OSSERVAZIONI SULL’IMPIANTO STRATEGICO DEL PIANO URBANISTICO COMUNALE ADOTTATO DAL COMUNE DI ATRIPALD

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OSSERVAZIONI SULL’IMPIANTO

STRATEGICO DEL PIANO

URBANISTICO

COMUNALE ADOTTATO

DAL COMUNE DI

ATRIPALDA

Architetto, Dottore di Ricerca in Pianificazione Territoriale e Politiche Pubbliche del Territorioallo IUAV di Venezia. Già Cultore della materia in Composizione architettonica e urbana, all’UNISA di Salerno. Consulente in materia urbanistica, amministrativa e tecnico-contabile presso gli Enti Locali e gli Uffici giudiziari del Tribunale e della Procura della Repubblica. Dal 2007 al 2009 è stato consulente urbanistico nella fase di adozione e approvazione del Piano Urbanistico Comunale del Comune di Avellino. Relatore a convegni e seminari sui temi dell’architettura, dell’urbanistica e delle politiche pubbliche, ha pubblicato articoli, papers e relazioni propedeutiche alla stesura di atti amministrativi per il governodel territorio.

15 dicembre 2024

DAL COMUNE DI ATRIPALDA

Premessa

La partecipazione alprocedimentodiadozione degli atti di pianificazione prescinde dalla titolarità di una particolare posizione soggettiva e risponde ad unaesigenza eminentemente collaborativa, dicoinvolgimento dichiunque abbiainteressealla definizione deimodidiutilizzodiundeterminatoterritorio. Le osservazioni, quindi, sono civici apporti collaborativi che hanno funzione di garanzia ai fini dell’individuazione delle scelte urbanistiche più confacenti all’interesse pubblico e, pertanto, rappresentano uno strumento di democrazia partecipativa, la cui rilevanza richiede che vengano adeguatamente considerate.

Le presentiosservazioniscaturiscono dall’analisidelPianoUrbanisticoComunalediAtripalda, adottato con Delibera diGiuntaComunalen. 175 del31/10/2024. Esse concernono i profili generali e i criteri alla base delle scelte di Piano riguardanti il complessivo disegno di governo del territorio e trovano motivazione nell’offrireun apportocriticoe collaborativo in comparazione con gli interessi pubblici coinvolti così che, nell’interesserealedella popolazione, sia assicuratal’adozione disoluzioniurbanistiche, oltre che legittime, anche opportune e razionali.

Redatte per iniziativadelloscriventechele ha illustrate nell’ambito dell’incontro pubblico del 15/12/2024 organizzato dai gruppi consiliari di opposizione, le seguenti note sono state recepite e fatte proprie dal gruppo “ABCAtripalda Bene Comune” che neha proposto l’adozione al gruppo del Partito Democratico, della Sinistra Italiana, di Atripalda Futura, affinché costituissero la base per un documento comune da integrare ai fini della presentazione delle osservazioni e delle opposizioni alla proposta di Piano.

La strategia del Piano

Il piano urbanisticocomunale (PUC) adottato dalComune di Atripalda dopo un iter di elaborazione durato 14 anni, introduceilprincipio della perequazione urbanistica tra gli obiettivi strategici che orienteranno l’azione di governo del territorio, al fine di acquisire le aree di interesse archeologico della Civita di Abellinum,per la costituzione diunparcourbano archeologico attraverso il quale si intendono perseguire politiche culturalie disviluppoeconomicoe sociale. Nellafattispecie,l’acquisizionealla proprietà comunale delle areearcheologichediproprietàprivata gravateda vincolo conformativo di inedificabilità, avverrebbe secondoprocedurecompensative/perequative mediantele qualiallesuddette areeviene attribuita una capacità edificatoria non utilizzabile in situ ma trasferibile in un ambito suscettibile di trasformazione urbana, individuato in Contrada Giacchi e zone limitrofe ai comuni di Aiello del Sabato e Cesinali.

Per tale ambito, caratterizzatoda edilizia residenzialepubblicae da edilizia mista, residenziale e produttiva, ditipo eterogeneo con prevalenti tipologie abitative mono e bifamiliari, l’offerta strutturale strategica di Piano prevede azionididensificazione,riqualificazione e riordino, volte adun organico disegnourbanisticoedilizio orientato adobiettividiqualità architettonicae ambientale, nonché alla dotazione e integrazione di servizi e funzioni complementari.

Tale strategia di conurbazione, mediante la quale sivuole realizzarela “cittàmoderna”, ovvero un’area di espansioneurbana che funga da polodiraccordo deicomunilimitrofi, è sostenutaperla massimaparte dalle potenzialitàedificatorie emergentidaisuolidell’antica Abellinume, per la parte produttiva,daldiradamento della zona industrialediPianodardine,ovvero dalla delocalizzazione delle attività produttive attualmente a rischio inondazione.

Il Piano, pertanto, lega l’ambito della “Città storica” all’ambito della “Città moderna”, che pur non essendo contigui, restituiscono un unico comparto generatore di potenzialità volumetrica, la cui attuazione in modalità perequativa/compensativaè demandata aiPianiUrbanisticiAttuativi (PUA) nell’ambito dei quali, in modo consensuale e negoziale, verranno postiin essereinecessariaccordi tra la pubblicaamministrazione e i proprietaridelle areecompresenelcomparto,ai fini dei trasferimenti di cubatura, entro i tempi stabiliti dagli Atti di programmazione degli Interventi (API).

Osservazioni

Premessochela perequazioneurbanisticaèunmetodoperilraggiungimento dell’equità distributiva dei valori immobiliariprodotti dallostrumentopianificatorio,essaè finalizzataa ripartireinmodocorrettoi dirittiedificatori ed igravami derivanti dalle prescrizioni di governo del territorio negli appositi ambiti di trasformazione. Elementocaratterizzante la perequazione è quello di contenere e ridistribuire la rendita conseguente alle trasformazionioperate nell’ambitodell’eserciziodellafunzione pianificatoria, prevedendolacessione di aree, la realizzazionediopere,nonchél’onere monetarioriferitoalla realizzazionetotaleo parzialedispazioattrezzature pubblicheo diusopubblico,diinteressesocialee/ogenerale,tutteintesequalidotazioniterritoriali per la qualità insediativa, ivi compresa l’edilizia residenziale con finalità sociale. L’operazioneperequativapostainesseredalPianoUrbanisticoComunalenoninvestel’interoterritoriocomunale (perequazione generalizzata),masicaratterizzaper essereunaperequazioneparzialeinquantoassoggetta le sole aree diinteressearcheologicoalmedesimoregime giuridico delle aree in cui è permessa l’edificazione. Ciò facendo,laperequazionerendeomogeneesottoilprofilo economico entità diverse, risolvendo la sostanziale discriminazione tra i vari proprietari dei suoli e, tuttavia, considerata la consistenza dell’intervento di conurbazionedellacosiddetta “Cittàmoderna”,essacomprime idirittiedificatori(edunquelerendite) di tutte le aree ubicate al di fuori del comparto costituito dagli ambiti della “Città storica” e della “Città moderna”. Fatta salva la funzionesociale dell’operazione urbanistica, sia riguardo le finalità culturali che prevedono infine la costituzionedelParco urbanoarcheologico diAbellinum;sia rispetto alla dotazione e integrazione diservizie funzionicomplementariin unareaurbana che neè priva, rimaneincerto e indefinito nel tempo il soddisfacimentodell’interessepubblicoin vista delquale,tra l’altro, sisacrificano ampie porzioni di suolo. Infatti, se da unlato sirisolve la disparitàtra proprietari di suoli, producendo in concreto diritti edificatori astrattima monetizzabilie trasferibiliin via negoziale,cheincentivano l’iniziativa privata a massimizzare i propriutilientro iltrienniodivalidità degliAttidiprogrammazione degliInterventi o, al limite, nel triennio successivo;dall’altro lato, rimane incerto il sistema di garanzie che dovrebbe consentire gli interventi di conurbazioneall’interno del comparto, la cuiattuazione è rimessa alla facoltà diedificareda parte deiprivati proprietarideisuoli.Altresì, nonostante le rassicurazionirelative alla disponibilità di fondi ministeriali utili alla prosecuzionedellacampagna discavirecentementecondotta nel sito archeologico della Civita, rimane incerto il sistema di garanzie di cui gode l’amministrazione comunale rispetto a codesta attività di competenzaministeriale, la cuiconduzione inevitabilmente sidispiega nellungotermine edè proporzionata alle risorse economiche che, in via prioritaria, il Ministero dovrebbe allocare sul lungo periodo, per finanziare la ricerca, la tutela e la valorizzazione delle scoperte archeologiche del sito di Abellinum. In mancanza di elementi certi, fatte salve le “regole perequative”, si sollevano le seguenti domande:

- il Comune sarà in gradodisvolgerequell’azione di concertazione che metta i privati nella condizione di attuare la strategia perequativa?

- il Comune sarà in grado di ottenere che il Ministero della Cultura conduca la campagna di scavi preliminare allarealizzazione del Parco urbano archeologico, entro tempi certi, secondo un programma garantito da una adeguata copertura finanziaria?

- Con qualirisorseil Comunerealizzeràiservizie le infrastrutturefunzionali alla valorizzazione del Parco urbano archeologico essendo esso il principale movente della strategia del Piano?

- Sarà in grado il Comune di bilanciare le tempistiche in cui si vedrà soddisfatta l’iniziativa privata, con quelle in cui dovrà realizzarsi il pubblico interesse secondo gli obiettivi di Piano?

Inoltre, nell’indeterminatezza della vision pianificatoria emergono i seguenti rischi: le decisioniinerentil’indicediedificabilità territoriale (che insiemealladestinazione finale determina in larga misura ilvaloredeisuolida trasformare) e le decisionirelative alla perimetrazione dei suoli da includere nei comparti, rivestono unaimportanzafondamentale.Infatti,se ilvalore generato è inferiorea quelloconsolidato,

la proprietàrestainerte,mentresetale valoreè eccessivamente superiorenonèrispettatalacondizione dell’equità. Inoltre, se laperimetrazionenonè effettuatain modoappropriato, cioè senza tener conto della struttura della proprietà immobiliareedellapropensionedelleproprietà coinvolte a partecipare al progetto trasformativo, si profilailrischioche iproprietarinonattivinoleindispensabili forme cooperative sottese alla c.d. urbanistica negoziata,figurariconducibileagliaccordiintegrativi o sostitutivi di provvedimenti ex art. 11 L. 241/1990. Benché l’impostazione perequativa delpianosia conforme agliaspettiappena citati, nonè certoche essa dia luogo alle attuazioni auspicate. Non vi è quindi la certezza che le proprietà cui afferiscono le previsioni urbanistiche siaccordino spontaneamente per attuarle;pertanto, anche quando il piano perequativo risulta correttamente definito, possonosussistereragioni, oggettiveo soggettive, che ne impediscono la spontanea attuazione da parte dei proprietari.

Un ostacolo oggettivo potrebbe essere, adesempio, rappresentatodallaforte frammentazione della proprietà fondiaria, oppuredalriscontro di costi di idoneizzazione insediativa particolarmente elevati. La mancata adesioneall’ipotesitrasformativa prevista può anche trovare motivazioni legate alla particolare natura dei soggettiimplicati: ad esempio, l’apertura di una conflittualedivisione ereditaria o altre situazionidel genere, possono bloccare per molto tempo o comunque rallentare l’attuazione del comparto.

Sarebbe perciò necessario affiancare al piano urbanistico perequativo strumenti di natura finanziaria e gestionale, ma ilPiano adottatononè accompagnato dall’analisideglistrumenticuisiintendeaffidare la sua successiva attuazione, in particolareglistrumentianalitici del“comparto urbanistico” e del “consorzio dei proprietari”, senzaperaltro tralasciare glistrumenti tecnico-giuridici finalizzati a perseguire e quantificare quegliobiettivisostanzialidigiustiziadistributiva cuiha fatto riferimento, in modoesplicito ed implicito, la Corte Costituzionale nelle note sentenze n.5/1980 e n.179/1999.

Airischifinanziari connessiall’attuazione della strategia perequativa/compensativa per effetto anche di possibili contenziosi, si associa il rischio della formazione di posizioni dominanti nel mercato dei diritti edificatori. Infatti, una volta chesisonoformati diritti edificatori “aerei” indipendentemente dal possesso delle aree che lihannooriginati, potrebberoessere possibilinelmercato,operazioniparticolari, finalizzate al loro commercio, indipendentemente dal loro uso, ma solo in funzione del loro prezzo.

Per quantoconcerne l’eventualitàdelmancatoconsensodeisoggettiprivatia stipularegliappositiaccordi con le pubblicheamministrazioni, imaggioriproblemisonoriconducibiliallafattispecie dicuiall’art. 11 della legge n. 241 del1990. Ciòpuòverificarsisiainriferimentoaiproprietaridei suoli che secondo le previsioni del piano dovrebberoesserecedutiallamanopubblica aseguitodelmeccanismoperequativo,a titologratuito, alfine di ivi realizzarele operee le infrastrutturediinteressepubblico;siainriferimento aiproprietarideisuolieffettivamente edificabili,iquali,dovrebbero previamente impegnarsineiconfrontidellapubblicaamministrazionenonsoltanto a corrisponderelesommedidenaroinfavoredeiproprietarideifondidaiqualiacquisteranno diritti edificatori, ma anche a sostenere gli oneri di urbanizzazione connessi agli interventi previsti. In questicasiilrischiocheisoggettiprivatiinquestionenonpresentino il proprio consenso si fa ben più serio, giacchéessipotrebberononavere alcunaconvenienzaeconomica al riguardo, in considerazione sia degli oneri finanziarichelavicendaimportainloroconfronto(essi,adesempio,potrebberononessereingrado di sostenerli), sia delcaratterepur sempreeventuale–ed,inognicaso,futuro–deivantaggichedovrebbero derivare loro dalla perequazione. Intaliipotesisiavrà,chelaperequazioneurbanisticaediconseguenti“mercatideidiritti edificatori” non soltanto risulteranno del tutto inidonei a realizzare gli obiettivi di Piano, ma potrebbero comportare paradossalmente,ilricorsoaipoteriautoritativiablatori,innettocontrastoconlafunzionediprocurarealpatrimonio pubblico le aree da destinare alle opere o alle infrastrutture pubbliche senza fare ricorso agli stessi. Alla lucediquantosuespostosembrapotersiaffermarecheunsettorecomequellodell’urbanisticanonpuò,per sua stessanatura, risponderealogichedimercatoinsensoproprio,pur controllatedaungovernopubblico,e, soprattutto, non puòrimettere l’attuazionedelle scelte pianificatorie soltanto a dinamiche consensuali di circolazione o commerciabilità dei diritti edificatori

Occorre peraltro sottolineare comel’efficienza di un mercato dei diritti edificatori scorporati ed autonomi dalle proprietàimmobiliariè minata in radicedalrischio che le amministrazioni comunali modifichino nel tempo le loro sceltedigovernodelterritorio,vuoialla scadenzaquinquennaledeldocumento di piano, vuoi antecedentementemediante varianti, decidendo, in ipotesi, di comprimere rispetto al passato le concrete possibilità edificatorie all’interno delcomune. Né sipotrebbeescludere, d’altro canto, che adun certo punto si verifichi una saturazione delle reali possibilità edificatorie nel territorio comunale, rispetto ai titoli volumetrici immessinelmercato,per effetto diqualcheerrore dicalcolo, pur minimo, che non sarebbe così improbabile compiere nella complessa operazione di fissazione degli indici anzidetti.

Ove s’intenda istituire un libero mercato dei diritti edificatori virtuali, in definitiva, si deve essere consapevolidelfatto che si tratterebbe di diritti per forza di cose esposti, con il passare del tempo e con l’allungarsidelloro “volo”, al rischio di non poter essere totalmente concretizzati; e che il loro mancato “atterraggio” potrebbe tradursi, per ilComune, in unobbligo diindennizzare iloro titolari, o, a seconda delle circostanze, addirittura di risarcirli.

Si tratterebbe,pertanto,della creazionediunmercatoartificialestrutturalmentea rischiodiinefficienza;ovvero diun “mercato” di“diritti”che,a ben vedere, solo tecnicamente potrebbe dirsi tale e, soprattutto, soltanto impropriamente potrebbe dirsi“libero”, poiché sefosseautenticamente un libero mercato, all’internodel quale potesseessere obliteratoilruolo di decisore dell’amministrazione comunale, si potrebbe determinare uno sviamentodegliistituti della perequazione,della compensazionee dellapremialitàurbanisticadalla lorofinalità ultima, che è quelladiperseguire l’interesse pubblico consentendo la realizzazione della “città pubblica”.

Il regime fiscale dei diritti edificatori

Posto che le aree dicessione sono in sostanza “aree edificabili in perequazione” cioè costituiscono aree utilizzabili, direttamente o indirettamente, a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico, ne consegue che,a regime invariato,le stesse sonosoggetteall’ambito di applicazione della disciplina I.M.U. dettata per le “areefabbricabili”, atteso che l’area edificabilein perequazione identifica uno dei possibili e correttisignificatidiarea fabbricabile,cosìcomeautenticamente interpretata dall’art. 36, comma 2, del D.L 223/2006e avallata dalla Cortecostituzionale conordinanza n.41/2008,secondocuiper area fabbricabile ai finidell’I.C.I. (oggiI.M.U.), deve intendersi l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanisticigeneralio attuativi In buona sostanza, a regime invariato, le potenzialità edificatorie attribuite dallo strumento urbanistico a ciascuna area dovrebbero essere soggette ad imposizione I.M.U Secondo un orientamento degli uffici finanziari, l’imposizione nascerebbe già con l’adozione del piano urbanistico da parte del Consiglio comunale, senza che sia necessario attendere l’emanazione del piano attuativo capace di dare concretezza alle previsioni pianificatorie dello strumento generale.

In ogni caso, l’amministrazione comunale che ha adottato lo strumento urbanistico contemplante la perequazionesiattiveràper riscontrarel’applicabilità dell’I.M.U.su ciascunaareadel comparto, laddove le norme tributarie non prevedonodeterminatitrattamentidifavoreo regimiimpositivisostitutivi che possano trovare applicazioneanche al fenomeno dell’attribuzione della volumetria edificabile, nonché agli atti di cessione dicubatura con iqualiunadeterminataquantità di ius aedificandi venga trasferita ad un soggetto diverso dal proprietario del terreno cui detta volumetria originariamente compete.

In tal caso si pongono problemi per i proprietari interessati, i quali dovrebbero a loro volta attivarsi con denunce in via di autoliquidazione per evitare sanzioni.

Aifinidelleimposteindirette sidovràapplicare lostessoregimefiscaleprevistoper leareeedificabili, mentre ai finidelleimpostedirette, iltrasferimentodeidirittiedificatori, postoinessere dasoggettononesercente attività commercialesiconfigura comeuna plusvalenzaassoggettata ad IRPEF ai sensi dell’art. 67 del TUIR (D.P.R. n.917/1986), da calcolarsi come differenza tra corrispettivo percepito e costo di acquisto.

Diversamente, qualorailsoggettocedente esercitiattivitàd’impresa,ilcorrispettivodeltrasferimentodi cubatura conseguitodeveessere assoggettato all’imposta sul reddito, come ricavo o plusvalenza a seconda dei casi.

In definitiva, l’applicazione di un regime di perequazione può comportare un aumento delle transazioni necessarieper attuaregliinterventiditrasformazioneedilizia edurbanisticae, diconseguenza, dato che ogni transazione è soggetta a imposizione, può comportare un aumento degli oneri fiscali (imposte di registro, catastali, ecc.).Considerato che l’aumentodelle transazioni dipendente dalla perequazione è finalizzato a conseguire uninteresse pubblico (equo trattamento dei cittadini e formazione di un demanio di aree per servizipubblici),eventualimaggiorionerifiscalicostituirebbero un’impropria penalizzazione delle attività d’impresa in regime di perequazione.

Sottolineandocome latecnica dellaperequazioneurbanistica siafinalizzataall’equo trattamento dellaproprietà e non all’agevolazione fiscale dellerenditeimmobiliari,in assenza di un intervento legislativo modificativo della normativa inmateriaditassazione delle aree fabbricabili, potrebbe generarsi un meccanismo fiscale gravemente e ingiustamente penalizzante nei confronti delle aree ubicate nel comparto perequativo, dal momentochequestearee potrebbero essere chiamate a pagare fin da subito (dopo l’adozione da parte del Consiglio comunaleedanche seil pianononverràapprovato) l’I.M.U. sulplusvaloreadditivoloro riconosciuto dallo strumento urbanistico,anche se non si vorrà o non si riuscirà mai a vendere o a realizzare la relativa potenzialità edificatoria.

Conseguentemente ilcriteriopotrebbe estendersi, nonsolo aifiniI.M.U., ma per tutta lafiscalità immobiliare, con risvolti negativi sia in termini di giustizia sostanziale che di fattibilità delle previsioni urbanistiche.

Il fabbisogno abitativo

Alcuneconsiderazioni andrebberofatteinmeritoalcaricoinsediativonelsuocomplesso,ricadente nelle zone di completamentoe integrazionedeltessutourbanoeperiurbanoemassimamente inzona C2 (Contrada GiacchiSan Vincenzo), secondola strategia diconurbazionevoltaallarealizzazione della cosiddetta “Città moderna”. Il Piano stima ilfabbisognoabitatitavo sullabase deidatidel XV° Censimento generale della popolazione e delle abitazioni dell’Istat del 2011 integrati con i dati del Censimento permanente al 2021.

Incrociando i dati reali, rilevati con indagine specifica, con i dati frutto del trattamento statistico delle informazioni catastali, si perviene ad un quadro distributivo delle famiglie e al numero delle abitazioni occupatee nonoccupate.Al2021 le abitazionioccupate risultano 4175 mentre le abitazioni non occupate risultano 1042, per un totale di 5217 abitazioni.

Sulla base diuna supposizioneespressamente formulata alpar.3.2dellaRelazione diPiano, vieneapplicata una percentualedi indisponibilità almercatocautelativamentestimatain misura del90% mediante la qualesi abbatte ilnumero delle abitazioninonoccupate, dimodo che solo 104 di esse, possano essere considerate disponibili per vendita o per affitto.

Considerato che, dall’analisi dell’Osservatorio Affitti 2023 (Nomisma in collaborazione con CRIF e Confabitare), realizzata in base aidatidell’Agenzia delle Entrate(cfr.: Gli immobili in Italia, edizione 2023), risulta che l’11% delle abitazioniin Italia rimane non utilizzato o non concesso in locazione, creando un mercato degli affitti bloccato a fronte di 700.000 richieste di locazione. Ritenuto che l’accresciuta dimensione degliaffitti brevie dei bed&breakfast in Campania assume una percentuale del 10,9% delle abitazioniextra;neconsegue che,per mera proiezionedeidatinazionalisulcampione oggettodianalisi, cioè assimilando, in astratto,iltrend delComune di Atripalda al trend nazionale, la percentuale di abitazioni nonoccupate indisponibilialmercato sarebbedel22%,che sitraduce in813abitazioni che potrebbero essere considerate disponibili per la vendita o per l’affitto. Ne consegue che, a meno di circostanze eccezionali che sottraggano il Comune di Atripalda al trend nazionale, laddove essenon risultano chiaramente dalla relazione illustrativa del Piano, stante l’incertezza suicriteriutilizzatiper la stima del coefficientediabbattimento, le supposizioni del pianificatore in merito alla disponibilità di alloggi residenziali rimangono indeterminate. Giova inoltre segnalare che le analisidelblocco delmercatodegliaffittiin Italia restituiscono una domanda in crescita non soddisfatta a causadelmercato degliaffittibrevi e dell’aumentodeiprezzinelbiennio 20212023 cheha vistounincrementodel2,1%deicanonidilocazione. Le difficoltà economiche, aggravateda un

aumento delle speseimpreviste e dasituazionidiinstabilità lavorativa, si riflettono in un crescente tasso di morosità, incidendo anche sulle possibilità di accesso al credito ai fini dell’acquisto dell’abitazione. Per far frontea questa situazione e per contenere anche ilfenomenodellatrasformazione aduso turistico del patrimonioimmobiliare residenziale,le attualipolitiche abitative stannoorientando gli strumenti urbanistici verso strategie innovative in grado di ridurre il divario tra offerta e domanda di abitazioni in locazione. In questo senso, il PUC sconta un certo anacronismo perché, pur ricorrendo, per opportunità, al metodo urbanistico della perequazione (centrale nel dibattito urbanistico del 2011 a fronte delle dinamiche di urbanizzazione che siproducevano nell’Italiadiqueglianni),tralascia gliorientamentiattualidelladisciplina improntatialconsumodisuolo zero e alla sostenibilità economicae sociale derivanti dalla riqualificazione del costruito

La stima del fabbisogno abitativo

IlPiano prevedeundecrementodellapopolazionestimatocontecnichedi regressione lineare consolidate, che restituiscono unatendenza generale diprogressivadiminuzionedellapopolazione nelcorso degli anni, da cui si evince che,incostanzadeltrendattuale,lapopolazione ipotizzabileal31/12/2032sarebbe di 9620 abitanti. Una stima coerente con i fenomeni migratori, la riduzione della natalità o altri fattori demografici locali.

A scopodiverifica,in baseaidatistatisticiISTATutilizzatie trattaticolmodellomatematicoadottato dal Piano, siè ritenutodidoverapplicarela funzionediregressionelineare che descrive l'andamento della popolazione residente adAtripalda,ottenendorisultatilievementediversi. Infatti, l’interpretazione specifica del modello ha restituito unaperdita mediaannua di79,45 persone, con una popolazione stimata al 2033 di 9571 abitanti. Convertendo il numero della popolazione in numero previsto di famiglie secondo il numero medio di componentiper famiglia, ovvero2,14 calcolato utilizzando la funzione di regressione lineare proiettata al 2033, il numero di famiglie anagrafiche al 31/12/2032 sarebbe pari a 4472

Analizzando inoltre il fabbisogno regresso relativo alle “abitazioni sovraffollate, coabitazioni e alloggi impropri” dicuialpar. 4.3.1,Tab. 1 dellaRelazionediPiano, sirileva cheil calcolo effettuato sulla base dei datiTARI ha assuntocomedividendounvalore indicativo della superficie minima abitabile pari a 35 mq anziché 30 mq prevista dal vigente P.R.G. (ex art. 3, D.M. 5 luglio 1975).

Poiché la stima delsovraffollamentononpuò basarsisuundato di progetto, benché ipotetico in quanto non specificatamentedescritto, né ricavabile dal Regolamento Urbanistico Edilizio Comunale la cui adozione contestualmentealPUC sarebbe stata auspicabile ai fini della comprensione dello stesso, il numero degli alloggimonostanzae in sovraffollamento, cosìcomecalcolato nellarelazioneillustrativa diPiano,risulterebbe indeterminato e suscettibile di ridimensionamento.

In base ad unastima sommaria, dividendo i dati Tari per 30 mq gli alloggi sovraffollati diminuirebbero a 121 e nel suo complesso il fabbisogno regresso sarebbe rideterminato in 163 alloggi.

Alla luce delle suddette osservazioni, il calcolo del fabbisogno complessivo di alloggi di cui al Par. 4.3.2 della Relazione, sarebbe rideterminato in 306alloggi. Tuttavia, tenuto conto di quanto detto in precedenza riguardo alla possibilità didisporre di 813 abitazioni che potrebbero essere considerate disponibili per la vendita o per l’affitto se il Piano ponesse in essere strategie innovative in grado di ridurre il divario tra offerta e domanda di abitazioni in locazione, la domanda abitativa nel suo complesso potrebbe essere soddisfatta integralmente perseguendo ilconsumodisuolo zero,conunaeccedenza di 507 abitazioni la cui disponibilitàcomporterebbeilcontenimentodeiprezzi di vendita e dei canoni di locazione in un’ottica di sostenibilità economica e sociale che potrebbe incentivare l’insediamento di nuovi abitanti.

Conclusioni

Il PUC di Atripalda, nonostante la “novità” del modello urbanistico della perequazione persegue le tradizionalifinalità divalorizzazionedelsuoloper finalità edilizie. Infatti, vieneinterpretatoun tema classico deldiritto urbanistico, quellodell’inerenza dello ius aedificandi aldiritto diproprietà, che si vuole risolvere ricorrendoallo strumentodellaperequazione, attuata però in modo parziale e orientata a produrre vantaggi ad alcuni proprietari dei suoli, ma non a tutti. Si pone allora il problema, estremamente complesso, di

valutare l’adeguatezza deimeccanismiperequativi adottati, laddovevalela pena ricordarechel’ideadifondo della perequazioneè che ilvalore economico delsuolo dovrebbeessere uniforme su tutto il territorio e cioè indipendente dalla sua particolare destinazione urbanistica, in modo da rendere ciascun proprietario “indifferente”e quindidisinteressatoal destino assegnato al proprio terreno. Ma questo ideale di giustizia distributiva è didifficileattuazionee, pertanto,la perequazione,laddovepraticata in modo compensativo, ha funzionato attenuando le disparitàcolsolopresupposto diunalogica incrementale di urbanizzazione basata sul consumo di suolo.

Ciò che il Piano propone per Atripalda, dunque, è che l’antica città di Abellinum partorisca la “città moderna”. Una visione romanticaquanto tragicase siconsideranoirischiderivantidalla mancata attuazione delcompartoedificatorioe, comunque, piùin generale, la crisistrutturaleche a livello nazionale hacolpito il mercato immobiliare e delle costruzioni, con tanti vani invenduti e alloggi sfitti. Eppure, questo ideale romantico che usa la Cultura come driver di sviluppo è eticamente condivisibile e forse non richiede il sacrificio propiziatorio della conurbazione, se a bilanciare gli interessi in gioco si recuperasse un’altra componente identitaria degli atripaldesi: il Commercio.

Se il Piano individuasse un comparto alternativo che consentisse l’indifferenza localizzativa dei diritti edificatori, dandoaiproprietarideisuolila possibilitàdisceglieredovefare atterrare la propria rendita (e in qualimercatiimmobiliario iniziatived’impresa), essosarebbe piùprossimo alla giustizia distributiva. Se il Piano individuasse un luogo del commercio, ovvero un comparto urbanistico da riqualificare, per raggiungere gli obiettivi di valorizzazione del commercio in ambito urbano mediante un programma di “qualificazione”urbana che coinvolga isoggettipubblici (adesempio quelli titolaridiunbene dismesso), gli operatoricommerciali, i soggetticedenti, gli operatori economici, forse Abellinum potrebbe diventare un brand del marketing territoriale. Se il Piano attivasse la finanza di progetto attorno ad un accordo di programma volto alla riqualificazione del dismesso distretto sanitario, immaginando un mix di social housing, coworking, serviziambulatorialiper la terza età e serviziaiconsumatoridelcommercioqualificato, probabilmente,l’identità cittadinacompiutamenteritrovata,sublimerebbela strategia disviluppo necessaria a contrastare il declino della citta, preservandone le risorse, la vocazione e la storia.

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