Altrestorie_22

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rivista periodica a cura del museo storico in trento, www.museostorico.it - info@museostorico.it

ASSICURAZIONI DAL 1937

anno nono

numero ventidue

aprile 2007

IN QUESTO NUMERO Una nuova idea di programmazione territoriale: intervista con Mauro Gilmozzi a cura di Giuseppe Ferrandi Il progetto del Trentino futuro di Walter Micheli Paesaggio e urbanistica Interviste con Bruno Zanon e Domenico Luciani a cura di Paolo Piffer Bruno Kessler e il piano urbanistico provinciale degli anni sessanta Autonomia e pianificazione territoriale: un progetto di ricerca, un convegno, un libro

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Una nuova idea di programmazione territoriale: intervista con Mauro Gilmozzi a cura di Giuseppe Ferrandi

Vista aerea del Lago di Caldonazzo nella zona di S. Cristoforo Canale di Pergine

Un confronto tra AltreStorie e Mauro Gilmozzi, Assessore provinciale all’urbanistica e all’ambiente, non può che muovere da una constatazione di tipo storico, che riguarda il cuore della specificità del Trentino, il rapporto tra esercizio responsabile dell’autonomia e conoscenza del territorio amministrato. Per governare (o per fare opposizione in modo incisivo), per intervenire politicamente e in modo determinante è necessario mobilitare risorse intellettuali e dotarsi di strumenti scientifici adeguati: questa sembra essere l’esigenza che accomuna, in alcune fasi della storia trentina del XIX secolo e del Novecento, le classi dirigenti. Un’esigenza che associa in modo e in contesti assolutamente diversi, per fare delle esemplificazioni, uomini come Agostino Perini, autore della “Statistica del Trentino” di metà Ottocento, il geogra-

fo e deputato socialista Cesare Battisti e, nel secondo dopoguerra, il presidente della Provincia di Trento Bruno Kessler, che diede vita al primo Piano urbanistico provinciale e fu insieme ideatore e fondatore dell’Istituto trentino di cultura e poi dell’Università. Gilmozzi, Lei avverte questa esigenza di continuità? “La questione della conoscenza, e del suo aggiornamento, è fondamentale. Senza adeguati strumenti diventa impossibile progettare, amministrare, governare. Questo stesso nesso ha una particolare rilevanza quando parliamo di territorio. Credo che a giustificazione di un così forte, costante e qualificato investimento nella conoscenza ci sia la conformazione del territorio provinciale che per l’85% è composto da rocce, boschi, laghi, corsi d’acqua, lasciando lo spazio residuale alle aree urbanizzate, all’agricoltura, alle zone destinate alle attività industriali e artigianali. Come era logico questa particolare conforma-

zione ha condizionato la storia del Trentino, specialmente a partire dal secondo dopoguerra. Trenta o quaranta anni fa la questione prioritaria era la creazione di posti di lavoro. L’idea di sviluppo era legata esclusivamente all’industrializzazione, anche se non mancarono importanti intuizioni riguardo alla ricerca e alla diffusione della cultura, che hanno trovato nell’ITC e nella fondazione dell’Università un loro importante punto di riferimento istituzionale. E’ in questo contesto che si delinea l’elaborazione e l’adozione del PUP di Bruno Kessler. Gli anni successivi sono caratterizzati da un mutamento di scenario. E’ cambiata l’economia, la società, le esigenze di mobilità e di gestione del territorio”. Il passaggio che Lei sta delineando corrisponde storicamente all’arco di anni che va dal 1962 fino alla prima metà degli anni settanta. Anni di profonde trasformazioni dal


punto di vista economico-sociale, il cosiddetto boom economico a “scoppio ritardato” che caratterizza lo sviluppo trentino, e di quello politicoistituzionale, con l’approvazione del secondo statuto d’autonomia e l’avvio dell’autonomia provinciale. Tutto ciò cosa determina a livello delle politiche urbanistiche? “E’ sicuramente un passaggio storico di straordinaria importanza. Sono processi che inevitabilmente mettono in discussione, o per lo meno a dura prova, la strategia kessleriana. Non fu solamente la tragedia di Stava del 1985 che impose un cambiamento d’indirizzo e di svolta legislativa, ma vi fu un’analisi critica più complessiva su come era stato gestito il territorio in rapporto ai ritmi della crescita. Si rispose, giustamente, delineando un nuovo modello di sviluppo e di programmazione urbanistica. E’ il PUP di Micheli che vincolò fortemente lo sviluppo alle esigenze ambientali e alla tutela. Per la prima volta si fecero i conti con l’idea di limite. Mi sembra però importante notare come sia nella elaborazione degli anni sessanta, sia in quella degli anni ottanta, si fossero mobilitati saperi e conoscenze, ma specialmente si sia coerentemente tentato di condividere questi passaggi con le comunità, con le istituzioni locali, con le istanze provenienti dal territorio”. La riforma istituzionale del 2006 ridefinisce i rapporti tra i poteri, trasforma l’autonomia del Trentino chiamando ad un maggior senso di responsabilità, e a questo disegno riformatore è legato, se non sbaglio, la vostra proposta di revisione del Piano urbanistico provinciale. Potremmo dire, quindi,

oggi come allora? “Ci sono sicuramente molti elementi di continuità, ma c’è anche un’esigenza di attrezzare il Trentino sotto molteplici aspetti. La riforma istituzionale agisce sulla strumentazione istituzionale e responsabilizza le comunità e i territori, la nostra proposta è legata ad un obiettivo strategico: avere visione nella pianificazione urbanistica. E’ per questo che abbiamo predisposto un’articolata gamma di strumenti: dalle carte del paesaggio, che indicano, ad esempio, le singole cascate e i siti archeologici, alle aree agricole di pregio, passando per un forte investimento nella ridefinizione della cartografia. Dobbiamo infatti, per avere visione “pianificatrici”, quadri generali e quadri di dettaglio, conoscenze generali e dati analitici. Non è un caso che dal primo PUP, che adottava una scala 1 a 120.000, si è passati ai 50.000 della prima adozione e si passerà ai 10.000 della nuova variante. Mettere mano alla cartografia ha delle implicazioni davvero complesse, nella fase di studio e di predisposizione, ma ha anche delle ricadute straordinariamente importanti. E’ uno degli strumenti privilegiati per conoscere, per intervenire e per diffondere la cultura del territorio nei luoghi e tra i soggetti protagonisti dello sviluppo. Qui sta l’elemento di svolta. Questo “nuovo PUP” ha l’ambizione di superare la contrapposizione tra sviluppo e tutela. Le vie dello sviluppo, le opportunità, le occasioni di crescita, vanno ricercate tenendo ben presenti la tutela del paesaggio e la sostenibilità. La contrapposizione tra questi due elementi non corrisponde alle esigenze di questa nostra terra, che deve salvaguar-

dare l’ambiente, il paesaggio, la sua identità territoriale, ma anche favorire uno sviluppo di qualità e una crescita delle opportunità”. Lo scenario di riflessione proposto travalica la specificità della politica urbanistica. Non solo: è una questione di valenza generale che non attiene solo alla politica e alle istituzioni, ma dovrebbe diventare patrimonio comune dei vari soggetti che operano sul territorio e nelle nostre comunità. E’ un ragionamento, infatti, che impone di legare l’autonomia all’idea di responsabilità. Di cosa c’è bisogno per operare questo salto di qualità? “Girando per il Trentino, incontrando amministratori comunali, cittadini, associazioni, imprenditori, espressioni varie del mondo culturale e del volontariato, ho avuto l’impressione che ci sia una grande domanda che va in questo senso, una domanda che si accompagna con la consapevolezza di avere grandi risorse a disposizione. E’ vero che a livello di amministratori il salto di qualità richiesto viene visto da alcuni con qualche elemento di preoccupazione, ma c’è anche tanta voglia di mettersi in gioco e di accettare le nuove responsabilità. Non credo di inventarmi nulla se affermo che le nostre comunità hanno bisogno di praticare un’idea di partecipazione che impone anche l’impegno, la fatica, l’utilizzo e la valorizzazione di tutte le risorse locali, non solo quelle pubbliche. Tutto ciò è la migliore traduzione dell’idea di politica come responsabilità, che poi ci conduce a considerare la pianificazione territoriale come costruzione di un’idea di futuro. Solo così il Trentino può pensarsi come un vero Land”.


Il progetto del Trentino futuro di Walter Micheli

Adriano Olivetti, l’utopico e allo stesso tempo concreto programmatore di futuro e di comunità, sul primo numero della rivista dell’Istituto nazionale di urbanistica, nel 1949, scriveva: “L’urbanistica reclama la pianificazione; e può darsi una pianificazione democratica, cioè libera? Questo interrogativo dominerà implicitamente o esplicitamente il nostro lavoro. E’ soltanto nella soluzione del rapporto individuo-collettività, più propriamente oggi indicato nella relazione persona-comunità, che è possibile anticipare la soluzione naturale. Tuttavia questa rimane affidata al progredire della sistematica ricerca scientifica, onde l’urbanistica, erigendosi finalmente a scienza positiva, vorrà garantirsi i necessari titoli di responsabilità e serietà”. Sei anni dopo nel 1954, in una lettera agli urbanisti italiani, commentava amaro la dissennata dissipazione del territorio italiano: “La politica italiana non ha voluto accettare il metodo scientifico e con esso moderne tecniche di pianificazione urbana e rurale, non ha voluto né potuto dar luogo ad audaci e preveggenti piani regolatori, onde le nostre città stanno impaludando in un caotico disordine. L’urbanistica, chiamata in causa alla undicesima ora, non vi giunge privilegiata come il lavoratore del Vangelo, ma degradata, ridotta a ispiratrice di piccoli provvedimenti di polizia civica”. Nella fertile stagione, piena di intuizioni, propositi e qualche buona realizzazione del centro-sinistra in Italia, fu in Trentino che, nel 1964, con la legge provinciale che prevedeva la stesura di un piano provinciale di governo complessivo del territorio trentino,

i propositi di Adriano Olivetti e le elaborazioni culturali dell’INU ebbero una prima positiva possibilità di sperimentazione concreta. Il primo piano del 1967 fu al contempo progetto urbanistico, occasione di coinvolgimento diffuso e partecipato dei cittadini, momento per affermare buoni propositi per quanto riguardava la tutela dei siti più delicati del nostro territorio alpino. Ma al piano provinciale dovevano seguire i progetti pianificatori negli undici comprensori individuati nel piano stesso, e qui l’iniziale tensione innovativa perse rapidamente slancio e gli strumenti urbanistici, comprensoriali e comunali, divennero di solito e in breve tempo la sommatoria di esigenze locali, quando non semplici rivendicazioni di lobby economiche. Fu così che in modo acritico si assecondarono modelli di sviluppo in molti casi incompatibili con le qualità paesaggistiche e la tenuta idrogeologica di un ambiente delicato e fragile. Contro i programmati insediamenti idroelettrici nelle aree individuate a parco, contro le ipotesi impiantistiche nel cuore del Brenta, per frenare il contagio dei villaggi in quota con la produzione di mostri edilizi, scesero in campo, mobilitando i grandi quotidiani nazionali, i protagonisti della difesa del territorio italiano: Antonio Cederna, Giorgio Bassani, Paolo Monelli. Nel 1985 fu avviata la revisione del piano provinciale. Un iter di revisione che si trovò, in corso d’opera a fare i conti con una serie di drammatici eventi: il crollo dei bacini di Stava che provocò 268 morti, cedimenti e frane nell’area di estrazione del porfido, frane e alluvioni nelle zone di più intensa edificazione turistica. Fu chiaro che lo sviluppo econo-

mico realizzato, aveva portato il Trentino a compromettere non solo gli elementi del suo paesaggio, ma anche la sicurezza del suo territorio. Per governare il Piano urbanistico, votato nel 1987, furono perciò votate anche la nuova legge dei parchi naturali, la legge sulla valutazione d’impatto ambientale, le nuove norme per la formazione dei piani regolatori. Vennero fissati dimensionamenti quantitativi dello sviluppo edilizio per le unità insediative, zone a vocazione economica omogenea. Si stabilì in dieci anni la durata di validità delle previsioni urbanistiche del piano. Si disse, passato il trauma per le tragedie di pochi anni prima, che il piano votato era un piano troppo vincolistico, un dettagliato e rigido piano dei piani. In realtà, mancò nella legislazione prodotta, una regola essenziale, quella in grado di tutelare le previsioni del nuovo piano urbanistico dalle eversive rivendicazioni dei localismi diffusi, che erodevano gli obiettivi del piano. Fu qui che si manifestò la sfasatura tra le previsioni del piano provinciale e quanto perseguito dai comuni e dai comprensori che redassero piani con previsioni di sviluppo tre, cinque, dieci volte superiori alle indicazioni del Pup. Un estenuante confronto portò a mediazioni a volte accettabili e motivate, a volte dettate dal male minore: meglio un piano aggiornato che niente. Ma il quadro di una coerente pianificazione fu in troppi casi inficiato. La Provincia perse di fatto il controllo d’insieme dello sviluppo del territorio trentino. Dopo i tentativi falliti nelle ultime legislature, la stesura del nuovo piano urbanistico è un atto politico rilevante, perché finalmente, dopo vent’anni, c’è il tentativo di ripropor-


re una visione d’insieme di governo del territorio trentino attorno a un concetto chiave: la difesa e la tutela del paesaggio trentino. Un provvedimento decisivo, con premesse condivisibili, accompagnato però da termini con una forte dose di ambiguità operativa. Sussidiarietà, flessibilità, competitività, parole poste appunto a capisaldi del piano, vengono ad assuLe tavole del P.U.P. 1960 esposte in una sala della Provincia

mere connotati inquietanti. Un giornalista di valore, Marco Pirani, ha denunciato nei mesi scorsi come in Italia, in forza di una teorizzazione estremizzata del governo partecipato e di una visione angelicata delle virtù dei nostri enti locali, siano stati inferti al territorio intollerabili sfregi. Un rischio quotidianamente presente anche in Trentino. Viviamo tempi di grandi mu-

tamenti, di risorse non rinnovabili sempre più stremate, di altre che evaporano, di moniti documentati sul destino precario dei territori alpini. L’approvazione dopo vent’anni del nuovo piano urbanistico è decisione troppo importante, perché tutte le esperienze del passato siano positivamente e criticamente valutate per definire il progetto del Trentino futuro.


Paesaggio e urbanistica

"Il piano urbanistico, una sfida per il futuro" (Bruno Zanon) Con Bruno Zanon, docente di tecnica e Interviste con pianificazione urbaBruno Zanon e nistica alla facoltà di Domenico Luciani ingegneria a Mesiano a cura di Paolo Piffer ma anche uno degli esperti che ha collaborato all’elaborazione del nuovo Pup, tracciamo un excursus storico della pianificazione urbanistica in provincia di Trento. “Nel 1967, epoca Kessler, il primo piano si collocava in un quadro politico ed economico nazionale preciso e cioè l’avvio del centrosinistra. Allora – afferma Zanon – fu colto il nesso, forte, tra programmazione socio-economica ed organizzazione del territorio. Pur nella consapevolezza che non

ci fosse un rapporto diretto tra organizzazione del territorio e sviluppo, era chiarissimo che si dovesse strutturare il territorio in maniera adeguata per consentire lo sviluppo. Con il primo Pup, in Trentino si è così sperimentato in maniera abbastanza innovativa un nuovo equilibrio improntato su una forte presenza industriale, un ruolo diverso della pubblica amministrazione e l’istituzione dei Comprensori, l’università e la formazione professionale. In quel piano si prevedevano anche importanti opere infrastrutturali, un ruolo inedito del turismo in una fase in cui era in gran parte ad appannaggio delle località marine e uno spazio rilevante alla conservazione degli spazi naturali con i parchi Adamel-

lo-Brenta e Paneveggio-Pale di San Martino. Fu un’azione consentita dalla stabilità politica, dalla forte presenza della DC e dalla consapevolezza che, sperimentando, non si sarebbero corsi grandi rischi. Tutto ciò ha consentito ad una mente illuminata come quella del presidente della Provincia di Trento Bruno Kessler di agire con grande libertà coinvolgendo anche molte personalità che non erano allineate politicamente. Penso a Giuseppe Samonà, preside della facoltà di architettura di Venezia che in seguito si sarebbe presentato alle elezioni politiche, come indipendente, nel Pci”. Nel panorama nazionale il Trentino a che livelli si posizionava? Di eccellenza, di tendenza, marginali o che


altro? “In quella fase il Trentino era un territorio marginale. Inoltre, con grandi differenze tra il fondovalle dell’Adige e le periferie. Quindi, nel contesto nazionale giocava un ruolo modesto. L’intuizione fu quella, per permettere lo sviluppo, di 'sfruttare' alcuni suoi vantaggi e cioè la collocazione sull’asse nord-sud e la prossimità con le aree urbane padane”. In che modo? Partendo da una consapevolezza. Che non era più sostenibile il ruolo dell’agricoltura tradizionale, quella delle piccole aziende di montagna a conduzione familiare, visto che ormai si operava su scala europea. Realisticamente, si prospettava un esodo dall’agricoltura, dalle valli. Quindi si cercò, con un certo successo, di frenare l’esodo con uno sviluppo decentrato dell’industria commisurato alle dimensioni del territorio. Per quel tempo fu un’azione inusuale dato che gli economisti indicavano ancora nella concentrazione, nelle economie di scala, nei grandi stabilimenti, la via per lo sviluppo”. Vent’anni dopo arriva il secondo Pup. Cosa era cambiato in due decenni, siamo al 1987, e a quali nuove esigenze la classe politica, il governo di centrosinistra, sentiva di dover rispondere? “Direi che l’aspetto più significativo, una volta 'partito' lo sviluppo, era quello di un suo deciso controllo, anche in seguito a disastri come quello di Stava. Si è imboccata una più precisa via di tutela del territorio, sia quello ambientale che produttivo a fini agricoli. Si cercò di riorganizzare il sistema insediativo con maggiore attenzione”. Di vent’anni in vent’anni siamo all’oggi, al piano urbanistico provinciale in discussione. Con quali caratteristiche di fondo? “In seguito alla riforma istituzionale che prevede l’istituzione delle comunità di valle si richiede loro di elaborare le strategie per individuare le risorse, le

opportunità e i limiti dei diversi territori così da proporre uno sviluppo condiviso e appropriato alle specificità locali. E’ su questo che si “gioca” un po’ tutto il nuovo Pup. Alcune debolezze tecniche che sono state riscontrate penso debbano essere viste alla luce di questa forte previsione. In pratica, si abbandona una visione tradizionale della pianificazione rappresentata dal disegno, dalla previsione concreta, fisica, di ciò che si deve fare, per essere più aperti a momenti di condivisione e di valutazione. Quindi, le comunità sono chiamate a confrontarsi e a concordare con diversi soggetti le scelte e devono essere in grado di valutare gli effetti positivi e negativi del percorso che hanno intrapreso”. E secondo lei è possibile contemperare le diverse esigenze con il disegno generale? “E’ un grosso tema che riguarda sia la pianificazione che le prospettive politiche. In questo senso, devo dire che sul terreno della disciplina della pianificazione si sta lavorando molto cercando di innovare il vecchio schema del piano che è molto rassicurante perché comprende tutte le aspettative. Un piano vecchio anche perché, nello stesso tempo, contiene molto poco sulle modalità di valutazione e attuazione dei contenuti”. Rispetto a 40 anni fa il Trentino è più protetto, meglio tutelato oppure si sono fatti passi indietro? “Dal punto di vista del territorio naturale siamo ormai inquadrati in un sistema su scala europea, quello di 'Natura 2000', e dobbiamo quindi rispondere ai suoi dettami. Il Trentino sta poi cercando di collocarsi anche oltre, penso ad esempio all’iniziativa 'Dolomiti patrimonio dell’umanità'. Perciò si può dire che da un lato il Trentino cerca di essere responsabile del proprio patrimonio e, dall’altro, di trarne dei vantaggi. Tutto ciò non all’interno, almeno non

esclusivamente, di una visione di marketing. In definitiva, abbiamo il possesso di un patrimonio che non è solo nostro ma anche europeo e mondiale, dei nostri figli e dei nostri nipoti. In questo senso è da accogliere l’indirizzo del piano che richiede, ancora una volta, responsabilità, tutela, capacità di valutare gli effetti. E’ un percorso di sviluppo sostenibile, la sfida del futuro”. “In Italia il paesaggio non è tutelato” (Domenico Luciani, direttore della Fondazione Benetton) La tutela del paesaggio ha certo un’importanza rilevante in una pianificazione urbanistica seria. La Fondazione Benetton di Treviso, costituitasi vent’anni fa, ha tra i suoi campi di studio, promozione e sensibilizzazione quello della conoscenza e del governo del paesaggio. A dirigerla è l’architetto e urbanista Domenico Luciani che della salvaguardia e della valorizzazione del paesaggio ha fatto, da decenni, un segmento significativo della sua attività. “Innanzitutto penso che si debba iniziare ad intendere il paesaggio come un insieme di scienze, conoscenze, arti, tecniche e saperi che servono per tenere bene il 'paese'", precisa Luciani. “E il 'paese' è un luogo dove vive una comunità la quale ne è responsabile. Cioè, quando si parla di paesaggio si discute di una visione demoetnoantropologica”. E perché, il paesaggio, va tutelato? “Con la premessa che ho fatto, perché è il luogo della nostra vita. Se è tenuto bene la comunità 'farà bene'. Se è tenuto male la comunità 'farà male'. Cioè riuscirà, o meno, a tutelarlo”. Quali i punti fermi di una legislazione capace di tutelare il paesaggio? “Sono da ricercare nel principio di responsabilità. Deve essere la comunità stessa che capisce, che avverte che siamo arrivati ad una soglia patologica


di consumi tanto che si rende necessario mettere in atto dei processi che puntano a delle correzioni. La tutela passa attraverso un processo culturale e di partecipazione, da un’antropologia della devastazione ad una della cura”. A suo modo di vedere, in Italia il paesaggio è sufficientemente tutelato all’interno della programmazione urbanistica? “Direi proprio di no. Semplicemente perché, negli ultimi cinquant’anni, le forze eco-

nomiche e produttive sono andate così veloci che il processo non è più governabile. Siamo passati da un tempo, nei secoli scorsi, in cui le trasformazioni erano reversibili ad un’età, a partire dalla metà del Novecento, in cui non sono più recuperabili”. Quindi, che fare? “Non si può che mutare l’atteggiamento nei confronti dei consumi, dei bisogni, della mobilità, in un’altra parola verso l’attuale forma di sviluppo”. E il mutamento come va promosso? “Avendo un disegno, iniziando dalle scuole, dai bambini di tre anni ma anche dagli insegnanti. E’ anche un grande la-

voro sul gusto e la sua metamorfosi. E’ un processo che, ancora una volta, va affidato alla comunità e non, come abbiamo fatto finora, alle buone intenzioni delle soprintendenze o del 'bravo' sindaco. Non possiamo andare avanti

per tutela. In definitiva, un processo che parta dal basso e sia partecipato”. La Fondazione che dirige in che modo si occupa di questi temi? “Da vent’anni si stanno studiando questi fenomeni cercando di capire come sia possibile guidare un luogo attraverso un cammino di trasformazione. Un percorso che porti questi luoghi a non perdere i loro connotati originali”. E’ fiducioso in questo

cambiamento che, seguendo il suo ragionamento, si può chiamare antropologico? “Devo esserlo. E’ il mio compito. Semmai la fatica è riuscire a dialogare con 'i poteri', con quelli che poi decidono. In Italia il grande problema è quello della rimozione dell’ostacolo che separa la possibilità di un dialogo tra saperi e poteri. In definitiva, il rapporto tra intellettuali e politica".

Nei fondi archivistici e bibliografici del Museo storico in Trento sono presenti alcune tracce del dibattito relativo al Piano urbanistico provinciale e alle sue varianti. Si tratta di documenti e opere a stampa nei quali, oltre agli orientamenti della disciplina emergono alcune delle specificità locali. In particolare all'interno del Centro di documentazione sui movimenti sociali e politici "Mauro Rostagno" si conservano monografie e raccolte di riviste d'area (fondo Sandro Boato), ma anche relazioni, analisi, testi normativi e rassegne stampa relativi alla variante 1975 del PUP, ad alcuni PU Comprensoriali, alla revisione PUP del 1987 e alla situazione della città di Trento (fondi del Partito comunista italiano-Federazione di Trento, del Partito socialista italiano-Federazione di Trento, di Uomo città e territorio e di Mario Tomasi). Per informazioni e consultazioni rivolgersi in orario di apertura all'Archiblioteca del Museo storico in Trento in via Torre d'Augusto, 35, tel. 0461.264660 (c.t.).


Bruno Kessler e il piano urbanistico provinciale degli anni sessanta

Il presidente della Giunta provinciale Bruno Kessler firma la cartografia del P.U.P. 1960

Sull’importanza e la novità rappresentate dal piano urbanistico provinciale, sollecitato negli anni sessanta dall’allora presidente della Giunta provinciale di Trento Bruno Kessler, si è scritto e si è detto molto. Non si vuole pertanto aggiungere nulla di nuovo se non proporre, qui di seguito, un breve passaggio della relazione al disegno di legge n. 45 («Approvazione del Piano urbanistico provinciale»), tenuta l’8 agosto 1967 da Kessler stesso al Consiglio provinciale. Vi sono illustrate chiaramente le caratteristiche salienti della pianificazione urbanistica nel Tren-

tino e quindi i presupposti e le aspettative sui quali si era mossa l’elaborazione dell’intero piano. La redazione del Piano Urbanistico si è sviluppata attraverso quattro distinte fasi: • analisi e valutazione della situazione; • formazione di ipotesi progettuali; • confronto tecnico e politico delle ipotesi attraverso le procedure previste dalla legge per le osservazioni, oltreché con molteplici incontri informali: • messa a punto definitiva del progetto di piano. La prima fase si è tradotta ne-

gli studi accompagnatori ed è riassunta e schematizzata nella relazione illustrativa. In questa sede mette conto riprendere solo i «titoli» della problematica riscontrata, essendo già questi, data la conoscenza ormai generale dei temi, sufficienti a giustificare il successivo approccio urbanistico alla realtà territoriale. I «titoli» possono essere così schematizzati: • polverizzazione complessiva di quasi tutte le strutture ed i servizi; • reddito e suo andamento al di sotto della media nazionale; • incremento demografico relativamente inferiore alla media nazionale, per effetto delle emigrazioni; • concentrazioni degli incrementi demografici nei due centri maggiori per effetto di un marcato esodo dalle campagne; • alta mortalità; • forte sottoccupazione rurale; • consistenza della popolazione addetta all’industria al di sotto della media nazionale; • forte partecipazione al settore terziario anche per effetto del turismo; • alte punte stagionali di disoccupazione che elevano gli indici del fenomeno oltre i limiti fisiologici; • emigrazione temporanea all'estero elevata; • scarsa partecipazione femminile al lavoro extradomestico; • carenza di infrastrutture di relazione con conseguente isolamento e stagnazione economico-sociale. Da questi «titoli» seguivano tendenze altrettanto note come il degrado periferico e l'accentramento urbano, la mortifica-


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zione di interessi e di valori, una situazione di complessiva emarginazione, le quali parevano costituire un logico ed ineluttabile seguito di un processo che aveva radici lontane nel tempo e che neppure i cospicui interventi pubblici e privati verificatisi negli ultimi anni valevano ad infrangere. L'approccio urbanistico del territorio trentino deriva da questi fatti ed in questi trovano giustificazione le sue proposte che principalmente coinvolgono politiche di struttura. La seconda fase, infatti, nella messa a punto di un'ipotesi progettuale, via via più affinata, ha mostrato come fosse determinante predisporre strumenti capaci di incidere con profondità sulle strutture esistenti, agendo secondo le varie predisposizioni che le diverse zone del territorio rivelavano. Le ipotesi progettuali che man mano si sono proposte, assumendo sempre più decise conoscenze del territorio, chiarivano quali erano i limiti di plausibile convenienza entro cui era possibile prevedere trasformazioni nelle diverse parti, evidenziando cioè quali potevano essere le condizioni di «pianificabilità» dell'intero territorio. S'intende, infatti, per pianificabilità «la predisposizione di un territorio a organizzarsi secondo determinate linee programmatiche» originate da volontà politiche coerenti e globali e dai contenuti generali delle più aggiornate tecniche scientifiche. La ricerca dei diversi gradi di pianificabilità di territorio ha consentito la formazione di una metodologia particolare, dando unità e significato a tut-

te le ricerche e agli studi degli specialisti. Si è in sostanza trattato di una continua verifica tra obiettivi, strutture capaci di concretarli e possibilità del territorio, intese in tutte le sue componenti, principali fra queste la volontà, la capacità, la creatività degli uomini. Così, per esemplificare con un'indicazione di fondo, la lunga elaborazione dei comprensori, la definizione della loro dimensione e dei contenuti urbanistici, ha richiesto un costante confronto fra modelli teorici e realtà territoriale, nello sforzo di determinare con precisione l'entità e le caratteristiche della pianificabilità in rapporto con l'insieme. Questa fase, tipicamente urbanistica, ha permesso da una parte di unificare i vari gradi di pianificabilità del territorio trentino e dall'altra, come conseguenza, di organizzare il disegno della sua struttura futura. Sono, infatti, emerse alcune fondamentali predisposizioni che stanno alla base del P.U.P. e che possono essere così schematizzate: a) la possibilità di configurare un equilibrio territoriale abbastanza stabile fra le diverse parti; b) la possibilità di raggiungere elevati gradi di «urbanizzazione della campagna»; c) la predisposizione del territorio di organizzarsi per unità finalizzate alla massima efficienza della struttura, vale a dire, per comprensorio; d) la predisposizione di molte aree del Trentino a potenziare l'espressione figurativa del proprio paesaggio, accentuando i vincoli o intervenendo con opere significanti: par-

chi attrezzati, parchi naturali, centri storici. Queste predisposizioni hanno costituito la base del grande dialogo, prima informale, che costituisce la terza fase del lavoro. In questa fase infatti, quando il progetto di piano è stato portato a conoscenza delle popolazioni, con riunioni comprensoriali e, dopo con le pubblicazioni, si è avuto modo di sperimentare un'importante occasione per evidenziare, correggere ed arricchire i diversi gradi di pianificabilità individuata in sede di progetto. Si può infatti dire che l'esame critico, conseguente alle osservazioni ed alle verifiche, che dalle osservazioni traevano origine, non ha alterato il disegno generale del Piano, ma lo ha solo precisato, con spunti ed indicazioni che, proveniendo dalla esperienza consolidata, hanno rinsaldato, fra l'altro, il realismo del Piano stesso. La metodologia adottata – individuazione di problemi, presentazione di una proposta, verifica alla luce delle osservazioni – ha, infatti, consentito di recepire critiche e proposte inquadrandole in una fase di lavoro già preordinata ed aperta. Il progetto definitivo del Piano, che può essere assimilato alla quarta fase, risulta così un insieme di previsioni, un quadro di riferimento, in definitiva uno strumento che dovrà continuamente evolversi nella sua attuazione in un processo di successive approssimazioni, che avranno nei piani comprensoriali l'immediata sede di nuovi approfondimenti e sviluppi.


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Autonomia e pianificazione territoriale: un progetto di ricerca, un convegno, un libro

La conoscenza del territorio ai fini della pianificazione dell’intervento pubblico e allo stesso tempo come elemento fondante di una coscienza consapevole delle potenzialità e capacità di autogoverno di una comunità formano oggetto della pubblicazione Alle radici dell’autonomia: conoscenza del territorio e intervento pubblico in Trentino secc. XVIII-XX edito nel 2005, a cura di Luigi Blanco, nella collana “Studi e ricerche storiche” della Franco Angeli di Milano. Il testo raccoglie gli atti del convegno svoltosi a Trento nel dicembre 2003 ed è risultato del progetto di ricerca “Autonomia e pianificazione territoriale dal Catasto teresiano al piano urbanistico provinciale” finanziato all’interno dell’accordo quadro tra la Provincia autonoma di Trento e l’Università degli studi di Trento. Una prima parte di saggi illustra alcuni momenti relativi alla conoscenza del territorio e della popolazione in Trentino nel corso del periodo indicato attraverso una serie di sondaggi che spaziano dall’organizzazione delle operazioni catastali alle statistiche economiche, dalle rilevazioni demografiche alle topografie mediche, dall’osservazione naturalistica allo studio del folclore e delle tradizioni popolari. Una seconda parte affronta, invece, l’aspetto

dell’intervento, soffermandosi sulla nascita del movimento cooperativo, che rappresenta un dato strutturale della comunità trentina sin dall’Ottocento, sulla elaborazione del primo piano urbanistico provinciale nei primi decenni della seconda metà del XX secolo e sulla fondazione nello stesso periodo dell’Istituto trentino di cultura. Come ricordato nell’introduzione dal curatore il territorio di cui si parla nel volume «non è un mero dato per così dire naturale o fisico (anche se com’è ovvio questa dimensione ha un’importanza enorme e finisce col condizionare fortemente lo sviluppo politico, economico, sociale, umano, e le stesse modalità di convivenza delle collettività organizzate), ma vive in simbiosi con l’intervento dell’uomo che lo trasforma e vivifica nel piegarlo alla soddisfazione dei propri bisogni». Un territorio dunque estremamente dinamico, in continuo movimento e trasformazione e nel «caso trentino di un territorio alpino, caratterizzato dalle al-

te cime delle sue montagne, oggetto di conquista, ma anche di studio, solcato da corsi d’acqua che si devono controllare, regimentare e sfruttare a fini irrigui ed energetici, vivificato dalle arterie, spesso impervie, di comunicazione stradale o su rotaia, reso produttivo dall’instancabile opera dell’uomo, oggetto per l’appunto di conoscenza e intervento». In tale prospettiva muovono tutti gli autori che collaborano al volume e per la precisione in ordine di sommario: Marcello Bonazza (Catasto e conoscenza del territorio: innovazioni tecnologiche e scelte di governo nell’esperienza del teresiano trentino-tirolese), Andrea Leonardi (La statistica economica nella monarchia asburgica e le sue applicazioni in area trentina), Casimira Grandi (La valenza numerica della collettività: una suggestione per i politici? Alcuni elementi per la storia della popolazione trentina), Renato G. Mazzolini (Il territorio nell’osservazione dei naturalisti trentini dell’Ottocento), Emanuela Renzetti e Rodolfo Taiani (L’esercizio dell’osservazione: un metodo al servizio della pratica di governo), Mauro Nequirito (Lo studio del folclore in Trentino nell’età delle contrapposizioni nazionali), Fabio Giacomoni (Trasformazioni economiche e società: il movimento cooperativo trentino), Pietro Nervi (Raccolta delle informazioni e scelte politiche nel primo Piano urbanistico provinciale), Vincenzo Calì (Ricerca e comunità: l’Istituto trentino di cultura nei suoi primi anni di vita) ed infine Pierangelo Schiera (Per una nuova autonomia?) (r.t.).


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INFOMUSEO

NOVITÀ EDITORIALI DEL MUSEO STORICO IN TRENTO

«Costruire storia»: pubblicati i primi due quaderni Nell'ambito del progetto «Costruire storia: ricerca sui curricoli del ciclo secondario», sono stati pubblicati i primi due fascicoli della collana "Quaderni di costruire storia". Il primo (Alcide De Gasperi: verso l’Europa, pp. 90, E 3,00) è frutto della collaborazione fra Liceo classico Arcivescovile e Liceo classico «Giovanni Prati» di Trento. I due istituti hanno concordato di progettare in comune il percorso di sperimentazione incentrato sulla figura dello statista. Il respiro europeo della cultura e dell’azione degasperiana hanno inoltre fatto nascere l’idea di coinvolgere gli studenti e le scuole di altre due città simbolo per la biografia pubblica e privata di Alcide De Gasperi: Vienna, dove egli frequentò l’Università e sedette sui banchi del Parlamento e

Roma, dove svolse la sua attività politica a partire dalla fine della prima guerra mondiale. Sono stati dunque coinvolti il Bundesgymnasium di Vienna e il Liceo del Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II. Gli studenti dei quattro licei sono diventati protagonisti di altrettanti percorsi di ricerca sul tema «Alcide De Gasperi verso l’Europa», svolti nel corso dell’anno scolastico 2004-2005. Il secondo quaderno (Il miracolo economico nelle Giudicarie: una ricerca condotta su fonti primarie del territorio, pp. 164, E 5,00) è relativo invece a un progetto di sperimentazione di didattica della storia realizzato negli anni scolastici 2004-2005 e 2005-2006 presso l’Istituto di istruzione «Lorenzo Guetti» di Tione ed ha avuto come oggetto d’indagine l'arco storico compreso tra gli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso. Nella realizzazione del progetto si è tentato di ricostruire alcuni degli aspetti più significativi di questo periodo caratterizzato da importanti trasformazioni economiche, sociali e culturali. La prospettiva assunta è stata quella del laboratorio storico inteso come metodo didattico basato sulla ricerca diretta delle fonti e delle informazioni e sulla loro interpretazione attraverso gli strumenti messi a disposizione dalla storiografia. In questa ottica si è dato particolare valore alla dimensione locale della storia, intesa esclusivamente come espressione particolare di movimenti, processi ed eventi di portata più ampia (nazionale e internazionale).

I lettori che volessero informarsi sull'insieme delle pubblicazioni del Museo storico in Trento possono collegarsi al seguente indirizzo internet: http://www.museostorico.it/editoria_ricerca/bookshop o scrivere all'indirizzo mail: rtaiani@museostorico.it

Gennaio 2007 La speranza industriale: convegno di studi sulla modernizzazione in Valsugana Nell'ambito del «Progetto memoria per il Trentino», il Museo storico in Trento in collaborazione con il Comune di Borgo Valsugana, il Sistema culturale Valsugana Orientale, l'Università degli studi di Trento-Dipartimento di economia, l'Associazione per lo sviluppo della Valsugana e la Filiera Agroalimentare trentina, hanno organizzato per il 20 gennaio 2007 un convegno di studi sull'economia industriale in Valsugana nella seconda metà del Novecento con particolare attenzione alla prospettiva sia storica, sia futura. Fra i partecipanti alla giornata di studio si ricordano: Margherita Cogo (Vicepresidente della Provincia autonoma di Trento e Assessore alla cultura), Laura Froner (Sindaco di Borgo e deputato), Flavio Pacher (Presidente compren-

sorio C3), Paola Furlan (Soggetto delegato del Patto territoriale Valsugana Orientale), Mariano Tomasini (Presidente BIM Brenta), Alessandro Conci (Presidente Associazione Info sviluppo Valsugana), Ivo Rossi Biblioteca Pubblica Comunale di Borgo Valsugana Via XXIV maggio, 7 (Comitato scientifico Tel. O461754052 - Fax 0461759252 dell’Assoe-mail: borgo.valsugana@biblio.infotn.it ciazione Sviluppo Valsugana), Elio Casarotto (Rappresentante Industriali C3), Dario Denicolò (Presidente provinciale Artigiani), Stefano Simonetto (Imprenditore FAT), Domiziano Paterno (gruppo PaternoEurobrico), Quirino Purin (Filiera agroalimentare trentina), Claudio Voltolini (Segretario comune di borgo valsugana

sisTema culTurale valsugana orienTale

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRENTO DIPARTIMENTO DI ECONOMIA

Associazione per lo sviluppo della Valsugana

La speranza industriale: Sviluppo e modernizzazione in Valsugana (1950-1990)

Convegno di studi Sabato 20 gennaio ore 9.00 presso la Filiera Agroalimentare Trentina Castelnuovo Valsugana (Trento) in località Broletti


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provinciale FIM CISL), Arrigo Toccoli (Presidente Cassa rurale di Olle Samone Scurelle), Sergio Oss (Presidente APT Lagorai), Andrea Bonoldi, Andrea Leonardi, Pietro Nervi e Maria Luisa Segnana (Università degli studi di Trento-Dipartimento di economia), Luca Fazzi (Università degli studi di Trento-Dipartimento di scienze umane e sociali), Giuseppe Ferrandi, Alessandro De Bertolini e Matteo Gentilini (Museo storico in Trento), Massimo Libardi (Sistema culturale Valsugana Orientale), Michela Giovannini e Claudio Visintainer. Giorno della memoria 2007 Anche quest'anno il 27 gennaio, "Giorno della memoria",

è stata occasione per rinnovare il ricordo della terribile tragedia della Shoah. Oltre al momento di commemorazione ufficiale, organizzato in collaborazione con il Comune di Trento, presso Palazzo Geremia e al quale hanno partecipato in veste di relatori il sindaco Alberto Pacher, il presidente del Consiglio comunale Alberto Pattini, Paolo Ghezzi, Annelise Knoop-Graf e Patrizia Marchesoni, sono stati promossi incontri nelle scuole con proiezione di filmati e conferenze tematiche sull'argomento. Inoltre è stato proposto uno spettacolo teatrale d’impegno civile sulla memoria dell'olocausto: lunedì 5 febbraio 2007 (in replica per le scuole il giorno successivo) la compagnia del Teatro dell’Orsa ha presentato lo spettacolo “Vivere ancora”, con Monica Morini, Bernardino Bonzani e Claudia Catellani al pianoforte. Si è trattato di un vero e proprio cammino attraverso le testimonianze scritte trasmesse da coloro, superstiti o meno, che hanno vissuto il dramma dell'olocausto e che invitano a non essere semplici spettatori, ma a lasciare traccia di sé nello spazio-tempo della rievocazione. Emilio Chiocchetti Lorenzo Dellai (Presidente della Provincia autonoma di Trento), fr. Germano Pellegrini (Ministro provinciale Ordine frati minori) e Nestore Pirillo (docente dell'Università degli studi di Trento), con l'intervento del curatore (Gianni Faustini) e gli altri autori del volume (Sergio Benvenuti, Giuseppe Ferrandi e Mario Quaranta) hanno presentato il 30 gennaio 2007 presso il Museo storico in Trento il volume Emilio Chiocchetti (Trento, Pancheri, 2006). Gli intervenuti hanno illustrato l’impegno di Emilio Chiocchetti (Moena 1880-1951) come filosofo e docente dell’Università cattolica di Milano, come animatore culturale

e promotore di opere assistenziali, restituendo ad una figura elogiata a suo tempo anche da Benedetto Croce, ma per lungo tempo immeritatamente dimenticata, il giusto spessore umano e intellettuale.

Febbraio 2007 Una tavola rotonda sul progetto Memoria per il Trentino e sul Museo storico del Trentino "Un passaggio importante per la cultura trentina, un progetto capace di coinvolgere le diverse realtà presenti sul territorio, istituzionali e non, all’insegna della valorizzazione dell’identità del territorio e delle sue genti e del lavoro di scavo sulla memoria collettiva". Questo il profilo del nuovo Museo storico del Trentino, che è stata al centro il 26 febbraio 2007 di un incontro promosso dalla Provincia autonoma di Trento a Maso Martis, alla presenza di una platea di sindaci, assessori alla cultura e altri esponenti del mondo delle istituzioni, ma anche dei rappresentanti dei molti soggetti che operano sul terreno. Hanno preso la parola il presidente Lorenzo Dellai e la vicepresidente, nonché assessore alla cultura Margherita Cogo, assieme al sindaco di Trento Alberto Pacher, al direttore dell’attuale Museo storico in Trento – dal quale la nuova Fondazione Museo storico del Trentino prende le mosse – Giuseppe Ferrandi, e agli storici Günther Pallaver, Luigi Blanco e Quinto Antonelli.

Marzo 2007 Mondo in catene Giuseppe Ferrandi e Vincenzo Calì hanno presentato presso il Museo storico in Trento il volume di Sandro Disertori, Mondi in catene (Rovereto, Stella, 2007). Si tratta di una lucida testimonianza che, sulla base di esperienze personali, racconta di «mondi in catene», di libertà negate, di umilianti compromessi sociali fino a preconizzare i drammi del presente, quali la guerra in Iraq e le sue tragiche conseguenze sulla popolazione civile. Testimonianze cui fanno da sfondo sentimenti privati, atmosfere intime e familiari, solitudini e affetti, nel quale il racconto di una vita diventa anche preziosa fonte storiografica. Verso la Fondazione Museo storico del Trentino Il 15 marzo 2007 si è svolto presso la sala Falconetto di Palazzo Geremia a Trento un incontro nel corso del quale si è riflettuto sul progetto d'istituzione della Fondazione Museo storico del Trentino. Patrizia Marchesoni e Rodolfo Taiani hanno proposto un primo bilancio delle attività promosse dal Museo storico in Trento negli anni 1994-2006, mentre Christian Bonazza si è soffermato sulle modalità di censimento dei luoghi della memoria in Trentino. In conclusione Luigi Blanco, Marcello Bonazza, Andrea Bonoldi, Livio Cristofolini, Giuseppe Ferrandi, Mauro Gelfi, Severino Vareschi e Camillo Zadra hanno animanto la tavola rotonda, moderata da Gauro Copppola, nel quale gli invitati hanno offerto il loro contributo di riflessione.


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Convegno di studio: le donne democristiane Il Museo storico in Trento e l'Istituto Luigi Sturzo di Roma, con il sostegno della Fondazione Cassa di risparmio di Trento e Rovereto, hanno organizzato per il 21 marzo 2007, all'interno del progetto "Le donne democristiane: dal diritto di voto all’impegno politico per la costruzione della democrazia repubblicana”, un convegno di studio sul tema “La presenza e l’impegno politico delle donne cattoliche in Trentino nel secondo Novecento”. Nel corso del convegno, introdotto e coordinato da Armando Vadagnini, è stato proiettato un video, curato da Lorenzo Gardumi e Matteo Gentilini, che raccoglie parte di quindici interviste videoregistrate a testimoni privilegiate, quali Lina Bolognini, Francesca Ferrari, Agnese Fiorentini, Sandra Frizzera, Carla Grandi, Carla Orsinger, Sitia Sassudelli, Anna Pia Rigon. Sono intervenuti Alberto Pacher, Margherita Cogo, Flavia Nardelli, Silvana Casmirri, Giuseppe Ferrandi, Paola Gaiotti, Claudia Piccoli.

Aprile 2007 62. Anniversario della Liberazione Anche quest'anno il 25 aprile è stata occasione per celebrare l'anniversario (il 62.) della Liberazione e della fine della seconda guerra mondiale. Il Comune di Trento, in collaborazione con il Museo storico in Trento, l'ANPI, l'ANEI e l'ANPPIA, ha predisposto un ricco programma di appuntamenti che oltre ai momenti di commemorazione ufficiale, ha previsto anche, presso la Biblioteca comunale,

Prijedor: tratti di storia condivisa per una pace possibile un incontro con Günther Pallaver e Giuseppe Ferrandi sul tema della resistenza in Austria e in Italia e un'esposizione fotografica dal titolo "Le virtù nascoste: eroi sconosciuti e dittatura in Austria 1938-1945".

L’Associazione Progetto Prijedor, in collaborazione con il Museo storico in Trento, ha proposto nel periodo 27 marzo-6 aprile 2007, all’interno della manifestazione "Il Gioco degli Specchi: migrazioni, letteratura e società", una mostra fotografica predisposta dal Museo "Kozara" di Prijedor (Bosnia Erzegovina). La mostra ha tentato di illustrare la storia della città nata nel XVII secolo sulle rive del fiume Sana, al confine tra gli imperi Turco Ottomano e Austroungarico. Lo ha fatto con le immagini della prima ferrovia in Bosnia Erzegovina, dell’incendio che distrusse quasi l’intera città nel 1882, delle prime scuole, dei cori polifonici, degli edifici costruiti durante il periodo austroungarico, della lotta per l’indipendenza, della seconda guerra mondiale, della resistenza al nazifascismo, del secondo dopoguerra e della speranza in un futuro migliore.

Zambana '55'56: memorie di una comunità Il Museo storico in Trento e il Comune di Zambana, grazie alla collaborazione della Provincia autonoma di TrentoProgetto memoria per il Trentino, hanno allestito dal 29 aprile al 20 maggio una mostra che attraverso immagini fotografiche e un documentario realizzato appositamente per l'occasione, ricostruisce le vicende della comunità di Zambana prima, durante e dopo la frana degli anni 19551956, evento calamitoso che segnò una frattura nella storia del paese. Il percorso espositivo è stato ospitato prima a Zambana vecchia e successivamente trasferito a Zambana nuova, un modo questo di ripercorrere simbolicamente ciò che la popolazione ha vissuto quando fu costretta ad abbandonare le proprie case. In sede di inaugurazione e all'interno della mostra è stato proiettato il video documentario “Zambana ‘55’56: memorie di una comunità” co-prodotto dal Museo storico in Trento e dal Centro Audiovisivi della Provincia autonoma di Trento per la regia di Lorenzo Pevarello.


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NOVITÀ EDITORIALI DEL MUSEO STORICO IN TRENTO La regione Trentino-Alto Adige nel XX secolo: I: Politica e istituzioni. A cura di Giuseppe Ferrandi e Günther Pallaver, pp. 762, E 28,80 (Grenzen/Confini, 4/1). Anche in versione tedesca (Die Region Trentino-Südtirol im 20. Jahrhundert: I. Politik und Institutionen) Quando, nel 1999, il Museo storico in Trento diede avvio al progetto di una storia della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol del XX secolo, si era ben coscienti del fatto che non si sarebbe trattato di un’impresa facile né dal punto di vista del metodo né del contenuto. Il «secolo breve» ha segnato, infatti, profondamente l’esistenza della popolazione che vive in quest'area: con le lotte etniche, con le due guerre mondiali, con le particolari condizioni imposte dopo la prima guerra mondiale in materia di diritto internazionale e, successivamente, con l’avvento al potere del fascismo anche a livello istituzionale, con l’occupazione nazista e con le molte e profonde tensioni tra Bolzano e Trento in relazione allo sviluppo dell’autonomia dopo il 1945. Altrettante cesure, che evidenziano come la storia del XX secolo in questa regione, sia stata particolarmente segnata dalla contrapposizione di nazionalismi, frutto sì delle contraddizioni dell'ottocentesco stato plurinazionale asburgico, ma specialmente delle due guerre mondiali. La storia comune della regione e dell’autonomia è prodotto, invece, della democrazia del periodo successivo alla fine della seconda guerra mondiale e del processo di integrazione europeo. A questa prima uscita, dedicata ai temi della politica e delle istituzioni, seguiranno altri volumi che guarderanno alla storia di questa regione nel Novecento dal punto di vista dell’economia, della società e della cultura. Storia e memoria: la seconda guerra mondiale nella costruzione della memoria europea. A cura di Gustavo Corni, pp. 284, E 18,00 (Grenzen/Confini, 6) Il volume raccoglie i testi delle relazioni presentate al convegno internazionale svoltosi a Trento il 16 e 17 dicembre 2004. L'incontro voleva proporre una riflessione su alcune piste di lettura della seconda guerra mondiale e dell’eredità che essa ha lasciato e cogliere nel contempo, in una dimensione sovra-regionale e sovra-nazionale, l’intreccio fra storia e memoria, memoria pubblica e memoria privata. Certo, il volume non copre tutti i molteplici aspetti di questo enorme problema. Intento di questa raccolta di saggi è semmai quello di allargare lo sguardo a contesti non italiani, ammonendoci che l’orto della memoria «di casa nostra» non è chiuso, e non può esserlo, ma che esso è aperto verso l’esterno, interagendo con esso. Anche qui sta, forse, un piccolo granello di riflessione (non priva di elementi problematici) in vista di una costruzione di una memoria comune europea.

Via Torre d’Augusto, 35/41 38100 TRENTO Tel. 0461.230482 Fax 0461.237418 info@museostorico.it www.museostorico.it

Presentazioni pubblicazioni del Museo storico in Trento Nei primi mesi del 2007 sono state presentate in varie occasioni le più recenti novità editoriali del Museo storico in Trento. Il volume di Luciana Palla, Tita Piaz: a confronto con il suo mito è stato presentato il 16 febbraio presso la sede SOSAT di Trento da Franco De Battaglia e Fabio Chiocchetti; il volume di Paola Antolini, Vivere per la patria: Bice Rizzi (1894-1982) è stato presentato a Trento il 15 marzo da Sergio Benvenuti, Vincenzo Calì e Gianni Faustini e a Rovereto il 28 marzo da Maria Nadia Filippini e Quinto Antonelli; Il governo della beneficenza in Tirolo: secoli XVIII-XX di Giuseppe Pantozzi è stato presentato a Trento il 29 marzo 2007 da Piero Nervi, Gauro Coppola, Cleto Corposanto e Christoph von Hartungen e a Bolzano il 12 aprile 2007 da Giorgio Delle Donne, Casimira Grandi e Christoph von Hartungen.

ALTRESTORIE - Periodico di informazione - Direttore responsabile: Sergio Benvenuti Comitato di redazione: Giuseppe Ferrandi, Patrizia Marchesoni, Paolo Piffer, Rodolfo Taiani Hanno collaborato a questo numero: Mauro Gilmozzi, Domenico Luciani, Walter Micheli, Caterina Tomasi, Bruno Zanon Periodico quadrimestrale registrato dal Tribunale di Trento il 9.5.2002, n. 1.132 ISSN 1720-6812 Progetto grafico: Graficomp - Pergine (TN) In copertina: Vista aerea di Trento e della valle dell’Adige Per ricevere la rivista o gli arretrati, fino ad esaurimento, inoltrare richiesta al Museo storico in Trento.



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