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Le avventure di “Scudo resistente”
Una bella storia di successo da leggere sotto l’ombrellone e dal sapore di mare, sabbia e sole.
condizioni apparvero subito molto gravi. Fui portato in un acquario; gli umani che mi visitarono dissero che il mio scudo o, come lo chiamate voi, il mio carapace, era stato colpito dall’elica di un’imbarcazione. Dopo avermi medicato, mi misero in una grande vasca, dove mi feci molti amici e recuperai le forze. Quando, grazie alle cure degli umani, fui completamente guarito, venni rilasciato in mare.
Ah, dimenticavo: se andando per mare vi capitasse di incontrare uno “scudo resistente” in difficoltà, contattate la Capitaneria di Porto: loro sanno a chi affidarci!
“Ciao amici, piacere di conoscervi! Sono uno “scudo resistente”, ma voi umani mi chiamate tartaruga marina, meglio conosciuta dagli scienziati come Caretta caretta. La vita in mare per noi è sempre più complicata: non avete idea dei pericoli che corriamo quando ci viene voglia di fare uno spuntino!
Può capitare di ferirci con gli ami da pesca o di confondere i sacchetti di plastica con le meduse, che per noi sono una vera prelibatezza, con il rischio di rimanerne soffocati. Anche le reti sono molto pericolose: possono intrappolarci e impedirci di andare a respirare in superficie. Lasciate ora che vi racconti la mia storia: diverse lune fa stavo nuotando tranquillamente in superficie, quando ad un tratto fui investito da qualcosa: il colpo arrivò alle spalle, tremendo ed improvviso. In un attimo, mi ritrovai ferito e alla deriva. Quando mi trovarono, le mie
Il Progetto
Se immaginiamo una tartaruga marina mentre nuota in mare aperto non riusciamo a pensare a pericoli che possono minacciarne la vita: ha un aspetto forte con il grande carapace che ricopre quasi tutto il corpo e si muove liberamente in cerca di cibo non cacciata da nessun altra creatura marina, almeno in età adulta. Consultando la Red list dell’IUCN (Unione Internazionale della Natura) scopriamo invece che è classificata come specie “vulnerabile”, un grado elevato di minaccia di estinzione.
Le principali cause del declino di questa specie risiedono nell’incontro con l’uomo che occupa le spiagge dove le tartarughe depongono le uova e naviga il mare in modo così impattante da non renderlo più sicuro per gli animali che ci vivono. Lungo le spiagge della nostra penisola le tartarughe da sempre nidificano, lasciando le uova in buche scavate nella sabbia.
La situazione in Italia fino a 30 anni fa era disperata con un solo nido presente sull’Isola dei conigli (Lampedusa); da allora sono state portate avanti molte azioni per proteggere i siti di nidificazione non solo recintando le aree interessate ma anche sensibilizzando i bagnanti sull’importanza delle nascite.
I progetti in atto hanno avuto successo tanto che nel 2021 sono stati censiti ben 238 nidi disseminati lunghe le tutte le nostre coste con particolare concentrazioni nelle regioni del sud ma presenti anche in Toscana, Veneto e Liguria.
Mettere in sicurezza le spiagge è un’azione relativamente semplice se confrontata a quella di proteggere le tartarughe in mare. I pericoli sono dietro…ogni onda!
Le reti a strascico, gli ami dei palamiti (particolare sistema di pesca che utilizza un lungo filo di nylon con numerosi ami appesi) i sacchetti di plastica, le eliche delle navi sono nemici difficili da combattere perché insidiosi e innaturali.
Ed è così che le grandi tartarughe si feriscono nelle reti o con gli ami oppure ingeriscono i sacchetti di plastica scambiandoli per gustose meduse e finiscono soffocate.
Le eliche delle navi a motore riescono a falciare anche il loro “scudo resistente” spesso uccidendole.
Cosa fare per salvarle?
Per prima cosa è stato necessario costruire una “rete” di protezione di cui fanno parte la Guardia Costiera, i Carabinieri Forestali e gli Acquari in particolare quelli di Genova e Livorno
Ogni volta che arriva una segnalazione di tartarughe ferite o spiaggiate i medici veterinari e lo staff dell’Acquario intervengono per trasportarle nelle vasche di cura e riabilitazione dove passano tutto il tempo necessario per guarire.
Si tratta spesso di un processo lento e complicato ma se va tutto bene e la tartaruga recupera al 100% la sua autonomia, viene poi rilasciata di nuovo in mare.
Negli ultimi anni è stato possibile aiutare ben 150 tartarughe marine e oggi in italia si assiste ad un progressivo aumento di questa specie che ha riconquistato spazi impensabili solo pochi anni fa.
Le Possibilit
Vuoi Far Parte Di Questa
STORIA DI SUCCESSO?
Ecco cosa devi fare:
• non disperdere rifiuti in mare o sulla spiaggia
• se trovi rifiuti sulla spiaggia raccoglili e buttali negli appositi cestini
• mangia pesce pescato con metodi sostenibili www.zoodipistoia.it
• se incontri una tartaruga marina in difficoltà chiama subito la Capitaneria di Porto , ti diranno come aiutarla!
* “10 storie di successo” è una pubblicazione curata da UIZA (Unione Italiana Zoo e Acquari) come contributo al movimento Reverse the Red dell’IUCN (Unione Internazionale per la conservazione della Natura).
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