redolf

tificia opera assistenza di Trento (POA) – diretta emanazione della POA di Roma – di cui don Domenico Redolf non fu solo il fondatore, ma per molti anni l’animatore e il trascinatore instancabile, impegnandosi in queste e in altre imprese assistenziali come ad esempio la mensa per i lavoratori e studenti, gli aiuti alle famiglie bisognose con pacchi di beni alimentari e vestiario. Ben presto vennero avviate anche le prime colonie montane ospitate nelle scuole o nelle case parrocchiali: a Moena, Someda, Predazzo, e l’anno successivo a Lavarone, Levico, Caldonazzo, Fai della Paganella. Altre ancora se ne aggiungeranno negli anni successivi in varie località del Trentino, ma anche in località marine: Venezia, Ancona e la più famosa e più grande di tutte, Calambrone in provincia

di Livorno. Edy Rocchetti, impiegata amministrativa presso la POA a partire dal 1950, ricorda tutto come fosse ieri: “Erano anni di miseria e le famiglie trentine avevano bisogno di un po’ di tutto. Venivano in ufficio le mamme con i loro figli e ci raccontavano le loro difficoltà e piangevano… I turni di colonia inizialmente erano 4 (poi si ridurranno a 3) e iniziavano non appena finiva la scuola. Si raccoglievano le domande che venivano valutate, le quote di iscrizione venivano ridotte in base alle condizioni economiche della famiglia e al numero dei figli. Era veramente un lavoro duro e le domande erano tantissime”. All’inizio la POA lavora con le proprie forze, con il volontariato e le offerte, ma ben presto arriva anche il sostegno economico della Provincia e le


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Tesero, estate 1948: gruppo di bambine della colonia alpina in compagnia di don Domenico Redolf

cose vanno molto meglio. La Signora Rocchetti ricorda che all’inizio non fu affatto semplice e racconta un epi-

Momento di festa all’interno di una colonia marina con al centro don Domenico Redolf, s. d.

sodio: “Siamo ai primi degli anni cinquanta. Prima di avviare le attività di ogni colonia bisognava ottenere il

benestare del Medico provinciale che arrivava in visita, a volte accompagnato dal Commissario del Governo. Tutto quindi doveva essere a posto dal punto di vista dell’igiene e dell’organizzazione. Se non che per la colonia di Moena non eravamo stati in grado di predisporre le docce come richiesto dal Medico provinciale. Il giorno del sopralluogo abbiamo improvvisato le cabine doccia nella lavanderia utilizzando le lenzuola e poi don Tullio (don Tullio Endrizzi, braccio destro di don Redolf e poi suo successore, n.d.r.) nasconde un ragazzino dietro la finta doccia e simula lo scroscio dell’acqua con un innaffiatoio. … Così, si improvvisava, ma avevamo tutti un grandissimo entusiasmo”. Nel 1963 la colonia di Calambrone (la famosa “Regina del mare”) che fino ad allora era stata sempre presa in affitto (era di proprietà dei Postelegrafonici) fu acquistata e così anche la colonia di Ziano di Fiemme (la “Regina dei Monti”). La POA nel frattempo è stata trasformata in Charitas Tridentina – Opera Diocesana


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Ancora una foto di don Domenico Redolf (al centro della fila) ripreso in un momento di festa nella colonia montana di Rizzolaga di Pinè. Il secondo da destra è don Tullio Endrizzi, s.d.

Assistenza (ODA). Nel 1963 gestisce ben nove colonie. Per la sola Calabrone partono più di settecento bambini a turno. Racconta la Signora Edy: “Prima della costruzione dell’Autostrada i bambini partivano con il treno. Ne affittavamo uno intero compreso il personale delle Ferrovie. La chiamavamo ‘la spedizione dei Mille’. Dalla metà degli anni sessanta invece le partenze venivano organizzate con le corriere, una carovana di 20-25 corriere per turno. Partivano la sera intorno alle

undici e arrivavano alle 8 di mattina. Pensa alle soste! 700 bambini da portare ai bagni! Io quelle notti non dormivo mai e avevo il batticuore fino a quando non erano arrivati a Calambrone e don Tullio telefonava per dire che era andato tutto bene. E poi a metà del turno noi dell’ufficio partivamo con don Domenico e andavamo a fare delle visite nelle colonie per controllare se tutto andava bene e se c’era bisogno di qualcosa. E poi c’era la Festa dei genitori e si organizzavano le corriere, 3-4 per turno, per portare i

Domenico Redolf nasce a Moena il 14 marzo 1908 e viene consacrato sacerdote nel 1932. Svolge il suo primo incarico di cura d’anime a Caldonazzo, spostandosi successivamente a Civezzano come coadiutore e a Rovereto come catechista. Durante la seconda guerra mondiale assume l’incarico di cappellano militare, mentre dopo l’8 settembre 1943 viene nominato assistente diocesano della gioventù femminile di Azione cattolica. Nell’immediato dopo-

genitori dai loro bambini…”. Nel 1967 don Domenico Redolf muore in un incidente stradale e i giornali titolano la sua scomparsa come un “lutto per la Chiesa dei poveri”. Il suo posto viene preso da don Tullio Endrizzi che ne assume l’eredità e ricopre la carica di Presidente dell’ODA fino al 1982. Dal 1972 le colonie gestite dall’ODA, che già nel corso degli anni precedenti si sono ridotte, sono solamente le due di Ziano e Calambrone che rimarranno attive fino al 1984, anno in cui la Charitas tridentina viene sciolta. Molto è cambiato nei bisogni, nelle condizioni sociali ed economiche del Trentino e forse non è più tempo di “colonie”. “A Calambrone, alla fine degli anni sessanta abbiamo ospitato anche i rifugiati vietnamiti durante la guerra. Erano aiutati dalla Charitas di Roma che in inverno li smistava nelle colonie sia sul litorale adriatico (Cesenatico, Milano Marittima) sia sul Tirreno. I profughi restavano lì in attesa di essere trasferiti nei vari comuni italiani, e anche in Trentino, dove venivano trovati per loro casa e lavoro. Si stava svegli fino a tarda notte per preparare tutte le carte e i documenti. Ma questa è ancora un’altra storia…”.

guerra ricopre l’incarico di direttore dell’associazione volontari della ricostruzione, ente che si occupa di senza tetto per cause di guerra. Sempre nel 1945 è chiamato infine alla presidenza della Pontificia opera di assistenza, da dove si occuperà dell’organizzazione e della gestione delle colonie. Conserverà questo ufficio fino alla data della sua morte, avvenuta in un incidente automobilistico il 3 dicembre 1967.


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Le colonie della Pontificia opera di assistenza attive negli anni 1946-1984

Trento, colonia diurna delle canossiane. Foto ricordo con al centro il vescovo di Trento Carlo de Ferrari, s.d.

Nella tabella seguente si propogono alcuni dati sintetici relativi all’attività della Pontificia opera di Assistenza negli anni 1946-1984. Tali dati sono stati desunti da una relazione, “Soggiorni di vacanze: prospettive e proposte”, predisposta nel 1985 dalla neoistituita Charitas tridentina. Dalla stessa relazione si evince come il periodo di maggiore attività si concentrò fra gli anni 19491973 dove le colonie in esercizio passarono dalle 8 del 1949 alle 13 del 1958 per scendere infine alle quattro del 1973. Nei restanti anni le colonie in esercizio furono tre negli anni 1946-1948 e solo due nel periodo 1974-1984. COLONIE MONTANE Strutture Moena (Colonia Piergiorgio Frassati) Someda (Colonia Pio XII) Predazzo (Colonia Villa Immacolata) Rizzolaga (Colonia alpina) Lavarone (Colonia alpina) Levico (Soggiorno preventorio) Caldonazzo (Colonia femminile) Fai dellaPaganella (Colonia Pio XII) Tesero (Colonia montana dei fiori) Folgaria (Colonia montana) Povo (Colonia diurna) Candriai (Colonia alpina) Riva del Garda (Colonia lacustre) Vermiglio (Soggiorno alpino) Fondo (Soggiorno montano) Romeno (Colonia alpina) Ronzone (Colonia adolescenti ragazze) Ziano (Colonia Regina dei Monti) Mezzana (Soggiorno adolescenti) Castello Tesino (Colonia montana) Serrada (Soggiorno adolescenti) San Vito Pergine (Colonia alpina)

Periodi di attività

Anni complessivi di attività

1946; 1949-1955; 1958-1960 1946 1946 1947-1950; 1952-1959 1947 1947 1947 1947-1963 1948-1964 1948-1952; 1961-1970; 1973 1949-1965 1950-1951; 1953-1955; 1957-1960 1952; 1955-1959 1954-1957; 1961 1954-1962 1954-1955; 1958-1960 1956; 1961-1969 1957-1984 1961-1964 1965 1964-1973 1966-1970

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COLONIE MARINE Strutture

Periodi di attività

Anni complessivi di attività

Venezia - San Pietro in Volta (Colonia marina) Ancona - Palombina (Colonia marina) Calambrone (Villa Rosa - Regina del Mare) Calambrone (Figli emigranti estero) Lignano (Colonia marina) Cattolica - Le navi (Colonia marina) Igea Marina (Colonia marina Trento) Bibione (Soggiorno marino Tridentum)

1947 1948 1948-1984 1949 1950-1954; 1956-1958; 1960-1963 1950 1951-1953 1970

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Enrico Guadagnini, insegnante di scuola elementare a Rovereto, ricoprì per alcuni anni l’incarico di direttore della colonia alpina estiva di Serrada. Fra le sue carte pervenute al Museo storico in Trento si trovano due quaderni nei quali è registrato con linguaggio freddo e distaccato lo scorrere delle giornate in colonia. Alle passeggiate nei luoghi

14 Giovedì. Ore 10,30 arrivo in Colonia dei 98 ragazzi. Formazione delle 5 squadre e sistemazione nelle camerate. Nel pomeriggio: sbrigo corrispondenza. Norme disciplinari per l’ordine e il buon andamento della Colonia. […] 15 Venerdì. Ore 8.30 Messa per i ragazzi delle due colonie. Dopo la S. Messa passeggiata lungo la strada del Finonchio. […]

circostanti si alternano momenti di ricrezione e di istruzione, incentrati quest’ultimi soprattuto sui temi dell’educazione morale e dell’igiene personale. Il trascorrere del tempo è anche scandito dalle visite giornaliere dell’ufficiale sanitario e dalle funzioni religiose. La salute del corpo, che non tralascia la somministrazione di purghe e il tradizionale ricorso a bagni di sole, si compenetra alla cura dell’anima. Nelle righe seguenti si propongono le annotazioni relative ai giorni compresi fra il 14 e il 21 agosto 1947.

Dopo merenda passeggiata al Belvedere e ritorno per il bosco (1 ammalato). 16 Sabato. Prima della colazione tutti i ragazzi prendono la purga. Dopo colazione: attività al campo: lezione d’igiene: necessità della pulizia. Canti della montagna; giuochi; I° bagno di sole. Nel pomeriggio: confessione di una quarantina di ragazzi. Dopo merenda: attività al campo: giuochi collettivi e canti. Ore 6,30. Visita del dott. Boschetti. 17 Domenica. Ore 9,30 S. Messa e Co-

Colonia alpina di Serrada, 1947: momenti di vita quotidiana

Cartolina degli anni trenta dedicata alle colonie per la gioventù.

munione. Dopo colazione passeggiata lungo la strada della Martinella. Nel pomeriggio lezione di religione. Dopo merenda: passeggiata a Malga Parisa e i più grandi al Rifugio Stella d’Italia. 18 Lunedì. Passeggiata alla Martinella. II° bagno di sole. Nel pomeriggio attività al campo: lezione d’igiene: pulizia del corpo e del vestito. Canti della montagna. Giuochi liberi. Trasporto della legna in Colonia. Bella giornata di sole. Ore 18 visita del dott. Boschetti (1 ammalato). […]. 19 Martedì. Alle 8,30 i ragazzi si sono recati in chiesa per assistere alla S. Messa celebrata in suffragio della piccola […] morta in seguito a polmonite il 19 luglio scorso. Attività al campo. Lezione d’igiene. Educazione morale: l’obbedienza e la sincerità. Canti della montagna. Nel pomeriggio: passeggiata a Malga Parisa attraverso il bosco. Visita del dott. Boschetti (1 ammalato). […] 20 Mercoledì. Passeggiata sul Finonchio. Nel pomeriggio: attività al campo. Lezione di educaz. morale: il rispetto della roba altrui. Canti della montagna, Giuochi liberi. […] 21 Giovedì. Passeggiata al “Vivaio forestale”. Lezione sulle conifere. Nel pomeriggio: attività al campo: commemorazione del Presidente Sartori, deceduto improvvisamente la notte di lunedì 18 agosto mentre era in viaggio diretto a Roma. Educ. morale: l’aiuto vicendevole. Giuochi liberi. Gara di recitazione. Dopo cena: Recita del S. Rosario in suffragio del Presidente Sartori […].


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Il Museo storico in Trento e la Provincia autonoma di TrentoProgetto memoria per il Trentino hanno collaborato alla realizzazione di un importante evento espositivo in programma dal 7 ottobre al 13 novembre 2005. La mostra guiderà ad una conoscenza degli anni sessanta del Novecento attraverso l’interessante fondo archivistico, costituito principalmente da lettere, appartenuto alla celebre cantante Gigliola Cinquetti e confluito presso il Museo stesso. Che cosa contiene l’archivio di Gigliola Cinquetti di tanto importante, da meritare l’in-

Una storia romantica: gli anni sessanta dall’archivio di Gigliola Cinquetti

Un’immagine simbolo di Gigliola Cinquetti: la cantante incorniciata in un finto ed enorme schermo televisivo

teresse di un museo? Quale relazione può intrattenere con la storia la vicenda di una cantante di musica leggera? C’entra forse qualcosa con l’Italia del miracolo economico il successo dell’interprete di “Non ho l’età”? I curatori hanno scavato nella montagna di lettere dei suoi fans (150mila!), hanno sfogliato i periodici che parlano di lei, hanno rovistato tra gli altri e ricchi materiali che costituiscono il fondo del suo archivio. Mano a mano che procedevano, avanzavano a rimbalzo gli interrogativi sulle ragioni del gradimento popolare per un simile personaggio dello spettacolo, sui motivi della così larga presa

di un modello di ragazzina romantica, dal volto “acqua e sapone”, osservante i sani precetti e i sani valori, in un Paese in piena mutazione, sul profilo di quell’Italia per la quale la giovanissima cantante era diventata un’icona, un esempio, un modello in cui identificarsi. Insomma, era possibile cominciare a riannodare il filo della sua storia e del suo successo con quello della storia del costume e della società italiana di quegli anni. Il “caso Cinquetti” Gramsci lo avrebbe probabilmente studiato. I curatori, Quinto Antonelli e Giorgio Mezzalira, per iniziare, ne hanno fatto una mostra.


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Gentilissima signorina Fra le 150.000 lettere che compongono il fondo di Gigliola Cinquetti vi è anche quella scritta da don Livio Ianeselli, direttore della colonia marina permanente San Vigilio a Cesenatico. In essa il sacerdote trentino

chiede alla cantante l’invio di una foto con dedica da esporre nella Sala soggiorno dell’Istituto per accontentare in questo modo le sue numerose ammiratrici presenti fra il personale ausiliario.

Cesenatico, 5.3.1965 Gentil.ma Signorina, Spero vorrà scusare la presente lettera. Chi le scrive è un Sacerdote di Trento, che ha fondata un’Opera Assistenziale per bambini della Provincia di Trento, qui a Cesenatico. Nella Colonia marina permanente che dirigo, tutte le Signorine Maestre-Assistenti e di Servizio sono entusiaste di Lei. Vorrei fare loro un piccolo regalo, mettendo nella Sala Soggiorno un bel quadretto con la Sua fotografia. Farebbe una cosa assai gradita a tutto il Personale ed a mé, se avesse la compiacenza di farci avere una Sua foto un po’ grandina con una piccola dedica. Sono sicuro che scuserà la presente lettera e che vorrà accontentarci. Con rispettosi ossequi Il Direttore prof. don Livio Ianeselli

Museo storico in Trento Provincia autonoma di Trento-Servizio Attività culturali Una storia romantica: gli anni sessanta dall’archivio di Gigliola Cinquetti Palazzo Roccabruna Trento, 7 ottobre-13 novembre 2005, ore 10:00-12:00; 15:00-19:00 sabato e domenica l’apertura è protratta fino alle ore 20:30-chiuso il lunedì Ingresso libero A cura di Quinto Antonelli e Giorgio Mezzalira Eventi correlati: 14 ottobre 2005, ore 17:30 Sala conferenze della Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto, via Calepina 1 conversazione con Gigliola Cinquetti condotta da Quinto Antonelli 11 novembre, ore 20:30 Teatro sperimentale Cuminetti, Centro Servizi culturali Santa Chiara, via Santa Croce, 67 percorso tematico-musicale sugli anni sessanta di e con Quinto Antonelli ed Emilio Franzina. Partecipa il gruppo musicale “Cantastoria”.

Via Torre d’Augusto, 35/41 38100 TRENTO Tel. 0461.230482 Fax 0461.237418 info@museostorico.it www.museostorico.it

10-12 novembre Palazzo Roccabruna IX seminario dell’Archivio della scrittura popolare dal titolo “Scrivere agli idoli: la scrittura popolare negli anni sessanta a partire dalle 150.000 lettere a Gigliola Cinquetti”. Sono annunciati interventi di Quinto Antonelli, Serenella Baggio, Mauro Boarelli, Anna Bravo, Daniela Calanca, Dominique Cardon, Alessandro Casellato, Paolo De Simonis, Emmanuel Ethis, Daniel Fabre, Felice Ficco, Emilio Franzina, Liviana Gazzetta, Andrea Giorgi, Luca Gorgolini, Silvia Grandi, Anna Iuso, Sophie Maisonneuve, Giorgio Mezzalira, Stefano Moscadelli, Günther Pallaver, Alessandra Pedrotti e Paolo Sorcinelli.

ALTRESTORIE - Periodico di informazione Direttore responsabile: Sergio Benvenuti Comitato di redazione: Giuseppe Ferrandi, Patrizia Marchesoni, Paolo Piffer, Rodolfo Taiani Hanno collaborato a questo numero: Lina Marchesoni, Massimo Martignoni ed Edy Rocchetti Periodico quadrimestrale registrato dal Tribunale di Trento il 9.5.2002, n. 1132 ISSN-1720-6812 Progetto grafico: Graficomp - Pergine (TN) In copertina: Colonia di Marina di Massa, esempio di uniforme delle assistenti e costume infantile Per ricevere la rivista o gli arretrati, fino ad esaurimento, inoltrare richiesta al Museo storico in Trento


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NOVITÀ EDITORIALI DEL MUSEO STORICO IN TRENTO Beatrice Carmellini (con la collaborazione di Sara Maino), Arco di storie: uno sguardo ravvicinato sul tempo dei sanatori ad Arco (1945-1975), pp. 360, euro 20,00 (Vesti del ricordo, 6). Siamo ad Arco negli anni che vanno dalla fine della seconda guerra mondiale ai primi anni settanta. C’è una città che per il suo clima «cura» una particolare malattia; è abitata per metà da ammalati e ammalate di tbc; vive con l’anomalia di avere la maggior parte dei sanatori proprio nel centro, attorno alla piazza principale, ai giardini. C’è un forte dibattito iniziale fra la gente di Arco circa la riapertura dei sanatori; la scelta è quella di «continuare la vocazione di cura» della città. I sanatori sono una grande risorsa economica – soprattutto considerando la situazione socioeconomica del dopoguerra – perciò rimangono. Arco passa dal mito del Kurort alla «sputacchiera d’Italia»; la gente sana «di fuori» la evita e ne evita gli abitanti. Ma questa è solo una parte della realtà. Uno sguardo ravvicinato mostra un intreccio più complesso e articolato che viene narrato attraverso i ricordi dei protagonisti. Ne nasce un coinvolgente racconto a più voci: un dono di memorie che testimonia l’amore per questa città, s’interroga sulla sua identità e ne pensa il futuro.

Giovanni (Nane) Sighele, Memorie nazionali: Miola di Piné 1857-1918, a cura di Quinto Antonelli, pp. 100, euro 12,00 (Archivio della scrittura popolare. Testi, 16). A ottant’anni Giovanni (Nane) Sighele, casaro fino al 1915 nel caseificio di Miola di Pinè, decide di scrivere le proprie memorie: ne risulta il racconto di un militante liberale di base impegnato tra Otto e Novecento nella battaglia nazionale. O, in altre parole, Sighele dà, qui, voce ad un irredentismo popolare, certo minoritario ma presente e combattivo. Al centro dell’autobiografia stanno le iniziative promosse dalla Lega Nazionale di Miola, le tante dimostrazioni di italianità, la costituzione di una prima biblioteca circolare, la costruzione della centralina elettrica di San Mauro, la fondazione, soprattutto, dell’asilo infantile (esattamente un secolo fa). Esiti di una lotta politica anche aspra condotta, per un verso, nei confronti dell’egemonia cattolica, per l’altro contro la presenza culturale ed economica delle leghe tedesche. Con gli anni della guerra, l’internamento a Katzenau, l’annessione all’Italia, le memorie nazionali di Sighele (memorie di un patriota risorgimentale) si devono giustamente concludere.

Sandro Bertoni e Renato Paoli, Fascismo e Giudicarie, pp. 172, euro 15,00 (pubblicazioni del Laboratorio di formazione storica). Ciò che viene presentato nelle pagine di questo volume è il risultato di un lavoro di ricerca condotto dagli studenti delle classi VA e VB del Liceo scientifico di Tione durante l’anno scolastico 2003-2004. La ricerca ha avuto l’obiettivo di documentare le principali trasformazioni indotte dal fascismo sulla società, l’economia, la demografia, la cultura e la mentalità della popolazione giudicariese, al fine di valutare in quale misura e con quali mezzi il sistema totalitario fascista abbia inciso sulla società e sulla mentalità degli abitanti di un’area geografica periferica e di confine qual è il territorio preso in considerazione. Non si tratta dunque di una ricostruzione organica della storia delle Giudicarie nell’età del fascismo; si è voluto piuttosto evidenziare alcuni aspetti del sistema totalitario cercandone le tracce sul territorio. Protagonisti del lavoro sono stati gli studenti che hanno reperito nelle soffitte delle loro abitazioni, nei vecchi album di famiglia, negli archivi comunali tutti i materiali che qui vengono riprodotti.

Elena Tonezzer (a cura di), Volti di un esodo: racconti e testimonianze degli esuli istriani, giuliani e dalmati in TrentinoAlto Adige nel secondo dopoguerra, pp. 123, euro 12,60 (Quaderni di archivio trentino, 9). Il volume si sofferma su un fenomeno, che ha coinvolto complessivamente più di 250.000 persone costrette, di fronte alle pressioni del governo di Tito e alle conclusioni cui erano giunti gli accordi di pace, a lasciare le proprie case e i loro paesi per distribuirsi su tutto il territorio nazionale. Il tentativo del Museo storico e dei suoi ricercatori, che hanno utilizzato e confrontato fonti diverse (orali, memorialistiche, giornalistiche e archivistiche in senso classico), è stato quello di guardare e ascoltare alcuni testimoni, le loro fotografie e le loro memorie, sottraendoli all’oblio. Un’operazione che ha voluto dare dignità alla loro vicenda umana e alla loro memoria all’interno di un più ampio processo di conoscenza che sta avviandosi, anche a livello storiografico nazionale e internazionale, nei confronti delle esperienze dei vinti del secondo dopoguerra.


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L’89. anniversario della morte di Cesare Battisti A ottantanove anni dalla sua morte e alla vigilia delle iniziative previste nel 2006 per la ricorrenza del novantesimo anniversario il Museo storico in Trento ha commemorato la figura di Cesare Battisti con un incontro pubblico svoltosi il 13 luglio 2005 presso la Sala Falconetto di Palazzo Geremia in via Belenzani a Trento. Leonardo Rombai, docente presso l’Università degli studi di Firenze, ha ricordato la figura di Cesare Battisti come studioso e cultore di scienze geografiche.

Giuseppe Mazzini a duecento anni dalla nascita Il Museo storico in Trento e il Conservatorio di Musica di Trento «Antonio Bonporti», in occasione del bicentenario della nascita di Giuseppe Mazzini, hanno organizzato un ciclo di iniziative. Fra gli eventi in programma per il mese di ottobre si segnala lo spettacolo teatralemusicale “L’Italia suonò: Mazzini pensatore, umanista, musicista amatore” di Fabio Renato d’Ettorre in programma il 12 ottobre 2005 a Riva del Garda e il 14 ottobre 2005 a Trento.

Le stragi di civili in val di Fiemme nel maggio 1945 Nell’ambito delle iniziative promosse dal Comitato provinciale per il sessantesimo della Resistenza, il Museo storico in Trento ha collaborato all’organizzazione il 30 aprile 2005 di un convegno di studio sul tema delle stragi di civili in val di Fiemme nel maggio 1945. L’iniziativa, svoltasi a Castello di Fiemme, ha registrato la partecipazione di autorevoli studiosi e giovani ricercatori che hanno delineato il contesto storico nel quale maturarono le tragiche vicende. Sono seguiti al saluto introduttivo dell’assessore provinciale Margherita Cogo e del sindaco di CastelloMolina Adriano Bazzanella gli interventi di Giuseppe Ferrandi, Paolo Pezzino, Bartolomeo Costantini e Lorenzo Gardumi. È annunciata la pubblicazione degli atti.

Nuove acquisizioni dell’Archiblioteca

Vezzano, la guerra e il voto a San Valentino del 14 febbraio 1944

Da Trento a Prijedor: una mostra fotografica per raccontare la città

Il Museo storico in Trento, in collaborazione con il Comune di Vezzano e la Provincia autonoma di TrentoProgetto memoria per il Trentino, ha proposto all’interno del calendario di iniziative previste dal Comitato provinciale per il sessantesimo della Resistenza, una mostra fotografica sul tema “Vezzano, la guerra e il voto a San Valentino del 14 febbraio 1944: la seconda guerra mondiale nella memoria di una comunità trentina”. La mostra, curata da Lorenzo Gardumi, è rimasta aperta presso il Municipio di Vezzano dal 27 agosto al 4 settembre 2005.

Trento: immagini e memorie della città 1858-1966 è il titolo di una percorso espositivo che ha inteso introdurre alla storia di Trento, utilizzando il doppio registro delle immagini e delle parole. La mostra allestita dapprima a Trento, dal 18 marzo al 15 maggio 2005, dove ha raccolto ampio ed unanime consenso (6.500 visitatori), è stata proposta con modalità analoghe anche a Prijedor, in Bosnia, nel periodo 13 maggio-10 giugno 2005 (Trento fotografije i sije_anja 1858-1966) a testimonianza di un rapporto di conoscenza fra le due comunità che prosegue da tempo e che non può prescindere dalle reciproche storie.

L’Archiblioteca del Museo storico in Trento ha avviato l’acquisizione di un interessante fondo librario. Si tratta di oltre 2.000 volumi di tema risorgimentale raccolti per lo più nella prima metà del secolo scorso. I titoli che compongono la biblioteca integrano le già importanti raccolte del Museo stesso e del fondo Emmert presso la Biblioteca di Arco.



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