anno quattordicesimo numero trentasei
set./dic. 2011
IN QUESTO NUMERO IL MATRIMONIO
PosteItalianeS.p.A.-Spedizioneinabbonamentopostale-D.L.353/2003(conv.inL.27/02/2004n.46) -art.1,comma1,D.C.B.Trento-Periodicoquadrimestrale registrato dal Tribunale di Trento il 9.5.2002, n. 1132. Direttore responsabile: Sergio Benvenuti - Distribuzione gratuita - Taxe perรงue - ISSN 1720 - 6812
ALTRESTORIE – Periodico quadrimestrale di informazione Periodico registrato dal Tribunale di Trento il 9.5.2002, n. 1.132 ISSN 1720-6812 Comitato di redazione: Paola Bertoldi, Giuseppe Ferrandi, Patrizia Marchesoni, Paolo Piffer, Rodolfo Taiani (segretario) Direttore responsabile: Sergio Benvenuti Via Torre d’Augusto, 35/41 Hanno collaborato a questo numero: Silvia Bertolotti, Stefano Chemelli, Rita Farinelli, Alice Manfredi, Paola Pao38122 TRENTO lazzi, Serena Piovesan, Anselmo Vilardi, Marta Villa Tel. 0461.1747000 Fax 0461.1860127 Progetto grafico: Graficomp – Pergine (TN). Stampa: Publistampa – Pergine (TN) info@museostorico.it In copertina: dipinto del pittore fiammingo Jan van Eyck, Ritratto dei coniugi Arnolfini, realizzato nel 1434 www.museostorico.it Per ricevere la rivista, o gli arretrati, fino a esaurimento, richiedere alla Fondazione Museo storico del Trentino. I lettori interessati ad acquistare o a informarsi sull’insieme della pubblicazioni della Fondazione Museo storico del Trentino possono collegarsi all’indirizzo internet http://www.museostorico.it o scrivere all’indirizzo di posta elettronica bookshop@museostorico.it
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anno quattordicesimo numero trentasei
set./dic. 2011
IN QUESTO NUMERO IL MATRIMONIO
Editoriale 4 Il matrimonio canonico di Anselmo Vilardi
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Il matrimonio in Occidente interviste con Diego Quaglioni e Chiara Saraceno a cura di Paola Bertoldi
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Cultura che vai… matrimonio che trovi di Marta Villa
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Matrimoni misti in Trentino: laboratori interculturali in evoluzione di Serena Piovesan
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Agenzie matrimoniali: dalle corti dei principi al web di Alice Manfredi
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Se il matrimonio è in pericolo: la nascita dei consultori
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Uno sguardo al diritto di famiglia di Rita Farinelli e Paola Paolazzi
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Scene da un matrimonio: la foto di matrimonio attraverso il Novecento di Silvia Bertolotti 33 Il matrimonio-stato: riflessioni di e su Alberto Savinio di Stefano Chemelli
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Il matrimonio in cifre: l’andamento della nuzialità in Trentino-Alto Adige nel XX secolo 38 Col permesso davanti al parroco
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Infomuseo 42 Edizioni FMST
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Editoriale
La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, approvata il 10 dicembre 1948 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, contiene, fra i trenta articoli dei quali è composta, anche un riferimento al matrimonio. In particolare l’articolo 16 prevede quanto segue: 1. Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all’atto del suo scioglimento. 2. Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi. 3. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato. Tre commi, dunque, che riconoscono all’unione di uomini e donne un ruolo centrale, se non addirittura fondativo di qualsiasi più ampia aggregazione sociale umana. Ciò nonostante si moltiplicano i segnali di una profonda crisi, almeno nel mondo occidentale, di questa istituzione così come si è andata configurandosi nei secoli e la necessità di ripensarla sulla base delle trasformazioni che hanno investito la società contemporanea. È un cambiamento che ancor prima del vincolo matrimoniale ha investito e continua a interessare la concezione stessa di famiglia e la teorizzazione della sua struttura. Il modello tradizionale incentrato alla base sull’unione di un
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uomo e una donna non sembra più compatibile con l’emergere di una crescente tolleranza nei confronti della libertà sessuale e dell’autonomia individuale, che alimenta comportamenti di rifiuto nei confronti di vincoli, obblighi e formalità. È aumentato così il numero dei cosiddetti single e delle coppie conviventi (in Italia solo sei coppie su dieci decidono oramai di sposarsi, e solo il 60% delle convivenze approdano successivamente al matrimonio), in un quadro complessivo che registra comunque una drastica riduzione della durata delle relazioni e un altrettanto vertiginoso aumento delle separazioni e dei divorzi. Insomma sembra che siano sempre meno coloro in grado o decisi a mantenere la promessa di unione “fino a che morte non vi separi” pronunciata al momento della celebrazione religiosa o civile del rito. Negli Stati Uniti ben il 70% delle unioni termina con un divorzio, mentre in Italia, di media, pur con le opportune diversificazioni regionali, si arriva all’udienza di separazione davanti al Giudice in trecento casi ogni mille matrimoni celebrati. Il Piemonte con la Valle d’Aosta è la regione che fa registrare il tasso maggiore di crisi con 418 istanze di separazione ogni mille nozze; mentre i più fedeli risiedono in Basilicata (138 domande ogni mille matrimoni). In questo numero di Altrestorie, si cercherà di offrire, attraverso il consueto sguardo interdisciplinare, una sintetica panoramica dei principali elementi che contribuiscono a comporre questo complesso quadro (rt).
Il matrimonio canonico
Il sacramento del matrimente dalla cultura giurimonio rappresenta uno dica romana. dei pilastri della dottrina Il matrimonio era considedella Chiesa cattolica. Le rato essenzialmente il puro di Anselmo Vilardi sue caratteristiche odierne frutto della coabitazione e sono tuttavia il frutto di un quindi aveva più la valenza millenario processo di eladi status sociale che di un borazione. istituto giuridico definito. Sin dai primi secoli la Alla donna era riconosciuta Chiesa cattolica, che ha un’autonomia decisionale origine nell’ambito dell’Immolto limitata, in quanto pero romano, elaborò la il matrimonio era principropria dottrina sul matripalmente il frutto della monio nell’alveo della cultura giuridica romana. volontà degli uomini, soprattutto del futuro marito I romani vedevano nel matrimonio un istituto giu- e delle famiglie degli sposi. Esistevano tre modelli di ridico e non religioso basato sul diritto naturale. matrimonio: il ratto della sposa da parte del futuro Secondo il diritto romano l’elemento costitutivo del marito (Raubehe), socialmente riprovevole ma matrimonio era il consenso degli sposi. A tal pro- molto diffuso; il Kaufehe, matrimonio per acquisto, posito Ulpiano sostiene che nuptias non concubitus in cui la potestà sulla futura moglie veniva acquisita facit, sed consensus (“il matrimonio è il prodotto dal marito attraverso la cessione di beni al padre non della consumazione ma del consenso”). Questa della sposa; infine il matrimonio basato sull’accordo concezione produceva due effetti fondamentali: in dei due sposi (Friedelehe) senza trasmissione di ricprimo luogo la consumazione delle nozze chezza. Al contrario del diritto romano il consenso non era considerata una condizione dei coniugi, soprattutto della donna, era irrinunciabile per la validità del matriconsiderato nel matrimonio germanico monio; inoltre, dato che il vincolo un elemento secondario. Ciò è dimoconiugale si basava esclusivamente strato anche dal fatto che il matrimosul consenso degli sposi, il matrimonio nio per acquisto era considerato non era considerato indissolubile la forma più nobile di nozze, ma poteva essere sciolto in ogni mentre il matrimonio per conmomento qualora fosse venuta senso era considerato di grado meno la volontà di uno o inferiore. Nel modello germaentrambi i contraenti (in realtà nico l’elemento fondamentale il matrimonio si concludeva per la validità delle nozze era prevalentemente per iniziativa considerato la consumazione del marito). sessuale. La poligamia e il Era inoltre prevista una serie di concubinato erano pratiche prerequisiti fondamentali, tra i diffuse ed era, inoltre, riconoquali il raggiungimento di un’età sciuta agli uomini un’estrema minima per gli sposi (essa coinlibertà nello scioglimento del cideva con la pubertà e veniva vincolo matrimoniale. tradizionalmente fissata a dodici Sin dalle origini, la Chiesa deve anni per le donne e a quattordici dunque confrontarsi nell’elaper gli uomini), il divieto di conborazione della sua disciplina trarre nozze tra parenti e l’obbligo matrimoniale con il modello alla monogamia. giuridico romano e, in misura In epoca tardoantica e altomedieminore, con il sistema di tradivale (IV-X secolo) la Chiesa si conzioni germaniche. Il modello fronta anche con le usanze delle di riferimento prevalente popolazioni germaniche che, dopo dei Padri della Chiesa la caduta dell’Impero romano, divendiviene il diritto romano, gono un elemento costituivo della da cui vengono ereditati compagine europea. soprattutto il principio Le tradizioni germaniche in ambito del consenso degli matrimoniale differivano profondasposi come elemento
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costitutivo del vincolo matrimoniale e la maggior parte dei prerequisiti per gli sposi. Tuttavia il cattolicesimo si distingue dal modello romano per una serie di principi fondamentali: il matrimonio non è più considerato un semplice istituto giuridico ma un sacramento di natura divina. Già in due passi del primo libro della Bibbia (Genesi 2,18 e 22-24) il matrimonio è presentato come unione monogamica di un uomo e una donna riuniti per volontà di Dio, “in una sola carne”. Nel Nuovo Testamento il matrimonio è definito sacramentum da Paolo in Ef 5,32. Al contrario della Legge ebraica, che prevedeva il ripudio, la Chiesa cattolica stabilisce il principio dell’indissolubilità del vincolo matrimoniale. Questa concezione trae origine da una serie di passi neotestamentari tra i quali, in particolare, Mt 19,6: “quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi”. La sessualità deve essere esercitata solamente all’interno del legame coniugale e deve essere finalizzata alla procreazione. Questo principio è sancito dal richiamo biblico “crescete e moltiplicatevi” (Genesi 1,28). Soprattutto dal Tardoantico e dall’Alto Medioevo (IV-X secolo) la Chiesa avvia un processo di progres-
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sivo accrescimento della propria elaborazione in ambito matrimoniale, benché in questo periodo non elabori un completo sistema dottrinale, ma si concentri su singoli specifici principi. Fino all’XI secolo, tuttavia, la Chiesa non riesce a imporre pienamente la propria concezione del matrimonio e della sessualità nella società europea. I rapporti sessuali extramatrimoniali sono socialmente accettati; ancora nell’862, in un sinodo ad Aquisgrana, si dichiara: “È molto raro che un uomo si sposi senza aver prima conosciuto una donna, e forse è così per tutti”. Il divorzio, il ripudio, il concubinato e il ratto rimangono pratiche estremamente diffuse. Inoltre la legislazione sulla materia coniugale è ancora esercitata principalmente dalle autorità civili, benché si venga rafforzando nel corso dell’Alto Medioevo il ruolo delle autorità ecclesiastiche. Nel corso dei secoli IV-X la Chiesa tenta, dunque, di esercitare in ambito matrimoniale la propria influenza sulla società e sulle autorità civili con risultati, tuttavia, ambivalenti. Tra il IV e il VI secolo, ad esempio, gli imperatori romani iniziano a limitare la precedente libertà assoluta di divorzio, ma ancora nel 556 l’imperatore Giustino, pur riconoscendo il
principio dell’indissolubilità del vincolo matrimoniale, garantisce il diritto al divorzio per mutuo consenso per risolvere situazioni insanabili di “odio tra gli sposi”; ancora nell’VIII-X secolo gli imperatori carolingi, pur considerandosi difensori del papato, conducono vite private a volte distanti dai principi matrimoniali cattolici: Carlo Magno stesso ripudiò in vita diverse mogli. A partire dal 1000 l’istituto del matrimonio conosce in Europa una rapida evoluzione. Nell’XI secolo la riforma gregoriana rinsalda le strutture della Chiesa e il suo ruolo nella società. In questo contesto la Chiesa riesce a consolidare tra il XII e il XIV secolo la propria competenza anche in ambito coniugale: da un lato impone progressivamente l’applicazione delle sue normative in materia, il monopolio giurisdizionale dei suoi tribunali e la riduzione del ruolo delle autorità civili; dall’altro inizia a elaborare un sistema dottrinale strutturato, risolvendo alcune delle problematiche lasciate sino a quel momento insolute. In particolare viene stabilito definitivamente il principio del consenso come elemento costitutivo del vincolo matrimoniale. Con la teoria del “consensualismo” la libera decisione del singolo veniva posta alla base del matrimonio e in tal modo si fa strada il principio che l’individuo non debba più essere soggetto al rigido controllo della famiglia, del clan, del lignaggio o dei signori feudali. La Chiesa impone, tuttavia, un sistema molto complesso di limitazioni alla libera scelta degli individui, denominati “impedimenti”, che traggono origine anche dall’eredità romana. In tal senso vengono definiti, tra l’altro, un’età minima per gli sposi e il divieto di nozze tra parenti. L’influenza delle tradizioni germaniche traspare invece dall’importanza attribuita alla consumazione delle nozze. Benché il consenso costituisca l’elemento centrale per la formazione del vincolo matrimoniale, la copula carnalis mantiene, infatti, un ruolo rilevante per sancire l’avvenuto matrimonio. Ancora oggi fra le cause di scioglimento di un matrimonio da parte dei Tribunali ecclesiastici vi è la mancata consumazione dell’unione. Importanti modifiche in materia matrimoniale vennero introdotte in occasione del Concilio di Trento (1545-1563). In primo luogo vennero condannate le nuove concezioni elaborate dai movimenti protestanti, che avevano messo in discussione i principi basilari della dottrina cattolica in ambito matrimoniale. In particolare erano state negate la natura sacramentale del matrimonio, l’indissolubilità del vincolo coniugale e, più in generale, gran parte della legislazione in materia emanata dall’autorità papale nel corso del Medioevo, sostenendo, tra l’altro, la legittimità del divorzio in determinati casi. In risposta a questa concezione
la Chiesa cattolica ribadì nel Concilio tutti i principi fondamentali elaborati nei secoli precedenti: il matrimonio come sacramento, la teoria degli “impedimenti”, l’indissolubilità del matrimonio e il conseguente divieto di divorzio. Oltre a condannare le tesi protestanti, il Concilio di Trento affrontò la questione dei matrimoni clandestini, celebrati fra parti consenzienti, ma senza la dovuta pubblicità. Il principio del puro consensualismo, secondo il quale la validità del vincolo coniugale dipendeva esclusivamente dalla dichiarazione di volontà dei coniugi, aveva, infatti, evidenziato nel corso del Medioevo una serie di problematiche. In particolare l’assenza di forme prestabilite di celebrazione del matrimonio e di forme di pubblicità delle nozze (come ad esempio la presenza di testimoni al momento delle nozze) poteva rendere difficoltoso dimostrare a posteriori la sussistenza di un matrimonio. Questa situazione dava adito a grande conflittualità in quanto uno o addirittura entrambi i coniugi potevano negare in un secondo tempo l’avvenuto matrimonio e contrarre nuove nozze, abbandonando il coniuge e violando il principio dell’indissolubilità del matrimonio. Di fronte a queste problematiche, che ponevano gravi problemi di carattere dogmatico ma anche sociale, già a partire dal concilio Laterano IV del 1215 si era tentato di imporre l’obbligo delle pubblicazioni e della celebrazione delle nozze in pubblico, ma queste prescrizioni erano risultate inefficaci. Questa situazione venne sanata nell’ambito del Concilio di Trento, che impose l’obbligo di pubblicità e di forme prestabilite di celebrazione come condizione imprescindibile per la validità del matrimonio. In tal senso vennero previste le pubblicazioni delle future nozze in occasione delle tre domeniche precedenti e la celebrazione in facie ecclesiae alla presenza di almeno due-tre testimoni e di un sacerdote che interroga i futuri sposi sulla volontà di contrarre matrimonio. Il matrimonio poteva essere celebrato solamente dal parroco del luogo di domicilio di uno o entrambi i coniugi. Infine, per garantire nel tempo la pubblicità delle nozze, queste dovevano essere annotate in appositi registri conservati in tutte le parrocchie. Con queste procedure venne garantito il principio consensualista, ma furono anche affrontate e risolte le problematicità collegate ai matrimoni clandestini. Nel corso dei secoli successivi la dottrina matrimoniale della Chiesa cattolica si stabilizzò attorno ai dettami elaborati nel Concilio di Trento. La Chiesa dovette, tuttavia, affrontare nello stesso periodo una forte opposizione in molti stati europei all’applicazione dei Decreti tridentini, sia da parte delle autorità statali, desiderose di mantenere la propria compe-
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tenza in un campo socialmente così rilevante, sia da parte delle comunità locali, che rifiutavano di rinunciare alle proprie secolari consuetudini. La normativa tridentina divenne progressivamente il modello di riferimento in tutto il mondo cattolico, sebbene, in alcune realtà, la resistenza si sia protratta per un lungo periodo: ancora agli inizi del XX secolo i matrimoni clandestini erano considerati validi in alcune aree della Germania cattolica. Nei secoli più recenti, in particolare dal Settecento, la Chiesa cattolica si è dovuta tuttavia confrontare anche con il processo di secolarizzazione della società europea. Questo fenomeno ha influenzato anche l’istituto del matrimonio. I principali Stati europei hanno iniziato a elaborare una propria legislazione autonoma in materia; inoltre, soprattutto a partire dalla Rivoluzione francese e dal Codice napoleonico, in concorrenza al matrimonio canonico si è venuto affer-
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mandosi l’istituto del matrimonio civile, celebrato secondo le normative statali e sottoposto alla loro autorità. Di fronte a questi fenomeni, che mettevano in discussione il monopolio giurisdizionale ecclesiastico, la Chiesa è intervenuta ripetutamente nel corso degli ultimi tre secoli ribadendo e approfondendo la dottrina del matrimonio canonico, nonché riaffermando la centralità della sua competenza in tale ambito. In Italia, con il Concordato del 1929, lo Stato italiano e la Santa Sede stipularono un’intesa in materia, che fu confermata e precisata in occasione del Concordato del 1984. Sulla base di questi accordi nell’ordinamento civile italiano odierno è previsto, accanto al matrimonio civile, l’istituto del matrimonio “concordatario”, inteso come matrimonio canonico celebrato secondo i dettami della religione cattolica, ma riconosciuto nei suoi effetti civili anche dallo Stato italiano.
Il termine “matrimonio”
Il termine italiano “matrimonio” ha origine dal latino matrimonium. Questa parola, che ha in latino lo stesso significato del corrispettivo italiano, deriva dalla formula matris munus, “il compito della madre” (da mater – madre – e munus – compito, dovere). Questa espressione fa esplicitamente riferimento al ruolo della donna come genitrice di figli e racchiude due fondamentali principi: da un lato una specifica valenza giuridica in quanto indicava che i figli generati da una donna sono legittimi solamente se nati nell’ambito di un matrimonio; dall’altro, soprattutto nella dottrina cristiana, la concezione secondo cui il matrimonio è finalizzato alla nascita di una prole. Il termine “matrimonio” è strettamente correlato al termine “patrimonio”. Mentre il primo allude al “compito della madre”, cioè generare figli, il secondo fa riferimento al “compito del padre” (patris munus), vale a dire garantire il sostentamento della famiglia. Molto diversificata appare l’origine delle traduzioni del termine “matrimonio” in alcune delle principali lingue europee. In francese il vocabolo mariage deriva dal latino maritus, “uomo sposato” (dal latino mas, maris “maschio”). Dal termine francese si è sviluppato a partire dal Medioevo il corrispettivo inglese marriage. Il vocabolo tedesco Ehe ha avuto invece origine dal mondo germanico. Nell’alto Medioevo, attorno all’VIII secolo, la parola ëwa indicava concetti come “diritto, legge, regola, obbligo, normativa, contratto”; nel corso dei secoli il senso di questo termine si è evoluto fino ad assumere, soprattutto a partire dal XIII secolo, il suo odierno significato di “matrimonio”.
L’annullamento
Secondo la dottrina della Chiesa cattolica una delle proprietà inderogabili del matrimonio canonico è la sua indissolubilità. Questo principio trae la sua origine da numerosi passi delle Sacre Scritture, in particolare Mt. 19,6: “Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi”. Esistono, tuttavia, condizioni per le quali un matrimonio celebrato può essere dichiarato nullo. Ciò accade quando il matrimonio è considerato invalido sin dall’origine in quanto al momento della celebrazione non erano state rispettate tutte le prescrizioni previste dalla Chiesa. Esiste un ampio spettro di casi che possono produrre l’annullamento del matrimonio. Tra i principali l’esistenza di precedenti vincoli, la presenza di legami di parentela, vizi nelle forma della celebrazione, assenza di una reale volontà in uno o entrambi gli sposi (ad esempio se un coniuge non è in grado di intendere e volere oppure se uno o entrambi gli sposi sono stati obbligati con la forza o con pressioni psicologiche). Esistono inoltre casi in cui un matrimonio regolarmente celebrato può essere sciolto. Questa casistica è molto più limitata; tra le cause più diffuse si può segnalare la mancata consumazione del matrimonio (il cosiddetto matrimonio “rato e non consumato”). Nei casi di annullamento del matrimonio la competenza è attribuita ai tribunali ecclesiastici istituiti presso le diocesi a livello locale e al Tribunale apostolico della Rota Romana presso il Vaticano.
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Il matrimonio in Occidente
Diego Quaglioni è professore Chiara Saraceno ha insegnato ordinario di Storia del diritto presso la Facoltà di Sociologia medievale e moderno all’Univerdell’Università di Trento e, dal interviste con sità degli studi di Trento. 1990 al 2008, presso la Facoltà È stato, fra l’altro, preside della di scienze politiche dell’UniverDiego Quaglioni Facoltà di Giurisprudenza di sità degli studi di Torino, dove ha e Chiara Saraceno Trento e direttore del Dipartianche diretto il Centro interdiscimento di scienze giuridiche. Ha plinare di ricerche delle donne a cura di Paola Bertoldi studiato a Napoli e insegnato a (CIRSDe) e il dottorato in ricerca Sassari e a Roma. sociale comparata. È stato ospitato come visiting Dal 2006 a luglio 2011 è stata professor a Parigi (Panthéon-Sorprofessore di ricerca al Wissenbonne), a Lione (Ecole Normale schaftszentrum für SozialforSupérieure), a Francoforte (Max-Planck Institut) e a schung di Berlino. Attualmente è honorary fellow Berkeley (Boalt Hall). presso il Collegio Carlo Alberto di Torino. Dal 1999 al È autore di numerose pubblicazioni, fra le quali si 2001 è stata presidente della Commissione di indasegnalano i tre volumi sugli Inizi del diritto pubblico in gine sull’esclusione sociale presso la Presidenza del Europa (con Gerhard Dilcher), Bologna, Il mulino-Ber- Consiglio dei Ministri, mentre dal 2000 al 2001 ha lino, Duncker & Humbolt, 2007, 2008 e 2011; Processi rappresentato l’Italia nel Social Protection Committee contro gli ebrei di Trento (1475-1478): 2.: I processi dell’Unione europea.
alle donne (1475-1476) (con Anna Esposito), Padova, Cedam, 2008; Credito e usura fra teologia, diritto e amministrazione: linguaggi a confronto (sec. XII-XVI) (con Giacomo Todeschini e Gian Maria Varanini), Roma, École française de Rome, 2005; La giustizia nel Medioevo e nella prima età moderna, Bologna, Il mulino, 2004; La sovranità, Roma-Bari, Laterza, 2004. Il libro più recente è la raccolta di saggi sul pensiero giuridico del Cinquecento Machiavelli e la lingua della giurisprudenza: una letteratura della crisi, Bologna, Il mulino, 2011. Ha in corso di stampa, nei “Meridiani” Mondadori, una nuova edizione commentata della Monarchia di Dante Alighieri.
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È autrice e curatrice di numerose pubblicazioni, tra cui: Diversi da chi? Gay, lesbiche, transessuali in un’area metropolitana, Milano, Guerini, 2003; Mutamenti della famiglia e politiche sociali in Italia, Bologna, Il mulino, 2003; Sociologia della famiglia (con Manuela Naldini), Bologna, Il mulino, 2007; I nuovi poveri: politiche per le disuguaglianze (con Pierluigi Dovis), Torino, Codice, 2011; Onora il padre e la madre (con Giuseppe Laras), Bologna, Il mulino, 2011; Conciliare famiglia e lavoro: vecchi e nuovi patti tra sessi e generazioni (con Manuela Naldini), Bologna, Il Mulino, 2011; Cittadini a metà: come hanno rubato i diritti degli italiani, Milano, Rizzoli 2012.
Diego Quaglioni: “L’aver negato la necessità del consenso delle famiglie per la validità dell’unione coniugale ha significato un immenso valore liberatorio, specie per la donna, che spesso era un semplice ‘pegno’ di alleanze familiari e politiche”. Il Concilio di Trento ha rappresentato un momento cruciale per l’istituzione matrimonio. Che cosa è avvenuto in quel momento e quali sono state le principali conseguenze? Il Concilio iniziato a Trento nel 1545 ha dedicato al matrimonio la sua ultima sessione, svoltasi fra novembre e dicembre del 1563, ma va detto che la discussione sul matrimonio ha occupato gran parte del dibattito conciliare. Il tema, infatti, ha rappresentato un terreno di scontro sia dal punto di vista teologico che giuridico e politico. Il Concilio era nato per contrastare il movimento di riforma luterana diffusosi nei paesi tedeschi e il matrimonio era uno dei punti di massimo dissenso fra le due confessioni. Mentre la Chiesa cattolica conferma la natura sacramentale del contratto matrimoniale, che perciò è indissolubile, i protestanti lo considerano un contratto civile, con tutte le conseguenze che questo comporta. Non si trattò solo di una disputa teologica, ma di una questione che ebbe importanti riflessi sul piano giuridico. La Chiesa era allora il solo potere competente a giudicare le cause matrimoniali, mentre la Riforma toglie questo diritto alla Chiesa, trasferendo tale competenza giurisdizionale allo Stato. L’unione coniugale nel mondo protestante diviene un contratto disciplinato dalle norme secolari e questo implica che anche tutte le relazioni che oggi sono disciplinate dal diritto di famiglia siano sottratte al potere ecclesiastico. Non si tratta insomma solo dei matrimoni, ma anche dell’educazione della prole, dei rapporti patrimoniali, e così via. In sostanza, la Riforma afferma che la Chiesa deve essere solo una comunità di fedeli in cui vige un “sacerdozio universale”, non un’istituzione, un ordinamento giuridico produttore di norme e di sanzioni giuridiche. Il Concilio di Trento riconferma il sacramento del matrimonio e l’intera tradizione dottrinale della Chiesa. Da questo punto di vista non ci sono state successive evoluzioni perché per quanto riguarda la dottrina e quanto stabilito a Trento, la Chiesa non ha mai smentito nulla. Nel corso del tempo il matrimonio è poi diventata un’istituzione disciplinata dal potere secolare, e per molto tempo è stata materia di conflitto. In Italia, per esempio, è solo con il primo Concordato (1929) che si riconosce che il rito religioso produce anche gli effetti civili (il sacerdote funge da ufficiale di stato civile e legge agli sposi gli articoli del codice civile).
Quali sono stati, nello specifico, gli aspetti legati al matrimonio disciplinati dal Concilio di Trento? Il Concilio stabilisce che il matrimonio è un vincolo indissolubile, sacramentale e giuridico, che si costituisce per il solo consenso dei nubendi. La Chiesa eredita il concetto romanistico di matrimonio: è sufficiente che le due parti esprimano il loro consenso qui e ora per validare il “contratto”. Questo aspetto del solo consenso è fondamentale perché implica che il matrimonio nella sua essenza è l’unione di due volontà. Per la Chiesa medievale era sufficiente, nel matrimonio, che la promessa de praesenti fosse scambiata antem faciem ecclesiae, davanti alla chiesa: è un’espressione dal doppio significato, che presuppone il riconoscimento di Dio e della comunità di appartenenza. Il Concilio, con il decreto Tametsi, prevede anche la pubblicazione della notizia delle nozze (da affiggersi anticipatamente nella parrocchia della sposa), la presenza dell’officiante che rivolge le domande di rito e dei testimoni. Lo scopo di tutto questo è chiaramente quello di rendere pubblica e “documentabile” l’unione. Il sacerdote certificava poi l’evento nei registri parrocchiali che rappresentano, se così si può dire, una prima forma di anagrafe e che oggi sono fonti utilissime per la ricerca storica. Tutte queste pratiche sono poi state, è evidente, imitate dallo stato nei secoli successivi. In che senso il Concilio ha rappresentato una rottura rispetto al passato? La Chiesa a Trento ha resistito alle pressioni di grandi potenze europee, come la Francia o la Spagna, che chiedevano una disciplina più severa che legasse la validità del matrimonio al consenso genitoriale. È questo un atteggiamento tipico delle società aristocratiche, che la Chiesa ha il merito di aver combattuto. L’aver negato la necessità del consenso delle famiglie per la validità dell’unione coniugale ha significato un immenso valore liberatorio, specie per la donna, che spesso era un semplice “pegno” di alleanze familiari e politiche. Per la dottrina ecclesiastica, anzi, il vizio del consenso è uno dei maggiori impedimenti al costituirsi del vincolo: se i nubendi non esprimono liberamente la loro volontà, l’unione è nulla. Quello che invece il Concilio di Trento non ha voluto fare, lasciando la situazione in un limbo di ambiguità, è stato condannare i matrimoni clandestini fino a dichiararli radicalmente invalidi. Se studiamo le cause che arrivano davanti ai tribunali ecclesiastici vediamo che nella maggior parte dei casi si tratta di istanze di separazione per maltrattamenti subiti dalle donne, oppure di unioni controverse, nelle quali uno dei coniugi nega di aver mai voluto unirsi in matrimonio all’altro. In quest’ultimo caso il giudice ecclesiastico cerca di capire se vi sia stato realmente matrimonio, usando tutti i mezzi a
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sua disposizione: le testimonianze dei vicini, la presenza dei segni del consenso come l’anello nuziale, convivenza dei coniugi e così via. Ciò che Dio ha unito, l’uomo non osi dividere, ma anche in passato poteva essere sancita la fine di un vincolo matrimoniale. Come erano gestiti questi momenti e soprattutto chi se ne faceva carico? La parola divorzio deriva da divertere, “separare”, ma significa anche “cambiare intenzione”. Era un aspetto previsto dal diritto romano: il matrimonio era un contratto e quindi a certe condizioni poteva essere sciolto. La Chiesa, dopo aver confermato solennemente il dogma teologico-giuridico dell’indissolubilità del matrimonio, non ne può ammettere lo scioglimento, ma solo la separazione personale dei coniugi manente vinculo, “in permanenza del vincolo”. Il matrimonio non può essere sciolto, neppure in maniera consensuale, ma è ammissibile che i due coniugi si separino e non vivano più insieme. Il diritto canonico dell’età intermedia ammetteva, tra i legittimi motivi che potevano indurre il giudice ecclesiastico a pronunciare una sentenza di separazione, le malattie contagiose, il rischio della vita (nel caso di maltrattamenti gravi), il desiderio di uno dei due di darsi alla vita religiosa ed entrare in convento o in monastero, l’adulterio, l’essersi macchiati di delitti come l’eresia, e così via. Il giudice separava in questo modo i due coniugi dalla convivenza, ovvero “dalla mensa e dal letto”. Si utilizzava questa formula perché altamente simbolica della fides scambievole fra gli sposi. Nei secoli scorsi come sono stati affrontati dalla società e dal diritto occidentali i cosiddetti comportamenti “devianti” – rispetto a quanto previsto dal modello di unione matrimoniale tradizionale – quali l’adulterio, il concubinato, i rapporti pre-matrimoniali, lo stupro o la stessa unione fra coniugi di età assai differente fra loro? In età medievale e protomoderna le trasgressioni nella sfera sessuale e matrimoniale sono sanzionate in vario modo sia dalla giurisdizione ecclesiastica sia da quella secolare (spesso si tratta di reati di “misto foro”). Il tribunale ecclesiastico si occupava degli aspetti spirituali mentre il tribunale civile giudicava sul piano del buoncostume. Poteva capitare, per fare un esempio, che il giudice ecclesiastico decretasse la separazione per punire un marito concubinario, e che il reo dovesse poi presentarsi davanti al tribunale secolare nel caso in cui si rifiutasse di restituire la dote o la quota della dote a suo tempo costituita e già versata. Questi aspetti potevano assumere anche una valenza politica di grande momento. Non dimentichiamo che Enrico VIII d’Inghilterra emanò l’Atto di Supremazia a causa del rifiuto della Chiesa di Roma di dichiarare la nullità del matrimonio dal
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quale egli non poteva avere un erede legittimo nella successione al trono. Ne nacque lo scisma religioso che ancor oggi fa della regina Elisabetta II il capo della Chiesa d’Inghilterra. Guardando alla storia dell’Occidente un’immagine consolidata vuole le donne come totalmente soggette all’autorità maschile. È sempre stato veramente così anche nelle dinamiche matrimoniali oppure la rappresentazione di “donna sottomessa” va in qualche modo corretta? So che quanto dico può risultare in contraddizione con i luoghi comuni oggi vigenti, ma sulla questione femminile non può non essere sottolineata l’opera benefica svolta dalla Chiesa per affermare la dignità della donna. Storicamente, è nella cultura ecclesiastica che si trovano le tracce di una civilizzazione che ha portato via via la donna ad avere una posizione di dignità e responsabilità pari a quella dell’uomo. In ambito matrimoniale, imponendo la regola del consenso liberamente espresso da entrambi i nubendi, la Chiesa ha dato lo spunto per il costituirsi di rapporti paritari fra uomo e donna, anche se poi è chiaro che la condizione femminile ha sempre risentito di pregiudizi e limitazioni provenienti da consuetudini radicate nella società. Ad ogni modo, il diritto civile, nei confronti della donna, è sempre stato molto più duro di quello canonico. La nostra regione, fin dalla prima metà del Novecento, registra i tassi di nuzialità fra i più bassi a livello nazionale. Inoltre, negli ultimi anni, si assiste a un aumento delle persone che scelgono di dar vita a un nucleo familiare senza vincoli di tipo matrimoniale. Al tempo stesso crescono le separazioni più o meno consensuali. Non crede che questi fenomeni segnino la necessità di ripensare il fondamento e le forme del concetto di unione e modificare le politiche di sostegno in favore della famiglia da più parti invocate? Il diritto non è un insieme di regole modificabili a piacimento e a capriccio; è soprattutto un sistema di principi che non possono piegarsi agli umori del momento. La Costituzione stessa, più che un insieme di regole “poste”, è un sistema di “presupposti”, di princìpi etico-giuridici costitutivi di tutto l’ordinamento. Sono assolutamente d’accordo che servano politiche per la famiglia, al momento assenti. Oggi lo stato sociale viene eroso: si fanno grandi discorsi sull’esigenza di favorire le famiglie, ma lo stato delle cose rende quasi impossibile che due giovani formino una famiglia con un minimo di fiducia nel proprio futuro e in quello dei propri figli. La nostra è una società sempre più gretta ed egoistica, dove regnano violenza, inciviltà, incapacità di attuare una pari dignità fra uomini e donne. Non è il diritto che va modificato; è invece vero che avremmo urgente bisogno di una grande riforma morale.
Lei ha coordinato insieme a Silvana Seidel-Menchi un ampio progetto di ricerca sulla storia del matrimonio. Ne può indicare in sintesi i presupposti, gli obiettivi e i principali risultati raggiunti? Abbiamo coordinato un’equipe internazionale di studiosi e, grazie a un finanziamento prima da parte dell’Ateneo di Trento, poi del Ministero dell’Università e della Ricerca, siamo arrivati alla pubblicazione di quattro volumi dedicati ai processi matrimoniali negli archivi ecclesiastici italiani: Coniugi nemici: la separazione in Italia (secoli XII-XVIII), Matrimoni in dubbio: unioni controverse e nozze clandestine in Italia dal XIV al XVIII secolo, Trasgressioni: concubinato, adulterio, bigamia (secoli XIV-XVIII), I tribunali del matrimonio (secoli XV-XVIII). È stata un’avventura intellettuale, scientifica e accademica: otto seminari internazionali organizzati fra Trento, Firenze e Venezia dal 1997 al 2001, un convegno internazionale a fine 2001, quattro volumi editi dall’editore Il mulino di Bologna per l’Istituto storico italo-germanico in Trento dal 2000 al 2007, per oltre 2.500 pagine. Si è trattato di un lavoro che ha rivoluzionato la storiografia contemporanea sul matrimonio e la famiglia. Abbiamo studiato la dimensione “conflittuale” del matrimonio. Ci siamo cioè occupati delle separazioni, del matrimonio contestato, delle relazioni patrimoniali, dei reati legati alla sfera sessuale. I documenti processuali sono indicatori preziosi anche della mentalità e dei costumi, non solo dell’applicazione in giudizio delle norme e delle procedure. Spesso i processi vengono analizzati solo come fossero dei contenitori di “storie” personali e familiari, senza considerare gli aspetti tecnico-giuridici e quelli dottrinali, il contesto sociale e politico, eccetera. Quello che ne è uscito è stato un lavoro molto serio, ben documentato e di grande valore per gli studiosi, che ha rappresentato un acquisto importante anche dal punto di vista metodologico. È stata una fatica che ci ha ricompensato ampiamente sia sul piano scientifico, sia sul piano dei riconoscimenti, perché non sono mancate numerose e qualificatissime recensioni sulle riviste scientifiche internazionali, dalle Annales alla American Histori-
cal Review. Aggiungerò un episodio: nel novembre 2008, sulla pagina della cultura del New York Times, apparve un articolo di Carol Vogel che annunciava una grande mostra al Metropolitan Museum su Art and Love in Reinaissance Italy. La brillante giornalista apriva il suo pezzo citando il nostro lavoro, che come ora si vede anche dal catalogo a stampa della mostra, è stato la principale fonte d’ispirazione di una così prestigiosa iniziativa. Chiara Saraceno: “Il matrimonio non è più un rito di passaggio, è diventato un rito di conferma”. In questo momento storico pare si sia di fronte alla crisi del matrimonio oppure questa è solo una fase di transizione che non ne intaccherà le fondamenta? Come si può immaginare il futuro di questa secolare istituzione? Oggi molte cose si stanno modificando, anche i rapporti fra i sessi e le generazioni mutano, perché cambiano le aspettative reciproche ed anche perché si vive più a lungo. La famiglia che definiamo tradizionale, basata su una gerarchia tra i sessi e le generazioni, sul matrimonio per tutta la vita e sulla generazione solo entro il matrimonio certamente ha perso forza e legittimità.
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Ma ciò non significa che non si fa più famiglia, che non ci si mette più in coppia, che non si entra più in patti duraturi di coppia. Siamo in una fase, come altre ce ne sono state in passato, di ridefinizione dell’istituzione famiglia a partire da una ridefinizione dell’istituzione matrimonio. Si può parlare di crisi nel senso proprio di questo termine: di cambiamento di assetti che si erano consolidati, di fase di passaggio verso nuovi assetti, nuovi equilibri. Le vecchie regole non sono ancora alle nostre spalle e i nuovi modelli non si sono ancora del tutto consolidati. Un tempo solo con il matrimonio era possibile formare una famiglia, mentre oggi viviamo in un sistema plurale caratterizzato da fenomeni come la convivenza, le separa-
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zioni, la costituzione di nuovi tipi di nuclei familiari, le coppie omosessuali. Solo per fare un esempio, in Italia oggi un matrimonio su quattro è preceduto da una convivenza e in molti casi una coppia ha uno o più figli prima di sposarsi. Quindi possiamo parlare di crisi del matrimonio nel suo significato di istituzione che consente di mettersi in coppia e procreare. Analogamente, il divorzio, ovvero la reversibilità del matrimonio, lo ha indebolito come istituzione della durata di tutta la vita. Anche se va ricordato che in molte società pre-moderne il divorzio era possibile, anche se sulla base di criteri diversi (ad esempio la infertilità, o il rovesciamento delle alleanze tra le parentele, o il mancato pagamento della dote) da quelli attuali. Il matrimonio nella società occidentale ha storicamente rappresentato un rito di passaggio. È ancora così? Che cosa rappresenta oggi? Il matrimonio non è più un rito di passaggio, è diventato un rito di conferma. Un tempo erano solo le nozze che permettevano di procreare e che aprivano, nel caso delle donne, alla sessualità. Oggi invece non è più così e assistiamo, come detto prima, a nuove forme di famiglia; nei paesi nordici è così già da più di vent’anni, da noi è un fenomeno più recente e ancora minoritario, ma in crescita. Dobbiamo anche evitare l’errore di considerare che la famiglia basata sul matrimonio monogamico e sulla filiazione legittima (cioè entro il matrimonio) sia un fenomeno universale di cui tutte le altre forme di mettersi in coppia e procreare sono variazioni devianti più o meno innaturali. La famiglia è una costruzione sociale che cambia nel tempo e si trasforma. E il matrimonio è un’istituzione sociale e giuridica per definizione, quindi mutevole nello spazio e nel tempo, nelle norme che lo regolano, nelle obbligazioni e diritti cui dà luogo, nelle motivazioni che lo legittimano e così via. Le motivazioni che spingono le persone oggi a sposarsi sono sostanzialmente quelle che valevano in passato? Assolutamente no. Fino a un secolo fa l’amore reciproco non era la caratteristica principale del matrimonio, anche se non ne era necessariamente escluso. L’innamoramento, anzi, era considerato pericoloso perché poteva portare a fare matrimoni non ben ponderati o socialmente non accettati. E l’amore appariva un fondamento troppo fragile, perché può non durare per sempre. Viceversa l’interesse – dei due singoli o delle loro parentele – appariva una motivazione del tutto legittima e solida. Oggi invece in un rapporto di coppia ci si vuole sentire felici e gratificati sentimentalmente e sessualmente. Il matrimonio è diventato più fragile non solo perché è più socialmente accettato uscirne se non ci si sta
bene,ma perché ci si aspetta molto sul piano emotivo e del benessere psico-sociale. Non dimentichiamo poi che oggi i matrimoni sono diventati potenzialmente molto lunghi, perché si vive più a lungo. Ma una vita lunga significa anche più possibilità di cambiare in direzioni diverse, o di scoprirsi reciprocamente insopportabili. In altri termini, nel matrimonio contemporaneo occorrono competenze relazionali almeno in parte diverse da quelle necessarie un secolo fa, o anche solo cinquant’anni fa. Anche la logica che regola la procreazione è molto cambiata: un tempo i figli erano il bastone per la vecchiaia, dovevano portare avanti il cognome, la casata o l’azienda. Attualmente, invece, fare figli è un bisogno interno, un completamento individuale. Una volta, tra l’altro, non esisteva il concetto di pianificare una gravidanza, al massimo si cercava di non avere troppi bambini per ovvi motivi di sostentamento. L’emancipazione della donna e la messa in discussione della divisione dei ruoli come hanno influito sulle dinamiche matrimoniali? Hanno in effetti influito parecchio, è quello che in sociologia si chiama “processo di individualizzazione”. Rispetto al passato oggi nel matrimonio i due coniugi non sono né partner più o meno asimmetrici in un’impresa sociale (come nella società tradizionale), né un’unità fusionale (come si pensava negli anni cinquanta del Novecento, con la scoperta dell’intimità). Sono partner che vogliono intimità, ma anche autonomia e, soprattutto le donne, parità. Questo ha migliorato la condizione della moglie, ma ha cambiato anche la prospettiva dell’uomo, il quale non vuole più una donna che viva solo per lui. Oggi il 51% delle donne con figli lavora e c’è una diversa immagine della maternità e dell’organizzazione famigliare. Vorrei peraltro sottolineare che lo stereotipo della madre di famiglia che se ne sta fra
le mura domestiche ad accudire la casa e i figli è un modello relativamente recente, che ha preso piede nei vent’anni successivi al secondo conflitto mondiale. L’età d’oro della “casalinghitudine”, cioè gli anni cinquanta e sessanta, hanno rappresentato una parentesi storica, non una costante. Detto questo, è anche vero che l’Italia è comunque un paese con una divisione del lavoro ancora molto rigida e sono le donne a svolgere quasi tutti i lavori domestici e di cura, anche quando hanno un’occupazione remunerata. In parte è un problema culturale, in parte una questione di organizzazione complessiva della vita quotidiana e dei servizi. Siamo uno dei paesi in cui da un lato la maggioranza pensa che “un bambino piccolo soffre se la mamma lavora”, dall’altra l’offerta e l’organizzazione dei servizi è tale per cui molte mamme sono scoraggiate o colpevolizzate se lavorano fuori casa. E quando lo fanno cercano di “compensare” facendo tutto, piuttosto che negoziare una maggiore condivisione. Oggi si registra una crescente percentuale di separazioni. Che rapporto c’è fra il tribunale civile e la sacra Rota? Sono due istituzioni in concorrenza fra loro? Negli ultimi anni la sensazione è che la Sacra Romana Chiesa, attraverso la Rota, sia entrata in concorrenza con il tribunale civile non sulle separazioni ma sui divorzi tramite l’annullamento. Un tempo chiedere l’annullamento alla Rota era una procedura lunga e umiliante, bisognava andare a Roma ed era un iter molto difficile. Oggi sono sufficienti pochi testimoni e due o tre ragioni: una delle principali è “l’imbroglio”, basta cioè dire che la persona sposata non è quella che si pensava fosse, tanto per fare un esempio. Ottenere un annullamento – se si trovano le motivazioni e i testimoni “giusti” è diventato più veloce che ottenere un divorzio, vista la macchinosità impo-
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sta dalla legge italiana per l’ottenimento di quest’ultimo. Anche se è più facile ottenere un annullamento quando non ci sono figli, ci sono casi di annullamenti anche in presenza di figli. Lo stesso Pontefice si è preoccupato della facilità con cui vengono concessi gli annullamenti in taluni tribunali ecclesiastici e ha raccomandato maggiore rigore e prudenza. Non solo: dalla Rota si esce “puliti” perché il vincolo matrimoniale non viene sciolto, ma si dichiara che non c’erano le condizioni perché fosse contratto, lo si rende nullo. Quindi, paradossalmente, i divorziati non possono accedere ai sacramenti, mentre per i “sacra rotati” non ci sono problemi. Con questo non voglio criticare le scelte della Chiesa che probabilmente si è mossa in questa direzione anche in buona fede, per adeguarsi ai tempi e al cambiamento. La Chiesa cattolica si trova a un bivio: dovrà scegliere se modificare alcuni suoi assunti o se tenere fede alla teologia. Qual è la direzione verso cui è orientata? La Chiesa non è formalmente intenzionata a cambiare le proprie posizioni ma mi sembra che, a livello individuale, ci siano sempre più sacerdoti e vescovi disposti a fare delle concessioni, come ad esempio accordare i sacramenti ai divorziati o addirittura benedire le coppie gay. Quali sono le reali motivazioni che rendono così difficoltoso il riconoscimento delle coppie omosessuali? Il riconoscimento, in Italia, per la verità è difficoltoso anche per le coppie etero che decidono di non sposarsi, ma che chiedono di essere considerate una famiglia. Questo viene negato affermando che si tratta di persone che, sottraendosi al matrimonio, non si assumono delle responsabilità. È una pura petizione di principio, senza fondamento empirico. Al contrario, molte coppie di fatto hanno figli (e nei paesi nordici la maggioranza dei primi figli, e una buona quota dei secondi, nasce da una coppia di fatto), segnalando che hanno un progetto comune di lungo periodo. Si aggiunga che
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anche i matrimoni possono finire e che il matrimonio non garantisce la qualità di un rapporto. Per quanto riguarda gli omosessuali le cose sono ancora più complicate, nella misura in cui c’è chi, non solo nella Chiesa, considera l’omosessualità una devianza contro natura, non uno dei possibili modi di esprimere la sessualità, quindi da non riconoscere in nessun modo, tanto meno legalmente. Nei dibattiti cui partecipo mi è capitato spesso di sentire affermazioni assurde come ad esempio la paura che se si riconoscessero le coppie gay, tutti diventerebbero omosessuali e non si farebbero più figli. È una posizione che non commento nemmeno. L’argomento è evidentemente di difficile soluzione, anche perché lo stato italiano è molto clericale e sulle questioni legate alla famiglia e alla sessualità è sempre stato tenuto sotto scacco dalla Chiesa. Gli unici casi in cui la Chiesa cattolica ha subito una sconfitta sono state le due leggi che hanno introdotto prima il divorzio e poi l’aborto legale e successivamente la sconfitta dei due referendum abrogativi. Ma era un altro clima politico-culturale. Che cosa pensa dei corsi pre matrimoniali organizzati dalla Chiesa o dagli enti pubblici? Sono una cosa utile oppure rappresentano solo una volontà di disciplinamento? La Chiesa ha deciso di organizzare questi corsi perché i tempi si stavano trasformando ed era probabilmente il caso di ricordare cosa fosse il matrimonio cristiano. Questi corsi rivelano anche la necessità di adeguarsi ai tempi che cambiano, con aspetti a volte divertenti: il vestito bianco non è più metafora della verginità, ma adesso significa “nuovo inizio”... Ad ogni modo capisco che la Chiesa abbia deciso di rendere obbligatori questi corsi: si tratta della preparazione a ricevere un sacramento, non diversamente dalla comunione o dalla cresima (o dall’ordine, per i sacerdoti). Nel caso invece dei corsi facoltativi organizzati dagli enti pubblici, va rilevata la positiva tendenza diffusasi ultimamente di gruppi di auto mutuo aiuto dove si affrontano insieme certe tematiche. I corsi per le coppie rientrano in parte
in questa tipologia e come tali non li demonizzerei. Sono occasioni per sviluppare un dialogo e aprire riflessioni, anche se non credo che possano effettivamente insegnare come funziona un matrimonio. Come è cambiato l’approccio al matrimonio, ossia quanto l’ambito sociale di riferimento incide ancora sulle scelte? Anche oggi i modelli sociali sono determinanti nelle scelte, però sono profondamente mutate le dinamiche. Un tempo la decisione avveniva sulla esplicita base di appartenenza a una classe sociale o a un ceto ed ecco allora che la figlia del farmacista sposava un farmacista, o un notaio. Oggi non è molto diverso, c’è ancora una forte omogamia, ma il tutto avviene in modo molto meno consapevole ed è radicalmente cambiato il processo attraverso cui si arriva al medesimo risultato. Adesso la cosa avviene a monte: la gente s’ incontra, si frequenta, si piace nei luoghi frequentati da coloro che sono socialmente simili, e si educa a riconoscere chi ha gusti, stili di vita, simili. Sembra che ci mescoliamo, in realtà i nostri contesti di relazioni sociali sono selezionati in base alle scuole che frequentiamo, il lavoro che facciamo, il modo e i luoghi in cui passiamo il tempo libero, e così via. Possiamo dire che ai giorni nostri viviamo in una condizione di apparente libertà, mentre in realtà accade che ci si innamora della persona “socialmente giusta”. L’innamoramento, è ovvio, non avviene nel vuoto pneumatico, ma è condizionato dall’ambiente in cui siamo immersi e dalle persone che conosciamo e frequentiamo. Ecco perché viene in qualche modo indirizzato dal contesto in cui ci troviamo. Se ci si innamora della persona “socialmente sbagliata”, infatti, arrivano segnali che classificano l’accaduto come “una sbandata” o come qualcosa
che non può durare. Anche oggi, perciò, c’è una fortissima omogamia, anche se non viene regolata in modo rigido come un tempo, ma accade senza che la si disciplini in manifesti codici di comportamento. Un tempo i coniugi venivano esplicitamente cercati e appaiati in base alla loro compatibilità sociale; oggi invece, attraverso un “addestramento del gusto”, sono i singoli che apparentemente scelgono in autonomia il proprio partner, ma si tratta in realtà di una decisione “guidata”. Per buona parte del Novecento la separazione o il fallimento di un matrimonio è stato anche sinonimo di vergogna, di qualcosa da nascondere agli altri. Oggi qual è l’atteggiamento culturale più diffuso nei confronti di questo evento? È comunque il fallimento di un rapporto, capita anche con un’amicizia, figuriamoci quando si tratta di una relazione amorosa, di qualcosa su cui si ha investito molto come un matrimonio. Oggi però sono molte le unioni che finiscono, di conseguenza parecchie persone si trovano nella stessa situazione ed è più facile parlarne, confrontarsi e arrivare a una decisione consapevole, aperta, ragionata. Oggi chi divorzia non è più (se donna) un paria sociale, anche perché la società è cambiata molto e ha aumentato le possibili cause di fallimento di un matrimonio, basti pensare ai cambiamenti di lavoro, di stile di vita, alle possibilità di innamorarsi di qualcun altro, ai suoceri e così via. È chiaro che l’Italia è lunga e ha molte diversità al proprio interno, ma possiamo tranquillamente affermare che la fine di un matrimonio non è più una specie di tabù. Per fortuna, i tempi sono cambiati e anche le donne oggi possono arrivare a questa decisione senza essere considerate delle “svergognate” come succedeva ancora negli anni settanta.
Proposte di lettura a cura della Biblioteca della Fondazione Museo storico del Trentino Cecilia Cristellon, La carità e l’eros; il matrimonio, la Chiesa, i suoi giudici nella Venezia del Rinascimento (1420-1545), Bologna, Il mulino, 2011 Un’indagine sul funzionamento dei tribunali matrimoniali, condotta sul fondo più ricco di cause matrimoniali che esista in Italia: quello del tribunale veneziano nel periodo che va dal 1420 all’apertura del Concilio di Trento. È il primo studio italiano sul tema, quanto a soggetto e arco cronologico coperto; ha come precedenti alcuni lavori sui tribunali inglesi, francesi e tedeschi, con cui il confronto è puntuale e costante. In quanto materia riguardante la salute dell’anima, il matrimonio rientrava a pieno titolo nella sfera di competenza della Chiesa. E se i tribunali secolari restavano competenti per le questioni patrimoniali tra i coniugi, anche in queste però accadeva che la Chiesa si ingerisse: o in via diretta sostituendosi alla giurisdizione civile, o condizionandone gli esiti con le proprie sentenze. Le magistrature laiche, dal canto loro, erodevano in parte le competenze ecclesiastiche continuando a esercitare una giurisdizione autonoma sul matrimonio, in particolare con riguardo alla separazione dei coniugi e a reati strettamente connessi al vincolo nuziale e alla sua definizione, quali adulterio, bigamia, stupro.
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Cultura che vai… matrimonio che trovi
Nei dipartimenti di Scienze derivano dei privilegi e dei doUmane di quasi tutte le uniververi per la coppia sposata, per sità per definire cosa studi un le rispettive famiglie di apparteantropologo circola un simpanenza e per la discendenza fututico proverbio che recita così: ra. Il legame che s’instaura serdi Marta Villa “I filosofi si occupano di Dio, gli ve a regolare anche la relazione psicologi dell’io, gli antropologi tra gruppi domestici diversi e dello zio”. Questa definizione un L’umanità si cristallizza nella monocul- soprattutto ad allargare i confini po’ canzonatoria, ma che sot- tura, si prepara a produrre la civiltà di di parentela. tende sicuramente un fondo di massa, come la barbabietola. L’antropologo Marco Aime così verità, è scaturita probabilmente La sua mensa non offrirà ormai più scrive: “Non c’è dunque nulla di dall’incessante lavoro svolto in che questa vivanda naturale nella parentela: si tratcampo antropologico riguardo (Claude Lévi-Strauss, Tristi tropici. ta di una costruzione culturale, le questioni relative alla paren- Milano: Il saggiatore, 1960). e ogni società fissa delle regole tela, alle usanze matrimoniali, su chi si può, si deve o è meglio alle ubicazioni delle diverse sposare. Se nella società occifamiglie all’interno di determidentale attuale la scelta del conati luoghi e ai loro eventuali niuge è piuttosto libera e legata spostamenti. Possiamo, pera fattori personali, presso molte tanto, spingerci a definire la altre culture sono in vigore norquestione della costituzione di me che regolano o condizionauna famiglia, cellula primordiale no le possibilità di matrimonio, della società umana, un ambito vincolando a certi contesti” molto indagato dalle discipline (Marco Aime, Il primo libro di antropologiche. Molti testi, che antropologia. Torino, Einaudi, sono entrati a far parte del com2008: 144). pendio base della dotazione di Vi sono solo due tipi di scelte un giovane antropologo, della possibili: il partner è cercato sua valigetta da bricoleur di leviall’interno del proprio grupstraussiana memoria, contenpo sociale o territoriale, in tal gono descrizioni molto accurate caso gli antropologi parlano di dei sistemi di parentela vigenti legame endogamico, oppure in diverse culture del globo. all’esterno, legame esogamiPrendiamo per iniziare, ad esemco. Possiamo suddividere tutti i pio, la definizione di matrimonio matrimoni contratti sulla terra in che negli anni settanta l’antroquesti due grandi macrogruppi. pologo Goodenough, che si è Statisticamente gli studiosi hanoccupato di sistemi di parentela, no individuato che la scelta enscrisse: “una transazione che si dogamica è molto meno diffusa risolve in un accordo in cui una rispetto all’altra. persona (maschile o femminile, Aime prosegue, giustificando collettiva o individuale, in prima il perché del prevalere dell’una persona o per procura) stabilisce un diritto continua- sull’altra: “La consuetudine di cercare una sposa al tivo di accedere sessualmente a una donna, e nel di fuori del proprio gruppo contribuisce a stemperaquale la donna in questione è considerata suscetti- re o ad annullare del tutto la competizione che nabile di avere figli” (Ward Hunt Goodenough, Descrip- scerebbe tra i giovani se dovessero contendersi le tion and Comparison in Cultural Anthropology, Chi- ragazze del gruppo stesso, e quindi a mantenere la cago, Aldine, 1970: 12-13). pace sociale” (Marco Aime, Il primo libro di antropoPossiamo parafrasare la definizione affermando che logia. Torino, Einaudi, 2008: 145). il matrimonio presso la maggior parte delle culture L’antropologo francese Claude Lévi-Strauss nel suo del mondo sancisce un patto tra due esseri umani Le strutture elementari della parentela spiega che e legittima non solo la loro relazione sessuale, ma l’esogamia si è diffusa quando le donne sono divenanche la gestione di un patrimonio, l’educazione e tate oggetto di scambio tra gruppi differenti al fine di l’allevamento della prole, la dimora in un’abitazione, sancire delle alleanze sociali forti. Per lo studioso, lo stanziale o mobile che sia. Da questa condizione ne scambio delle sorelle costituirebbe la prima manife-
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stazione di arte politica fatta dal genere umano. Proseguendo nella schematizzazione e classificazione, troviamo che il matrimonio poi può essere di due tipi: monogamico o monoandrico, poligamico o poliandrico. Fino ad ora l’antropologia ha individuato che più del 90% dei legami matrimoniali nel mondo sia di tipo poligamico. Goody ricorda che “nelle culture umane, è la monogamia che è rara, mentre è comune la poliginia” (Jack Goody, Produzione e riproduzione: studio comparato della sfera domestica. Milano, Angeli, 1979) e anche Schultz e Lavenda scrivono “la maggioranza delle società al mondo ammette la poliginia” (Emily A. Schultz – Robert H. Lavenda, Antropologia culturale. Bologna: Zanichelli, 1999: 252). Francesco Remotti analizza con estrema lucidità nel suo testo Contro natura: una lettera al papa (Bari-Roma, Laterza, 2008) la questione dell’indissolubilità del vincolo matrimoniale difesa dalla dottrina cattolica. A tal proposito ricorda che anche gli ebrei nell’Antico Testamento prevedevano la poliginia: “la poliginia ebraica non è una questione di poco conto. Parecchi dei più famosi personaggi della Bibbia – Abramo, Giacobbe, Elcana, Davide, Salomone e altri ancora – erano poligamici” (Francesco Remotti, Contro natura: una lettera al papa. BariRoma: Laterza, 2008: 115). Mordechai Akiva Friedman, ricordato da Remotti, scrive: “la poliginia è uno dei fenomeni sociali e giuridici più rilevanti, che abbiano distinto attraverso i secoli l’ebraismo sefardita dall’ebraismo aschenazita”; “la prima società rimane, di principio poliginica, mentre la seconda divenne monogamica” (Mordechai Akiva Friedman, “Polygyny in jewish tradition and practice: new sources from the Cairo Genize”. Proceedings of the American Academy for Jewish Research, 1982, v. 49: 33). Non stupisce ciò se si considera che le comunità sefardite vivevano in paesi dominati dall’Islam, che non proibirono mai la poliginia, mentre le altre si stabilirono in territori cattolici o protestanti. Citiamo poi un esempio curioso legato alla pratica poliginica ebraica in Italia: non lontano da Trento, il vescovo di Feltre, pochi anni dopo la conclusione del Concilio di Trento così scriveva in favore di un cittadino di religione ebraica: “è lecito al suddetto
signor Beniamino, secondo la forma del sacrosanto Antico Testamento, prendere una moglie, tenendosi anche la prima, in vista della prole; allo stesso signor Beniamino con la medesima nostra autorità diamo licenza piena e totale di prendere un’altra moglie e con essa contrarre legittimo matrimonio secondo la forma e il rito degli Ebrei” (Cesare Colafemmina, “La poligamia presso gli ebrei nel Medioevo”. Quaderni medievali, 1992, a. 34: 120). Pochi anni prima gli anabattisti a Munster, in Germania, fondavano una società che prevedeva la comunione dei beni (una specie di comunismo arcaico) dove era diffusissima la poliginia: il gruppo ebbe vita molto breve e venne massacrato dalle forze cattoliche e protestanti nel 1535. Se ci avviciniamo alla
nostra epoca storica, ricorda sempre Remotti, troviamo negli Stati Uniti ottocenteschi la Chiesa dei Santi dell’Ultimo Giorno, i Mormoni, che richiamandosi anch’essi alle Sacre Scritture, e in particolare all’Antico Testamento, giustificavano moralmente la naturalità della loro poliginia (Francesco Remotti, Contro natura: una lettera al papa. Bari-Roma, Laterza, 2008: 122), pratica che fu imposta di abbandonare con la forza solo nel 1890. Ci sono tuttavia anche delle culture che prevedono il
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matrimonio come scelta indissolubile ed eterna, così accade per gli hindu per i quali una donna, anche se vedova, non può permettersi un secondo matrimonio. In India vige il costume del sati, che, seppure messo fuori legge dagli inglesi ancora nell’Ottocento, viene ancora praticato: la sposa si fa immolare sulla pira del marito defunto vestita con l’abito di nozze e l’acconciatura del suo matrimonio per sancire il proprio legame eterno con lo sposo. Un altro caso diverso e interessante è stato sicuramente quello degli Inuit dell’Alaska (che è stato disapprovato da insegnanti e missionari che si addentrarono in questi territori e ne ha comportato la sparizione): presso questo popolo non si praticava alcuna cerimonia matrimoniale. Due persone decidevano a un certo punto di vivere insieme e di avere rapporti sessuali: in questo caso assumevano i nomi di nui e nuliaq, che possono equivalere ai nostri marito e moglie. Se la coppia non andava più d’accordo decideva semplicemente di separarsi: uno dei due andava a vivere da un’altra parte. “A differenza che tra noi, però, per gli Inuit il divorzio ben difficilmente era una catastrofe. Non solo, ma tra gli Inuit dell’Alaska il divorzio era una pratica estremamente diffusa: qualcosa come il 100% dei matrimoni veniva interrotto; il che vuol dire che praticamente ogni individuo nella sua vita aveva vissuto almeno una volta l’esperienza del divorzio, se non di più” (Francesco Remotti, Contro natura: una lettera al papa. Bari-Roma, Laterza, 2008: 131). Ciascun membro della coppia poi poteva contrarre un nuovo legame. Si trattava del co-matrimonio, che una volta gli etnologi chiamavano scambio delle mogli, una riduzione forse un po’ troppo semplicistica. Le due nuove coppie, che si venivano a formare, potevano
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non frequentarsi mai più, oppure poteva instaurarsi un legame di forte amicizia, di reciproco aiuto e di protezione, pratica che l’antropologo Burch descrive dettagliatamente nei suoi resoconti etnografici (Ernest S. Burch, “Marriage and Divorce among the North Alaskan Eskimos”. In: Divorce and after. A cura di Paul Bohannan. Garden City, Doubleday, 1970: 160). Proseguendo in questo giro del mondo tra le usanze matrimoniali, approdiamo in Sudamerica. In Amazzonia, presso alcune popolazioni indigene si usa praticare la poliginia sororale, così definita perché un uomo quando sposa una donna ha il diritto di sposare anche le relative sorelle. I Toda, piccola comunità pastorale stabilita sull’altopiano del Nilgiri in India meridionale, invece, praticano la poliandria, costume in uso anche presso i Nayar del Malabar (India), popolazione di agricoltori seminomadi di religione brahamanica: visto che gli uomini erano molto spesso occupati nella pratica militare, le donne erano libere di avere fino a dodici amanti o mariti temporanei. Ciascuno di loro era libero di visitare la moglie quando voleva, solo se davanti all’uscio della casa non trovava lo scudo o la lancia di un altro uomo, in caso contrario doveva ritornare la notte o il giorno successivo. In Nepal presso i Nyinba, popolazione originaria del Tibet, studiata approfonditamente dall’antropologa Nancy Levine negli anni ottanta, era diffuso invece un matrimonio poliandrico adelfico, ossia una donna aveva la possibilità di sposare un uomo e tutti i suoi fratelli di sangue, che vivevano in una condizione di parità e senza manifestazioni di gelosia. “I Nyinba sono circondati da altre popolazioni, in cui non viene praticata la poliandria. Sono consapevoli di questa
loro particolarità e rivendicano la poliandria come un loro tratto distintivo e come un elemento che li collega al loro passato ancestrale: anche i loro antenati praticavano la poliandria fraterna e i Nyinba sottolineano l’armonia familiare che questa soluzione ha sempre comportato” (Francesco Remotti, Contro natura: una lettera al papa. Bari-Roma, Laterza, 2008: 140). A Ceylon una donna può sposare, invece, due uomini, non necessariamente parenti, ma in momenti differenti. Questi mariti non sono pari, il primo di solito è quello che gode di una posizione di maggiore autorità rispetto all’altro. Anche in Africa le donne possono sposare un uomo e decidere in seguito di vivere con un altro uomo senza per questo dissolvere il legame matrimoniale con il primo. Questo tipo di unione viene definita “matrimonio secondario”. In Nigeria presso i popoli Kadara e Kagoro, le donne possono scegliere un secondo marito senza interrompere la relazione con il primo: “la donna poteva tornare a far visita al suo primo marito, e mentre era lì si comportava in tutto come una moglie” (Lucy Mair, Il matrimonio: un’analisi antropologica. Bologna, Il mulino, 1976: 167). La consuetudine però prevede che il secondo marito sia scelto all’esterno del gruppo del primo coniuge. Mary Douglas, parlando dei Lele del Kasai (Congo), racconta che in questo gruppo era presente la hohombe, o moglie del villaggio, donna legata a diversi mariti attraverso la pratica della poliandria. Fondamentale per gli studi antropologici legati alla parentela e alle questioni matrimoniali è anche la descrizione e classificazione delle pratiche residenziali utilizzate dopo il matrimonio: questo legame, infatti, stabilisce in ogni cultura anche il luogo ove la coppia debba risiedere una volta sposata. Se la sposa abbandona la propria casa e il proprio
gruppo e va a vivere in quello del marito si parla di residenza virilocale, al contrario se è il marito che emigra nei territori della sposa, pratica comunque rarissima, si tratta di residenza uxorilocale. Lo stesso vale per i figli, che possono abitare presso il gruppo di appartenenza della madre, residenza matrilocale, o presso quello del padre, residenza patrilocale. Affacciandoci sull’altra sponda del Mediterraneo troviamo quanto il matrimonio regoli e stabilisca delle alleanze sociali strettissime che entrano in gioco quando si subiscono torti gravi: alcune società nomadi del deserto, se le contese non si placano per mezzo di altre forme di giustizia, praticano ancora oggi la vendetta di sangue che viene attuata anche attraverso i legami di parentela acquisiti con i matrimoni. La maggior parte degli episodi regolati dalla vendetta sono legati all’onore ferito di madri, mogli, sorelle o figlie e investono tutta la famiglia allargata oppure vengono scatenati dalla pratica dell’abigeato o della violazione dei confini. Questo “giro lungo” alla ricerca delle pratiche matrimoniali in uso nel mondo ci permette anche un’ultima riflessione più generale sul senso di parlare di cultura e di costumi: sempre Remotti chiarisce ai suoi studenti e ai giovani praticanti di ricerca sul campo che “se gli antropologi amano andare altrove non è per mero esotismo, ma per apprendere, per capire come altrove altre persone hanno deciso di vivere: la loro umiltà consiste quasi nel diventare bambini presso di loro, lasciandosi impregnare dalla loro cultura. Andare alla ricerca di forme di saggezza, anche di quella saggezza che abbiamo calpestato e distrutto, ritengo sia uno dei compiti irrinunciabili di quel sapere che abbiamo chiamato antropologia culturale” (Francesco Remotti, Contro natura: una lettera al papa. Bari-Roma, Laterza, 2008: 261).
Il matrimonio nella cultura tradizionale dell’Europa dell’Est Nelle culture tradizionali, le nozze rappresentano una delle cerimonie sociali fra le più importanti e complesse, con repertori musicali affatto tipici. Sebbene nell’Europa dell’Est questo tipo di cerimonie si presentino essenzialmente simili, le consuetudini variano da regione a regione, così come da paese a paese. Al centro di cerimonie e rituali si sviluppano i temi della longevità, della fertilità, della prosperità e della felicità. Nonostante nel tempo siano intervenuti, qui come altrove, inevitabili cambiamenti legati alla globalizzazione e all’industrializzazione, sopravvivono ugualmente, ancor’oggi, tracce delle più antiche tradizioni di musica e danza. Veri e propri tesori culturali conservati negli archivi sonori di Ungheria, Lituania, Polonia e Slovenia contribuiscono a disegnare un affascinate affresco delle tradizioni e dei rituali matrimoniali nell’Europa orientale. Di tutto questo narra la mostra virtuale “Weddings in Eastern Europe” visitabile al seguente indirizzo internet http://exhibitions.europeana.eu/exhibits/show/weddings-in-eastern-europe (rt).
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Matrimoni misti in Trentino
Negli ultimi vent’anni la preun discorso sull’endogamia e senza straniera in Trentino si è l’esogamia ‘lecita’ all’interno di andata via via stabilizzando e una data cultura (discorso che radicando, imprimendo un ritmo può essere solo descrittivo – si laboratori interculturali accelerato ai processi locali di fa, non si fa – o anche interprein evoluzione trasformazione sociale. È un tativo – perché sì, perché no); in dato di fatto che gli stranieri a termini teologici, come discorso fine 2010 siano ormai nell’ordine sulla verità intrinseca dell’appardi Serena Piovesan delle 50.000 unità, e che rappretenenza religiosa (se una relisentino poco meno del 10% gione è migliore dell’altra, come della popolazione provinciale. possono ‘mischiarsi’?) e sulla Dunque, anche in un territorio legittimità stessa della coppia relativamente periferico come il (non solo) religiosamente mista Trentino il fenomeno migratorio (è bene, è male; è permesso, è ha assunto un carattere strutproibito); e così via”. turale, e si può affermare che Qualsiasi sia il piano di lettura oggi la convivenza multietnica è privilegiato, quando si parla una realtà della quotidianità sia di queste unioni alcuni aspetti dei centri urbani che dei paesi e emergono più frequentemente: delle valli. da un lato, se ne sottolinea la Uno degli indicatori che dà la dimensione di scambio transculmisura dell’evoluzione dal basso turale, che può essere reciprocadei processi di interazione e mente arricchente e anticipare relazione tra autoctoni e nuovi per molti versi la futura società venuti è rappresentato dalle meticcia; dall’altro, ne vengono coppie miste e dalla loro “istitumesse in rilievo le potenziali zionalizzazione” nei matrimoni criticità, e in maniera particomisti. Queste unioni tra un italare il consistente “lavoro matriliano e uno straniero, o tra due moniale” richiesto nella coppia stranieri di provenienza diversa, mista per mediare e gestire difsono presenti e si sono diffuse ferenze linguistiche, culturali e significativamente anche in Trentino. religiose, come pure le relazioni con la rete parenPer molti aspetti, come ha sottolineato Stefano tale, la comunità e i servizi alla persona. Allievi (“Doppio misto: le coppie interetniche in La crescente rilevanza e portata di questo tema, Italia”. Il Mulino, 1997, n. 5: 961), rappresentano un da un punto di vista quanti-qualitativo, emerge da fenomeno che si presta a molteplici letture: quanto documentato nelle diverse edizioni del Rap“Esse vengono spesso lette dal punto di vista micro- porto annuale sull’immigrazione in Trentino (L’immisociale, interno alla coppia stessa, in chiave psicolo- grazione in Trentino: rapporto annuale 2011. A cura gica (l’attrazione del diverso) o di disagio sociale (un di Maurizio Ambrosini, Paolo Boccagni e Serena Piorapporto tra marginali); socio-demograficamente, vesan. Trento, Provincia Autonoma di Trento, 2011). in termini macrosociali, di sistema, come un allar- In provincia, i matrimoni con almeno uno sposo gamento del mercato matrimoniale (più varietà, più straniero celebrati nel corso del 2010 sono stati 251 scelta, più occasioni); in termini antropologici come – appena meno numerosi di quelli dell’anno preceTabella 1- Matrimoni misti celebrati nella provincia di Trento nel corso del 2010, con almeno uno degli sposi residente in provincia di Trento, per rito di celebrazione e tipologia della coppia Tipologia della Rito di celebrazione coppia Religioso Civile Totale V.A. % col. % riga V.A. % col. % riga V.A. % Entrambi stranieri 1 40 19,4 97,6 41 17,3 Straniero/italiana 7 22,6 25,9 20 9,7 74,1 27 11,4 Italiano/straniera 23 74,2 13,6 146 70,9 86,4 169 71,3 Totale 31 96,8 13,1 206 100,0 86,9 237 100,0 fonte: Ambrosini et al., 2011
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dente (tabella 1). Si tratta, in termini di incidenza relativa, del 15,3% dei matrimoni celebrati in provincia. Nelle coppie miste, in Trentino come nel resto d’Italia, la tipologia più frequente è quella in cui lo sposo è italiano e la sposa è straniera (71% del totale di queste unioni). Gran parte dei matrimoni misti (87%) è stata celebrata con rito civile, mentre sul complesso dei matrimoni celebrati in provincia di Trento, le unioni con rito religioso mantengono una leggera prevalenza (51,3%) su quelle di rito civile. Ad allargare lo sguardo sull’evoluzione dei matrimoni con almeno uno sposo straniero in Trentino, nell’ultimo decennio (figura 1), emerge un quadro privo di precise linee di tendenza. Per tutte le tipologie di coppia considerate (italiano/straniera, straniero/italiana, entrambi stranieri), infatti, il numero di matrimoni celebrati tende a variare di anno in anno, senza che si delinei alcuna precisa “direzione” nel medio periodo. Costante è, semmai, l’ordine di grandezza di queste tre varianti del matrimonio misto: il numero di matrimoni in cui figura uno sposo italiano si mantiene sempre su livelli numerici molto più alti delle altre due fattispecie considerate. Figura 1: evoluzione dei matrimoni misti celebrati in provincia di Trento dal 2000 al 2010, con almeno uno degli sposi residenti in provincia di Trento, per “tipologia di coppia” considerata (Fonte: L’immigrazione in Trentino: rapporto annuale 2011. A cura di Maurizio Ambrosini, Paolo Boccagni e Serena Piovesan. Trento, Provincia Autonoma di Trento, 2011)
moni celebrati (in particolare delle prime nozze), si deve anche sottolineare che nel caso specifico delle celebrazioni con almeno uno sposo straniero hanno inciso le nuove disposizioni introdotte in materia di matrimoni con cittadini stranieri (articolo 1, comma 15 della legge n. 94/2009), che impongono allo straniero che vuole contrarre matrimonio in Italia l’obbligo di esibire anche un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano. Queste disposizioni, volte a impedire i cosiddetti “matrimoni di comodo” – ovvero quelli utilizzati come espediente per ottenere la cittadinanza italiana o, comunque, una posizione regolare da parte di chi ne era privo – hanno comportato un contenimento delle celebrazioni di matrimoni sia misti sia con entrambi gli sposi stranieri; si tratta di un effetto che sarà particolarmente interessante monitorare nei prossimi anni (Caritas/Migrantes, Dossier statistico immigrazione 2011, Roma, IDOS, 2012). Tornando al caso trentino, alcune riflessioni vanno fatte relativamente alle ripartizione per nazionalità dei matrimoni misti celebrati in provincia nel corso del 2010. Nelle unioni coniugali tra italiani e straniere (circa 170), buona parte di queste ultime è di origine est-europea: Romania (18,9%), Moldavia (9,5%), Ucraina, Brasile e Polonia (7-8% in ciascuno dei tre casi). Nel caso delle nozze tra stranieri e italiane, pari a meno di un sesto della categoria precedente (ossia a meno di 30 episodi), non si rilevano invece particolari prevalenze per nazionalità, a fronte di un bacino di provenienze nazionali estremamente differenziato. Le analisi contenute nel Dossier Caritas (Caritas/ Tabella 2: matrimoni misti celebrati nella provincia di Trento nel corso del 2010, con almeno uno degli sposi residente in provincia di Trento, per cittadinanza del coniuge straniero
Rimanendo in tema di trend, va detto che a livello nazionale il numero di celebrazioni matrimoniali miste a partire dal 2009 ha fatto registrare una brusca inversione di tendenza, dopo un decennio in cui il fenomeno era cresciuto, andando a incidere in maniera assai rilevante sul complesso dei matrimoni celebrati in Italia. Se è vero che questo calo va di pari passo con la diminuzione del numero totale di matri-
A - sposo italiano e sposa straniera Cittadinanza della sposa Rumena 32 18,9 Moldava 16 9,5 Ucraina 13 7,7 Brasiliana 12 7,1 Polacca 12 7,1 Altra cittadinanza 84 49,7 Totale 169 100,0 B - sposo straniero e sposa italiana Cittadinanza dello sposo Brasiliana 2 7,4 Mozambicana 2 7,4 Romena 2 7,4 Spagnola 2 7,4 Altri Paesi 19 70,4 Totale 27 100,0 fonte: elaborazione Cinformi su dati Servizio Statistica - PAT
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Migrantes, Dossier statistico immigrazione 2011, Roma, IDOS, 2012:132-133), ci consentono di aggiungere altre considerazioni relativamente alle unioni miste in Italia. Un tratto che le distingue dalle unioni tra soli italiani è l’asimmetria riguardo all’età e al livello di istruzione delle coppie. Soffermandosi al caso che presenta una maggiore asimmetria, ovvero quella della coppia italiano/straniera, si nota che l’età media degli sposi supera i 40 anni, rispetto a un’età delle spose di poco superiore ai 30 anni. Relativamente alle disparità nel livello di istruzione, va detto che le difformità si fanno più accentuate ancora una volta all’interno della tipologia sposo italiano/sposa straniera: se all’interno di coppie con entrambi i coniugi italiani una quota inferiore all’1% dei mariti con licenza elementare sposa donne laureate, nel caso delle coppie italiano/straniera questa quota tocca il 6%. Anche i matrimoni misti sono soggetti all’instabilità e alla dissoluzione dei legami coniugali in misura crescente nel tempo, ma con un livello di conflittualità registrata nel corso delle separazioni maggiore rispetto alle coppie composte da coniugi entrambi italiani; e andando incontro più precocemente alla separazione (ISTAT, Evoluzione e nuove tendenze dell’instabilità coniugale, Argomenti n. 34). Lasciando la dimensione quantitativa del fenomeno, e volendo concludere con alcune considerazioni di ordine qualitativo, vale la pena citare una ricerca realizzata in Trentino da Mara Tognetti Bordogna (Le famiglie miste: laboratori culturali nella società trentina. Atti del progetto “Iniziativa di valorizzazione degli interventi e delle risorse a favore delle Famiglie Miste”. Trento: Provincia autonoma di TrentoCinformi, 2004). Il lavoro ha fatto luce sulle potenzialità e sulle criticità delle coppie miste, raccogliendo il vissuto dei partner e di coloro che hanno sperimentato l’esperienza della coppia mista, ma anche descrivendo le diverse visioni che circolano tra gli
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operatori di alcuni servizi. Ne è emerso che le relazioni che queste coppie intrattengono con la famiglia d’origine e l’entourage non sembrano comportare particolari problematiche. Una certa indifferenza e formalità improntano invece i rapporti con i vicini, che probabilmente risentono dell’isolamento vissuto da alcune coppie. Le discussioni maggiormente frequenti sono legate ad incomprensioni linguistiche, ma dalle interviste realizzate con coppie miste è anche emerso che nella gestione della vita quotidiana i partner sembrano trovare accordi e soluzioni che vanno oltre le culture di origine. Nel momento in cui la ricerca ha coinvolto alcuni operatori dei servizi del territorio, ha messo in rilievo il fatto che sono ancora limitate le competenze per la presa in carico delle coppie miste, e che un apporto importante potrebbe venire dall’introduzione di mediatori culturali all’interno dei servizi. Comunque, le criticità riportate in merito a coppie miste in difficoltà vanno dal generale disagio, al ruolo di coppia, alla gestione dei rapporti con i parenti e soprattutto alle scelte educative che riguardano i figli. Un dato di fondo sembra essere il riconoscimento della necessità di focalizzarsi sulla natura della coppia mista, “che non si differenzia sostanzialmente da quella italiana, che non presenta criticità profondamente diverse da essa, ma che ha criticità in più, le quali possono essere ricondotte, sostanzialmente, alla mediazione delle culture e all’allentamento della rete sociale” (Le famiglie miste: laboratori culturali nella società trentina. Atti del progetto “Iniziativa di valorizzazione degli interventi e delle risorse a favore delle Famigli Miste”. Trento, Provincia autonoma di Trento-Cinformi, 2004: 64). Le coppie miste, dunque, rappresentano un aspetto rilevante del “multiculturalismo nel quotidiano”, segno tangibile dell’incontro e della relazione tra le differenze, ma anche cartina di tornasole del grado di apertura e accettazione dell’altro di una determinata comunità locale.
Agenzie matrimoniali: dalle corti dei principi al web
“Una pubblicazione […] afferma una storia di almeno due secoli. che un piano matrimoniale sta Una storia che subisce un’acper essere introdotto in ogni celerazione nel secondo dopopaese e città in Inghilterra e guerra nel mondo occidentale. Galles, sotto il controllo di un Inizia allora il vero business gruppo selezionato di ecclesiadelle imprese che fanno profitto Alice Manfredi stici”. A riportare questa infororganizzando l’incontro tra permazione è The Spirit of the sone in vista delle nozze. ConPublic Journals for 1799, una temporaneamente si diffondono raccolta di notizie estratte dai anche gli annunci matrimoniali giornali del 1799, pubblicata a su giornali e riviste, gratis o a Londra nel 1805. pagamento: un tipo di autoproL’autore prosegue riportando, mozione in vista di incontri o non senza ironia, le parole matrimoni, tutt’altro che estinto. usate per descrivere il cosidCosì come per tanti altri settori, detto piano matrimoniale e cioè il boom commerciale di queste “nuovo e originale, in linea con attività si registra però negli anni le usanze dei sovrani e dei prinottanta del Novecento. cipi d’Europa, così come delle corti del mondo conosciuto”. Bello onesto emigrato Australia Ma in cosa consiste quest’idea sposerebbe compaesana illiche si sostiene abbia conquibata stato persino le teste coronate dell’epoca? Il cinema – al pari di altre forme d’arte e narrazione – “Ogni persona, di entrambi i sessi, che desideri con- non è testimonianza fedele di un fenomeno sociale. trarre un rapporto matrimoniale deve prima corri- Restituisce invece l’impressione che in una certa spondere una certa somma. Poi, tutte le signore e i comunità e in un certo tempo quel fenomeno ha signori devono produrre una descrizione di se stessi, lasciato. Nelle pellicole ritroviamo le sensazioni, le usando – a scelta – nomi reali o di fantasia”. Ma opinioni, i pregiudizi che hanno gravitato intorno a non finisce qui. Secondo la pubblicazione inglese, un evento, oltre al personale punto di vista del regile descrizioni personali verranno poi suddivise in sta, dello sceneggiatore e degli altri partecipanti alla tre classi. I criteri discriminanti non sono chiari, ma realizzazione di un film. uno sembra essere evidente: è il valore della per- L’agenzia matrimoniale – la sua nascita, la sua espansona, valore non da intendersi come qualità etica o sione – non ha lasciato indifferente chi è abituato, morale, ma – più materialmente – come patrimonio per mestiere o per passione, a osservare i mutao dote a disposizione. Gli iscritti riceveranno quindi menti sociali. Negli anni cinquanta molti film in Italia l’elenco delle descrizioni divise per classi; indiche- hanno ritratto questa nascente forma di business. ranno i propri desiderata e, in caso di valutazione Nel 1950 Carlo Ludovico Bragaglia gira Totò cerca positiva anche della controparte, procederanno con moglie. La storia, piuttosto razzista, vede Totò squatun incontro faccia a faccia. trinato scultore residente a Roma che una ricca zia Iscrizione. Pagamento. Descrizione di se stessi. australiana vuole far sposare con la bella nipote. Anonimato. Selezione. Incontro. Non manca nulla. Viene dunque inviata una fotografia che però – per Sono proprio gli ingredienti dell’agenzia matrimo- errore – non è quella della ragazza, bensì quella di niale e sono tutti presenti, almeno in linea teorica, una brutta domestica di colore. Totò tenta in vari nel 1799. Addirittura si sostiene che l’usanza sia già modi di scongiurare il matrimonio. Si rivolge anche diffusa nell’intero mondo conosciuto. Testimonianza all’agenzia “Fido”, sulla cui porta sono indicati i o artificio retorico? Non è dato saperlo. È certo però seguenti servizi: “matrimoni, occasioni, mediazioni, che si trova traccia di un caso a Londra, pochi anni collocamento, compra-vendita”. L’umorismo genedopo. È il 1825 e a Bishopsgate apre, tre giorni alla rato dall’accostamento con la vendita di beni di consettimana, una nuova agenzia matrimoniale: gli inte- sumo è accentuato anche dalla battuta che Totò proressati possono iscriversi a pagamento e le descri- nuncia varcando la soglia d’ingresso: Buongiorno, io zioni personali sono divise – questa volta – in cinque vorrei una moglie, possibilmente di prima mano. classi (William Hone, The Every-day Book and Table Nel 1953 Federico Fellini gira un film di 16 minuti inBook. Londra: Thomas Tegg, 1838). titolato appunto Agenzia matrimoniale. Anche qui ci Siamo propensi a considerare le agenzie matrimo- sono delle note ironiche e divertenti, ma accostate a niali un fenomeno moderno ma hanno, in realtà, uno sguardo lucido puntato su un’Italia in bilico tra
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modernità e decadenza. Il protagonista è un giornalista incaricato di svolgere un’indagine sulle agenzie matrimoniali. Per questo si avventura in un vecchio caseggiato della capitale, dove, dopo aver vagato per tortuosi corridoi – popolati da donne e bambini – scova un’agenzia. Qui il padrone parla di richieste “particolari” dei clienti (Cercano una donna con delle lunghe trecce bionde, non le sembra incredibile?) e dei rischi del mestiere (Solo sulle donne assumiamo informazioni perché possono esserci di mezzo figli). Poi il giornalista espone il suo caso, inventato sul momento, a un’incaricata: un amico possidente terriero è purtroppo affetto da licantropia e, secondo autorevoli pareri medici, convolando a nozze potrebbe guarire. La terribile storia non desta alcuna perplessità e dopo svariate firme e timbri, il protagonista incontra una povera ragazza, che con candore disarmante, si dice pronta a sposare il licantropo (Io sono povera, figlia di poveri, mi sono detta “mò mi sposo”, se questo signore è buono io mi affeziono). Negli anni settanta spicca Bello onesto emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata di Luigi Zampa con Alberto Sordi e Claudia Cardinale, che già nel titolo fa il verso agli annunci matrimoniali. In questo caso il protagonista, Amedeo, è un emigrato che, per trovare moglie si rivolge a don Anselmo. Quest’ultimo è il nodo centrale di una fitta rete di corrispondenza – con scambio di fotografie – che ha l’obiettivo finale di combinare matrimoni tra emigrati e donne disposte a lasciare l’Italia. L’ultimo esempio è un film di oltre trent’anni dopo. Ne L’amore è eterno finché dura, pellicola del 2004 di Carlo Verdone, fa la sua apparizione un nuovo metodo di organizzare incontri in vista di un matrimonio o per lo meno di una storia d’amore. Si tratta dello speed dating. In un’esilarante scena, un gruppo di persone – armate di foglietto per prendere nota di impressioni e valutazioni personali – affronta simultaneamente una successione di rapidi incontri con possibili partner, mentre una specie di arbitro con cronometro scandisce i cambi. Questi e molti altri film restituiscono l’immagine di un fenomeno nato negli anni cinquanta e modificatosi nel tempo. La chiave per descriverlo è molto spesso quella dell’ilarità e il motore dell’azione è quasi sem-
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pre l’equivoco. Anche se opere come quella di Fellini, senza rinunciare a una certa leggerezza, scavano un po’ più a fondo nelle motivazioni psicologiche che portano un uomo o una donna a rivolgersi a un’agenzia matrimoniale. Interessanti sono anche i mutamenti che si possono leggere in controluce: dall’agenzia matrimoniale come curiosa novità, alla risorsa per gli emigrati, fino ad arrivare a modalità di incontro per così dire postmoderne. Italia: tra cene a casa di amici e agenzie Nel secondo dopoguerra le agenzie matrimoniali in Italia sono una realtà. Con tutta probabilità esistevano comunque anche prima dinamiche di incontro – non formalizzate – controllate da mediatori o mediatrici che, in cambio dei loro servizi, incameravano una provvigione. In ogni caso, il boom del fenomeno, anche in Italia, si riscontra a partire dalla metà degli anni ottanta. Si diffondono, infatti, le prime agenzie matrimoniali con regolare licenza rilasciata dal Ministero degli Interni e questo tipo di impresa che fa delle “faccende di cuore” un business entra a far parte del sentire comune degli italiani. Il piccolo schermo non si fa sfuggire la potenzialità attrattiva del fenomeno e nel 1989 Canale 5 inizia a trasmettere “Agenzia matrimoniale” con Marta Flavi. È il primo di una serie di programmi simili. Negli anni novanta si riscontra una crescita del numero delle agenzie matrimoniali. Nel 2004 un rapporto del CENSIS (Rapporto sulla Situazione sociale del Paese) rileva che nei precedenti dieci anni questo tipo di imprese sono cresciute del 705%. Questo aumento esponenziale però non deve far pensare di riflesso a un mutamento automatico e generalizzato delle abitudini di incontro. È di soli due anni successivi un altro studio del CENSIS realizzato per la Fondazione Shering in cui si indaga la “nuova identità femminile”. Tra i comportamenti studiati ci sono anche le modalità maggiormente messe in pratica per incontrare un partner. Si scopre così che solo lo 0,8% delle donne italiane sceglie gli incontri organizzati dalle agenzie matrimoniali. Per avere un parametro di confronto, le “classiche” occasioni di ritrovo in casa di amici sono al 50,4%. Negli ultimi anni il fenomeno delle agenzie matrimo-
niali con una sede fisica non sembra più in crescita. Ci sono però altre due tendenze legate a questo mondo che devono destare attenzione. Da una parte, aumentano sensibilmente le agenzie che promuovo esclusivamente l’incontro con donne straniere, e in particolare dell’Europa dell’Est: organizzazione del viaggio, traduzione e assistenza per le pratiche burocratiche sono tra i servizi pubblicizzati. Dall’altra, vi è la crescita esponenziale su internet di siti che promuovono incontri di ogni tipo, talvolta in vista del matrimonio. Naturalmente anche le agenzie matrimoniali, intese in senso tradizionale, possono avere una loro pagina web, ma secondo la legge italiana non possono comunque prescindere da una sede fisica e da una serie di autorizzazioni. Internet: di tutto, di più Il fenomeno agenzie matrimoniali è – ovviamente – approdato sul web. Però, come per la maggior parte degli argomenti che riguardano il mondo online, scriverne è difficile. Perché i confini non sono netti. Barriere e distinzioni sono labili. Esiste la fondata impressione che sempre più persone considerino internet un’altra sfera sociale da frequentare, così come quelle – per così dire – “reali” del lavoro o della scuola e delle amicizie. Se si parte da questo presupposto, diventa normale pensare che molti trovino nel web anche un ambiente in cui incontrare un partner e talvolta coltivare una relazione d’amore. Nel 2002 un articolo di Wired – una delle più note riviste dedicate a internet e nuove tecnologie – riportava addirittura la seguente previsione: “Nell’arco di vent’anni, l’idea che qualcuno possa cercare l’amore senza cercarlo online sembrerà sciocca” (Why are online personals so hot? Wired, 2002).
Staremo a vedere. Ciò che si può dire oggi con certezza è che si sta parlando di un settore molto vasto e complesso. Un mondo in cui i siti di agenzie matrimoniali e le pagine che offrono incontri in vista delle nozze – non sempre supportati da una sede fisica come vorrebbe la legge italiana – si mischiano con altri servizi simili fino a formare quella nebulosa che in inglese si chiama online dating. L’incontro online è senza dubbio un business che negli Stati Uniti nel 2008 ha portato a un fatturato di 957.000.000 di dollari. Al terzo posto per redditività dei contenuti su internet dopo videogames e musica (US B2C Online Paid Content: Five-Year Forecast, Forrester Research Inc., 2008) I siti che possono essere considerati un’evoluzione delle agenzie matrimoniali, quelli in cui cioè è necessario iscriversi a pagamento ed esiste una certa forma di mediazione, si affiancano a pagine “libere” che vivono di pubblicità. Un altro tratto interessante è la differenziazione esistente. Non solo, come si può pensare, siti per eterosessuali e per omosessuali, ma anche pagine destinate a particolari nicchie: distinte per religione – Jdate (per ebrei single) Christian Cafe, Black Christian People Meet – o per provenienza geografica – Love from India, Amigos, Asian People Meet – tanto per fare qualche esempio. A rischio di cadere nel ridicolo, si deve citare anche l’esistenza – in Italia e all’estero – di attività economiche che si autodefiniscono “agenzie matrimoniali per animali” e si fanno pubblicità in internet. Come può dunque orientarsi colui o colei che volesse districarsi in questa nebulosa di opportunità? La risposta immediata sul mercato c’è. Ovviamente. Esistono le guide. In formato cartaceo per chi ama il tradizionale. Online per gli internauti.
Amore, cuore e Olga: come chiamare un’agenzia matrimoniale Si chiama “Fido” l’agenzia matrimoniale in cui entra Totò nel film diretto da Carlo Ludovico Bragaglia. Ma – in questo come in altri casi – la realtà a volte supera la fantasia in stravaganza. Il panorama dei nomi dati alle imprese che si occupano di combinare matrimoni è molto vasto. Partiamo dal classico. Ovviamente va forte il concetto di amore: non è difficile dunque trovare le agenzie Benvenuto Amore, Svolta d’Amore, Sogno d’Amore. A questo si abbina a volte il concetto di eternità. Ecco allora che troviamo Amarsi per sempre, Per tutta la vita e le variazioni con un tocco d’inglese È Amore…Forever e Forever Love. C’è chi invece, con un occhio più disincantato punta sulla contingenza del sentimento e chiama la sua agenzia Amori in corso o Incontri in corso. Va forte anche la sottolineatura del mito dei “due cuori e una capanna”: ci sono I due Cigni, l’agenzia due cuori e le due fedi che non è un’associazione per il dialogo interreligioso. Una menzione per l’originalità va poi a Harmony Connection, Associazione Love Emergency e alla promettente Associazione Adrenalina. Destano francamente un po’ di disagio invece le agenzie dedicate all’incontro con persone dell’est Europa, sempre donne e sempre russe, bielorusse o ucraine. Spesso caratteristiche sottolineate da nomi come Oliuska Agenzia Matrimoniale Internazionale, Olga Princesse, www.siberiane.com.
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Se il matrimonio è in pericolo
Corsi prematrimoniali, percorsi esperti, il consultorio si presencon esperti, consultori pubblici tava soprattutto come parte di un e terapie di psicoterapia di copmovimento sociale che intendeva pia: oggi sono molte le proposte la nascita dei consultori inculcare valori e diffondere ideali, per i coniugi in crisi o per chi sta più che offrire servizi. per sposarsi. Ma non è sempre Di fronte alle radicali modifiche stato così. In Italia il percorso che sociali degli anni sessanta, le geha portato all’avvio della consurarchie cattoliche reagirono ribalenza matrimoniale è stato lungo dendo la necessità di una seria pree ha avuto i suoi momenti salienti parazione al matrimonio. Mons. fra gli anni cinquanta e settanta, Luigi Morstabilini, vescovo di Breanche se per comprenderne le scia, propose nel 1968 di rendere premesse è necessario partire da più lontano. Dalla obbligatorio a chi volesse sposarsi, un esame specifine dell’Ottocento, infatti, quando la scienza medica fico, allo stesso modo in cui “si esige oggi un titolo iniziò a occupare lo spazio discorsivo della sessualità di studio per una qualsiasi occupazione”. e la Chiesa cattolica cominciò a perdere la posizione Per questo era anzitutto necessaria una maggiore di quasi monopolio che fino ad allora aveva mante- attenzione per le capacità didattiche e le qualità spenuto come guida morale. cifiche degli educatori. Si avvertiva, infatti, l’insuffiDi conseguenza, per cercare di frenare un presunto ciente formazione professionale nella consulenza decadimento dei costumi, nacquero iniziative come matrimoniale organizzata spesso dall’attività di un quella di don Zuaboni, il quale nel 1918 fondò a Bre- singolo invece che da un’equipe di esperti in psicoscia la “Scuola Buona Massaia” dove insegnava alle logia, medicina, diritto civile e così via. L’esigenza di ragazze quali erano i doveri femminili. Successiva- una maggiore professionalizzazione metteva i sacermente, nel ventennio fascista, gli interventi mirati a doti attivi nei consultori in una posizione scomoda salvaguardare la famiglia si caratterizzarono per il perché li costringeva a riconoscere che non erano loro fine repressivo più che educativo con l’accento né psicologi, né medici, né psichiatri, né assistenti messo su ciò che non si doveva fare. sociali. In questo mutato contesto, si diffuse anche Questo atteggiamento cambiò nel secondo dopo- una crescente attenzione alle tecniche stesse della guerra, con l’introduzione di nuovi stili di vita e dif- consulenza. Dagli Stati Uniti arrivarono le teorie di ferenti sistemi di valori. Solo la difesa della famiglia Carl Rogers secondo il quale compito del consulente avrebbe consentito di risolvere i problemi di tipo va- era di disporre i clienti a cercare una soluzione per i loriale che si stavano profilando. Fu anche con questi propri problemi per mezzo dell’autodeterminazione, obiettivi che don Paolo Liggeri senza imporre decisioni o emetcreò nel 1948 presso l’Istituto tere giudizi morali. La Casa di Milano un consultoÈ evidente il contrasto tra querio che si proponeva di assistere sta proposta che lasciava ampia fidanzati e sposi a risolvere prolibertà al singolo e la volontà di blemi di tipo medico, morale, salvare comunque i matrimoni, giuridico, ecc. L’iniziativa risponimponendo una serie di regole. deva a un bisogno reale se nei L’introduzione delle nuove tecniprimi 10 anni più di 5.000 perche di consulenza era resa diffisone si rivolsero al consultorio cile in Italia anche dal sospetto per consigli. con cui in ambiente cattolico veFra le cause principali dei pronivano giudicate la psicologia e blemi coniugali c’erano l’interfela psicoanalisi. renza nella vita di coppia di geniQuindi, nel tentativo di opporsi tori e suoceri, l’impreparazione alla diffusione di comportamenti psicologica al matrimonio, le più liberi, gli educatori e moradifficili condizioni economiche. listi mettevano un accento più Si rilevava poi anche l’imprepaforte sulla necessità di un interrazione sessuale, un problema vento repressivo da parte dello che, con il passare degli anni, inStato. I consultori cattolici diteressava sempre più persone. ventavano così parte di una reaVa a questo punto ricordato zione contro la società moderna, che, nonostante la presenza di dove prima avevano cercato di
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inserirsi nel processo di modernizzazione. Il principio della professionalizzazione dei consulenti era comunque ormai affermato e sancito dalla legge n. 405 del 1975 sull’istituzione da parte delle autorità pubbliche di consultori familiari operativi presso le Unità sanitarie locali. L’articolo 3 della legge prescriveva l’obbligo per il personale del possesso di titoli specifici in medicina, psicologia, pedagogia o assistenza sociale. Fu un passo ulteriore nel processo di
trasformazione dei consultori da espressioni di un movimento sociale a enti che offrivano servizi con l’impiego di personale salariato, processo che era stato iniziato in Italia dal consultorio dell’Istituto La Casa (per approfondimenti: “Impariamo ad amare”: l’avvio della consulenza matrimoniale in Italia (19481975), di Bruno P. F. Wanrooij, in: “Amori e trasgressioni: rapporti di coppia tra ‘800 e ‘900”, a cura di Antonia Pasi e Paolo Sorcinelli, Bari, Dedalo, 1995).
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Uno sguardo al diritto di famiglia
to negli ultimi anni nella soluzioIl codice civile attualmente in vine dei conflitti familiari? Il numegore è datato 1942: il legislatore, ro delle separazioni e dei divorper tenere il passo con i tempi e zi è progressivamente aumentacon i mutamenti della società, si to così come sono notevolmente è limitato a modificarne alcune di Rita Farinelli aumentate le divisioni di coppie norme con una serie di leggi e Paola Paolazzi non coniugate con figli minori. che, a partire dagli anni settanta, Solo alcune normative relative hanno apportato sostanziali inalla frattura “familiare” sono nel novazioni all’originale normativa. frattempo mutate: il periodo di Ad oggi il diritto di famiglia non tempo tra la separazione e il ditrova però una regolamentavorzio è stato ridotto a tre anni zione organica e complessiva nel nostro ordinamento anche se è indubbiamente uno (dai cinque previsti originariamente) e oggi sono dei più importanti settori del diritto poiché è con l’ap- molti i cittadini italiani che hanno alle spalle più di un plicazione di norme relative al diritto di famiglia che matrimonio concluso, con figli nati dalle varie uniosi influisce profondamente sulla società e sulla vita ni. Per molti anni tutte le procedure relative a separazione e divorzio sono state esenti da oneri e tassazioni dei cittadini. A partire dal 1970 sono state approvate molte nuo- (anche se attraverso esse si procedeva a dividere beni ve leggi fra cui la legge sul divorzio (1970), la riforma considerevoli), l’affido dei figli minori non è più escludel diritto di famiglia (1975), le leggi sui consultori sivo a un genitore, ma “condiviso” (e ciò ha aperto un (1975), l’interruzione di gravidanza (1978), la modifi- vasto dibattito sull’interpretazione pratica della norca alla legge sul divorzio (1987), la modifica del Con- mativa); si sono estese ai figli nati fuori dal matrimocordato (1984), l’affido condiviso (2006) e ancora la nio alcune norme originariamente previste solo per legge di parità (1977), la tutela delle lavoratrici madri i figli nati da matrimonio. Ma è smisuratamente au(1971). In sostanza tutti i componenti della famiglia mentato il numero delle fratture di unioni tra cittadini sono stati individuati come soggetti aventi diritto al italiani e cittadini stranieri e tra cittadini stranieri resicambiamento, all’emancipazione, al benessere. Mol- denti in Italia, unioni alle quali si applicano normative to rimane da disciplinare. E se è comunemente noto straniere spesso neppure reperibili facilmente. E se che fino ad oggi non è stato ancora definito chiara- negli anni settanta sono state soprattutto le donne a mente il concetto di “famiglia” (il legislatore italiano chiedere e ottenere modifiche alle leggi volte a tutenon è ancora riuscito a normare i diritti ad esempio larle maggiormente e garantirle come madri e come delle coppie di fatto, ivi comprese le coppie compo- mogli, oggi maggiore pressione è esercitata dai paste da persone dello stesso sesso), non è altrettanto dri separati che, sia relativamente ai provvedimenti noto che i figli naturali continuano ancor oggi a do- di affidamento dei figli, sia relativamente ai provveversi rivolgere a un diverso giudice rispetto ai figli dimenti economici conseguenti alle fratture familialegittimi, con diverse procedure, diverse competen- ri, stanno chiedendo diversi interventi al legislatore. Vi è anche da rize territoriali ecc. cordare che sono Inoltre, la procenumerosi i disedura civile che si gni di legge che applica in sede di da molti anni a separazione e diquesta parte hanvorzio è la stesno ipotizzato una sa di tutte le cauriorganizzazione se civili ordinarie, di tutta la materia senza tener conma, sia per la proto della specialiblematicità delle tà della materia e soluzioni sia per la della auspicabile componente ideospecializzazione logica che ad esse (fino ad oggi asè sottesa, a oggi solutamente non non si è riusciti a prevista) dei giutrovare soluzioni dici che ad essa complessive e orsono preposti. ganiche. Cosa è cambia-
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Nel frattempo: • le separazioni e i divorzi continuano a essere disciplinati dalle stesse norme procedurali che si applicano nelle cause civili ordinarie, pur concernendo situazioni complesse e in rapida e continua mutazione; • i provvedimenti provvisori di separazione, momento fondamentale nella presa in carico del conflitto familiare, vengono adottati sulla scorta della prospettazione libera delle parti e di uno scarno numero di documenti, dal Presidente del Tribunale, il quale è tenuto a fare un formale tentativo di conciliazione e poi, senza alcuna conoscenza più approfondita, decidere dell’affidamento dei figli, di assegni di mantenimento, dell’uso della casa familiare. Provvedimenti che, pur se disposti in via provvisoria e oggi reclamabili in Corte d’Appello, influenzano e condizionano non solo tutta la causa ma anche incanalano i possibili accordi di definizione consensuale della separazione. Nessuna particolare competenza né preparazione è richiesta ai Presidenti dei Tribunali per assumere una decisione così delicata. La legge impone che nell’affidamento della prole il Giudice faccia riferimento esclusivamente “all’interesse morale e materiale dei minori”: la complessità delle decisioni da affrontare imporrebbe al giudice la necessità di ricorrere a conoscenze di altre scienze, ma attualmente il faro di riferimento sono invece le sentenze di Cassazione che si sono già pronunciate sulla materia e che, inevitabilmente, visti i tempi necessari per espletare i tre gradi di giudizio, finiscono per decidere su casi e questioni che nella pratica hanno già trovato un loro sbocco naturale. Le procedure familiari sono spesso complesse e a trattare le medesime vengono talora coinvolti professionisti e operatori diversi sia istituzionali sia del privato sociale e tra questi: • servizi socio-sanitari: non esistono norme che prevedano espressamente l’intervento dei servizi socio-sanitari quale supporto alle decisioni del giudice nelle cause trattate dai tribunali Ordinari (figli nati da matrimonio) mentre invece il Tribunale per i Minori si avvale abitualmente del supporto di tali servizi (figli nati fuori del matrimonio o tra cittadini stranieri); • consulenza tecnica: più diffuso è il ricorso alla consulenza tecnica relativamente a due aspetti: consulenza di carattere psicologico con indagine sulla capacità genitoriale, finalizzata a definire le modalità di affidamento dei figli minori; consulenza di carattere economico-patrimoniale, per accertare più compiutamente patrimonio, reddito e ogni profilo della vita economica della coppia.
Le consulenze dilatano i tempi e i costi della causa e non sempre riescono a rispondere in modo esaustivo ai quesiti loro posti: in Trentino sono pochi i consulenti che si occupano della materia matrimoniale sia per le indagini sul patrimonio sia per gli aspetti psicologici. L’intervento dei servizi, così come le consulenze tecniche hanno subito negli anni una rapida evoluzione: non si può sottacere peraltro che il mutare degli operatori dei servizi preposti a un caso o anche la difficoltà di maturare esperienza ed equilibrio nei rapporti con i componenti delle famiglie in crisi possono portare a una distorta rappresentazione della realtà e della sua prospettazione al giudice. Per quanto riguarda le difficoltà di esecuzione dei provvedimenti relativi ai figli, con legge del 2006 sono state introdotte pesanti sanzioni nell’ipotesi di violazione degli obblighi definiti nei provvedimenti di separazione e divorzio, ma tali sanzioni sono più di immagine che di concreta efficacia: in sostanza dovrebbero tutelare il diritto di entrambi i genitori a mantenere il rapporto con i figli, ma non sempre ciò accade. In pratica tali norme hanno consentito lo scatenarsi di un vastissimo contenzioso penale che, se da una parte sanziona comportamenti omissivi, dall’altra non risolve il problema del rapporto genitori-figli. I provvedimenti economici invece, perlomeno in Trentino, hanno trovato una soluzione più efficace con una legge provinciale che, nell’ipotesi di omissioni ripetute di pagamento degli assegni, consente di ottenere dalla Provincia in via anticipata (ma solo fino ai 18 anni dei figli) quanto disposto nei provvedimenti giudiziari a carico di un genitore per il mantenimento dei figli; la Provincia si occuperà poi di recuperare dal debitore quanto dovuto mettendo a ruolo i relativi importi. Ultimamente presso i Tribunali di Trento e di Rovereto sono stati istituiti sportelli informativi su tale servizio; sia a Trento che a Rovereto vi sono strutture pubbliche che accolgono madri con figli minori e appartamenti a disposizione di famiglie in crisi; ultimamente a Rovereto è stato aperto un appartamento per padri separati. Un capitolo a parte è relativo ai minori per i quali viene disposto l’affido a comunità con allontanamento dalla famiglia di origine: alcuni di tali casi hanno aperto vivaci discussioni sulla stampa locale e nazionale ed hanno visto molte manifestazioni organizzate con raccolte di firme e petizioni sostenute da alcune parti politiche oltre che da organizzazioni vicine a Scientology. Conclusione: tutta la materia, per la sua delicatezza, per le implicazioni che comporta per la nostra società, per la necessità di conoscerla profondamente in tutte le sue sfaccettature e possibili sviluppi, avrebbe necessità di specializzazione di tutti quanti ad essa si dedicano professionalmente.
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L’Associazione italiana avvocati di famiglia In Trentino è stata recentemente costituita la sezione dell’Associazione italiana avvocati di famiglia (AIAF). L’Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori non ha fini di lucro e opera sul territorio nazionale. Aperta all’adesione degli avvocati che esercitano la professione con continuità e prevalentemente nel settore del diritto di famiglia, minorile e delle persone, ha come scopo promuovere informazione, formazione o dibattito sulle dinamiche della famiglia, delle persone, della condizione giovanile oltre che concorrere con progetti e proposte alle esigenze di miglioramento e riforma della legislazione familiare. L’AIAF si propone, inoltre, di incoraggiare il confronto e la collaborazione con altre figure professionali che si occupano dell’età evolutiva e della famiglia e di favorire tra le giovani generazioni di avvocati l’acquisizione di competenza e metodologia di lavoro adeguata alla complessità della materia. La sezione di Trento per il Trentino-Alto Adige ha eletto presidente Elisabetta Peterlongo. Fanno parte del consiglio direttivo Lorenza Cescatti, Rita Farinelli, Elisabetta Fronza, Federica Fuggetti, Paola Paolazzi, Cinzia Tomasoni. II 23 febbraio 2012 a Trento l’AIAF ha organizzato un convegno sulla deontologia dell’avvocato nei procedimenti di diritto di famiglia mentre è in fase di progettazione un convegno sul minore e il diritto di famiglia.
Proposte di lettura a cura della Biblioteca della Fondazione Museo storico del Trentino Giovanni Romeo, Amori proibiti: i concubini tra Chiesa e Inquisizione, Roma-Bari, Laterza, 2008 In Italia tra Cinquecento e Seicento convivere senza essere sposati diventò un delitto, represso con asprezza dalle Curie vescovili, non dalle autorità statali. Scomuniche, irruzioni domiciliari, carcere, multe colpirono migliaia di coppie di fatto e raggiunsero presto chiunque vivesse relazioni proibite: anche gli amanti subirono in misura crescente conseguenze pesanti. Ancor più rischioso fu difendere il diritto di vivere la sessualità in modo difforme dall’etica ufficiale. In quei casi interveniva l’Inquisizione e apriva processi d’eresia. Per la Chiesa il bilancio non fu lusinghiero: poche regolarizzazioni, contromisure dei conviventi spesso efficaci, vescovi appiattiti su logiche repressive. Per le coppie di fatto si moltiplicarono le sofferenze: famiglie distrutte, donne criminalizzate, bambini privati dei genitori. Molti difesero, tuttavia, con forza le proprie scelte, anche perché il clero stesso aderì con freddezza all’accresciuto rigore dei vertici diocesani, e non mancarono reazioni dure, talora dissacranti. Le pagine di Giovanni Romeo, tessute di una ricchissima documentazione inedita, raccontano quell’aspra battaglia e invitano a riflettere, contro ogni facile revisionismo, sul peso dell’intolleranza religiosa nella storia d’Italia.
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Scene da un matrimonio
Gherardo delle Notti, Cena con diventare il riflesso dei tempi, sponsali (1614 circa); un gruppo il teatro del mondo, e gli sposi di giovani riuniti a tavola, avvolti trasformarsi in maschere sulla da una luce morbida e dorata parscena; nel London Daily Post del La foto di matrimonio tecipa a una festa di matrimonio; 2 aprile 1743 appare il seguente attraverso il Novecento l’atmosfera d’insieme infonde annuncio: «MR Hogarth ha intenun senso di serena eleganza, la zione di pubblicare per sottoscridi Silvia Bertolotti sposa dai lunghi capelli biondi zione sei stampe in rame incise porta sul capo una corona di fiori a opera dei migliori maestri e di piume, il suo sposo le siede di Parigi da quadri raffiguranti accanto e le se si rivolge con teneuna variazione su una vicenda rezza, gli invitati fanno da cornice moderna nell’alta società, e intiai protagonisti. Per l’artista olandese che s’ispira alla tolati Matrimonio alla moda. Si baderà in modo spemaniera di Caravaggio, perciò, la felicità degli sposi cifico che la decenza e la proprietà di tutta la scena è immortalata in un breve istante rubato alla luce non abbiano a sollevare la minima obiezione, e che delle candele e racconta una semplice, umana ma le relative figure non contengano riferimenti persoaffascinante, storia terrena; è un’idea di matrimonio nali». Il matrimonio è da sempre, oltre a un soggetto che sottolinea la sua natura di legame privato, e ci formale, anche un tema morale e William Hogarth invita a entrare in un mondo di affetti esclusivi e di pittore, incisore, caricaturista, racconta, attraverso le forti risonanze simboliche. sei tele dipinte in sequenza di Matrimonio alla moda Le nozze, tuttavia, sono anche e soprattutto rituale, (1744), e con tono amaro e caustico, il triste epilogo di gestualità, tradizione, crisma religioso, come per il un matrimonio combinato dell’alta società della sua matrimonio della Pala dei sette sacramenti (1448) di epoca. Il primo quadro vede la stipula dell’accordo Roger Van Der Weyden dove gli sposi, al cospetto tra il figlio del nobile decaduto Lord Squanderfeld del sacerdote e sotto le volte slanciate di una cat- e la figlia di un borghese arricchito; Hogarth coglie tedrale gotica, uniscono le destre nella stola, gesto impietoso i dettagli fisici e psicologici: la gotta del che fa delle loro mani una cosa sola; oppure ancora vecchio nobile e la sua insistenza sull’albero genea con il Ritratto di Messer Marsilio e sua moglie (1523) logico, l’espressione avara, bieca, e calcolatrice del dell’enigmatico Lorenzo Lotto, una giovane coppia mercante, la rassegnazione della giovane, l’attegsi scambia l’anello nuziale sotto l’arco-giogo di un giamento vacuo e vanesio del promesso sposo. cupido dallo sguardo giocoso e beffardo che sembra Hogarth non solo condanna senza esitazioni perciò già intuire le difficoltà della convivenza. il mondo benpensante e la corruzione della buona Se a vincere sono, invece, le ragioni del cuore, della società inglese, ma fornisce un contributo notevole passione, e dell’inconscio, gli esiti pittorici portano allo sviluppo della narrazione per immagini, tanto altrove; coppie di innamorati e che qualcuno ha visto in lui un matrimoni all’aperto, così come epigone rispetto alle modalità fiori, animali volanti, acrobati e espressive del fumetto e della musicisti, sono elementi insocinematografia. Il ritratto dei stituibili della poetica di Marc novelli sposi, il rito del matriChagall, fanno parte della sua monio, il corteo o il banchetto “totale esplosione lirica” (Andrè nuziale sono interpretati perciò Breton). Per Chagall, abitante di da ogni singolo autore secondo un mondo poetico percorso da un linguaggio variabile e del un delicato lirismo, ma anche di tutto soggettivo, mentre la tecun universo ingenuo e fiabesco nica della fotografia, almeno che adombra un messaggio a un primo e forse ingenuo spirituale e una fede incrollabile livello interpretativo offrirebbe nella forza dell’amore, il matrila possibilità di ricreare un’immonio è sinonimo di nostalgia magine quale specchio del e sogno, è la rappresentazione reale, una fedele impronta del di una scena squisitamente surmondo attraverso la luce; il reale. passaggio di consegne tra la Attraverso una lente diffepittura e la fotografia sembra rente, e uno sguardo molto più voler indicare la differenza tra disincantato, le nozze possono una visione sublime, interiore,
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sentimentale, e una visione oggettiva, scientifica, ovvero la realtà vista da una macchina, ma i confini tra i due ambiti d’espressione non sono così netti e continueranno a essere sfumati e a compenetrarsi in un affascinante percorso culturale e artistico fatto di dialogo, confronto e scontro, all’interno di un universo del visuale che diviene nel nostro presente sempre più complesso e onnicomprensivo. Vale la pena ricordare, a tale proposito, il saggio Pittura fotografia film di Laszlo- Moholi-Nagy, testo pubblicato nel 1925 nella collana edita dal Bauhaus, che rappresenta il manifesto teorico della fotografia moderna, e una riflessione profonda e smaliziata sull’opera d’arte nell’era della sua riproducibilità tecnica, elaborata e scritta dieci anni prima del celebre saggio di Benjamin. Oggetto della trattazione è l’analisi dei tre media: pittura, fotografia, e film e delle relazioni che intercorrono tra loro. Moholy fornisce un’interpretazione eversiva al ruolo della fotografia, essa libererebbe il pittore “dalle pastoie dell’immaginazione naturalistica”, e lo renderebbe in grado di creare composizioni con la luce, il colore e le forme in uno stato di assoluta libertà espressiva; la fotografia sarebbe uno strumento privilegiato per “scoprire la realtà”, una realtà che però, si badi bene, all’apparecchio fotografico appare diversa da come si mostra all’occhio umano: «tutte le fotografie sono precise – disse il fotografo Richard Avedon –, nessuna è la verità». Il fotografo professionista fin dall’inizio compete con il pittore; qualcuno si dichiara, sui dorsi fotografici di montaggio delle stampe, “pittore fotografo”, qualcun altro, con tono da futurista ante litteram, “Fotografo-Fisico-Macchinista”. Va ricordato inoltre che nella fase iniziale del diffondersi
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della fotografia (dagherrotipia) esistono professionisti dell’immagine fotografica ambulanti, che esercitano la loro arte ritrattistica (richiesta maggiormente dai cittadini più abbienti) in occasione di mercati e fiere, e girovagando perciò di città in città. La fotografia si specializza e crea dei generi al suo interno, sviluppa una serie di soggetti ricorrenti, un archivio di tipologie. Sotto il profilo sociale risulta evidente che con l’espediente della fotografia la riproducibilità dell’immagine propria e dei propri cari assume una dimensione molto più democratica; il possesso di qualche immagine fotografica raggiunge sempre maggiori strati della popolazione, tanto che il materiale fotosensibile inizia di fatto a seguire e scandire per tappe la vita di ciascun individuo, come la nascita, la comunione, il matrimonio o la partenza per il servizio militare. Ogni famiglia custodisce nei propri “ripostigli della memoria” cimeli fotografici. A questi è demandato il compito di celebrare un importante evento affettivo, privato, e di costruire l’album, il diario iconografico, l’albero genealogico per immagini del clan familiare, ma allo stesso tempo questi reperti raccontano del mondo che sta fuori le mura domestiche, della realtà in cui nascono e sono immersi, parlando un linguaggio sempre mutevole e sorprendente. Il documento iconografico costituito dalla fotografia di matrimonio rappresenta uno straordinario e potente strumento di indagine antropologica, culturale, estetica, politica e di costume. Le fotografie, come sempre, rivelano molto di più di ciò che vorrebbero mostrare ai nostri occhi. La fotografia di matrimonio, che costituisce una delle prime applicazioni commerciali della pratica fotografica, trova la
sua nascita e il suo sviluppo quale sottogenere della più ampia categoria della fotografia di ritratto. Ai suoi esordi la fotografia dedicata agli sposi è fortemente condizionata dalle limitazioni tecniche degli apparecchi fotografici dell’epoca; le procedure meccaniche che richiedono tempi necessariamente lunghi anche in pieno sole e l’esigenza di effettuare scatti molto posati e statici sono le motivazioni che costringono almeno fino ai primi anni del Novecento, a praticare la fotografia di matrimonio all’interno dello studio fotografico. Gli sposi si recano perciò dal fotografo prima o dopo le nozze e si fanno immortalare con l’abito da cerimonia o comunque con “l’abito buono”, un abito scuro semplice ed elegante; è evidente come le pose lunghe e noiose rendano il risultato poco spontaneo e naturale. Le espressioni sono serie, l’atteggiamento impettito, lo sguardo che è fisso, quasi ipnotizzato, verso il poco familiare obiettivo, stenta a reggere i secondi di posa. Poi la fotografia comincia a uscire dallo studio, e a ritrarre in alcune occasioni gli sposi in chiesa, talvolta all’aperto davanti a un fondale di stoffa (ad esempio un copriletto matrimoniale), o, nel caso di appartenenti alla nobiltà o all’alta borghesia, nei giardini di ville e palazzi, compare l’ombra di qualche sorriso, se pure timido e composto. Qualche coppia, con scelta di dubbio gusto, si fa riprendere accanto ai doni nuziali e alla dote, un segno ancora forte di status sociale e di benessere economico. Cambiano rapidamente le tecniche, ma cambia anche l’approccio stesso all’essere fotografati. Muta la disponibilità d’animo verso l’obiettivo e varia la percezione estetica del professionista dell’immagine. Con l’avvento di rulli o rullini fotografici anche la fotografia di nozze entra nella sua era moderna e comincia a diversificarsi, ad assumere un tono molto più narrativo e dinamico, pur mantenendosi ancora legata a scelte stereotipate che prediligono quelli che vengono considerati, secondo la tradizione, i momenti simbolici di un matrimonio. Con la guerra mondiale
le divise conquistano la scenografia delle nozze, ma soprattutto il suo dress code, mentre per le spose delle classi più agiate, e sulla base di un’eredità culturale di stampo ottocentesco, si predilige il bianco, considerato il colore della purezza. Con il Ventennio, la famiglia trova una sua retorica celebrazione, e con l’altrettanto strumentale e grottesco revival del mos maiorum, il matrimonio è celebrato con grande enfasi propagandistica e con accentuata solennità; spade sguainate e processioni di giovani coppie inaugurano l’usanza dei matrimoni collettivi, gli uomini sono in divisa e, a volte, a fare da sfondo è un campo militare. Le gravi difficoltà economiche e sociali determinate dalla fine del secondo conflitto mondiale costringono a una necessaria sobrietà; pochissime spose si possono permettere l’abito bianco, lo stile diviene più severo e rigoroso, ma si moltiplicano le foto di gruppo, le foto spontanee scattate in compagnia di amici e parenti, le riprese all’uscita dalla chiesa o lungo le strade di paese; la felicità e l’ottimismo sembrano potersi ritrovare anche nelle piccole cose e nella semplicità degli affetti. Il ritratto di gruppo contribuisce a fissare nella memoria un evento che assume una valenza sempre più corale, indicando un percorso che troverà il suo pieno sviluppo nella concezione contemporanea di nozze come “messa in scena” e narrazione. Con gli anni cinquanta l’abito bianco torna a essere in auge, e la tragedia della guerra vuole essere solo un buio ricordo, si respira un’aria di maggior sicurezza, lo spettro dei soggetti fotografici matrimoniali si amplia, e (per i più agiati) si può immortalare anche la partenza per la luna di miele. Il boom economico degli anni sessanta scatena un certo desiderio di allegria, spensieratezza e spontaneità. Le pose diventano sempre meno convenzionali; notevole spazio è dedicato ai momenti del ballo e della festa. Il “grande giorno” deve rimanere un giorno memorabile, e il bianco dell’abito è soprattutto moda. Gli anni settanta indicano un considere-
Proposte di lettura a cura della Biblioteca della Fondazione Museo storico del Trentino Daniela Lombardi, Storia del matrimonio: dal Medioevo ad oggi, Bologna, Il mulino, 2009 Il matrimonio ha costituito per secoli uno snodo essenziale nella vita delle persone, ma le forme di questo fondamentale rito di passaggio sono molto mutate nel tempo riflettendo non solo la trasformazione dei rapporti famigliari e tra i sessi, ma anche l’azione di disciplinamento esercitata dai poteri laici e religiosi sui comportamenti individuali. Il volume disegna un tracciato che parte dalla situazione d’età medievale in cui sposarsi era un processo diluito nel tempo, dalla promessa alla coabitazione, ed era sancito semplicemente dal consenso dei due partner e registrato come un contratto; passa all’età moderna, in cui il matrimonio si afferma come fatto religioso con riti e regole severe, seppure con marcate differenze tra paesi cattolici e protestanti. Conclude con la situazione contemporanea, che ha visto una secolarizzazione del matrimonio e un graduale affrancamento della sfera privata dalla regolazione giuridica dello stato.
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vole scardinamento delle convenzioni, e registrano una forte tendenza al cambiamento, pur mantenendosi viva parallelamente una corrente convenzionale, legata al matrimonio della tradizione e a una cerimonia formale; con la rivoluzione sessuale e il messaggio del movimento femminista, infatti, l’abito da sposa non ha più uno stile e un colore preciso, ma si moltiplicano le nuove proposte, in particolare il motivo floreale va per la maggiore, strizzando l’occhio alla Flower Power, alla Beat Generation e all’universo Hippy; iniziano a essere organizzati matrimoni tematici ed è la sposa stessa a “interpretare” in modo personale il proprio abito e l’intera cerimonia. Dalla fine degli anni settanta, ma soprattutto con gli anni ottanta, la fotografia di matrimonio subisce una netta trasformazione. Fa capolino una nuova concezione dell’album di nozze e una nuova idea di memoria privata; accanto alle canoniche fotografie in posa e di gruppo, se ne incontrano una lunga serie che raccontano la giornata degli sposi a partire dal momento della “vestizione” fino alla fine del ricevimento; nasce uno sguardo cinematografico sul matrimonio e l’intero evento è organizzato seguendo una regia sempre più precisa e ricca di attenzione al dettaglio; di conseguenza anche il fotografo si specializza per essere in grado di fornire un prodotto di alto livello, di forte impatto emotivo, ma soprattutto completamente personalizzato. È la strada che porta attraverso le esperienze fortemente commerciali e studiate degli anni novanta alla nostra contemporaneità, al ventunesimo secolo, in cui a una visione romantica e naïf delle scene di matrimonio, si va sostituendo spesso un processo di spettacolarizzazione della vita e della sfera del privato. Il matrimonio non è più visto come un rito di passaggio che segna l’inizio della vita coniugale e che conclude perciò un ciclo precedente, ma come una sorta di grande evento collettivo, e assume le sembianze di una rappresentazione forzatamente artificiosa; è chiaro che non per tutti è così, un certo
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numero di sposi opta per soluzioni fotografiche dallo stile classico e sobrio, ma la tendenza è in atto, e rappresenta uno spiccato fenomeno di costume dove l’immagine è in ogni sua accezione e applicazione un fattore di primaria importanza. A tale spettacolarizzazione hanno di certo contribuito i mass-media, i rotocalchi, i programmi televisivi e internet, dedicando una forte attenzione e molto spazio di discussione e dibattito critico alle nozze di personaggi famosi, membri di casate reali, personaggi del mondo dello spettacolo. Il fotografo entra nell’equipe del Wedding Planner, ovvero il professionista dell’organizzazione dell’evento matrimoniale. Al termine di questo veloce percorso iconografico, si può segnalare il volume fotografico Insieme all’altare curato da Ada Gigli Marchetti ed edito da Bonomia University Press, che propone un’agile, sintetica, ma interessante selezione di scatti matrimoniali attraverso il Novecento; curiosa, ad esempio, la fotografia del 1955 degli sposi ripresi nella sede del PCI di fronte all’immagine di Togliatti, o quella degli anni sessanta della sposa che sta votando per la camera dei deputati. Le foto ufficiali di coppia, che risulta chiaro, si offrono a una duplice chiave di lettura, storica ed emozionale, svelano gli avvenimenti della nostra società attraverso innumerevoli variabili geografiche, di censo, di scelta religiosa, di temperie culturale, e immortalano microstorie che ci costringono a fare i conti con i grandi avvenimenti, con quei cambiamenti epocali vale a dire che hanno plasmato il modus vivendi, i valori condivisi, e la sensibilità estetica fino ai nostri giorni. Rimane però la sensazione che accostarsi alla lettura di una foto di nozze significhi inconsapevolmente affacciarsi alle soglie di un oceanico mondo sommerso, al frammento di un patrimonio iconografico vastissimo, inedito e fin troppo sottovalutato, che molto ha ancora da dirci dello spirito del suo tempo, e che tuttavia, custodirà per sempre il mistero di un incontro e di due destini.
Il matrimonio-stato
Nella metafisica del matrimonio Nietzsche sosteneva che il matrinon l’uomo e la donna contano, monio è una lunga conversazione riflessioni di e su ma il marito e la moglie; come di interiore e silenziosa. Scapolo fronte all’interesse dello Stato, com’era lo si può forse capire Alberto Savinio l’interesse dell’individuo cade. E nel profondo, lui filologo innanil matrimonio è Stato”. zitutto, prima di ogni malevola di Stefano Chemelli Nelle stesse pagine e in molte etichettatura di parte. Alberto altre ribadirà il concetto greco Savinio (1891-1952, pseudonimo della completezza figurata di Andrea De Chirico, fratello di nell’Ermafrodito (HermaphroGiorgio) si spingeva oltre tratdito è il capolavoro del 1918, un teggiando un’intimità non contesto di riferimento assoluto sulla fidenziale tra uomo e donna, linea innovativa del plurilinguiaddirittura un’insanabile inimicismo: Savinio possedeva greco, zia avrebbe ben presto preso il francese, tedesco ancor prima sopravvento tra le pieghe delle della lingua italiana), dell’integracorti più sontuose. Tra appartezione praticabile e possibile tra nenze presunte e disadattamenti maschio e femmina. L’ermafroa compagnie mai totalmente dito non ha sesso o per meglio integrate si giocava a suo parere dire rappresenta una sorta di neuil destino di una sostanziale diffitralizzazione dei sessi, essendo denza, di una diversità che spadotato di entrambi. Sarà ancora ventava e attraeva gli attori di più esplicito in un allegato alle ogni avventura galante. Eppure sei puntate sull’Ibsen, ritrovato se esiste un difensore del matrinella stessa cartella, dove si monio in quanto istituzione trarimarca – se ancora ce ne fosse dizionale e regolativa, Savinio bisogno – una concezione del si erge davvero come uno stredesiderio abbinato indissolubilnuo paladino del patto singolare mente a una fedeltà messianica, capace di preservare all’interno anche se non mancano, nelle equilibri di varia natura e forma. pagine immortali e nella vita proTra il maggio e il luglio del 1943, pria dello scrittore, raffinatissime sul periodico Film, appaiono e allusive avventure giovanili trauna serie di puntate dedicate a sposte con il tatto di una scrittura Enrico Ibsen, una sorta di trasfieuforica, eppure dotata, per fregurazione biografica dell’Autore stesso, che intesse un dialogo serrato con il celebre schezza e trasparenza, di un equilibrio. Anche al di là di ogni convinzione morale, di ogni drammaturgo norvegese. Qui risiedono alcune considerazioni sul matrimonio, ethos condiviso o meno, non si può che rimanere che assumono le forme incorruttibili delle scelte irre- sorpresi a fronte del nitore profuso da un incedere dimibili: “Il matrimonio è un baluardo che l’uomo opulento, giacché intriso da un sorriso latente tra letpone intorno a sé e che lo salva dai pericoli e dalle tore e scrittore, in una sorta di divertita e umanissima minacce: è il modo più sicuro di chiudere intorno a complicità diffusa. sé le vie che immettono a noi il male, e le più aperte Vale la pena citare per intero la chiusura dell’artie pericolose ed esposte delle quali sono le vie dei colo sciolto, ma legato alla stesura originale della sensi. Celibe, l’uomo è inerme e vulnerabile: spo- Vita di Enrico Ibsen: “Nella buona riuscita dell’atto sato, viene a trovarsi come dentro un fortilizio for- sessuale, l’affiatamento tra i due strumentisti ha nito d’inesauribili viveri e munizioni, con la moglie- un’importanza capitale. La tecnica dell’atto sessuale sentinella che giorno e notte gli gira intorno, e che ha, come ogni tecnica, alcuni suoi segreti, una sua a intervalli regolari fa udire i suoi imperiosi e impla- poesia, una sua profondità, che non si raggiungono cabili ‘altolà!’ […]. Il matrimonio è un’associazione se non superando gli ostacoli della non intimità e del che trova la propria forza e la propria ragione in se pudore. La legge biologica secondo la quale la feconstesso, indipendentemente da ogni interesse econo- dazione non può avvenire se non in condizioni di mico, indipendentemente da ogni annesso interesse buio assoluto, estende il proprio ‘senso’ intorno alla dei figli. Il matrimonio vive di là dai sensi, vive di là operazione dell’amplesso, così da avvolgerla tutta di dalle ragioni pratiche della vita, vive di là dai figli. […]. tenebra. Anche negli accoppiamenti più volutamente
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sterili, l’impulso è pur sempre dato dalla volontà di fecondazione. Atto solitario ancorché compiuto da due individui distinti, i quali in quell’atto s’integrano e si fondono, avvolti da una propizia oscurità, e quasi sempre dall’oscurità cosmica: la notte. La poligamia esclude la profondità dell’operazione amorosa, pone l’atto sessuale in condizione di stupida superficialità. Il pudore che circonda e vela da ogni parte l’amplesso, ha il fine di farlo più solitario – più profondo. Solo due amanti che praticano l’amplesso sempre assieme, fedeli duettisti, e si ‘intimizzano’ sempre più, solo loro possono arrivare all’’abissale’ profondità dell’atto sessuale, questa umana variante della origine della Via Lattea”. Nello spirito di un tempo promiscuo come pochi, Savinio ci avverte con il respiro dell’artista che non teme smentita, propone una via con tale fermezza da non provocare sussulti, ma una sodale propensione alla condivisione, con il gusto ironico di secondo grado che disconosce il tono assertivo respingente, disponendo di una tenacia espositiva scintillante e abbagliante, pertinace. Eppure la felicità della famiglia Savinio, e prendiamo sul serio le parole di Leonardo Sciascia, era ornata da discrezione, da un pudore fortissimo, da un silenzio da intendersi come manifestazione tangibile di un’intesa suprema, una specie di conversazione ohne Worte, estremamente diradata, quasi senza parole. Maria Morino, la compagna fedelissima, avrebbe letto sulla Stampa di Torino il 31 marzo 1943 un pezzo intitolato “Silenzio nel matrimonio”, ben sapendo che conforto, sicurezza e silenzio erano considerate da Savinio virtù non solo borghesi ma assolute, specie per il suo indefesso lavoro di multiforme artista. È un pezzo, quello che appare in terza pagina, che risponde pubblicamente a un disagio muliebre (“ti duoli, Maria, perché non convergiamo più assieme come conversavamo una volta”). Dopo vent’anni di matrimonio emerge la nostalgia della conversazione fitta, a tal punto da rendere insufficiente la vastità di un vocabolario esteso e praticato nella tensione emotiva di una corte intessuta di una “dialettica ammagliata, delle immagini più suadenti”, atte a colpire la donna per la conoscenza profonda di colui che si propone nella promessa di una vita condivisa. E Savinio ammette nello scritto l’opera di imbonimento, una sorta di composizione della parola (“fare l’articolo”), un’eloquenza passeggera e forzata nel momento eccezionale dell’innamoramento che presuppone, nel contesto di una prospettiva matrimoniale, ampi tratti di retorica verbale (nell’esilerante episodio del Rocchetto di Venere in Hermaphrodito, nella copula repentina dell’avventura amorosa, la retorica è quasi del tutto assente). Eloquenza da tribuno la definisce Savinio, sigillo di
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un commercio umano, preparazione retorica di un imperituro amore, il fare la corte in vista di un’imminente unione significa mettere a nudo la propria anima ancor prima che il proprio corpo, “prima di mettere apertamente in mostra la sua pallida superficie ‘lunare’, questa nudità che a poco a poco si rivela cerca di nascondersi dietro le parole come Dafne dietro le fronde e mai le parole fanno altrettanto ufficio di veli quanto nell’idillio tra uomo e donna”. Nudità senza parole e veli, silenziosa, incolore, muta. L’amore vitale è “l’uomo-donna ossia l’individuoStato. Questa la misteriosa ed essenziale risultante del matrimonio e questo silenzio è il segno appunto che il matrimonio è riuscito bene, siccome la bolla sul braccio è il segno che il vaccino ‘ha preso’”. Complicità tra uomo e donna, complicità di sangue – afferma Savinio – come baluardo contro il male, una sorta di osmosi dell’indistinto (“mostri forniti di quattro gambe e quattro braccia, con due nasi e due bocche che camminano come ragni enormi” sono i coniugi), il matrimonio ha formato l’uomo-donna, e la parola rappresenta quasi un pericolo, mentre del silenzio non ci si può dolere perché – ed è motivo fondante di tutta l’opera di Savinio – è nel silenzio, nello scrutare il nostro foro interiore, nell’edificare il mondo penetrando nella propria interiorità che ci prepariamo ad avvicinarci alla morte, là dove si ricompone il destino di una ritrovata purezza individuale. Scriverà in Casa “La vita” che “amare è dare altrui la propria anima, è animare altrui con la propria anima, è illuderci di dare altrui una vita felice e profonda che altrimenti gli mancherebbe. Non c’è posto nell’amore per due anime. E quando si dice che due, amandosi, compongono un’anima sola, si vuol dire che una sola di queste anime opera amorosamente, mentre l’altra sta in dolce e grata inazione. Ma quando anche l’anima sopita si risveglia, allora le due anime si separano e l’amore finisce”. L’amore è eterno ma nella nostra fantasia, nella fedeltà che è il nostro desiderio, come nel mito. Il matrimonio ha un fine sessuale, ha un fine sentimentale, ha un fine procreativo – ribadirà in Maupassant e ‘l’altro’ – ma ha soprattutto il fine di completare e rafforzare quaggiù la situazione dell’uomo e della donna, e di creare tra un uomo e una donna un’associazione piccola ma sicura, che consente di affrontare con una specie di “egoismo raddoppiato” i pericoli, la sorte e soprattutto la solitudine della vita. E a questo fine, meglio che l’unione normale di marito e moglie, rispondono le unioni di madre e figlio, di fratello e sorella, di sorella e sorella, di fratello e fratello. Lo stato ermafroditico è un sogno di perfezione, una finzione, una soluzione ironica del sogno mitico, dove l’ambiguità è il regno dell’armonia e l’ambivalenza uno dei caratteri della letteratura.
Il matrimonio in cifre
Negli ultimi decenni del XX La tabella 1 e la figura 2, che secolo si assiste a una modifica esprimono la dinamica ai vari l’andamento della nuzialità censimenti rispettivamente di dei modelli di formazione e scioglimento delle coppie. una stima dell’età media al matriin Trentino-Alto Adige In linea con i nuovi compormonio e della percentuale di nel XX secolo tamenti familiari propri della celibi/nubili a cinquant’anni, perseconda transizione demogramettono di apprezzare meglio fica, si celebrano sempre meno le trasformazioni della nuzialità matrimoni. avvenute nelle due province. Si propongono di seguito alcune brevi Già nella prima metà del secolo, Innanzitutto, evidenziano come note sull’andamento della nuzialità la regione ha i livelli di nuziail calo dei quozienti di nuzialità in Trentino-Alto Adige nel corso del lità più bassi rispetto alle altre di fine secolo si traduce in un secolo scorso estrapolate da un più regioni del Nord: se si escludono aumento dell’età media al matriampio contributo elaborato da Fausta le oscillazioni belliche, i quozienti monio per entrambe le province Ongaro e Fiorenzo Rossi sul tema di nuzialità non superano il 6‰ e, ad eccezione delle donne del movimento demografico della (figura 1) quando altre regioni trentine, anche in un aumento popolazione in questa regione nel XX raggiungono il 7‰-8‰. del celibato/nubilato definitivo secolo. Tale contributo è in corso di Nel periodo del baby boom (si veda il rialzo delle percenpubblicazione nella collana di pubbli(anni sessanta) c’è un rialzo al tuali in corrispondenza del cencazioni della Fondazione Museo sto7‰-8‰, ma successivamente simento nel 2001). In secondo rico del Trentino all’interno del terzo i quozienti iniziano a scendere. luogo, si rileva che in Alto Adige volume di storia regionale curato da Una prima forte diminuzione si l’età media al matrimonio è più Rodolfo Taiani e Michael Wedekind e registra negli anni settanta (si alta che in Trentino. Più in genededicato alla popolazione in Trentinopassa dal 7,7‰ del 1970 al 5,2‰ rale, le stime suggeriscono che Alto Adige nel XX secolo. del 1979); con gli anni novanta, nel corso della prima metà del dopo un decennio di stabilità, i secolo in provincia di Trento ha quozienti riprendono a scendere senza interruzione. operato un modello di nuzialità diverso da quello di Nel 2006, con 3,8 matrimoni ogni mille abitanti, la Bolzano almeno per quanto riguarda la propensione regione (e le sue province) si colloca tra le regioni a sposarsi: a Trento la quota di celibato definitivo del Nord (Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia) con (ma anche di nubilato) è, infatti, più alta che a Boli tassi di nuzialità più bassi a livello nazionale. zano. Figura 1: Matrimoni per mille abitanti, regione e province, 1922-2006
Tabella 1. Percentuale di celibi e nubili a 50 anni, censimenti 1921-2001
Uomini
Donne
TAA
prov. BZ
prov. TN
TAA
prov. BZ
prov. TN
1931
18,82
15,75
23,26
18,58
1936
18,16
15,80
23,48
20,40
1951
16,53
17,36
22,17
23,64
1961
14,06
17,69
19,63
21,75
1971
14,66
18,17
18,69
18,86
1981
13,02
16,32
13,95
13,47
12,95
13,95
10,37
9,40
16,50
14,73
11,34
9,20
censimenti 1921
17,99
1991 2001
21,2
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Figura 2. Età media al matrimonio di uomini e donne, censimenti 1921-2001.
Figura 3. Percentuale di matrimoni civili, regione e provincia, 1984-2008.
Negli ultimi decenni del XX secolo aumentano anche i matrimoni civili (figura 3). All’inizio degli anni ottanta, con un quinto di matrimoni civili, la regione non esprime percentuali particolarmente elevate rispetto ad altre regioni del Nord. Negli anni successivi, però, il fenomeno ha una rapida crescita: a metà degli anni novanta, un terzo dei matrimoni non è religioso e nel 2008, con la maggioranza di matrimoni civili (54%), la regione diventa quella con la più alta proporzione di matrimoni civili tra le regioni del Nord. Anche in questo caso, tra le due province ci sono forti differenze. A Bolzano la propensione a celebrare matrimoni civili è sistematicamente più alta che a Trento, dove, per questo aspetto, si tende ad avere comportamenti più simili al Veneto. L’instabilità coniugale è un altro fenomeno che caratterizza l’ultimo scorcio del Novecento. L’aumento delle separazioni e dei divorzi sono esperienze relativamente recenti per l’Italia (la legge sul divorzio è stata approvata solo nel 1970): gli anni novanta e soprattutto il primo decennio del XXI secolo testimoniano un rapido aumento del fenomeno, soprattutto nelle regioni del centro-nord del Paese.
Il Trentino-Alto Adige non fa eccezione. All’inizio degli anni ottanta, in regione, le separazioni sono meno di 500 e i divorzi poco più di 150. Dopo una ventina di anni le separazioni sono più che raddoppiate mentre i divorzi si sono triplicati anche se la regione non ha raggiunto ancora i tassi di separazione totale di altre regioni del Nord (Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria). Con il XXI secolo però il fenomeno mostra un’accelerazione e il Trentino-Alto Adige raggiunge i livelli delle restanti regioni del Nord.
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Col permesso davanti al parroco
Una specifica norma emanata dal governo asburgico subito dopo la Restaurazione introduceva fondamentalmente nella sola Contea principesca del Tirolo Vorarlberg, che comprendeva anche l’attuale Trentino, l’obbligo del cosiddetto permesso politico di matrimonio. Si trattava in altri termini dell’autorizzazione o meno a contrarre matrimonio rilasciata dalle autorità politiche ai componenti di determinate aree sociali ritenuti teoricamente incapaci di garantire sostegno economico alla futura famiglia. In particolare così recitava una Circolare governativa per il Tirolo del 17 giugno 1820 con oggetto Di quali matrimoni sia necessario il consenso dell’Autorità politica: “Avuta considerazione ai propri rapporti della provincia del Tirolo e Vorarlberg, ed alle perniciose conseguenze, che potrebbe portar seco la illimitata libertà di contrarre matrimonio dalle persone mancanti dei mezzi di sussistenza, e nello stesso tempo affine di non dar luogo ad alcuna restrizione contraria alle leggi, l’imp. Reg. Cancelleria aulica riunita prescrisse con Ecc. decreto del 12 Maggio prossimo passato n. 12614-795, quanto segue [...] 1 Volendo contrarre matrimonio individui senza fisso domicilio appartenenti alla classe delle persone di servizio, dei lavoranti, degli artisti, e degli operai, o così detti abitanti; dovranno essi preventivamente insinuarsi alla Superiorità politica, onde riportare dalla medesima un’attestazione, che non esiste alcun ostacolo politico contro de loro matrimonio. 2 Egli è vietato ai Parochi, ed ai Pastori delle anime, di compartire la benedizione nuziale ai detti individui, che non avranno prodotto prima una tale attestazione. 3 Le Superiorità politiche sono autorizzate di negare il permesso di maritarsi alle persone, che partecipano dei soccorsi di un Istituto dei poveri, che si danno al mendicare, ovvero che in altro modo vivono alla giornata senza un mezzo stabile di sussistenza. 4 […] Se ne ingiunge all’Autorità ed ai Pastori delle anime la più esatta osservanza”. In Trentino il permesso politico di matrimonio ebbe vita contrastata – si dovette intervenire contro i crescenti casi di matrimoni illegittimi che cercavano di aggirare tale ostacolo –, ma si radicò a tal punto negli usi locali da trovare corrispondenza nel detto, assai
diffuso fra la popolazione trentina, secondo il quale “quando un uomo rispondeva ai canoni socialmente imposti di esser cristian, sàn e procurar ‘l pan’ allora poteva anche pensare a prender moglie e metter su casa”. Inoltre anche dopo la conclusione della Grande Guerra alcuni parroci continuarono ad esigere tale permesso così come i Consigli comunali a discuterne. Se ne trova traccia, ad esempio, nella seduta del Consiglio comunale di Moena del 18 aprile 1923. Già in passato antiche norme avevano attribuito ai comuni tirolesi la facoltà di “contenere” l’accesso al matrimonio del quarto stato. Il nuovo assetto statale, invece, che limitava fortemente l’autonomia comunale, di fatto trasferiva tale potere alle autorità politico-amministrative centrali. In entrambi i casi la vera preoccupazione di fondo che suggeriva l’adozione cautelare del divieto era quello di trovare soluzioni al problema del pauperismo cercando, però, non tanto di affrontare le sue possibili cause socio-economiche, quanto evitando che il numero dei poveri potesse crescere in modo incontrollato. E quale soluzione migliore di quella d’impedire che potessero riprodursi anche attraverso la negazione di un diritto naturale? L’altro motivo da cui traeva forza lo strumento del permesso politico di matrimonio era quindi l’economicismo assistenziale, cui si sovrapponeva, nel caso tirolese, la volontà di rinsaldare la tradizionale struttura contadina. Ai governi della Restaurazione faceva, infatti, più paura il «costo» della povertà che non il suo potere sovvertitore, controllato peraltro da un efficace sistema di polizia sociale (note estrapolate dal contributo di Casimira Grandi, “All’altare col permesso: amore e burocrazia nel Trentino asburgico”. In: Amori e trasgressioni: rapporti di coppia tra ‘800 e ‘900. A cura di Antonia Pasi e Paolo Sorcinelli. Bari: Dedalo, 1995: 189-225).
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A tu per tu con il farmacista
INFOM USE O O INFO M USE SETTEMBRE Paesaggi di guerra Si è tenuta il 9 settembre alla Gallerie di Piedicastello l’inaugurazione della mostra fotografica “Paesaggi di guerra: il Trentino alla fine della prima guerra mondiale”, organizzata dal Museo storico italiano della guerra di Rovereto e dalla Fondazione Museo storico del Trentino. Sono intervenuti Franco Panizza, assessore provinciale alla cultura, rapporti europei e cooperazione, Giuseppe Ferrandi, direttore della Fondazione Museo storico del Trentino, Camillo Zadra e Anna Pisetti del Museo storico italiano della guerra. L’esposizione, aperta fino al 29 gennaio 2012, ha ricomposto per la prima volta un’ampia rappresentazione dell’immagine di distruzione che si presentò ai trentini di ritorno dall’esilio e dalla guerra. La mostra è composta dai materiali già esposti in 12 mostre territoriali precedenti, realizzate in tutto il Trentino.
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che come la chiesa di Sant’Apollinare e il sovrastante Doss Trento sono stati visitati il 25 settembre. Il 2 ottobre, infine, è stata percorsa una parte del sentiero di San Vili, che da Trento porta a Madonna di Campiglio, ricalcando la strada seguita da San Vigilio nel 400 d.C., durante la sua opera di evangelizzazione. Tutti i trekking si sono conclusi con una visita guidata al Forte di Cadine e una degustazione di prodotti tipici locali.
Il 10 e l’11 settembre presso il Centro culturale di Brentonico si sono tenuti gli ultimi due appuntamenti con “A tu per tu con il farmacista: laboratori aperti per apprendere come preparare creme, pomate e sciroppi”, organizzati dall’Associazione giovani farmacisti Trentino-Alto Adige/Südtirol, in collaborazione con la Fondazione Museo storico del Trentino e il Comune di Brentonico, in occasione delle mostre “Farmacisti di famiglia” e DiStilla InStilla”. Il progetto “Post Italy” alle Gallerie di Piedicastello e presentazione del cd “Tunnel” Trekking guidati e visita al Forte In occasione del progetto “Post di Cadine Italy” dell’artista Valentina Miorandi, il 23 settembre alle Gallerie di Piedicastello, è stato presentato il secondo volume della collana di pubblicazioni riservate ad artisti trentini under 35 ancora privi di una prima estesa monografia istituzionale. Il volume, edito dalla Fondazione Galleria Civica di Trento e da Kaleidoscope Press di Milano, contiene una conversazione tra l’artista e Barbara Casavecchia e un testo di Luigi Meneghelli. Lo stesso giorno, alle 21.00, Dopo il successo dell’apertura si è tenuto, in anteprima naziostraordinaria del forte di Cadine, nale, un concerto-performance che ha visto la presenza di oltre all’interno della galleria nera, in 1.500 visitatori nelle giornate del cui sono state presentate dal vivo 26-27-28 agosto, la Fondazione le musiche originali tratte dal CD Museo storico del Trentino e l’APT “Tunnel”, interamente registrato Trento, Monte Bondone, Valle dei all’interno dell’ex tubo stradale da Laghi hanno proposto nuove visite Giordano Angeli (chitarre e sax), guidate e trekking alla scoperta Corrado Bungaro (violino e perdella Fortezza di Trento. Domenica cussioni), Carlo La Manna (basso 11 settembre è stato organizzato fretless) e Luciano Olzer (sound un trekking sul Casteler de la Groa, designer). Ha partecipato anche il area che ospitava diverse posta- Gruppo Vocale Feininger. Alcune zioni militari che permettevano guide non-vedenti hanno accomall’esercito austroungarico di con- pagnato al buio gli spettatori, trollare la val del Sarca e la val di favorendo una percezione senCavedine. Domenica 18 settembre soriale dello spazio-galleria nella e domenica 9 ottobre il trekking sua nudità e ascoltando le prime guidato si è svolto sopra l’abitato percezioni sonore, poi illuminate di Cadine. Il quartiere di Piedica- dalla sapiente regia luci di Marco stello, ricco di testimonianze stori- Comuzzi.
OTTOBRE LibriInCantina
dazione Museo storico del Trentino ha ospitato la presentazione del volume di Massimo Recchioni “Il Tenente Alvaro: la Volante rossa e i rifugiati politici italiani In Cecoslovacchia” (Roma, DeriveApprodi, 2011). Assieme all’autore è intervenuto Lorenzo Gardumi, ricercatore della Fondazione Museo storico del Trentino.
Sabato 1 e domenica 2 ottobre la Fondazione Museo storico del Trentino è stata presente con le proprie pubblicazioni a “LibriInCantina”, mostra nazionale della piccola e media editoria nello splendido scenario del Castello La mostra sul 150° dell’Unità d’Idi San Salvatore a Susegana (Tretalia a Bruxelles viso). Dopo aver fatto tappa a Strasburgo, al Castello di Stenico e al Corso di formazione sulle trasfor- Rifugio Caduti dell’Adamello, la mazioni dell’ambiente in rappor- mostra “Il 150° ai confini dell’Unità: Trentino, Italia, Europa” è to ai bisogni dell’uomo approdata a Bruxelles, dove è Il Centro formazione insegnanti di stata inaugurata il 14 ottobre nelle Rovereto, in collaborazione con sale del Palazzo di rappresentanza la Fondazione Museo storico del della regione europea TiroloTrentino e il Liceo “Leonardo da Alto Adige/Südtirol-Trentino. La Vinci” di Trento, ha proposto il mostra, curata da Alessandro de corso di formazione per docenti Bertolini e Patrizia Marchesoni, di storia e di lettere della scuola ha analizzato l’ampio processo di secondaria di primo e secondo unificazione dello Stato nazionale grado, dal titolo “Uomo e terri- mettendo in evidenza i piani diffetorio: le trasformazioni dell’am- renti sui quali si è articolato il perbiente in rapporto ai bisogni corso risorgimentale italiano. dell’uomo”. Tra il 6 e il 20 ottobre si sono svolti tre incontri in cui i relatori invitati, tra i quali Giovanni History Lab Levi dell’Università di Venezia e Antonio Brusa dell’Università di Sul canale 602 del digitale terreBari, hanno discusso l’argomento stre, lunedì 17 ottobre è cominciata affrontandolo da più punti di vista. la programmazione di “History Lab”, il nuovo progetto culturale sperimentale curato dalla FondaIncontri in biblioteca: un libro sul- zione Museo storico del Trentino, realizzato con l’editore OP.IM: un la Volante rossa laboratorio sui temi della storia e della memoria e un canale televisivo dedicato; il tutto con l’obiettivo di coinvolgere diverse realtà e soggetti.
Dolomiti in rete: incontri tra Comunità Con la Rete dolomitica le tre Comunità territoriali di Fassa, Fiemme e Primiero vogliono sperimentare Il 7 ottobre la Biblioteca della Fon- una nuova modalità di lavoro, di
partecipazione e di progettazione, valorizzando le esperienze e le risorse che ogni territorio vorrà mettere a fattor comune. Per iniziare questa nuova forma di collaborazione la Fondazione Museo storico del Trentino, in qualità di soggetto istituzionale capofila, ha promosso, tra il 20 e il 29 ottobre, la prima edizione di “Dolomiti in rete: incontri tra Comunità”. Giovedì 20 ottobre a Predazzo si è tenuta la serata di apertura e presentazione del progetto, alla quale hanno partecipato Lorenzo Dellai, presidente della Provincia autonoma di Trento, Cristina Donei, procuradora del Comun general de Fascia, Cristiano Trotter, presidente della Comunità di Primiero, Raffaele Zancanella, presidente della Comunità territoriale della val di Fiemme, Giuseppe Ferrandi, direttore della Fondazione Museo storico del Trentino. L’incontro si è concluso con lo spettacolo “Per ladin… semper più bel? Frammenti di ladinità”, a cura della Compagnia Estroteatro. Il programma di incontri è proseguito lunedì 24 ottobre a Tonadico con una tavola rotonda incentrata sul tema del paesaggio, introdotta da Mauro Gilmozzi (assessore provinciale all’urbanistica, enti locali e personale) e Cristiano Trotter (presidente della Comunità di Primiero). Hanno portato i loro contributi l’architetto Loredana Ponticelli, Giovanni Kezich e Marta Bazzanella del Museo degli usi e costumi della gente trentina, Gianfranco Bettega della Comunità di Primiero. Il giorno successivo, presso la sede della Comunità di Primiero a Tonadico, sono stati proiettati i film “Via Battisti-Weiss sun Spiz da le Roe de Ciampié” di Ivan Vian, “Transumanza: una libertà condizionata” di Claudio Frari, “En pizech de sal: alimentazione, memorie e ricette a Primiero” di Michele Corona e Angelo Longo. Gli stessi filmati sono stati mostrati giovedì
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27 ottobre a Cavalese e sabato 29 ottobre a Vigo di Fassa. Mercoledì 26 ottobre la Domus Consiliorum di Cavalese ha ospitato l’incontro dal titolo “Storie comparate” in cui, dopo gli interventi introduttivi di Franco Panizza (assessore provinciale alla cultura, rapporti europei e cooperazione) e Raffaele Zancanella (presidente della Comunità territoriale della val di Fiemme), hanno presentato le loro testimonianze gli alpinisiti Sergio Valentini e Rina Chiocchetti del Moro, Franca Vanzetta della Scuola di tessitura di Tesero, Dolores Antoniazzi della scuola di merletto a fuselli di Predazzo, gli architetti Andrea Sarno e Luigi Oliva. Un’ultima tavola rotonda sul tema “Identità, comunità, territorio” si è tenuta venerdì 28 ottobre a Pozza di Fassa: dopo gli indirizzi di saluto di Luigi Chiocchetti (assessore regionale alle minoranze linguistiche e ai giudici di pace) e Cristina Donei (procuradora del Comun general de Fascia), sono intervenuti Piero Badaloni, giornalista, scrittore e politico, Franco Casali, docente di Fisica dei reattori nucleari presso l’Università di Bologna, Francesco Marino, giornalista RAI.
valorizzare i patrimoni e le risorse storico-culturali presenti nella zona di confine tra la provincia di Trento e quella di Vicenza. Nel pomeriggio, presso la Casa della Regola a Pedemonte (Vicenza) è stata presentata l’iniziativa “Parco della Memoria: Piccole Dolomiti, grandi altipiani”; sono intervenuti Roberto Carotta, presidente del Comitato promotore, Maurizio Struffi, vicepresidente del Comitato promotore, Giuseppe Ferrandi, direttore della Fondazione Museo storico del Trentino, Mauro Passarin, conservatore del Museo del Risorgimento e della Resistenza di Vicenza. In serata la festa si è trasferita al Centro congressi di Lavarone; dopo i saluti di Michael Rech, presidente della Magnifica Comunità degli Altipiani Cimbri e del sindaco di Lavarone Mauro Lanzini, si è esibito il Coro “Monte Caviojo” di Arsiero. In conclusione è stato proiettato “Immagini dal fronte”, film-concerto sulla Grande Guerra, con musiche dal vivo di Francesca Aste eseguite da Klaus Manfrini, Francescano Ciech, Aleksey Asenov e dalla stessa Francesca Aste.
Le pubblicazioni della Fondazione al Pisa Book Festival Dal 21 al 23 ottobre la Fondazione Museo storico del Trentino ha partecipato con le proprie pubblicaNOVEMBRE zioni alla IX edizione di “Pisa Book Festival”, la fiera dell’editoria indipendente che ospita 180 editori e Un convegno internazionale più di 300 eventi in oltre 1.500 mq sull’Unità d’Italia di spazio espositivo. Nei giorni 9, 10 e 11 novembre la Fondazione Museo storico del Trentino e l’Università degli studi La prima festa del Parco della medi Trento hanno promosso il conmoria vegno internazionale “Ai confini Si è tenuta domenica 30 ottobre la dell’Unitá d’italia: territorio, ammiprima Festa del Parco della Memo- nistrazione, opinione pubblica”, ria, progetto cui hanno aderito che si è tenuto presso la Sala oltre trenta enti e istituzioni tren- Depero della Provincia autonoma tine e venete con l’obiettivo di di Trento. Obiettivo delle tre gior-
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nate di studio è stato quello di analizzare il complesso processo di costruzione dello Stato unitario italiano secondo una prospettiva nuova, quella dei confini e delle tante periferie che in diversi momenti storici sono entrati a far parte del tessuto statuale-nazionale italiano. Docenti universitari italiani e stranieri si sono alternati durante le tre sezioni del convegno, strettamente connesse e intrecciate.
Conversazione con Michele Placido Mercoledì 16 novembre Le Gallerie di Piedicastello sono state teatro di una conversazione con l’attore, regista e produttore Michele Placido che ha dialogato con Giuseppe Ferrandi, direttore della Fondazione Museo storico del Trentino e Laura Zumiani della Trentino Film Commission.
Quarta edizione del Convegno su mass media e memoria Si è tenuto mercoledì 16 novembre l’ormai tradizionale appuntamento con il Seminario internazionale su mass media e memoria che, dal 2008, vede impegnata con cadenza annuale, la Fondazione Museo storico del Trentino in collaborazione con l’Università degli studi di Trento. Il convegno di quest’anno, ospitato presso la Facoltà di Economia a Trento, si è incentrato sul tema “Le sponde della memoria: il ruolo dell’oblio nel panorama mediale contemporaneo”. Studiosi italiani e stranieri, partendo dal panorama odierno in cui la presenza del cinema, della televisione e del web è sempre più invasiva, si sono confrontati sul rapporto tra memoria e oblio e hanno rimesso in discussione la funzione tradizionale dell’immagine come produttrice di ricordi.
Conferenza sulle terre adriatiche Martedì 15 novembre a Rovereto e mercoledì 16 novembre a Trento l’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia-Comitato provinciale di Trento e delegazione di Rovereto, in collaborazione con la Fondazione Museo storico del Trentino, ha organizzato la conferenza “La storia che non si insegna: l’ereditá del Novecento nelle terre adriatiche”, tenuta da Roberto Spazzali.
Inaugurazione della mostra “Ritorno sul Don”
Venerdì 19 novembre è stata inaugurata “Ritorno sul Don 19411943: la guerra degli italiani in Unione Sovietica”, la grande mostra che fino al 30 settembre 2012 occuperà le due Gallerie di Piedicastello, mettendo in scena la campagna di Russia intrapresa dall’esercito italiano nell’estate del 1941 e conclusasi con la tragica ritirata nel gennaio del 1943. L’esposizione, curata da Quinto Antonelli, Lorenzo Gardumi e Giorgio Scotoni, è stata realizzata dalla Fondazione Museo storico del Trentino in collaborazione con il Museo centrale della grande guerra patria di Mosca e l’Università statale agraria di Voronezh.
“Lettere dal Don”: XII Seminario dell’Archivio della scrittura popolare Si è svolto dal 21 al 22 novembre, presso il palazzo della Regione
a Trento, il XII Seminario dell’Archivio della scrittura popolare dedicato alla campagna di Russia durante la seconda guerra mondiale. Il convegno, intitolato “Lettere dal Don”, ha preso in considerazione soprattutto le scritture in grado di restituire la soggettività e l’universo mentale dei soldati sul fronte orientale, senza tralasciare l’immane costruzione memorialistica iniziata nell’immediato dopoguerra e non ancora terminata. Il seminario, curato da Quinto Antonelli, ha visto anche la partecipazione di alcuni studiosi russi che hanno dato conto delle loro ricerche sulle lettere dei soldati dell’Armata Rossa, sui fondi di lettere italiane conservate in archivi pubblici e privati russi, nonché sul flusso di lettere che tutt’ora dall’Italia raggiunge quelli che furono i luoghi dei combattimenti o della prigionia. All’interno del seminario è stato anche presentato il volume Vincere! Vinceremo! Cartoline sul fronte russo (1941-1942), edito nella collana di pubblicazioni della Fondazione Museo storico del Trentino a cura di Quinto Antonelli e Sergej Ivanovich Filonenko. A corollario del convegno è stato organizzato anche un momento teatrale con il recital “Il diradarsi dell’oscurità: storie di soldati”, proposto da Michele Comite e Fosca Leoni nelle Gallerie di Piedicastello.
Incontri in biblioteca: presentato un volume su Mauro Rostagno Il 24 novembre, nell’ambito degli “Incontri in biblioteca”, l’Associazione Museo storico in Trento, l’Associazione Zapruder e la Fondazione Museo storico del Trentino hanno presentato il volume Il suono di una sola mano: storia di mio padre Mario Rostagno, scritto da Maddalena Rostagno e Andrea Gentile (Milano, il Saggiatore,
2011). Assieme agli autori hanno partecipato Marco Boato e Vincenzo Calì, moderati da Fiammetta Balestracci.
Una mostra sulla passione per il cinema a Trento
Il 26 novembre, Sala Thun e le Cantine di Torre Mirana a Trento hanno ospitato l’inaugurazione della mostra “8-35 mm: la vita in due formati”, dedicata a Riccardo Pegoretti e curata da Andrea Andreotti e Lorenzo Pevarello. La mostra, aperta al pubblico fino al 15 gennaio 2012, ha ripercorso 30 anni di passione per l’immagine in movimento (dagli anni cinquanta alla fine degli anni settanta del Novecento) documentando anche i cambiamenti socio-culturali di un’intera città. Un amore consumato nelle sale cinematografiche, in lunghe e appassionate discussioni tra amici, nei cineforum e infine cercando di riprodurre in film amatoriali un immaginario visivo fatto di citazioni, figure leggendarie, impegno, passione e intrattenimento.
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Un confronto tra archivi femminili
CFP ENAIP di Tesero, il CFP ENAIP di Villazzano, l’Istituto Pavoniano Artigianelli per le arti grafiche di Trento. L’esposizione, composta da quaranta scatti del fotoreporter Marco Longari dell’Agence France Presse, ha avuto l’intento di stimolare una riflessione sulle dinamiche dei conflitti contemporanei e sul cammino culturale che la nostra società deve intraprendere per una loro possibile risoluzione pacifica.
L’Osservatorio Cara città di Rovereto, in collaborazione con la Fondazione Museo storico del Trentino, ha organizzato il seminario dal titolo “Da tante storie, una storia: confronto tra archivi e esperienze di donne per una storia viva”. Questo momento di dialogo si è tenuto il 26 novembre a Rovereto, all’interno del Palazzo ex Chesani. L’associazione Osservatorio Cara città, che da anni raccoglie e archivia documenti e memorie di donne attive nelle associazioni e nei movimenti femminili a Rovereto e in Vallagarina, si è confrontata con realtà affini per immaginare nuove prospettive comuni. Per la Fondazione Museo storico del Trentino hanno partecipato DICEMBRE Mirella Duci e Patrizia Marchesoni parlando degli archivi femminili depositati presso la Fondazione. Incontro con i reduci dalla Russia Piazza sorelle d’Italia L’Associazione culturale “Grenzland – Terra di confine”, in collaborazione con la Fondazione Museo storico del Trentino, sabato 26 novembre ha proposto lo spettacolo teatrale scritto da Luisa Pachera “Piazza sorelle d’Italia: la storia nelle storie delle donne”. La pièce, che si è tenuta nelle Gallerie di Piedicastello ed è stata diretta dalla regista Francesca Aprone, ha raccontato i principali momenti storici nazionali attraverso le vicende che hanno segnato la vita di alcune donne: Anita Garibaldi, Gemma Guerrieri Gonzaga, Tina Anselmi.
Oltre il conflitto Il 29 novembre, alle Gallerie di Piedicastello, si è tenuta l’inaugurazione della mostra fotografica di Marco Longari “Oltre il conflitto”, curata da Thomas Pilati e organizzata assieme agli allievi di alcuni istituti superiori del Trentino: il
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Nell’ambito della mostra “Ritorno sul Don 1941-1943”, la Fondazione Museo storico del Trentino e l’Associazione nazionale Alpini, Sezione di Trento hanno organizzato il 2 dicembre, all’interno delle Gallerie di Piedicastello, un incontro con alcuni Alpini reduci della campagna di Russia. Sono intervenuti Lorenzo Dellai, presidente della Provincia autonoma di Trento e della Fondazione Museo storico del Trentino e Corrado Perona, presidente nazionale ANA. Si è esibito il coro della Sezione ANA di Trento.
presente con le proprie pubblicazioni alla Fiera “Più libri più liberi” che si è tenuta a Roma dal 7 all’11 dicembre. Ciaspolando nella storia La mostra “Ciaspolando nella storia”, curata da Alessandro de Bertolini della Fondazione Museo storico del Trentino, è stata inaugurata il 13 dicembre alle Gallerie di Piedicastello, alla presenza del curatore, di Gianni Holzknecht, presidente della Società podistica Novella e di Franco Panizza, assessore alla Cultura, rapporti europei e cooperazione della Provincia autonoma di Trento. Il percorso, aperto fino al 29 gennaio 2012, ha raccontato la nascita e l’evoluzione delle ciaspole, dalle loro origini, documentate nel 6000 a.C., fino alla Ciaspolada della val di Non, gara non competitiva che si ripete ogni gennaio da 37 anni.
Serata sul 150° dell’Unità d’Italia
anniversario
Il 15 dicembre a Sopramonte la Circoscrizione Bondone e la Fondazione Museo storico del Trentino hanno organizzato una serata culturale dal titolo “Il 150° ai confini dell’Unitá”. Dopo l’introduzione di Sergio Cappelletti, presidente della Circoscrizione Bondone, è intervenuto Giuseppe Ferrandi, direttore della Fondazione Museo storico del Trentino, che ha anche presentato la mostra “Il 150° ai confini dell’U“Più libri più liberi” nità: Trentino, Italia, Europa”, Come ogni anno la Fondazione curata da Alessandro de Bertolini Museo storico del Trentino è stata e Patrizia Marchesoni.
EDIZIONI
P R E S E N TA Z I O N I 30 settembre, Trento Il volume Marcello Baldi: cinema, cattolici e cultura in Italia, a cura di Massimo Giraldi e Laura Bove è stato presentato presso la sala conferenze della SAT di Trento: sono intervenuti, con i Curatori, Piergiorgio Motter, presidente SAT, Giuseppe Ferrandi, direttore della Fondazione Museo storico del Trentino e Renato Morelli. 25 novembre 2011, Trento Il volume Gli esordi di un politico nazionale: Flaminio Piccoli, 19451958: materiali per una biografia politica di Luigi Targher è stato presentato presso la Biblioteca della Fondazione Museo storico del Trentino: sono intervenuti, con l’Autore, Giuseppe Ferrandi, direttore della Fondazione Museo storico del Trentino, Gianni Faustini e Armando Vadagnini. 6 dicembre 2011, Ala; 11 dicembre 2011, Rango Il volume Alle radici della cooperazione: un viaggio dell’emozione nelle Giudicarie esteriori è stato presentato ad Ala presso l’Auditorium della Cassa rurale Bassa Vallagarina e a Rango: sono intervenuti i vari collaboratori e Diego Schelfi, presidente della Cooperazione trentina. 12 dicembre 2011, Trento Il volume Renato Ballardini di Mauro Marcantoni e Milena Di Camillo è stato presentato presso l’Aula magna del Liceo Antonio
Rosmini di Trento: sono intervenuti, con gli Autori, Lorenzo Dellai, presidente della Provincia autonoma di Trento e Giuseppe Ferrandi, direttore della Fondazione Museo storico del Trentino. 18 dicembre 2011, Povo Il documentario Cronache poere diretto da Lorenzo Pevarello è stato proiettato in anteprima presso il Teatro Concordia di Povo.
(1941-1943) custodite presso la Fondazione Museo storico del Trentino. Mauro Marcantoni e Milena Di Camillo, Renato Ballardini, pp. 218, € 18,00
EDIZIONI
NOVITÀ Quinto Antonelli e Sergej Ivanovich Filonenko (a cura di), Vincere! Vinceremo! Cartoline sul fronte russo (1941-1942), pp. 146, € 17,00
Rilettura della vita politica e dell’attività istituzionale di Renato Ballardini, protagonista di grandi battaglie civili. Lorenzo Pevarello, Cronache poere, DVD, 57’, € 8,00 Ricostruzione della storia della comunità di Povo, ubicata sulla collina di Trento, in un periodo cruciale del scolo scorso, quello compreso fra la Grande Guerra e l’immediato secondo dopoguerra
Volume che mette a disposizione, per la prima volta, una documentazione del tutto inedita conservata negli archivi dell’Università russa di Voronezh e integrata con una selezione di cartoline relative alla campagna di Russia
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La riscoperta deL quartiere deL sass di trento 25.04–28.10.2012 s.a.s.s. spazio archeologico sotterraneo del sass piazza cesare Battisti – trento
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Orari mostra 9-13 / 14-17.30 dal 1 giugno al 30 settembre 9.30-13 / 14-18 chiuso il lunedĂŹ Ingresso libero