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anno ottavo
numero diciannove
aprile 2006
IN QUESTO NUMERO Comunicazione politica e campagne elettorali L’importanza della comunicazione politica di Paolo Piffer “Il politico che sa comunicare? un seduttore” intervista a Gaspare Nevola di Paolo Piffer Sondaggio d’opinione ed elezioni, una nota storica di Rodolfo Taiani Elezioni 1900: un comizio d'autunno a Riva del Garda di Rodolfo Taiani “Dio ti vede, Stalin no” le elezioni del 1948 di Giuseppe Ferrandi 1956: a far comizi nel Trentino di Graziano Zappi Documenti per la storia della comunicazione politica e della propaganda elettorale negli archivi del Museo storico in Trento a cura di Lorenzo Gardumi
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La comunicazione politica è una "pratica" relativamente recente. Ha poco più di mezzo secolo di vita ed è negli Stati Uniti che trova la sua origine. Poi, mano a mano, l’arrivo in Europa, e in Italia. Sempre più, nel corso delle campagne elettorali, ha ricoperto un ruolo considerato determinante, almeno nei pensieri dei partiti e delle coalizioni. Solo il fatto che la comunicazione, ed in particolare quella politica, abbia trovato uno spazio di insegnamento anche all’interno delle università fa capire che si tratta ormai di una scienza con le sue regole, le sue formule, uno sviluppo e un storia nel corso del tempo. Un complesso da studiare, da decodificare, da interpretare. Quanto ciò corrisponda a realtà lo si è visto anche durante le ultime consultazioni elettorali dove il ruolo, in questo caso della televisione, ha assunto toni da scontro tra schieramenti più che un confronto sulle idee e i programmi. La battuta ad effetto, il modo di porsi nei confronti degli spettatori, lo sguardo in camera, sono tutti atteggiamenti di sostanza, non formali, perché anche da quelli, dal come mostrarsi, può dipendere una vittoria o, viceversa, una sconfitta. D’altronde, la televisione “arriva” a tutti. Spesso non è una scelta ma entra nelle case, magari in sottofondo, ma il suo occhio è pervasivo. In un paese
L’importanza della comunicazione politica di Paolo Piffer
come l’Italia che legge pochi giornali, per non parlare dei libri, è il mezzo di comunicazione di massa di gran lunga più efficace. Non è quindi strano che anche i giornali, i periodici e l’editoria guardino con grande attenzione alle forme della comunicazione politica, ne abbiano fatto la base per la realizzazione di servizi, inchieste e anche gossip elettorale sulla cravatta del premier o le scarpe dello sfidante. In alcuni casi potrà essere, e lo è, un po’ deprimente, ma così è. Sul lato serio dell’argomento, gran successo ha ottenuto, ad esempio, un saggio scritto dal linguista americano Gorge Lakoff, tradotto e pubblicato in Italia da "Fusi Orari" con la prefazione di Ferruccio de Bortoli, direttore del Sole 24 Ore: "Non pensare all’elefante!". Lakoff è uno specialista di teoria del linguaggio e professore di linguistica cognitiva all’Università di Berkeley in California. Il suo libro è un vero e proprio trattato nel quale si forniscono le basi, ai democratici americani, per battere i repubblicani seguendo pre-
cise strategie comunicative. Grande spazio al best seller è stato riservato, in Italia, oltre che su tutte le maggiori testate, dal settimanale Internazionale che ha tradotto l’articolo di Matt Bai del New York Time Magazine, nel quale il giornalista scrive: "L’aspetto più affascinante dell’ipotesi di Lakoff è l’idea che, per raggiungere gli elettori, tutti i temi del dibattito politico debbano essere collegati tra loro all’interno di uno schema più ampio e familiare. Lakoff ipotizza che gli elettori siano più sensibili alle grandi metafore che a specifici argomenti, i quali attirano l’attenzione solo se rafforzano una metafora più generale". Insomma, semplicità, capacità di farsi capire da tutti, in modo rassicurante e coinvolgente, al bando le cose complicate e difficili da spiegare. Sul terreno della storia della comunicazione politica, val la pena segnalare un altro testo, tra i tanti, del quale la stampa ha dato risalto. Si tratta de "La turbopolitica", scritto da Edoardo Novelli e pubblicato da Rizzoli. Quasi 300 pagine che ricostruiscono la storia della comunicazione politica in Italia dal secondo dopoguerra ad oggi, da Degasperi a Berlusconi. Sono solo due esempi che dimostrano l’attenzione rivolta a questi temi. Una dimostrazione in più di come le strategie di comunicazione, il loro evolversi, siano ormai parte integrante e non più eludibile di qualsiasi "programma" politico.
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"Al giorno d’oggi, un politico che vuole comunicare efficacemente deve possedere alcune doti. Innanzitutto, una certa capacità seduttiva, cioè creare un rapporto di empatia con il proprio 'pubblico'. Poi, offrire delle prospettive. Inoltre, essere capace di emozionare. Ma c’è un altro elemento che va tenuto in considerazione: l’essere in grado di toccare il tema dei valori, dell’identità". Gaspare Nevola, docente di comunicazione politica alla Facoltà di sociologia dell’Università di Trento, individua in questi fattori lo spessore mediatico del politico nell’arena comunicativa, in cui la televisione ha un’importanza spesso determinante, comunque fondamentale. Quando nasce la comunicazione politica? "C’è da sempre, da quando c’è la politica. Fare politica vuol dire fare comunicazione. Piuttosto, si deve riflettere sul quando sono cambiate le forme tradizionali della comunicazione politica". E allora, quando? "Nel momento dell’esplosione dei mezzi di comunicazione di massa, con l’irruzione del fattore tecnologico, la radio, la tv, il cinema. Il cambiamento
“Il politico che sa comunicare? un seduttore” Intervista a Gaspare Nevola di Paolo Piffer
parte negli Stati Uniti, negli anni trenta ma, soprattutto, quaranta. Lo sviluppo più compiuto si ha poi nel secondo dopoguerra. Alcuni eventi simbolici ne segnano le tappe. Mi viene in mente la campagna elettorale americana del 1960 con il confronto televisivo Kennedy-Nixon". C’è rapporto tra comunicazione politica e propaganda? "Sul piano concettuale l’affinità tra i due termini è stretta. La comunicazione politica implica comunque il propagandare, il diffondere delle idee, delle opzioni a favore di un certo orientamento. Resta il fatto che ormai, nel nostro linguaggio corrente, il termine propaganda ha un connotato negativo, deteriore, mentre 'comunicazione politica' ha un significato più neutro". Negli ultimi anni, in Italia, per cosa si caratterizza la comunicazione politica? "Direi che ricalca, in ampia misura, il percorso che è stato tracciato negli Stati Uniti, con qualche anno di differenza. E’ la televisione il mezzo potente e diffuso che cambia la logica e il comportamento degli attori. E, da noi, la tv nasce negli anni cinquanta. Nei primi due decenni, non c’è una grande presenza della politica in tv.
Le campagne elettorali si fanno ancora sul territorio, nelle piazze. Con gli anni settanta qualcosa comincia a cambiare. Ci sono manifestazioni collettive molto forti che irrompono sulla scena mediatica ed hanno una valenza politica. Dopo, anche i partiti arrivano in tv, basti pensare alle tribune elettorali e politiche. Sono però presenze ingessate perché il linguaggio comunicativo non è televisivo ma ancora letterario. E’ negli anni ottanta che appare sulla scena un leader comunicativo come Craxi. Negli anni novanta altri momenti hanno un grande rilievo dal punto di vista comunicativo, ad esempio 'Mani pulite'. Insomma, la politica comincia ad adattarsi al linguaggio televisivo, non è più solo 'ospite'. La vera svolta, 'l’americanizzazione della comunicazione politica', è comunque segnata da un anno, il 1994, quando Berlusconi decide di fare politica. Il mutamento è lì. Quella è la vera novità. Un lessico semplice, ma anche sempre più povero, e la presenza scenica del leader, il corpo, la faccia. Ciò che importa è la performance, la personalizzazione. Adesso conta la personalità, la spettacolarizzazione e l’aspetto agonistico. Questi fattori, compresi i colpi a sorpresa, il faccia a faccia, lo scontro tra personalità, l’infrazione delle regole, rappresentano il modo ritenuto migliore per narrare l’evento politico in televisione. Tutto ciò, in Italia, è favorito da una considerazione di fondo. Da 15 anni la democrazia italiana vive una stagione di profonda divisione e delegittimazione reciproca che rende gli interlocutori reciprocamente sospettosi e diffidenti".
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I sondaggi d'opinione hanno conquistato, nel bene e nel male, un ruolo determinate nella conduzione delle campagne elettorali anche in Italia. Sbandierati dagli opposti schieramenti vengono utilizzati nel torneo della competizione politica per orientare i contenuti della comunicazione, ma anche come armi di persuasione per convincere gli indecisi a votare l’uno o l’altro degli schieramenti. I sondaggi d'opinione costituiscono pressoché una novità se si guarda alla scena italiana, dove si sono affermati solo di recente – a partire dai primi anni novanta del secolo scorso –, ma la loro storia guarda a un passato ben più lontano, che riporta all'America degli anni venti, dove il loro uso fu da subito associato anche alla politica. Nel 1920, 1924, 1928 e ancora nel 1932, il Literary Digest aveva "previsto" i vinci-
Sondaggi d’opinione ed elezioni, una nota storica di Rodolfo Taiani
tori delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti grazie a dei "sondaggi d'opinione informali" generalizzati condotti per valutare la popolarità dei candidati politici. Si era agli albori della sondaggistica; le tecniche di rilevazione non erano ancora molto affinate e mancava una metodologia consolidata. L'errore rappresentava molto più di una minaccia, ma una concreta eventualità. E fu quanto si verificò puntualmente durante la campagna presidenziale del 1936. Il Digest previde con sicurezza che Alf Landon avrebbe battuto Franklin Roosevelt e ottenuto la presidenza. Gli intervistatori del Digest si erano però "dimenticati" di selezionare scrupolosamente il campione. La vittoria di Roosevelt travolse non solo le speranze di affermazione di Alf London ma il Digest stesso, che fu costretto dal calo di favore presso i propri lettori a cessare le pubblicazioni l'anno successivo. Un secondo clamoroso errore nella storia della sondaggistica moderna si verificò nel 1948. Tre famosi esperti, Roper, Crossley e Gallup, giunsero alla conclusione che Thomas Dewey avrebbe sconfitto Harry Truman nelle presidenziali americane. In realtà, come si sa, la competizione decretò la vittoria di Truman. Questo errore non avrebbe però assunto le dimensioni di un vero e proprio scandalo se un mese prima delle elezioni gli esperti, così sicuri del risultatato favorevole a Thomas Dewey, non avessero deciso di sospendere ogni ulteriore sondaggio! Nell'uno come nell'altro caso la reazione all'errore testimonia tuttavia come il sondaggio d'opinione avesse conquistato largo favore ed ascolto fra la popolazione americana, situazione assai diversa da quella
italiana dove analoghi metodi faticarono ad affermarsi e solo di recente, come si è detto, hanno conquistato un proprio ruolo anche nella competizione elettorale. Sandro Rinauro, che all'argomento ha dedicato un lucido volume dal titolo "Storia del sondaggio d’opinione in Italia 1936-1994: dal lungo rifiuto alla repubblica dei sondaggi, ritiene che il diverso atteggiamento nei confronti dei sondaggi" fra Stati Uniti e Italia risieda fondamentalmente nella matrice ideologica alla base del concetto stesso di opinione pubblica nato nell'America della Grande Depressione e del New Deal. "Se tra il 1936" e l'immediato dopoguerra lo strumento del sondaggio si è presentato in Italia con i suoi obiettivi originari e con la sua enfasi democratica, ricostruire le ragioni della sua controversa e lenta acclimatazione significa verificare quanto quella particolare concezione dell'opinione pubblica implicita nel sondaggio stesso fosse organica o disorganica alla società italiana di quegli anni. Significa anche – prosegue l'autore – "individuare, per contrasto, le concezioni e quindi gli strumenti alternativi di rilevazione e di utilizzo dell'opinione pubblica che in Italia ne ha ostacolato la diffusione". "La lunga refrattarietà allo strumento d'Oltreoceano – sostiene infine Rinauro – non può assumersi automaticamente come refrattarietà alla consultazione dell'opinione pubblica, ma anche come predilezione per obiettivi e quindi strumenti di rilevazione alternativi e concorrenti a quelli impliciti ed espliciti nei sondaggi d'opinione". Strumenti alternativi e concorrenti sui quali si attende ancora un'analisi ed una lettura storica.
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Autunno del 1900: a Riva del Garda si tiene un comizio elettorale. Uno dei tanti che precede le elezioni politiche. Il fatto probabilmente non avrebbe lasciato alcuna traccia di sé e si sarebbe disperso come tanti altri nel capiente fiume della storia, se un incisore tedesco, di nome Joseph Zeheren, da poco residente in Trentino, presente al comizio stesso, non fosse rimasto particolarmente colpito da un episodio cui aveva assistito. Il nostro testimone, nonostante scriva in un italiano assai stentato, decide di prendere carta e penna e di inviare una lettera alla redazione de Il Popolo, il giornale diretto da Cesare Battisti, per denunciare un fatto a suo dire di inaudita gravità (Museo storico in Trento, Archivio Battisti,
Elezioni 1900: un comizio d'autunno a Riva del Garda di Rodolfo Taiani
busta 35, fasc. 4, c. 30). Cosa di così terribile poteva essere accaduto da suscitare una così immediata e scandalizzata reazione? Semplice: alcuni compagni socialisti avevano offerto in quell'occasione una birra a degli elettori, avevano cercato in altre parole secondo il suo parere di comprare il voto. L'insinuazione raccolta dall'incisore tedesco è che alcuni compagni avessero addirittura offerto denaro, ma di questo il nostro testimone non voleva e non poteva dare garanzia alcuna. Zeheren manifesta sincera sorpresa nei confronti di un simile comportamento. Lui che in passato aveva già partecipato ad altre campagne elettorali, non gli era mai capitato di dover registrare una simile scena. Dovunque si fosse trovato prima, "in Turchia ed Germania", "queste mezzi nessuno dei compagni se avrebbe permesso di gli fare". Con questo non voleva mettere in dubbio la buona fede dei compagni rivani. Sicuramente chi aveva agito in simile modo lo aveva fatto pensando di portare giovamento alla causa comune, ma in realtà, sostiene Zeheren, se una simile pratica si fosse diffusa, l'intero partito ne avrebbe sofferto conseguenze gravissime; il metodo della corruzione avrebbe dilagato e soprattutto compromesso l'immagine del partito, consegnando una potente "arma in gli mani dei nostri ennemici". Per non parlare poi dell'effetto diseducativo nei confronti degli elettori stessi. Costoro abituati a vendere il proprio voto per una birra, non avrebbero certo esistato un domani a concederlo ad altri in cambio di un'offerta più allettante. "Pagare la birra è comperare indirectamente gli voti" – scrive l'incisore tedesco – e qualsiasi partito, specie quello socialista, favorevole alla trasparenza
e contro ogni corruzione, non avrebbe mai dovuto sottovalutare una simile evidenza. Quel denaro speso per le birre sarebbe stato mille volte più utile se impiegato "per la propaganda, per fare stampare dei avisi ed dei recran": in questo modo si sarebbe ottenuto un risultato "sicuro, onorevole ed durevole", perché "con queste noi educiamo una massa convicato sulla quale possiamo contare in tutti tempo". L'incisore tedesco non risparmia critiche neppure al modo in cui era stata organizzata e portata avanti la campagna elettorale. "È stato fatto molto errori in questa campagna elletorale" – scrive in tono convinto. Errori per la mancanza di un'organizzazione capace di garantire riunioni periodiche fra gli aderenti, utile a migliorare la comunicazione, ma soprattutto a "illuminare gli compagni ed gli educare alla vita politica". Insomma occorreva fare in modo che il partito fosse presente il più capillarmente possibile per aiutare "gli più indiffererente lavorati" a riconoscere il partito stesso come "il sole chi difende gli interesse del popolo". Joseph Zeheren conclude la sua lettera, dalla scrittura incerta, ma dai principi forti, quasi scusandosi di tanta appassionata partecipazione. Non aveva alcuna intenzione di accusare qualcuno, ma solo d'intervenire in difesa dell'ideale nel quale si riconosceva. Aveva scritto in un certo senso obbligato dalla sua stessa "persuasione socialiste", "acciocché nelli future elezioni" il giornale potesse ricordare ai compagni "come dovessanose tenir nel la campagna elletorale". La conclusione è lapidaria: "se gli altri partito lo fanno non besogno che noi lo fanno anche. Con saluto socialiste. Joseph Zehren incisore".
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Nella recente campagna elettorale per le politiche, campagna "gridata" e molto televisiva, è stato quasi naturale riconoscere una parentela con le ormai lontane elezioni dell’aprile 1948. Alto tasso ideologico, riferimenti espliciti al paradigma "anticomunista": quelle lontane elezioni hanno per qualcuno rappresentato un modello di riferimento per una rinnovata battaglia di civiltà. La demolizione/demonizzazione dell’avversario politico, trasformato da competitore in nemico, ha quindi contribuito a far riemergere lo spirito del 1948. Il 18 aprile è tornato in auge; è tornato ad essere argomento di riflessione e di studio. Come noto quella domenica l’Italia votò per eleggere il Parlamento della prima legislatura: vinse la Democrazia cristiana di Alcide De Gasperi contro il Fronte popolare social-comunista, guidato da Pietro Nenni e da Palmiro Togliatti. Alla Camera la Dc sfiorò la maggioranza assoluta (48,5) mentre le sinistre unite si fermarono al 31%. Sull’importanza storica di quella giornata elettorale, anche da coloro che la registrarono come una pesante sconfitta, nessuno può avere dei dubbi. La situazione era molto in bilico. Alle elezioni precedenti del 1946, quando venne eletta l’Assemblea costituente, la Dc, primo partito, aveva incassato
“Dio ti vede, Stalin no” le elezioni del 1948 di Giuseppe Ferrandi
il 35,2%, i socialisti il 20,7% e i comunisti al 19%. Potenzialmente le sinistre avrebbero potuto vincere. Delicata era inoltre la situazione internazionale: la guerra fredda aveva interrotto il brevissimo periodo di pace seguito alla seconda guerra mondiale combattuta contro il nazi-fascismo. La società italiana venne quindi investita da una mobilitazione politica senza precedenti: si andavano affinando tecniche propagandistiche ed elettorali; erano comparsi sulla scena nuovi quotidiani direttamente coinvolti nello scontro elettorale (si pensi al "Popolo trentino" diretto da un giovane Flaminio Piccoli); l’elettorato, maschile e femminile, si stava rapidamente educando alla democrazia rappresentativa e al suffragio universale. Nella splendida autobiografia "La ragazza del secolo scorso", Rossana Rossanda, nel 1948 giovane dirigente del partito comunista lombardo, ha raccontato il suo primo comizio a Castelnuovo Bocca d’Adda. La scena è caratterizzata da una "grande piazza fra case basse e la chiesa in fondo, i pochi compagni intorno che suggeriscono: 'Aspettiamo che finisca la messa così la gente si ferma a sentirti', il parroco tutto nero che esce dal sagrato scrutando il suo gregge, andava verso di me o a casa? A casa, andavano, la piazza restava rada, e i compagni mi confortavano: 'Ti ascoltano dietro le imposte, hanno paura di farsi vedere'”. E’ la tipica campagna elettorale del "Dio ti vede, Stalin no". Il dittatore sovietico impotente di fronte all’onnipotenza divina. I piani della politica, della religione, dell’ideologia, dello scontro sociale che si confondono e si alimentano vicendevolmente. Una campagna elettorale dalla competizione
sfrenata che è entrata, più di altre, nella storia e nella nostra memoria pubblica. Silvio Ducati, giornalista del "Popolo trentino", in un bel pezzo di cronaca racconta una sorta di trasformazione antropologica e sociale che investe il trentino tipo. "L’avvicinarsi del 18 aprile fa sì che molti uomini rinunciano a molte abitudini che né la sposa né la madre erano riuscite a sradicare coi loro rimbrotti: l’indolente che riusciva a vestirsi appena in tempo per arrivare di corsa all’ultima Messa in Duomo, pungolato dalla curiosità e dall’interesse verso gli oratori che parleranno al Sociale o alla Filarmonica, balza dal letto alle nove del mattino fra lo stupore dei famigliari; il tifoso di scii rinuncia qualche volte alla neve e al sole per ascoltare l’alata parola di qualche pezzo grosso che viene da fuori; infine anche il signore che non si occupa di politica attirato dal richiamo dei manifesti si avvia verso le piazze o le sale dove i propagandisti dei partiti si lanciano con saettanti ironie e con il fuoco tambureggiante di un’oratoria infuocata”. Tutto ciò, racconta Ducati, raggiunge il parossismo verso mezzogiorno. Mentre le mogli e le madri guardano la pasta che scuoce, figli e mariti stazionano lungo il giro al Sass: ascoltano, si dividono e si appassionano, acconsentono e dissentono. La quiete torna il pomeriggio quando il popolo elettore si arrampica sul Calisio e sulla Maranza. "Qui si ritrovano tutti dimentichi delle battaglie antimeridiane, a scrutare contro il sole la limpidezza del vino nel bicchiere e combattere pacifiche battaglie maneggiando come uniche armi due levigate bocce di legno".
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Una mattina, io e Ettore Trentin, responsabile locale di Agit-Prop, partimmo di Graziano Zappi su una vecchia auto sgangherata attrezzata di microfono ed Si ripropone in queste pagine altoparlante. Dopo un passaggio di una memoria molti su e giù, dopo già pubblicata sul n. 2/2002 molte curve di strade di Archivio trentino, rivista montane, dopo qualsemestrale del Museo storico che sosta in osteria in Trento, pp. 177-181. dove Ettore, da buon alpino, trangugiava il suo "grappino" mentre io sorbivo il mio caffè, arrivammo sul mezzodì in un grosso borgo nel mezzo di una vallata. Sulla piazzetta non c'era nessuno. Ettore fermò l'auto, predispose il microfono, me lo porse ed esclamò: Parla! – Ma a chi parlo se non c'è nessuno? – ribattei. – Ci sono, ci sono. Stai tranquillo. Son dietro le finestre. A quest'ora ci sono in casa le donne. Stan dietro le finestre. Non si fan vedere ma stanno ad ascoltare. Ed io cominciai: "Qui è la voce del Partito Comunista. Vi chiediamo di votare comunista alle prossime elezioni, perché
1956: a far comizi nel Trentino
… eccetera… eccetera…». E stavo enumerando i vari punti del programma elettora-
le regionale, quando d'un tratto una finestra si spalancò, ed un'anziana signora vestita di scuro, sporgendosi all'esterno gridò: democrazia… democrazia… – "Anche noi siamo per la democrazia…" replicai io, mentre Ettore mi strattonava: "Guarda che quella intende la Democrazia Cristiana…". Altre finestre si spalancarono, altri volti si sporsero all'infuori, e ci fu uno strepito di voci femminili: democrazia… democrazia… Un coro… Provai ad alzare il tono della voce ma il coro raggiunse le note più alte e sommerse il mio parlare. Un clamore sempre più imperioso, sempre più assordante. Non aveva più senso continuare il comizio. La piazzetta del borgo era rimasta deserta mentre lo strepitare delle voci femminili si levava sempre più alto. Misi allora il microfono nell'astuccio, Ettore avviò il motore, e l'auto ripartì. – "Hai visto che differenza c'è fra il nostro Trentino e la tua rossa Bologna?" – commentò Ettore mentre da "buon alpino" si sorbiva in osteria un secon-
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do grappino. Un'altra volta partimmo di domenica pomeriggio. Dovevamo raggiungere un paesino in cima a un monte. L'auto percorse nuovamente strade con alti e bassi e con zig zag, arrestandosi presso le osterie per il solito grappino. Poi finalmente scorgemmo su un cucuzzolo uno svettante campanile.– Dobbiamo arrivare lassù – disse Ettore. A fatica la nostra auto sgangherata affrontò la salita a serpentina di una strada acciottolata.Ettore teneva inserita la prima marcia, al massimo passava in seconda, e il motore era sotto sforzo. Finalmente conquistammo la vetta. Accanto allo svettante campanile c'era una chiesetta.
Davanti ad essa una fila di casupole bianche si stringeva a cerniera attorno ad una piazzetta ovale con al centro il solito monumento ai caduti della guerra quattordici-diciotto con la statua del soldato dal braccio levato in alto ad indicare i sacri confini della patria. Davanti al monumento la sopresa. Uno stuolo di donne con il parroco in testa sembrava attenderci. All'improvviso si levò il brusìo di una litania: Un…ghe…ria… Un…ghe…ria... Andate via… Andate via… Democrazia… Democrazia…Tutto in rima. Il parroco sembrava dirigere il coro. Il brusìo aumentò di volume e divenne frastuono. Che potevamo fare? Ettore fece
compiere all'auto una rapida giravolta attorno al monumento per riprendere la strada acciottolata, che stavolta era in discesa a serpentina. Alla base del monte Ettore fermò l'auto. Un po' di riposo per il motore, due passi per noi, una sigaretta per sollievo. Dall'alto del cucuzzolo su cui s'ergeva lo svettante campanile arrivava verso di noi l'eco del coro rimbombante: Ungheria… Ungheria… Andate via… Andate via… Democrazia… Democrazia… Tutto in rima. Ed assieme al coro avvertimmo il rotolìo dei sassi che scendevano. Non c'era alcun dubbio. Ce l'avevano con noi. Ripartimmo lestamente.
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Il tema della propaganda politica in occasione delle sfide elettorali è documentata in alcuni fondi conservati presso il Museo storico in Trento, secondo una ripartizione che per comodità di esposizione potremo ripartire in tre blocchi. a cura di Lorenzo Gardumi Prendendo in considerazione, naturalmente, solo gli ultimi sessant’anni di storia del nostro Paese, l’indagine non poteva che iniziare dalla nascita dello Stato repubblicano. L’archivio iconografico raccoglie numerosi manifesti di propaganda elettorale proprio a partire dal referendum istituzionale del 2 giugno 1946 quando la scelta, per il popolo italiano, dopo la tragedia della seconda guerra mondiale, non riguardò unicamente l’elezione dei candidati all’Assemblea costituente ma prima di tutto la scelta tra monarchia e repubblica. Monarchici, comunisti, democristiani o socialisti si affrontarono a suon di slogan e di differenti spinte ideali. La provincia di Trento (in quella di Bolzano non si votò) si dimostrò la più repubblicana d’Italia con l’85% dei suffragi favorevoli. Seguì la seconda grande sfida del secondo dopoguerra: le prime elezioni libere del 18 aprile 1948. I
Documenti per la storia della comunicazione politica e della propaganda elettorale negli archivi del Museo storico in Trento
materiali elettorali documentano lo scontro fra le forze del Fronte popolare – PCI e PSIUP – e le altre formazioni moderate, DC in testa. L'effige di Garibaldi si contrappone allo scudo crociato. Per tutti gli anni cinquanta non si conserva altro materiale di propaganda all'infuori di una sporadica documentazione raccolta da Livia Battisti ed Elsa Conci. Si deve giungere ai primi anni sessanta per incrociare nuovamente qualcosa di consistente. Il Centro di documentazione Mauro Rostagno – nato sul finire degli anni ottanta – custodisce al riguardo alcuni significativi fondi. L’archivio della Federazione provinciale di Trento del PCI – carte Biagio Virgili, segretario della Federazione – rappresenta il più articolato complesso di documenti. Dal 1964 al 1984, ogni sfida elettorale,
fosse amministrativa, regionale, politica od europea, è minuziosamente registrata. Materiale informativo, manifesti di propaganda, opuscoli ma anche semplici volantini e ciclostili rappresentano il nucleo fondante della comunicazione politica. Altro materiale, di notevole interesse, emerge in occasione dei più importanti referendum popolari della storia repubblicana come quello abrogativo del 12 maggio 1974 e relativo alla legge "Fortuna-Baslini" sul divorzio, o quello sull’aborto del 1981. Le forze del “NO” e quelle del “SI” duellarono a colpi di manifesti ed opuscoli. Da parte sua, la Federazione del PSI, a partire dal 1971 e fino al 1991, ci ha lasciato, anche se in quantità limitata, un interessante complesso di documenti e materiali di propaganda tra cui è possibile trovare opuscoli prodotti dagli avversari – ad esempio, il Partito liberale. Completa la serie delle formazioni politiche Democrazia proletaria, poi Solidarietà, tra il 1978 e il 1991. Quest’archivio, per quanto non ancora ordinato e inventariato, conserva un buon numero di manifesti e volantini di propaganda politica elettorale. Al suo interno è possibile ritrovare informazioni anche circa i più recenti referendum come quel-
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lo sulla caccia e sui pesticidi del 1990. Un patrimonio inestimabile è rappresentato dall’archivio donato dalla rivista UCT: uomo città territorio, diretta da Sergio Bernardi. Nata da quella fucina di passioni e d’impegno politico che furono gli anni sessanta e settanta, la rivista e la sua redazione hanno contribuito a raccogliere e conservare molto materiale d’interesse politico, economico e sociale prodotto in quel periodo storico. Rispetto a ciò che qui interessa, i documenti conservati partono dal 1972, anno delle elezioni politiche, e giungono fino alle elezioni del 1996, dove già, però, il materiale propagandistico perde di rilevanza per lasciare libero campo alle rassegne stampa e ai risultati del confronto politico. Numerosi e singolari sono i manifestini fotografici relativi alle politiche del 1972: qui, più che in altri fondi, è possibile trovare materiale di propaganda di partiti politici "minori" come il MSI, il PRI o il MPL (Movimento politico dei lavoratori). È comunque il referendum sul divorzio del 1974, con i manifesti degli opposti schieramenti del “SI” e del “NO”, elaborati dalle più disparate formazioni politiche, a suscitare la maggiore curiosità. Accanto a PRI e PSDI si erge la "fantasia" comunicativa delle formazioni facenti capo alla cosiddetta "sinistra extraparlamentare" – Lotta continua, il Manifesto, Movimento degli studenti, Avanguardia operaia. Il Museo storico in Trento ha in un certo senso proseguito l'impegno di UCT continuando la raccolta di materiale propagandistico. Una novità
rispetto al passato è rappresentata dalla selezione, cattura e archiviazione su supporto ottico (compact disc) di alcuni siti internet, progettati e pubblicati dai partiti politici a fini elettorali in occasione delle più recenti sfide politiche. Per ciò che riguarda invece il materiale cartaceo, a partire dal 1992 e fino alle ultime elezioni politiche dell’aprile 2006, numerosi sono i cosiddetti "santini", gli opuscoli o le "cartoline" diffuse fra gli elettori per posta. A livello generale, esulando dagli intenti di questa breve nota, si possono svolgere alcune considerazioni sui contenuti della comunicazione politica elettorale. Visionando a campione i vari materiali dagli anni quaranta in poi, ciò che emerge con evidenza è il passaggio dall’idealismo all’estetica della politica, ossia da una visione della politica permeata di ideali e valori condivisi da un gruppo ad una puramente soggettiva ed individuale. Nella prima fase l'elettore si riconosce nei contenuti espressi da un particolare simbolo, la falce e martello, lo scudo crociato o la fiamma tricolore. I rappresentanti da inviare in Parlamento sono semplicemente uno strumento al servizio dell'ideale; i programmi elettorali della varie forze politiche presentano, più o meno tutte, una proposta rivolta al futuro. Nella seconda fase i simboli dei partiti cedono sempre più spazio nel materiale propagandistico agli enormi mezzobusto dei candidati sul quale l'elettore è spinto ad esprimere, seppur inconsapevolmente, una valutazione più estetica che politico-ideologica.
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INFOMUSEO NOVITÀ EDITORIALI DEL MUSEO STORICO IN TRENTO Mariaviola Grigolli, La terra Serena: l'emigrazione trentina in Cile: documenti: (1950-1974), pp. 318, euro 20,00 (Vesti del ricordo, 7). ancora terminate e il terreno risultava difficile da lavoAgli inizi degli anni cinquanta del secolo s c o r s o rare ignorandone composizione e resa. Lo stato delle numerose famiglie trentine lasciarono i propri paesi d'origine per raggiungere il Cile, cose apparve subito assai difficile e non tutti per la precisione la provincia di Coquimriuscirono a far fronte all'emergenza, bo. Le partenze s'inserivano nel progetto o almeno a sostenerla il tempo di colonizzazione predisposto e seguito sufficiente per poter cominciare a cogliere i primi frutti del granprima dall'Istituto di credito per il lavoro de investimento di risorse fisiche italiano all'estero (ICLE) e dalla Regione ed economiche richiesto. Questo Trentino-Alto Adige e successivamente in estrema sintesi il filo della vicendalla Compagnia italo-cilena di coloda lungo il quale si snoda il volume. nizzazione agricola (CITAL). Alla base Un testo che volutamente ha preferito dell'intervento risiedevano gli accordi offrire anziché una ricostruzione storioseguiti fra il presidente della repubgrafica, una selezione di documenti parblica cilena Gabriel Gonzalez Videla ticolarmente significativa. La sua lettura e il primo ministro italiano Alcide permette di cogliere i molteplici risvolti di De Gasperi. Al loro arrivo i coloni una pagina di storia poco conosciuta, dantrentini avrebbero dovuto trovare do il giusto riconoscimento al «sacrificio» abitazioni nuove in cui alloggiare di centinaia di persone che emigrando in e terra da coltivare. In realtà la situazione Cile hanno inseguito un sogno di benessere non si presentò così favorevole come i piani avevano spesso irrealizzato. fatto immaginare. Le case promesse non erano state Gianni Faustini, Per una storia d'Italia del 1943: la cronaca di Roberto Suster e altri scritti, pp. 168, euro 14,50 (Quaderni di Archivio trentino, 12). Il volume propone principalmente la trascrizione del diario che Roberto Suster – trentino di nascita, irredento rifugiato nel Regno – tenne nelle drammatiche e convulse giornate che precedettero e seguirono il 25 luglio del 1943, la caduta di Mussolini e del fascismo. Gli appunti del direttore dell’agenzia ufficiale del Regime, la "Stefani", consentono di seguire dal di dentro la grave crisi del Regime e gettano luce sia sulla personalità dell’Autore, sia degli altri protagonisti del giornalismo trentino – da Franco Ciarlantini ad Orazio Marcheselli, da Taulero Zulberti a Servilio Cavazzani – che egli incrociò, pressoché naturalmente, nel corso della sua vita. Direttore del quotidiano La Libertà tra il 1919 e il 1920, Roberto Suster lavorò successivamente per Il Popolo d’Italia, il giornale fondato e diretto da Benito Mussolini, e per la "Stefani", di cui divenne direttore per quasi trentaquattro mesi dall’11 gennaio 1941 al 24 settembre del 1943. Arrestato dalla Repubblica sociale italiana su ordine impartito da Mussolini in persona, alla macchia dopo la fuga dal carcere, tornò al giornalismo – ancorché in posizione di secondo o forse terzo piano, come avvenne per quasi tutti i giornalisti che erano stati al vertice al tempo del fascismo – fino alla sua morte avvenuta nel 1966.
Premio ITAS 2006: segnalato dalla giuria il volume su Arco al tempo dei sanatori. Il 2 maggio 2006 ha avuto luogo la cerimonia di premiazione del 35. premio ITAS della montagna. Fra i 92 volumi portati in concorso è stato segnalato dalla giuria anche il libro di Beatrice Carmellini e Sara Maino, "Arco di storie: uno sguardo ravvicinato sul tempo dei sanatori ad Arco (1945-1975)". Le edizioni del Museo storico in Trento ottengono così un nuovo ambito riconoscimento dopo il cardo d'argento ottenuto nell'edizione 2001 del medesimo premio con il volume "L'invenzione di un cosmo borghese: valori sociali e simboli culturali dell'alpinismo nei secoli XIX e XX" a cura di Claudio Ambrosi e Michael W e d e k i n d e il "Premio Cento stampa locale" conquistato nel 2003 dalla rivista "AltreStorie".
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La Zona d'operazioni delle Prealpi nella seconda guerra mondiale: un convegno di studio fra Trento, Bolzano e Belluno: 22-25 marzo 2006. A più di sessant'anni dalla conclusione del conflitto mondiale e dell'occupazione nazista il Museo storico in Trento, l'Archivio provinciale di Bolzano e l'Istituto storico bellunese della Resistenza ed età contemporanea, hanno proposto una riflessione storica sulla Zona d'operazione delle Prealpi, amministrazione militare e civile voluta da Hitler. In tre giorni di fitto convegno, che hanno registrato la partecipazione di numerosi e qualificati studiosi, si è così tornati a parlare di un periodo particolarmente complesso e tormentato della storia contemporanea, sul quale molto resta ancora da indagare e studiare. Sono intervenuti: Agostino Amantia, Lorenzo Baratter, Marco Borghi, Vincenzo Calì, Gustavo Corni, Marco Cuzzi, Alberto De Bernardi, Andrea Di Michele, Giuseppe Ferrandi, Alessandra Ferretti, Monica Fioravanzo, Luigi Ganapini, Lorenzo Gardumi, Josef Gelmi, Maurizio Gentilini, Pierantonio Gios, Christoph H. von Hartungen, Alberto Ianes, Stefan Lechner, Adriana Lotto, Margareth Lun, Hubert Mock, Giovanna Padovani, Luciana Palla, Fabrizio Rasera, Alessandro Sacco, Paola Salomon, Mirko Saltori, Karl Stuhlpfarrer, Elena Tonezzer, Armando Vadagnini, Ferruccio Vendramini, Cinzia Villani, Michael Wedekind. È già stata annunciata la pubblicazione degli atti.
Seminario permanente "Alla ricerca delle menti perdute": un nuovo incontro di lavoro.
Una storia romantica: la mostra sull'archivio di Gigliola Cinquetti a San Giovanni Lupatoto. La mostra sull'archivio di Gigliola Cinquetti "Una storia romantica" è stata ospitata a San Giovanni Lupatoto, in provincia di Verona, nel periodo compreso fra il 29 aprile e il 14 maggio. E’ proseguita così la collaborazione con il comune veronese iniziata già in occasione della mostra "Alla ricerca delle menti perdute" con il coinvolgimento della locale Fondazione Carlo Zinelli e del comune stesso. La mostra ha registrato un notevole successo di pubblico, testimoniato anche dal contributo di alcuni collezionisti locali che hanno arricchito l'esposizione di nuovi oggetti simbolo degli anni sessanta.
Prosegue l'attività del seminario permanente "Alla ricerca delle menti perdute". Il 10 maggio 2006 ha avuto luogo un incontro di lavoro nel corso del quale studiosi di diverse istituzioni (Associazione italiana bibliotecheSezione Trentino-Alto Adige, Associazione nazionale archivistica italiana-Sezione regionale Trentino-Alto Adige, Azienda provinciale per i servizi sanitari, Museo storico in Trento, Soprintendenza dei beni librari e archivistici della Provincia autonoma di Trento, Università di Innsbruck e Università di Trento) si sono confrontati sulle prospettive di un'indagine comparata sulle storie dei manicomi di Hall e di Pergine Valsugana. Hanno offerto il loro contributo all'incontro Roberta Arcaini, Gustavo Corni, Felice Ficco, Andrea Giorgi, Casimira Grandi, Anna Guastalla, Christian Haring, Piera Janeselli, Renato Mazzolini, Giuseppe Pantozzi, Gian Piero Sciocchetti, Oliver Seifert, Alba Silvia, Livio Sparapani, Elena Taddei e Rodolfo Taiani.
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Anni settanta: rimozione e memoria. Il Museo storico in Trento, grazie al contributo della Provincia autonoma di Trento e con il patrocinio del Comune di Trento, ha proposto fra l'8 e il 27 marzo 2006 un ciclo di conferenze dedicato alla rivisitazione degli anni settanta del secolo scorso. I quattro incontri previsti si sono svolti secondo il seguente programma: Giovanni Gozzini, "Globalizzazione e ineguaglianze: una prospettiva sulla storia degli ultimi decenni del Novecento"; Diego Giachetti, "Nessuno ci può giudicare: gli anni della rivolta femminile"; Enrico Palandri e Alessandro Tamburini, "Raccontiamoci: esperienze letterarie nell'Italia degli anni settanta", Giovanni Tamburino, "Da piazza Fontana alla stazione di Bologna: strategia della tensione ed eversione di destra".
Archiblioteca del Museo storico: un nuovo deposito librario.
Assemblea dei soci 2006.
La Biblioteca del Museo storico in Trento ha ricevuto in deposito dall'Azienda provinciale per i servizi sanitari di Trento due interessanti fondi bibliografici: l'uno del Medico provinciale e l'altro del Distretto di Trento e Valle dei Laghi. Il primo è costituito da 327 volumi, mentre il secondo è formato da circa 800 volumi, di argomento giuridico, economico, finanziario, medico-legale, medico-sociale e socio-assistenziale, che coprono un arco di tempo compreso grossomodo fra il 1920 e il 1970.
Il 31 marzo 2006 si è svolta l'assemblea ordinaria dei soci del Museo storico in Trento. È stata l'occasione per rimarcare attraverso la relazione di attività letta dal direttore Giuseppe Ferrandi la straordinaria mole di lavoro svolta dal Museo nel corso del 2005 e la necessità di dotare il Museo stesso di quegli strumenti operativi indispensabili per accogliere le tante sfide aperte sul fronte dei progetti espositivi, dei rapporti con il territorio e delle nuove prospettive di indagine storica. Il momento istituzionale è stato seguito dalla presentazione di due volumi editi dal Museo storico in Trento che raccolgono la trascrisione dei diari di Anna Menestrina. È intervenuta con il curatore, Quinto Antonelli, Liviana Gazzetta.
La politica industriale in Trentino nella seconda metà del Novecento (1950-1990). Nell'ambito della ricerca "La speranza industriale: sviluppo e modernizzazione in Valsugana: 1950-1990", promossa all'interno del "Progetto memoria per il Trentino", dalla Provincia autonoma di Trento, dal Comune di Borgo Valsugana, dal Museo storico in Trento e dal Dipartimento di economia dell'Università degli studi di Trento, si è svolto a Trento, il 17 maggio 2006, un seminario dal titolo "Sviluppo locale e programmazione in Trentino nel secondo Novecento". Sono intevenuti Andrea Bonoldi (introduzione ai lavori), Silvio Goglio ("Politiche locali di sviluppo: luci e ombre"), Pietro Nervi ("L'esperienza della programmazione: le scelte all'origine del Piano urbanistico provinciale") e Andrea Leonardi, che ha moderato l'incontro.
ALTRESTORIE - Periodico di informazione, Direttore responsabile: Sergio Benvenuti Via Torre d’Augusto, 35/41 Comitato di redazione: Giuseppe Ferrandi, Patrizia Marchesoni, Paolo Piffer, Rodolfo Taiani 38100 TRENTO Hanno collaborato a questo numero: Gaspare Nevola, Lorenzo Gardumi e Graziano Zappi Tel. 0461.230482 Fax 0461.237418 Per ricevere la rivista o gliquadrimestrale arretrati, fino ad esaurimento, inoltraredirichiesta Museo storico in Trento Periodico registrato dal Tribunale Trento il al 9.5.2002, n. 1132 ISSN-1720-6812 info@museostorico.it Progetto grafico: Graficomp - Pergine (TN) www.museostorico.it
Archivi e biblioteca del Museo storico in Trento Fondi archivistici, bibliografici ed iconografici per la storia italiana, trentina, tirolese e dell'Arco alpino nei secoli XIX e XX con particolare riferimento a: Risorgimento, prima e seconda guerra mondiale, fascismo, Resistenza, movimenti politici degli anni sessanta e settanta del Novecento, didattica della storia, scritture autobiografiche e specifici temi espositivi e di ricerca sviluppati dal Museo storico in Trento.
apertura dal lunedì al giovedì: ore 9:00-17:00, il venerdì ore 9:00-13:00
Principali servizi gratuiti: consultazioni in sede, Principali servizi a pagamento: riproduzioni, prestito, navigazione internet, prestito inter- prestito interbibliotecario nazionale e interbibliotecario provinciale, informazione biblio- nazionale, document delivery grafica, consulenza archivistica
V i a To r r e d ’ A u g u s t o , 3 5 - 3 8 1 0 0 Tr e n t o - t e l . 0 4 6 1 . 2 6 4 6 6 0 - f a x 0 4 6 1 . 2 3 7 4 1 8 e-mail: museo.storico@biblio.infotn.it s i t o w e b : h t t p : / / w w w. m u s e o s t o r i c o . t n . i t