TURISMO 2021 In vacanza nel Paese più bello del mondo
TURISMO 2021
Un Patrimonio unico al mondo I siti tutelati dall’Unesco
In vacanza nel Paese più bello del mondo
Firenze, Piazza della Signoria
P
roseguiamo il nostro viaggio nel Patrimonio Unesco presente nei territori coperti dai nostri giornali, una ricchezza culturale e naturale unica al mondo. Oggi vi proponiamo le bellezze della Toscana che offre opere d’arte e architetture uniche al
mondo, ma anche piccoli borghi dove il tempo sembra essersi fermato, tra dolci colline e filari di cipressi. I luoghi di questa regione inseriti nella lista dei siti dichiarati Patrimonio dell’Umanità da parte dell’Unesco sono ben sette e davvero possono definirsi unici al mondo.
Toscana: centri storici, piazze e ville indimenticabili e la pace della Val d’Orcia Pisa, Piazza dei Miracoli
Il Centro storico di Firenze Non potevamo che partire da quello che è il fulcro dell’identità culturale toscana e culla del Rinascimento: Firenze e il suo Centro storico che offre una grandiosità di opere uniche al mondo come la Cattedrale di Santa Maria del Fiore, la Chiesa di Santa Croce, la Galleria degli Uffizi, Palazzo Pitti… e opere di artisti come Giotto, Masaccio, Donatello, Brunelleschi, Botticelli, Michelangelo e Leonardo da Vinci. L’insieme urbano di Firenze, che rappresenta la più forte concentrazione di opere d’arte conosciute in tutto il mondo, è di per sé una realizzazione artistica unica, un capolavoro assoluto, frutto di una continua creazione durata sei secoli che include musei, chiese, edifici e opere d’arte di incommensurabile valore che hanno avuto influenza sullo sviluppo dell’architettura e delle belle arti sia in Italia che in Europa. Firenze, infatti, che vanta origini etrusche, è diventata, durante il primo periodo mediceo (tra il XV e il XVI secolo), simbolo della rivoluzione rinascimentale, raggiungendo livelli di sviluppo economico e culturale straordinari. L’attuale Centro storico, che rappresenta la più forte concentrazione di opere d’arte conosciute in tutto il mondo, si estende su 505 ettari ed è delimitato da ciò che resta delle mura cittadine del XIV secolo. Tali mura sono caratterizzate da porte, torri, e dalle due fortezze medicee tuttora esistenti: quella di San Giovanni Battista, a nord, detta “da Basso”, e il Forte di San Giorgio a Belvedere situato tra le colline del versante sud. Il fiume Arno scorre da est a ovest, attraversando la città, e una serie di ponti, tra cui Ponte Vecchio e Ponte Santa Trinita, collegano le sue due sponde. Siena, Piazza del Campo
Ci sono talmente tanti monumenti straordinari che diventa difficile anche indicare quali “non perdere”. Ve ne segnaliamo solo tre. La Cattedrale di Santa Maria del Fiore che vanta il primato di avere la più grande cupola in muratura mai costruita, quella del Brunelleschi, successivamente affrescata da Giorgio Vasari e Federico Zuccari: nel Quattrocento era la più grande chiesa del mondo, ed oggi è la terza più grande d’Europa. Poi la Basilica di Santa Croce, il luogo di sepoltura dei più grandi e potenti personaggi di Firenze tra i quali Machiavelli, Michelangelo e Galileo Galilei. Santa Croce è il Pantheon di Firenze che ospita un immenso patrimonio artistico, come gli affreschi di Taddeo Gaddi nella cappella maggiore che raccontano la storia della Santa Croce, e i bellissimi affreschi di Giotto nelle cappelle dei Bardi e dei Peruzzi che illustrano le scene della vita di
San Francesco e di San Giovanni Evangelista, mentre l’Annunciazione di Donatello arricchisce la navata destra della basilica. Infine la Galleria degli Uffizi, riaperta recentemente, che custodisce inestimabili opere d’arte, dalla Primavera alla Nascita della Venere di Botticelli, dall’Annunciazione di Leonardo da Vinci al Tondo Doni di Michelangelo..., oltre che a statue, gioielli, carte geografiche, armi, strumenti scientifici, manoscritti e ceramiche di valore inestimabile.
La Piazza del Duomo di Pisa Dici Pisa e immediatamente pensi alla sua Torre pendente, simbolo della città e conosciuta in tutto il mondo. Ma quella è solo una parte di quel gioiello che è l’intera Piazza del Duomo
che celebra nei suoi monumenti lo splendore dello stile Romanico Pisano. I quattro edifici, capolavori dell’architettura medievale, che qui si affacciano, il Duomo, la Torre Campanaria, il Battistero e il Camposanto, sono di una bellezza che lasciano gli spettatori senza fiato e furono costruiti tra l’XI e il XIV secolo l’uno vicino all’altro, in modo da costituire un unico complesso monumentale. Nonostante sia la singolare pendenza della Torre (dovuta a un cedimento del terreno riscontrato già ai tempi della sua costruzione, iniziata nel 1277) ad attrarre e incuriosire milioni di visitatori, questa piazza dal candido splendore suscita da secoli uno stupore e un’ammirazione tale da meritarsi l’appellativo di “Piazza dei Miracoli”, coniato da Gabriele d’Annunzio nel suo romanzo “Forse che sì, forse che no” del 1910. Maestosi all’esterno, questi monumenti custodiscono capolavori anche al loro interno, come il meraviglioso pergamo degli inizi del XIV secolo, opera di Giovanni Pisano, considerato uno dei capolavori della scultura gotica italiana che si trova sotto la cupola del Duomo; oppure il magnifico pulpito che si trova nel Battistero, realizzato nel 1260 da Nicola Pisano e i cui bassorilievi raccontano la vita di Gesù partendo dalla nascita, passando per la crocifissione fino al Giudizio Finale; oppure ancora gli affreschi del Camposanto, che videro, tra i suoi autori, Buonamico Buffalmacco, Andrea Bonaiuti, Taddeo Gaddi, Piero di Puccio e Benozzo Gozzoli. Una curiosità. Sul muro esterno della Cattedrale, nel lato rivolto verso il Camposanto, si possono vedere dei graffi nella pietra: la leggenda racconta che siano delle impronte che il diavolo avrebbe lasciato nel tentativo di fermare la costruzione della Cattedrale.
Il Centro storico di Siena Il ben noto Palio delle contrade l’ha fatta conoscere ovunque, ma Siena è altrettanto famosa perché esempio di architettura gotica e medievale unico al mondo, un capolavoro di inventiva, dove gli edifici sono stati disegnati per adattarsi al tessuto urbano e formare un tutto con il paesaggio circostante. La città toscana si sviluppa su tre colli collegati da tre strade principali a forma di Y, che si incrociano in una valle poi divenuta Piazza del Campo. Le mura fortificate, lunghe sette chilometri, circondano tuttora un sito di 170 ettari. Doppie porte difensive si aprono in punti strategici, come la Porta Camollia sulla strada per Firenze. Verso ovest le mura comprendono il forte di Santa Barbara, ricostruito dai Medici nel 1560 e ultimato nel 1580. All’interno delle mura sopravvivono torri, palazzi, chiese e altri edifici religiosi. Degne di nota sono anche le fontane, tuttora alimentate da una vasta rete di canali originali chiamati “bottini”. Qui si trovano testimonianze di uno stile introvabile altrove. A partire dalla celebre Piazza del Campo con la sua forma a conchiglia, dove si
Villa medicea di Poggio a Caiano
Il Giardino di Boboli a Firenze
trova la nota Fonte Gaia, una vasca rettangolare creata da Jacopo della Quercia, e su cui svettano la Torre del Mangia e Palazzo Pubblico, dove si possono ammirare capolavori come la “Maestà” di Simone Martini e gli “Effetti del Buono e del Cattivo Governo” di Ambrogio Lorenzetti, mentre al primo piano è ospitato il Museo civico, che conserva celebri opere di Duccio di Buoninse-
chio Testamento” ad opera di Bartolo di Fredi, insigni esempi di arte medievale, e un paio di statue lignee di Jacopo della Quercia, raffiguranti l’Angelo Annunziante e la Vergine Annunziata. Ma anche la Pinacoteca, custodita nel prezioso Palazzo Comunale, che raccoglie le opere di artisti del calibro di Pinturicchio, Benozzo Gozzoli e Filippino Lippi.
struito per collegare le due porte principali delle mura medievali, che furono anche ricostruite nello stesso periodo. Il progetto di Pio II di sviluppare la città come la sua residenza estiva comportò la costruzione o ristrutturazione di circa 40 edifici, pubblici e privati, e contribuì a trasformare il borgo medievale in un esempio del Rinascimento italiano.
Ville e Giardini medicei in Toscana
San Gimignano
gna, Sodoma e Beccafumi. E poi il Duomo, caratterizzato all’interno dalla bicromia nera e bianca, i colori dello stemma della città, che custodisce capolavori come il pulpito di Nicola Pisano e le quattro sculture di Michelangelo, all’altare Piccolomini, di Sant’Agostino, San Pietro, San Gregorio e San Paolo; per non dire di quella che probabilmente è l’opera più straordinaria custodita all’interno della Cattedrale, il pavimento a commessi marmorei, e della Libreria Piccolomini, subito dopo l’altare, con pareti e soffitto affrescati dal Pinturicchio. E per finire, Santa Maria della Scala, proprio davanti al Duomo, il più antico ospedale al mondo oggi sede museale.
Il Centro storico di San Gimignano Qualcuno l’ha chiamata la “Manhattan del Medioevo”. E certo il centro storico di San Gimignano, con le sue 14 torri, offre alla cittadina nel cuore delle Crete senesi un profilo davvero unico che richiama quello newyorchese. Pensate che un tempo le case-torri (alcune delle quali alte fino a 40 m) erano addirittura 72, ed erano state fatte erigere fra l’XI e la metà del XIII secolo dalle famiglie aristocratiche e dell’alta borghesia mercantile che controllavano la città come simbolo della loro ricchezza e del loro potere. Ma il centro storico di San Gimignano, che ha preservato intatta la sua atmosfera e il suo assetto di comune medievale, è appunto un sito culturale di valore eccezionale, per la sua omogeneità architettonica e la sua originale disposizione urbana e ha preservato la sua autenticità grazie alla rigida applicazione dei principi del restauro. Infatti, gli interventi su monumenti e edifici, per i quali vengono usati solo materiali e tecniche tradizionali, rispettano le principali caratteristiche del patrimonio culturale, dell’architettura, della storia e dell’arte. Inoltre, San Gimignano, che era una delle tappe fondamentali dell’antica Via Francigena, offre anche altre straordinarie bellezze. Come lo splendido Duomo, con le “Storie del Nuovo Testamento”, affreschi attribuiti alla Scuola di Simone Martini, e le “Storie del Vec-
Il Centro storico di Pienza È il primo esempio di quella che nel Rinascimento veniva definita come la città ideale. Pienza, situata sulla sommità di un colle dominante la Val d’Orcia, subì una vera e propria rivoluzione architettonica nel tardo XV secolo grazie a Papa Pio II, quell’Enea Silvio Piccolomini, che qui era nato e che era stato un importante umanista prima di salire al soglio pontificio. Fu lui a incaricare Bernardo Rossellino di trasformare l’aspetto del proprio borgo natio. E Rossellino applicò i principi del suo maestro, Leon Battista Alberti, filosofo e architetto umanista, autore del primo trattato sull’architettura del Rinascimento. Così vide la luce la splendida piazza trapezoidale, nota come Piazza Pio II, con la costruzione di importanti nuovi edifici intorno alla piazza: incluse la cattedrale, il Palazzo Piccolomini, il Palazzo Borgia (o Palazzo Episcopale), il Presbiterio, il Municipio e il Palazzo Ammannati. Pur conservando in buona parte il piano urbanistico medievale, un nuovo asse stradale, Corso Rossellino, fu coLa cattedrale di Pienza
Ma la Toscana è ricca non solo di palazzi cittadini. I Medici, tra il XV e il XVII secolo, si fecero costruire o ristrutturarono ville e giardini, luoghi di pace e di divertimento, dedicati al tempo libero, alle arti e alla conoscenza, che ancora oggi possiamo ammirare. In totale sono 14 siti, tra ville e giardini, ad essere stati dichiarati nel 2013 Patrimonio Unesco: Villa di Careggi, Villa di Castello, Villa di Poggio Imperiale e Villa La Petraia a Firenze, Giardino di Boboli a Firenze e Giardino di Pratolino a Vaglia, Villa medicea di Fiesole, Villa di Cafaggiolo a Barberino di Mugello, Villa di Poggio a Caiano, e ancora la Villa del Trebbio a Scarperia e San Piero, Villa di Cerreto Guidi, Palazzo di Seravezza, Villa La Magia a Quarrata e Villa di Artimino a Carmignano. Le ville manifestano innovazione nella forma e nella funzione, rappresentano un nuovo tipo di residenza principesca differente sia dalle fattorie di proprietà di ricchi fiorentini del periodo sia dai castelli, emblema del potere signorile. Le ville medicee costituiscono il primo esempio di connessione tra habitat, giardini e ambiente, un riferimento costante per le residenze principesche in Italia e in Europa. I loro giardini e l’integrazione nell’ambiente naturale
hanno contribuito allo sviluppo di una sensibilità estetica rispetto al paesaggio caratteristica dell’Umanesimo e del Rinascimento. Tra questi, va assolutamente visto il Giardino di Boboli che affianca Palazzo Pitti e connette anche il Forte di Belvedere, uno dei più importanti esempi di giardino all’italiana al mondo e un vero e proprio museo all’aperto. Da rilevare la statua dell’Abbondanza, la Kaffeehaus, gioiello rococò voluto dai Lorena da cui si gode una vista mozzafiato sulla città, e la grande vasca dell’Isola delle Delizie dove tramite la Fontana dell’Oceano del Giambologna si innalza il gruppo scultoreo del Nettuno, circondato dalle divinità fluviali del mondo. Tra gli edifici segnaliamo la Villa medicea di Poggio a Caiano progettata da Giuliano da Sangallo per incarico di Lorenzo il Magnifico, dove, nell’Ottocento, soggiornò Elisa Baciocchi, sorella di Napoleone Bonaparte, e che, quando Firenze divenne capitale del Regno d’Italia, fu residenza di campagna dei Savoia.
Val d’Orcia Chi ha attraversato queste terre, non se le dimentica più. Sono le colline e le “crete”, incisioni vallive poco accentuate, della Val d’Orcia che comprende i centri storici e gran parte del territorio dei comuni di Castiglione d’Orcia, Montalcino, Pienza, Radicofani e San Quirico d’Orcia attraversati dalla Via Francigena che portava i pellegrini a Roma. La Val d’Orcia è un eccezionale esempio del ridisegno del paesaggio nel Rinascimento, che illustra gli ideali di buon governo nei secoli XIV e XV della città-stato italiana e la ricerca estetica che ne ha guidato la concezione. Il paesaggio della Val d’Orcia è stato celebrato dai pittori Panorama sulla Val d’Orcia
della Scuola Senese che fiorì nel periodo rinascimentale e le sue immagini, in particolare le rappresentazioni dei paesaggi in cui le persone sono raffigurate mentre vivono in armonia con la natura, sono diventate un’icona del Rinascimento che ha influenzato profondamente il pensiero sul paesaggio. Tante le località e i monumenti da visitare. Tra questi, consigliamo una visita a Bagno Vignoni e alla sua Piazza delle Sorgenti occupata da una grande vasca medievale dove l’acqua sgorga dalla sorgente termale creando un’atmosfera fiabesca che ha stupito i viaggiatori di ogni tempo; a San Quirico d’Orcia per visitare la collegiata dei Santi Quirico e Giulitta e la Chiesetta della Madonna di Vitaleta tanto amata dai fotografi; all’isolata e bellissima Abbazia di Sant’Antimo, circondata da alberi d’olivo secolari e campi di grano; e alla ben nota Montalcino, per ammirare la sua fortezza del XIV secolo e, perché no, gustare un calice del suo prelibato Brunello. Per ulteriori informazioni visitare il sito ufficiale: www.toscanapatrimoniomondiale.it
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Un Patrimonio unico al mondo I siti tutelati dall’Unesco
In vacanza nel Paese più bello del mondo Firenze, Piazza della Signoria
L’Arte rupestre della Valle Camonica In Valle Camonica si ha la possibilità di immergersi nella preistoria. Questo grazie alle incisioni rupestri che, dal 1979, primo sito italiano, hanno ottenuto il riconoscimento di Patrimonio dell’Unesco. Si tratta di un immenso giacimento di arte e cultura, una delle più grandi collezioni di incisioni rupestri al mondo, in un sito non ancora completamente esplorato che si estende su di un’area di 70 km². Quasi 200mila simboli e figure intagliati nella roccia lungo un periodo di circa 8.000 anni, fino all’età del ferro (I millennio a.C.) che descrivono temi collegati all’agricoltura, alla navigazione, alla guerra, alla caccia, alla magia, ma rappresentano anche figure geometriche simboliche. Sembra che la loro funzione fosse riconducibile a riti celebrativi, commemorativi, iniziatici o propiziatori che si tenevano in occasioni particolari, singole o ricorrenti. Questi “disegni” sono segnalati su circa 2.000 rocce in oltre 180 località comprese in 24 comuni, con una particolare concentrazione nelle municipalità di Capo di Ponte, Ceto (Nadro), Cimbergo e Paspardo, Sonico, Sellero, Darfo Boario Terme, Ossimo, dove esistono 8 parchi attrezzati per la visita e un museo nazionale della preistoria. E’ tra queste incisioni che si possono trovare numerosi esemplari di “Rosa Camuna”, che è poi diventata il simbolo ufficiale della Regione Lombardia.
C
oncludiamo il nostro viaggio nel Patrimonio Unesco presente nei territori coperti dai nostri giornali con la Lombardia. E’ la regione italiana con il maggior numero di siti tutelati, addirittura dieci, tra cui il primo in assoluto che ha ottenuto questo riconoscimento: l’Arte rupestre della Valle Camonica.
Inoltre, a questi siti si aggiungono tre patrimoni immateriali (la liuteria cremonese, l’arte dei muretti a secco in Valtellina, la transumanza alpina), tre Mab (le riserve della biosfere Valle del Ticino, Valle CamonicaAlto Sebino e Po Grande) e 2 città creative (Milano per la Letteratura e Bergamo per la Gastronomia).
Lombardia: dal Triassico alla preistoria, da Leonardo al Trenino Rosso del Bernina L’Ultima Cena di Leonardo da Vinci (Milano)
La chiesa e il convento domenicano di Santa Maria delle Grazie e il Cenacolo vinciano Siamo tra il 1495 e il 1497 quando Ludovico il Moro commissiona a Leonardo da Vinci una delle rappresentazioni più classiche dell’iconografia cristiana: l’Ultima Cena. E quel genio ne fece un capolavoro, ma delicato. Un capolavoro perché segna una svolta nella pittura mutando la classica interpretazione della composizione e rappresentando Gesù in mezzo ai dodici apostoli subito dopo il suo annuncio che qualcuno di loro lo tradirà. Leonardo si concentra sull’effetto che le parole di Gesù provocano sugli apostoli, sulla loro reazione e per dipingere pensieri ed emozioni utilizza i gesti e gli atteggiamenti. La novità e l’originalità della rappresentazione risiedono dunque nella descrizione pittorica della reazione che ciascuno degli apostoli ha alle parole di Gesù, oltre allo straordinario uso
della luce e della prospettiva. Un capolavoro sì, ma, come detto, delicato. Perché Leonardo scelse di utilizzare una tecnica di pittura diversa da quella dell’affresco tradizionale: su un doppio strato di intonaco, Leonardo applicò sul muro a secco la tempera mescolata all’olio, un modo di procedere che permise all’artista di ottenere qualità di chiaroscuri più raffinati e di ritoccare e modificare l’opera giorno dopo giorno in base a ripensamenti successivi. Tuttavia, proprio per tale ragione, l’affresco risultò molto più vulnerabile ai danni del tempo e negli anni si è dovuti intervenire con diversi restauri. L’opera si trova nel Refettorio del Convento domenicano di Santa Maria delle Grazie a Milano: anche la chiesa fa parte del Patrimonio dell’Unesco.
foro Benigno Crespi per ospitare gli operai della sua fabbrica tessile e la sua configurazione finale fu sviluppata dal figlio Silvio che aveva studiato il funzionamento dei cotonifici tedeschi e inglesi. Silvio creò una città allo scopo di fornire abitazioni confortevoli e servizi per poter usufruire di una manodopera stabile e prevenire il conflitto industriale. Completata alla fine degli anni ‘20, la città offriva ai dipendenti un elevato standard di vita grazie ad abitazioni multi-familiari (ognuna con un giardino) e servizi comunitari molto avanzati per l’epoca, tra cui: servizi igienici e lavanderie pubblici, una clinica, una cooperativa di consumatori, una scuola, un piccolo teatro, un centro sportivo, una casa per il prete locale e una per il dottore, una stazione idroelettrica che forniva gratuitamente elettricità. Erano presenti anche edifici con un valore altamente simbolico, come la chiesa e il castello (residenza della famiglia Crespi), un nuovo complesso per uffici e case per i responsabili delle fabbriche situate a sud di quelle degli operai.
Villaggio operaio di Crespi d’Adda
Incisioni rupestri in Val Camonica
Villaggio operaio di Crespi d’Adda “La città ideale del lavoro”. È quello che voleva essere il Villaggio operaio di Crespi d’Adda sito nel comune di Capriate San Gervasio (Bg) e realizzato a cavallo tra Ottocento e Novecento dalla famiglia Crespi. Racchiuso tra i fiumi Adda e Brembo e le Prealpi, questo villaggio voleva ricalcare un fenomeno sviluppatosi in Europa e Nord America in quegli anni, espressione della filosofia prevalente di industriali illuminati nei confronti dei loro dipendenti: accanto alla propria azienda veniva realizzata “la città ideale del lavoro” in cui architettura, urbanistica, socialità e vita privata erano disciplinate in funzione del lavoro e della fabbrica. Il villaggio fu fondato da Cristo-
I Sacri Monti di Piemonte e Lombardia È un Patrimonio condiviso tra Piemonte e Lombardia di cui già abbiamo parlato due numeri fa. Si tratta di sette Sacri Monti piemontesi, Varallo, Crea, Orta, Oropa, Ghiffa, Domodossola e Valperga, e due lombardi, Varese e Ossuccio, tutti costituiti da distinti complessi di cappelle e architetture sacre del XVI e XVII secolo. Nacquero come luoghi di preghiera in Europa in alternativa alla Terra Santa, in cui per i pellegrini era sempre più difficile arrivare a causa dell’espansione della cultura islamica, e come risposta alla Riforma Protestante. I Sacri Monti lombardi sono entrambi dedicati ai Misteri del Rosario. Quello di Varese
si sviluppa lungo il caratteristico acciottolato delle pendici del Monte Velate: le cappelle furono edificate fra il 1604 e il 1698 e videro la partecipazione di importanti artisti lombardi, dal Morazzone a Francesco Silva, dai fratelli Recchi a Stefano Maria Legnani detto il Legnanino. Particolarmente famosa è la cappella della Natività perché, sulla parete esterna, nel 1983 Renato Guttuso vi dipinse una versione contemporanea della Fuga in Egitto. Il Sacro Monte di Ossuccio si affaccia, invece, sulla sponda occidentale del Lago di Como: da qui si gode uno splendido panorama del Lario, dei monti e dell’isola Comacina. Nelle 14 cappelle del percorso (la 15a è il santuario dedicato alla Beata Vergine Maria del Soccorso), in stile barocco, sono presenti 230 statue in stucco e terracotta, a grandezza naturale, plasmate in gran parte da Agostino Silva. I costumi delle statue riproducono fedelmente l’abbigliamento signorile e popolare degli abitanti della zona in quel tempo.
Trenino Rosso del Bernina. La Ferrovia Retica nel passaggio dell’Albula e del Bernina Che sia estate o che sia inverno, il viaggio che propone il cosiddetto “Trenino Rosso del Bernina” è sempre entusiasmante e spettacolare. La Ferrovia Retica, Patrimonio dell’Umanità dal 2008, collega l’Italia alla Svizzera, tra Tirano in Valtellina e Saint Moritz in Engadina, superando l’impegnativa salita del passo del Bernina a 2.256 metri di quota: la linea comprende 13 gallerie coperte e tunnel e 52 viadotti e ponti. Realizzata per mezzo di soluzioni tecniche innovative, la Ferrovia Retica è un esempio eccezionale di tecnologia, ingegneria e architettura, un unicum armonico e spettacolare in cui l’intervento umano è riuscito a integrarsi in un paesaggio di alta montagna e ha contribuito a sbloccare l’isolamento delle comunità montane, favorendo la circolazione di idee, culture e persone. Tra i punti più suggestivi della tratta ricordiamo il meraviglioso viadotto elicoidale di Brusio, il lago di Poschiavo e la stessa cittadina con le sue caratteristiche case patrizie e i palazzi storici, il punto panoramico dell’Alp Grüm, a 2.091 m, con vista mozzafiato sulla Valposchiavo e, oltrepassato il Lago Bianco, il valico del Bernina da cui è possibile ammirare l’imponente ghiacciaio del Morteratsch e il gruppo montuoso del Pizzo Bernina, l’unico quattromila delle Alpi centrali.
Mantova e Sabbioneta Rappresentano le due principali forme urbanistiche del Rinascimento: la trasformazione di una città esistente e la città di nuova fondazione, basata sul concetto di città ideale. Parliamo di Mantova e Sabbioneta, esempi concreti della pianificazione territoriale e degli interventi urbanistici intrapresi dai Gonzaga nei loro domini, tra la prima metà del XIV e i primi anni del XVIII secolo. In entrambe le città i Gonzaga intesero realizzare gli ideali di città rinascimentale, ricercando la forma urbanistica perfetta che testimoniasse la grandezza della famiglia e chiamando per la loro costruzione alcuni dei maggiori artisti d’Italia: Leon Battista Alberti, Luca Fancelli, Andrea Mantegna e Giulio Romano a Mantova, Vicenzo Scamozzi e Bernardino Campi a Sabbioneta. Tanti i monumenti e le opere d’arte da visitare in queste due città. A Mantova non perdetevi il Palazzo Ducale che custodisce capolavori come il ciclo di affreschi tardo gotici eseguiti da Pisanello all’inizio del Quattrocento, i di-
pinti barocchi di Pieter Paul Rubens e, soprattutto, la Camera degli Sposi di Andrea Mantegna, sintesi dei principi del Rinascimento; ma andate a vedere anche Palazzo Te, progettato da Giulio Romano, la Basilica di S. Andrea con la tomba del Mantegna e, se avete un po’ di tempo, regalatevi una suggestiva gita in battello sul Mincio. Sabbioneta, invece, con la sua cinta muraria a forma di stella, la pianta a scacchiera delle vie e il ruolo degli spazi pubblici e dei monumenti si può considerare uno dei migliori esempi di città ideale costruita in Europa. Qui merita una visita uno dei gioielli della storia del teatro in Europa: il Teatro Olimpico, o all’Antica, costruito da Vincenzo Scamozzi, primo edificio teatrale realizzato in Italia con fabbrica originale e non come adattamento di sale o interni di palazzi preesistenti.
di Zurigo e il Museo Civico di Storia Naturale di Milano, che conservano molti degli olotipi delle prime nuove specie fossili ivi rinvenute e classificate durante i primi scavi, oltre che al Museo dei fossili di Besano (VA). Siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino Anche di questi abbiamo parlato nelle pagine dedicate al Patrimonio Unesco del Piemonte perché i siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino comprendono ben 111 insediamenti, databili dal 5.000 al 500 a.C., presenti in Svizzera, Austria, Francia, Germania, Italia e Slovenia. Alcuni in Lombardia: sul Lago di Varese, nell’Isola di Virginia, c’è il più antico insediamento palafitticolo dell’arco alpino e si può visitare il museo e passeggiare tra gli scavi del parco, mentre sul Lago di Garda si trova la maggiore concentrazione di palafitte.
Di particolare interesse sono i ritrovamenti paleontologici di Monte San Giorgio, scoperti nella prima metà del XIX secolo. La località è paesaggisticamente molto bella, posta tra il Canton Ticino in Svizzera e la provincia di Varese in Lombardia, e s’affaccia sul Lago di Lugano. Ma il suo pregio sta... sotto. I fossili ritrovati, infatti, costituiscono il più spettacolare complesso di vertebrati marini conosciuto al mondo del Triassico Medio (245-230 milioni di anni fa) e rappresenta la testimonianza di un ambiente di laguna tropicale, abitata da rettili, pesci, bivalvi, ammoniti, echinodermi e crostacei. Poiché la laguna era prossima a terre emerse, il contenuto paleontologico comprende anche organismi terrestri quali rettili, insetti e piante. Il risultato è una serie di associazioni fossilifere di grande ricchezza. La sua scoperta va attribuita all’abate Antonio Stoppani, che è considerato il padre della geologia italiana: infatti fu lui, nel 1863, a portare avanti la prima campagna di scavo paleontologico nella zona. Oggi le collezioni dei reperti fossili sono conservate ed esposte presso diversi musei. Il principale è il Museo dei fossili del Monte San Giorgio a Meride (nella svizzera Mendrisio), ristrutturato e ampliato dall’architetto ticinese Mario Botta, e inaugurato il 13 ottobre 2012, propone una collezione degli eccezionali fossili di rettili (sauri), pesci, invertebrati e piante provenienti dai giacimenti unici a livello mondiale del Monte San Giorgio. Ma altri reperti sono custoditi presso il Museo dell’istituto di paleontologia dell’Università
to. Unico in Italia e in Europa per concezione espositiva e per sede, il Museo è allestito all’interno del monastero di Santa Giulia, inglobato nel più antico monastero benedettino femminile di San Salvatore fatto erigere dall’ultimo re longobardo Desiderio e dalla moglie Ansa nel 753 d.C. su un’area già occupata da domus di età romana. Il percorso di visita si snoda negli spazi monastici aprendosi in luoghi ed edifici particolarmente significativi quali, ad esempio, le domus romane dell’Ortaglia, il Viridarum, la Basilica longobarda di San Salvatore e la sua cripta, l’oratorio romanico di Santa Maria in Solario, il Coro delle Monache, la chiesa cinquecentesca di Santa Giulia e i chiostri di età rinascimentale. Il castrum di Castelseprio comprende i resti di una casaforte, del complesso basilicale di San Giovanni Evangelista e della chiesa di San Bergamo Alta e le sue mura
Monte San Giorgio
Monte San Giorgio a Varese
Sabbioneta, Galleria degli antichi
Resti longobardi presso il Monastero di Santa Giulia a Brescia
Il Sacro Monte di Varese
I longobardi in Italia Il sito seriale “I longobardi in Italia” comprende le più importanti testimonianze monumentali longobarde esistenti sul territorio italiano, dal Friuli all’Umbria fino alla Puglia. In Lombardia troviamo il complesso monastico di San Salvatore-Santa Giulia a Brescia, mentre a Castelseprio (VA) si trova l’area del castrum, trasformato dai Longobardi prima in una stazione commerciale e successivamente in un luogo di preghiera. Il Museo di S. Giulia consente un viaggio attraverso la storia, l’arte e la spiritualità di Brescia dall’età preistorica fino al Settecen-
Paolo. Nella piccola chiesa di Santa Maria foris portas si può ammirare nell’abside un prezioso ciclo pittorico che raffigura le Storie dell’Infanzia di Cristo, ispirate ai Vangeli apocrifi.
Le Mura Veneziane di Bergamo Le Mura Veneziane di Bergamo vennero realizzate tra il 1561 e il 1588: le imponenti fortificazioni venete si estendono per più di 6 km, con un’altezza che in alcuni punti raggiunge i 50 metri, e presentano 4 porte monumentali. Fanno parte del sito seriale transnazionale “Le opere di difesa veneziane tra il XVI e XVII secolo: Stato da Terra – Stato da Mar Occidentale” che è costituito da sei strutture dislocate in Italia, Croazia e Montenegro e si estende per oltre 1.000 km tra la Lombardia e la costa adriatica orientale. La città fortificata di Bergamo rappresenta l’estremità più occidentale del sistema di difesa della Serenissima e le sue fortificazioni si sostituirono ai tratti ancora esistenti delle mura dell’epoca romana. Il perimetro comprende il sistema fortificato veneziano nella sua complessità di mura interne (bastionate) ed esterne, con elementi fortificati come i Forti di San Vigilio e di San Domenico e la Cittadella e la Rocca. L’ingresso più suggestivo è quello a sud, “Porta San Giacomo”. Dalla “Porta San Lorenzo”, posta a nord, passò invece Garibaldi, quando nel 1859 annesse Bergamo al Regno di Sardegna. Città Bassa e Città Alta sono collegate anche da una Funicolare che parte da Viale Vittorio Emanuele, ai piedi delle Mura, e arriva all’inizio della “corsarola”, l’antica arteria che taglia Bergamo Alta fino a Colle Aperto.
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Musei e mostre riaprono
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pazio a mostre, musei, dimore storiche, palazzi… Finalmente si può tornare a scoprire o rivedere le nostre opere d’arte quasi ovunque nei giorni feriali, dal lunedì al venerdì. Nei giorni scorsi sono stati riaperti ai visitatori i luoghi della cultura, alcuni anche
molto simbolici, come gli Uffizi a Firenze o il Duomo di Milano o, ancora, sempre nel capoluogo lombardo, il refettorio del convento adiacente al santuario di Santa Maria delle Grazie dove ammirare l’Ultima Cena di Leonardo da Vinci.
Ma non solo. Eccovi allora alcune proposte di mostre o rassegne che finalmente si possono visitare nelle regioni in cui siamo presenti con i nostri giornali. Si raccomanda di prenotare online (a volte è obbligatorio) per evitare code e inconvenienti.
Le rassegne più importanti che si possono di nuovo visitare Piemonte, da Raffaello al Divisionismo, ma anche tante rassegne fotografiche È
particolarmente ricca l’offerta che i musei piemontesi stanno proponendo. E non solo nel capoluogo. Cominciamo da Novara e da Ivrea. Nelle magnifiche sale del Castello Visconteo Sforzesco di Novara, infatti, è ripartita la mostra “Divisionismo La rivoluzione della luce” che resterà aperta fino al 5 aprile. E’ incentrata sul Divisionismo lombardo-piemontese e affronta i rapporti con il territorio che ne hanno determinato le scelte con opere importanti di Giovanni Segantini, Giuseppe Pellizza da Volpedo e Angelo Morbelli. A, Ivrea, invece, due importanti appuntamenti. Fino al 16 aprile, al Museo Civico Garda, si potrà visitare la mostra “Vitrum. Dalla sabbia alla luce: scienza, storia e arte del vetro dalla scoperta ai giorni nostri”, curata da archeologi e storici dell’arte contemporanea, che mira ad approfondire la conoscenza di un materiale affascinante, ma poco rappresentato nelle collezioni museali, attraverso l’accostamento di reperti archeologici con opere d’arte provenienti da vari contesti, prossimi o lontanissimi nello
Una foto della ‘World Press Photo Exhibition 2020’ di Palazzo Madama a Torino
Novara - Mostra ‘Divisionismo, la rivoluzione della luce’
spazio e nel tempo. Nello stesso museo, fino al 28 marzo, la mostra “1965-1990. Gianni Berengo Gardin e la Olivetti”, con oltre 70 immagini d’epoca in bianco e nero di uno dei più importanti e celebri fotografi italiani che evidenziano il suo rapporto con l’azienda di Ivrea. Ma concentriamoci su Torino che ha davvero una gamma di proposte molto varia. Innanzitutto, non possiamo non parlare della riapertura del Museo Egizio che richiama migliaia di visitatori. Ma poi ci sono tante mostre. A cominciare da quelle dei Musei Reali. Prima fra tutte “Sulle tracce di Raffaello nelle collezioni sabaude” che, a 500 anni dalla morte del grande maestro di Urbino, illustra la diffusione dei modelli derivati dalla sua opera dalla prima metà del Cinquecento alla fine dell’Ottocento, in Piemonte e nelle raccolte dei Savoia, attraverso dipinti, incisioni e oggetti di arte decorativa. Il percorso presenta 33 opere e illustra l’arte di Raffaello attraverso lavori che derivano direttamente dai suoi modelli, sia mediante la pratica della copia, sia con la libera reinterpre-
Madonna con Bambino di Defendente Ferrari in mostra ai Musei Reali di Torino
tazione delle sue invenzioni. Qui, nelle Sale Chiablese, troviamo anche la mostra “Capa in color”, prorogata fino al 30 maggio, che presenta una raccolta di oltre 150 fotografie a colori di Robert Capa, lettere personali e appunti dalle riviste su cui furono pubblicate. Sempre ai Musei Reali, fino all’11 aprile, c’è “Beyond the walls. Oltre i muri”, la prima mostra personale in Italia dell’artista franco-svizzero Saype, un percorso espositivo foto-video e installativo che si snoda in tre sale del piano aulico della Galleria Sabauda che ricostruisce poetica, carriera e tecnica dei famosi Foot Murales realizzati da Saype in tutto il mondo. Nei Giardini Reali, invece, si può visitare il percorso fotografico “Toward2030. What are you doing?”, che raccoglie le immagini di Martha Cooper, fotografa statunitense e figura simbolo della urban art che documenta questo progetto con lo scopo di diffondere la cultura della sostenibilità attraverso il linguaggio della street arts, fino all’11 aprile. A proposito di fo-
Liguria, occhi puntati su Michelangelo, ma spazio anche a Banksy È già “assalto” alla mostra “Michelangelo. Divino artista”: appena riaperta, al Palazzo Ducale di Genova, è stato sold out. Ma non preoccupatevi perché c’è tempo per visitarla, visto che resterà aperta fino al 2 maggio. Nell’occasione, avrete la possibilità di vedere due eccelse sculture in marmo di Michelangelo: la Madonna della Scala del 1490 proveniente da Casa Buonarroti e il monumentale Cristo redentore di San Vincenzo Martire di Bassano Romano. Oltre alle sculture sono esposti disegni autografi e lettere, rime e altri scritti originali, conservati per la maggior parte a Casa Buonarroti che pongono l’attenzione in particolare su un aspetto della vita del maestro toscano: gli incontri che hanno costellato la sua esistenza. Fra i disegni va sicuramente segnalata una presenza d’eccezione, la “Cleopatra”, eseguita per Tommaso Cavalier nel 1535. Collaterale alla mostra dedicata a Michelangelo, alla Wolfsoniana di Nervi torna aperta la mostra “Dar
Genova, ‘Edipo io contagio’ a Palazzo Ducale
corpo al corpo. Motivi iconografici del Novecento alla Collezione Wolfson”. Sempre a Genova, nel Sottoporticato di Palazzo Ducale, fino al 7 marzo, è possibile visitare anche la suggestiva mostra performativa ideata da Davide Livermore “Edipo: io contagio. Scena e parola in mostra nella Tebe dei Re”. Legata alla mostra genovese “Michelangelo. Divino artista” è la rassegna “Intorno a
Michelangelo, ‘Cleopatra’ a Palazzo Ducale di Genova
Michelangelo: i tesori rinascimentali di Albissola e Savona in dialogo con la scultura contemporanea di Andrea Salvatori”, una mostra diffusa che è stata prorogata fino al 4 aprile e che coinvolge i più importanti luoghi della cultura savonese: il Complesso della Cattedrale, il Museo d’Arte di Palazzo Gavotti e la Pinacoteca civica di Savona, il MuDa di Albissola Marina, la Casa Museo Jorn e lo spazio
culturale “Lavanderia” dell’associazione culturale Angelo Ruga ad Albissola Marina. Nel resto della regione, merita una nota particolare la mostra “Early artist known as BANKSY. 2002 2007 prints selection” alla Fortezza Firmafede di Sarzana (SP) che, fino al 6 giugno, propone una selezione di serigrafie originali su carta, realizzate dall’artista britannico in quel quinquennio.
tografia, da non perdere la mostra di fotogiornalismo più importante al mondo, la “World Press Photo Exhibition 2020”, aperta fino al 14 marzo a Palazzo Madama, che presenta le 157 immagini realizzate dai finalisti del premio World Press Photo of the Year 2020, tra cui la vincitrice Straight Voice firmata dal giapponese Yasuyoshi Chiba. Nei dintorni di Torino segnaliamo, alla Reggia di Venaria Reale, l’esposizione “Paolo Pellegrin”, con oltre 200 fotografie che spaziano dai conflitti armati che dilaniano il mondo all’e-
mergenza climatica, e l’installazione “La giostra di Nina” dell’artista Valerio Berruti nella Galleria Grande, gratuita per tutto il mese di febbraio per gli under 26. Alla Palazzina di Caccia di Stupinigi, fino al 25 aprile, si può visitare la mostra “Andy Warhol Super Pop. Through the lens of Fred W. McDarrah”, un’esposizione unica che raccoglie oltre settanta opere ufficiali: fotografie, serigrafie, litografie, stampe, acetati, ricostruzioni fedeli degli ambienti e dei prodotti che Warhol amava e da cui traeva ispirazione.
La giostra di Nina nella Galleria Grande della Reggia di Venaria
Lombardia, la donna protagonista in tante esposizioni A
Milano riaperto il Duomo, riaperti il Cenacolo, Brera, Hangar Bicocca... E riaperte tante grandi mostre in tutta Lombardia, alcune preparate proprio nel periodo del lockdown. Tra quelle più importanti c’è sicuramente “Tiepolo. Venezia, Milano, l’Europa”, aperta nel capoluogo lombardo fino al 2 maggio alle Gallerie d’Italia, dedicata al grande pittore veneziano in occasione dei 250 anni dalla morte. Presenta una settantina di opere tra quelle del Tiepolo e di importanti artisti suoi contemporanei (tra cui i veneti Antonio Pellegrini, Giovanni Battista Piazzetta, Sebastiano Ricci e il lombardo Paolo Pagani) e ripercorre la vicenda artistica del maestro veneziano, le sue committenze principali nelle città che lo hanno visto protagonista: Venezia, Milano, Dresda e Madrid. Ma sono diverse le mostre milanesi da non perdere. Come quella dedicata a “Enzo Mari curated by Hans Ulrich Obrist with Francesca Giacomelli”, in Triennale Milano fino al 18 aprile, che documenta oltre 60 anni di attività di uno dei principali maestri e teorici del design italiano. E poi le tante rassegne che il capo-
Lorenzo Lotto Palazzo delle Paure a Lecco
luogo lombardo dedica alle donne. Prima fra tutte “Frida Khalo. Il caos dentro” dedicata alla grande e originale interprete dell’arte messicana del ‘900, prorogata fino al 2 maggio alla Fabbrica del Vapore: un percorso sensoriale che, con il supporto della tecnologia, ricostruisce la casa della pittrice, regalando un’immersione a 360 gradi nel mondo magico della donna e dell’artista, toccando la sua quotidianità e gli elementi della cultura popolare tanto cari alla pittrice. E’ sempre una donna la protagonista di “Carla Accardi. Contesti” che, al Museo del Novecento fino al 27 giugno, propone una monografica della pittrice trapanese scomparsa sei anni fa che, attraverso 70 opere circa e insieme a fotografie e documenti dell’Archivio Accardi Sanfilippo, riporta al centro dell’indagine espositiva il panorama e il contesto storico, sociale e politico con cui la prima astrattista italiana di fama internazionale si è rapportata. Donne in vista anche a Palazzo Reale. Innanzitutto con “Divine e Avanguardie. Le donne nell’arte russa”, aperta fino al 5 aprile, che propone circa 90 opere, in larga parte mai esposte La mostra ‘Tiepolo. Venezia, Milano, l’Europa’ a Milano
Toscana, focus su De Chirico e Salvador Dalì S
e la Galleria degli Uffizi è stata tra i primi musei a riaprire in Italia e subito è stata presa d’assalto dai turisti, diverse sono le mostre in Toscana che aspettano i visitatori. A cominciare da “De Chirico e la Metafisica” che, fino al 9 maggio, a Palazzo Blu a Pisa, propone una serie di assoluti capolavori provenienti da La Galleria Nazionale di Roma, dalla Pinacoteca di Brera e Pisa, ‘De Chirico dal Museo di arte moderna e e la Metafisica’ contemporanea di Trento e Roa Palazzo Blu vereto (MART) che ripercorrono, cronologicamente, la vita dell’artista. L’esposizione parte Una delle foto dalle prime opere “böcklindella mostra ‘Aurelio iane” della fine del primo Amendola’ a Pistoia decennio del Novecento agli anni Dieci della grande pittura Metafisica, dai capolavori del periodo “classico” dei primi anni Venti della “seconda metafisica” parigina, fino ai Bagni Misteriosi degli anni Trenta, alle straordinarie ricerche sulla pittura dei grandi maestri del passato riscontrabili nelle nature morte, nei nudi e negli autoritratti, realizzati tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta, giungendo all’ultima, luminosa fase neometafisica. Un altro grande pittore contemporaneo è protagonista al Palazzo delle Papesse di Siena dove, fino al 30 settembre, si può visitare la mostra “Salvador Dalì a Siena, da Galileo Galilei al Surrealismo”. Vengono presentate oltre 100 opere del maestro del surrealismo, tra sculture, illustrazioni, vetri e arredi, facenti parte della collezione Dalí Universe per svelare al pubblico il rapporto tra Salvador Dalí e la scienza attraverso la sua produzione artistica visto che l’artista catalano applicava le idee e le teorie di matematici, genetisti, ottici e di molti altri studiosi alla sua arte. Piuttosto singolare è, invece, la mostra “La Memoria del Bello. Dalla collezione dell’antica Zecca di Lucca, la produzione di una manifattura lucchese dell’Ottocento” che propone, fino al 31 maggio nei locali del Museo della Zecca e nel Museino retrostante la Chiesa di San Francesco, impronte, matrici di gemme incise, placchette e medaglie, in tutto oltre settemilacinquecento elementi. Infine, segnaliamo, tra le altre, anche la mostra “Aurelio Amendola. Un’antologia. Michelangelo, Burri, Warhol e gli altri”, un’antologica dedicata a un maestro della fotografia italiana ospitata a Pistoia, fino al 25 luglio, nelle due sedi di Palazzo Buontalenti e dell’Antico Palazzo dei Vescovi, che ripercorre oltre 60 anni di attività e tutti i generi nei quali l’autore si è sperimentato.
Nuovo allestimento per la ‘Vittoria alata’ al Parco archeologico di Brescia
Monte San Giorgio a Varese
Sabbioneta, Galleria degli antichi
prima d’ora in Italia, che evidenziano il fondamentale ruolo delle donne in questo Paese, del loro contributo alla storia dell’arte, del loro ruolo nella società per l’emancipazione e per il riconoscimento dei diritti attraverso un ricco corpus di opere, tramite mezzi espressivi e tecniche differenti per rappresentare l’evoluzione culturale e sociale; poi con “Prima, donna. Margaret Bourke-White”, oltre 100 immagini, provenienti dall’archivio Life di New York della pioniera del fotogiornalismo; infine, con la prossima apertura (2 marzo) della mostra “Le Signore dell’Arte. Storie di donne tra ‘500 e ‘600”, con oltre 150 opere di 34 artiste vissute tra il ‘500 e il ‘600, tra le quali Artemisia Gentileschi, Sofonisba Anguissola, Lavinia Fontana, Elisabetta Sirani, Giovanna Garzoni e tante altre, per raccontare incredibili storie di donne talentuose e “moderne”. Ma le donne non sono protagoniste solo a Milano. C’è già la fila, ad esempio, al Parco archeologico di Brescia per ammirare, nel nuovo allestimento museale firmato da Juan Navarro
Baldeweg, la Vittoria Alata restaurata, una delle più straordinarie statue in bronzo di epoca romana, amata da Giosuè Carducci che la celebrò nell’ode Alla Vittoria, ammirata da Gabriele d’Annunzio e da Napoleone III che ne vollero una copia. Per festeggiare l’evento, per tutto il mese di febbraio l’ingresso sarà gratuito. E occhio a Mantova e a Bergamo: nella prima, a Palazzo Te si celebra il mito di Venere, dea dell’eros e della bellezza, e sono in arrivo importanti iniziative; nella seconda, alla Gamec, alle donne è dedicata l’apertura dell’anno museale 2021 con la retrospettiva “Regina. Della scultura”, che ha per protagonista la scultrice lombarda del ‘900 Regina Cassolo Bracchi. Segnaliamo, infine, che è stata prorogata fino al 6 giugno 2021 la mostra “Lotto. L’inquietudine della realtà. Lo sguardo di Giovanni Frangi” a Palazzo delle Paure a Lecco, che propone la straordinaria “Madonna con il Bambino e i santi Giovanni Battista e Caterina d’Alessandria”, capolavoro del 1522 di Lorenzo Lotto.
TURISMO 2021
Monumenti e statue
In vacanza nel Paese più bello del mondo
Torino, Piazza San Carlo
All’aperto, visitabili tutto l’anno, anche in tempo di Covid
I
n tempi di Covid e di chiusure perché non programmare una visita ai tanti monumenti e statue all’aperto? Tra l’altro, spesso sono sotto i nostri occhi tutti i giorni e, diciamolo, non sempre li apprezziamo a sufficienza.
Torino, nel segno dei Savoia N
ella città dei Savoia, è la famiglia regnante a essere il soggetto principale di statue e monumenti. Ovunque vi giriate, trovate un simbolo della famiglia sabauda. A cominciare dal cuore di Torino, Piazza San Carlo. Al centro è il “Caval ëd Bronz”, com’è chiamato dai piemontesi il monumento equestre a Emanuele Filiberto di Savoia, opera di Carlo Marochetti, uno dei simboli della città. Ritrae Emanuele Filiberto che rimette la spada nella guaina dopo la vittoria nella Battaglia di San Quintino, rappresentata in uno dei sottostanti bassorilievi. Il monumento venne fuso a Parigi ed esposto per due mesi nel cortile del Museo del Louvre prima di essere trasportato a Torino e qui inaugurato il 4 novembre 1838. Molto suggestiva è la visione serale grazie a uno speciale impianto luci progettato da Richi Ferrerò. Poco lontana da qui è Piazza Carlo Alberto, situata sul retro di Palazzo Carignano. Si chiama così anche perché al centro si trova un altro imponente monumento equestre dedicato al re di Sardegna Carlo Alberto di Savoia, figlio di Carlo Emanuele di Savoia-Carignano. Opera sempre di Carlo Marochetti, la statua equestre è posta su una base dove sono poste quattro figure allegoriche femminili (martirio, libertà, eguaglianza civile e dello Statuto), quattro soldati rappresentanti i corpi della Regia Armata Sarda (Artiglieria, Cavalleria, Granatieri e Bersaglieri) e quattro bassorilievi che rappresentano la battaglia di Goito, la battaglia di Santa Lucia, l’abdicazione e la morte a Oporto di Carlo Alberto. Ci spostiamo ancora un po’ e siamo a Piaz-
Infatti, le nostre città sono piene di monumenti e statue dedicati a personaggi storici o a simboli del nostro passato, e molti di questi sono vere e proprie opere d’arte. Vediamo, allora, qualcuna di queste sculture presenti nei capoluoghi delle regioni raggiunte dai nostri giornali.
Monumento al Duca d’Aosta
za Castello che contende a Piazza San Carlo il ruolo di “cuore” di Torino. Qui, quasi addossato al retro di Palazzo Madama, il colossale monumento al Duca d’Aosta, un gruppo scultoreo in bronzo che venne inaugurato dal re Vittorio Emanuele III il 4 luglio 1937. Consiste di una grande piattaforma rettangolare larga 33,9 m sulla quale appoggia un basamento raffigurante una trincea espugnata larga 28 m; al centro è posta una base alta 1,5 m sulla quale è collocata la statua del Duca d’Aosta alta 4,5 m e fusa con il bronzo di quattro cannoni nemici. Il Duca viene raffigurato in piedi, con i pugni serrati, ritto al centro della trincea come “soldato fra i soldati”: infatti, ai due lati estremi del-
la trincea si trovano due capisaldi cubici alti 4 m intorno ai quali sono raccolte otto figure di fanti alte 2,5 m. Sempre in Piazza Castello, di fronte a Palazzo Madama, c’è un altro significativo monumento: l’Alfiere dell’Esercito sardo con sciabola sguainata e tricolore, opera in marmo bianco del celebre scultore ticinese Vincenzo Vela che fu offerta dai milanesi nel 1857 per il sostegno contro gli austriaci. La statua, inaugurata solo il 10 aprile 1859, venne, però, coperta con una lastra di marmo nero fino alla mattina dell’8 giugno 1859, quando le truppe franco-piemontesi riuscirono a entrare trionfalmente a Milano dopo le vittorie di Palestro e Magenta.
Il primo re d’Italia, Vittorio Emanuele II, è invece protagonista tra il corso omonimo e corso Galileo Ferraris. Qui, su una colonna che raggiunge i 39 metri, si può ammirare il monumento a lui dedicato, voluto e pagato dal figlio Umberto I. I torinesi lo chiamano “Barba Vigiu” o “il Re sui tetti” perché la statua, che volge con sprezzo le spalle alla Francia, è posizionata su alte colonne doriche alla cui base sono posti dei gruppi scultorei che rappresentano l’Unità, la Fratellanza, il Lavoro e la Libertà. A Torino non può mancare, naturalmente, un monumento a Camillo Benso conte di Cavour. L’opera dedicata al primo ministro fautore dell’Unità italiana fu innalzato dodici anni dopo la sua morte, nel 1873, su progetto dello scultore senese Giovanni Duprè, in Piazza Carlo Emanuele II, familiarmente chiamata dai torinesi “Piazza Carlina”. Ai torinesi dell’epoca, non piacque particolarmente, tanto che la ribattezzarono “il fermacarte”. Così si trovano anche un monumento a Giuseppe Garibaldi, eseguito da Odoardo Tabacchi nel 1887 e posto su corso Cairoli, in asse a via dei Mille, e un monumento a Giuseppe Mazzini, opera di Luigi Belli, collocato nel 1917 sullo spiazzo di via Andrea Doria. Concludiamo segnalando un’opera moderna e suggestiva: Pietre Preziose dell’artista Giulio Paolini. L’installazione si trova al Boschetto dei Giardini Reali ed è stata realizzata con i marmi originali, danneggiati dal fuoco, della Cappella della Santa Sindone.
Genova celebra i suoi concittadini, Colombo e Paganini Monumento a Cristoforo Colombo
S
e siamo nella città della Lanterna, il monumento da cui partire non può che essere quello dedicato a Cristoforo Colombo. Al navigatore che scoprì l’America i suoi concittadini riservarono un’opera che vide al lavoro molti scultori e che durò ben 16 anni. Collocata al centro di Piazza Acquaverde, è la prima cosa che vedono coloro che arrivano in treno a Genova Piazza principe. Quello rappresentato è un Colombo pensieroso, con accanto la sua àncora, che guarda lontano, forse verso quelle Americhe a cui approdò in quel lontano 12 ottobre 1492. E’ attorniato da quattro figure allegoriche che rappresentano la sapienza, la pietà, la prudenza e la forza. Sopra la base della statua ci sono quattro bassorilievi che raccontano l’epopea della sua impresa: Cristoforo Colombo al Congresso di Salamanca, mentre porta la Croce nel Nuovo Mondo, davanti ai Sovrani di Spagna, e il navigatore genovese in catene. Altro illustre genovese a cui è stato dedicato un monumento (anche se un po’ in ritardo e pagato dagli Amici) è Nicolò Paganini che sotto la Lanterna nacque il 27 ottobre 1782. E’ posto un po’ fuori, in località San Biagio in Val-
polcevera vicino alla casa di villeggiatura delle famiglia Paganini che lui chiamava “il casinetto di Romairone” e dove il musicista visse a inizio Ottocento. Si tratta di un monumento commemorativo, opera dello scultore Franco Repetto, che si compone di due steli speculari, in ardesia e marmo bianco, sovrastate dal modellato del viso del musicista, e nei cui spigoli interni è ritagliata la sagoma negativa di un violino attraverso la quale è possibile scorgere la veduta dell’ex dimora del violinista. Non saranno, invece, nati a Genova, ma da qui partirono tra il 5 e il 6 maggio 1860 alla volta della Sicilia sotto il comando di Giuseppe Garibaldi. Sono i Mille e alla loro spedizione è dedicato il gruppo scultoreo in bronzo, che poggia su un basamento di pietra serpentina proveniente dalla cave di Cogoleto, realizzato dallo scultore Eugenio Baroni e situato a Quarto, a pochi metri dallo scoglio da cui partirono. Il monumento raffigura un gruppo di uomini nudi, addossati gli uni agli altri, che sembrano come uscire dal terreno, così come recitano i versi iniziali dell’Inno di Garibaldi scritto nel 1858 dal poeta Luigi Mercantini: «Si scopron le tombe, si levano i morti, I martiri nostri son tut-
ti risorti». Questi uomini sono capeggiati dalla figura di Garibaldi, in piedi e intento a scrutare l’orizzonte, e tutti sono sovrastati da una figura femminile alata raffigurante la Vittoria, con le braccia arcuate a rappresentare una corona sopra la testa di Garibaldi. Una curiosità: grande protagonista della cerimonia di inaugurazione, avvenuta il 5 maggio 1915, fu Gabriele D’Annunzio, invitato in qualità di oratore, che oltre a presentare l’opera di Baroni pronunciò un appassionato discorso sulla necessità per l’Italia di entrare in guerra. Monumento ai Mille di Garibaldi
Milano, tra l’austero Manzoni e l’irriverente Cattelan austriache nei giorni fra il 18 e il 22 marzo 1848: un gruppo scultoreo in bronzo realizzato da Giuseppe Grandi, con cinque figure femminili che incarnano azioni e sentimenti delle Cinque Giornate di Milano e animano la scena attorno a un obelisco centrale, su cui sono riportati i nomi dei caduti del 1848. Oppure il monumento commemorativo a Napoleone III e all’Esercito Francese, opera dello scultore Francesco Barzaghi, posto nel Parco Sempione di Milano, con una statua equestre del condottiero. Segnaliamo, infine, tre opere moderne che i milanesi, ma non solo, conoscono bene per-
Il Cavallo di Leonardo
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i può quasi fare un viaggio dal passato al contemporaneo girando tra le piazze di Milano: si trovano statue e monumenti di stretta attualità, ma anche di quelli che risalgono a Leonardo da Vinci. Se pensiamo a quest’ultimo, come non ricordare il monumento dedicato al genio toscano in Piazza della Scala realizzato dallo scultore Pietro Magni e inaugurato nel 1872: sulla sommità è posta una statua di Leonardo da Vinci mentre alla base sono raffigurati quattro suoi allievi a figura intera, Giovanni Antonio Boltraffio, Marco d’Oggiono, Cesare da Sesto e Gian Giacomo Caprotti. I vecchi milanesi chiamano questo monumento “un liter Monumento ai Carabinieri
in quater”, “un litro in quattro” per la somiglianza tra le cinque statue del monumento a una bottiglia di vino con quattro bicchieri intorno. Ma se parli di Leonardo da Vinci a Milano non si può non pensare al Cavallo dell’Ippodromo che porta il suo nome. Un po’ di storia per capire: Francesco Sforza, nel 1482, affidò a Leonardo da Vinci l’incarico di costruire la più grande statua equestre del mondo quale monumento a suo padre Francesco: i disegni di quell’impresa che il genio toscano non portò mai a termine sono ora custoditi nel Castello di Windsor. Il progetto, però, venne recuperato e nel 1999 vide la luce ad opera della scultrice Nina Akamu che ne fece due copie. Una, alta 7,30 metri, oggi si può ammirare all’ingresso del Piazzale dello Sport di Milano. L.O.V.E. di Cattelan a Piazza Affari
Sabbioneta, Galleria degli antichi
Come vedete, siamo già al contemporaneo. E allora come non ricordare un paio di statue-monumento recenti ma già diventate simboliche? Innanzitutto “Ago, filo e nodo”, la scultura in due parti, che presenta un gigantesco ago con il filo multicolorato che sbuca in un altro punto della piazza con il nodo finale, posta in Piazzale Cadorna: un richiamo alla metropolitana che passa lì sotto, ma anche un omaggio al mondo della moda che ha in Milano uno dei principali centri mondiali. E poi “L.O.V.E.”, meglio nota come “Il Dito”, che campeggia al centro di Piazza Affari, di fronte a palazzo Mezzanotte, sede della Borsa milanese. Acronimo di «libertà, odio, vendetta, eternità» è alta 4 metri e 60 (che diventano 11 comprendendo il basamento) ed è stata realizzata in marmo di Carrara dall’artista italiano Maurizio Cattelan. Quel dito medio alzato sarà rivolto a chi: all’architettura del ventennio di palazzo Mezzanotte o al mondo della finanza che rappresenta? Mah, per spiegazioni rivolgersi direttamente a Cattelan... Comunque, è già diventato un monumento simbolico. Così come quello dedicato a Indro Montanelli collocato negli omonimi giardini pubblici di Milano, un’opera dello scultore Vito Tongiani realizzata in bronzo dorato, che ritrae il giornalista intento a scrivere sulla sua Olivetti MP1, riprendendo la posizione da una nota fotografia del 1940 in cui era seduto su una pila di giornali in un corridoio della sede del Corriere della Sera. E allo stesso modo è ormai un simbolo il monumento a Sandro Pertini, opera dell’architetto Aldo Rossi, una fontana monumentale collocata all’incrocio di due importanti strade milanesi, via Monte Napoleone e via Alessandro Manzoni. A proposito di Manzoni, come non ricordare la statua in bronzo di Francesco Barzaghi dedicatagli in Piazza San Fedele a Milano di fronte alla chiesa di San Fedele, sui cui gradini il 6 gennaio 1873 lo scrittore cadde uscendo da messa procurandosi una ferita al capo che lo portò alla morte il 22 maggio di quello stesso anno? Di quel periodo sono diverse opere. Ad esempio, il monumento a Vittorio Emanuele II, il gruppo scultoreo che ritrae il re sabaudo nell’atto di frenare improvvisamente il cavallo per voltarsi a incitare i suoi soldati prima dell’attacco alla baionetta nella battaglia di San Martino del giugno 1859, posto nel centro di Piazza del Duomo a Milano. O anche il monumento alle Cinque Giornate collocato nell’omonima piazza per commemorare le vittime dell’insurrezione della città contro le truppe
ché posizionate in luoghi di grande passaggio. Parliamo del “Grande Disco”, una scultura bronzea di Arnaldo Pomodoro posizionata in un lato di Piazza Meda, una delle opere più significative dell’artista di origini emiliane; del monumento al Carabiniere, opera di Luciano Minguzzi, una scultura in acciaio alta circa dieci metri e pesante tredici tonnellate che raffigura una granata infiammata simbolo dell’arma dei Carabinieri, posta da quarant’anni in Piazza Diaz; e della Mère Ubu o Madre Ubu, un’imponente scultura in bronzo che rappresenta l’intrigante e spaventosa figura oscura del potere e della manipolazione psicologica della pièce teatrale di Alfred Jarry “Ubu re”, donata dal maestro del Surrealismo Joan Mirò alla città di Milano e posizionata in via Senato, all’ingresso dell’Archivio di Stato.
Firenze, il cuore è a Piazza della Signoria N
ella città culla del Rinascimento, pur zeppa di statue e monumenti di pregevole valore, non è però difficile scegliere da dove cominciare: su tutto brilla la Loggia dei Lanzi. Perché? Perché, innanzitutto, si trova in un posto fantastico, in Piazza della Signoria a destra di Palazzo Vecchio e accanto alla Galleria degli Uffizi; e poi, perché è ricca di veri e propri capolavori. Edificata tra il 1376 e il 1382, la loggia serviva all’inizio per ospitare al coperto le numerose assemblee pubbliche popolari Statua equestre e le cerimonie ufficiali della Repubdi Cosimo I blica fiorentina alla presenza del pode’ Medici polo, come quelle di insediamento delle signorie. Poi, a partire dal ‘500, con la creazione del Granducato di Toscana e la soppressione definitiva delle istituzioni repubblicane, questo spazio fu destinato ad accogliere alcuni capolavori scultorei, divenendo uno dei primi spazi espositivi al mondo. Il capolavoro più importante è il Perseo di Benvenuto Cellini, una grande statua in bronzo alta 3,20 metri compreso il piedistallo istoriato da bassorilievi di tema mitologico: l’eroe della mitologia greca è apPerseo poggiato su una sola gamba mentre di Benvenuto solleva con il braccio sinistro la testa Cellini di Medusa decapitata. Poi ci sono le bellissime sculture del Giambologna, il Ratto delle Sabine e l’Ercole e il centauro Nesso, dallo straordinario effetto di movimento espresso dal corpo in tensione del centauro sottomesso dall’eroe greco. Infine ci sono diverse sculture di epoca romana, come Patroclo e Menelao, copia di epoca flavia di un originale greco del 230-240 a.C., e le sei figure di donna vicine alla parete di fondo. E già che siamo in Piazza della Signoria, come non dare almeno un’occhiata ad altre due statue? La prima è la Statua equestre di Cosimo I de’ Medici. È un’altra opera del Giambologna commissionatagli nel 1587 da Ferdinando I de’ Medici per celebrare il padre, che era stato il primo Granduca di Toscana e che era scomparso circa 15 anni prima. Interessanti, sul piedistallo marmoreo, i tre bassorilievi che raffigurano episodi salienti della sua vita: L’elezione a duca (avvenuta nel 1537), La conquista di Siena (1555) e Il conferimento del titolo di Granduca (1569). La seconda è l’Ercole e Caco, una scultura in marmo del 1534 di Baccio Bandinelli, posta su un basamento con dei busti di fauno scolpiti a bassorilievo e reca, in latino, la firma dell’autore: un tentativo, forse non proprio ben riuscito, di imitare l’arte michelangiolesca. Non possiamo, infine, almeno non ricordare il monumento al cittadino più illustre di Firenze, Dante Alighieri. Si trova in Piazza Santa Croce, accanto alla Basilica omonima, e fu realizzato dallo scultore italiano Enrico Pazzi: venne eretto nel 1865 per celebrare i 600 anni dalla nascita del grande poeta fiorentino. Firenze, Loggia dei Lanzi