Altrestorie_20

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rivista periodica a cura del museo storico in trento, w w w. m u s e o s t o r i c o. i t - i n f o @ m u s e o s t o r i c o. i t

anno ottavo

numero venti

agosto 2006

IN QUESTO NUMERO Sette religiose e nuovi movimenti magici in Italia a cura di Rodolfo Taiani

Magia e spiritismo in Trentino, interviste con don Giuseppe Mihelcic e Luca Defant a cura di Paolo Piffer

Profilo di una guaritrice di Giorgia Monfasani, e Michela Ballerini

Magnetizzatori e sonnambule

Gli anni settanta e la nascita dei Cineclub; ricordando Riccardo Pegoretti

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Quanti sono i nuovi movimenti religiosi in Italia? Quante persone vi fanno parte? Come si articola la parteciRodolfo Taiani pazione degli aderenti? A queste domande offrono una prima risposta il rapporto compilato nel febbraio 1998 dal Dipartimento di Pubblica Sicurezza su incarico del Ministero dell’interno, Sette religiose e nuovi movimenti magici in Italia, e un testo intitolato La Chiesa di fronte alle sette, curato dal Gruppo di ricerca italiano sulle sette (GRIS). I dati offerti nel giugno 1997 dal GRIS offrono probabilmente una fotografia più aderente alla realtà di quella suggerita dal rapporto del Ministero dell’interno. In entrambi i casi, peraltro, i dati andrebbero aggiornati tenendo conto dell’evoluzione dell’ultimo decennio. Il rapporto del Dipartimento di pubblica sicurezza Il 29 Aprile 1998, dopo circa due anni di indagine, il Ministro degli Interni Giorgio Napolitano inviò alla Commissione per gli Affari Costituzionali della Camera dei Deputati del Parlamento Italiano un voluminoso rapporto redatto dal Dipartimento di Pubblica Sicurezza. Il Rapporto di poco più di 100 pagine, includeva: 1) un’introduzione di 20 pagine con: • radici del fenomeno e preoccupazioni sociali corrispondenti; • terminologia e tipologia; • possibili pericoli e connessioni criminali; • numero degli affiliati. 2) La descrizione di 34 “nuovi movimenti religiosi” e 36 “nuovi movimenti magici” nelle rimanenti 80 pagine. L’esigenza del rapporto nasceva da preoccupazioni di ordine pubblico e sicurezza nazio-

Sette religiose e nuovi movimenti magici in Italia a cura di

nale suscitate dall’eventualità di episodi di terrorismo e manifestazioni di fanatismo religioso in occasione della festività del Giubileo 2000 e della fine del millennio. Il rapporto elenca 137 gruppi operanti, di cui 76 religiosi (con circa 78.500 membri) e 61 magici (4.600 membri circa). La maggior parte innocui, alcuni controversi. Secondo i relatori, i culti più preoccupanti sono le cosiddette psicosette, 15 gruppi per un totale di 8.500 aderenti. Tra questi i relatori hanno indicato come la più insidiosa Scientology (cui sono dedicate 10 pagine, il 10% dell’intero rapporto). Secondo il Rapporto, le psicosette sono capaci di provocare una “completa destrutturazione mentale negli adepti, conducendoli spesso alla follia e alla rovina economica”, ed è principalmente su di loro che si accentrano accuse di “indebito arricchimento ai danni degli affiliati”. I possibili problemi di rilevanza penale connessi a questa tipologia di gruppi sono: • “lavaggio del cervello” e “controllo mentale”; • frode; • celare sotto la facciata della religione “pratiche immorali e attività illegali”; • predicare dottrine a tal pun-

to “irrazionali” da poter condurre i membri ad attività pericolose per la sicurezza nazionale. • piani di sovversione politica. Tutto questo perché le psicosette: “utilizzano meccanismi subliminali di fascinazione e il cosiddetto ‘lavaggio del cervello’ o altri metodi atti a limitare la libertà di autodeterminazione del singolo”. “Nella fase di proselitismo e in quella di indottrinamento usano sistemi scientifici studiati per aggirare le difese psichiche delle persone irretite, inducendole ad atteggiamenti acritici e obbedienza cieca” (note tratte dal rapporto Sette religiose e nuovi movimenti magici in Italia, in http://xenu.comit.net/rapporto/index.htm, ultima consultazione del 31 ottobre 2006). Il lavoro del GRIS Il testo del GRIS, La Chiesa di fronte alle sette, fermo restando i motivi di grave preoccupazione nei confronti dei contenuti e delle finalità di azione perseguite dai soggetti indagati, corregge considerevolmente i numeri del fenomeno a livello nazionale rispetto al rapporto del Ministero: la stima è di oltre 400 denominazioni o aggregazioni di diversa consistenza, accreditando comunque il numero di 700 gruppi presenti in Italia. Gli aderenti e i sostenitori sarebbero circa 600.000, ma con i simpatizzanti supererebbero la soglia del milione. Secondo la classificazione proposta da Battista Cadei nel medesimo testo, esistono vari gradi di adesione: il primo è quello del cliente occasionale, cioè la persona che si rivolge ad una setta in un momento particolare della sua vita, ad esempio durante una malattia, in una crisi esisten-


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ziale, in un viaggio all’estero. Normalmente il cliente occasionale non mette in discussione la sua precedente fede o appartenenza religiosa, anche se quell’esperienza è in contrasto con tale fede. Si pensi ad esempio chi fa ricorso alla magia o partecipa ad una seduta spiritica. L’altro grado di appartenenza è quella del nomadismo religioso, il continuo passaggio da una setta all’altra, magari per

curiosità o per fare esperienze forti. Succede spesso che questi nomadi vengano prima o poi “catturati” da una setta che diventa la loro casa definitiva. Ci sono poi i casi della doppia appartenenza; si aderisce ad un movimento religioso alternativo, senza abbandonare la religione ereditata dai genitori, un’appartenenza che talvolta può essere tripla o plurima. Alcune sette cioè instillano la convinzione che le loro dottrine sono perfettamente compatibili, ad esempio con l’insegnamento della Chiesa cattolica e non ostacolano mi-

nimamente quei cristiani che pur frequentando le loro riunioni continuano a considerarsi inseriti nella Chiesa cattolica. L’ultimo grado è quello dell’adepto vero e proprio, colui che decide di abbandonare la propria religione precedente e aderisce pienamente ad una setta (note tratte dalla dispensa, I nuovi movimenti religiosi la new age, lo spiritismo, alcune terapie alternative, i culti ufologici, elaborata da don Giuseppe Mihelcic nell’anno accademico 2001-2002 per il corso superiore di scienze religiose).

SCIENTOLOGIA Nome ufficiale: Chiesa di Scientologia - Dianetica. Fondatore L. Ron Hubbard (19111986). La Chiesa è guidata attualmente da un gruppo ristretto di ex collaboratori di Hubbard. Insegnamento: Psicanalisi semplificata, esposta con terminologia spesso oscura per i non iniziati. Si mescolano concetti presi dall’induismo, dal buddismo, e dalle tradizioni cabalistiche. L’anima (thetan) è immortale e si reincarna. La scientologia vuol migliorare l’attitudine a comunicare, dar sollievo alle sofferenze e insegna anche a manipolare le persone. Finalità: Aiutare l’adepto a raggiungere la “chiarificazione”, cioè a divenire un soggetto attivo per la costruzione di un mondo migliore vincendo la congiura galattica contro la Terra. Organizzazione: La Chiesa è organizzata come società per azioni a carattere commerciale e ha una disciplina interna molto severa; nonostante gli impedimenti frapposti dalle molte condanne riportate in diversi paesi, “Scientologiy” vanta un bilancio di miliardi di dollari. Testo base: “Dianetica, la scienza della salute mentale”, venduto a milioni di copie. Pubblicazioni: “Advance”, rivista in inglese con un inserto in italiano. Centinaia gli opuscoli pubblicitari.


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“Anche in Trentino magia e spiritismo sono diffusi” (don Giuseppe Mihelcic) Secondo un’indagine di qualche anno fa il Trentino-Alto Adige risulta all’ultimo posto Piffer tra le regioni italiane per numero di maghi in attività. Ciò non vuol dire che il ricorso alla magia ma anche ad altre pratiche esoteriche, quali quelle new age o lo spiritismo o i culti ufologici non sia presente, anzi. Studioso di queste manifestazioni, spesso sotterranee, e quindi difficilmente quantificabili, è don Giuseppe Mihelcic, 42 anni, origini slovene, chiamato anche don Josko. Parroco di Meano, frazione del Comune di Trento, è docente di storia delle religioni alla scuola diocesana di formazione teologica al Seminario del capoluogo e componente del consiglio nazionale del Gruppo di ricerca e informazione socio religiosa (GRIS) di Bologna che si occupa di sette. “Ho iniziato ad interessarmi di tutto ciò circa 10 anni fa, quando ero parroco di tre paesi vicino a Tione”. Don Mihelcic ha scritto, per un corso seminariale di scienze religiose, svoltosi tra il 2001 e il 2002, una dispensa di circa 70 pagine proprio su questi aspetti: “I nuovi movimenti religiosi. La new age, lo spiritismo, alcune terapie alternative, i culti ufologici”. “Spesso questi gruppi affrontano anche la fede cristiana stravolgendone i termini e i significati. Da una parte, quindi, sono una sfida alla Chiesa perché molti cristiani, a causa della diffusione di queste idee, abbandonano la Chiesa e accolgono proposte incompatibili con la fede cristiana”. Quali sono le basi sulle quali si fondano queste sette? “Le sette, di solito, nascono nell’ambito delle grandi religioni.

Magia e spiritismo in Trentino interviste con don Giuseppe Mihelcic e Luca Defant a cura di Paolo

Il percorso parte da un piccolo gruppo che si mette in polemica con la religione di provenienza e afferma di esserne il vero seguace, autentico ed originario. Questo vale per il cristianesimo ma anche per l’islam”. Possiamo tracciarne un quadro complessivo? “E’ difficile perché sono fenomeni variegati e complessi. Andiamo dalle pratiche magiche ad altre di autoguarigione, dai culti esoterici alla ricerca del santo graal, dall’alchimia alla pietra filosofale. E’ anche difficile trovare un termine che possa andare bene per tutti. Ad

esempio, ciò che si pensa possa essere un nuovo movimento religioso potrebbe invece definirsi un circolo filosofico oppure che pratica tecniche di rilassamento”. Un minimo comun denominatore non c’è proprio? “Diciamo così. In generale l’atteggiamento settario è caratterizzato dalla chiusura e dal tentativo di isolarsi. Non c’è quindi solo una contrapposizione con la Chiesa di provenienza ma anche un distacco dalla società. Tipici sono i fenomeni di millenarismo, di attesa della fine del mondo con la convinzione, magari, di essere i soli che godranno del-


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la felicità eterna a fronte di un’umanità che, per loro, è solo una massa dannata”. E l’atteggiamento della Chiesa cattolica qual è? “Non vuole essere polemico, a difesa delle proprie posizioni. Semmai si ricerca il dialogo con gli appartenenti alle sette. Certo, deve essere un dialogo rispettoso delle persone ma anche capace di evidenziare con chiarezza gli aspetti dottrinali inaccettabili dal punto di vista cristiano. Anche per evitare confusione. C’è poi il desiderio di aiutare le persone a non incappare in gente senza scrupoli che ne approfitta per motivi economici od altro sfruttando momenti di debolezza e crisi”. Le sette, in Trentino, quanto sono diffuse? “C’è una certa diffusione, specialmente per quanto riguarda il ricorso ai maghi. La mentalità corrente porta molti ad affidarsi a chi, a pagamento, prevede il futuro o dà consigli su decisioni importanti da prendere. Complessivamente, questi fenomeni sono comunque difficilmente quantificabili”. Lei come entra in contatto, se le è capitato, con individui che fanno parte di qualche setta? “Più che con componenti di qualche setta mi capita di avere contatti con i lori famigliari che mi chiedono consigli a causa della dipendenza del loro congiunto da un mago o da un medium. Però, io lavoro soprattutto nel campo dell’informazione, della conoscenza di questi gruppi. Tra poco terrò, ad esempio, una serie di conferenze sull’esoterismo”. Insomma, in Trentino è un fenomeno rilevante o marginale? “Il ricorso ai maghi e alla magia è piuttosto rilevante. E’ una mentalità consumistica che si esprime anche attraverso questa pseudo religiosità. E poi c’è una certa pratica del-

lo spiritismo con medium che hanno centinaia di clienti che vanno da loro per poi giocarsi dei numeri al lotto o sapere la condizione dell’anima di un loro caro defunto. In quanto alle sette vere e proprie faccio l’esempio del testimoni di Geova, fenomeno piuttosto diffuso anche qui da noi. Direi che c’è un po’ di tutto, come a livello nazionale”. Come mai ha deciso di conoscere meglio questi fenomeni? “E’ stato uno stimolo a curare ancor di più la mia formazione teologica e culturale. E poi mi ha aiutato a conoscere e ascoltare con maggiore attenzione persone che avevano bisogno di un consiglio o solo di essere comprese. Mi ha messo in contatto con la realtà di molte famiglie dove, purtroppo, un componente è coinvolto in attività e pratiche magiche. A volte si verifica un totale estraneamento dalla famiglia, in-


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differenza nei confronti degli altri oppure si spendono cifre esorbitanti. Tutto ciò ha poi ricadute pesanti sulla famiglia”. Ha mai avuto paura? “No, perché penso di fare un servizio. Qualche volta sono stato attaccato da chi non condivideva le mie spiegazioni e le mie attenzioni verso queste manifestazioni. La mia, con termine ecclesiastico, altro non è che una diaconia della verità. Sono sempre disponibile a confrontarmi, anche con chi non la pensa come me”. Le sette, il ricorso alla magia, allo spiritismo, sono pratiche

in crescita, stabili o in diminuzione? “Sono tra le tante proposte del supermercato delle religioni. L’importante è aiutare chi ne ha bisogno ad andare in profondità, al di là del discorso di fede. Aiutare a non farsi prendere da promesse a buon mercato. E lo si fa solo con un percorso di formazione a lungo termine e la Chiesa, in questo senso, può essere d’aiuto per capire meglio fenomeni così complessi”. “Sulle sette sataniche è difficile intervenire: c’è riservatezza e omertà” (Luca Defant) “Il fenomeno delle sette esiste

anche in Trentino, sulla falsa riga di quanto accade nel resto d’Italia, e si può classificare in due grandi filoni. Da una parte il satanismo e, dall’altra, i fenomeni new age”. Lo afferma Luca Defant, ispettore capo della sezione antiterrorismo della Digos di Trento (divisione investigazioni generali e operazioni speciali della polizia di Stato). Approfondiamo il nodo delle sette sataniche. “Sovente accade che gli adepti delle sette sataniche siano soggetti a condizioni psicologiche, ma anche fisiche, costrittive. Ri-


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servatezza e omertà ne sono le basi ma anche riti di natura sessuale e assunzione di droghe. Ci sono casi in cui alcuni aderenti abbandonano la famiglia e sborsano talmente tanti soldi da mettere in crisi economica il nucleo familiare. Parecchie famiglie sono state rovinate economicamente e, soprattutto, psicologicamente”. Come forze di polizia che provvedimenti adottate di “presidio” del territorio? “Interveniamo, ovviamente, sul caso specifico, in caso di notizie di reato. Però svolgiamo anche un’attività autonoma, di carattere informativo. Dagli elementi che si acquisiscono ne può derivare pure un’attività

di indagine che si caratterizza per l’esistenza di determinati reati. Non è certo facile anche perché i reati che si possono ipotizzare, ad esempio quello di truffa, sono perseguibili solo su querela di parte. Cioè se c’è una denuncia. Ma anche perché l’intervento delle forze di polizia è visto come un fattore “disgregante”. In passato siamo riusciti in pochi casi ad intervenire positivamente, ad aiutare le famiglie. C’è una forma di chiusura che rende difficile l’intervento”. Dalla sua esperienza, questi fenomeni sono in crescita, in diminuzione o stazionari? “Facciamo una precisazione. Fino a qualche anno fa erano fenomeni tabù sociali, sui

quali stendere un velo pietoso. Adesso, invece, per una maggiore sensibilità collettiva sono considerati con più attenzione. E, quindi, emergono maggiormente, sono più studiati. E’ per questo che ritengo siano 'espressioni' non in crescita ma che mantengono un trend costante”. Ricorda alcuni casi specifici, ad esempio riguardanti sette sataniche? “Mi sono occupato, nel 1995, del ritrovamento di resti di riti satanici al parco delle Coste a Cognola. Fu il primo atto che determinò l’interesse della polizia per questo tipo di manifestazioni. Da lì ci sono state delle conferme sull’esistenza del fenomeno, anche in Trentino. E poi è maturata un’altra convinzione. Che i pochi adepti che si 'staccano' vengono messi nelle condizioni di non parlarne, attraverso il ricatto. La vittima viene 'isolata', sottoposta a condizionamenti psicologi fortissimi. Ovvero, se l’esistenza di una determinata setta satanica diventasse pubblica, non si celasse più dietro la riservatezza e l’omertà, chi si 'stacca' sarebbe messo in piazza, la storia diventerebbe di pubblico dominio, tutti ne parlerebbero. Ci sarebbe una sorta di isolamento sociale, che peraltro la 'vittima' già subisce, e di perdita di 'posizione' nella società che possono risultare insopportabili. Ecco perché è molto difficile intervenire. Mi auguro che ci siano persone 'catturate' da queste sette sataniche che abbiano la forza di parlare con noi affinché si possa intervenire in maniera efficace. Con tutto il tatto possibile perché aspetti come questi rivestono una forte connotazione sociale e investono situazioni di disagio da affrontare con particolare attenzione”.


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Profilo di una guaritrice Giorgia Monfasani, Michela Ballerini

Prima delle trasformazioni sociali degli anni sessanta non era difficile imbattersi in guaritori, aggiustaossa o erboristi empirici, che “segnavano” determinati mali, consigliavano tisane e decotti, purghe e diete, sistemavano slogature e fratture di arti sia di uomini sia di animali, prendendosi così cura del benessere della comunità e assumendo proprio per questa loro funzione un ruolo di

prestigio. La loro era una medicina, che scaturiva da una mescolanza di sapere empirico, elementi magici e pratiche religiose.

Emma B., classe 1920, figura sottile, sguardo allegro e penetrante, vive in un piccolo paese della provincia di Pavia. Nonostante l’età è ancora molto in gamba ed energica ed è una cosiddetta guaritrice. Nella sua famiglia la trasmissione del potere curativo è sempre stata da donna a donna, di madre in figlia. Emma ha raccontato di aver ricevuto il “dono” dalla mamma, Emilia, Miglièn. Costei negli ultimi anni di vita, ormai molto anziana, non riusciva pressoché a muoversi ed Emma aveva iniziato ad assisterla nel segnare. Mai però la madre le aveva espresso il desiderio di trasmetterle i suoi «segreti». Quando poi Miglièn morì il parroco di allora, Don Carlo, consegnò ad Emma, per espressa volontà della madre, un piccolo libretto di preghiere con la copertina marrone. Quando Emma lo ebbe in mano e lo sfogliò si accorse che nelle pagine bianche vi erano riportate delle annotazioni manoscritte: erano le formule per segnare. Emma racconta di essere stata colta inizialmente da molti dubbi e timori, poiché non era mai stata preparata ad un simile compito. Ma il “dono” non si poteva rifiutare e ben presto le si presentò l’occasione per esercitarlo: un bambino di un paese vicino si era ustionato pancia e braccia a causa della rottura di una boulle d'acqua bollente. Fu chiesto ad Emma di intervenire: per tre mattine lei andò a casa del bambino per segnarlo. Lui guarì e da allora lei accettò consapevolmente il suo “dono” e curò molte altre persone, con grande gioia personale e infinita gratitudine di coloro che poté assistere. Emma descrive le pratiche ma non vuole svelare le formule, perché, afferma, rivelarle significherebbe vanificare il loro potere curativo. Lei segna il fuoco di Sant’Antonio, le scottature, i vermi intestinali e le slogature. I segni sono semplici e nella loro applicazione risulta basilare il simbolismo le-

gato al numero 3: si segna per tre giorni di seguito, nel caso della cura dei vermi si usano nove fili di cotone (multiplo di tre) e le slogature, unico malanno curato al pomeriggio, si segnano alle tre (forse l’ora della morte di Cristo). Il fuoco di Sant’Antonio e le scottature vengono segnati la mattina, appunto per tre mattine di seguito; sia paziente sia guaritore devono essere entrambi a digiuno e lo strumento utilizzato è cotone imbevuto di acqua santa; anche i vermi si segnano sempre la mattina, per tre mattine successive, a digiuno, utilizzando nove fili di cotone e un bicchiere d’acqua: i fili vengono fatti passare uno per uno intorno al collo, tracciando il segno di croce all’altezza della gola mentre si ripetono le formule di rito; poi da ciascun filo viene tagliato un pezzetto e messo nel bicchiere d’acqua, di cui un sorso viene fatto bere al malato: fino a quando i fili si muovono significa che la malattia è ancora in corso, quando si fermano indica che i vermi se ne sono andati. Le slogature si segnano, invece, al pomeriggio con la sugna vecchia di maiale; la parte dolorante ne viene cosparsa mentre si recitano le formule di rito, poi la si avvolge in un panno e la si tiene così per tre giorni. In ultimo gli oggetti usati per eseguire il "rituale" vengono gettati nel fuoco, perché siano purificati e trasformati in altro. Emma, alla domanda se guarire una persona costituisca uno sforzo, risponde che, al contrario, questa pratica fa rifiorire in lei sempre nuove energie, infondendole forza e benessere, oltre ad una grande felicità per aver fatto del bene. Emma offre i suoi servigi di guaritrice a chiunque glielo chieda con grande senso di responsabilità, fede e impegno e senza finalità di lucro. Non ha ancora deciso se e a chi trasmetterà il suo "dono" poiché non ha figlie femmine. L'augurio è che la "poesia" dei suoi antichi gesti non vada persa.


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Magnetizzatori e sonnambule

All’interno dell’eterogeneo gruppo di ciarlatani, che da secoli popolavano le piazze in occasione di feste, fiere e mercati, fanno la loro comparsa, anche in Trentino, nella seconda metà dell’Ottocento, nuove figure di girovaghi che occupano uno spazio considerato spesso come copertura di comportamenti immorali e, tuttavia, al limite della sfera sanitaria. Si tratta delle sonnambule le quali, sotto la direzione di un magnetizzatore, cadono nel cosiddetto sonno magnetico e acquistano capacità straordinarie. Nella condizione di chiarovisione esse posssono, fra l’altro, diagnosticare le malattie altrui. La coppia magnetizzatore sonnambula, una volta che la medicina sonnambolica ebbe trovato sbocchi istituzionali, non operò, come dice Clara Gallini nel suo volume La sonnambula meravigliosa: magnetismo e ipnotismo nell’Ottocento italiano, solo per l’alta borghesia e l’aristocrazia, ma estese le sue prestazioni a un pubblico estremamente vasto e variegato, né restò confinata entro l’ambito strettamente scientifico. Un apposito regolamento asburgico del 1845 definendo il divieto per qualsiasi individuo non abilitato, stabilisce che «l’applicazione del magnetismo animale a persone non è permessa che ai dottori di medicina e chirurgia graduati in un’ I.R. Univer-

sità austriaca ed autorizzati al libero esercizio della medicina e chirurgia» e in un articolo recita che esso va applicato solo a soggetti malati: «È severissimamente proibito il procurare il sogno magnetico in persone sane e senza voler in tal modo conseguire la guarigione» (Archivio di stato di Trento, Capitanato distrettuale di Tione, Sanità, 1854-1857, cart. n.n.). Tuttavia, a quanto risulta, l’attrazione suscitata dal fenomeno induce spesso chiunque a sottoporsi al trattamento che si trasforma da fatto strettamente terapeutico in fenomeno dalle ampie diramazioni. Ciò genera proteste soprattutto da parte del clero che non solo non vede di buon occhio e sospetta di amoralità i praticanti, ma teme che fomentino un ritorno alla superstizione. Angela Ferrari di Fondo «conosciuta come appartenente ad una di quelle tante famiglie girovaghe di zingari, che tanto dalla Annaunia come dalla val di Sole, s’aggirano nei paesi di campagna ingannando i creduli contadini predicendo loro l’avvenire, fingendo il magnetismo, ed il sonnambulismo», chiede nel 1873 il permesso di prodursi nel corso dell’imminente Fiera di San Vigilio» (Archivio di stato di Trento, Consigliere Aulico, Culto-Industria-Polizia, 1873, cart. 59). La concessione le viene negata poiché esiste un precedente sgradito. Solo l’anno prima, in analoga

circostanza, la moglie di certo Giuseppe Dubois «fingendosi sonambula e coll’applicazione di magnetismo animale prediceva il futuro, e varie persone, far i cittadini ed anche del clero, reclamarono presso [il Consigliere Aulico] perché questa donna attirava nel proprio carrettone contadini e persone del basso popolo ad una ad una e sospettavasi si commettesse dell’immoralità» (Archivio di stato di Trento, Consigliere Aulico, Culto-Industria-Polizia, 1873, cart. 59). Ritenendo che «le produzioni di magnetismo» della Ferrari «non siano punto divergenti da quelle quelle che usava dare la Dubois» si conviene pertanto di non soddisfarne la richiesta. La più stretta sorveglianza esercitata su tal genere di ciarlatani è peraltro confermata anche da episodi più marginali. Nel «Prospetto delle operazioni ufficiose» eseguite a Tezze, presso il posto di polizia di confine dall’1 al 15 novembre 1872, risulta respinta all’estero Giovanna Novi, proveniente da Pordenone e di condizione sonnambula» (Archivio di stato di Trento, Consigliere Aulico, Polizia, 1872, cart. 51) (Note tratte dal volume di Emanuela Renzetti e Rodolfo Taiani, Sulla pelle del villano: profilo di terapeuti e metodi di cura empirica nella tradizione trentina, San Michele all’Adige: Museo degli usi e costumi della gente trentina, 1988, pp. 116-117).


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Gli anni settanta e la nascita dei Cineclub; ricordando Riccardo Pegoretti

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ono passati oramai due anni da quando Riccardo Pegoretti ci ha lasciati. Chiunque abbia avuto la fortuna di conoscerlo ne conserva l'indelebile ricordo di persona umanamente "speciale". Ma Riccardo è stato anche personaggio pubblico, impegnato in un’instancabile ed appassionata azione di programmazione cinematografica. Per ricordare questa sua attività e lo spirito che la animava si ripropone un’intervista nella quale Riccardo ripercorre la nascita dei cineclub a Trento negli anni settanta del secolo scorso. L'intervento è stato pubblicato a cura di Enrico Spagna sulla rivista “Foglie d'arte” dall'Associazione Laboratorio sul moderno di Trento che ringraziamo. È un po' il ritratto della Trento di quegli anni, ma soprattutto di quel sentimento di Riccardo per il cinema che ha trovato espressione, non ultimo, anche nelle numerose iniziative realizzate per e con il Museo storico in Trento. Riccardo, come e quando nasce l’idea di creare dei cineclub a Trento? “CINETRENTO” nasce nel 1976 al Cinema San Pietro di Trento (Vicolo Santa Maria Maddalena) e continua fino al 1979. LO SCHERMO BIANCO nel 1982 presso la sala del Cinema san

Marco, in via San Bernardino e lavora fino al 1985. L’idea nacque da un gruppo di amici, nella biblioteca dell’Università in Via Verdi mentre stavamo studiando per qualche esame universitario. Per LO SCHERMO BIANCO mi chiamò Maurizio Gretter (che purtroppo scomparve giovanissimo poco dopo) e che lavorava presso il Circolo Rosselli di Trento: mi chiese di organizzare qualcosa di cinematografico e nacque l’idea de LO SCHERMO BIANCO (il nome era ispirato alla sequenza finale del film di Wim Wenders “Nel corso del tempo”). Quali erano le motivazioni principali che vi hanno spinto ad intraprendere queste iniziative e quali strutture avete utilizzato? Per quanto riguarda CINETRENTO semplicemente c’erano dei film che a Trento non passavano affatto o non erano riprogrammati in seconda visione (praticamente non esisteva più nessuna sala di seconda dalla metà dei Settanta in poi). La sala del San Pietro era disponibile (il parroco era l’illuminato, don Dante Clauser che ci disse semplicemente “Fate quello che volete, basta che nessuno venga a rompermi le scatole lamentandosi delle vostre programmazioni”), io ero capace di far funzionare

i proiettori e conoscevo per altre esperienze le distribuzioni dei film in 35mm, i contratti con la SIAE e quant’altro serviva. Per il San Marco e LO SCHERMO BIANCO il discorso era analogo: il responsabile della sala si chiamava Lucio e ci diede carta bianca. Al San Marco la programmazione era più variegata: organizzavo lì delle proiezioni il venerdì, il sabato e la domenica ed in un fine settimana proponevo anche sei o sette titoli differenti. L’ultimo spettacolo del venerdì sera iniziava a mezzanotte e mezzo. C’erano dei motivi politici alla base del vostro impegno, sull’onda degli eventi di quel periodo? Quando aprimmo CINETRENTO un bel po’ di associazioni e/o cani sciolti venivano da noi per domandare collaborazione. Ricordo una rassegna sull’antimilitarismo organizzata assieme ad alcuni militari che erano di stanza a Trento (il conflitto vietnamita era terminato da poco), ancora una programmazione sul cinema femminile con un gruppo di donne, una serie di proiezioni per sostenere economicamente Radio Trento Alternativa (il film era La Cinese, di Jean-Luc Godard, vero film rivoluzionario che forse anticipava un po’ troppo i tempi per i rivoluzio-


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nari locali), per cui curavamo anche un programma sul cinema. Nel 1977, quando uccisero Lorusso a Bologna interrompemmo la programmazione del film (mi sembra che fosse I compari, di Robert Altman). Era venuto Ale Pacher (allora di Lotta Continua, ora sindaco di Trento) per darne comunicazione in sala un’ora dopo che era successo il fatto. Stampavamo le schede dei film con il ciclostile di Lotta Continua e per questo lo conoscevamo. Eravamo comunque schierati a sinistra, anche se qualcuno pensava che ci fossimo arricchiti approfittando degli spettatori (era il periodo dell’autoriduzione e qualche scoppiato pensava che fossimo i David Zard – che organizzava i concerti delle rockstar in Italia in quel periodo – della città). In realtà facevamo pagare dalle 500 alle 700 lire a biglietto e qualche volta organizzavamo delle maratone cinematografiche (la domenica) con 5, 6 o 7 film che iniziano alle 14.00 e finivano all’una o alle due di notte. Ingresso 700 lire. I soldi che guadagnavamo li spendevamo o alla limitrofa Scaletta, oppure per comprare carta e inchiostro per le schede, per andare a Padova alle case di distribuzione, per uscire qualche volta a cena, per le sigarette e, naturalmente, per

autofinanziare altri cicli. La sala era quasi sempre piena, però l’affitto delle copie, quello del locale, della SIAE, dei trasporti erano costi a carico nostro. Non abbiamo mai né chiesto né avuto alcun tipo di contributo per CINETRENTO. Per LO SCHERMO BIANCO Maurizio ed io avevamo i contributi del Circolo Rosselli (che era di area socialista). Mi pare di capire quindi che puntavate su di un circuito e su di una programmazione alternativi, che uscissero dai consueti schemi… Puoi farci qualche esempio? Ripeto, puntavamo sui film che a Trento passavano in sordina o non passavano affatto: ad esempio riprendemmo al San Pietro con grande successo Il fantasma del palcoscenico, di De Palma, Il dottor Stranamore, di Kubrick, Pat Garret e Billy the Kid, di Peckinpah (fu una proiezione memorabile): sempre là programmammo una rassegna dedicata alla fantascienza americana degli anni cinquanta ed ancora una sull’horror, con la visione di un classico come Freaks, diretto da Tod Browning nel 1932). E poi Chaplin, Keaton, Totò, Lewis, i Marx Brothers. Le maratone erano dedicate ai generi classici hollywoodiani, il western ad esempio, o a registi (ricordo Bergman e Bunuel). A

LO SCHERMO BIANCO proponevo anche delle primissime: ricordo I misteri del giardino di Compton House, di Greenaway, La terza generazione, di R. W. Fassbinder, The Rocky Horror Picture Show, che di fatto a Trento non era praticamente uscito. Sempre al San Marco organizzammo una bellissima personale dedicata a Norman McLaren, genio del cinema d’animazione canadese, e riproposi Woodstock – la copia era di un collezionista romano – con la gente in sala realmente commossa mentre (ri)ascoltava Jimi Hendrix e Carlos Santana. Ancora Truffaut, Pasolini, Ferreri, il primo film di Jim Jarmush (Stranger Than Paradise, dell’84). L’idea era quella di programmare sempre più film e di coinvolgere quanta più gente possibile con una programmazione variegata, fuori dagli schermi consueti dei cineforum o delle programmazioni d’essai che abbiamo a Trento oggi. Di fare del san Marco un punto di riferimento. Poi la sala chiuse per essere ristrutturata (nel frattempo un incendio al cinema Statuto di Torino aveva provocato la morte di più di sessanta persone e le normative di sicurezza si fecero giustamente severissime) ed è stata riaperta solo un paio d’anni fa…


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Era previsto un dibattito alla fine della proiezione? Il dibattito non c’era e da noi nessuno lo voleva. Le schede (cast, credits, trama e critica e interviste con regista) le battevamo su matrice (più tardi in offset) e le prendevamo da varie riviste o libri, che a Trento non si trovavano. Andavo spesso a Bologna alla biblioteca della Cineteca Comunale. Bastavano: chi voleva discutere del film poteva andare a farlo alla Scaletta o nell’atrio del cinema o dove voleva. Nessuno aveva intenzione di parlarne discutendone in pubblico. Io ho sempre amato il cinema perché la trovo una esperienza singolare, da consumarsi nella più totale solitudine senza nessuno che mi disturbi né prima, né durante, né dopo (soprattutto dopo, quando esci dalla sala e sei ancora un po’ ubriaco di quel buio, di quella storia, di quella regia). Anche le schede tentavo di farle cercando le opinioni del regista o degli addetti ai lavori. Quelle dei critici mi hanno sempre interessato molto relativamente. Come e perché si concluse quest’esperienza? Il tutto finì perché, come recita il titolo di un bel film di David Mamet, le cose cambiano. Io mi trasferii a Bologna, gli altri amici di CINETRENTO presero altre strade. Per LO SCHER-

MO BIANCO, dopo la morte di Maurizio che lasciò tutti ammutoliti, facemmo ancora un paio di rassegna in Aula 1 a Sociologia (Pasolini nel decennale della morte con tutti, ma proprio tutti, i film da lui diretti, le sue interviste televisive, le collaborazioni alla sceneggiatura, i film che avevano fatto su di lui ecc., ed ancora il cinema giapponese, organizzato assieme al Centro di Cultura Giapponese di via Gramsci a Roma, dove - primi ed ultimi - proiettammo Ozu e Mizoguchi in 35mm). Si può dire che un’epoca stava per finire mentre invece cominciava il cosiddetto “riflusso”? E come sono cambiate di fatto le cose, arrivando fino ai giorni nostri? Non c’entra la fine di un’epoca: voi dimostrate che si può fare un uso del cinema non banale raffrontandolo alla realtà italiana d’allora con quello che la storia ha tentato di insegnare fino ad oggi. Il cinema è cambiato nella sua proposizione al pubblico sia tecnologicamente che socialmente. Il video ha vinto (il video della TV, del VHS, del DVD, del computer, dei videogiochi) e le multinazionali hanno in mano i consigli d’amministrazione delle maggiori case di produzione. Non esiste più la figura di un produttore come Selznick, del-

la M.G.M., o Rizzoli, della Cineriz, o il vecchio Cecchi Gori del Sorpasso, ma esistono degli ottimizzatori che nulla sanno di cinema. La gente ha dimenticato l’incanto infantile dell’immagine e sempre di più viviamo succubi dello strapotere del più deteriore cinema americano (come già nei Sessanta diceva Godard). Ma nonostante ciò il cinema vero esiste ancora, da Altman a Moretti, da Kaurismaki, a Olmi, a Scorsese, a Spielberg ad Agosti – con il suo essere esterno al gruppo e che inorridirebbe se sapesse che lo cito subito dopo Spielberg – a moltissimi altri. E poi chi ha mai visto un film di Dreyer, di Bresson, di Murnau, di Browning o di Busby Berkeley? Quanti possono dire d’aver visto almeno un film di Billy Wilder? Chi conosce il cinema muto? Insomma, materiale ce ne è abbastanza per poter ricominciare ogni giorno di nuovo con proposte assolutamente differenti, vecchie e nuove ma tutte strepitose. E se la gente è meno curiosa e più omologata, oggi, il cinema mi sembra ancora un’arma potente per poterla fare uscire dal proprio guscio, per poterla stimolare a pensare, per poterla nuovamente riunire e condividere l’esperienza della sala buia senza vedere Harry Potter o Il signore degli anelli…


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INFOMUSEO NOVITÀ EDITORIALI DEL MUSEO STORICO IN TRENTO Quinto Antonelli e Mariano Longo (a cura di), Negli ultimi anni del mio vivere: Primiero tra Sette e Ottocento nelle memorie di Angelo Michele Negrelli, pp. 119, € 11,00 (Quaderni di Archivio trentino, 13). Tra il 1844 e il 1851, «negli ultimi anni del suo vivere», Angelo Michele scrisse e dettò le sue Memorie. Si tratta di un voluminoso manoscritto conservato oggi presso la Biblioteca intercomunale di Primiero, nel quale sono registrati con dovizia di particolari quasi novant'anni di un'esistenza spesa a cavallo dei secoli XVIII e XIX. Una vita intensa quella di Angelo Michele Negrelli, che offre uno spaccato particolare della società e della cultura dell'epoca nella quale visse. La memoria, proprio per le sue dimensioni, potrebbe apparire a prima vista di difficile e fredda lettura, ma ad una successiva analisi, così come proposto e illustrato dagli autori dei diversi saggi, rivela una sorprendente e insospettata carica emotiva. Lorenzo Gardumi (a cura di), Vezzano, la guerra e il voto di San Valentino del 14 febbraio 1944, pp. 87, € 6,00 La pubblicazione ripropone, accompagnati da alcune brevi note d'inquadramento storico, i materiali esposti nel corso della mostra fotografica tenutasi a Vezzano tra l’agosto e il settembre 2005 relativa al periodo d’occupazione tedesca 1943-1945. Il nucleo principale poggia sul materiale raccolto e conservato da soggetti pubblici e privati all'interno della comunità di Vezzano. A commento della maggior parte dei documenti fotografici riprodotti, sono proposti alcuni passaggi attinti dalle interviste rilasciate da testimoni degli eventi documentati. Rispetto all’esposizione, il volume è stato arricchito con immagini fotografiche relative alle celebrazioni religiose svoltesi al Santuario di Vezzano nei decenni successivi alla fine del conflitto proprio per sottolineare come le manifestazioni legate al rinnovo del voto a San Valentino – ogni prima domenica di settembre – facciano parte del riconoscersi di una comunità nella propria storia e della sua capacità di trasferire il proprio patrimonio d’esperienze alle generazioni più giovani.

Riconoscimenti Il video «Volti di un esodo», prodotto dal Museo storico in Trento, è stato proiettato nell'ambito del San Giò Festival-edizione 2006, XII rassegna internazionale di video indipendente ed altro, in programma a Verona dal 23 al 27 luglio 2006. La Giuria del premio Gambrinus "Giuseppe Mazzotti" ha assegnato il premio edizione 2006 per la sezione "Finestra sulle Venezie" al volume di Beatrice Carmellini, "Arco di storie: uno sguardo ravvicinato sul tempo dei sanatori ad Arco (1945-1975)", edito dal Museo storico in Trento nel 2005. Il testo “colto e appassionato” - si legge fra le motivazioni del premio - parla di persone, di intrecci e di storie di vita nell'Italia del secolo scorso, in una città e un paesaggio bellissimi, della orgogliosa anche se talvolta dolorosa, ricostruzione di una parte della identità della comunità e della grande ricchezza delle esperienze che la rendono forte e unica". La rivista «Altrestorie» è stata premiata con il terzo posto all'ottava edizione del «Premio Cento alla stampa locale-sezione privati». Il video "Era tutto Michelin: memoria di una fabbrica" ha ottenuto la menzione speciale "per l'alta qualità narrativa, emotiva e tecnica" alla rassegna "Obiettivi sul lavoro" in programma a Roma il 6 ottobre 2006.

Santa Massenza: un viaggio tra turbine e alambicchi Ha esordito nel corso dell'estate 2006 un'interessante proposta alla riscoperta delle specificità di Santa Massenza, giocata fra la grande centrale elettrica interamente scavata nella roccia e i laboratori artigianali dove da secoli si esercita l'arte della distillazione. Grazie alla collaborazione attivata tra Museo storico in Trento, Associazione culturale di Santa Massenza "piccola Nizza de Trent", Enel, Provincia autonoma di Trento-Progetto memoria, Comune di Vezzano e Consorzio turistico Valle dei laghi, è stato possibile offrire ai visitatori, previa prenotazione, la visita alla Centrale elettrica, nonché ad alcune distillerie poste all'interno dell'abitato, dove oltre al racconto dei vari processi di lavorazione è stato possibile degustate le tipiche grappe locali.


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NOVITÀ EDITORIALI DEL MUSEO STORICO IN TRENTO Luciana Palla, Tita Piaz a confronto con il suo mito, pp. 288, € 18,00 (in coedizione con l'Istituto culturale ladino) Il volume è frutto di una collaborazione fra Istituto culturale ladino di Vigo di Fassa e Museo storico in Trento. L'autrice inquadra la figura di Tita Piaz – famoso alpinista noto come il diavolo delle Dolomiti – inserendola nell'ambiente fassano-trentino dell'epoca (fine Ottocento-secondo dopoguerra), segue passo passo il suo percorso esistenziale, cerca di capire come si è costruito nel tempo il mito intorno alla sua persona. Si passa in sintesi dall'agiografia alla storia: vengono ripercorsi i successi alpinistici di Piaz, ma soprattutto i rapporti familiari, di paese, le amicizie e inimicizie, gli affetti, la sua passione per il teatro, l’impegno politico, con l'intenzione di riportarlo da eroe a uomo di tutti i giorni, senza togliere nulla alla grandezza del personaggio. Palma Clara Agostini: testimonianza sulla «città di legno» (DVD, progetto memoria 4, regia: Lorenzo Pevarello; intervista di: Lorenzo Pevarello; consulenza storica: Giuseppe Ferrandi; ricerca materiali d’archivio: Daniela Cecchin e Matteo Gentilini; segreteria di produzione: Matteo Gentilini; produttore esecutivo: Patrizia Marchesoni; durata: 51') Il filmato propone la testimonianza di Palma Clara Agostini, classe 1905, che ripercorre la sua esperienza di profuga a Mitterndorf a partire dal 1915. La storia narrata nel video è quella comune a più di 70.000 trentini che, allo scoppio della prima guerra mondiale, furono strappati alla propria terra d’origine e costretti a lasciare le proprie case per luoghi lontani e sconosciuti. Qui li attendevano vere e proprie città prefabbricate, cui si riferisce il termine «città di legno», nelle quali, a costo di grandi sofferenze e sacrifici, difesero, in parte ridefinendola, la propria identità. È una storia, che Palma Clara, ormai centenaria, rievoca con serenità e lucidità, supportata da immagini di repertorio e dalla riproposizione di testimonianze documentarie che contribuiscono globalmente a far emergere coralmente il vissuto dei tanti protagonisti.

La battaglia di Bezzecca nel 140. anniversario (1866-2006) Per ricordare il 140. anniversario della battaglia di Bezzecca, combattuta fra austriaci e truppe garibaldine il 21 luglio 1866, il Comune di Bezzecca, in collaborazione con il Museo storico in Trento, ha organizzato alcuni eventi pubblici. Accanto ai momenti di commemorazione ufficiale e di rievocazione storica, è stata allestita una speciale mostra su "Giuseppe Zecchini garibaldino di Ledro 1843-1866". La montagna come ambiente scritto: esposizione sull'epigrafia popolare Dalla collaborazione fra Parco Naturale di Paneveggio Pale San Martino e il Museo storico in Trento è nata l'esposizione "Adi 6 novembrio Me F. B. scrise qui: la montagna come ambiente scritto: vagabondaggi" allestita dal 16 luglio al 31 ottobre presso Villa Welsperg, casa del Parco, val Canali, Tonadico. La mostra, curata da Quinto Antonelli e Gianfranco Bettega e in programma anche a Trento nella prima metà del 2007, ha nel proprio repertorio scritture d’apparato (lapidi ed iscrizioni commemorative) e scritture comuni provenienti dalle valli trentine, a partire dalle valli del Cismon e del Vanoi. Intende documentare il processo di diffusione della scrittura che ha trasformato, nel tempo, anche il Trentino rurale ed alpino in un ambiente scritto, segnato da un articolato sistema di segni di natura assai varia (immagini, elementi simbolici e religiosi, marchi, cifre, iscrizioni epigrafiche e scritture esposte, dentro e fuori l’abitazione). Sono nomi, date, acronimi, invocazioni devote, memorie, frammenti di canzoni, insulti, messaggi d’amore, note diaristiche, conteggi. Giornata di studio in occasione del 90. anniversario dalla morte di Cesare Battisti. Il Museo storico in Trento in occasione del 90. anniversario della morte di Cesare Battisti ha promosso una giornata di studio nel corso della quale sono state presentate sia le principali ricerche in corso, sia gli interventi di riordino, inventariazione e catalogazione condotti sull'archivio e sulla biblioteca Battisti, ai fini di una più agevole e approfondita consultazione. Sono intervenuti nell'incontro organizzato presso la Sala Falconetto di Palazzo Geremia Quinto Antonelli, Marco Baliani, Stefano Biguzzi, col. Carlo Calanco, Vincenzo Calì, Nadia Dalceggio, Annalia Dongilli, Giuseppe Ferrandi, Christoph von Hartungen, Patrizia Marchesoni, Fabrizio Rasera, Mirko Saltori, Rodolfo Taiani, Mas90° ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI simo Tiezzi, Caterina Tomasi, CESARE BAT TISTI Camillo Zadra. 12 luglio 1916 - 12 luglio 2006


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NOVITÀ EDITORIALI DEL MUSEO STORICO IN TRENTO Patrizia Marchesoni e Rodolfo Taiani (a cura di), Trento le sue forme, il suo ventre: la città nei secoli XVIII-XX: catalogo della mostra, pp. 55, € 5,00 Le forme e il ventre cui si fa riferimento nel titolo intendono suggerire le trasformazioni e le permanenze stratificatesi nel corso del tempo e che la città contemporanea ancora custodisce e testimonia. Le forme, visibili in superficie ad uno sguardo d'insieme, sono quelle dettate dalla politica, dalle istituzioni, dal potere. Sono le forme che ha assunto la città esteriormente, a partire dal suo assetto urbano, dalle vie, dalle piazze, dai palazzi. Il ventre, immagine presa a prestito dallo scrittore Emile Zola, indica qualcosa di più profondo, ma anche di meno rappresentabile (e quindi presentabile). Appartengono a questa dimensione «sotterranea» i molteplici e contradditori aspetti della vita quotidiana, la storia sociale e quella che una volta si definiva storia «dal basso», tentando di rappresentare anche le mentalità e l'immaginario di quelle donne e di quegli uomini che hanno abitato nei secoli XVIII-XX i quartieri e i sobborghi di Trento. Il volume raccoglie materiale iconografico presentato nell'omonima mostra, la trascrizione della guida di Trento scritta nel 1836 da Nicolò Toneatti, con commenti di autori coevi, e brevi note di approfondimento su alcuni degli aspetti trattati all'interno della mostra stessa.

L'accordo De Gasperi-Gruber: un incontro-dibattito a sessant'anni dalla firma Nell'ambito della sesta edizione 2006 del tradizionale appuntamento annuale "E… state con la storia" il Museo storico in Trento ha proposto un momento di riflessione sul significato e sui contenuti di un passaggio fondamentale nell'ambito della storia più recente del Trentino-Alto Adige. Sono intervenuti, animando un dibattito molto vivace e partecipato, Renato Ballardini, Giorgio Grigolli, Iginio Rogger, Leopold Steurer e Karl Zeller. Ha introdotto e moderato Giuseppe Ferrandi. La tavola rotonda è stata preceduta dall'inaugurazione di una mostra fotografica sul tema dell'accordo De Gasperi-Gruber e della questione altoatesina curata dall’Archivio provinciale di Bolzano, rimasta aperta dal 7 al 16 settembre.

Nuove acquisizioni Le raccolte bibliografiche, iconografiche e archivistiche del Museo storico in Trento si sono arricchite di nuove e preziose acquisizioni: la signora Anna Bezzi ha donato una raccolta di volumi, fotografie, cartoline e il cappello da garibaldino di Ergisto Bezzi custoditi dal padre Quirino; l'Associazione nazionale ex combattenti, cui è stata riconosciuta l'associazione onoraria al Museo storico, ha offerto documenti e volumi relativi alla propria attività; Raffaello Cattani ha donato un'interessante collezione di francobolli degli anni 1918-1919; infine in occasione della giornata di studio dedicata a Cesare Battisti è stato donato un libro dei ricordi nei quali è custodita una composizione poetica giovanile di Battisti stesso.

Più libri più liberi: rassegna della piccola e media editoria Il Museo storico in Trento parteciperà alla quinta edizione della fiera della piccola e media editoria "Più libri più liberi" in programma a Roma dal 7 al 10 dicembre presso il Palazzo dei congressi EUR (stand T36).

Via Torre d’Augusto, 35/41 38100 TRENTO Tel. 0461.230482 Fax 0461.237418 info@museostorico.it www.museostorico.it

ALTRESTORIE - Periodico di informazione - Direttore responsabile: Sergio Benvenuti Comitato di redazione: Giuseppe Ferrandi, Patrizia Marchesoni, Paolo Piffer, Rodolfo Taiani Hanno collaborato a questo numero: Michela Ballerini, Luca Defant, don Giuseppe Mihelcic, Giorgia Monfasani, Emanuela Renzetti, Enrico Spagna. Periodico quadrimestrale registrato dal Tribunale di Trento il 9.5.2002, n. 1.132 ISSN 1720-6812 Progetto grafico: Graficomp - Pergine (TN) In copertina: Tarocchi “Il matto” (1987) di Ugo Pierri Per ricevere la rivista o gli arretrati, fino ad esaurimento, inoltrare richiesta al Museo storico in Trento.


PER RICHIEDERE IL CATALOGO DELLA MOSTRA (€ 5,00) MUSEO STORICO IN TRENTO - TEL. 0461 230482


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