Betrayal and innocence

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Betrayal and Innocence Tribute to Jane Austen’s Pride and Prejudice (1813 - 2013) A novel by Monica Serra


Betrayal and Innocence

Ramsgate, 1810 L’estate era appena iniziata, e come accadeva ogni anno in quel periodo, Georgiana si era trasferita nel Kent per trascorrervi la stagione in compagnia della sua istitutrice, Mrs Younge. La signorina Darcy amava quella pittoresca cittadina affacciata sul mare, il suo coloratissimo porto, le distese di meli e ciliegi grazie alle quali Ramsgate si era guadagnata l’appellativo di “giardino d’Inghilterra”. Era una giornata bellissima e piena di luce, anche se l’aria era frizzante e indossare il mantello era ancora indispensabile per non rischiare di ammalarsi. Tuttavia il vento che di solito sferzava le coste si era placato in una brezza leggera e il sole scintillava sulla superficie del mare. Georgiana sedeva quasi sull’orlo della scogliera e respirava a pieni polmoni l’aria salmastra. Aveva le ginocchia raccolte al petto e guardava la distesa azzurra sotto di lei. Se suo fratello l’avesse vista vagabondare da sola e starsene seduta in quel modo, di certo non le avrebbe risparmiato una predica su cosa si addicesse e cosa invece fosse assolutamente inadatto a una signorina perbene. Sorrise a quel pensiero, poi si rattristò. Le dispiaceva che Darcy non approvasse, ma anche lui doveva prendere atto che non aveva più a che fare con una bambina. Da quando il padre era morto, Fitzwilliam aveva pochissimo tempo per sua sorella. Era preso da mille impegni e si era trasformato in un gentiluomo scontroso e poco avvezzo ai divertimenti. Stava a Pemberley, la residenza principale della famiglia, solo per il tempo strettamente necessario a controllare l’andamento della tenuta e raramente le faceva visita a Londra durante la stagione invernale. Pensare alla grande casa strappò alla signorina Darcy un nuovo sorriso. Pemberley era un posto magnifico: la villa di pietra incorniciata da alte colline boscose, il ruscello dall’aspetto naturale, le belle querce e i frondosi castani sparsi qua e là sul verde dei prati non avevano eguali in tutto il Derbyshire. Eppure, il luogo che Georgiana Darcy amava di più era proprio Ramsgate, allegra e affascinante, circondata da frutteti e affacciata sul blu. Rimase in ascolto e il mormorio del mare le accarezzò le orecchie, mentre i gabbiani gridavano sopra di lei. Quella beata solitudine però non durò a lungo. Con la coda dell’occhio, scorse una figura che si avvicinava. Sperò che l’uomo, chiunque egli fosse, non la vedesse seduta sugli scogli come una ragazzaccia. Lui avanzava controluce, alto, avvolto in un mantello da viaggio, le gambe fasciate da stivali neri. Si fermò a poca distanza e ci vollero solo pochi istanti perché Georgiana lo riconoscesse. Non aveva più visto Wickham, dopo la lettura del testamento di suo padre. Fitzwilliam aveva avuto una lite con lui a proposito del lascito che il vecchio Mr Darcy gli aveva destinato. Quello stesso giorno, George Wickham aveva lasciato Pemberley e non si erano più incontrati. Rimasero così per un tempo indefinibile, lei seduta fra le rocce, incapace di muoversi, e lui in piedi, stagliato contro il cielo. Pochi istanti, o forse interi minuti. «Salve, Georgiana» disse infine Wickham e la sola cosa che la signorina Darcy riuscì a pensare fu che quella voce era esattamente come lei la ricordava.


Dopo quell’incontro, George Wickham si recò in visita alla signorina Darcy ogni giorno. Tutte le mattine, un fascio di rose scarlatte veniva recapitato a villa Darcy, tutti i pomeriggi Wickham si presentava alla porta e restava con Georgiana finché le buone maniere lo consentivano. Chiunque li avesse visti assieme, avrebbe pensato che si trattasse di due giovani innamorati. Chiunque, tranne la signora Younge. Lei conosceva bene il giovanotto, fin dai tempi in cui egli risiedeva a Londra, con lo studio come pretesto. Era stata testimone, e talvolta compagna, di quella vita libera da qualunque freno che Wickham aveva condotto tra ozio e sregolatezza. E adesso era complice del piano perverso che l’uomo aveva ordito ai danni di Georgiana, ma soprattutto di Fitzwilliam Darcy. Quel pomeriggio la signora Younge ricevette Wickham nel salotto. «La signorina Darcy sarà qui tra pochissimo» disse, invitandolo a sedersi per attendere più comodamente. George rifiutò con un cenno della mano, avvicinandosi alla porta-finestra aperta sul giardino. Il panorama che si godeva da lì dava un delizioso senso di frescura. Poco più avanti, dalla luminosa veranda protetta da alte vetrate alcuni gradini di legno scendevano su una spiaggia dorata che a un certo punto scompariva nel mare, un’infinita distesa cobalto che si estendeva fin dove l’occhio riusciva a scorgere. Dopo aver fissato in silenzio per un po’ i gabbiani che planavano sull’acqua, Wickham spostò lo sguardo sulla donna. «Sono ansioso di incontrare la vostra protetta, non vedete?» Il tono era volutamente sarcastico, mentre si avvicinava a Mrs Younge. «Siete una persona orribile!» lo rimproverò lei, ritraendosi e fingendosi indignata. «Ma è proprio per questo che vi piaccio» ribatté Wickham, insolente, facendosi ancora più vicino. La fissò con intenzione, poi si chinò fino a sfiorarle l’orecchio con le labbra. «Sapete bene che quest’affare conviene a entrambi» le sussurrò. «La piccola ha una dote che può sistemare sia me che voi per molto, moltissimo tempo.» Eugenia Younge ridacchiò, poi fece un passo indietro e lo respinse posandogli una mano sul petto. «Siete proprio un cacciatore di dote senza scrupoli!» A quel punto, Wickham scoppiò in un’allegra risata e la prese per la vita, sollevandola e facendola girare. «Trentamila sterline, milady!» esclamò. «Ma la mia soddisfazione più grande sarà pensare alla faccia del suo altezzoso fratellino quando scoprirà il fattaccio.» Tornata con i piedi per terra, Mrs Younge si allontanò di qualche passo, raccogliendo i capelli che erano sfuggiti alla rigida pettinatura. «Spero che proprio che sappiate quello che state facendo» disse, fermandosi accanto alla vetrata e osservando il lungomare. «Non ho alcuna voglia di vedere com’è Mr Darcy quando è arrabbiato.» Wickham si appoggiò alla spalliera del divano di velluto blu, incrociando le braccia. «Non credo che riuscirete a vederlo, mia cara.» Un sorriso crudele piegò le labbra sottili. «Saremo già lontani quando Darcy scoprirà la fuga della sua preziosa e ingenua sorellina.» Prima che Eugenia potesse ribattere, il gioioso trillo del campanello annunciò l’arrivo di Georgiana, troncando ogni discorso.


Wickham sfoderò tutte le sue armi di seduzione. Gli restava solo qualche giorno, prima che Darcy raggiungesse la sorella a Ramsgate, quindi doveva sfruttare al meglio il poco tempo che aveva a disposizione. Quel pomeriggio la signora Younge aveva insistito perché prendessero la carrozza, giacché un cielo cupo incombeva sulla costa e minacciava pioggia, ma lui e Georgiana avevano preferito camminare sulla riva del mare davanti alla villa. Wickham aveva osservato le nubi che calavano all’orizzonte, augurandosi che non piovesse. Aveva bisogno di ogni istante che poteva trascorrere con la ragazza e con molta probabilità un temporale avrebbe rovinato tutto. Passeggiarono lungo la spiaggia, lasciando indietro la signora Younge, parlando di balli, musica e conoscenze comuni. A un certo punto, iniziò a piovere. Poche gocce, fredde e pesanti. «Vi riaccompagno a casa» disse George, invertendo il cammino. «Prima che quel cielo nero venga giù». Georgiana rise. «Oh, non preoccupatevi. Non mi fa paura un po’ d’acqua!» Raggiunsero Mrs Younge, che le porse un ombrello. «Riparatevi, Georgiana» disse, trattenendo per sé un parapioggia più piccolo. «Sarebbe increscioso se vi prendeste un malanno ora che mancano pochi giorni alla visita di vostro fratello!» Forse la pioggia non sarebbe stata un male. Wickham prese l’ombrello al posto della signorina Darcy. Lo aprì e lo tenne sopra di loro con una mano, offrendo alla ragazza l’altro braccio. «Infilate il braccio sotto al mio» le suggerì. «Ci bagneremo meno, stando più vicini.» La pioggia picchiettava sopra di loro, mentre si dirigevano verso la residenza dei Darcy. In poco tempo, furono soli. Wickham taceva e Georgiana non osava rompere il silenzio. Le piaceva l’atmosfera d’intimità che si era creata tra loro. Le ricordava quando era bambina e George la spingeva sull’altalena, mentre Fitzwilliam si arrampicava sugli alberi per mostrarle il punto più alto dove potesse volare. Anche allora Wickham se ne stava in silenzio, tanto che lei sospettava che fosse un vento invisibile a sospingerla in alto. Non avrebbe mai immaginato i sentimenti che già da allora si agitavano nell’animo del ragazzo. Gelosia, invidia, un irrazionale senso d’odio per i due fratelli, che Wickham cercava di nascondere per non perdere il favore del vecchio Mr Darcy e che ancora, dopo tanti anni, non si erano sopiti. Mentre Georgiana si perdeva nei ricordi, Wickham pensava a come mettere a nudo i sentimenti della ragazza. Si fermò, guardandola negli occhi, senza mostrare sul viso alcuna espressione. «Georgiana». «Sì?» La giovane non distolse lo sguardo dal suo e nessuno dei due mostrò l’ intenzione di riprendere il cammino. Wickham avvicinò la testa a quella di lei e le sfiorò le labbra con un bacio leggero. Lei esitò e quando lui si ritrasse, lo fissò intensamente con il volto che tradiva imbarazzo e stupore. Wickham non ebbe dubbi che quello fosse il suo primo bacio. «Avrei dovuto fermarvi» mormorò la signorina Darcy. «Sono contento che non l’abbiate fatto» ribatté lui con un sorriso. La pioggia cadeva più fitta e George la attirò più vicino per ripararla meglio. «Venite con me, Georgiana.» Lei lo fissò, senza capire. Wickham le accarezzò la guancia con le nocche della mano libera. «Venite via con me e sposatemi.» La ragazza era sbigottita. Poi il suo sguardo divenne duro. «Siete interessato alla mia dote, Mr Wickham?» chiese. «Ai miei possedimenti? Alle trentamila sterline di rendita che mio padre mi ha lasciato?» Lui non rispose e tacque per parecchi minuti. Non si spostò da lei, né distolse lo sguardo. Poi parlò. «Vi conosco fin da quando eravate una bambina.» Era serio, nel tono di voce e nello sguardo. «E


voi conoscete me. Forse sono stato precipitoso. Ma non dovete dubitare della mia sincerità.» La signorina Darcy non riuscì a decifrare l’espressione del suo volto. «Ditemi di sì, Georgiana» insisté il giovanotto. «E vi porterò via domani stesso.» A quel punto, lei scelse di fidarsi. Era giovane e innocente e quello era qualcosa di molto più forte di quanto avesse mai provato, qualcosa che la faceva sentire adulta. Si abbandonò alle sensazioni intense e irrazionali che la vicinanza di lui le suscitava. «D’accordo.» Non ci furono esitazioni nella sua voce, né dubbi nel suo cuore. «Vi seguirò.» La signora Younge li raggiunse. «C’è una carrozza davanti a casa» disse, lanciando uno sguardo a Wickham, poi prese Georgiana sotto braccio e la riparò col suo ombrello. «Vostro fratello deve aver anticipato il suo arrivo di qualche giorno.» La signorina Darcy arrossì, confusa per la notizia inaspettata e per la decisione appena presa. Wickham trattenne la sua mano per un istante. «Ricordate, Georgiana» sussurrò, cercando i suoi occhi. «Domani. E non dite nulla a vostro fratello. Conoscete la sua antipatia nei miei confronti: non vi permetterebbe mai di sposarmi!» Con un gesto deciso, Mrs Younge trascinò via la ragazza. Wickham restò a guardarle, incurante della pioggia, finché scomparvero oltre la soglia di villa Darcy.


Eugenia Younge era contrariata. Nulla stava andando come lei e Wickham avevano previsto. «Non siete stato per nulla cortese a lasciarmi tanto indietro ieri, sulla spiaggia. E avete messo a repentaglio la reputazione della mia allieva.» Wickham si concesse una risatina ironica. «Siete forse gelosa, Eugenia?» le chiese, costringendola ad arretrare finché fu il muro a fermarla. Il giovanotto posò le mani sulla parete, ai lati del volto di Mrs Younge. «Abbiate pazienza, mia cara.» Lei assunse un’aria indignata e cercò di liberarsi, ma lui la tenne ferma al suo posto. «Presto, tutto ciò che desideriamo sarà nostro. Non manca molto, ormai.» «Forse non è più ciò che voglio» replicò la donna, fissandolo negli occhi. «Forse non voglio che sposiate Georgiana e non m’importa più della sua dote. Forse preferisco avervi per me». Ci fu un lungo silenzio. «L’umidità e la pioggia vi hanno confuso le idee.» Il tono di Wickham si era fatto improvvisamente duro. «E vi hanno fatto dimenticare quali sono le cose che desiderate veramente. Non dovete perdere di vista le vostre priorità.» Avvicinò il volto a quello di lei, mormorando sulle sue labbra. «Che sono anche le mie.» Eugenia respirò le sue parole, poi lo baciò. Georgiana era impaziente di incontrare Wickham per parlargli di ciò che intendeva fare. Aveva riflettuto a lungo ed era giunta alla conclusione che Darcy doveva essere informato delle sue intenzioni. Era una donna, ormai, e lo avrebbe convinto a rispettare la sua scelta, anche se la sua scelta si chiamava George Wickham. Si avvicinò agli alloggi di Mrs Younge, dove sapeva che Wickham la stava aspettando. Aprì la porta e il tempo si fermò. Rimase a fissare le due figure avvinte per un momento che sembrò durare in eterno, mentre il mondo cadeva in frantumi sotto i suoi piedi. Eugenia si accorse di lei e allontanò da sé Wickham. Georgiana passò lo sguardo attonito dall’uno all’altra, mentre calde lacrime scendevano suo malgrado lungo le guance. Il giovanotto fece un passo nella sua direzione, la chiamò, ma lei si volse e fuggì via. La signora Younge bloccò Wickham, afferrandolo per un braccio e impedendogli di seguirla. «Andatevene» disse con voce tesa. «Se suo fratello scopre che siete qui, ci uccide entrambi!» Dopo un attimo di esitazione, Wickham, pallido e turbato, prese il cappello, le rivolse un frettoloso cenno di saluto e se ne andò, lasciandosi alle spalle villa Darcy e tutti i piani che aveva fatto sulla piccola ereditiera.


Il tempo era assai variabile in quel periodo dell’anno. Ramsgate era stata sferzata per tutta la notte da un forte vento che aveva spazzato via nuvole e pioggia e il pomeriggio si era fatto limpido e soleggiato. Darcy, seduto in biblioteca a sorseggiare un bicchiere di porto, vide passare Georgiana nel corridoio. Correva e gli sembrò che piangesse. Preoccupato, la seguì. Bussò alla porta della sua camera ed entrò. Sua sorella, seduta al pianoforte accanto alla finestra, guardava fuori, con le dita mute sulla tastiera. Gli parve più piccola e fragile del solito, con l’abito semplice di colore chiaro e i capelli che le scendevano liberi sulle spalle. Non si volse a salutarlo col sorriso speciale che riservava soltanto a lui, ma restò ferma a seguire con lo sguardo il volo dei gabbiani nel cielo azzurro e senza più nuvole. «Georgiana?» Lei si girò, lentamente. Aveva gli occhi gonfi per le tante lacrime versate. Lui le sedette accanto. «Che ti succede?» chiese apprensivo. Georgiana scosse il capo, mentre lui la stringeva a sé. «Nulla.» Rabbrividì. «Nulla. È che mi sento triste, oggi.» Lui la costrinse a guardarlo e Georgiana comprese che non le aveva creduto. «Sei la mia unica sorella e negli ultimi tempi temo di averti trascurata. Non sei più una bambina, lo so. E mi fido di te. Ma vederti così triste non mi rende tranquillo. Ho ragione di essere preoccupato?» La ragazza aprì la bocca per parlare, ma non riuscì a decidere cosa dire. «È successo qualcosa che ti ha turbata profondamente» insisté Darcy. «No» disse lei, distogliendo lo sguardo e suonando qualche tasto. «D’accordo.» Fitzwilliam si alzò, facendole una carezza sui capelli setosi. «Non insisterò. Sai dove trovarmi, quando vorrai parlarne.» Georgiana si morse le labbra, trattenendo nuove lacrime. «Grazie, Fitz.» Senza attendere che lui lasciasse la stanza, si gettò sui tasti e la musica esplose, come dentro di lei esplodeva il cuore. Darcy aveva aspettato per tutto il giorno che Georgiana lo raggiungesse in biblioteca, ma lei non si era fatta vedere. Non era scesa nemmeno a cena ed era ormai notte quando Fitzwilliam decise di sapere cosa stava accadendo a sua sorella. Tornò alla sua stanza e bussò piano due o tre volte, poi girò la maniglia e sbirciò dentro la camera vuota. La cercò ovunque, finché si ricordò che il suo luogo preferito fin da bambina era la veranda affacciata sulla spiaggia. La trovò raggomitolata in un angolo, che si abbracciava le gambe, con una guancia appoggiata sulle ginocchia, e si sedette accanto a lei. L’unica luce era un liquido raggio argentato che riverberava sulla superficie tremula del mare. «È notte fonda. Perché non sei a letto?» «Non riuscivo a dormire» si giustificò Georgiana. «Hai pianto tutto il giorno» la smascherò lui. La ragazza rimase in silenzio per un po’. «C’è qualcosa che devi sapere, Fitz» disse infine. Colpito dal tono serio, Darcy aggrottò le sopracciglia. «Che succede, Georgie?» Le accarezzò la testa, con il gesto affettuoso che le rivolgeva spesso. «Perché sei così triste?» Lei posò di nuovo la testa sulle ginocchia. «Sono stata così sciocca a fidarmi di lui. E mi sento male all’idea di non avertene parlato prima» sussurrò. «Non ti arrabbierai, me lo prometti?»


Sulla fronte di Darcy comparve una ruga profonda. «Dovrei arrabbiarmi?» le chiese con gentilezza. Lei alzò il capo e lo fissò negli occhi. «Prometti, Fitz!» Lui le sfiorò con affetto la mano. «Lo prometto» disse. Georgiana sospirò. «Mi sentivo così adulta, prendendo la decisione che sto per dirti» gli confessò. «Ma solo quando ho toccato con mano l’inganno, ho capito che non sono altro che una sciocca ragazzina.» Entrambi rimasero per un po’ in silenzio. Darcy non osava fare domande, per il timore che sua sorella non gli dicesse altro. «Avevo accettato di fuggire con George, questa notte». Suo fratello s’irrigidì. «George… Wickham?» Non sapeva fosse anche lui a Ramsgate. Georgiana annuì. «Avevo accettato di tenertelo nascosto» disse tristemente. «Io credevo di amarlo. Sono stata così ingenua!» Darcy taceva. «Tu sei mio fratello, Fitz. Ti ho sempre ammirato. Tutto quello che fai per me, è legge. E se sono sopravvissuta alla perdita di papà, è stato solo per merito tuo.» «Cosa ti ha fatto?» Una luce omicida lampeggiava negli occhi di Darcy. «E dov’era la signora Younge mentre lui ti seduceva?» Georgiana non rispose. «Vorrei essere all’altezza dell’immagine che hai di me» disse infine Fitzwilliam, con voce gelida. «E mantenere la promessa che ti ho fatto. Ma temo di non esserne in grado.» «Oh, Fitz!» Georgiana deglutì e chiuse gli occhi. «Non avrei mai dovuto credere alle sue promesse! È un vile cacciatore di dote, ora lo so, ma ti prego, non fargli del male. Un tempo è stato tuo amico e nostro padre lo amava come un figlio.» Il volto di Darcy era stravolto dall’ira, tuttavia cercò di restare calmo. «Vieni qua» le sussurrò, tenendola abbracciata mentre ricominciava a piangere. Gli costò moltissimo, ma promise di nuovo. «Non gli farò del male.» Dentro di sé, però, uccise più volte George Wickham nei modi peggiori.


Il mare lambiva la spiaggia e un insolito silenzio aleggiava sui due uomini che si fronteggiavano, uno rigido e adirato, l’altro che fremeva dalla voglia di andarsene. «Ho sempre pensato di aver posto fine alla nostra amicizia nel giorno in cui vi ho allontanato da Pemberley» disse Darcy. «Non ho mai pensato che il vostro odio fosse così profondo da seguirmi fin qui.» Wickham si strinse nelle spalle. «È passato qualche anno» replicò. «Eravamo giovani, Darcy, e molto meno saggi.» «Perché Georgiana?» domandò Fitzwilliam. «Lei non vi ha fatto nulla.» «Il fatto di essere vostra sorella è un motivo più che valido.» Rise. «E comunque prendetevela con l’orgoglio e l’arroganza tipici della vostra famiglia. Pensavate che il vostro caro padre fosse tanto generoso. E invece non ha fatto che umiliarmi per tutta la vita con la sua carità.» Darcy corrugò la fronte. «Non ho mai compreso fino in fondo quanto mi odiavate e invidiavate la mia condizione sociale. Non ho mai capito che vi sentivate così inferiore. Ma dovevate rigettare il vostro astio proprio su mia sorella?» «Finiamola qui» disse Wickham. «Fingiamo di non esserci incontrati di nuovo e dimentichiamo tutta questa storia. In fondo, nessuno ne è stato danneggiato.» Si voltò e cominciò a camminare sulla spiaggia. Darcy lo inseguì, lo afferrò per una spalla e lo costrinse a girarsi con uno strattone. «Nessuno è stato danneggiato?» ruggì. «E Georgiana? È soltanto una bambina, e le avete spezzato il cuore!» «Toglietemi le mani di dosso» disse Wickham, gelido. «Vostra sorella è giovane. Dimenticherà presto ogni cosa.» «Ah, no.» Gli occhi di Darcy divennero due fessure inquietanti. «Non pensate di cavarvela così. Non questa volta.» Le sue mani strinsero ancor più il bavero della giacca di Wickham, che per la prima volta sembrò impaurito. Poi Darcy lasciò cadere le braccia lungo i fianchi. «L’ultima volta che abbiamo avuto un incontro del genere, vi ho congedato con una rendita di tremila sterline» disse con voce molto bassa e calma. «Ora vi dirò solo questo, Wickham: avvicinatevi ancora a mia sorella ed io vi ucciderò. Sono stato chiaro?» Wickham fece un sorriso forzato. «Siete generoso» lo provocò. «Devo ritenermi fortunato?» «La cosa non mi riguarda» ribatté Darcy. «Addio.» Si voltò e si allontanò a grandi passi sulla sabbia. Il mare mormorava accarezzando la riva e i gabbiani gridavano al cielo. Una musica tormentata si levò dalle finestre di villa Darcy e riempì l’aria, mentre il sole calava lentamente su Ramsgate.


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