TURISMO
In vacanza nel Paese più bello del mondo
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TURISMO
Ville e giardini In vacanza nel Paese più bello del mondo Proseguiamo il nostro viaggio alla scoperta delle tantissime e straordinarie ville e dei relativi giardini che le circondano, da visitare appena sarà possibile. Dopo le bellissime dimore di Piemonte e Liguria, in questo numero vi portiamo a conoscere quelle di Lombardia e Toscana.
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Alla scoperta delle dimore di delizia e dei loro suggestivi parchi - 2a puntata
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Villa Olmo a Como
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Villa Carlotta a Tremezzina
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Villa Balbianello a Tremezzina
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Villa Melzi d’Eril a Bellagio
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Villa Erba a Cernobbio
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Villa Monastero a Varenna
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Giardino di Boboli a Firenze, Fontana del Nettuno
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Giardino Bardini a Firenze
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Villa Peyron al Bosco di Fontelucente a Fiesole
10. Villa Garzoni a Collodi
Lombardia, spettacolo sui laghi, ma anche in città
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redo di non dover temere una smentita se dico che le più belle ville, con i relativi giardini, di tutta Lombardia si trovano sul Lago di Como: su entrambe le sponde e persino nel mezzo! Cominciamo da lì.
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Le dimore del Lario
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La sponda comasca del Lario è sicuramente una delle poche zone del pianeta dove si concentra un numero così alto di giardini straordinari, curati nei minimi particolari, con specie di piante provenienti da tutto il mondo, che arricchiscono o sono addirittura la parte più preziosa di ville da favola. Non per nulla, qui riposavano i giovani dell’aristocrazia europea e i letterati che nei secoli scorsi intraprendevano il Grand Tour alla scoperta delle bellezze dell’Europa. Le più prestigiose si trovano a metà lago, a Tremezzina. Innanzitutto Villa Carlotta, da cui si godono incantevoli scorci sulla penisola di Bellagio. La costruzione fu iniziata intorno al 1690 dal banchiere milanese Giorgio Clerici e a lui si deve la costituzione del giardino all’italiana che fronteggia la villa, con scalee, balaustre e fontana. Nel 1795 la proprietà venne acquistata dall’imprenditore e collezionista Giambattista Sommariva, che fece della villa quello straordinario museo ancora oggi visitabile con opere di Canova, Hayez e
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Thorvaldsen: a lui si deve anche la trasformazione della zona collinare dietro l’edificio in parco romantico con grotte, sinuosi sentieri e improvvisi scorci prospettici. La principessa Marianna di Nassau l’acquisì nel 1843 e ne fece dono alla figlia Carlotta in occasione delle nozze con Giorgio di SassoniaMeiningen: a questi si deve la formazione e lo sviluppo del giardino paesaggistico, ricco di essenze e varietà, assurto negli anni a fama internazionale. Il parco di villa Carlotta è celeberrimo per la stupefacente fioritura primaverile dei rododendri e delle azalee in oltre 150 varietà. Non meno nota è Villa del Balbianello, collocata sulla romantica penisola di Lavedo, immersa in una vegetazione lussureggiante con ripide pareti di roccia a picco sulle acque. Oltre alla storica dimora costruita per volere del Cardinale Durini nel 1700 e ora proprietà del Fai, il complesso comprende la Loggia, la Casa del Custode, la Ghiacciaia, la Casa Bosco, la Serra e lo scenografico parco-giardino, con i viali alberati, le aiuole fiorite e i numerosi punti panoramici affacciati sul lago. Qui sono state registrate le scene di diversi film, tra cui “Un mese al lago” di John Irvin, “Star Wars: l’attacco dei cloni” di George Lucas e “Casino Royale” di Martin Campbell. Prima di arrivare al capoluogo lariano, una sosta a Cernobbio per la visita a Villa Erba, conosciuta come “buen retiro” di Luchino Visconti e oggi sede di manifestazioni e congressi internazionali: all’interno del parco si può ammirare il piccolo giardino zen, opera del maestro giapponese Yasuo Kitayama. A Como suggeriamo di percorrere il cosiddetto “Chilometro della conoscenza”. Si tratta di una straordinaria passeggiata naturalistica che riunisce 17 ettari di parchi secolari di rara bellezza e pregio paesaggistico. Si parte da Villa Olmo, la più importante tra le molte ville sette e ottocentesche che caratterizzano il bacino comasco del Lario, al cui parco romantico si accede attraversando due aperture laterali, al fianco della villa. Passando tra cedri del Libano, ippocastani e platani si raggiunge il Ponte del chilometro, un ponte pedonale lungo 42 metri a un’unica campata che conduce
alle Serre e a Villa del Grumello che ospitò illustri personaggi, tra cui Vincenzo Monti, Alessandro Volta e soprattutto Ugo Foscolo, le cui frequenti visite alla famiglia Giovio sono ricordate da un busto collocato nel giardino. Di particolare rilievo è il parco, da cui si hanno scorci bellissimi sul primo bacino del lago di Como e della città. Presenta numerose piante di pregio, come tassi, faggi, sequoie e un esemplare centenario di Ginko Biloba. Il percorso dedicato a Paolo Celesia porta a Villa Sucota, sede della Fondazione Antonio Ratti: sono accessibili varie strutture della villa come il padiglione della musica, la limonaia, il belvedere e la serra. Al centro del Lago di Como, a Bellagio, si trova la neoclassica Villa Melzi d’Eril con un parco particolarmente affascinante, frequentato assiduamente anche dal musicista Franz Liszt che qui si sarebbe ispirato per la sua celebre Sonata a Dante. Tra le piante più preziose ci sono Liriodendron tulipifera, cedri del Libano, faggi rossi, canfore, Ginkgo biloba. Sulla sponda lecchese, invece, si distinguono le nobili dimore di Varenna. Innanzitutto Villa Monastero, dove ha sede anche un Centro Convegni conosciuto a livello internazionale per le lezioni di fisica tenute nel 1954 dal Premio Nobel Enrico Fermi. La villa è circondata da un giardino ricco di specie botaniche particolari e rare, disposte in terrazzamenti, che si estende per quasi due chilometri lungo il fronte lago da Varenna a Fiumelatte: il percorso attraverso il parco consente di ammirare in quasi tutte le stagioni un’esplosione di colori, forme e profumi. E poi Villa Cipressi, oggi trasformata in hotel, che propone uno straordinario giardino botanico realizzato con piante autoctone che hanno accompagnato nel tempo la storia del parco e che racconta la biodiversità di ogni area del Paese, un mix di architetture contemporanee e di giardini antichi.
Laghi, sempre protagonisti C’è di che restare sbalorditi anche da quello che propone la sponda bresciana del Lago di Garda. Si pensi a quel che offre il Vittoriale degli Italiani a Gardone Riviera, quella che fu la “casa” di Gabriele D’Annunzio. L’ingresso
monumentale, il teatro all’aperto che guarda sul lago, la casa-museo del poeta denominata “prioria” sono il biglietto da visita; e poi il grande parco con oggetti simbolici della sua vita come la nave militare Puglia, nel cui sottoscafo è stato allestito un museo che raccoglie alcuni preziosi modelli d’epoca di navi da guerra della collezione di Amedeo di Savoia, duca d’Aosta, e l’hangar che ospita il MAS 96 a bordo del quale d’Annunzio con Luigi Rizzo e Costanzo Ciano partecipò alla beffa di Buccari. Sempre a Gardone, merita una visita il Giardino Botanico Andrè Heller, fondato nel 1903 su un terreno di circa diecimila metri da Arthur Hruska, dentista e botanico austriaco. Tra stagni giapponesi, ruscelli, cascate e una fitta foresta di bambù propone circa duemila esemplari botanici provenienti da molteplici luoghi, fra i quali gli acrocori dell’Oceania e varie piante dell’Himalaya, del Mato Grosso, dell’Africa, del Canada e del Giappone. Più a sud è l’Isola del Garda a San Felice del Benaco, la più grande isola del lago che sembra abbia ospitato San Francesco, Sant’Antonio da Padova e persino Dante Alighieri che così la ricorda nel Canto XX dell’Inferno: «Loco è nel mezzo là dove ‘l trentino / pastore e quel di Brescia e ‘l veronese / segnar poria, s’e’ fesse quel cammino». Belle la villa, realizzata tra il 1894 e il 1901 in stile neogotico-veneziano che ricorda il Palazzo ducale di Venezia, e le sue terrazze sistemate a giardino all’italiana, con elaborati disegni di siepi e cespugli fioriti. Dall’altra parte della regione non perdetevi la Rocca di Angera, soprattutto se avete dei bambini. Il maniero che domina il Lago Maggiore, infatti, ospita il Museo della bambola e del giocattolo che ripercorre la storia del gioco dal XVIII secolo. Ma molto interessanti sono anche altri ambienti della rocca, come la Sala di Giustizia che ospita il ciclo di affreschi, che narrano le vicende legate alla vita dell’arcivescovo Ottone Visconti, realizzato nel XIII secolo da un anonimo pittore denominato “Maestro di Angera”. Infine, anche se un po’ fuori dai circuiti soliti, consigliamo un salto a Oria di Valsolda, sulla parte italiana del Lago di Lugano, per
visitare Villa Fogazzaro Roi, appartenuta allo scrittore Antonio Fogazzaro che qui trascorse lunghi periodi della sua vita: gli ambienti rievocano tuttora le descrizioni presenti in “Piccolo Mondo Antico”, il celebre romanzo pubblicato nel 1896. Presenta l’originario giardino coevo su tre terrazzamenti - di cui uno pensile - nel quale sono ancora visibili piante di olea fragrans e di ficus repens che avvolge i muretti e le balaustre, corrispondenti alle descrizioni del luogo illustrate nel celebre romanzo.
Esempi in città Ricordiamo anche un paio di dimore cittadine che vale la pena mettere in agenda, come Villa Panza sul colle di Biumo a Varese. Oltre che essere nota per la sua collezione d’arte contemporanea con oltre 150 opere di artisti americani, ispirate ai temi della luce e del colore, peraltro armoniosamente accostata a preziosi arredi del XVI-XIX secolo ed esemplari di arte africana e precolombiana, Villa Panza presenta un secolare parco all’italiana di circa 33 mila metri quadri, arricchito di tre grandi parterre alla francese, una serra e un caratteristico tempietto, da cui si possono godere delle suggestive viste della città di Varese. Nel cuore di Milano si trova, invece, Villa Necchi Campiglio, costruita negli anni Trenta del secolo scorso,
immersa in un incantevole giardino corredato da campo da tennis e piscina, forse la prima costruita su terreno privato nel capoluogo lombardo. I diversi ambienti, caratterizzati da elementi di art déco, custodiscono importanti opere d’arte: da Tiepolo e Canaletto fino a Sironi, De Chirico, Martini, Picasso, Fontana, Modigliani, Matisse e altri.
Le ville di delizia Sono davvero tante le residenze poste lontano dalla città in cui i nobili si ritiravano nei periodi di villeggiatura; ci limitiamo a citarne alcune. Come Villa Carcano ad Anzano del Parco (CO), edificata a fine Settecento, in stile neoclassico, su progetto dell’architetto Leopoldo Pollack: si estende lungo i fianchi di una collina, con una vista incantevole sul lago di Alserio, sulle Grigne e sul Resegone. Offre un parco di oltre 40 ettari con edicole, un teatro di
verzura, una ghiacciaia e un grande laghetto popolato da ninfee e da fauna selvatica, con due isolette e un promontorio attraversato da un tunnel, un tempo navigabile. Villa Litta a Lainate (MI) è sicuramente tra le più note ville di delizia. Ideata verso il 1585 da Pirro I Visconti Borromeo, vide all’opera i più importanti artisti dell’epoca, tra cui i pittori Camillo Procaccini e Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone. La villa, che ha dei bellissimi giardini all’italiana con settecentesche fontane e un parco con 820 alberi di 56 specie, è famosa per il suo monumentale ninfeo, un “edificio di frescura” costituito da una successione di ambienti completamente decorati a mosaico di ciottoli bianchi, neri o dipinti a tempera, con grotte artificiali e giochi d’acqua ancora funzionanti. Poco lontano, a Cesano Maderno (MB), si trova Palazzo Arese Borromeo, una costruzione in stile tardo-barocco lombardo di
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fronte alla quale si sviluppa un vasto giardino all’italiana che si estende su una superficie di circa 9 ettari. Qui si possono ammirare l’esedra con la scenografica fontana a gradoni, originariamente alimentata dalla Roggia Borromeo che incanalava l’acqua della Valsorda fino ai giochi d’acqua per proseguire nel giardino all’inglese, con un migliaio di esemplari arborei, tra cui si segnalano numerose piante secolari. E non si può non ricordare la Villa Reale di Monza col suo parco, uno dei più vasti parchi storici europei e il maggiore tra quelli cintati da mura. Ideata dal Piermarini per l’imperatrice d’Austria Maria Teresa d’Asburgo quale residenza estiva per la corte arciducale del figlio Ferdinando d’Asburgo-Este, passò poi ai Savoia e fu teatro, il 29 luglio 1900 dell’assassinio di Umberto I da parte di Gaetano Bresci. Sul retro vi sono i Giardini Reali con il laghetto con grotta e il tempietto d’ispirazione classicista. E poi c’è, appunto, il parco che si estende per ben
688 ettari e che ospita al suo interno l’autodromo nazionale di Monza. Voluto da Eugenio di Beauharnais, figliastro di Napoleone e viceré del Regno d’Italia, comprende decine tra cascine, mulini e campi da gioco. Qui, nessuno si annoierà.
E per passeggiate singolari… La Lombardia offre anche ambienti che, davvero, fanno immergere nel mondo dei fiori. Uno di questi è il Parco della Fondazione Minoprio, alle porte di Como. Il cuore è Villa Raimondi, realizzata nella seconda metà del Settecento e oggi sede degli uffici direzionali della Fondazione: alcune sale del piano terra presentano affreschi e pavimenti a mosaico. Di grande suggestione l’ala che degrada verso il fiume Seveso e introduce al giardino botanico, vasto sette ettari, dove sono raccolte oltre trecento essenze arboree principali e circa 1.600 arbusti e alberi minori, curati dagli allievi della Scuola
di Floro Orto Frutticoltura. E poi le piante monumentali come una magnifica Magnolia Grandiflora, un Tiglio centenario e una bellissima Sophora Japonica Pendula. Da segnalare le suggestive serre di collezione: la tropicale e il giardino mediterraneo che, grazie alla loro esclusiva bellezza, sono stati utilizzati anche come set per ambientare trasmissioni televisive. Altrettanto singolare è il Crespi Bonsai Museum a Parabiago (Mi), che è stato il primo museo permanente al mondo di bonsai. Qui si può ammirare una preziosa collezione che comprende circa duecento opere, alberi che portano sulla loro corteccia i segni dei secoli trascorsi, vasi di grande pregio, fra cui spiccano contenitori per bonsai di epoca Qing, Tokugawa e Meij di eccezionale fattura, e libri antichi. Il pezzo più significativo della collezione è senz’altro il millenario Ficus retusa Linn, collocato al centro di una pagoda. Quanto a particolarità, non è da meno il Rossini Art Site a Briosco (MB), un vero e proprio museo a cielo aperto. In un parco di oltre 10 ettari dove ci si può muovere liberamente sono installate opere dei più grandi astrattisti italiani come Turcato, Cascella, Consagra, Melotti, Munari, Pomodoro e Varisco, ma anche maestri internazionali del calibro di Arman, Cesar, Dietman, Nagasawa, Oppenheim, Spoerri, Tinguely.
Toscana, passeggiate insieme ai Medici e a… Pinocchio I
l più famoso parco della Toscana e non solo, è sicuramente il Giardino di Boboli a Firenze, realizzato tra il XVI e il XIX secolo dai Medici con successivi interventi degli Asburgo-Lorena e dei Savoia. Si estende dietro Palazzo Pitti ed è un vero e proprio museo all’aperto, per l’impostazione architettonicopaesaggistica e per la collezione di sculture, che vanno dalle antichità romane al XX secolo. Tra laghetti, fontane, ninfei, tempietti e grotte si possono ammirare diverse opere d’arte come la statua dell’Abbondanza di Pietro Tacca in omaggio a Giovanna d’Austria, la Grotta Grande la cui costruzione si deve soprattutto a Bernardo Buontalenti, o il busto colossale di Giove olimpico, attribuito al Giambologna, in fondo al ramo del viale trasversale sinistro. Da non perdere la settecentesca Kaffeehaus, raro esempio di gusto rococò in Toscana,
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che permette di godere del panorama sulla città, e la Limonaia, ancora nell’originario color verde Lorena. Alla prima fioritura di glicine è, invece, consigliata, sempre a Firenze, una visita al Giardino Bardini. Attraversare il pergolato ricoperto da questi grappoli violacei per raggiungere la Loggia del Belvedere da cui si può godere un singolare panorama su Firenze e su San Miniato al Monte è un’esperienza che non dimenticherete mai! Il giardino si estende sulla collina di Montecuccoli, un’ampia zona che va dalle pendici di piazzale Michelangelo fino all’Arno. Le parti più interessanti sono sicuramente la grande scalinata barocca, le sei fontane decorate da mosaici e un paio di grotte, una semplice, simile a una grotta naturale, e una più decorata, situata a valle, dall’aspetto eclettico, sormontata all’ingresso da un arco in laterizi.
Diverse ville si trovano nei dintorni del capoluogo toscano. A Fiesole c’è Villa Peyron al Bosco di Fontelucente, dai cui giardini si gode una spettacolare vista su Firenze. Presumibilmente costruita su rovine di epoca etrusca, è circondata da un rigoglioso bosco dal quale emergono i giardini all’italiana e una fonte cinquecentesca posta a monte della villa, che fornisce per caduta l’acqua necessaria al funzionamento delle numerose fontane e di un vasto laghetto. Altrettanto belli sono i giardini di Villa Gamberaia a Settignano. La parte più significativa è posta nel lato sud dell’edificio dove si apre un meraviglioso parterre con quattro aiuole rettangolari d’acqua che terminano in un emiciclo-belvedere segnato da cipressi sagomati ad arco con un effetto scenografico simile a un settecentesco teatro di verzura. Ci sono poi dei luoghi che si distinguono. Primo fra tutti (e farete la gioia dei vostri figli se li portate in visita) il Parco di Pinocchio che celebra la famosa fiaba ed è situato a Collodi, frazione di Pescia (PT). Si tratta di un parco tematico che consente di ripercorrere le vicende della fiaba all’interno di un percorso scandito da sculture e opere di grandi artisti del Novecento, come “Pinocchio e la fatina”, opera di Emilio Greco, che trovate all’ingresso del Parco, oppure “Il gatto e la volpe” di Pietro Consagra. Lì vicino si trova Villa Garzoni con il suo storico giardino che si snoda tra vialetti, giochi d’acqua, fontane e statue raffiguranti dei e animali, con angoli suggestivi come il Labirinto, il Teatro di Verzura,
il Viale dei Poveri affiancato da figure pittoresche e il caratteristico padiglione dei Bagnetti. Da non perdere la Butterfly House, un favoloso scrigno di cristallo che ospita un giardino tropicale animato dal volteggiare di migliaia di coloratissime farfalle e cinguettanti uccellini. Così com’è sicuramente diversa dalle altre la visita alle Vigne di Petra, a Suvereto (LI), che sorgono praticamente davanti al paradiso dell’Arcipelago toscano con le isole Elba, Giglio, Giannutri e Capraia. Perché? Perché ti fa immergere nel mondo del vino. E non di un vino qualsiasi, ma del Bordeaux che sembra arrivato da queste parti grazie a Elisa Bonaparte, nominata da Napoleone principessa di questi luoghi. E per lei che, due secoli prima, aveva piantato cabernet-sauvignon e merlot, è stata ricreata la Vigna della Principessa a cui si è poi aggiunto il Giardino della Principessa Elisa, una collezione di erbe aromatiche che riprende fedelmente il disegno dell’originale, su un terrazzamento panoramico adiacente alla cantina. Già, la cantina: perché è lei il clou di questo straordinario posto. Edificata tra il 2001 e il 2003 su progetto dell’architetto svizzero Mario Botta, occupa un’area di circa 7.200 metri quadrati e si presenta come una struttura avveniristica che rimanda alle antiche residenze della campagna toscana: un cilindro sezionato da un piano inclinato, in cui si inserisce la vegetazione, circondato ai margini da due ali laterali schermate da lunghi porticati. Che dire per concludere? Cin-cin!
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In vacanza nel Paese più bello del mondo
Sulle orme dei pellegrini Se oggi generalmente si viaggia per piacere o per lavoro, in passato, soprattutto nel Medioevo, uno dei motivi principali per cui si intraprendeva un viaggio era quello della devozione e della penitenza. Si raggiungevano soprattutto i centri spirituali più vicini, in particolare abbazie e santuari, ma non mancavano coloro che intraprendevano pellegrinaggi ben più lunghi. In questo caso, le mete preferite erano la Terra Santa, Santiago de Compostela e soprattutto Roma. La Lombardia è stata una delle regioni più attraversate dai pellegrini che si recavano a Roma o a Gerusalemme, se non altro per la sua posizione geografica. E per raggiungere Roma dal nord Europa, spesso i pellegrini seguivano la Via Regina, così chiamata in onore della regina Teodolinda: partiva dal Passo Spluga scendeva a Chiavenna e quindi lungo la sponda occidentale del Lago di Como fino a raggiungere Milano. Da qui, poi, si collegava alla Via Francigena. Mettiamoci anche noi sulle orme dei pellegrini lungo la Via Regina: per ora solo in modo virtuale, sperando di poterlo presto fare concretamente.
Chiavenna , Collegiata di San Lorenzo
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Gravedona, Santa Maria del Tiglio
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Cernobbio, Villa d’Este
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Gravedona, Palazzo Gallio
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Ossuccio, il campanile di santa Maria Maddalena e l’Isola Comacina
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Passo dello Spluga
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Carate Urio, santa Marta
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Como, sant’Abbondio
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Cantù, basilica di san Vincenzo e Battistero di san Giovanni
Lungo la Via Regina, dallo Spluga a Milano D
al Passo dello Spluga a Milano lungo le sponde occidentali del lago di Como. E’ questo il percorso della Via che, secondo la leggenda popolare, prende il nome dalla longobarda regina Teodolinda. Una strada già usata, per le loro conquiste e i loro commerci, dai Romani, che sfruttavano largamente anche le acque del Lario. Ma un percorso utilizzato anche dai primi missionari cristiani che portarono il Vangelo nelle valli alpine. E ad alcuni di questi, santi che morirono martiri, come Carpoforo, Fedele, Matteo o Gusmeo, sono dedicate tantissime delle chiese che si trovano lungo la Via, la maggior parte delle quali edificata in uno stile che proprio in questo territorio trovò maggior fortuna, il Romanico. Infatti, molti degli edifici religiosi che si incontrano, e che i pellegrini ben conoscevano, sono stati costruiti tra il X e il XII secolo. Ripercorriamo allora questa strada soffermandoci nei punti più caratteristici o dove sono rimasti i maggiori “segni” del passaggio dei pellegrini che scendevano dalle valli per recarsi a Roma, proponendovi soprattutto i monumenti medievali rimasti e magari quanto è stato
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costruito nei secoli successivi che valga la pena di essere ricordato.
Dal Passo dello Spluga Scendendo dal Passo dello Spluga, il primo centro di rilievo che i pellegrini incontravano era Campodolcino che all’epoca era sede di un ospizio per i pellegrini. Oggi può meritare una visita il Ponte Romano e la Parrocchiale del XVI secolo con
Cosa visitare durante il percorso Oltre alle tante e belle chiese romaniche citate, lungo la Via Regina si incontrano molti monumenti che meriterebbero di essere visitati. Si pensi, innanzitutto, alle tante e straordinarie ville che si
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incontrano lungo le sponde del Lago di Como e di cui abbiamo parlato anche in alcune puntate precedenti, ma non solo. Pensiamo, ad esempio, a Palazzo Gallio a Gravedona, singolare dimora
rinascimentale realizzata a partire dal 1583 dal cardinal Tolomeo Gallio, segretario di Stato al soglio pontificio, che con le sue quattro torri angolari ricorda l’antica vocazione castellana del luogo. E poi, appunto, le ville. Come Villa La Gaeta a San Siro, realizzata nel 1921 per la famiglia Ambrosoli, un singolare esempio di architettura neomedievale con commistioni di gusto liberty e rinascimentale scelta come location di alcune scene del film “Casino Royale”. O le famose Villa Carlotta e Villa del Balbianello a Tremezzina, fino alle altrettanto note dimore del bacino di Como: Villa d’Este, oggi lussuoso hotel meta di vip internazionali del mondo dello spettacolo e non solo, Villa Erba, già residenza del regista Luchino Visconti e oggi sede
interessanti altari settecenteschi in legno intagliato. Verso valle, nel comune di San Giacomo e Filippo, si incrocia il secentesco santuario di Gallivaggio, costruito dove la Madonna apparve a due ragazze che stavano raccogliendo castagne e raccomandò loro di invitare la gente alla penitenza. Si arriva, quindi, a Chiavenna, centro principale dell’omonima valle. Qui i pellegrini, oltre a trovare un ospizio,
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congressuale, e la neoclassica Villa Olmo che forse più di tutte simboleggia le dimore storiche del Lario. E non perdetevi la Cattedrale di Como, caratterizzata da un trionfo di marmi ed elementi decorativi sulla facciata, con i suoi arazzi del XVI e XVII secolo e i dipinti cinquecenteschi di Bernardino Luini e Gaudenzio Ferrari.
avevano modo di pregare nella Collegiata di san Lorenzo costruita nell’XI secolo, ma poi più volte rimaneggiata. Si conserva ancora il Fonte battesimale, pregiata scultura romanica datata 1156, e un famoso “Tesoro”, museo che conserva statue, paramenti e arredi sacri. Il pezzo più famoso è la “Pace”, una copertina di evangeliario del XII secolo composta da lamine d’oro tempestate di perle e gemme. Proseguiamo sulla Via Regina per qualche chilometro fino a raggiungere il lago di Novate Mezzola, un tempo probabilmente ultima propaggine del lago di Como. Qui è d’obbligo, anche se costa un po’ di fatica, una visita al tempietto di san Fedelino, costruito tra il X e l’XI secolo nel luogo dove si pensa fosse stato martirizzato san Fedele. Costituisce uno dei primi esempi del romanico lombardo e conserva ancora qualche affresco dell’epoca. È raggiungibile, però, solo con una lunga camminata, oppure attraversando il lago con una barca.
Fiancheggiando il Lario Abbandoniamo, quindi, la provincia di Sondrio e iniziamo a fiancheggiare la sponda occidentale del Lago di Como. Fermandoci, innanzitutto, a Sòrico, in cima al lago. Nulla è rimasto dell’antico monastero benedettino che dava ospitalità ai pellegrini, mentre della chiesa di santo Stefano si conserva ancora intatta la torre campanaria. Per chi ha voglia di camminare, solo un quarto d’ora, val la pena raggiungere il santuario di san Miro da dove si domina il lago. Particolarmente interessanti gli affreschi del primo Cinquecento, opera di Sigismondo De Magistris, che vi si trovano. Raggiungiamo ora Gera Lario dov’è la chiesa di san Vincenzo. Ricostruita nel Quattrocento fu però completata nell’XI secolo. Di quel periodo rimangono alcuni pezzi riutilizzati nel portale della facciata, come quelle figure di animali e “diavoletti” che si ritrovano in diverse chiese romaniche della Lombardia. Oltrepassato il paese di Domaso, si arriva a una delle tappe fondamentali della Via Regina, Gravedona. Le testimonianze del romanico lombardo, e comasco
trovare un ospizio, i fedeli avevano a disposizione diverse chiese in cui pregare. Tra le meglio conservate è sicuramente quella dedicata a sant’Andrea, in frazione Casanova, ma interessante è anche la cripta a tre navate, risalente all’XI-XII secolo, della parrocchiale dedicata a santo Stefano. Di fianco a quest’ultima è il pregevole battistero romanico dell’XI secolo a forma poligonale. Meritano una visita anche l’abbazia dell’Acqua Fredda e la chiesa di san Vincenzo, in frazione Portezza, che conserva un bel campanile originale. Proseguendo verso Como troviamo poi Ossuccio. Qui, nella frazione di Ospedaletto, si trova uno dei simboli del Lario, il campanile di santa Maria Maddalena, singolare per la sua cella campanaria ogivale in terracotta costruita nel XIV secolo. Da vedere ci sono pure la chiesa di sant’Agata e nella frazione di Spurano l’oratorio dedicato a san Giacomo che conserva dei bellissimi affreschi. Per chi ha buone gambe, si consiglia la salita all’abbazia di san Benedetto in Val Perlana (a circa 700 metri di altezza, raggiungibile in un’ora e mezza di cammino), costruzione dell’XI secolo. A metà lago troviamo anche l’Isola Comacina. Facilmente raggiungibile con la barca che fa la spola con la terra ferma, l’Isola Comacina offre i resti di alcuni monumenti medievali che i pellegrini del primo
IL PERCORSO
in particolare, qui sono particolarmente rilevanti. Tutti i pellegrini che si recavano a Roma facevano sosta in una delle sue chiese. La meglio conservata e la più importante sotto il profilo storico-artistico è santa Maria del Tiglio. Situata sulle sponde del lago, è stata costruita su un preesistente battistero alla fine del XII secolo. All’esterno sono caratteristici il paramento a fasce bianche e grigie, le lesene e gli archetti pensili che scandiscono le pareti; originale il campanile che si trova in facciata, quadrato nella parte inferiore e ottagonale in quella superiore. All’interno, che è a pianta centrale, si possono ammirare diversi interessanti affreschi realizzati in epoche successive, come il Giudizio Universale della prima metà del XIV secolo collocato sulla controfacciata. Accanto è la basilica di san Vincenzo che conserva la cripta e parte delle absidi originali della costruzione romanica della seconda metà dell’XI secolo. Ci sarebbe ancora molto da vedere a Gravedona: citiamo la chiesa dei santi Gusmeo e Matteo e la chiesa e il convento agostiniani di santa Maria delle Grazie con affreschi cinquecenteschi di notevole rilievo. Scendendo lungo il lago, altri centri dove sono conservate molte tracce del periodo romanico, quali le potevano vedere anche i pellegrini medievali, sono Lenno, Ossuccio e l’Isola Comacina. A Lenno, oltre a Passo dello Spluga
Giubileo avevano modo di visitare, come sant’Eufemia, a fianco della quale c’è quel poco che rimane di un’aula biabsidata paleocristiana con mosaici del V-IX secolo e affreschi carolingi, e san Faustino. Avvicinandoci a Como, si incontrano due chiese molto interessanti. Innanzitutto la chiesa dei santi Nazaro e Celso meglio nota come santa Marta a Carate Urio: il campanile ne testimonia l’origine romanica, ma di notevole pregio sono anche gli affreschi quattrocenteschi conservati all’interno. L’altra è la chiesa di sant’Agata a Moltrasio, in frazione Vignola. Siamo ormai alle porte di Como. Prima, però, di oltrepassare le mura della città, i pellegrini facevano sosta nella frazione di Quarcino dove trovavano una chiesa romanica dedicata ai santi Giacomo e Filippo, ancora oggi ben conservata.
Da Como a Milano Ed eccoci a Como, per i pellegrini del Medioevo la principale tappa della Via Regina. Le testimonianze dell’arte romanica sono di notevole importanza e si raccolgono nelle tre basiliche di sant’Abbondio, san Fedele e san Carpoforo. Sant’Abbondio è uno degli esempi più eccellenti di questo stile. Costruita alla fine dell’XI secolo, la basilica conserva ancora oggi tutte le caratteristiche di quell’arte, soprattutto nella parte esterna ornata con lesene tonde e piatte alternate, monofore con cornici a rilievo, archetti pensili e fasce dentate. La facciata è divisa in cinque parti corrispondenti alle cinque navate interne, divise da alti pilastri cilindrici. Interessanti sono gli affreschi trecenteschi dell’abside che rappresentano le storie di Cristo e la parte absidale esterna con due torri campanarie ai lati del presbiterio. Di poco più tarda è
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Campodolcino
Adda Chiavenna
Gravedona
Sorico
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Menaggio Ossuccio Moltrasio
Dalla Svizzera a Chiavenna Al Passo dello Spluga arriva anche un sentiero che da secoli unisce le due località di Thusis (Svizzera) e Chiavenna (Italia) passando per la famosa gola della Viamala ed è, appunto, nominata Via Spluga. E’ un percorso che unisce la cosiddetta Via Francigena renana, storico asse viario che collega, attraverso le Alpi centrali, la Valle del Reno con la valle del Po e con la Via Francigena di Sigerico. D’altra parte, com’è documentato anche nella cartografia romano-imperiale, il Passo dello Spluga è da oltre duemila anni il passaggio obbligato con bestie da soma, carri e carrozze, di commercianti, viaggiatori, eserciti, pellegrini e grandi personaggi della cultura europea, come Erasmo da Rotterdam. Ci sono addirittura ritrovamenti dell’età del bronzo e del ferro che indicano come 6 il passo dello Spluga fu percorso già in epoca preistorica. In passato, il passo dello Spluga veniva denominato monte o passo dell’Orso. Infatti, il nome “Spluga” deriva da “spelu(n)ca”, cioè spelonca, grotta: e nei pressi di Montespluga si trova una grotta comunemente chiamata “truna de l’urs” (tana dell’orso).
la basilica di san Fedele (prima metà del XII secolo), la quale ha una struttura architettonica particolare che si rifà ai mausolei e agli antichi battisteri, frutto di una combinazione tra il solito schema basilicale e quello a sistema centrale. Molto bella è la parte absidale vista dall’esterno, in via Vittorio Emanuele. C’è poi la basilica di san Carpoforo, ai piedi del colle Baradello, sorta sul luogo dove la leggenda racconta che avvenne il martirio di san Carpoforo e di cinque suoi compagni, Esanto, Cassio, Licinio, Severo e Secondo in fuga da Milano dov’erano perseguitati perché cristiani. L’attuale basilica romanica sorse nel 1040 su una preesistente chiesa voluta da san Felice, vescovo di Como alla fine del IV secolo. A tre navate, quella centrale con una copertura a capriate, mentre le altre due a crociera, ha un presbiterio
VITTO E ALLOGGIO
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sopraelevato, al quale si accede tramite due scale in pietra, e una cripta dov’è un sarcofago nel quale era stato sepolto san Felice. Da Como ci spostiamo a Cantù, dove è rimasto un monumentale complesso preromanico (IV secolo), con modifiche nel periodo romanico, composto dalla basilica di san Vincenzo e dal Battistero dedicato a san Giovanni. La basilica, a due navate con presbiterio sopraelevato a cui si accede da una scala centrale, conserva importanti cicli di affreschi anteriori al 1007. Di particolare rilievo, nonostante il precario stato di conservazione, quelli dell’abside, con Cristo tra gli angeli e i profeti Geremia ed Ezechiele, che si distinguono dalla restante decorazione della navata dove si nota una maggiore influenza bizantina.
Per quanto riguarda, invece, il battistero che ha pianta quadriloba, va rilevato che è uno dei primi costruiti in Lombardia. Siamo all’ultimo tratto della Via Regina prima di arrivare a Milano. Un accenno lo merita l’abbazia benedettina di Vertemate, allora passaggio obbligato per i pellegrini, che qui trovavano un complesso abbaziale inserito in una suggestiva ambientazione isolata e boschiva, che comprendeva la chiesa, un chiostro e i dormitori. Così come il monastero di San Vittore a Meda, sorto, dice la leggenda, per un voto fatto dai santi Aimo e Vermondo, conti Corio di Turbigo, dopo essersi salvati dall’assalto di due cinghiali durante una battuta di caccia: nei secoli si è trasformato e oggi è la splendida Villa Antona Traversi.
Dove mangiare e dormire, con un occhio alla tradizione A Chiavenna
Ristorante Crotto Ombra. Qui si possono gustare i piatti della più semplice e antica tradizione gastronomica valchiavennasca, dagli “schisciat” ai pizzoccheri locali fino alle costine di maiale “alla piota”. www.crottoombra.com - email:info@ crottoombra.com - Tel. 0343.290133 - Cell. 340.5373905. B & B Vecchiascuola, nella frazione di Pianazzola 300 metri sopra il centro di Chiavenna, mette a disposizione degli ospiti cinque stanze doppie, e tre monolocali; al piano terra il ristorante La Terrazza offre sapori tipici del territorio cucinati con ingredienti locali, in abbinamento con ottimi vini prodotti nella stessa frazione. B&B 349.3435130. Ristorante 331.3827470.
A Gravedona
Hotel Regina, adatto alle famiglie - via Regina Levante 18 - Tel. 0344.89446 www.reginahotels.it - email: info@reginahotels.it. Ristorante il Giardinetto sul lago, offre piatti con specialità del lago e dei monti di Como - via Regina Levante 18 - Tel. 0344.90099 - www.ilgiardinettosullago.it cell. 328.7529003.
A Menaggio
COMO Cantù
9 Meda
Trattoria Il Pozzo, ristorante caratteristico in riva al Lago che propone piatti a base di pesce di lago - piazza Giuseppe Garibaldi, 1 - Tel. 0344.32333. Hotel Loveno, con meravigliosa vista sul lago di Como - via N. Sauro, 55, Tel. 331.2827882 - email: info@hotelloveno.com - www.hotellovenolakecomoitaly.com
A Como
Crotto del sergente, che ha in menu specialità del territorio rivisitate - via Crotto del sergente, 13, Como – Tel. 031.283911 - www.crottodelsergente.it. B&B Carducci, nello splendido centro storico di Como, a due passi dal Lago di Como - via Giovio 12 - bnbcarducci@gmail.com - www.bebcarducci.it
TURISMO
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In vacanza nel Paese più bello del mondo Quando potremo passeggiare liberamente per le nostre città (speriamo il più presto possibile…) probabilmente farà già caldo visto che, prima di Pasqua, in alcune zone d’Italia si poteva tranquillamente girare in camicia o in maglietta. E con il caldo è sempre piacevole guardare una bella fontana e, magari, appoggiare la mano nell’acqua fresca per cercare un po’ di refrigerio. Così abbiamo deciso di segnalarvi alcune delle tante fontane che si possono trovare nelle città e nei borghi delle regioni in cui pubblichiamo i nostri giornali, alcune monumentali e artistiche altre semplicemente celebrative, altre ancora segno di un passato che ricorda le nostre tradizioni.
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Milano, la “Torta nuziale” di piazza Castello Brescia, fontana della Pallata Genova, fontana di piazza De Ferrari Savona, fontana del santuario di Nostra Signora della Misericordia Bergamo, fontana Contarini in Piazza Vecchia Torino, la fontana dei Dodici mesi Acqui Terme, fontana delle ninfee Firenze, fontana del Nettuno Siena, fonte Gaia in piazza del Campo
Passeggiare tra gli zampilli e il refrigerio delle fontane
Lombardia, i milanesi le ribattezzano, anche in dialetto
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a scelta da dove partire è facile se tra i capoluoghi lombardi ne hai uno che chiamano la “città dalle 1000 fontane”. Così, almeno, definiva Brescia il poeta Bartolomeo Dotti nel XVIII secolo. No, non preoccupatevi, non le descriveremo tutte: non basterebbero certo queste due pagine… Però, non perdetevi la fontana della Pallata, tra le più antiche, che si trova ai piedi dell’omonima torre nel centro storico di Brescia eretta a protezione della Porta di San Giovanni posta sulla prima cinta muraria medioevale. Detta anche “fontana dei fiumi”, presenta quattro statue allegoriche, di cui le due in basso rappresentano le divinità dei due fiumi principali di Brescia: il Mella (a sinistra) e il Garza (a destra). Risale, invece, al ‘700, la pregevole fontana che si trova nel cortile del
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Broletto, sede medioevale delle signorie regnanti sulla città, con vasca a calice in marmo Botticino, mentre siamo in epoca fascista per la fontana di Piazza della Vittoria, opera dell’architetto Marcello Piacentini, nota soprattutto per aver ospitato alle origini sui
suoi bordi un colosso di virile bellezza che rappresentava l’arte fascista dell’epoca e che i bresciani chiamavano “il Bigio”: eliminati entrambi dopo la seconda guerra mondiale, la fontana venne ripristinata nel 2011, mentre del Bigio non c’è più traccia. Bella anche la
fontana dell’Abbondanza in Piazza del Mercato: ritrae un fanciullesco Acheloo che, nella mitologia greca, diede vita al mito della Cornucopia. E qui ci fermiamo. Raggiungiamo Bergamo, in Città Alta, dove non può mancare una visita alla fontana Contarini di Piazza Vecchia dove, chiunque sia stato nel capoluogo orobico per la prima volta ha fatto una foto. Magari seduti su una sfinge o un leone in marmo Zandobbio (da sgridare, perché non si potrebbe) con sullo sfondo il Palazzo della Ragione, il Palazzo del Podestà o la facciata della Biblioteca Angelo Mai. È qui vicina la fontana di Antescolis, accanto alla porta posteriore della basilica di santa Maria Maggiore, unica nel suo genere: infatti, era un vecchio lavatoio risalente probabilmente al XII secolo
dalla forma a due fornaci unite da un arco trasversale, simile alle fonti toscane e umbre. E non è distante l’antica e singolare fontana del Lantro, citata già alla fine del X secolo: si trova nell’interrato della chiesa di San Lorenzo ed è dotata di una colonna portante collocata al centro della vasca sulla quale poggiano volte ad archi a tutto sesto e sesto acuto. Ci spostiamo vicino a Como per una fontana che nulla ha a che vedere con le precedenti. Parliamo della monumentale fontana di Camerlata, realizzata da Cesare Cattaneo e Mario Radice nel 1936 in calcestruzzo bianco ed esposta inizialmente nel Parco Sempione di Milano in occasione della VI Triennale di Milano. Demolita nella seconda guerra mondiale, venne ricostruita nel 1960 e
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Liguria, è qui il paese delle fontane
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er la Liguria non partiamo dal capoluogo, perché in questa regione si trova il piccolo comune di Fontanigorda. “Nomen omen” è il caso di dirlo per questo paese di circa 250 abitanti che può contare sulla presenza di quattordici fontane lungo gli angoli delle strade. D’accordo,
niente di monumentale, ma il “paese delle fontane” meritava la citazione. Comunque, la fontana simbolo della città e dell’intera regione è sicuramente quella di piazza De Ferrari a Genova. Al centro della piazza dal 1936 è collocata la grande fontana in bronzo, disegnata
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dall’architetto Giuseppe Crosa di Vergagni e divenuta ben presto, assieme alla Lanterna, uno dei principali simboli cittadini. Intitolata al politico e banchiere genovese Luigi Raffaele De Ferrari, la fontana è costituita da una vasca centrale, appunto in bronzo, larga 11 metri e del peso di 36 tonnellate, al centro della quale si innalza un grande zampillo d’acqua. Il bacile, sorretto da sei pilastri, è posto al centro di una vasca poligonale dalla quale una serie di mascheroni riversano l’acqua in una seconda vasca di forma circolare. Intorno ad essa si trova infine una terza vasca anch’essa circolare. Sempre a Genova, sono molto belle le fontane che si trovano nel giardino
posizionata a Camerlata, come previsto in origine. Lasciamo la parola ai suoi autori per descrivere queste quattro sfere disposte l’una sull’altra e alternate ad anelli orizzontali, aggettanti dal bordo di una grande vasca tonda: «Opera di decorazione pura, esaltazione di belle forme ottenute con geometrica perfezione ... senza pretese di contenuto letterariamente simbolico o di destinazione funzionale». Ricco di fontane è anche il capoluogo lombardo. A cominciare da quella del Piermarini, in piazza Fontana, la prima pubblica di Milano. Inaugurata nel 1782 e realizzata in stile neoclassico in granito rosa di Baveno, misura 20 m² ed è composta da tre vasche sovrapposte di diverse dimensioni. È ornata da due statue in marmo di Carrara che rappresentano
all’italiana verso il mare della storica Villa Principe, quella che fu la residenza privata dell’ammiraglio Andrea Doria: in particolare, la fontana del Tritone, un capolavoro di Giovanni Angelo Montorsoli, e la fontana del Nettuno realizzata da Taddeo Carlone con il fratello Giuseppe e suo figlio Battista a fine XVII secolo. Ed ora a Portovenere che da sola merita una visita. Già che ci siete date un’occhiata e scattate una foto anche alla fontana dei Leoni nella piazza dedicata al benefattore Paolo Centinaro, dove una volta si raccoglievano le acque piovane: la fontana è stata fatta costruire durante il fascismo dall’allora podestà Ettore Andrea Mori.
Merita di essere segnala la fontana che campeggia davanti al santuario di Nostra Signora della Misericordia a Savona: opera barocca di Giacomo Ponsonelli di Massa è caratterizzata da una vasca quadrilobata con al centro una guglia slanciata su cui svetta un angelo, con le ali aperte, che nel cartiglio che tiene in mano cita un
versetto di Isaia: “Haurietis in gaudio”, “Vi disseterete in allegrezza”. Concludiamo il nostro tour tra le fontane ligure con uno dei simboli di Sanremo. Il casinò? Il Teatro Ariston? Ma no, la fontana dello “Zampillo” che sorse lungo la via Aurelia, là dove sgorgò il primo getto d’acqua dell’acquedotto cittadino il 12 marzo 1884.
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due belle sirene a cavallo di draghi che i milanesi chiamano “Le Teodolinde”. Ci spostiamo in piazza San Babila per ammirare “I Monti, i Laghi, i Fiumi di Lombardia” come ha chiamato questa fontana il suo ideatore, l’architetto Luigi Caccia Dominioni, che ha voluto ricreare il ciclo dell’acqua con le acque che dalle montagne scorrono attraverso i grandi laghi fino alla pianura padana. Il nucleo principale è formato da un tronco di piramide di pietra rossa con un grande pomolo sulla cima da cui sgorga l’acqua che scivola lungo le pareti levigate della montagna stilizzata e riempie la vasca
rotonda sottostante. I milanesi, per la sua forma, l’hanno ribattezzata “budino”. Prendiamo via Montenapoleone, e la percorriamo tutta, lustrandoci gli occhi per le vetrine dei negozi. In fondo, in via Croce Rossa, all’incrocio con via Manzoni, troviamo la fontana dedicata al settimo presidente della Repubblica, Sandro Pertini, opera dell’architetto Aldo Rossi. Consiste in un cubo di otto metri di lato composto da blocchi di marmo di Candoglia grigio rosato, lo stesso del Duomo di Milano: sul retro della parete di fondo ospita un condotto triangolare dal quale scende
Piemonte, un tuffo nei misteri di Torino 6
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icchi di fontane sono chiaramente i vari parchi e giardini di tutta la regione, e di cui abbiamo già parlato nei numeri precedenti. Ma anche Torino ne abbonda. Quella più conosciuta è probabilmente la fontana dei Dodici mesi nel Parco del Valentino, inaugurata durante l’Esposizione Generale Italiana del 1898 nel punto dove, racconta il mito, cadde il carro infuocato di Fetonte, figlio del dio Sole e di Iside: da una terrazza ellittica dove troneggiano le statue dei quattro fiumi che costeggiano il centro di Torino (il Po, la Dora Riparia, la Stura e il Sangone) sgorga una cascata che finisce in un’ampia vasca ovale. Tutt’intorno, su una balaustra, le eleganti statue allegoriche dei dodici mesi che le danno il nome. Se vogliamo scoprire le fontane torinesi di rilievo, una tappa forzata è al centro della parte recintata dei Giardini Reali dove si trova una vasca in marmo bianco con la Fontana di Nereide e dei Tritoni. Opera baroccheggiante del 1758, propone la ninfa, seduta con il busto in lieve torsione e un
braccio volto quasi a indicare Palazzo Reale, attorno alla quale si ergono i tritoni. È una tappa imperdibile per i superstiziosi perché, dicono le leggende popolari, camminare tre volte intorno alla vasca porti fortuna… A proposito di leggende, che dire di quanto si racconta sulla fontana del Parco della Tesoriera dove si trova la villa settecentesca costruita per il potente consigliere e tesoriere generale di Vittorio Amedeo II, Aymo Ferrero di Cocconato? Infatti, la fontana - semplice nella sua vasca ellittica, con spruzzi che possono creare giochi d’acqua scenografici - è anche conosciuta con il nome di “Giardin dël Diav”, in quanto si vociferava che apparisse, galoppando nel Parco, un cavaliere nero, forse il fantasma del Tesoriere del Re, Ajmo Ferrero… Si passa, invece, all’esoterismo, di cui a Torino sono grandi esperti, quando parliamo della fontana del Monumento al Traforo del Frejus in piazza Statuto. Sull’alta piramide sono poste grosse pietre provenienti dagli scavi del traforo, sulle quali si posano corpi di titani
acqua fino a una vasca posta al centro della parete. “San Francesco che parla agli uccelli” è, invece, la nota fontana di forma ottagonale che campeggia in Piazza Sant’Angelo con la statua in bronzo del poverello di Assisi che, appunto, predica agli uccelli, realizzata su progetto dello scultore Giannino Castiglioni. Non è lontana, poi, la bellissima e moderna fontana Gae Aulenti, nell’omonima piazza a Porta Nuova, interamente rivestita di Ardesia e progettata da César Pelli: è circondata da una “panchina-scultura” di 105 metri dalle linee sinuose realizzata con getti prefabbricati in cemento e graniglia bianca ed è divisa in quattro irregolari porzioni “d’acqua”, tre delle quali sono coperte da un velo d’acqua che scompare a cascata in tre grandi fori ovali mentre la quarta può trasformarsi, a seconda delle necessità, anche in uno spazio per eventi o spettacoli all’aperto. E concludiamo con la famosa “Torta Nuziale”, la fontana di piazza Castello, davanti alla Torre del Filarete, soprannominata dai milanesi, appunto, “la turta di spus” per la sua forma rotonda e piatta a vasche degradanti, sormontata da uno zampillo a ventaglio che la rende simile a una torta nuziale e che venne costruita intorno agli anni ’30 dall’azienda elettrica della città, l’Aem.
abbattuti in marmo chiaro e, proprio sulla sommità, il genio alato della scienza: dovrebbe essere un’allegoria del trionfo della ragione sulla forza bruta, ma gli appassionati di magia e mistero hanno individuato nella fontana uno dei vertici del triangolo della magia nera e, nell’angelo della scienza, Lucifero in persona. E per non farci mancare nulla, lasciamo Torino solo dopo aver visitato le due fontane speculari, simmetriche, di piazza CLN, poste rispettivamente dietro le chiese intitolate a San Carlo e a Santa Cristina: raffigurano un uomo e una donna che sembrano due divinità greche e sono allegorie del Po e della Dora Riparia. A proposito: qui sono state ambientate alcune scene clou di “Profondo Rosso”, girato in città dal maestro dell’horror Dario Argento nel 1975. Cerchiamo qualcosa di più simpatico. Come potrebbe essere la fontana del Mascherone a Giaveno, in Val Sangone, località nota perché qui, nel 1898, lo svizzero Adolfo Kind utilizzò gli sci per la prima volta sulle montagne italiane. Venne scolpita nel 1622 in un blocco di travertino da
Toscana, qui le fonti hanno fatto la storia
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ono altisonanti per la loro 8 fama e nobiltà i nomi delle fontane toscane. Si pensi, cominciando da Firenze, alla fontana del Nettuno situata in piazza della Signoria, la prima grande fonte pubblica della città voluta da Cosimo de’ Medici. Realizzata con materiali diversi per natura e colore è ricca di opere d’arte, a cominciare dal gruppo del Nettuno, coi tritoni di sostegno e il cocchio coi quattro cavalli, interamente riferibile a Bartolomeo Ammannati e alla sua bottega. Di grande valore è pure la fontana dell’Oceano nel Giardino di Boboli: è ricca di sculture, opere del Giambologna, a cominciare dalla centrale statua di Nettuno, circondato da divinità fluviali sdraiate che rappresentano il Nilo, il Gange e l’Eufrate, i quali versano simbolicamente le loro acque nella vasca grande, che rappresenta l’Oceano. Così come le due fontane dei mostri marini che si trovano in piazza Santissima Annunziata a Firenze, capolavori della scultura manierista realizzate poco prima della metà del Seicento da Pietro Tacca. Ma non si può non citare la fontana del Porcellino (che in realtà è un cinghiale), uno dei monumenti più popolari di Firenze, situata in piazza del Mercato Nuovo, vicino al Ponte Vecchio: la statua in bronzo è una copia romana di un marmo ellenistico che Cosimo II de’ Medici fece fare a Pietro Tacca nel 1612 e che dal 2004 è al museo Bardini. E’ molto ricercata dai turisti perché toccarne il naso si dice porti fortuna. Ma, quanto a fontane prestigiose, Siena non è sicuramente da meno. Si pensi, innanzitutto, alla Fonte Gaia di piazza del Campo, il cui nome deriva dall’esultanza con cui fu accolta dalla cittadinanza quando venne inaugurata nel 1346: quella che vediamo oggi è una copia perché i rilievi scultorei originali commissionati nel 1409 a Jacopo della Quercia, si trovano oggi nel Museo di Santa Maria della Scala. Altrettanto nota è Fontebranda, menzionata fin dall’anno 1081. Citata anche da Dante Alighieri nel XXX capitolo dell’Inferno (vv. 76-78: Ma s’io vedessi qui l’anima trista / di Guido o d’Alessandro o di lor frate, / per Fonte Branda non darei la vista), si presenta con tre ampie arcate gotiche ogivali sormontate da merli e una fila di archi ciechi con motivi triangolari, mentre il frontale è ornato da quattro zampilli leonini con al centro lo stemma di Siena. Ma girando in lungo e in largo per la Toscana, potrete trovare la fontana del Pescatorello in piazza del Duomo a Prato, che i pratesi hanno soprannominato anche fontana del Papero per i cigni scolpiti sul bordo delle vasche, o la fontana della Maremma assetata in piazza Guerrazzi a Cecina, dominata dalla figura di Ercole, oppure ancora la fontana delle Sette cannelle situata nel centro storico di Pitigliano che si presenta come un’opera imponente e monumentale, grazie alla presenza della testata dell’acquedotto da cui attinge l’acqua necessaria al suo funzionamento. Per concludere in bellezza a Bagno a Ripoli, presso 9 un piccolo edificio del Cinquecento chiamato Fonte della Fata Morgana o Casina delle fate: già, perché la leggenda dice che la Casina sarebbe il punto di incontro notturno per ninfe, fate e altri essere incantati e che l’acqua della fonte avrebbe proprietà magiche facendo tornare giovane chi la beve. Chissà? In ogni caso, val la pena berne un sorso.
Giacomo Fontana con l’acqua che sprizzava dal naso e dagli occhi, e colava in velo dalla bocca con un piacevole effetto di rifrazione in un’ampia vasca sottostante. Segnaliamo anche la fontana dei Fiumi al Castello di Agliè che ha visto un recente restauro del gruppo dei Tritoni: il maniero è famoso perché è stato usato come ambientazione per le serie televisive “Maria José”, “Elisa
di Rivombrosa” e “La bella e la bestia”. È, invece, ormai diventata un simbolo della città di Ivrea la fontana di Camillo Olivetti, collocata all’imbocco del Ponte Nuovo. Opera originale realizzata nel 1957 dallo scultore Emilio Greco, è posizionata su una parete rocciosa verticale con l’acqua che cade a cascata in una vasca semicircolare, con la struttura scultorea che si divide in due
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parti: una colonna di pezzi metallici costituiti da tasti di macchina da scrivere ingranditi e un bassorilievo bronzeo, raffigurante Camillo, sospeso a un trave infissa nella roccia. Concludiamo con un paio di fontane di Acqui Terme, dove, chiaramente, l’acqua non manca. Innanzitutto, a sinistra del Grand Hotel Nuove Terme, la suggestiva fontana delle Ninfee che da piazza Italia sale lungo corso Viganò. E poi è sicuramente da segnalare “La Bollente”. Al centro dell’omonima piazza di Acqui Terme, si erge un’edicola marmorea ottagonale, realizzata nel 1879 dall’architetto Giovanni Ceruti, che circonda una fonte termale da cui sgorga acqua bollente e curativa: 560 litri al minuto a 74,5 °C di un’acqua sulfureo-salso-bromo-iodica. Visto che abbiamo abbondato con le leggende, concludiamo con questa: si racconta che i bambini appena nati venivano portati alla fonte per esservi immersi per un attimo e se ne uscivano vivi venivano definiti “sgaientò”, ossia scottati. Se ne uscivano vivi...
TURISMO
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Photoshot 1.
Grotte delle Meraviglie a Zogno (BG) 2. Grotta Remeron a Comerio (VA) 3. Grotte di Borgio Verezzi (SV) 4. Grotte di Toirano a Borghetto Santo Spirito (SV) 5. Buca del Corno a Entratico (BG) 6. Büs di Tàcoi a Gromo (BG) 7. Grotte del Caudano a Frabosa Sottana (CN) 8. Grotta dei Dossi a Villanova Mondovì (CN) 9. Grotte di Bossea a Frabosa Soprana (CN) 10. Grotta del Vento a Fabbriche di Vergemoli (LU) 11. Antro del Corchia a Stazzema (LU)
In vacanza nel Paese più bello del mondo
Il 2021 è l’anno internazionale delle grotte e del carsismo Il 2021 è un anno speciale per gli appassionati del mondo sotterraneo. L’Unione Internazionale di Speleologia (UIS) ha infatti deciso di dichiararlo Anno Internazionale delle Grotte e del Carsismo. Perché non approfittarne, soprattutto durante la stagione estiva, quando il caldo si farà sentire (e soprattutto ci si potrà muovere...), per fare una singolare esperienza nelle profondità della terra? Sono notissime quelle di Frasassi, nelle Marche, o di Castellana, in Puglia; ma non mancano le opportunità (e che opportunità!) anche nei territori raggiunti dai nostri giornali di scoprire un mondo straordinario, fatto di laghetti, pozzi e formazioni calcaree meravigliose come le stalattiti e le stalagmiti. Allora, visto che lì il sole non arriva, piumino leggero, scarpe da trekking e via!
Nelle profondità della terra Lombardia, tra resti di orsi e vecchi briganti
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on sono famosissime, ma sono diverse le località lombarde che nascondono nelle loro profondità delle grotte, alcune delle quali, appena la pandemia ce lo permetterà, torneranno visitabili, pure con i bambini. Non è il caso di una fra le più note grotte lombarde, il Büs di Tàcoi (il Buco dei Tacoi, in dialetto i gracchi, che nidificavano nell’antro di ingresso), in Val Seriana, nel territorio di Gromo (BG): l’ingresso è contingentato, si accede solo accompagnati da esperti speleologi e bisogna, comunque, essere degli escursionisti competenti. Anche perché per arrivare all’entrata
bisogna camminare per un’ora su un sentiero che sale da Sprazzi e l’intera visita tra camini, stalattiti e stalagmiti, gallerie e pozzi fino al magnifico “Lago Verde” dura diverse ore e richiede un’ottima preparazione fisica e capacità di arrampicata. Si può andare, invece, con l’intera famiglia alle Grotte del Sogno, a San Pellegrino Terme (BG), perché sono state attrezzate con sentieri aerei interni e gallerie illuminate che ne permettono le visite. Sono costituite da tre pozzi paralleli formatisi 60 milioni di anni fa e lungo il percorso si possono ammirare innumerevoli esemplari di sagome scultoree e
di concrezioni dai colori e forme singolari, oltre che di stalattiti e stalagmiti, formatesi con il passare dei secoli. Ma il territorio bergamasco è ricco di altri casi del genere. Ad esempio, le Grotte delle
Liguria, folle di visitatori a Toirano e Borgio Verezzi
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icuramente è nota per il suo mare, ma la Liguria è ricca anche di caverne spettacolari. Prime fra tutte le Grotte di Toirano, che si trovano nell’entroterra di Borghetto Santo Spirito in provincia di Savona. Il complesso carsico è formato da molte cavità di cui due, la Grotta della Bàsura (o Grotta della Strega) e la Grotta di Santa Lucia Inferiore, sono aperte e attrezzate per il pubblico. La prima è un sito archeologico noto a livello mondiale per i numerosissimi resti di Ursus spelaeus, l’orso delle caverne, che la utilizzò come rifugio per il letargo,
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e le molteplici testimonianze dell’ingresso di uomini preistorici durante il Paleolitico superiore. I visitatori affrontano un percorso a senso unico di circa 1.300 metri attraverso le due cavità, con ingresso dalla Bàsura sul versante Nord e uscita dalla Santa Lucia Inferiore sul versante Sud Ovest, attraversando sale con bellissime stalattiti e stalagmiti ma anche splendide colate, fino alla Sala del Pantheon in cui è conservata la concrezione più grande di tutto il percorso, una colonna che raggiunge gli otto metri di altezza.
L’altra grande attrazione turistica del settore sono le Grotte di Borgio Verezzi, sempre in provincia di Savona, dette anche “Valdemino”, classico esempio di fenomeno carsico, generate nel tempo dalla lenta erosione dell’acqua attraverso la roccia. Il percorso turistico si snoda per circa 800 metri e permette di ammirare ambienti molto vari con concrezioni di ogni forma: dalle cannule, esili e quasi trasparenti, ai drappi, sottili come lenzuoli (ad esempio il “Manto di S. Martino” e l’”Orecchio dell’Elefante”), alle grandi colonne che sembrano sostenere la volta fino alle stalattiti eccentriche, che sfidano la forza di gravità sviluppandosi in tutte le direzioni. Grazie poi alla presenza di svariati minerali, non mancano straordinari colori: dal bianco puro del carbonato di calcio al rosso-brunito, dal giallo al grigio. È visitabile anche la Caverna delle Arene Candide, un importante sito archeologico situato a Finale Ligure (SV). Si accede dall’alto, con un percorso che implica circa 30 minuti a piedi, a questa caverna che deve il suo nome a una duna costiera di sabbia (arena) bianca (candida)
che era presente ai piedi delle falesie che compongono il versante occidentale del promontorio della Caprazoppa, in cui apre la grotta. La località ha fama internazionale per il rinvenimento dei resti di ben 19 sepolture paleolitiche che ne fanno uno dei più consistenti complessi funerari paleolitici del mondo e quelli di gran lunga meglio conservati. Da segnalare anche la Grotta degli Olmi a Cairo Montenotte (SV), nella Riserva naturalistica dell’Adelasia, a cui si arriva in circa un’ora di cammino percorrendo un sentiero che parte da quota 400 metri dalla Cascina Caramellina ed è adatta agli esperti speleologi. E la Grotta Pollera, raggiungibile a piedi percorrendo un sentiero sulla pendice orientale della valle di Pianmarino verso Montesordo (SV), a circa 300 metri di altitudine. I materiali qui ritrovati, tra cui diversi vasi in ceramica, le tipiche tazze con ansa a forma di ascia delle fasi iniziali della media età del Bronzo e grandi contenitori decorati con cordoni che venivano utilizzati per la conservazione di derrate, oggi sono custoditi in diversi musei italiani. Concludiamo con un paio di grotte
Meraviglie di Zogno, tra le prime grotte turistiche d’Italia, che presentano due accessi: quello superiore, il “Büs de la Marta” in località Ravagnì, che consente la discesa lungo i pozzi verticali; e quello inferiore che propone
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marine. La più nota è sicuramente la Grotta di Bergeggi (SV), formata da due ampie cavità scavate dalla forza del mare. La prima di queste (lunga circa 30 m di lunghezza e larga 25 m, con un’altezza di 15 m) comunica con una seconda cavità, contenente numerose stalattiti e stalagmiti, lunga circa 200 metri e al cui interno si trova un piccolo lago. L’altra è la Grotta Byron, situata in una piccola insenatura a Portovenere (SP), sormontata dalla chiesa di San Pietro e dalle mura del Castello di Portovenere. La cavità marina ha una profondità minima di cinque metri e una massima di venti lungo il fianco. Il nome da dove arriva? Chiaramente dal poeta inglese Lord George Gordon Byron che in questo luogo traeva ispirazione e meditazione per le sue opere letterarie.
una comoda via di accesso alle grotte, lungo una galleria artificiale in leggera salita lunga 73 metri, scavata nella roccia. Sopra Zogno si trova la Buca di Costa Cavallina e di Andrea, nota come il “Büs di tri’ fradèi” (“Buco dei tre fratelli”) per i reperti di sepolture umane e dove sono stati ritrovati sette scheletri d’orso delle caverne. Di rilievo sono le grotte della Valle Imagna, di cui alcune visitabili guidati da esperti speleologi. A cominciare dalla Grotta Europa, a Bedulita, che nasconde cannule, drappi, colonne e stalagmiti, enormi colate che scendono dal soffitto, una cascata perenne e un piccolo lago fossile. A Sant’Omobono Terme c’è la Grotta Val D’Adda, a Ubiale Clanezzo il Büs di Cornei, una delle più antiche, e a Rota d’Imagna la Tomba dei Polacchi, probabile luogo di culto preistorico, che si snoda
in orizzontale per ben 4 km. A Entratico, infine, si trova la Buca del Corno, nella riserva naturale della Valle del Freddo, che si sviluppa per circa 500 metri, con un dislivello in ascesa di circa 40 metri: passerelle, scalette e illuminazione artificiale permettono di accedervi ai visitatori di ogni età senza aver bisogno di alcuna attrezzatura specifica. E’ circondata da un parco attrezzato di 6mila metri quadri, raggiungibile a piedi lungo il sentiero della “Pendesa” o in auto lungo la stradina asfaltata che collega Entratico a Foresto Sparso. Non è da meno il territorio bresciano. Vi invitiamo a visitare il Cùel Zanzanù, conosciuto anche come Covolo del Martelletto, a Valvestino, raggiungibile solo a piedi salendo lungo un tracciato di circa due chilometri che parte dal greto del torrente Droanello. Il nome? Viene da Zanzanù,
soprannome di un bandito del 1600, Giovanni Beatrice, che scappando trovò rifugio nella grotta. Il Cùel presenta anfratti su due livelli e una volta alta 15 metri che forma un arco di 50 metri. Importante anche il Monumento naturale regionale del Buco del
Piemonte, dalle cavità murate a quelle più colorate d’Italia
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er trovare il luogo più significativo della regione, bisogna andare in provincia di Cuneo a Frabosa Soprana, dove è stata istituita la riserva naturale delle Grotte di Bossea, un insieme di grotte carsiche, accessibili ai turisti fin dal 1874. Situate a 836 metri di quota, fra la Conca di Prato Nevoso e il torrente Corsaglia, presentano un itinerario di circa 3 km tra andata e ritorno in un’atmosfera fiabesca, tra ambienti diversificati, quali torrenti e laghi sotterranei, macigni ciclopici, colonne stalagmitiche, stalattiti, pareti a strapiombo e concrezioni calcaree. Dai resti trovati sembra che furono frequentate dagli orsi tra gli 80.000 e i 12.000 anni fa e su alcune pareti si possono notare i segni di profonde unghiate: nella “Sala dell’Orso” è visibile al pubblico una ricostruzione scheletrica. Lì vicino, a Frabosa Sottana, ci sono, invece, le Grotte del Caudano, scoperte nel dicembre 1898 durante la costruzione del serbatoio per l’acquedotto di una centrale idroelettrica. Sono tra le più estese d’Italia e le più ricche di stalattiti e stalagmiti e sono visitabili su prenotazione. Ma tutto il Cuneese è ricco di questi fenomeni. E singolare è la Balma del Messere, una caverna naturale ai piedi di una parete rocciosa a Ormea, una delle più belle testimonianze di cavità murate di tutto l’arco alpino. Altrettanto caratteristica è la Grotta dei Dossi a Villanova Mondovì, tra le più colorate d’Italia. Scoperta nel 1797, si sviluppa per 910 metri su un dislivello di 21 metri ed è formata da tanti corridoi e sale ricche di colori e sfumature grazie alla presenza di minerali
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Frate a Prevalle raggiungibile attraverso i due sentieri che portano al Monte Budellone. Presenta due imbocchi che portano al duomo centrale. Sempre ai briganti dobbiamo fare riferimento per l’origine del nome: c’era, infatti, una banda che era solita assalire
i viandanti travestita da frati e che in quella grotta si nascondeva. Ci spostiamo nel Comasco dove troviamo due interessanti località. Innanzitutto la Grotta dell’Orso a San Fedele Intelvi, sulle pendici italiane del monte Generoso. Qui sono stati trovati i resti di orso delle caverne, animale estintosi circa 18.000 anni fa che poteva raggiungere il peso di 1.000 chilogrammi, ma anche di lupo, di cervo e di vari piccoli mammiferi. La grotta è lunga una settantina di metri con uno stretto imbocco e un ambiente interno ben più vasto, diviso in due parti. Ritrovamenti tra il 1998 e il 2002 hanno dimostrato che fu frequentato, sia pur saltuariamente, perfino dall’Uomo di Neandertal, a partire da 60.000 anni fa. Poi ci sono le famose sette Grotte di Rescia, a Claino con Osteno, sulla sponda italiana del Lago di Lugano,
Toscana, dove le stalattiti si accompagnano alle terme
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meta dei turisti europei già nel Settecento. Visitabili anche dai più piccoli, in un percorso di circa 500 metri con 14 pannelli didattici, permettono di scoprire gli stati di crescita di una grotta in un percorso didattico che, tra stalattiti, stalagmiti, colonne e pisoliti, racconta storia, formazione geologica e tipi di concrezioni presenti. Insieme alle grotte si può visitare l’orrido di Santa Giulia con la sua cascata alta una settantina di metri. Concludiamo la parte lombarda con la Grotta Remeron, a Comerio (VA), anch’essa accessibile a tutti partendo dalla ex Colonia Elioterapica Marisa Rossi di Barasso. Una camminata di meno di un’ora nel cuore della terra fino a 50 metri di profondità alla scoperta di concrezioni naturali, stalattiti in formazione e due specchi d’acqua, il lago Bertarelli e il lago Binda; un percorso ad hoc è riservato agli speleologi.
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uniti con l’argilla come lo zinco, il ferro, il rame, il nichel, il piombo e il manganese. Un po’ più a nord, a Crissolo (CN), è la Grotta di Rio Martino, a 1.530 m. sulle pendici della Rocca Grane. Il ramo inferiore, visitabile nei mesi estivi, è lungo 530 metri e si chiude con la cascata del Pissai alta più di 40 metri. Sopra la cascata si sviluppa il “ramo superiore” contornato da sale, pozzi e gallerie adatto ai più esperti. Passiamo in provincia di Torino, a Mezzenile, dove si trovano le Grotte di Pugnetto, un insieme di cavità naturali situate a poca distanza l’una dall’altra. La più frequentata dagli speleologi è la Borna Grande o Borna Maggiore che si sviluppa su più livelli: il ramo principale, detto ramo della Fontana, arriva a 765 metri di lunghezza e possiede una sola rilevante ramificazione, il ramo della Madonna, così chiamato per la presenza nella sua parte terminale di una piccola statua della Madonna. Su questi due rami, entrambi visitabili, si aprono diverse ampie sale, il cui pavimento è punteggiato da grossi blocchi di pietra caduti dalla volta.
E concludiamo il nostro giro piemontese con una delle grotte più note, anche se interdetta al pubblico: la Ciota Ciara (“grotta chiara”), sulle pendici del Monte Fenera, a
a più visitata tra le caverne toscane è probabilmente la Grotta del Vento a Fabbriche di Vergemoli (LU). Situata nella catena montuosa delle Alpi Apuane, ai piedi del monte Pania Secca, nella frazione di Fornovolasco, è lunga circa 4.500 metri e ha un dislivello complessivo di circa 120 metri. Il suo nome la dice lunga visto che all’ingresso, a circa 640 metri, è stata registrata un velocità del vento superiore ai 40 km/h. La grotta propone tre percorsi turistici guidati, della durata di una, due e tre ore, attrezzati con sentieri in cemento, corrimano e impianto elettrico, e due itinerari avventura adatti solo a chi non soffre di vertigini, visto che percorrono
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Borgosesia (VC). Qui sono state ritrovate le uniche testimonianze dell’uomo di Neandertal in Piemonte e i resti di mammiferi del Pleistocene, come diversi tipi di orsi.
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un grande camino attrezzato solo con scale a pioli e corde di sicurezza, da cui si scende con un’avvincente calata nel vuoto. Sempre sulle Alpi Apuane, a Fivizzano (MS) in Lunigiana, ci sono le Grotte di Equi che si sviluppano per circa 1.000 metri e si dividono in tre parti. Una di queste, la Buca, visitabile per un tratto di 500 metri, in un labirinto di sale, gallerie, cunicoli con concrezioni fossili, permette di salire fino a un’apertura a terrazzo, a strapiombo sulla parete spaccata della montagna, dove nidificano varie specie di uccelli, tra cui l’aquila reale. Da queste parti, a Stazzema (LU), c’è anche l’Antro del Corchia, un vasto sistema di grotte di cavità di origine carsica con oltre 20 ingressi dislocati lungo tutta la montagna e una estensione superiore agli 80 km. Il percorso turistico si snoda per circa due chilometri, passando per alcuni dei luoghi più suggestivi della grotta, tra cui la bellissima Galleria delle Stalattiti e
saloni alti decine di metri. Poco più a sud, ad Agnano frazione di San Giuliano Terme (PI), si trova la Grotta del Leone che deve il suo nome a una formazione stalagmitica la cui forma ricorda quella di un leone: è formata da un ampio salone di crollo che scende verso est dove è presente un piccolo lago. In base ai reperti trovati, probabilmente era giù usata da gruppi di cacciatori tra i 18mila e 15mila anni fa. A Montecatini Terme (PT) si può visitare la Grotta Maona, profonda 20 metri e lunga 200 metri che propone un itinerario con guide della durata di circa 20 minuti per ammirare numerose formazioni di “cascate” di stalattiti e stalagmiti. Lì vicino, a Monsummano Terme (PT), si trova la Grotta Giusti, definita dal maestro Giuseppe Verdi “l’ottava meraviglia del mondo”, la grotta termale più grande d’Europa e meta privilegiata di celebrità e autorità. Collocata nel noto omonimo resort, è un vero e proprio bagno turco naturale che si estende per oltre duecento metri nel sottosuolo, suddiviso in tre aree denominate Paradiso, Purgatorio e Inferno, con temperature che vanno dai 28° ai 34°C. Il vapore emanato è benefico e terapeutico, mentre l’ambiente è ricco di stalattiti e stalagmiti, di labirinti sotterranei con antri spaziosi per abbandonarsi al benessere più totale. Concludiamo il nostro tour con la Grotta del Sassocolato a Castell’Azzara, il comune più elevato di tutta la provincia di Grosseto: la meta ideale per gli appassionati di escursioni, che potranno visitare questa bellissima grotta accompagnati da guide speleologiche. Una delle peculiarità di questa grotta è la presenza di una numerosa colonia di chirotteri (pipistrelli di 12 specie diverse) che, nel periodo estivo, raggiunge fino a 2.500 esemplari.