La Gazzetta dello Sport (04-08-2015)

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mercoledì 8 aprile 2015 anno 119 - numero 82 euro 1,40

CLAMOROSO! MORATTI RIVUOLE L’INTER

L’ex presidente molto tentato di tornare al comando con amici importanti (Tronchetti e Pellegrini), fondi stranieri e un azionariato popolare ELEFANTE, IARIA, TAIDELLI PAGINE 10-11

SEMIFINALE DI COPPA ITALIA CHE RIBALTONE, FIRENZE SBANCATA (3-0)

JUVE PIGLIATUTTO Tevez si ferma, i bianconeri no: viola travolti, è finale In rete Matri, Pereyra e Bonucci. Espulso Morata. Allarme Carlitos: s’è bloccato per un guaio muscolare

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SAN PAOLO, ORE 20.45

IL NAPOLI UN TABU’: LAZIO ALL’ASSALTO CON ANDERSON

BIANCHIN, D’ANGELO, DELLA VALLE, GRAZIANO, LAUDISA, LICARI, VERNAZZA PAGINE 2-3-4-5-6

BERARDINO, BIANCHI, CIERI, MALFITANO, G. MONTI PAG. 8-9

IL COMMENTO di Luca Calamai

Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano

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CAPOLAVORO ALLEGRI SOGNO TRIPLETE L’uomo-partita stavolta è in panchina. Quando nel luglio scorso Max Allegri si ritrovò catapultato alla guida della Juve tutti pensarono che quella del tecnico livornese sarebbe stata una Mission Impossible. Antonio Conte era stato il simbolo dei tre scudetti bianconeri. L'ARTICOLO A PAGINA 21

DA NON PERDERE 1 Serie A, Udinese a Parma aggrappata a Wague Donadoni chiama i tifosi

Manolo Gabbiadini e Felipe Anderson: Napoli-Lazio parte da 1-1

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IL ROMPIPALLONE di Gene Gnocchi MotoGP. Marquez raggiunge i 300 orari. Vale: «Quando mi segue Equitalia supero i 400» L’esultanza dei giocatori della Juve: i bianconeri hanno conquistato la quindicesima finale di Coppa Italia della lora storia (9 i trionfi)

CURVA SQUALIFICATA PER GLI STRISCIONI SULLA MADRE DI CIRO

Roma, furia Pallotta sugli ultrà Sud chiusa un turno. Il presidente: «Colpa di pochi fottuti idioti»

VELLUZZI A PAGINA 17

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50 4 0 8>

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2 Vita, morte, misteri La storia dell’uomo che rapì Di Stefano

MOTOGP

RICCI A PAGINA 19

3 Boxe: le tv, il paradenti Il forziere senza fondo di Money Mayweather CRIVELLI A PAGINA 27

Uno degli striscioni contro la mamma di Ciro in Roma-Napoli PUGLIESE A PAGINA 12

Valentino fa 50 con la Yamaha E va all’attacco di Austin CORTINOVIS A PAGINA 25

OGGI LO SPECIALE EMILIA ROMAGNA SPORT ED ECCELLENZE: ALL’INTERNO 24 PAGINE

Una terra di campioni, idee e creatività: ve la raccontiamo


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Primo piano R Ritorno semifinali Coppa Italia L’APOTEOSI

Leonardo Bonucci urla dopo il 3-0, il gol dell’apoteosi bianconera: dietro di lui, Alvaro Morata LAPRESSE

In finale una Juve stellare Fiorentina troppo timida

1Anche senza Tevez, i bianconeri travolgono i viola, sempre in affanno,

e cancellano la sconfitta dell’andata allo Stadium. Gol di Matri, Pereyra e Bonucci

Sebastiano Vernazza INVIATO A FIRENZE

N

on tutti i Matri vengono per nuocere. Anzi. Juve più forte dell’infortunio di Tevez nel pre-partita: il suo sostituto, Alessandro Matri, ha infilato la prima rete. Juve più forte di ogni avversità e turnover: mezza squadra titolare dislocata tra panchina e tribuna, eppure quel che sembrava impossibile è diventato reale. Juve più forte e basta: epocale rovesciamento di IL NUMERO frittata, mai era successo che i bianconeri in Coppa Italia si qualificassero dopo una sconfitta in casa all’andata. I gol di fila di Pereyra: Sette precedenti, l’argentino ha segnato tutti negativi. All’ottavo tentativo, anche sabato scorso il ribaltone. Cla- all’Empoli; 4 le sue reti moroso al Fran- con la maglia della Juve chi, in finale va la Juve. La Fiorentina aveva in banca un capitale, la vittoria per 1-2 allo Stadium nel primo atto, e l’ha dilapidato in un’ora scarsa. Due a zero per i bianconeri all’intervallo, terzo gol a un passo dal sessantesimo. Un blitz che brucerà per anni sulla pelle dei fiorentini, da queste parti nessuno aiuterebbe mai la Signora ad attraversare la strada.

teva giocarsi soltanto due figurine mancanti, Pizarro e Badelj: attenuanti molto generiche, ma molto molto. INTUIZIONI La differente applicazione mentale non spiega tutto. C’è stato qualcosa di importante anche per strategia. Allegri ha piazzato Pereyra e Morata dietro Matri, per un attacco 2-1. Pereyra tagliava dal centro verso destra e a questo movimento la Fiorentina non ha trovato rimedio. Morata a sinistra ha imperversato. Quando Montella ha

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CONCESSIONI Eppure ieri sera la Fiorentina è stata molto galante con nostra Signora degli scudetti. La prima e più grave concessione ha riguardato la mentalità. La Juve aveva un’applicazione e una voglia di molto superiore, i suoi giocatori arrivavano sul pallone sempre un attimo o due prima. C’è stata una scena emblematica, sullo 0-2: quando Pereyra ha messo in rete sulla ribattuta di Neto, il portiere ha avuto un gesto di stizza verso i compagni, tipico dei portieri in quelle situazioni, una cosa tipo, «io posso parare il primo colpo, ma sulla mia respinta ci deve essere uno di voi». Il bello — o il brutto se si guarda la cosa dalla parte della Fiorentina — sta nel fatto che Allegri ha schierato una specie di Juve B. Per infortuni, precauzioni varie e turnover, fuori i titolari Buffon, Lichtsteiner, Pirlo, Pogba e Tevez. Se alla lista si aggiunge Barzagli, rientrato nel giro da poco, si arriva a sei assenti, oltre metà della formazione titolare. Montella po-

Roberto Pereyra, 24, segna il 2-0 juventino RAMELLA

rimescolato il centrocampo, accentrando Borja e spostando Aquilani sulla destra e Fernandez sulla sinistra, la sua squadra era già sotto di uno, e comunque non è che il colpo di mestolo in mediana abbia cambiato chissà che cosa. Anzi. Pereyra vertice alto e abbagliante, Marchisio play basso a dettare tempi e modi. Più passano gli anni e più il Principino migliora per visione del gioco e lettura delle situazioni. Non è e non sarà mai Pirlo, ma si può pensare a lui per il dopo-Pirlo.

IL TABELLONE SEMIFINALI 9 Lazio

R

SEMIFINALI R

1 -

A

0 2 Fiorentina 6 ROMA, 7 giugno

Oggi, ore 20.45

4 Napoli

1 -

CONCLUSIONI Se mezza Juve basta per buttar fuori una Fiorentina intera, bisogna riconoscere che in Italia non c’è storia. La grande domanda è un’altra: come andrà in Europa? Risposta: a prescindere dall’esito della sfida col Monaco negli ottavi di Champions, si può e si deve dire che Allegri ha cambiato il look alla Juve, che l’ha ingentilita e resa più bella. Il furore tipico della juventinità è rimasto, ma non è più cieco, è diventato funzionale a un gioco che gratifica l’occhio e non soltanto lo spirito. © RIPRODUZIONE RISERVATA

DATE COMPLICATE

FINALE A

DELUSIONI Due i problemi di cui ha sofferto la Fiorentina. In fase di non possesso la linea di mezzo è stata presa alle spalle da Morata e Pereyra. Matri era bravo a tenere impegnati due centrali difensivi su tre, così i trequartisti e gli incursori alle sue spalle si scaraventavano nei vuoti d’aria che si creavano dietro Aquilani, Borja Valero e Matri. In possesso del pallone — altro guaio — la squadra si è adagiata su Salah. È scattato il retro-pensiero fatale che bastasse giocare la palla lunga per il Messi delle Piramidi. Il giochino, riuscitissimo a Torino, qui non ha funzionato perché la Juve si mossa è con attenzione e determinazione differente sull’egiziano. Il lancio per Salah è stato il motivo dominante degli attacchi viola nella prima mezz’ora, incoraggiato dal pubblico di casa che in avvio ha idolatrato il suo nuovo cannoniere: bastava che Mohamed toccasse la palla per suscitare applausi. Quando il tema è stato variato, il latte era già stato versato. La Salahdipendenza della prima parte ha acuito l’inconsistenza del tedesco Gomez, vittima di una di quelle giornate-no in cui viene da pensare che il fondoschiena pesante ce l’abbia lui e non la Merkel.

Juventus 3 1

Juventus 7

In rosso sono indicate le squadre che disputano in casa, le gare in turno unico (i numeri definiscono la griglia) GDS

Stage azzurro, Champions e Coppa Italia: che ingorgo ● Si complica il calendario di fine stagione. Domenica 7 giugno la Juve giocherà la finale di Coppa Italia contro Lazio o Napoli: lo stage chiesto da Conte dall’1 al 3 giugno sarà, eventualmente, senza nessuno dei protagonisti. Senza dimenticare che il 6 giugno c’è la finale di Champions: difficilissimo arrivarci, ma la Juve è in corsa e, nel caso migliore, la data della finale di Coppa Italia andrebbe cambiata.

LA MOVIOLA di FABIO LICARI

ROSSO ESAGERATO MORATA NIENTE FINALE PADOIN NON È RIGORE Episodi da tre partite ma tutti concentrati in Fiorentina-Juve. Non sempre Massa è lucido. E non sempre la moviola tv chiarisce tutto. GOL ANNULLATI In gol Salah al 4’: spinge da dietro Sturaro, non forte ma la spinta c’è. Segna Rodriguez di testa (37’ p.t.) ma Di Liberatore lo coglie in fuorigioco sulla punizione di Fernandez. Visto bene in offside al 20’ anche Morata, ma il tiro è parato. MORATA ESPULSO Siamo nel finale, la gara si è incattivita ma Massa qui esagera: Morata atterra Diamanti arrivando al lato, intervento da «giallo». Niente finale per lo spagnolo. MARCHISIO NO FINALE Anche Marchisio salta la finale (era diffidato): «giallo» per lui e Rodriguez in una mischia a inizio ripresa. Rodriguez salta con Morata e non gli risparmia una testata sulla spalla, Marchisio va a rimproverarlo, assembramento e qualche spinta, soluzione ovvia: ammoniti entrambi. ALTRI «GIALLI» Giusti. 1) Sturaro fa ostruzione su Salah che riparte. 2) Chiellini protesta in maniera esagerata: ha ragione a chiedere un angolo non visto, ma comportamenti del genere non possono essere ammessi. 3) Fernandez in ritardo, non cattivo, su Vidal. 4) Vidal colpisce Diamanti. Da «giallo» tendente all’arancione Valero che, a palla lontana, dà un pestone volontario a Vidal (regolamento di conti?). Anche Bonucci, graziato all’inizio per ostruzione a Salah, dà un pestone da dietro a Gomez. 3-0 DISCUSSO Sul 3-0 di Bonucci, blocco reciproco tra Chiellini e due viola (Rodriguez e Savic): non c’è fallo. Piuttosto l’azione potrebbe essere nata da un fuorigioco, ma non c’è replay. RIGORI? NO Scontro in area viola BasantaPadoin: il fiorentino tocca prima la palla. Non è rigore per la Fiorentina: non è mano di Chiellini.


MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT

FIORENTINA

0 3

JUVENTUS

PRIMO TEMPO 0-2 MARCATORI Matri al 21’, Pereyra al 44’ p.t.; Bonucci al 14’ s.t. (3-5-1-1) Neto; Savic, G. Rodriguez (dal 38’ s.t. Tomovic), Basanta; Joaquin (dal 21’ s.t. Diamanti), Mati Fernandez, Aquilani, B. Valero, Alonso; Salah; Gomez (dal 27’ s.t. Babacar). PANCHINA Rosati, Vargas, Pasqual, Richards, Kurtic, Ilicic, Rosi, Gilardino, Lazzari. ALLENATORE Montella. ESPULSI nessuno. AMMONITI G Rodriguez e Mati Fernadez per gioco scorretto. BARICENTRO ALTO 56,3 METRI CAMBI DI SISTEMA dal 21’s.t.4-3-2-1

(4-3-2-1) Storari; Padoin, Bonucci, Chiellini, Evra; Vidal, Marchisio, Sturaro; Pereyra (dal 38’ s.t. Ogbonna), Morata; Matri (dal 30’ s.t. Coman; dal 44’ s.t. Llorente). PANCHINA Buffon, Rubinho, Barzagli, Lichtsteiner, Pepe, Marrone, De Ceglie. ALLENATORE Allegri. ESPULSI Morata al 42’ del s.t. per gioco scorretto. AMMONITI Sturaro e Vidal per gioco scorretto, Chiellini e Marchisio per proteste. BARICENTRO MOLTO BASSO 40,1 M. CAMBI DI SISTEMA dal 39’ s.t. 3-5-2

ARBITRO Massa di Imperia NOTE paganti 30.346, incasso di 1.023.272 euro. Tiri in porta 3-7. Tiri fuori 4-2. In fuorigioco 1-1. Angoli 7-4 Recuperi: p.t. 0’, s.t. 4’

PRIMO TEMPO 5’ Gol annullato alla Fiorentina Fallo di Salah su Bonucci in area. L’egiziano aveva messo la palla in rete da due passi, però Massa aveva fermato il gioco. 21’ La sblocca Matri Cross di Marchisio dalla destra, Matri in area cerca l’assist per Pereyra, ma un rimpallo fa tornare il pallone proprio sui suoi piedi: l’attaccante mette in rete di esterno destro. 23’ Raddoppio vicino La Fiorentina accusa il colpo e la Juve è di nuovo pericolosa. Sturaro da pochi passi non riesce a dare forza al suo tiro: facile la parata di Neto. 41’ Morata gran girata La Juve sfiora ancora il gol: splendido tiro a girare di Morata dal limite fuori di un soffio. 44’ Raddoppia Pereyra Una grande Juve raddoppia alla fine del primo tempo: tiro di Morata respinto da Neto, sul pallone però piomba Pereyra che piazza in rete di destro.

SECONDO TEMPO 14’ La Juve dilaga Bianconeri in palla anche all’inizio della ripresa e infatti arriva il terzo gol: azione da calcio d’angolo (provocato dalla respinta di Neto dopo un tiro di Pereyra), Bonucci infila Neto. 20’ Lampo Viola La Fiorentina non brilla ma non è neanche fortunata: bel tiro al volo di Aquilani da fuori area, palla che esce di pochissimo. 25’ La Juve non è appagata I bianconeri non si fermano neanche sul 3-0: grande girata di Matri, bella la risposta di Neto in angolo. 43’ Espulso Morata Il rosso per Morata appare eccessivo. L’entrata dello spagnolo a centrocampo su Diamanti è dura, però meriterebbe soltanto il giallo. 47’ Ultimi tentativi Viola La Fiorentina cerca di salvare almeno la faccia: ci prova Mati Fernandez da fuori, ma Storari anche in questo caso non si fa sorprendere.

3

fL’ATTACCANTE CON LA VALIGIA

PROTAGONISTA

Matri, notte da Apache Il pupillo di Allegri fa festa 1L’attaccante e

l’allenatore sono cresciuti insieme a Cagliari. Pereyra sempre più decisivo

LA SUA GARA AI RAGGI X

1Alessandro Matri, 30 anni, ha iniziato la stagione

al Genoa e nel mercato invernale è tornato alla Juventus, dove aveva già giocato dal gennaio 2011 all’estate 2013 quando passò al Milan per 11 milioni di euro OCCASIONI CREATE

TOCCHI PER ZONA Il colore è più intenso nelle zone in cui ci sono stati più tocchi di palla

Mirko Graziano

ATTACCO

1

INVIATO A FIRENZE

V

abbè, questi sono cannibali. La Juventus senza Tevez, Pirlo, Pogba e Lichtsteiner stronca la Fiorentina e per la prima volta nella sua storia porta a casa la qualificazione dopo una sconfitta casalinga nella gara d’andata. Bianconeri in corsa ovunque. Impressionante prova di forza di una rosa che si dimostra coi fatti profondissima. DEDICA A MAX Tevez si ferma durante la rifinitura di ieri mattina, e all’ora di pranzo Allegri chiama Matri: «Preparati, giochi tu». Esordio da titolare, dopo i dodici minuti di Dortmund e i diciotto contro il Genoa. Ne bastano altri ventuno per trovare anche la prima rete della nuova vita bianconera. Un rimpallo, la palla che resta lì, il guizzo vincente e poi la corsa piena di gioia e gratitudine verso la panchina, verso il tecnico amico, da abbracciare e in un certo senso anche da ripagare. Sì, perché l’ultimo incrocio fra Matri e Allegri risaliva all’anno scorso, al Milan, e coincise con una sciagurata stagione dell’attaccante (ceduto a gennaio), che in parte costò poi anche la panchina al livornese. Ma Max ha sempre apprezzato il belloccio di Sant’Angelo Lodigiano. Ai tempi del Cagliari, i due si erano di fatto «aiutati» a crescere prima e a fare il salto di qualità professionale poi. Così, lo scorso gennaio, sfumate piste più prestigiose, Allegri avallò subito la carta Matri come rimedio alla partenza di Giovinco. E ieri il pianeta Juve è stato ripagato con il gol che ha aperto la strada verso la finale di Coppa Italia, un trofeo che i torinesi non portano a casa da 20 anni, un eventuale successo che regalerebbe ai bianconeri anche la

1

1

1

1

3 FALLI SUBITI

1 2

Gol da quando è tornato

1

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1

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4

3

2

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2

3

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PASSAGGI POSITIVI

PALLE PERSE

15

12

PALLE RECUPERATE

SPONDE

3

1

I PUNTI DA CUI HA CALCIATO IN PORTA Parato Gol

Alessandro Matri ieri sera ha segnato la prima rete da quando è tornato alla Juve

LANCI POSITIVI

1 1

1

Gol di Matri alla Fiorentina Quello di ieri è il suo terzo gol alla Fiorentina, dopo i due in campionato nel 2011-12 e 2012-13, sempre in maglia bianconera

GOL

1 stelletta d’argento, simbolo che spetta a chi vince per dieci volte la coppa nazionale: mai nessuno, finora, ci è riuscito. Alessandro Matri è intanto il quindicesimo juventino ad andare a segno in questa stagione, e riprende un discorso interrotto l’8 maggio 2013, quando a Bergamo, contro l’Atalanta, realizzò il gol partita per l’allora banda Conte. «È il mio trentesimo gol alla Juve, bello perché è abbinato alla qualificazione. Grande partita, ho ritrovato la solita Juve, vincente e che non molla mai. Cercherò sempre di mettere in difficoltà il mister nelle scelte, facendomi trovare pronto quando mi darà l’opportunità. L’esultanza da ex viola? Esulto sempre, il gol è gol, soltanto noi attaccanti sappiamo cosa significa. E poi non credo che sia una mancanza di rispetto». L’ALTRO PROTAGONISTA «Sia-

21’ PT GDS

mo forti», urla intanto l’altro protagonista della serata, Roberto Pereyra. Già, questo 24enne argentino cresce gara dopo gara, in prestazioni e personalità. «Deve segnare di più», diceva Allegri nei mesi scorsi. E lui ha cambiato marcia nel 2015: quattro reti, le ultime due in tre giorni. «Prestazione super, su un campo difficilissimo — racconta Pereyra —. L’abbiamo preparata bene durante la settimana, e in partita siamo riusciti a fare tutto ciò che ci aveva chiesto il mister. È vero, la vittoria di Dortmund ci ha dato grande sicurezza, ma la compattezza di questa Juve non è mai venuta meno durante l’intera stagione». Pereyra dribbla sul fronte Triplete («Calma, facciamo un passo alla volta»), ma si lascia andare quando si parla di Allegri: «Stiamo facendo un grande lavoro con lui». © RIPRODUZIONE RISERVATA


Primo piano R Ritorno semifinali Coppa Italia

4

MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT

LE PAGELLE di LUCA BIANCHIN FIORENTINA

JUVENTUS

4,5

4,5

SOLTANTO NETO LIMITA I DANNI MOLTO MALE GOMEZ E BORJA VALERO

4,5

4,5

RODRIGUEZ Il leader della difesa ha colpa doppia, quando si balla. Poi, a partita in ghiaccio, rischia il rosso di cattiveria.

BASANTA Pereyra gli fa fare la figura della pietra di Stonehenge: fermo. Di più, salva col tacco su Morata ma rischia un rigore su Padoin.

JOAQUIN Perde Sturaro nell’azione del possibile 0-2 e laggiù in fascia non salta mai l’uomo. Altra cosa rispetto a Torino.

● CROSS 3 ● RECUPERI 7 ● PASSAGGI 34

● LANCI 2 ● RECUPERI 8 ● PASSAGGI 32

● LANCI 10 ● RECUPERI 7 ● PASSAGGI 41

● CROSS 2 ● RECUPERI 5 ● PASSAGGI 23

IL TECNICO MONTELLA

4,5 La primavera dirà se è un perdente elegante, da «gioca bene ma non stringe». Oltre la difesa a quattro o a tre, contano le facce: Viola distrutta fisicamente.

IL MIGLIORE NETO

6,5 La parata più bella non è omologata perché Massa… non la vede. Poi ne aggiunge tre su Morata, Pereyra e Matri. Firenze triste: il migliore Viola è già della Juve…

4,5

4,5

4

ALLEGRI

5,5

BORJA VALERO Regala il pallone del primo gol a Marchisio e si sfoga con un pestoncino su Vidal a partita finita. Non è nel suo stile: male.

ALONSO Un tiro alto dopo 9 minuti, uno in porta, 6 cross. Forse il migliore tra chi giocava col viola.

● TIRI 2 ● CONTRASTI 4 ● PASSAGGI 30

● TIRI 1 ● RECUPERI 4 ● PASSAGGI 31

● CROSS 2 ● RECUPERI 6 ● PASSAGGI 64

● CROSS 6 ● RECUPERI 3 ● PASSAGGI 41

6,5

6

«Noi si gioca in dieci», dicono in tribuna. Più o meno… Non vive nel paradiso del 9 però la partita passa (anche) dal suo errore in area nel primo tempo.

BABACAR Vedere nel riquadro Diamanti. Due tiri fuori, meglio degli attaccanti titolari ma non era difficile…

TOMOVIC Altro che sette minuti finali. Con questa difesa, poteva fare il titolare…

● TIRI 1 ● PASSAGGI 9 ● SPONDE 4

● TIRI 2 ● DRIBBLING 2 ● SPONDE 4

● DRIBBLING 4 ● CROSS 2 ● PASSAGGI 17

● TIRI 2 ● SPONDE 2 ● PASSAGGI 2

● CROSS 3 ● LANCI 1 ● PASSAGGI 10

6 FIORENTINA BARICENTRO

EVRA

6,5 Il peggiore? Ma no, forse l’unico che non ha giocato una partita a cinque stelle. Il duello con Joaquin però è stravinto.

● CROSS 0 ● RECUPERI 2 ● PASSAGGI 28

6,5

BONUCCI Prende la gomma e cancella Gomez, anticipato per cielo e per terra. Aggiunge il gol che chiude la partita: k.o. tecnico al 59’.

CHIELLINI Non di più perché urla in faccia a Massa, roba da rosso per maleducazione. Il resto è… Chiellini: nella zona del 3 non si passa.

● PARATE 4 ● RINVII 9 ● PRESE ALTE 1

● RECUPERI 5 ● CROSS 1 ● PASSAGGI 38

● TIRI 1 ● LANCI 8 ● PASSAGGI 52

● LANCI 6 ● RECUPERI 7 ● PASSAGGI 54

7

6,5

7,5

7

VIDAL Un doppio espresso: entra forte, rincorre, rimonta e perde un solo vero contrasto. Per contrappasso, è con una taglia S: Salah.

STURARO Tamponato da Salah sul gol annullato: vale solo a football, la sua passione. Perde Mati solo una volta e va anche vicino al gol.

PEREYRA Un’onda energetica. Trequartista, poi più largo, fa gol e domina il centrocampo della Viola.

MATRI Su le mani di chi voleva Llorente: premio all’onestà. Fa il gol più importante e non spreca la seratona di Morata e Pereyra.

● TIRI 1 ● CONTRASTI 6 ● PASSAGGI 31

● TIRI 1 ● RECUPERI 4 ● PASSAGGI 19

● TIRI 2 ● DRIBBLING 3 ● PASSAGGI 30

● TIRI 2 ● SPONDE 1 ● PASSAGGI 15

6,5

IL PEGGIORE

7.5

PADOIN Svizzero più dello svizzero: spinge alla Lichtsteiner e quasi guadagna un rigore. L’incubo Salah è rimasto a Torino, la città dei fantasmi.

s.v.

s.v.

s.v.

MORATA Il migliore per una fetta di partita: si muove, fa giocare, salta Savic. Rosso eccessivo però, sullo 0-3, deve risparmiare l’entrata.

COMAN Entra, fa un giro di giostra e Allegri lo toglie per ragioni tattiche. Esce con la faccia strana.

OGBONNA Arriva alla festa quando il deejay sta smontando. Sette minuti finali, poi chiudono.

LLORENTE Un minutino per il cambio tattico… meno tattico della storia.

● TIRI 4 ● SPONDE 3 ● DRIBBLING 4

● TIRI 0 ● RECUPERI 0 ● PASSAGGI 0

● LANCI 1 ● CONTRASTI 2 ● PASSAGGI 2

● TIRI 0 ● RECUPERI 0 ● PASSAGGI 1

DI LIBERATORE 6,5 CARIOLATO 6

JUVENTUS OCCASIONI CREATE

ALTO 56,3 metri

9

28 14 2

MARCHISIO

7,5

MASSA Partita complicatina… Sbaglia colore su Morata – era da giallo – ma annulla due gol correttamente e decide bene sullo 0-3. Che bravo Di Liberatore quando vede Gonzalo in fuorigioco.

19 1

IL MIGLIORE

6,5

STORARI Un tuffo su un missile «a sua insaputa» di Alonso: voleva crossare. Poi due parate e un’uscita nel finale per unirsi alla seratona.

● LANCI 7 ● RECUPERI 12 ● PASSAGGI 52

s.v.

DIAMANTI Entra e passa una mano di brillantina: due cross, un tiro in porta.

GOMEZ

Outcoaching, dicono in America quando un allenatore stravince il duello. Ecco. Partita perfetta con Sturaro e Matri titolari: bene il tattico, meglio il motivatore.

Gli hanno aggiunto una goccia di Pirlo: fa andare tutti a tempo giusto, scherma Salah e recupera il pallone dell’1-0. Salterà la finale: la Juve piange, la finale pure.

SALAH Dribbla? Firenze applaude. Sbaglia? Applaude ancora, perché questo è amore. Però scorre lento come il Nilo e no, non accelera.

4

SUPER MARCHISIO VIDAL OVUNQUE PEREYRA, NOTTE DA DOMINATORE

8

AQUILANI Unico italiano tra viola di 7 nazioni: sembrava al congresso dell’Onu. Al centro o a destra, sempre lento. Un tiro (fuori) sullo 0-3.

5

6,5

IL TECNICO

M. FERNANDEZ Attacco: va via a Sturaro in area ma perché non tira? Difesa: Pereyra e Vidal vanno a motore, lui a pedali. Travolto.

● PARATE 4● RINVII 6 ● PRESE ALTE 5

IL PEGGIORE

7,5

5

SAVIC Morata ha preso in prestito la finta-Milito – da sinistra a rientrare – e lui abbocca sempre, anche nell’azione dello 0-2.

POSSESSO PALLA

52,1%

47,9%

17

LANCI

PALLE RECUPERATE

BARICENTRO MOLTO BASSO 40,1 metri

429 PASSAGGI RIUSCITI

3 7 TIRI NELLO SPECCHIO

PASSAGGI EFFETTUATI

452

59 65

52 62

20 33 10 74 15

134 132

10

PALLE PERSE

84,7%

81,8%

20 37 32 9

23 8 27 33

19 30 3

GDS

fLA PARTITA AI RAGGI X

Vincenzo D’Angelo

I

L’alberello di Allegri si allarga con Padoin e stritola Basanta 1Senza Tevez, il 4-3-2-1 con Pereyra e Morata e le sovrapposizioni a destra ha regalato ai bianconeri la superiorità in contropiede LA MOSSA TATTICA

PEREYRA: cross 4 MORATA: sponde 3 VIDAL: contrasti vinti 6

Marchisio

Sturaro

Vidal 1 Morata Padoin Pereyra PASSAGGIO

Vidal 2

Matri

MOVIMENTO

La Juve domina la sfida in mezzo al campo con l'aggressività dei tre centrali. Ma la chiave offensiva sta nel tridente che disegna Allegri, con Pereyra che spesso si allarga sulla fascia destra dove, sfruttando le sovrapposizioni di Padoin e le incursioni da dietro di Vidal, la Juve si apre un'autostrada. E il povero Basanta si trova preso in mezzo da tre frecce bianconere... GDS

l mondo Juve è rimasto a lungo in silenzio quando ieri nel primo pomeriggio ha scoperto che il suo miglior marcatore e leader dell’attacco Carlitos Tevez avrebbe saltato la sfida di Firenze per un affaticamento muscolare. Molti avranno pensato: «E ora come si fa a segnare almeno due gol in casa della Fiorentina?». Massimiliano Allegri ha trovato un’inattesa contromisura, rinunciando anche a Llorente per rispolverare Matri, il suo pupillo. All’ingresso in campo Allegri era molto sicuro di sé. E i suoi giocatori hanno subito fatto capire perché. La Juve è partita carichissima, aggredendo la Fiorentina nella sua metà campo e impedendo agli uomini di Montella il solito palleggio, che ha portato un incredibile «zero» alla voce «passaggi filtranti positivi». La Fiorentina ha giocato 689 palloni in totale, contro i 644 dei bianconeri e il centrocampo della Viola ha lavorato più sulle linee di passaggio (23 intercettazioni contro le 17 della Juve). Ma non è bastato. SORPRESA Ma la vera sorpresa della Juventus è stato il sistema di gioco. Pereyra molto presto si è allargato a destra, con Morata a sinistra, è il modulo si è trasformato in un 4-3-2-1 (spesso 4-3-3 puro). E a destra la Juve ha sfondato sempre, con la for-

Simone Padoin, 31 anni FORTE

0

● le volte in cui la Juventus era riuscita a centrare una qualificazione — in Coppa Italia e nelle Coppe europee — ribaltando una sconfitta in casa

1

● la vittoria di ieri per la Juventus è stata la prima nella sua storia in casa della Fiorentina in Coppa Italia (4 sconfitte e 3 pari nei precedenti)

za fisica e la corsa di Pereyra e Vidal (4 cross per il primo, 6 contrasti vinti per il secondo), e soprattutto grazie alle puntuali sovrapposizioni di Padoin. Il povero Basanta è andato subito in apnea lì a sinistra, sovrastato dalla velocità e dalle continue imbucate dei giocatori bianconeri. Tanto per farvi capire: la Juventus ha recuperato 65 palloni, 12 con Marchisio, 9 con Pereyra, 8 con Morata (preziosissimo anche nel lavoro di non possesso palla). Numeri che esaltano la prestazione. Al contrario del viola Borja Valero: per lui 6 recuperi (la metà del miglior bianconero nella specialità), maggior numero di passaggi positivi (64 e 6 lanci negli 84 palloni giocati), senza riuscire ad essere minimamente decisivo per creare un’occasione da gol per i suoi. DIFESA SICURA A proposito di aggressività. La Juve ha concesso nulla a Mario Gomez, limitato a 4 sponde, un tiro fuori dallo specchio, 9 passaggi postivi e 10 palle perse in 72’. I centrali bianconeri Bonucci e Chiellini hanno recuperato rispettivamente 6 e 7 palloni, hanno aggiunto alla loro ottima prova 2 e 4 intercettazioni e lanciato verso le proprie punte 8 e 6 volte. Solo Salah è sgusciato via un paio di volte (due tiri in porta e 4 sponde). Ma una volta prese le misure, per la Juve è stato tutto fin troppo facile. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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L’ALLENATORE DELLA FIORENTINA

MONTELLA GIÙ «LA JUVENTUS È STATA SUPERIORE E PURE FORTUNATA» I Della Valle ripartono già: «Questa stagione rimane grandiosa. Dobbiamo reagire subito, restare coesi: arriveremo lontano» Giovanni Sardelli FIRENZE

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a sofferenza era ampiamente prevista, l’eliminazione decisamente no. La vittoria dello Stadium aveva scatenato la gioia del popolo viola, convinto di avercela qua-

si fatta. Montella invece aveva i piedi incatenati al terreno. Consapevole del valore dei più forti d’Italia. Un primo tempo così però, forse non se lo aspettava nemmeno lui. «Sapevamo di affrontare una squadra forte fisicamente e tecnicamente – spiega il tecnico viola –. Non è andata come volevamo e loro hanno meritato pur essendo anche fortunati negli episodi della prima frazione. A cosa mi riferisco? A qualche rimpallo e qualche gol annullato, come quello di Salah. Per me la spinta sul giocatore bianconero non giustifica quella caduta. Comunque gli errori vanno

sempre tollerati. Faccio più fatica a capire perché gli arbitri accettano 5-6 giocatori che protestano platealmente. Ci è stato detto che non si può, ma le altre squadre lo fanno e non accade niente. Comunque, ripeto, loro hanno meritato». NESSUN DRAMMA A inizio ripresa un paio di lampi di Gomez e Salah avevano fatto sperare in un match più equilibrato. Ma presto Bonucci ha preso i sogni viola e li ha sepolti dentro la porta di Neto. Troppa Juve per la Fiorentina. Anche Diego Della Valle, che guarda la partita in tribuna accanto al sindaco Dario Nardella, pare incredulo. A fine gara però, il primo tifoso viola si mostra sereno. «Avremmo vinto volentieri – sorride lo stesso Diego Della Valle – adesso pensiamo al campionato e all’Europa League. Dobbiamo rimanere forti e coesi, abbiamo un ottimo allenatore ed una bella società. Se continueranno a fare quello che sanno fare, arriveremo lontano». REAGIRE I tifosi Viola si sono macchiati dei cori su Heysel, Scirea e Pessotto. Ma tornando al campo, per spiegare quanto accaduto, tocca al patron Andrea Della Valle. «Purtroppo abbiamo incontrato una grande Juve, non rimprovero nulla alla squadra. C’è delusione, ci credevamo. E abbiamo iniziato bene la gara. Le assenze a centrocampo hanno inciso sul risultato, ora dobbiamo reagire subito. Avrei voluto tornare a Roma dopo la finale dello scorso anno, peccato. Ma la stagione rimane grandiosa». © RIPRODUZIONE RISERVATA

MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT

fAREA TECNICA

L’ALLENATORE DELLA JUVENTUS

L’ALLEGRI DI COPPA È GIÀ IN CHAMPIONS «SAREBBE BELLO SPOSTARE LA FINALE»

l sorrisetto è sempre lo stesso, la filosofia pure. Massimiliano Allegri ama ripetere che il calcio è uno sport semplice e non ha niente a che vedere con l’astrofisica nucleare.

Quando c’è un pallone che rotola tutto può succedere. Lui ci ha sempre creduto, anche quando gli facevano notare che ribaltare il risultato a Firenze, trasferta tradizionalmente indigesta per i bianconeri, non sarebbe stato semplicissimo. Max faceva spallucce e sorrideva, come quando qualcuno gli ricordava che avrebbe dovuto fare a meno di Pirlo e Pogba, o quando ha visto Tevez alzare bandiera bianca (cosa che capita raramente), per un problema muscolare. «Se uno si infortuna ne giocherà un altro, tutti qui sono da Juve». Chapeau, perché nessuno avrebbe potuto immaginare che

Paulo Dybala, 21 anni, attaccante del Palermo ANSA

cettare delle contropartite tecniche. Ma, guarda caso, è lo stesso percorso individuato da Marotta e Paratici. E su questo punto il dialogo è partito ormai da tempo. Perciò i nerazzurri devono scalare una montagna, considerando peraltro che la Joya è impaziente di conoscere le emozioni della Champions League. Opportunità, invece che l’Inter non può prospettare all’argentino in tempi brevi. Ieri i dirigenti bianconeri erano presi dall’impegno fiorentino di Coppa Italia, ma è da mettere in conto a breve un incontro con i rappresentanti del centravanti argentino che ha il contratto in scadenza nel 2016. La recente intesa raggiunta da Zamparini con l’entourage del giocatore fa credere che la trattativa possa decollare anche in poche settimane.

Il 7 giugno la finale di Coppa Italia, ma il 6 si assegna la Champions: arrivare a Berlino porterebbe all’anticipo della finale italiana Fabiana Della Valle INVIATA A FIRENZE

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Matri non avrebbe fatto rimpiangere Tevez, che Pereyra, uno degli ultimi arrivati, avrebbe tirato fuori un carattere da leader, che Sturaro si sarebbe battuto come un leone. La Juve di Conte iniziava e finiva a mille all’ora, quella di Allegri ha lo stesso istinto assassino ma agisce in maniera diversa: sa quando è il momento di azzannare la preda, ha un tempismo perfetto. Senza 5 titolari non ha perso un briciolo della sua spregiudicatezza. Max ha aggiunto un altro mattone al muro di credibilità che si è costruito in questi nove mesi bianconeri. Non era mai arrivato in finale, il primo anno con il Milan si era fermato in semifinale. Ci teneva a raggiungerla, così come ci terrebbe a diventare il tecnico della decima Coppa. Per questo dopo la partita con l’Empoli ha detto ai suoi: «A Firenze si gioca solo per la finale, nessuno deve tirarsi indietro». Allegri ha regalato loro una consapevolezza diversa. SENZA LIMITI «Abbiamo fatto un’impresa - dice il tecnico -. Durante l’anno abbiamo avuto tante assenze ma questo gruppo ha valori importanti e sa compensarle». In finale la Juve dovrà fare a meno di Marchisio (era diffidato) e Morata (espulso): «Morata non doveva rincorrere l’avversario, è un istintivo e queste malizie le deve ancora imparare. Il rosso è eccessivo. Comunque recupereremo Pogba e abbiamo tanti giocatori». La finale di Coppa Italia è in programma il 7 giugno, quella di Champions il 6: «Beh, sarebbe bello farla spostare...». Perché no? Questa Juve non si pone più limiti. A dicembre la Juve a Firenze aveva fatto 0-0, un pareggio prezioso per lo scudetto. Ieri è diventata la città della mission impossible. Ora il Franchi non è più così ostile. © RIPRODUZIONE RISERVATA

MERCATO

Dybala, incontro tra agenti con i bianconeri sullo sfondo 1Meeting tra Triulzi

e Mascardi per pianificare il futuro: l’Arsenal c’è, a Paulo però piace la Juve

Carlo Laudisa @carlolaudisa

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mportante summit milanese per pianificare il futuro di Paulo Dybala. Ieri l’agente

del cannoniere del Palermo Pierpaolo Triulzi ha incontrato in un albergo del centro il manager Gustavo Mascardi insieme ad altri loro collaboratori. Il faccia a faccia si è reso necessario in vista degli imminenti incontri con i pretendenti italiani. Sullo sfondo, si sa, c’è il forte interessamento dell’Arsenal. Ma è altrettanto deciso il corteggiamento della Juventus. E, guarda caso, la Joya ha già espresso in via discreta la sua simpatia per i colori bianconeri, con la prospettiva di giocare in futuro al fianco di Carlitos Tevez. Non a caso venerdì

scorso Gustavo Mascardi è stato molto netto nella sua dichiarazione a CalcioMarket su Gazzetta Tv: «Dybala ha importanti proposte dalla Premier League, ma io credo che il ragazzo e il Palermo preferiscano che continui a giocare nel campionato italiano». Non fa il nome della Juve, ma non dà chance particolari all’Inter. IL DUELLO Eppure Roberto Mancini non intende lasciare campo libero agli storici rivali. Il tecnico nerazzurro spera di poter convincere il Palermo ad ac-

PRECEDENTE ITURBE La Juventus ha il pallino in mano sul fronte italiano, anche perché né la Roma né il Napoli hanno sinora fatto passi significativi. Ma in corso Galileo Ferraris sanno altrettanto bene com’è andata a finire un anno fa per Iturbe. Anche in quell’occasione la Juve era in netto vantaggio, salvo poi cedere il passo ai giallorossi. Anche in questo caso il Palermo sta facendo di tutto per alimentare un’asta sul suo gioiello, mentre i bianconeri provano in tutti i modi a raffreddare la temperatura senza però mollare la presa. È il classico gioco delle parti, insomma. Ma la fase di studio non può durare troppo a lungo. È vero che la Juve ha nel mirino altri obiettivi, ma Dybala ha mille argomenti per farsi preferire. La storia entra nel vivo, a prescindere. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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Primo piano R Ritorno semifinali Coppa Italia MARCHISIO 27 MARZO, IN NAZIONALE ● È il giorno della grande paura per il centrocampista, che si ferma durante l’allenamento a Coverciano. La prima diagnosi è di lesione del crociato e stop di 6-8 mesi, poi la situazione si ridimensiona: non c’è lesione. Marchisio ha giocato ieri a Firenze

TEVEZ E LICHTSTEINER IERI, VIGILIA DI COPPA ● L’attaccante argentino e l’esterno svizzero si fermano prima della sfida di ritorno con la Fiorentina. Per l’Apache affaticamento muscolare ai flessori della coscia destra, stesso problema accusato da Lichtsteiner durante il riscaldamento della sfida con i viola

Tevez si ferma, Juve in allarme Ma il Monaco resta nel mirino

Allegri alla vigilia della trasferta di Firenze, spiegando però che «un uomo di tale classe può fare la differenza anche non al cento per cento». Oggi il genio bresciano rientra in gruppo, domani forzerà ulteriormente per capire se sia il caso di azzardare un rodaggio già sabato sera a Parma. L’impressione, però, è che la situazione vada gestita con la massima attenzione, con la più totale prudenza. E allora non è da escludere che Pirlo si renda sì disponibile per il Monaco, ma molto probabilmente partendo dalla panchina. Un percorso un po’ più lungo per avere il ragazzo al massimo della condizione in occasione della decisiva gara di ritorno, in programma a Montecarlo il 22 aprile.

I 5 INFORTUNI DEI BIG BIANCONERI

PIRLO 24 FEBBRAIO, JUVE-DORTMUND ● Il regista bianconero il 24 febbraio è costretto a uscire durante l’andata degli ottavi di finale di Champions allo Stadium contro il Dortmund. La diagnosi per lui è di stiramento di 1° grado al polpaccio destro, da oggi torna ad allenarsi in gruppo

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POGBA 18 MARZO, DORTMUND-JUVENTUS ● Nel giorno della grande impresa a Dortmund (0-3), l’unica nota stonata è proprio l’infortunio del ventiduenne francese, che si ferma nel corso del primo tempo: stiramento di secondo grado alla coscia destra e uno stop che durerà ancora un mese e mezzo

1Un guaio muscolare alla coscia destra blocca l’argentino: si parla di uno stop di un paio di giorni. Problemi anche per Lichtsteiner, Pirlo va verso la panchina Mirko Graziano INVIATO A FIRENZE

Andrea Pirlo, 35 anni: per lui in stagione 22 gare e 4 gol FORTE

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ia vai mica da ridere nell’infermeria di casa Juve. Coinvolti pezzi pregiati, e la cosa è poco rassicurante a meno di una settimana dai primi 90 minuti contro il Monaco. Gli ultimi stop riguardano Tevez e Lichtsteiner. L’argentino, in particolare, si è fermato nella rifinitura di ieri mattina per un risentimento muscolare. La Juventus ufficialmente parla di forfait «a scopo precauzionale, a causa del persistere di un affaticamento muscolare al flessore della coscia destra». Problemini segnalati dallo staff medico già nella tarda serata di lunedì, ma che non avevano bloccato la convocazione dell’Apache. Ulteriori accertamenti verranno comunque effettuati oggi. C’è ottimismo, si parla di uno stop al massimo di un paio di

giorni, in ogni modo solo gli esami strumentali potranno chiarire del tutto una situazione che inevitabilmente crea non poca apprensione appunto in vista dell’andata dei quarti di Champions League in programma martedì prossimo. Lichtsteiner? Anche per lui problemi a una coscia, accusati durante il riscaldamento. E OCCHIO A PIRLO... Ai box c’è già Paul Pogba, che molto probabilmente non potrà rientrare prima di una quarantina di giorni. Insomma, il gigante francese deve sperare in una Juventus in finale per tornare, in questa stagione, a giocare nell’Europa che conta. E ancora deve rivedere il campo Andrea Pirlo, fuori ormai da circa un mese e mezzo per lo stiramento al polpaccio destro che il 24 febbraio scorso lo mise fuori causa nel primo tempo di Juve-Borussia Dortmund. «Siamo un po’ indietro con Andrea», ha detto Massimiliano

Carlos Tevez, 31 anni, 37 partite e 25 gol stagionali: 17 in A, 6 in Champions e 2 in Supercoppa LAPRESSE

L’ALTRA TEGOLA... Insomma, con o senza Pirlo, la Juventus dovrebbe proporsi con il 3-5-2 in Europa, a prescindere fra l’altro dalle condizioni di Carlitos Tevez. Occhio però, come segnalato in precedenza, anche alla situazione fisica di Stephan Lichtsteiner. Oggi le verifiche del caso e tanta paura di perdere uno degli uomini chiave in fascia, sia con la difesa a tre sia con il 3-5-2. Le eventuali alternative? Padoin o Pereyra, quest’ultimo naturalmente solo in caso di centrocampo a cinque, mentre Padoin ha più volte dimostrato di saper fare il terzino puro. © RIPRODUZIONE RISERVATA

L’EURORIVALE

Monaco opaco Il Montpellier però lo grazia ● PARIGI (a.g.) Non è certo il Monaco visto ieri contro il Montpellier che può impensierire la Juve. La squadra del Principato rimedia solo uno scialbo 0-0, graziata da un rigore fallito da Barrios (7’ s.t.), mancando così l’aggancio del Marsiglia sul podio. Pochi gli spunti offensivi, proposti essenzialmente da Carrasco dialogando con Kurzawa. Sterile Moutinho, censurato come mediano basso, confusionario Martial in un attacco rassettato sul contropiede con l’ingresso di Berbatov nella ripresa. Arma tipica rimasta però inefficace. Jardim ha tenuto in panca Raggi, a riposo dopo i 90’ di venerdì, al rientro da due mesi di stop. MONACO-MONTPELLIER 0-0 MONACO (4-2-3-1) Subasic 6; Fabinho 5,5, Wallace 7, Abdennour 5,5, Kurzawa 6; Moutinho 5, Toulalan 6; Dirar 5 (dal 16’ s.t., Berbatov 6), Silva 5 (dal 43’ s.t., Germain s.v.), Carrasco 6,5 (dal 33’ s.t., Matheus 5); Martial 5,5. (Stekelenburg, Raggi, Kondogbia, A. Traoré). All. Jardim. MONTPELLIER (4-2-3-1) Jourdren 6,5; Dabo 6,5, Hilton 7, El Kaoutari 7, Congré 6; Marveaux 6, Deplagne 6; Lasne 6 (dal 27’ s.t., Berigaud 5), Sanson 6,5 (dal 31’ s.t., Martin 6), Mounier 5; Barrios 5 (dal 37’ s.t., Camara 6). (Ligali, Tiené, Saihi, Bakar). All. Courbis. ARBITRO Ennjimi 5,5.


Il concorso sarà valido dal 31/03/2015 al 26/05/2015, montepremi € 3.789,60 + Iva. Regolamento completo su www.inter.it/milionidinomi

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Coppa Italia R Ritorno semifinali

COSÌ AL SAN PAOLO, ORE 20.45 (ANDATA 1-1) TV Rai 1 INTERNET www.gazzetta.it

LE CIFRE DEL NAPOLI

3. STRINIC 45. ANDUJAR

26. KOULIBALY 77. GARGANO

LE CIFRE DELLA LAZIO DA DOVE TIRANO IN PORTA

DA DOVE TIRANO IN PORTA

ARBITRO Orsato di Schio GUARDALINEE Tonolini-Passeri QUARTO UOMO Rocchi

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14. MERTENS

33. ALBIOL 11. MAGGIO

88. INLER

17. HAMSIK

87. CANDREVA

9. HIGUAIN 11. KLOSE

23. GABBIADINI

6. S. MAURI

20. BIGLIA

8. BASTA

3. DE VRIJ 7. F. ANDERSON

NAPOLI 4-2-3-1

33. MAURICIO

ALLENATORE: BENITEZ

5. BRAAFHEID

PANCHINA: 1 Rafael, 15 Colombo, 4 Henrique, 5 Britos, 31 Ghoulam, 19 Lopez, 8 Jorginho, 18 Zuniga, 7 Callejon, 16 De Guzman 24 Insigne, 91 Zapata SQUALIFICATI: Mesto DIFFIDATI: Gargano, Strinic, Jorginho, Albiol, Britos, Inler, Gabbiadini INDISPONIBILI: Michu

CLASSIFICA TIRATORI

CLASSIFICA TIRATORI

Higuaín

Candreva

16. PAROLO 1. BERISHA

LAZIO 4-2-3-1 ALLENATORE: PIOLI

PANCHINA: 22 Marchetti 77 Strakosha, 85 Novaretti, 27 Cana 2 Ciani, 39 Cavanda, 17 Pereirinha 24 Ledesma, 32 Cataldi, 19 Lulic, 10 Ederson 34 Perea SQUALIFICATI: B. Keita DIFFIDATI: Basta, Cavanda, Klose, Pereirinha INDISPONIBILI: Djordjevic, Gentiletti, Konko, Onazi, Radu CENTIMETRI

Napoli è un tabù Lazio all’assalto con le magie di Anderson

37

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Hamsik

Felipe Anderson

26

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Callejón

Parolo

23

23

Zapata

Mauri

15

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Mertens

Klose

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TIRI NELLO SPECCHIO

TIRI NELLO SPECCHIO

TIRI FUORI

TIRI FUORI

TIRI BLOCCATI

TIRI BLOCCATI

GOL

GOL

TOCCHI PALLA 715.69

TOCCHI PALLA 676.79

TOTALE PASSAGGI 513.48

TOTALE PASSAGGI 462.97

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183

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102

94 54

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% DI REALIZZAZIONE

% DI REALIZZAZIONE 13%

16%

CENTIMETRI

CENTIMETRI

1La squadra di Pioli sta benissimo

ma Benitez è stato l’unico a fermarla La sfida si gioca in velocità e sulle fasce Higuain-Gabbia: caccia ai contropiede tralasciato il possesso palla e le trame ricercate. Il motto potrebbe essere: ripartenze sì, ma con giudizio. La prova sono i quasi 514 passaggi di media partita. Sono parecchi. Più della Fiorentiedi Lazio e poi risorgi. Si aspetta il terzo na, per dire, che fa della manovra continua il suo indizio per la prova che il Napoli sia la be- fiore all’occhiello. E più della Lazio, che dà l’imstia nera stagionale della Lazio. I numeri pressione di giocare più la palla: invece la sua questo dicono. C’è stata la vittoria in campionato media di passaggi è 463. Forse la chiave della all’andata all’Olimpico con la sofferenza Lazio sta nel fatto firma di Higuain. Il Napoli stache col Napoli non può sfruttava bene, il Pipita meglio e la LaIL NUMERO re appieno alcune caratteristizio sfogliava ancora la margheche perché sono più o meno le rita: grande squadra sì, grande stesse e si annullano. Le fasce, squadra no. Tutto nella normaper dire. Entrambe le sfruttano lità, niente da capire. Ma l’1-1 (oltre il 60% di media delle ottenuto con pieno merito semazioni vengono da lì), entrampre a Roma dal ciuccio nella se- Napoli e Lazio si sono be sono larghe: 48 metri il Namifinale d’andata di Coppa Ita- sfidate 19 volte in Coppa poli, 47,5 la Lazio. Ed entrambe lia fa piuttosto credere che Pioli cercano di non scoprirsi troppo Italia: i biancocelesti soffra il gioco del collega Rafa. mantenendo il baricentro mePerché il Napoli sta vivendo il hanno vinto 8 volte, dio (52 metri il Napoli, 50 la Lamomento peggiore della sua 7 i successi degli azzurri zio). stagione: nelle ultime sette gare di campionato ha raccolto la FATTORE F E’ chiaro che la batmiseria di 5 punti. Una vittoria taglia si svilupperà molto sulle col Sassuolo, due pareggi con fasce. Benitez sembra orientato Inter e Atalanta. Sempre in caa mettere Gabbiadini con Hamsa. In trasferta un disastro. Ed è sik e Mertens nel tridente diefinito distante otto punti dal tro Higuain. Non sarebbe una terzo posto, guarda caso occumossa offensiva: in questo mopato dalla Lazio. Che invece sta mento Gabbia ha molta più volando: sono sette partite di figamba di Callejon. Pioli invece la che vince, incluso un sonoro si affida per le ali ai soliti Can4-0 alla Fiorentina concorrente dreva e Felipe Anderson, sia diretta per l’Europa. In mezzo, che opti per il 4-2-3-1 (con c’è stato giusto l’intoppo Napo- Rafa Benitez e Stefano Pioli ANSA Mauri tra loro) o il 4-3-3 (Lulic li. E adesso c’è da tentare la riaffiancato a Biglia e Parolo e lomonta in trasferta. Meglio che non sia all’Olim- ro avanti con Klose). Da quando Felipe è sbocciapico, visti i precedenti. to diventando il magico Anderson, la Lazio vola. Ha trovato con un uomo solo più imprevedibilità VAI DI CONTROPIEDE Cosa c’è nel gioco del Na- e più concretezza in zona gol. Dato l’1-1- dell’anpoli che la Lazio non digerisce? Benitez rispetto data, sarà ancora più decisivo segnare il primo all’anno scorso ha puntato di più sulle riparten- gol e Felipe con le sue geniali incursioni può troze, specialmente in trasferta. Ma non ha certo vare il pertugio in una difesa che, soprattutto al-

Fabio Bianchi

twitter @fabiowhites

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Un contrasto nella sfida di andata tra i due leader di Napoli e Lazio. Gonzalo Higuain, 27 anni, in scivolata, contrasta Felipe Anderson, 21 ANSA

l’inizio, se ne starà ben chiusa. Pertugio da sfruttare in prima persona o da aprire per Klose. CHIAVE PIPITA Nel Dna di Pioli tecnico c’è un gioco d’offesa, arioso e spettacolare. La Lazio è una delle squadre che gioca meglio in serie A. Aveva il difetto di contemplare poco la fase difensiva. Sotto questo aspetto è molto migliorata e non tanto perché abbia modificato l’atteggiamento. Biglia è salito in cattedra ed è diventato una maestro della doppia fase: tampona e imposta come pochi altri. E l’aggiunta di Mauricio nel corpo centrale della difesa è stata super azzeccata. Non a caso nelle 7 vittorie la Lazio ha subito solito 2 gol. In mezzo a questo score fenomenale, Higuain è riuscito a inserirsi ancora: suo il tiro per l’1-1- dell’andata per la deviazione vincente di Gabbiadini. Pipita sa dove andare a colpire la corazzata di Pioli. Che fatalmente dovrà scoprirsi più del normale per andare in cerca della rimonta. Anche per questo Benitez ha ri-affiancato Gabbiadini a Higuain. Con la squadra un po’ sotto tono, per usare un eufemismo, ha bisogno di benzina super per alimentare le ripartenze e la concretezza sotto rete. E inseguire la terza finale in quattro anni, da campione in carica. Se la forma latita, la storia e la cabala son tutte per il Napoli. © RIPRODUZIONE RISERVATA

SI QUALIFICANO SE...

Il pari con 2 gol premia Pioli ● Chi vince stasera tra Napoli e Lazio giocherà la finale dell’Olimpico il prossimo 7 giugno. In virtù dell’1-1 maturato al termine della gara di andata, il Napoli si qualifica anche pareggiando 0-0 (oltre che, come già detto, vincendo con qualsiasi risultato). Ma il pari senza reti è l’unico risultato di parità che permetterebbe alla squadra di Benitez di bissare la finale dello scorso anno. Con l’1-1 al 90’, infatti, sarebbe parità assoluta e la partita andrebbe ai supplementari (più eventuali rigori); con qualsiasi altro pareggio con gol (2-2, 3-3, 4-4, eccetera), in finale andrebbe la Lazio.


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fL’ATTACCANTE DEL NAPOLI

Entusiasmo e fiducia È la notte del Gabbia L’uomo più in forma vuole la prima finale

IL CONFRONTO Dati relativi al campionato GABBIADINI*

KLOSE

RETI (media a partita)

0.27

0.35

TIRI NELLO SPECCHIO

1

0.58

DRIBBLING

0.36

0.42

1Manolo è stato spesso ignorato da Benitez,

INVIATO A CASTELVOLTURNO (CE)

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MANOLO GABBIADINI 24 anni, acquistato dal Napoli a gennaio LAPRESSE

er lui sarebbe la prima volta, un inedito. Tutto dipenderà da quello che accadrà stasera, al San Paolo. Se il Napoli dovesse battere la Lazio, accederà alla finale di Coppa Italia, un evento del tutto nuovo per Manolo Gabbiadini che in questi pochi anni di carriera (Atalanta, Cittadella, Bologna e Sampdoria) non ha mai vissuto prima. Il momento, comunque, è particolare, la sconfitta rimediata sabato santo, a Roma, ha creato tanta diffidenza intorno alla squadra. Le chiacchiere che arrivano da Castelvolturno non fanno più presa sulla gente, delusa e sconfortata dai risultati e dall’atteggiamento di tecnico e giocatori. Difficile accontentarsi della semplice prestazione sufficiente quando poi il risultato finale è negativo: un concetto sul quale batteva molto Walter Mazzarri per provare a risollevare l’ambiente dopo qualche sconfitta e che per questo motivo veniva spesso bacchettato dalla critica. Il tempo ha dimostrato che a distanza di due anni nulla è cambiato, che anche Benitez si aggrappa alle prestazioni per giustificare il probabile fallimento in campionato. ADESSO GABBIADINI Di sicuro, l’allenatore spagnolo non potrà chiudere nuovamente gli occhi davanti alla crisi dell’attacco e continuare a ignorare Manolo Gabbiadini. Stasera, infatti, toccherà proprio all’ex sampdoriano il ruolo di seconda punta, al fianco di Gonzalo Higuain. E non avrebbe potuto scegliere diversamente, perché Gabbiadini è il

1Rebus sulla trequarti

e sulla fascia sinistra Lo spagnolo: «Non sono contento, ci mancano fiducia e fortuna» Gianluca Monti NAPOLI

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rande attesa in città e atmosfera calda stasera al San Paolo per Napoli-Lazio. Non accadeva dalle notti di Champions, l’obiettivo che Ra-

OCCASIONI CREATE

0.82

giocatore più in forma che il tecnico si ritrova a disposizione. Per troppe settimane ha voluto insistere su uno dei suoi, su José Maria Callejon, quasi come si sentisse obbligato a farlo giocare. Aveva avuto un atteggiamento simile con Marek Hamsik, salvo poi relegarlo in panchina nelle ultime tre partite. Oltre a Gabbiadini, contro la Lazio anche il centrocampista slovacco ritornerà in campo dal primo minuto. DECISIVO ANDATA Bisognerà ritrovarsi, dunque, negli ultimi 20 metri, in quella parte di campo dove il Napoli ha sempre prevalso e che nelle ultime settimane continua a penare per la mancanza di concretezza sottorete. Con Gabbiadini e Higuain la squadra avrà a disposizione il massimo del potenziale offensivo e l’entusiasmo del primo potrebbe contagiare anche il Pipita, sempre più nervoso e contrariato per i risultati e le prestazioni dei compagni. Nella gara d’andata, furono proprio loro due a costruire l’azione che portò al pareggio dopo il gol di Klose: il tiro-cross dell’argentino trovò la deviazione vincente dell’ex sampdoriano che è servita per dare un senso a questa gara di ritorno che potrebbe aprire alla terza finale in quattro anni. Ma si tratterebbe soltanto di un contentino dopo i proclami della scorsa estate, quando De Laurentiis parlò di scudetto e Champions League, senza la quale Higuain andrà via: i media londinesi lo danno all’Arsenal dal prossimo luglio per un investimento di 45 milioni di euro. Le due settimane che verranno daranno un’indicazione attendibile di quello che sarà la stagione del Napoli. E da quel momento potrebbero partire le grandi manovre di mercato. Benitez, Higuain, Callejon, Mertens, Hamsik: il loro futuro è tutto un enigma.

0.62

fa Benitez rischia di farsi sfuggire a meno che la sua squadra non riesca a vincere l’Europa League o a centrare il terzo posto in campionato. Otto punti più avanti del Napoli c’è la Lazio, ma stavolta si riparte dall’uno ad uno dell’andata: «Noi affrontiamo ogni partita con l’idea di vincere — ha detto Benitez —, anche se può darsi che alla fine il pari dell’Olimpico risulti importante. Dobbiamo mostrare carattere, personalità e maturità». Doti che nell’ultimo periodo non si sono viste: «Non sono contento, ma la squadra crea e gioca bene — si

Lui sa come si fa Klose non è stanco, va ancora forte e pensa alla 14a volta

ROMA

1.55

0.42

PALLE RECUPERATE

2

1.35

TIRI DA FUORI

1.18

0.12

PERCENTUALE REALIZZATIVA

38 18

PASSAGGI POSITIVI

11.09

9.73

PALLE PERSE

6.45

6.69

* a Napoli da gennaio

è difeso Rafa —. Certo, dobbiamo fare di più. Alcuni episodi non mi hanno convinto (con riferimento alle decisioni arbitrali, ndr) e poi ci mancano fortuna e fiducia». Benitez ha spiegato che chiuderebbe gli stadi dinanzi a striscioni come quelli visti a Roma e nicchiato sulla formazione: «Insigne sta bene, come del resto Zuniga. Hamsik è a disposizione, ma c’è anche Gabbiadini da prendere in considerazione». Insomma, più dubbi che certezze. Ballottaggio a sinistra tra Strinic e Ghoulam mentre tornano titolari Inler e Koulibaly. Da segnalare che il Napoli si è costituito parte civile nel processo che vede imputata l’ex assessore allo sport Pina Tommasielli per peculato e sostituzione di persona in relazione ai biglietti che l’assessorato allo sport riceveva dal club azzurro per assistere alle partite. © RIPRODUZIONE RISERVATA

di Mondiali, Europei e Champions. I biancocelesti si affidano ai gol del 36enne: 8 negli ultimi 3 mesi Stefano Cieri

CROSS

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Rafa con più dubbi Koulibaly e Inler tornano tra i titolari

fL’ATTACCANTE DELLA LAZIO

1Il tedesco ha giocato 13 finali, comprese quelle

ma l’attacco è in crisi e adesso lo spagnolo punta su di lui. E con il Pipita è stato decisivo all’andata Mimmo Malfitano

9

CENTIMETRI

L

a Lazio insegue l’ottava finale di Coppa Italia e si affida all’uomo che più di tutti ha dimestichezza con questo genere di partite: Miro «Mito» Klose. Che di finali, in carriera, ne ha giocato addirittura tredici, vincendone sette e perdendone sei. E non finali qualsiasi, perché nell’elenco figurano due finali dei Mondiali, una degli Europei e una di Champions League, roba insomma che qualsiasi calciatore sogna di poter giocare anche solo per un minuto. Se non è un esperto lui di questo genere di partite chi lo è? COLLEZIONE INFINITA Finali di Mondiali, di Europei e di Champions, ma anche di coppe nazionali, che è poi l’argomento in questione. Una finale di Coppa Italia il tedesco l’ha già disputata (e vinta) due anni fa, nel derby con la Roma deciso da Lulic. Nella sua Germania ne ha giocate tre: una (perdendola) con il Kaiserslautern, le altre due con il Bayern (vincendole entrambe). E poi ci sono le Supercoppe: una di Germania con il Bayern (vinta) e una italiana con la Lazio (persa). Ci sono anche le coppe di Lega tedesche (che fino a qualche anno fa sostituivano la Supercoppa): Klose ne ha giocate tre, vincendone due (una col Werder e una col Bayern) e perdendone una (col Werder). Le quattro finali nobili hanno invece sorriso al tedesco in una sola occasione, quella della scorsa estate in Brasile, quando la sua Germania trionfò al Maracanà sull’Argentina. In precedenza erano state solo delusioni: al Mondiale 2002 (finale persa col Brasile), a Euro 2008 (finale persa con la Spagna) e nella Champions 2010, quando al Bernabeu l’In-

ter di Mourinho trionfò sul suo Bayern. Tredici finali sono, in ogni caso, una cifra da record. E, volendo, ce ne sarebbero altre che potrebbero essere conteggiate. Una Supercoppa di Germania del 2008 che la Lega tedesca però non riconobbe perché era in atto una riforma della competizione (Klose la perse col Bayern) e poi le due finali per il terzo posto giocate dalla Germania al Mondiale 2006 e a quello del 2010 (il laziale giocò e vinse soltanto la prima). A CACCIA DELLA 14 Stasera al San Paolo il Totem biancoceleste insegue quindi la quattordicesima finale. Nella gara di andata di un mese fa aveva provato a ipotecarla con il gol che sbloccò la gara poco dopo la mezzora del primo tempo. Il successivo pareggio di Gabbiadini ha messo le cose in salita per la Lazio. Ma se Klose fa il Klose l’impresa è possibile per la squadra di Pioli. Da quando è tornato stabilmente titolare (anche grazie all’infortunio di Djordjevic) il campione del mondo ha ricominciato a segnare con teutonica puntualità. Negli ultimi tre mesi sono stati infatti otto i suoi gol (sei in campionato e due in Coppa Italia). Curiosamente, il suo nuovo corso stagionale (fino a metà gennaio aveva realizzato soltanto quattro gol, uno in Coppa Italia e tre in campionato) è iniziato proprio in Coppa Italia, con la rete segnata al Torino agli ottavi di finale. Una media realizzativa degna di un ragazzino e non di un quasi trentasettenne. Che, tuttavia, non ha ancora smesso di inseguire quelle partite dal sapore unico e dal fascino inconfondibile. Le finali, appunto.

i tifosi biancocelesti Cavanda, Lulic e Cataldi in ballo sino alla fine Nicola Berardino INVIATO A FORMELLO (ROMA)

U

n pieno di entusiasmo biancoceleste ieri pomeriggio alla stazione Termini. Sono arrivati in tremila per salutare la squadra

D’ANNIBALE

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In 3 mila a salutare Pioli & co. a Termini In porta c’è Berisha 1Entusiasmo tra

MIROSLAV KLOSE 36 anni, alla Lazio dal 2011. Arrivò dal Bayern

di Pioli in partenza per Napoli. Un bagno di folla che descrive bene l’atmosfera che avvolge la Lazio, salita in campionato al terzo posto (a un punto dalla Roma) e giunta alla settima vittoria consecutiva. FORMAZIONE MIGLIORE Così Pioli si sta orientando verso la conferma della formazione che sabato ha vinto a Cagliari. Con una sola deroga: tra i pali, come in tutte le altre gare di Coppa, ci sarà Berisha al posto di Marchetti. Ma qualche dubbio resta. Così, per sostituire l’infortunato Radu, la conferma di

Braafheid potrebbe svanire a vantaggio di Cavanda. Inoltre, le quotazioni di Mauri, schierato sabato nel mezzo del tridente di trequartisti alle spalle di Klose, devono fronteggiare le candidature di Lulic e Cataldi. Per il bosniaco, diventato un’icona per i biancocelesti dopo il gol che diede la Coppa Italia nella finale del 2013 contro la Roma, si tratterebbe del ritorno da titolare dopo 3 mesi causa infortunio. Mentre con l’azzurrino di Di Biagio, schierato al Sant’Elia nelle ripresa, si ripristinerebbe la mediana ben rodata negli ultimi mesi. Con l’uno o con l’altro il modulo passerebbe dal 42-3-1 al 4-3-3. Un’ipotesi che però potrebbe realizzarsi anche a gara in corso, proprio come è accaduto sabato a Cagliari. Al San Paolo serve assolutamente segnare: la Lazio è riuscita a farlo nelle ultime 8 gare, tra campionato e Coppa. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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Serie A R

Moratti, che 1

2

I SUOI TROFEI Scudetti

5

05-06 06-07

07-08

08-09 09-10

Coppa Italia

4 5 04-05 05-06 09-10

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Supercoppa Italiana

4 4 2005

2006

2008

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Coppa Uefa

1 97-98

Champions League

TRA PAPA’ E RONIE INTER DI CAMPIONI

1 09-10

● 1 Massimo Moratti, 69, col padre Angelo. 2 Con Ernesto Pellegrini. 3 In trionfo con la Champions, il 22 maggio 2010. 4 Il giorno del primo scudetto vinto sul campo, nel 2007. 5 Con Ronaldo, il suo acquisto più scintillante REUTERS/AFP/DFP

Mondiale per club

1

2010 GDS

Il piano per tornare... al Massimo 1Pellegrini, Tronchetti Provera, fondi e investitori anglo-americani, azionariato popolare: questa l’idea di Moratti per soccorrere l’Inter. In accordo con Thohir che potrebbe sfilarsi

Luca Taidelli @LucaTaidelli

A

un anno e mezzo dall’insediamento di Erick Thohir come nuovo presidente e azionista di maggioranza, Massimo Moratti sta pensando di rimettere le mani nell’Inter e ha dato mandato a uno studio legale di verificare la possibilità di coinvolgere anche i tifosi con una forma di azionariato popolare. Per ora è soltanto un’idea, uno studio di fattibilità sotto la pressione di amici più o meno importanti

che sentono la mancanza di una presenza costante accanto all’Inter. Però l’idea c’è, e il rumore della possibile rivoluzione sarebbe già arrivato anche nello spogliatoio. PELLEGRINI E PIRELLI L’operazione per tanti motivi non è semplice, anche perché non prevederebbe un investimento in prima persona da parte del petroliere, ma il tentativo di coinvolgere qualche interista storico. In primis Ernesto Pellegrini, dal quale aveva comprato l’Inter nel 1995, che giusto in un’intervista alla Gazzetta dello

fI SUOI UOMINI

Sport si era detto pronto ad aiutare la società se ce ne fosse stato bisogno. Ma non è da escludere anche l’intervento di un amico e sponsor come Marco Tronchetti Provera, visto che il recente passaggio di Pirelli in mani cinesi ha fatto tornare alto l’appeal per il marchio nerazzurro. Lo step decisivo sarebbe comunque quello legato a fondi e investitori tra l’Inghilterra e gli Stati Uniti: Moratti ha dato mandato ai suoi uomini di fiducia di capire se in quei mercati sarebbero reperibili risorse sufficienti per pensare poi di riprendere in prima persona le

E THOHIR? Il tutto dovrebbe passare da un accordo con ET, che per statuto non è tenuto a vendere ma che potrebbe anche avere interesse a uscire «indenne» da una situazione che si sta rivelando molto più complicata di quanto pensasse all’inizio, quando rilevò un marchio famoso in tutto il mondo che riteneva non sfruttato a dovere. I paletti dell’operazione finanziaria messa in piedi dal tycoon

LA CHIAVE

Decisiva la pressione di amici e innamorati: così l’Inter pare «sola», le serve più passione Un coinvolgimento dei tifosi è fattibile? Il mandato a uno studio legale per verificarlo

- mega prestito di 230 milioni, la scorsa estate, senza trascurare i 60 che sta per mettere ora erano già stretti con la qualificazione in Europa. Così, con una squadra che langue al nono posto in classifica, si restringerebbero ancora di più. UN ABITO NON SUO Ma cosa spingerebbe Moratti a questa mossa? Quello che è stato per 18 anni il patron del club si ritrova da qualche tempo di fronte a un bivio. Fino a non molto tempo fa prevaleva la tentazione di cedere anche il 29,5% delle quote rimaste in mano alla

Con Mancini e Zanetti telefono sempre caldo E Javier passa sempre più spesso alla Pinetina desse in tempi brevi con una maggiore solidità economica del club: il tecnico non ha mai fatto mistero della necessità di ulteriori, importanti, investimenti per cambiare faccia alla squadra.

Andrea Elefante

P

er non esagerare con le suggestioni: la presenza più costante di Javier Zanetti alla Pinetina negli ultimi tempi non è da collegare direttamente, e tantomeno esclusivamente, al possibile riavvicinamento, anche sostanziale, di Massimo Moratti all’Inter. Altrettanto ovvio: il fatto che in panchina ora sieda Roberto Mancini non si può considerare un motivo di per sé vincolante per convincere l’ex presidente onorario a tornare in prima persona al capezzale dell’Inter. Semmai un incentivo in più, ma non determinante. Idem per Mancini: il fatto di riavere Moratti come punto di riferimento più vicino non gli basterebbe a prescindere per sentirsi maggiormente tutelato. Però magari lo aiuterebbe a ripartire con ancora maggior entusiasmo e coinvolgimento. Tanto più se il «ritorno» del petroliere coinci-

redini del club. E sarebbe un’operazione di architettura finanziaria simile a quelle di cui si è avvalso lo stesso Thohir.

Il vicepresidente Javier Zanetti, 41 anni, alla Pinetina con Roberto Mancini, 50 GETTY IMAGES

RICONOSCIMENTO La centralità di Zanetti è tornata a manifestarsi gradualmente, in particolare da quando è arrivato Mancini: conseguenza di un riconoscimento più tangibile del suo ruolo di vicepresidente, oltre che della difficoltà attraversata da squadra e club. Nessuno come l’ex capitano ha maturato altrettanta esperienza, a proposito di momenti delicati del pianeta nerazzurro: per Thohir è stato naturale chiedergli di garantire una presenza più costante; per lui è stato automatico sentirsi in dovere di vivere il più possibile da vicino questa realtà complicata; per Mancini è stato quasi ovvio, a volte, chiedere il parere a chi per 4 anni è stato un suo giocatore: l’unico «pezzo» rimasto di quella sua Inter, a parte ovviamen-

te il più (per ora) defilato Moratti. CONFRONTI Sta di fatto che i contatti MorattiZanetti, come quelli Moratti-Mancini, nel tempo sono rimasti un’abitudine. Più o meno frequente, ma comunque intatta. E la delicatezza del momento fa pensare che ora i loro confronti siano meno occasionali e più mirati. Per quanto Moratti a lungo si sia quasi imposto un sano distacco dalle cose nerazzurre, il suo animo di tifoso preoccupato lo porta a cercare, o comunque ad avere, un aggiornamento attendibile sulla situazione «da dentro». E data la saltuarietà dei rapporti diretti con Thohir, e quelli praticamente azzerati con Fassone e Ausilio, i referenti più «naturali» possono essere stati proprio Zanetti e Mancini. Che, quando dovesse succedere, saranno anche fra i primi a sapere di un Moratti di nuovo più «padrone» dell’Inter. Se non lo sanno già. © RIPRODUZIONE RISERVATA


MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT

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voglia di Inter! 3

POSSIBILI PARTNER

fLA SITUAZIONE

Tutti i dubbi di Thohir Già spesi 82 milioni e l’Europa è lontana 1I ripensamenti dell’ indonesiano potrebbero favorire il ritorno di un nuovo Moratti: da mecenate a catalizzatore di capitali Marco Iaria @marcoiaria1

ERNESTO PELLEGRINI ● Presidente dal 1984 al ‘95 L’imprenditore milanese ha fondato il suo impero sulla ristorazione collettiva. Comprò l’Inter da Ivanoe Fraizzoli nell’84 per venderla a Moratti nel 1995. Alla Gazzetta aveva detto di voler aiutare il club FOTOGRAMMA

famiglia dopo il grande passo del 15 novembre 2013. La parte di quello che partecipa, ma non decide, non gli si addice. Si è sforzato in tutti i modi di vestire un abito non suo, augurandosi che il nuovo corso più aperto alla globalizzazione rialzasse le sorti di un club cui lui ha dato anima e denaro, anche se in alcuni settori strategici - il commerciale su tutti - non aveva saputo (per sua stessa ammissione) sviluppare una struttura adeguata al mondo che cambia. VICINO ALLA SQUADRA Moratti si è sempre augurato che la nuova proprietà, oltre che sviluppare marketing e merchandising, trovasse anche il modo di fare una grande squadra e tenesse sempre presente il suo mantra: l’Inter è dei tifosi. Si augurava anche una maggiore vicinanza e proprio questo - anche su pressione di una parte di mondo nerazzurro - è quello che lo ha fatto riflettere. Soprattutto negli ultimi giorni. Perché di fatto al capezzale di un malato grave come si è rive-

lata sabato la squadra non c’era (quasi) nessuno, con Thohir che non potrà essere a Milano prima del 19 aprile (giorno del derby) e il management straniero che per diversi motivi non ha la passione che avevano Moratti e alcuni suoi uomini. E su questi tasti hanno battuto nelle ultime settimane le persone sempre fedeli al motto «l’Inter agli interisti». IL MANAGEMENT Tra le tante tessere che dovrebbero andare a posto, per concretizzare quella che resta una tentazione, c’è anche la compatibilità tra un ritorno di Moratti e una nuova struttura societaria voluta e implementata da Thohir. Ma anche questo potrebbe essere un non problema: tra i motivi che spinsero Moratti al grande passo c’era anche l’esigenza di dare al club una struttura più snella, efficace e internazionale. Ora che è successo, per MM sarebbe ancora più facile tornare in sella, cambiando relativamente poco dei nuovi quadri societari. © RIPRODUZIONE RISERVATA

MARCO TRONCHETTI ● L’amico e sponsor Il presidente di Pirelli, amico fraterno di Moratti, potrebbe dare il suo contributo attraverso la nuova proprietà cinese del gruppo Bicocca. In Asia infatti il calcio è in continua espansione e Pirelli è main sponsor nerazzurro ANSA

L’

Inter che ha in mente Massimo Moratti - il cosiddetto azionariato diffuso - sarebbe un unicum nel panorama italiano. Da noi vige ancora un sistema patriarcale, legato a un certo romanticismo e un po’ fuori dal tempo: l’uomo solo al comando, una gestione quasi familistica, i cda a immagine e somiglianza del padrone. Su venti club di Serie A ben 16 hanno un azionista unico, al 100% o quasi. Poi c’è la stessa Inter che Moratti cedette a novembre 2013, per il 70%, alla cordata indonesiana di Thohir attraverso un aumento di capitale riservato da 75 milioni, conservando il 29,5% (il restante 0,5% è in mano a Pirelli e altri). E fanno storia a sé le tre quotate in Borsa - Juve, Roma e Lazio che sono nelle mani salde della famiglia Agnelli (Exor al 63,8%), di Pallotta (Neep Roma al 79%), e di Lotito (Lazio Events al 67%), con il resto delle azioni che fanno parte del flottante a Piazza Affari. RIVOLUZIONE Adesso Moratti, che in passato ha incarnato così intensamente la figura del mecenate, vorrebbe allargare la base azionaria dell’Inter e trasformarla in una proprietà mista: imprenditori, fondi d’investimento, tifosi. E’ un modello, questo, che in Italia non ha mai attecchito perché presuppone cambiamenti radicali nella vita delle società, sotto molti

Il presidente Erick Thohir, 44 anni, con Massimo Moratti, 69 ANSA

IL NUMERO

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la percentuale delle azioni interiste dal novembre 2013 in mano a Erick Thohir e al suo socio Handy Soetedjo punti di vista: trasparenza gestionale, diritti delle minoranze, ricerca della profittabilità o quantomeno dell’equilibrio contabile. Moratti è il primo a sapere quanto costa tenere in vita un club come l’Inter: nel suo lungo regno di 18 anni e anche successivamente, in qualità di socio di minoranza, è arrivato a versare nelle casse nerazzurre la bellezza di quasi 1,3 miliardi di euro. Un’Inter ancora fuori dalla Champions, e dai suoi lucrosi proventi, grava sui soci 60, 80, anche 100 milioni all’anno, specie se non si vuole venire meno agli investimenti necessari per

tornare competitivi. Si tratta di un impegno non indifferente per chiunque sia attratto dall’idea di salire sulla nave nerazzurra. Ne sa qualcosa Thohir che, dopo aver messo in pegno gli asset pregiati del club per rifinanziare il debito da 230 milioni senza farlo gravare su di sé, non si è potuto sottrarre all’erogazione di un secondo prestito a distanza di nemmeno dodici mesi: dopo i 22 milioni (con interessi all’8%) del 2014, ecco i 60 di questi giorni. CONVENIENZE I fondi, che sono per loro natura interessati solo al ritorno dall’investimento, potrebbero presentarsi al capezzale di un’Inter che versa in simili condizioni? Sarà dura. Ma Moratti ci proverà. E chissà che non gli riesca anche di mettere in pratica una qualche forma di azionariato popolare che la Roma, all’epoca dei Sensi, caldeggiò giusto un decennio fa. La passione dei tifosi non manca. Bisogna trovare la formula per raccattare denaro. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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Serie A R Il caso

MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT

Insulti alla madre di Ciro Chiusa la Curva Sud Pallotta: «Ultrà idioti»

1Un turno di stop per gli striscioni, la Roma è indecisa

sul ricorso. Il presidente: «Puniti per pochi fottuti tifosi»

Andrea Pugliese ROMA

«F

ucking idiots and assholes». Li definisce così, «fottuti idioti e stronzi». Senza giri di parole. È la reazione di James Pallotta, presidente della Roma, verso gli autori degli striscioni di sabato contro Antonella Leardi, la mamma di Ciro Esposito, durante Roma-Napoli. Striscioni che (insieme ai cori discriminatori) ieri hanno portato alla chiusura per una gara della Curva Sud, da scontare in Ro-

ma-Atalanta del 19 aprile. QUI BOSTON Dopo aver telefonato personalmente alla Leardi, Pallotta ieri ha parlato a Roma Radio, prendendo una posizione netta: «Siamo frustrati e delusi per questa decisione. Come club non possiamo fermare tutto questo: gli steward nello stadio non hanno l’autorità per intervenire in simili situazioni. All’esterno abbiamo bloccato ogni striscione, ma dentro non abbiamo nessun controllo sulla sicurezza che è l’unica a dover scegliere di intervenire. Non è giusto che i nostri tifosi siano

puniti per colpa di pochi fottuti idioti e stronzi della Curva Sud. E sono sicuro che la maggior parte dei tifosi della Roma si sia stufata di loro. Ora sta non solo a Roma ma a tutta Italia provare a farli smettere. Stiamo facendo tante e grandi cose contro bullismo, violenza e razzismo con Roma Cares, a cui donerò un milione di euro per continuare contro queste idiozie». Quel milione sarà personale, di Pallotta, con Roma Cares che fa tante cose, tra cui portare i giocatori nelle scuole e riempire lo stadio di bambini il 3 maggio, con tutta una serie di striscioni contro

Uno degli striscioni esposti dalla Curva Sud contro la mamma di Ciro Esposito in occasione di RomaNapoli ANSA

bullismo, razzismo e diversità. QUI NAPOLI Sul provvedimento si è espressa anche Antonella Leardi: «Le parole di Pallotta? Sicuramente meglio del silenzio. Mi dispiace che i veri tifosi ne paghino le conseguenze. Inviterei gli autori degli striscioni a farsi un giro negli ospedali per vedere la sofferenza, ad interessarsi alla vita sociale, magari può donargli un po’ di gioia». Molto più duro e singolare il parere di Angelo Pisani, l’avvocato della famiglia: «Provvedimento vergognoso, quelli della Figc dovrebbero dimettersi. Devono solo far rispettare leggi e regole, la Roma doveva essere penalizzata». TESI DIFENSIVA Ora la Roma ha sette giorni per decidere se presentare ricorso o meno contro la squalifica del settore. A Trigoria da una parte c’è la voglia di non fare passi ufficiali per questioni etiche, dall’altra la necessità di tutelare tutti quei tifosi che con quegli striscioni non c’entrano nulla e che saranno penalizzati (la Curva Sud ha circa 14mila abbonati). Nel caso si decida di procedere, la tesi difensiva verterà soprattutto su tre capisaldi: le eventuali responsabilità di chi doveva controllare l’ingresso degli striscioni tra le istituzioni, la sproporzione tra la responsabilità oggettiva (della Roma) e quella eventuale diretta degli autori (che per il tipo di striscione potranno essere sanzionati solo con una multa e non con il Daspo) e i precedenti striscioni, sempre solo multati. Quelli juventini sulla tragedia di Superga («Quando volo penso al Toro», «Noi di Torino orgoglio e vanto, voi solo uno schianto»), quelli napoletani dell’andata («Ogni parola è vana. Se occasione ci sarà, non avremo pietà») e quelli contro Raciti in Catania-Chievo. Sempre che la Roma al ricorso ci arrivi. © RIPRODUZIONE RISERVATA

LE INDAGINI

Niente Daspo, ma «squalifica» dei responsabili? Valerio Piccioni

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essuna notizia ufficiale, anzi massimo riserbo. Ma la Digos sarebbe vicina all’identificazione delle persone che reggevano in curva Sud il vergognoso striscione contro la mamma di Ciro Esposito.

NIENTE DASPO, MA... Viene esclusa l’applicazione del daspo di gruppo. Naturalmente chi ha introdotto lo striscione e lo ha esposto incorrerà invece in una violazione amministrativa (segnalazione o multa) per lo striscione non autorizzato. Ma, è il senso di un approfondimento compiuto in Federcalcio che va oltre il caso singolo di sabato, ci sono anche altri strumenti: la Roma, in presenza ovviamente dell’identificazione dei responsabili, potrebbe far scattare, di fronte alla violazione del «regolamento d’uso dello stadio», la «squalifica» di chi ha esposto lo striscione. Per esempio annullando il suo abbonamento o la richiesta di un biglietto: una specie di daspo di fatto, seppure solo per questo finale di stagione. LA LEGGE Più complicato il discorso penale. La legge del 2007 recita così: «Sono vietate, l’introduzione o l’esposizione di striscioni e cartelli che, comunque, incitino alla violenza o che contengano ingiurie o minacce. Salvo che costituisca più grave reato, la violazione del suddetto divieto è punita con l’arresto da tre mesi ad un anno». Lo striscione potrebbe rientrare fra le «ingiurie». Una strada giuridicamente difficile, a meno che non emergano altri elementi dalla visione delle immagini. Finora la Legge, nell’articolo sugli striscioni, è stata utilizzata una sola volta: in occasione della denuncia di tre ultras juventini per l’esposizione dei feroci striscioni sulla tragedia di Superga. © RIPRODUZIONE RISERVATA


Serie A R Il personaggio

MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT

Roma come River Iturbe centravanti viene da lontano

TACCUINO GIUDICE SPORTIVO

Tre giornate a Pinilla Sarri fermo un turno Tre giornate di squalifica per Mauricio Pinilla. Il cileno dell’Atalanta paga per il calcione dato a Basha del Torino al 47’ del secondo tempo: i nerazzurri faranno ricorso. Stop di un turno per lo stesso Basha (Torino), Diakitè (Cagliari), Peluso (Sassuolo), Basta, Mauricio (Lazio), Pinzi, Piris (Udinese), Regini (Sampdoria), Torosidis (Roma). Tra gli allenatori, un turno a Sarri (Empoli) «per avere, al 49’ del secondo tempo, contestato platealmente una decisione arbitrale uscendo dall’area tecnica e proferendo un’espressione blasfema».

1Garcia schiera l’argentino da attaccante puro:

nel 2013 ripartì così e anche adesso è in crescita

Davide Stoppini ROMA

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uova Roma, nuovo Iturbe. Strana idea, come ti schiero centravanti uno che in 28 partite aveva fatto solo un gol. Pareva un azzardo, ma Rudi Garcia ha stupito così, ha sorpreso il Napoli scegliendo di illuminare la trequarti con una torcia orientabile piuttosto che con un palo della luce facilmente identificabile. Detto, fatto: il gol vittoria è nato da una giocata di Iturbe e da un movimento sul primo palo da centravanti vero. «L’avevamo provato, vuol dire che i giocatori mi ascoltano», ha scherzato Garcia. Vuol dire pure che un’occhiata ai libri di storia il francese l’ha data. Perché Iturbe centravanti non è nato sabato scorso. Non è nato neppure nelle due settimane di lavoro che hanno preceduto la sfida con il Napoli. Questa è roba di due anni fa, almeno. RUDI COME DIAZ È storia del «Messi del Guaranì», o giù di lì. «Sì, è un ruolo che mi piace,

l’ho già ricoperto in Argentina», dice lui. Che al River Plate tornò a riveder la luce, dopo aver assaggiato l’inferno con il Porto. Merito di Ramon Diaz, l’allenatore di quel River, che a Iturbe diede la licenza del campione. Un ruolo alla Messi appunto, tanto per dar retta a quel paragone pesante da portarsi dietro. Diaz schierò a lungo l’argentino da attaccante puro, per la verità non solo riferimento centrale, ma con libertà massima di espressione. E

RDopo il fallimento

al Porto, Ramon Diaz lo spostò al centro: «Sì, è un ruolo che mi piace»

RDopo la Fiorentina

era molto scosso: un colloquio con Sabatini l’ha tranquillizzato

Iturbe tornò Iturbe: tre gol e un mare di assist, abbastanza per garantirsi un futuro in Italia. REAZIONE Era una specie di ultima chance, quella lì. Ce n’è a sufficienza per leggere molte similitudini con l’Iturbe attuale, quello che a Cesena — meno di 20 giorni fa — era finito in panchina, fuori da qualsiasi rotazione, incalzato pure da un rientrante Ibarbo. E invece è avvenuto il ripescaggio: Iturbe in mezzo, un segnale di fiducia. Garcia ha avuto la risposta che cercava. Troppo poco per l’uomo che avrebbe dovuto spaccare il campionato. Una base di partenza, questo sì, per costruire un’altra Roma. Da Trigoria raccontano che uno degli uomini più colpiti dalla contestazione post Fiorentina fosse proprio l’argentino, sconvolto dagli insulti ricevuti. La reazione c’è stata, l’impegno in allenamento ha convinto Garcia a lanciarlo titolare, a costruirgli addosso una situazione di gioco che fin qui, con la Roma, si era vista solamente a tratti: qualche minuto nella trasferta di Udine, un altro

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PRIMAVERA

L’Udinese passa in casa del Milan Juan Manuel Iturbe, 21 anni, è alla prima stagione nella Roma LAPRESSE

scampolo di partita contro l’Empoli, poi nulla più. FUTURO Se il Napoli avrà davvero rappresentato una svolta per Iturbe, lo dirà il tempo. Di sicuro c’è che Garcia pare orientato a voler ripetere l’esperimento tattico anche nel prossimo futuro. Iturbe ancora attaccante puro: dipenderà dal tipo di partita, ma non saranno solo l’assenza di Totti o la scarsa condizione fisica di Doumbia a far pendere da qui in avanti la bilancia verso l’argentino. Che adesso ha 9 partite di tempo per costruirsi un futuro

tutto giallorosso. Perché in giro per l’Europa gli amatori non mancano, dall’Inghilterra c’è chi giura di un Liverpool pronto a convincere la Roma alla cessione. Ma a Trigoria hanno in testa altre idee: Ljajic e Lamela sono esplosi solo alla seconda stagione, ecco l’esempio da seguire. Il resto l’ha fatto un colloquio con il d.s. Sabatini, che ha tranquillizzato l’attaccante: «Hai la fiducia di tutti noi, libera la testa e tira fuori quello che hai dentro», il messaggio spedito all’argentino. Che ha aperto, letto e risposto. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Nell’anticipo della 9a di ritorno, l’Udinese vince 1-0 in casa del Milan (gol di Bochniewicz): i friulani confermano il terzo posto, a -8 dal Milan.

DONNE UNDER 17

Qualificazioni Euro Italia contro le ceche (m.cal.) Presentato a Siena il girone della Fase Elite di qualificazione all’Europeo femminile Under 17 che si giocherà in Toscana. L’Italia affronterà Repubblica Ceca (domani a Montepulciano), Bielorussia e le campionesse in carica della Germania. Il tecnico Enrico Sbardella ha anche ufficializzato la lista delle 18 convocate.


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MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT


Serie A R

MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT

DUBBIO MONTOLIVO

I SUOI NUMERI

Honda salta pure la Samp Rami-Zapata sono okay

TOCCHI PER ZONA Il colore è più intenso nelle zone in cui ci sono stati più tocchi di palla ATTACCO

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PRESENZE 12

MILANO

C

da titolare

MINUTI GIOCATI

485’

OCCASIONI CREATE

11 TIRI 11

nello specchio

Alessio Cerci, 27 anni, esulta dopo il gol che ha portato in vantaggio il Milan a Palermo. È stata la sua prima rete in rossonero LIVERANI

SPONDE

14 CROSS

18 DRIBBLING NEGATIVI

POSITIVI

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36

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22

Cerci, finalmente L’uomo più atteso dà la spinta al Milan 1L’esterno: «Abbiamo i numeri per prenderci

FALLI SUBITI

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l’Europa. Io so chi sono, devo solo farlo vedere» G.B. Olivero INVIATO A MILANELLO (VA)

E’

l’ultimo ingrediente, quello che dovrebbe dare sapore a tutto il piatto. Si mangia anche senza quell’ingrediente, ma se c’è tutto è più buono e gustoso. L’ultimo ingrediente di Pippo Inzaghi si chiama Alessio Cerci e da gennaio a oggi di piatti ne ha insaporiti ben pochi. Uno solo, per la verità. Ma nel momento più importante, quello in cui non si può sbagliare. A Palermo l’esterno rossonero ha finalmente giocato in modo discreto, ha saltato l’uomo, ha cercato qualche giocata difficile. Il gol, assolutamente fortui-

fLA RICORRENZA

to, non cambia il giudizio, positivo per tutto quello che Cerci ha mostrato nel corso della partita. Sia chiaro, Inzaghi si aspetta molto di più. Ma Alessio ha finalmente dato un segnale di crescita e ha sfruttato l’occasione avuta. Giocando con maggiore continuità, l’esterno pensa di raggiungere in fretta la condizione e allungare il minutaggio gli fa sicuramente bene. A Inzaghi piace molto anche il Cerci che entra dalla panchina e prova a cambiare faccia alla partita con un paio di volate e di dribbling. Ma Alessio preferisce ovviamente essere titolare e dovrebbe esserlo anche domenica sera contro la Sampdoria, in quello che è un vero e proprio

IL CAMBIO A Palermo Cerci stava per essere sostituito intorno al 20’ del secondo tempo. Poli si era già tolto la pettorina e il cambio era pronto: Inzaghi aveva visto Alessio un po’ stanco e pensava di sostituirlo avanzando Bonaventura nel tridente e piazzando Poli a centrocampo. Ma nel giro di un paio di minuti Cerci ha dimostrato di avere ancora un po’ di autonomia guadagnando una punizione dal limite e facendo un’altra azione pericolosa. Cambio rinviato, quindi: Cerci è stato sostituito al 31’ da Suso, pochi minuti dopo il pareggio segnato da Dybala su calcio di rigore.

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ABBONDANZA Per il resto, dall’infermeria arrivano buone notizie: Rami e Zapata ieri hanno svolto tutto l’allenamento in gruppo e sono disponibili per domenica. Sulla strada del rientro Zaccardo, che ha fatto una parte di lavoro con i compagni per poi completare la giornata con un programma personalizzato. A questo punto in difesa c’è davvero l’imbarazzo della scelta, soprattutto per i due centrali. Ancora da valutare, invece, la situazione di Montolivo: il suo rientro balla tra Samp e Inter. © RIPRODUZIONE RISERVATA

IL CASO PARLA IL SINDACO

«Niente razzismo a Forte dei Marmi» ● Il sindaco di Forte dei Marmi, Buratti, è tornato sugli ululati ai bimbi durante la Universal Cup: «Siamo amareggiati, il Forte non ha rigurgiti razzisti. Dall’anno prossimo studieremo qualche iniziativa contro ogni forma di discriminazione. È poi parso chiaro che la contestazione sia stata fatta più per la prestanza fisica dei giocatori, superiore alla media della loro età, che per veri intenti razzisti».

Lo scudetto perso, Sacchi e i rimpianti La monetina di Alemao compie 25 anni bertino Bigon, tecnico del Napoli ed ex bandiera rossonera, dopo un paio di minuti sostituisce Alemao con Zola. La partita finisce 0-0, ma il Napoli fa reclamo e ottiene lo 0-2 a tavolino.

Gianluca Monti NAPOLI

V

enticinque anni fa c’erano le lire, il Milan di Sacchi e il Napoli di Maradona. Un’altra Italia, un calcio decisamente più romantico: pochi stranieri ma tanti campioni. Sfide epiche e stadi pieni nei quali, a dire il vero, allora come oggi succedeva di tutto. Di striscioni ignobili erano già piene le curve e in campo spesso piovevano bottigliette, petardi e monetine. VITTORIA A TAVOLINO Quello dell’8 aprile 1990 era un pomeriggio piovoso tra Milano e Bergamo. Milan e Napoli lottavano testa a testa per lo scudetto: rossoneri in casa con il Bologna e azzurri ospiti dell’Atalanta. A San Siro finisce zero a zero, lo stesso risultato che sta maturando al Brumana (oggi Atleti Azzurri d’Italia) quando al 77’ il brasiliano Alemao viene colpito da una monetina da 100 lire lanciata dalle tribune e si accascia al suolo. La ferita sanguina ma Alemao sembra volersi rialzare, il massaggiatore azzurro Salvatore Carmando lo invita a rimanere a terra. Al-

spareggio per l’Europa League.

IL SOGNO EUROPEO Inzaghi aveva voluto Cerci in estate, l’ha avuto a gennaio, l’ha atteso a lungo. Adesso vorrebbe godersene gli effetti sul gioco del Milan ben sapendo che le caratteristiche di Alessio sono perfettamente in linea con quelle della squadra: discontinuità assoluta, ma anche picchi di rendimento che possono rendere possibile la rincorsa all’Europa. E’ questa la vera scommessa di Cerci: trascinare il Milan al quinto posto, con qualche gol ma sopratutto con le sue iniziative sulla fascia destra. «Questa squadra ha tutte le carte in regola per lottare per i primi posti. Mancano nove partite e dobbiamo cercare di fare il possibile: abbiamo le potenzialità per andare in Europa League, è il nostro sogno ha detto Alessio a Milan Channel -. Io so dove posso arrivare e quanto posso dare. La gamba è tonica, ha iniziato a girare bene ed è importante per un giocatore che vive di scatti e dribbling come me. Io sono qui per dimostrare tutto il mio valore, so benissimo chi sono ma vorrei farlo vedere ai tifosi del Milan e a tutto l’ambiente rossonero. Devo giocare in maniera differente rispetto a come facevo a Torino, dove attaccavo di più la profondità: qui devo giocare di più tra le linee e sto cercando di migliorarmi». Adesso bisogna correre quasi in apnea: la volata è lanciata.

ome aveva già anticipato Inzaghi venerdì scorso, lo stop di Keisuke Honda non sarà brevissimo. Il giapponese, che era rientrato senza problemi dal doppio impegno in nazionale, ha poi riportato in allenamento un trauma distorsivo abbastanza forte a una caviglia. Keisuke ha saltato la trasferta di Palermo, ma non è tutto: sarà costretto a disertare anche la sfida di domenica sera a San Siro contro la Sampdoria e inoltre resta a rischio anche in vista del derby di domenica 19. Il giapponese è una pedina ritenuta fondamentale da Inzaghi, che però sulla destra del tridente d’attacco ha ritrovato Cerci, e può contare su un outsider come Suso.

DECIDE LA CAF All’epoca Ferlaino poteva contare su un direttore generale potente quale Luciano Moggi, mentre Berlusconi era un imprenditore rampante ancora lontano dalla politica. Si fecero sentire entrambi con il presidente federale Matarrese. Così, il processo fu rapidissimo. La decisione del giudice sportivo fu confermata dalla Disciplinare e dalla Caf del presidente Paladin che il 21 aprile mise la parola fine alla vicenda. Per il Milan è una beffa, Berlusconi per la prima volta si scaglia contro una sentenza che ritiene ingiusta. Gli azzurri vanno in fuga, il Milan accusa psicologicamente il colpo e non riesce a rialzarsi. Anzi, a Verona poi succederà di tutto: sconfitta, espulsioni e un Sacchi furioso. Lo scudetto prende la strada di Napoli. 8 APRILE 1990 Il massaggiatore del Napoli, Salvatore Carmando, soccorre Alemao, colpito da una monetina a Bergamo: lo 0-2 a tavolino darà il «la» alla fuga-scudetto degli azzurri sul Milan

CALCIO TOTALE Quella monetina, però, fa ancora discutere: «Fu un vero scandalo – ha scritto Sacchi nel suo libro Calcio totale, presentato pochi

giorni fa –. Anni dopo incontrai Alemao, che faceva il procuratore. Lo additai ai dirigenti del Real e dissi che per colpa sua avevo perso un campionato. “Ho avuto una bella carriera”, mi rispose lui affranto, “ho giocato anche nella Seleçao, ma tutte queste cose sono state cancellate dall’episodio della monetina, quando mi dissero di buttarmi a terra”». La versione di Carmando è diversa, l’ha scritta anche lui in un libro di prossima uscita: «Non vorrei nemmeno parlare di quell’episodio, ma vi garantisco che non c’è stata alcuna furbizia da parte mia – dice con voce accorata nonostante i suoi 71 anni –. Innanzitutto eravamo in due a soccorrere Alemao: con me c’era il medico sociale Lino Russo e abbiamo fatto solo il nostro dovere. Non voglio che il mio nome venga infangato e si dicano stupidaggini su quella giornata. Quando siamo arrivati in campo, è venuto Agnolin a dirci che aveva visto tutto e di portare il calciatore fuori per le cure. Io non ho dato nessun consiglio ad Alemao, semplicemente gli ho suturato la ferita. Poi, siamo andati in ospedale per accertamenti». La monetina festeggia oggi le «nozze d’argento», ma solo a Napoli brinderanno. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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Calcio giovanile R L’inchiesta

I GIOIELLI DEGLI UCRAINI

V. Kovalenko centrocampista, 96 Fantasista con le giovanili, fisico e visione di gioco, con Lucescu studia da mediano

MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT

Matviyenko difensore, 96 Centrale non gigantesco ma abile tatticamente, veloce e grintoso: in orbita prima squadra

Kudryk portiere, 96 Alto e magro, bravo con i piedi, ottimi riflessi sui rigori: può avere un gran futuro

Tra disagi e talento il baby Shakhtar brilla 1Con i rigori e l’estro di Kovalenko, gli ucraini sono la sorpresa

Vachiberadze centrocampista, 96 Piccolo ma sempre in movimento, una dinamo davanti alla difesa con l’arma delle punizioni

LA CLASSIFICA DEGLI UNDER 21 DI A PER MEDIA VOTO

Lo Shakhtar Under 19 festeggia la qualificazione alle Final Four di Youth League in casa del Benfica GETTY

Su Gazzetta.it una sezione giovani E ogni martedì in tv

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● «Le nuove forze del calcio» è il titolo di un approfondimento che la Gazzetta dedica ai giovani. Il quotidiano pubblica pagine come questa ogni due settimane, mentre su Gazzetta.it è attivo un canale dedicato: gazzetta.it/calcio/nuoveforzecalcio. E ora l’appuntamento raddoppia, con la trasmissione su GazzettaTv, canale 59 del digitale terrestre: ogni martedì, alle ore 14.15.

Giulio Di Feo @fantedipicche

U

na volta era diverso: il centro di Kirsha grande come un paese, le giovanili con campi dedicati, tremila metri quadrati di foresteria e personale in abbondanza. Poi la guerra si è abbattuta come un maglio su Donetsk e sul suo calcio, l’ha incrinato ma non l’ha rotto: venerdì l’Under 19 dello Shakhtar si giocherà a Nyon contro l’Anderlecht la prima semifinale di Youth League (l’altra è Roma-Chelsea). Un cammino fuori pronostico e impervio, come 4 ore di macchina sulle strade ghiacciate dall’inverno: col Donbass ostaggio di mortai e fucili, se lo Shakhtar di Lucescu ha spostato sede a Kiev e il campo a Leopoli anche il resto dell’attività è frazionato. Quindi se uno dell’U19, per esempio, viene chiamato a giocare con la squadra B deve sobbarcarsi le 4 ore di cui sopra

che separano la capitale, dove di base i ragazzi si allenano, da Poltava, sede degli altri. ORGANIZZAZIONE Succede spesso, perché nell’organizzazione dell’Academy dello Shakhtar i migliori 96 e 97 sono destinati a fare esperienza nella squadra B, nel campionato riserve (un torneo U21 con un massimo di 4 senior, struttura molto interessante per gestire la fase del passaggio al professionismo) o direttamente in prima squadra. Si tratta della crema di un’attività di reclutamento che coinvolge tutto il paese e non solo la regione del Donbass e che costituisce anche la spina dorsale dell’Ucraina U19, che spesso li chiama in blocco «togliendoli» a Lucescu che durante le pause organizza tante amichevoli per provare e sperimentare. Da due anni a capo della struttura c’è Miguel Cardoso, portoghese di Braga, già assistente di Sporting e Deportivo, che si è posto come

STELLINE Arrivati alle Final Four con due sfide vinte ai rigori contro Olympiacos e Benfica («Mica è facile, serve tanta forza mentale», fa Cardoso), un po’ di fortuna (il Benfica ai quarti ha sbagliato un rigore a cucchiaio che si è praticamente spento sulla linea) e tanta organizzazione, lo Shakhtar dei ragazzi ha già dato una bella pedina ai pro. Cioé Viktor Kovalenko, classe ‘96, 7 gare e un gol da trequartista con i ragazzi, mediano in prima squadra un po’ perché Lucescu è leggendario nel ruotare i talenti in tutti i ruoli per erudirli sul sistema un po’ perché dalla cintola in su ci sono i brasiliani. Che Viktor l’hanno già preso a ben volere, specie Teixeira. Alto, duepiedi-due, Kovalenko non è velocissimo ma tecnicamente completo e molto rapido di pensiero, «e non è solo un fatto di mezzi - aggiunge Carlo Nicolini, preparatore atletico del club -, ma anche di serietà e voglia di migliorare. Ha un futuro sicuro da professionista». Stesso destino per il centrale Mikola Matviyenko, non un armadio ma rapido e aggressivo, e per il portiere Oleh Kudryk, eroe delle serie-rigori, alto e magro come un giunco e cresciuto col mito di Buffon. La dinamo in mediana invece è Beka Vachiberadze, piccoletto mai domo, primo per falli fatti e subiti e bravissimo sui calci da fermo. Li allena Valeriy Kryventsov, che ha fatto la loro stessa esperienza (vivaio Shakhtar e poi dieci anni di mediana a Donetsk) e che cambia spesso capitano per sviluppare la leadership dei suoi. Ora hanno l’Anderlecht, poi magari la Roma, poi magari un gran futuro. Il presente intanto dice che Donetsk c’è, e a dispetto di tutto ha una gran voglia di giocare a pallone. © RIPRODUZIONE RISERVATA

3 DOMANDE A... MIGUEL CARDOSO

RESP. ACADEMY SHAKHTAR

1

6,57

FELIPE ANDERSON LAZIO attaccante 1993

6,52

DYBALA PALERMO attaccante 1993

6,5

POGBA JUVENTUS centrocampista 1993

6,48

PERIN GENOA portiere 1992

6,38

SPORTIELLO ATALANTA portiere 1992

6,38

COMAN JUVENTUS attaccante 1996

6,32

MORATA JUVENTUS attaccante 1992

6,27

DONSAH CAGLIARI centrocampista 1996

6,25

BERARDI SASSUOLO attaccante 1994

6,22

IZZO GENOA difensore 1992

delle Final 4 di Youth League: la Roma può affrontarli in finale

prima missione l’applicazione dei dettami tecnico-tattici del guru romeno alle giovanili. E i risultati si vedono, non solo sul campo.

Shtander attaccante est., 96 Tiro, corsa, fisico: esterno d’attacco completo, in Youth League ha segnato quattro gol

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3

4

5

7

8

9

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CENTIMETRI

«Stiamo portando il calcio di Lucescu anche nelle squadre giovanili» ● Lo Shakhtar U19 alle Final Four di Youth League testimonia un buon lavoro nel tempo. Com’è organizzato? «Il reclutamento non avviene solo nel Donbass ma in tutto il paese, come un grande club deve fare: abbiamo sviluppato un certo appeal ovunque. E poi c’è l’obiettivo, che ci sta dando ottimi risultati, di portare i concetti di calcio della prima squadra anche nelle giovanili». ● La situazione politica nel paese non aiuta, come nel caso della prima squadra... «Sì, ci crea tante difficoltà. Innanzitutto le squadre non sono unite, un problema per il lavoro e per la pianificazione del futuro. E poi ostacola il reclutamento, magari i ragazzi non hanno idea di come lavoriamo in questa situazione. Nel giro di un anno, però, contiamo di tornare a funzionare come prima, concentrando l’attività su una sola sede. Cerchiamo poi di tenere politica e altri affari fuori dal campo, ma è normale che un ragazzo che viene da una zona calda possa vivere il presente con un certo nervosismo. E noi siamo pronti a offrire tutto l’aiuto possibile anche a livello psicologico». ● Se la vostra U19 dovesse battere l’Anderlecht potrebbe affrontare la Roma. La conosce? «L’ho vista solo di sfuggita. Ma gli italiani sul campo sono pragmatici, con una gran cultura calcistica fin da giovani e ottimi mezzi fisici e tecnici. Come la immagino? Fortissima, e ben messa in campo». © RIPRODUZIONE RISERVATA


Serie A R Il recupero della 24a giornata PARMA

(3-5-1-1)

UDINESE

(3-5-2)

ORE 18.30 ARBITRO Cervellera (and. 2-4)

4 MENDES

83 MIRANTE 15 COSTA

28 FEDDAL

34 7 19 6 27 GABRIEL BADU GUILHERME ALLAN WIDMER SILVA 18 5 2 BUBNJIC DANILO WAGUE 31 KARNEZIS

PANCHINA 22 Iacobucci, 91 Bajza, 37 Broh, 27 Santacroce, 58 Esposito, 13 Prestia, 21 Lodi, 26 Varela, 38 Haraslin, 20 Taider, 17 Palladino; 10 Belfodil. All. Donadoni. BALLOTTAGGI Coda-Belfodil (55-45%), Coda-Palladino (55-45%), MendesSantacroce (55-45%). SQUALIFICATI Lucarelli (2). DIFFIDATI Lodi, Mendes, Feddal, Costa PANCHINA 22 Scuffet, 97 Meret, 50 Coppolaro, 26 Pasquale, 21 Hallberg, 8 Bruno Fernandes, 94 Aguirre, 82 Geijo, 9 Perica All. Stramaccioni BALLOTTAGGI Gabriel Silva-Pasquale 55%45%, Di Natale-Perica 51%-49% SQUALIFICATI Piris, Pinzi DIFFIDATI Bruno Fernandes, Kone, Thereau, Heurtaux, Guilherme INDISPONIBILI Domizzi (3 giorni), Kone, Heurtaux (da valutare), Evangelista.

sul maliano e rilancia Bubnjic per sfidare «un Parma che fa bene»

GOLEADOR Ma Wague, segnalato a Carnevale e Pozzo, proprio da Heurtaux e dall’altro ex Benatia, sta scalando parecchie posizioni e dal 15 febbraio in cui è tornato in campo in casa contro la Lazio, non è più uscito: sempre titolare. Sei partite

SQUADRE

PT

JUVENTUS ROMA LAZIO FIORENTINA SAMPDORIA NAPOLI TORINO MILAN GENOA INTER PALERMO SASSUOLO UDINESE EMPOLI VERONA CHIEVO ATALANTA CESENA CAGLIARI PARMA (-3)

70 56 55 49 48 47 42 41 38 38 35 35 34 33 33 32 26 22 21 10

CAEN 2 2008-2011 CAEN 2011-2014 UDINESE 2014-2015

1Senza Domizzi, Heurtaux e Piris: Stramaccioni punta ancora

S

MOLLA WAGUE

LE SUE SQUADRE

C’è Wague l’indispensabile in un’Udinese senza difesa alta come una «Molla». E segna pure. Da impresentabile a indispensabile. Molla Wague, 24 anni, difensore francese naturalizzato maliano, è l’ancora di salvezza di Andrea Stramaccioni che oggi a Parma è in piena emergenza difensiva. Si è fermato pure Thomas Heurtaux e la sensazione è che il bel francese, oggetto del desiderio dell’imminente mercato, difficilmente lo rivedremo in campo prima di metà maggio. L’ultimo infortunio, muscolare, quello di sabato a Genova, è grave.

CLASSIFICA

E’ cresciuto nel Caen, proprio come il compagno dell’Udinese Thomas Heurtaux. Wague, naturalizzato maliano, è sempre stato al Caen, con quella maglia ha giocato in Ligue 1: cinque partite, segnando pure un gol nella stagione 2011-2012. In totale, tra Caen 2 e Caen, ha segnato 7 reti. Nell’estate del 2014 è passato all’Udinese. Ha debuttato in A il 21 dicembre del 2014 a Genova con la Sampdoria e ha segnato due gol in A: entrambi in casa, il primo con il Torino, il secondo con la Fiorentina. Dopo aver debuttato nella Nazionale Under 19 francese, ha scelto di giocare col Mali col quale ha partecipato alla coppa d’Africa, ottenendo un bronzo nella finale del 2013.

77 THEREAU

Francesco Velluzzi

L'IDENTIKIT NATO IL 21-2-1991 A VERNON (FRANCIA) ALTEZZA 1,91 PESO 87 KG RUOLO DIFENSORE

2 8 80 23 18 CASSANI MAURI JORQUERA NOCERINO GOBBI 5 GHEZZAL 88 CODA 10 DI NATALE

di fila che si uniscono all’altra giocata da titolare, e bene, contro la Samp a Marassi prima di Natale. Da quel momento il difensore, gran fisico e grande stazza (è alto 1,91), è cresciuto anche nel rendimento. Merito di Stramaccioni e del suo staff. Perché proprio Strama in estate era convinto che Wague non fosse un difensore adatto a una squadra di serie A. Invece, rientrato dalla coppa d’Africa, giocata col Mali, la Nazionale che ha scelto per sempre, Molla è sembrato un giocatore fatto. Nelle sei gare del nuovo corso ha anche colpito due volte di testa: contro il Torino, la rete del 3-1, e contro la Fiorentina per quella dell’1-0. Una battuta a vuoto proprio sabato a Marassi contro il Genoa, ma sino a Pasqua, partita dopo partita, il suo rendimento è cresciuto: dopo la sfida con la Lazio è sempre stato sufficiente, andando anche oltre. E oggi a Parma dovrà riprendere il passo.

EMERGENZA Stramaccioni ha bisogno del miglior Wague perché la sua difesa è a pezzi. Maurizio Domizzi che è sulla via del recupero, non è stato, comunque convocato. Pensate che il trio titolare, composto da Heurtaux, Danilo e Domizzi, ha giocato dall’inizio solo la prima contro l’Empoli e quella in casa col Verona alla quindicesima, il 14 dicembre. Le apparizioni da titolare del centrale romano sono sei. Per fortuna c’è Danilo, il brasiliano che spera nella considerazione di Antonio Conte per la causa azzurra, che sposerebbe volentieri: lui ha saltato solo la gara, sabato col Genoa, per squalifica, ma sino a quella aveva giocato 26 partite di fila. E’ lui il faro della difesa. E’ lui il punto di riferimento per i sudamericani che sbarcano a Udine. Danilo è un capitano aggiunto. E la sua affidabilità non si discute proprio. A tre o a quattro, Danilo è sempre una garanzia per la squa-

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MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT

Donadoni, appello ai tifosi del Parma «Devono esserci» ● PARMA (s.p.) Non c’è Lila, mancano anche Galloppa, Mariga e Lucarelli nel Parma che alle 18.30 recupera la gara interna con l’Udinese, quella della 24esima giornata. Ma il tecnico Roberto Donadoni, pur pensando «a un turnover nonostante le poche possibilità di scelta», riproporrà il 3-5-1-1. Provando a non pensare a sabato, sempre al Tardini, contro la Juventus. I ballottaggi riguardano soprattutto la difesa e l’attacco. L’allenatore ha lanciato anche un appello ai tifosi: «Devono dare una risposta importante, per la loro dignità di tifosi, di rappresentanti di questa città». La squadra sta facendo il suo e sabato a San Siro con l’Inter lo ha dimostrato.

dra. E, come Wague, ha segnato pure due gol in questo torneo: il primo, decisivo, in casa col Napoli nella vittoriosa sfida del 21 settembre e a Genova con la Samp nel pareggio per 2-2. Oggi lui ci sarà, come Wague. Ma a Strama mancherà il paraguaiano Ivan Piris, squalificato, come Pinzi. Piris è stato finora fondamentale in tutti gli arrangiamenti proposti. Utile nella difesa a quattro (proposta in partenza per 10 partite nel girone d’andata), adattabile in quella a tre che resta , comunque, il cavallo di battaglia dell’Udinese, anche con Strama. E allora è quasi obbligato il rilancio di Igor Bubnjic, ventiduenne croato, in bianconero dalla scorsa stagione che in questo campionato ha trovato spazio da titolare solo a Torino con la Juve alla seconda giornata. PAURA Strama ha bisogno dei tre punti perché all’Udinese non può bastare la salvezza risicata. E questa è un’occasione per partire di slancio, dopo quattro risultati utili (ma con tre pareggi). Ma il Parma che ha costretto al pari l’Inter a San Siro, anche se in condizioni disastrose, è tutt’altro che arrendevole: «Con l’Inter meritava di vincere - ha ammonito ieri il tecnico dell’Udinese -. Ha una sua identità di gioco. Sta facendo bene con il 3-5-2. Credo sia la partita del girone di ritorno più difficile da preparare». Un po’ esagerato, ma guai a fidarsi. © RIPRODUZIONE RISERVATA

PARTITE

RETI

G

V

N

P

F

S

29 29 29 29 29 29 29 29 28 29 29 29 28 29 29 29 29 29 29 27

21 15 17 13 12 13 11 10 9 9 8 8 8 6 8 8 5 4 4 3

7 11 4 10 12 8 9 11 11 11 11 11 10 15 9 8 11 10 9 4

1 3 8 6 5 8 9 8 8 9 10 10 10 8 12 13 13 15 16 20

57 40 54 43 37 47 34 43 38 43 39 35 32 30 36 21 24 28 35 22

14 21 28 31 30 37 31 36 34 37 43 43 37 32 51 31 40 52 56 54

CHAMPIONS PRELIMINARI DI CHAMPIONS EUROPA LEAGUE RETROCESSIONI

PROSSIMO TURNO SABATO 11 APRILE GENOA-CAGLIARI (ore 18) PARMA-JUVENTUS (ore 18) VERONA-INTER (ore 20.45) DOMENICA 12 APRILE, ore 15 CESENA-CHIEVO (ore 12.30) ATALANTA-SASSUOLO LAZIO-EMPOLI NAPOLI-FIORENTINA TORINO-ROMA UDINESE-PALERMO MILAN-SAMPDORIA (ore 20.45)

(1-1) (0-7) (2-2) (1-2) (0-0) (1-2) (1-0) (0-3) (1-1) (2-2)

MARCATORI 17 RETI Tevez (2, Juventus). 16 RETI Menez (8, Milan). 15 RETI Icardi (3, Inter); Toni (3, Verona). 13 RETI Higuain (2, Napoli); Dybala (3, Palermo). 11 RETI Quagliarella (2, Torino). 10 RETI Gabbiadini (Napoli; 7 nella Sampdoria); Di Natale (Udinese). 9 RETI Felipe Anderson e Klose (Lazio); Callejon (Napoli); Eder (1, Sampdoria); Berardi (5, Sassuolo); Thereau (Udinese). 8 RETI Mauri (Lazio); Ljajic (1, Roma); Zaza (1, Sassuolo). 7 RETI Paloschi (Chievo); Maccarone (1, Empoli); Babacar (Fiorentina); Matri (7 nel Genoa), Morata e Pogba (Juventus); Djordjevic e Parolo (Lazio); Destro (Milan; 5 nella Roma); Vazquez (Palermo); Glik (Torino). 6 RETI Pinilla (Atalanta; 3 nel Genoa); Brienza (2) e Defrel (Cesena); Iago Falque’ (1, Genoa); Guarin (Inter); Vidal (2, Juventus); Candreva (2, Lazio); Honda (Milan); Zapata (Napoli). 5 RETI Moralez (Atalanta); Sau (Cagliari); Rodriguez (Fiorentina); Kovacic, Osvaldo (ora è nel Boca J.) e Palacio (Inter); Llorente (Juventus); Hamsik (Napoli); Belotti (1) e Rigoni (Palermo); Cassano (1, Parma); Totti (2, Roma); Sansone (Sassuolo); Nico Lopez (Verona). 4 RETI Denis (1, Atalanta); Avelar (3), Ekdal, Farias e Joao Pedro (Cagliari); Rodriguez (1, Cesena); Tonelli (Empoli); Cuadrado (ora è nel Chelsea), Gomez e Salah (Fiorentina); Antonelli (3 nel Genoa) e Bonaventura (Milan); Pjanic (Roma); Okaka (Sampdoria). 3 RETI Boakye e Zappacosta (Atalanta); Meggiorini e Pellissier (Chievo); Pucciarelli, Rugani e Saponara (1, Empoli); Niang e Perotti (1, Genoa); De Ceglie (3 nel Parma), Lichtsteiner e Pirlo (Juventus); Biglia e Lulic (Lazio); De Guzman (Napoli); Nainggolan (Roma); Muriel e Obiang (Sampdoria); Acerbi e Missiroli (Sassuolo); Maxi Lopez (Torino; 1 nel Chievo); Gomez e Tachtsidis (Verona).

L’EVENTO

Emilia Romagna, terra di sport ed eccellenze 1Il presidente della Regione Bonaccini,

Tacopina, Sacchi e Cassani lanciano lo speciale Gazzetta di oggi con 24 pagine Andrea Tosi BOLOGNA

L

o Stabat Mater di una biblioteca storica, quella dell’Archiginnasio di Bologna, è l’aula giusta per celebrare le eccellenze di una regione, quelle Made in Emilia-Romagna, un’iniziativa editoriale di 24 pagine oggi in edicola insieme alla Gazzetta dello Sport. L’evento, organizzato dal nostro giornale e moderato dal Di-

rettore Andrea Monti, ha chiamato campioni e personaggi nati e cresciuti nella terra di Verdi, Guareschi, Fellini ma anche, guardando ai fuoriclasse dello sport, di Ferrari, Tomba, Pantani, Ancelotti, Belinelli e tanti altri. LEGGE SULLO SPORT In una sede così ha giocato in casa il Governatore Stefano Bonaccini, ex calciatore dilettante, che ha avviato il suo mandato avocando la delega dello sport. «Molti

Joe Tacopina, presidente del Bologna con Arrigo Sacchi SCHICCHI

considerano questa delega una funzione di serie B o C - ha spiegato - ma io intendo lavorare su una legge regionale che disciplini la materia. Inoltre punto, come regione Emilia-Romagna, a offrire un contributo alla candidatura dei Giochi di Roma 2024, una sfida che deve sostenere tutto il Paese con energia ed entusiasmo». Sul palco, Monti ha chiamato i ct romagnoli: Arrigo Sacchi e Davide Cassani, poi lo stilista Carlo Rivetti, in rappresentanza della creatività e dell’imprenditoria della regione. Sacchi ha rievocato l’epopea del grande Milan: «Devo ringraziare Berlusconi, un dirigente illuminato che vede 20 anni avanti. Grazie a lui è

sbocciato il rinascimento del calcio italiano. Mi ha sempre difeso dalla diffidenza della piazza milanese e della stampa». TACOPINA PRESENTE In platea il Bologna calcio, con in testa il presidente Joe Tacopina, appena sbarcato da New York, affiancato dall’ad Claudio Fenucci e dal club manager Marco Di Vaio, il Sassuolo con l’ad Giovanni Carnevali, il Cesena col segretario Gabriele Valentini. Tre derby che tutti i tifosi di queste parti vorrebbero sempre vedere in A. Poi il basket con Virtus e Fortitudo bologna, tanti ex cestisti, la Fortitudo baseball, campione d’Italia, e, ultimo arrivato Stefano Baldini, olimpionico della maratona, attardato dalle code in autostrada ma in tempo per lo scatto finale. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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Mondo R Spagna

MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT

UNA VOLATA LUNGA 9 GIORNATE DA OGGI AL 24 MAGGIO BARCELLONA PT. 71

REAL MADRID PT. 67

STATO DI FORMA:

TACCUINO

30ª

31ª

32ª

33ª

34ª

35ª

36ª

37ª

38ª

Almeria

SIVIGLIA

Valencia

ESPANYOL

Getafe

CORDOBA

R. Sociedad

ATL. MADRID

Deportivo

Spari sul Fenerbahce Primi due arresti RAYO

scarso

Eibar

buono

Malaga

ottimo DIFFICOLTÀ:

CELTA

facile

media

Almeria

difficile

SIVIGLIA

molto difficile

Valencia

ESPANYOL

Getafe

In MAIUSCOLO le gare in trasferta CENTIMETRI

Coltello della Liga in mano al Barça? Ancelotti dice sì

L’ANTICIPO

Super Atletico con Griezmann Oggi il Valencia 1Real Sociedad al tappeto in 10’

Simeone, 4 gare di fila senza subire gol, può allungare al terzo posto

1Blaugrana a +4 ma con un calendario peggiore:

MADRID

il Real Madrid coccola Ronaldo e aspetta passi falsi to/troppo diretto, e perché pende più a destra, dove opera Messi. Non ci sembrano due peccati gravi. Stasera comunque per il Barça arriva al Camp Nou l’avversario giusto per aggiustare conti e statistiche: l’Almeria, terzultimo, ha fatto 3 punti nelle ultime sette e ha deciso di licenziare Martinez, detto «JIM», e sostituirlo con Sergi Barjuan, che esordirà nello stadio che lo ha consacrato come giocatore. Unica consolazione: all’andata i catalani hanno vinto solo 2-1. A sinistra Carlo Ancelotti, 55 anni, accanto c’è Luis Enrique, 44 AP

Filippo Maria Ricci CORRISPONDENTE A MADRID @filippomricci

«N

on so se vincere tutte le partite ci darà la Liga, so che dobbiamo cercare di ottenere 9 vittorie e che il manico del coltello è in mano al Barça». La situazione è chiara, come le parole di Ancelotti: il Madrid deve provare a fare il pieno di punti da qui alla fine della Liga e sperare in un paio di pareggi (o cadute) del Barcellona. Che ha un calendario peggiore: Siviglia e Valencia inframmezzate dalle sfide col Paris Saint Germain, la visita al Calderon a due giornate dalla fine e una partita in più fuori casa. GIOCO VOLGARE? E che viene accusato di «volgarizzazione» o «involuzione» del gioco. Perché il Barça delle goleade nelle

ultime tre partite tra Liga e Champions ha fatto solo 4 gol, o 6 nelle ultime quattro. Nelle quali però ha incassato solo una rete. Solidità ed effettività che ai puristi orfani di Guardiola non va giù, non piace, pare inaccettabile. Per spiegare il dato, due cose. Una, pratica: nelle ultime tre uscite della squadra di Luis Enrique Leo Messi non ha segnato, dopo aver fatto 20 gol nelle precedenti sedici. Un’altra, tecnica: il Barça ha imparato a proteggersi e a sfruttare al meglio i calci piazzati, basti dire che il centrale Mathieu ha fatto due gol decisivi nelle ultime due partite, reti che in pratica hanno portato in dote 4 punti. NEYMAR A SECCO Chi critica attitudine e mentalità del Barça di Luis Enrique giustifica così anche il momento particolare di Neymar, a secco dal 15 febbraio. Perché il gioco è mol-

LA SCELTA DI CARLO Più complessa la partita del Madrid, che dopo l’inebriante 9-1 al Granada e la prima «manita» in carriera di Ronaldo attraversa la città per andare a Vallecas. Rayo-Real è la partita tra le squadre della Liga con meno pareggi: 2 a 1. «Non ho grandi ricordi in quello stadio – ha detto ieri Carlo –, li è dove mi sono arrabbiato per la prima volta con la squadra, l’anno scorso. Vincemmo ma la seconda parte soffrimmo tanto». Intorno alla Casa Blanca si parla quasi solo della scelta di Ancelotti: ora che stanno tutti bene chi resta fuori tra Modric, James Rodriguez e Isco? A sorpresa forse Gareth Bale, che ha preso un colpo al piede che potrebbe ritardare la Grande Decisione di Carlo. Intanto, sliding doors tra i pali: stasera gioca Casillas, sabato al Bernabeu Keylor Navas. Scelte per la lunga volata della Liga: il Madrid ci crede, il Barça pure.

D

Diego Simeone, 44 anni, tecnico dell’Atletico da dicembre 2011 AP

FRANCIA

ATLETICO MADRID-REAL SOCIEDAD 2-0 MARCATORI aut. Mikel Gonzalez (R) al 3’, Griezmann (A) al 10’ p.t. ATLETICO MADRID (4-4-2) Oblak; Jesus Gamez, Gimenez, Miranda, Siqueira; Arda Turan (dal 41’ s.t. Saul Ñiguez), Tiago, Mario Suarez, Koke; Torres (dal 16’ s.t. Jimenez), Griezmann (dal 45’ s.t. Gabi). All. Simeone. REAL SOCIEDAD (4-2-3-1) Rulli; Zaldua, Elustondo, Mikel Gonzalez, Berchiche; Markel Bergara, Pardo (dal 29’ s.t. Agirretxe); Xabi Prieto, Zurutuza (dal 29’ s.t. Finnbogasson), Canales; Chori Castro (dal 36’ s.t. Granero). All. Moyes. ARBITRO Undiano Mallenco NOTE spettatori 40.000 circa, ammonito Arda Turan (A).

● Il Wolfsburg, prossimo avversario del Napoli nei quarti di finale di Europa League, conferma di attraversare un buon periodo raggiungendo le semifinali di Coppa di Germania. La squadra di Hecking ha battuto in gara unica il Friburgo per 1-0 con gol di Rodriguez su rigore. Nell’altro match della serata, il Dortmund ha superato ai supplementari per 3-2 l’Hoffenheim. Stasera gli altri due quarti Arminia-Borussia Moench. e Leverkusen-Bayern.

Liga 30a giornata Ieri Atletico Madrid-Real Sociedad 2-0, Levante-Siviglia 1-2, Eibar-Malaga 1-0. Oggi: Deportivo-Cordoba, Rayo Vallecano-Real Madrid, Barcellona-Almeria, Granada-Celta. Domani: Athletic Bilbao-Valencia, Elche-Getafe, Villarreal-Espanyol. Classifica Barcellona 71, Real Madrid 67, Atletico Madrid* 65, Valencia, Siviglia* 61, Villarreal 50, Malaga* 45, Athletic Bilbao 39, Rayo Vallecano 38, Real Sociedad* 37, Celta, Espanyol 35, Getafe 32, Eibar* 31, Levante* 28, Deportivo 26, Almeria 25, Granada 23, Cordoba 18. *Una partita in più. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Il City tra crisi e rivoluzione Via Pellegrini, ma anche i big

mesi. Questo crollo imprevisto affretterà i tempi dell’addio di Pellegrini, ma si scontra con i piani di Pep che, un mese fa, ha affermato che resterà in Germania fino al 2016. Alternative? La numero uno, perso per strada anche Simeone, si chiama Ancelotti. L’outsider è Klopp.

INGHILTERRA

Stefano Boldrini CORRISPONDENTE DA LONDRA

ellegrini allo sbando. Una squadra, il Manchester City, che ha perso la strada maestra. Si è spenta la luce di Aguero – solo un gol su azione nelle ultime 12 gare – e i campioni d’Inghilterra sono sprofondati nel buio. Un crollo che chiama in causa la classifica, basta scorrere le festività: in testa a Capodanno, quarti a Pasquetta. Il k.o. in casa del Palace, terza sconfitta di fila in trasferta, non è solo un segnale di

probabile resa in campionato: segna forse la fine del mandato del cileno Manuel Pellegrini. PROCESSO Il giorno dopo i media inglesi sguazzano nella crisi del City. Se il capitano Kompany in un sussulto d’orgoglio dice «il derby con il Manchester United è l’occasione ideale per reagire a questo momento difficile», i processi sui giornali vanno giù pesanti. Pellegrini è definito «molle, incapace di dare una scossa a una squadra di stelle cadenti e dove sono stati buttati al vento decine di milioni di sterline per acquistare gio-

catori normali». Niente di nuovo sotto al sole, anzi sotto le perenni nuvole di Manchester: il City affonda e le spese dello sceicco Mansour, nonostante i limiti imposti dal fair play finanziario, sono il primo argomento in discussione. ANCELOTTI? A cascata, tutto il resto. A cominciare dall’allenatore. Nei piani dei dirigenti spagnoli, Soriano e Begiristain, era tutto pronto per lo sbarco di Guardiola nel 2016. Il contratto di Pellegrini scade infatti tra un anno e anche quello di Guardiola al Bayern si esaurirà fra 14

● La polizia turca ha arrestato due uomini di 27 e 38 anni nell’ambito delle indagini sull’attacco armato al pullman del Fenerbahce, avvenuto nella tarda serata di sabato scorso, in cui è rimasto ferito il conducente del mezzo. I due sospetti sono stati arrestati a Trebisonda, la città sul Mar Nero dove sabato si era giocata la partita vinta per 5-1 dal Fenerbahce contro il Rizespor. Uno dei due fermati è sospettato di avere premuto il grilletto mentre l’altro uomo, suo presunto complice, lo avrebbe informato dell’arrivo del pullman tramite il telefonino: entrambi avrebbero negato il loro coinvolgimento. Ieri la Federcalcio turca aveva annunciato la sospensione di tutte le partite del campionato per una settimana.

ieci minuti. Tanto è durata la sfida del Calderon. Nei primi 600 secondi della gara l’Atletico ha colpito la traversa con Arda Turan, è andato in vantaggio con un autogol di Mikel Gonzalez (testata impeccabile nella porta sbagliata su angolo di Koke) e ha chiuso prematuramente la gara con la sedicesima rete in Liga di Griezmann, rapido ad approfittare della corta respinta di Rulli su un tiro da fuori di Koke (sempre decisivo) e poi rispettoso nei confronti del suo recente passato nella mancata celebrazione della rete. I restanti 80 minuti sono trascorsi senza passione, sfumando senza emozioni di rilievo. Per Simeone partita addormentata e quarta vittoria consecutiva considerando anche la Champions, tutte senza incassare reti. E 4 punti di vantaggio sul Valencia, atteso domani dalla difficile trasferta a San Mames, nella delicata sfida per il terzo posto che vale l’accesso diretto in Champions. f.m.r.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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TURCHIA

Manuel Pellegrini, 61 anni, allena il Manchester City dal 2013 AFP

ESODO Ma c’è anche il mercato dei giocatori. Yaya Touré vuole cambiare aria, ma avviso ai potenziali acquirenti, su tutti l’Inter: l’ivoriano sta perdendo colpi. Anche Dzeko potrebbe andare via, mentre la situazione-Jovetic è legata a Pellegrini: l’addio del cileno potrebbe convincere il montenegrino a restare. Milner, Kolarov, forse anche Sagna sono in partenza. Rifondazione in vista con un’incognita: e se Mansour si fosse stufato del giocattolo? © RIPRODUZIONE RISERVATA

Blanc su Verratti: «Non è come Pirlo» ● (a.g.) In attesa della finale di coppa di Lega, in programma sabato, il Psg si gioca l’accesso a quella di Francia, stasera in gara unica contro il Saint Etienne. Infortunati Luiz (per lui stop di un mese), Motta, Lucas e Cavani. C’è però Verratti che il tecnico Blanc non considera l’alter ego di Pirlo, davanti alla difesa: «Non è il suo posto ideale. È un giocatore che si valorizza a fianco di un vero 6». Nell’altra semifinale, disputata ieri, Auxerre-Guingamp 1-0.

GERMANIA

Wolfsburg ok in coppa Dortmund a fatica

MESSICO

Morde un avversario Stop di 2 giornate ● Due giornate di squalifica. È la sanzione che il giudice sportivo messicano ha inflitto a Juan Arango, centrocampista del Tijuana che sabato scorso, in occasione della sconfitta in campionato contro il Monterrey (3-4), ha morso alla spalla sinistra Jesus Zavala. Il 34enne difensore venezuelano, ex Maiorca e Borussia Monchengladbach, si era scusato pubblicamente per il suo gesto, da lui stesso attribuito a «frustrazione e rabbia».

INGHILTERRA

Liverpool in FA Cup Balotelli è disponibile ● Dopo il giallo dell’assenza di sabato contro l’Arsenal, causata da una botta presa in allenamento e da una sua rinuncia a prendere parte alla trasferta di Londra, Mario Balotelli torna a disposizione del tecnico Rodgers per la sfida di questa sera che vedrà i Reds affrontare il Blackburn nel replay dei quarti di FA Cup. Per lui, comunque, sarà tribuna o panchina.


Mondo R

MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT

TRA CALCIO E POLITICA

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CONTENUTO PREMIUM

Io che rapii la Saeta MISTERO FINALE NELLA VITA DI PAUL DEL RIO: LA SUA MORTE SE N’E’ ANDATO A CARACAS L’UOMO CHE SEQUESTRO’ DI STEFANO NEL 1963. UNA VICENDA MAI CHIUSA, UN ULTIMO STRANO CAPITOLO: E C’E’ CHI PARLA DI OMICIDIO LA STORIA di FILIPPO MARIA RICCI CORRISPONDENTE DA MADRID twitter @filippomricci

N

el mondo rivoluzionario sudamericano Paul Del Rio, alias Maximo Canales, si era fatto un nome prima grazie a una lunga e movimentata militanza e poi per le sue doti artistiche. Nel resto del mondo è passato alla storia come il sequestratore di Alfredo Di Stefano. Nato a Cuba nel ‘43 da genitori spagnoli in fuga dal regime franchista, Paul era arrivato a Caracas nel ‘45 ed è diventato venezuelano d’adozione. Nella stessa Caracas nel 1963, appena 19enne, era il numero 2 dell’operazione Julian Grimau, il sequestro lampo di Di Stefano, atterrato in città per giocare la Pequena Copa del Mundo, LA CIFRA un’Intercontinentale o Mundialito ante litteram che vedeva impegnato il Real Madrid di Santiago Bernabeu contro il San Paolo brasiliano e il Porto.

gnolo ucciso dal regime franchista qualche mese prima. Il presidente onorario del Madrid, morto meno di un anno fa, lo ha raccontato nella sua biografia, Gracias Vieja. Del Rio in varie interviste. I rivoluzionari delle Faln, Fuerzas Armadas de Liberacion Nacional, travestiti da poliziotti prelevarono la stella del Real Madrid tra la prima e la seconda partita del torneo, la notte del 24 agosto, nell’hotel Potomac. DALLA PAURA AL CAMPO Del Rio, entrato in clandestinità nelle file del Mir (Movimiento de Izquierda Revolucionaria) già a 17 anni, allora si faceva chiamare Maximo Canales, il cognome di sua madre Dora, gestì le 70 ore del sequestro. Di Stefano si spaventò, «Ero sicuro che mi sparassero» ha scritto, ma dopo alcune partite di dama e scacchi con i sequestratori, e un trattamento sempre definito cordiale («Mi fecero persino scommettere sui cavalli senza farmi pagare»), fu rilasciato sano e salvo e senza il pagamento di alcun riscatto. Fu organizzata un’improvvisata conferenza stampa, e Bernabeu lo volle in campo nella seguente partita: «Non ho mai capito perché, non ero in condizione, volevo solo tornare a casa dalla mia famiglia». I motivi del sequestro erano chiari: «Loro volevano pubblicità e l’hanno ottenuta. Mi regalarono un gagliardetto delle Faln, un domino e un cappellino» ha ricordato Di Stefano nell’autobiografia.

DALLE ARMI AI PENNELLI Canales fu arrestato dieci anni dopo, per altri motivi, dal regime di Betancourt che gli aveva anche tolto la nazionalità venezuelana, ma non fu mai condannato per il sequestro: il reato era stato prescritto. In compenso, chiusa la fase più attiva della sua vita politica (che ebbe il suo apogeo con il sequestro dell’addetto militare americano a Caracas, per far liberare un leader dei vietcong, e un ritorno di fiamma nel 1979 per combattere a fianco della causa sandinista anti-Somoza in Nicaragua) sviluppò le doti artistiche, diventando il pittore della sinistra rivoluzionaria veI gol segnati da Di Stefano con la maglia del nezuelana. Tra il 1974 e il 1993 le sue opere sono state esposte Real Madrid. in mezzo mondo: Spagna, Nel palmares, anche Messico, Finlandia, Giappone, 5 coppe dei Campioni Germania, Austria, Romania, Colombia, Canada... «Avevo cominciato con le caricature contro il regime, poi sono passato agli acquarelli, quindi alla pittura su tela e alla scultura», ha raccontato.

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MORTE TRAGICA Paul Del Rio è morto lunedì a Caracas in circostanze misteriose. Tutte le versioni concordano nell’uso della parola tragicamente: i famigliari invitano i giornali alla discrezione, fonti governative sospirano a mezza bocca la parola omicidio, il Pais ha parlato di suicidio dicendo che Del Rio che si sarebbe sparato al cuore. Del Rio se n’è andato a “casa sua”, nel Cuartel San Carlos, ex IL CINEMA E L’INCONTRO Per carcere nel quale lui stesso aveDel Rio nel 2005 c’è stato un va passato 3 anni tra il 1971 e il doppio riconoscimento cine1974 e che poi aveva espropriamatografico, grazie allo spato nel 2008 al governo dell’ex Alfredo Di Stefano, 1926-2014 EPA gnolo Borja Manso: un cameo amico e mentore Hugo Chavez in «Real, la pelicula», la storia (sepolto nello stesso Cuartel) e trasformato non del Madrid, e un documentario sul sequestro Di solo nella sua casa ma anche nella sede della Stefano intitolato «El secreto de Paul», entrambi Fondazione Capitan Manuel Ponte, impegnata a diretti da Manso. Per il lancio del film sul Real i riscattare, secondo la definizione cara allo stes- dirigenti del club invitarono Del Rio al palco del so Del Rio, la memoria di attivisti, contadini, Bernabeu insieme ai protagonisti della storia operai, studenti e popolani torturati, uccisi o de- della Casa Blanca: volevano, tra le altre cose, saparecidos durante la IV repubblica, ovvero il che si facesse una foto con Di Stefano ma don lungo regime di Romulo Betancourt. Alfredo si oppose. Secondo la ricostruzione di As incontrò il sequestratore, ci parlò ma rifiutò IL SEQUESTRO Proprio per protestare contro la di stringergli la mano: «Lei ha causato troppo brutalità e l’oppressione del dittatore venezue- danno alla mia famiglia». Evidentemente gli anlano fu organizzato il sequestro di Alfredo Di ni non avevano curato la ferita aperta a Caracas Stefano, l’operazione Grimau intitolata alla me- da Maximo Canales, rivoluzionario e artista. moria di un dirigente del Partito Comunista spa© RIPRODUZIONE RISERVATA

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IL PITTORE, LA STAR E GLI SCACCHI

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● 1 Paul del Rio, eclettico artista, pittore, rivoluzionario e rapitore di Di Stefano a Caracas, come gesto di protesta contro il regime ● 2 Di Stefano e Del Rio in una foto dell’epoca: durante i giorni del rapimento giocavano anche a scacchi ● 3 Un ritaglio di uno dei giornali che dettero grande risalto alla vicenda

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Siamo in onda! R

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MATTINA 7 Gazzetta News 7.30 Gazzetta News 8 Gazzetta News 8.30 Gazzetta News 9.05 Campioni a confronto 9.30 Explorers: avventure pericolose 10.05 Extreme Fishing 11.05 Condo’ Confidential

11.30 Campioni a confronto 12.05 The Speedgang - La banda dei motori 13 Gazzetta News 13.30 Gazzetta News POMERIGGIO 14 Gazzetta News - Ospiti i Dear Jack 14.15 Magazine Sci Freestyle 14.45 Autogol News

15.05 Sfide senza limiti - Prima Tv 15.30 Campioni a confronto - Prima Tv 16.05 Extreme Fishing - Prima Tv 17.05 The Speedgang - La banda dei motori 18.05 Sfide senza limiti 18.30 Le nuove forze del calcio 18.45 Tuttogol 19 Calciomarket 19.30 Gazzetta News

19.45 Gazzetta News - Ospiti i Dear Jack SERA 20 Gazzetta News 20.30 Gazzetta News 20.45 Autogol News 21.05 Condo’ Confidential 21.35 The Speedgang 22.30 Campioni a confronto 23 Calciomarket

GazzettaTv con Dear Jack e mercato

1La boy band è ospite in studio alle 14, poi serata di calcio con gol e commenti dopo Napoli-Lazio clic

Gabriella Mancini

E’

la boy band italiana del momento. Sintonizzatevi sul canale 59: i Dear Jack oggi sono ospiti di GazzettaTv alle 14 e in replica alle 19.45. Un successo dietro l’altro. Dopo il Premio della critica giornalistica ricevuto ad Amici nel 2013, il brano del Festival di Sanremo Il mondo esplode tranne noi è andato forte. Un balzo ulteriore nel cammino del gruppo poprock, che in questi giorni è in rotazione radiofonica con il brano Eterna, scritto da Kekko Silvestre dei Modà, il secondo singolo estratto da Domani è un altro film (seconda parte) già diventato Disco d’oro. I cinque ragazzi, ovvero il frontman Alessio Bernabei, Francesco Pierozzi, Lorenzo Cantarini, Alessandro Presti e Riccardo Ruiu, racconteranno il loro approccio con questa nuova vita, il rapporto con i fans, e soprattutto con le fans, sempre in coda per un selfie o per un poster firmato, e parleranno anche di sport. Nei palazzetti italiani hanno fatto il botto con il tour e per questa estate sono previste tre date: il 3 luglio a Roma, il 25 agosto a Taormina e il 31 agosto a Verona. SOSIA DI CAIRO Alle 14.45 da non perdere l’appuntamento con Gli Autogol, all’interno di Gazzetta News delle 14.45 e in replica alle 20.45: i tre ragazzi questa volta si scatenano sull’attualità calcistica con il sosia del presidente del Torino Urbano Cairo. Più tardi Sfide senza limiti seguirà le imprese di Gerhard Gulewicz che affronterà una sfida proibitiva: la Race Across America, una maratona in bicicletta di circa

COME RISINTONIZZARE I VOSTRI TELEVISORI E VEDERE IL CANALE 59

I Dear Jack ospiti di GazzettaTv, parleranno anche di sport: il loro ultimo brano, «Eterna», impazza alla radio

5.000 chilometri. La rubrica Campioni a confronto continua il paragone tra i grandi nomi dello sport, poi largo a Extreme fishing. MERCATO Serata all’insegna del pallone. Alle 19 e alle 23 la linea va a Calciomarket in diretta, tutti gli aggiornamenti del calciomercato con Federica Migliavacca e il massimo esperto Carlo Laudisa, giornalista della Gazzetta dello Sport. L’appuntamento con il mercato, visto l’interesse, è raddoppiato, va in onda quattro

volte alla settimana. Non mancano i gol e i commenti della partita di Coppa Italia Napoli-Lazio, semifinale di ritorno dopo il pareggio dell’andata per 1-1. Una sfida intrigante, con i partenopei alla ricerca dei gol perduti (ne hanno segnato soltanto uno nelle ultime quattro partite) e i biancocelesti lanciatissimi, con Klose alla caccia di nuovi record . Un’altra giornata avvincente per gli appassionati di sport e anche di musica. © RIPRODUZIONE RISERVATA

● Eseguire le seguenti procedure. Se possiedi Tv o Decoder Digitale Terrestre 1. Premere il tasto MENU sul telecomando 2 Selezionare Impostazioni/Avanzate 3. Posizionarsi sulla voce relativa alla Sintonizzazione automatica dei canali e premere il tasto OK, accedi alla configurazione dei canali 4. Impostare Modalità di sintonia dei canali su DTV 5. Posizionarsi sul pulsante Avvia scansione e premere il tasto OK per avviare la ricerca. Soluzione dei problemi Se avete già provveduto alla risintonizzazione senza esito e il vostro televisore è collegato ad un sistema con antenna centralizzata, fate verificare dal vostro antennista che sia presente nella centralina dell’antenna stessa il modulo (o filtro) necessario per la ricezione dei segnali tv del canale/mux 55 (frequenza 746 MHz), quello che supporta anche il canale 59 di Gazzetta Tv. Se il modulo manca, fatelo inserire: è un’operazione molto semplice. Se possiedi una Sky Digital Key 1. Premere il tasto Menu del telecomando SKY e premere OK per accedere al digitale terrestre 2. Premere il tasto rosso (Ricerca) e lasciare inviata la configurazione 3. Premere due volte il tasto rosso (Avvia ricerca) 4. Attendere il completamento dei canali e quindi premere OK


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OPINIONI La vignetta

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FILIPPO MAGNINI Nuotatore azzurro Supererò anche questa! @FiloMagnini

di Stefano Frosini

GIORGIO CHIELLINI Difensore Juve ● Andiamoooooo in finale!!!!!!!! Che partita!!!!!!! Avanti cosi!!!!! @Chiellini

ELISA DI FRANCISCA Azzurra di scherma ● Che spettacolo: una signora di 100 anni che riesce a nuotare per 1500 metri! Una lezione di grinta e determinazione! @ElisaLovesJesi

Juve in finale di Coppa Italia

L’

uomo-partita stavolta è in panchina. Quando nel luglio scorso Max Allegri si ritrovò catapultato alla guida della Juve tutti pensarono che quella del tecnico livornese sarebbe stata una Mission Impossible. Antonio Conte era stato il simbolo dei tre scudetti bianconeri. Un allenatorecondottiero, amato dai tifosi, capace di entrare nel cuore e nella testa dei suoi allievi e di conquistare l’ultimo titolo a più di cento punti. Il confronto con un simile totem poteva schiacciare chiunque. Allegri è entrato in punta di piedi nel suo nuovo mondo. Nessuna rivoluzione, ma tanto buonsenso. Giorno dopo giorno ha cominciato a smontare e a ricostruire la micidiale macchina da vittorie bianconera. Non sbagliando un colpo: ha già in pugno un altro scudetto e ha centrato i quarti di

Champions con una partita da incorniciare a Dortmund. Da tempo nessuno in casa Juve guarda con nostalgia al passato. E Allegri continua a stupire. La grande impresa di ieri a Firenze è figlia al 100 per 100 delle scelte del tecnico bianconero. Travolgere una delle squadre più in forma del campionato senza Pirlo, Pogba, Buffon e Tevez è tanta roba. Il buon Max ha indovinato tutto: ha puntato su Matri come sostituto dell’infortunato Tevez; ha dato fiducia a Pereyra trequartista; ha pungolato l’orgoglio del suo gruppo esattamente come sapeva fare Conte. Questa finale di Coppa Italia renderà ancora più forte la Juve perché alzerà l’autostima di quelli che lavorano quasi sempre nell’ombra. La Juve di Allegri è in pista su tutti i fronti. Centrare il triplete è un’impresa quasi impossibile, però i campioni d’Italia stanno prendendo sempre più coscienza della propria forza. Brusco stop, invece, per la Fiorentina. Senza le magie di Salah la formazione viola si è ritrovata di

colpo senza idee. Tanto banale possesso palla e poco altro. Montella non ha risposto ai colpi di Allegri. Ritardando i primi cambi e non correggendo al volo una squadra apparsa subito in difficoltà. Uno dei pochi a salvarsi è stato Neto che tra 2 mesi sarà della Juve. La Fiorentina è in corsa per la zona Champions ed è nei quarti di Europa League. C’è tempo e modo per andar oltre la dolorosa sconfitta. Stasera conosceremo il nome dell’altra finalista. Il Napoli parte con un piccolo vantaggio (l’1-1 dell’Olimpico) ma la Lazio è più in forma. Benitez rispolvera Hamsik e propone la coppia HiguainGabbiadini mentre Pioli presenta il tridente delle meraviglie con Candreva-Klose e Felipe Anderson. Come dire, la Coppa Italia non è più vista come una coppetta. Si fa tremendamente sul serio. Chi rischia di più è il Napoli. Dopo il mezzo fallimento in campionato uscire da questo torneo avvicinerebbe la fine di un ciclo. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Basket Usa

ORA COACH K È DAVVERO IL NUMERO UNO L’ANALISI IANI di MASSIMO ORIANI email: moriani@rcs.it twitter: @massimooriani ni

L

eBron James o Michael Jordan? Bill Russell o Shaquille O’Neal? Kobe Bryant o Oscar Robertson? Red Auerbach o Phil Jackson? Sono le domande che piacciono tanto ai tifosi, ma che non hanno una risposta. Perché è impossibile paragonare stelle o allenatori di epoche diverse in uno sport in continua evoluzione. Stesso discorso per il più attuale dei confronti, quello tra Mike Krzyzewski e John Wooden. Il tecnico di Duke ha conquistato il quinto titolo di basket collegiale lunedì notte, staccandosi da solo dietro al Mago di Westwood, che ne ha vinti 10 con Ucla. Qui però c’è un distinguo importante da fare, perché cambia e non di poco il metro di giudizio. Wooden dominò un’era (dal ‘64 al ‘75) in cui al

torneo c’erano solamente tra 22 e 25 squadre (si passò a 32 nel ‘75 per arrivare 10 anni dopo alle attuali 64, senza contare i due turni preliminari che coinvolgono 8 squadre). Molto meno complicata quindi la strada per arrivare al successo finale. Ma, cosa forse ancor più importante, il tecnico scomparso nel 2010 non aveva a che fare con meteore che passavano un anno dal Pauley Pavillon, casa losangelina dei Bruins, per poi spiccare il volo verso la Nba. Cosa che invece oggi accade con preoccupante regolarità, al punto d’aver minato forse irrimediabilmente la qualità del gioco se non vi si porrà presto rimedio. Impossibile costruire un progetto a lunga scadenza. I tre giocatori più forti di questa Duke campione, Jahlil Okafor, Justise Winslow e Tyus Jones, tra un mese verranno scelti tra i primi 20 al draft dei pro’. Trattasi di tre freshmen, ovvero matricole. Pensate che cosa potrebbe essere dei Blue

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DIRETTORE RESPONSABILE ANDREA MONTI andrea.monti@gazzetta.it VICEDIRETTORE VICARIO Gianni Valenti gvalenti@gazzetta.it VICEDIRETTORI Pier Bergonzi pbergonzi@gazzetta.it Stefano Cazzetta scazzetta@gazzetta.it Andrea Di Caro adicaro@gazzetta.it Umberto Zapelloni uzapelloni@gazzetta.it Testata di proprietà de “La Gazzetta dello Sport s.r.l.” - A. Bonacossa © 2015

GIGI DATOME Azzurro di pallacanestro ● 35 anni di matrimonio per babbo e mamma! L’amore non è cosa da poco. @GigiDatome

FILIPPO POZZATO Ciclista ● La nostra vita nn vale un cazzo!!!!! Continuiamo fino a che nn ci scappa il morto!!! #theshowmustgoon #pp @PippoPozzato

Lettere alla Gazzetta

CAPOLAVORO ALLEGRI, SOGNO TRIPLETE L’ANALISI MAII di LUCA CALAMAI

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PRESIDENTE Angelo Provasoli VICE PRESIDENTE Roland Berger AMMINISTRATORE DELEGATO Pietro Scott Jovane CONSIGLIERI Fulvio Conti, Teresa Cremisi, Luca Garavoglia, Attilio Guarneri, Piergaetano Marchetti, Laura Mengoni DIRETTORE GENERALE DIVISIONE MEDIA Alessandro Bompieri

Devils se avessero a disposizione quel trio per quattro anni, come accadde a Ucla che ai tempi di Wooden potè permettersi il lusso di schierare un certo Bill Walton dal ‘71 al ‘74... Anthony Davis, oggi stella dei New Orleans Pelicans, in teoria avrebbe dovuto disputare il suo ultimo anno di università con Kentucky. Impensabile tornare indietro di 40 anni, giusto però tener ben presente cosa significhi vincere oggi rispetto a quell’epoca. Ecco allora che il paragone diventa possibile, o quantomeno non così soggettivo come nei casi citati in precedenza, dove la valutazione non si basa su dati concreti. Sbilanciarsi non è un azzardo, definire Krzyzewski il numero uno di tutti i tempi a livello collegiale non è un’eresia. Non sarà mai un assoluto, resterà un relativo, ma che non farà certo rivoltare Wooden nella tomba. Anzi, sarebbe lui il primo ad alzarsi e applaudire Coach K per il quinto sigillo.

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SCRITTE E CENSURA, TAMMARO E ALEX PORTO FRANCO CO RTURI di FRANCO ARTURI email: farturi@gazzetta.it etta.it twitter:@arturifra

Caro Arturi, siamo alle solite: lo striscione durante Roma-Napoli. Non si tratta di censura, ma se i giornali e le tv non ne parlassero, lo vedrebbero solo allo stadio e sarebbe finita lì, invece, voi giornalisti di tv e stampa scritta ci sguazzate per giorni. Basta ipocrisia. Il diritto di cronaca? Va bene, dite che sono stati esposti determinati striscioni ma senza mostrarli, per non dare soddisfazione ai teppisti. Tommaso Pennella (Saanen) È un dibattito aperto da decenni: i sostenitori della sua tesi non mancano. Noi stessi ne prendiamo la parte migliore: da tempo non pubblichiamo striscioni offensivi o demenziali di ordinaria volgarità. Mi spingo ancora più vicino al suo argomentare: è sicuro che la pubblicazione di certe scritte (o comunicati delle Br in altra epoca e più grave contesto, ma l’essenza del dibattito era la stessa) porti dei danni, sia nella possibile emulazione da parte di menti deboli, sia nella gratificazione mediatica data ai responsabili. Ma quando si passa una certa soglia di gravità (vedi la chiusura della curva), non scatta soltanto il diritto di cronaca, al quale lei accenna, bensì il dovere. Il danno collaterale è superato di gran lunga dal beneficio pubblico per tutto ciò che di positivo si innesta: condanne, riflessioni, stimolo alle attività repressive, indagini e inchieste sulle debolezze di un sistema che presenta questi paurosi buchi nelle maglie della sicurezza. E soltanto una corretta informazione può sottolineare quello che ancora una volta è dimostrato: la subcultura ultrà è padrona delle curve dove impone le sue logiche distorte, stili di vita sballati, rituali inaccettabili costruiti su un onore di cartapesta. Tutto questo va scritto mille volte: serve alla collettività.

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Stavo per scriverle, da appassionato di atletica, sull’accordo Schwazer-Donati, sul quale non mi sono formato un’idea precisa, quando ho letto della scomparsa di Renato Tammaro, storico animatore della gloriosa Riccardi, di cui anch’io da ragazzo ho fatto parte. Lo ricordo come un papà sorridente, di quelli che non ti fanno mai capire la fatica improba che sopportano per tirare avanti pur di vestire tutti con quella maglia verde. Un grande dolore: quell’atletica pura forse scompare con lui. Jacopo Cattani Ha scritto parole bellissime per Tammaro: soltanto uno delle sue migliaia di ragazzi ci sarebbe riuscito compiutamente. M’inchino alla sua memoria. Era un dirigente appassionato e una persona onesta. Come tale non si era mai immischiato con la compromissione disgustosa cui il suo sport s’era piegato dalla fine degli anni 70 in poi, fra truffe e doping pianificato dalla federazione. Quanto al percorso del marciatore dopato e squalificato, ho la stessa opinione espressa sulla Gazzetta prima da don Ciotti e poi da Valerio Piccioni. Un’operazione di grande valore culturale, che si regge sul volontariato a titolo gratuito (lo si è ricordato poco) sia di Donati sia del tecnico e degli scienziati a cui si appoggia. Un rapporto clamoroso che avrà scopi anche investigativi: sarà facile, con controlli mirati e continui, capire se il marciatore ha mentito sul passato o lasciato zone buie. I rischi sono tutti di Schwazer perché Donati, a 68 anni, dopo una vita dedicata alla lotta al doping, non ha nulla da dimostrare. Chi lo critica «da sinistra» in questa vicenda fa proprio sobbalzare. Da una parte si sparano bambinate da bar, tipo squalifica a vita alla prima infrazione doping (insostenibile in qualsiasi contesto giuridico), dall’altra si sopporta da 30 anni che l’atletica sia infangata e intossicata. Ci sarebbe da sganasciarsi dalle risate se attorno al doping non si siano consumati e si consumino autentici drammi.

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La tiratura di martedì 7 aprile è stata di 266.281 copie

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MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT


Serie B R Il personaggio

MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT

Corvia con una tripletta cancella mesi da incubo

1L’attaccante del Brescia s’è scatenato dopo errori e infortuni

«Dicono che dovrei giocare in A? Ora penso solo a restare in B»

Gian Paolo Laffranchi BRESCIA

D

estro, sinistro, testa. Uno contro uno, finte, sponde. E quell’esultanza alla Spillo Altobelli sobria, contenuta, senza sprecare energie, ché lo spettacolo bisogna darlo prima, con il pallone tra i piedi. Daniele Corvia ha affossato così il Pescara, calando un tris d’assi sotto porta, e così spera di contribuire alla salvezza del Brescia. Ma cosa ci fa uno così in Serie B? «Quante volte me lo sono sentito ripetere... E qualche volta me lo sono chiesto anch’io per davvero – sorride l’attaccante classe 1984, cresciuto nella Roma: esordì in A proprio a Brescia, città nel suo destino – purtroppo, fra infortuni lunghi e sbagli commessi, nella massima serie ho giocato e non giocato. Evidentemente non ero pronto del tutto». Centodue presenze e 10 gol. Contro i 62 realizzati in B, in 192 partite. COME L’EVEREST «Adesso anche restare in Serie B sarebbe un sogno – sospira Corvia – mancano otto giornate alla fine del campionato e la classifica è una montagna da scalare. Dobbiamo fare un’impresa senza precedenti, ma non è mai troppo tardi. Passeremo alla storia, in un modo o nel-

SERVE UN’IMPRESA PER SALVARCI: COMINCIAMO CON IL BOLOGNA AVEVO PROMESSO LA TRIPLETTA A MIO FIGLIO: GLI HO DATO IL PALLONE A sinistra Daniele Corvia, 30 anni , festeggiato da Sodinha LAPRESSE

I TRIPLETTISTI GIORN. GIOCATORE SQUADRA 7a RICCARDO MANIERO PESCARA 7a GAETANO VASTOLA LANCIANO a 12 ETTORE MARCHI PRO VERCELLI 13a DAVIS CURIALE FROSINONE 15a ANDREA CARACCIOLO BRESCIA 20a GIOVANNI ABATE TRAPANI a 20 ALESSANDRO SGRIGNA CITTADELLA 25a ANDREA COCCO VICENZA 28a MARCO SANSOVINI PESCARA a 31 FERDINANDO SFORZINI ENTELLA a

34 DANIELE CORVIA

BRESCIA

l’altro: spero nel modo giusto. Vorrei essere ricordato come uno dei giocatori che ha raggiunto una salvezza incredibile con il Brescia». Non come uno dei giocatori che con il Brescia sono scesi in terza serie, trent’anni dopo l’ultima volta. FUTURO Corvia non pensa tanto al futuro: ha un contratto che scade nel 2016, «ma come faccio a guardare oltre il Bologna? Dobbiamo vincere sabato e basta, nella consapevolezza

DANIELE CORVIA ATTACCANTE DEL BRESCIA

che tutto dipende da noi. Ora e sempre. Io in A ho giocato meno di quel che avrei voluto, ma non mi arrendo: ho trent’anni, posso ancora farcela, il mio obiettivo è arrivare a disputare ancora almeno una stagione ad alti livelli». SFERA DI CRISTALLO Tutto è possibile, se si pensa che Corvia aveva previsto la tripletta di Pescara, la prima della sua carriera: «Ne avevo parlato in settimana con i compagni, poi avevo detto a mio figlio Chri-

stian che gli avrei portato a casa il pallone e così è andata. I miei tre gol li ho dedicati tutti alla famiglia, a mia moglie e ai miei figli, perché quando le cose non funzionano, e questa è un’annata difficile, il lavoro alla fine te lo porti a casa. Questa rinascita ci voleva. Sono stato anche fortunato. Ma non mi sento il salvatore della patria. Da soli non si fa nulla, serve la squadra per vincere le partite». LA COPPIA NON VA Altrimenti squadre come Brescia e Catania non si ritroverebbero in fondo alla classifica con i bei nomi che si ritrovano in organico. E se il calcio fosse aritmetica, Corvia più Caracciolo significherebbe valore aggiunto. Invece i numeri sono impietosi: con Corvia punta unica il Brescia ha conquistato 12 punti in 7 turni, media 1,71; con Caracciolo 12 in 10, media 1,2; con entrambi 10 in 13, media 0,77. La fotografia è chiara: con i due centravanti insieme in campo il Brescia fatica. «Io e Andrea non diamo tanto peso a questi dati – assicura Corvia, 9 reti all’attivo in questo campionato – i numeri sono significativi, ma il problema non è tanto la coppia. Se non siamo al top, o la squadra non sta bene, fatichiamo a giocare come sappiamo, qualcuno deve snaturarsi e i risultati non arrivano. Ma quando siamo in forma entrambi e la squadra è in salute, come due anni fa, riusciamo a duettare, la squadra gioca e vince. E la salvezza passa anche da qui». E Corvia allarga il discorso, giocando di sponda: «Finora abbiamo avuto infortuni, problemi, penalizzazioni in classifica. Se il vento gira e cambiamo atteggiamento, mostrandoci aggressivi e determinati come a Pescara, possiamo riuscire anche a scalare una montagna come questa». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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TACCUINO PRO VERCELLI

«Tutti per uno» In curva a un euro ● VERCELLI Per portare quanti più i tifosi allo stadio in un momento tanto delicato nella lotta alla salvezza, la Pro Vercelli ha deciso di lanciare l’iniziativa «Tutti per uno, uno per tutti». In occasione della partita di sabato alle 15 contro il Livorno, i biglietti di Gradinata Nord e Sud saranno venduti al prezzo simbolico di un euro. La promozione è valida fino a venerdì presentandosi alla biglietteria di via Massaua (sabato saranno venduti biglietti ai prezzi originali).

LA SITUAZIONE

Venerdì l’anticipo Vicenza-Avellino ● Così la 35a giornata di B. Venerdì (ore 20.30): VicenzaAvellino (andata 1-0). Sabato (ore 15): Bari-Crotone (0-3); Brescia-Bologna (2-1); CataniaTrapani (2-2); Cittadella-Carpi (2-5); Frosinone-Pescara (0-3); Lanciano-Latina (0-1); ModenaEntella (1-1); Pro VercelliLivorno (1-3); Spezia-Ternana (0-0). Lunedì (ore 20.30): Perugia-Varese (1-1). La classifica: Carpi p. 68; Bologna (-1) 56; Vicenza 53; Avellino 52; Frosinone* 51; Livorno, Spezia e Perugia 50; Pescara 48; Lanciano 46; Bari 44; Trapani 42; Latina*, Ternana ed Entella 40; Modena, Cittadella, Crotone e Pro Vercelli 39; Catania 38; Brescia (-6) 31; Varese (-4) 28. (* una partita in meno). Martedì 14 alle 18 si recupera invece il derby Frosinone-Latina (1-4), che era stato rinviato per motivi di ordine pubblico.

Lega Pro R L’allenatore emergente

Bassano salta con l’Asta Ma c’è il Toro nel destino 1L’ex granata sta

raccogliendo elogi anche da tecnico: veneti protagonisti nella corsa alla B

Roberto Pelucchi

«N

on c’è bandiera senza asta, non c’è Toro senza Tonino Asta»: questo è lo striscione che i tifosi granata confezionarono su un lenzuolo che era una carezza al capitano liquidato malamente dalla coppia Cimminelli-Romero, nel 2002, dopo cinque stagioni e due promozioni in A. Nell’immaginario collettivo, Antonino Asta resta cuore Toro, anche se la sua carriera ha preso strade non banali (Napoli, Palermo). E nell’immaginario dei tifosi del Toro, Asta sta studiando per il grande ritorno. Sta facendo apprendistato in provincia per planare, prima o poi, sulla panchina granata. E stavolta non perché considerato inadeguato per giocare in Serie A (accadde anche questo...). GAVETTA Asta adesso allena il Bassano, impegnato nella corsa alla Serie B. A lui guardano con interesse squadre di categoria superiore: la sua è organizzata, un misto di qualità e tempera-

mento. Asta è sempre arrivato tardi a prendersi quello che si meritava. Da calciatore è partito dal basso che più basso non si può. A 8 anni ha lasciato Alcamo Marina, con la famiglia, per salire a Milano. Il pallone che gli faceva compagnia era quello infangato dei campetti di quartiere. Di giorno serviva i caffè nel bar dei genitori, di sera andava a giocare per 250 mila lire al mese in Promozione, nel Corbetta presieduto da Ezio Greggio, il comico. Era il 1989-90. Maradona sognava il Mondiale italiano con l’Argentina, Asta la prima di una lunga serie di promozioni. Poi Abbiategrasso, Saronno, Monza. Quindi il Torino su segnalazione di Gigi Radice: «E’ il nuovo Claudio Sala». POETA Asta è arrivato in Serie A a 29 anni, in Nazionale con il Trap a 31. «Dall’Interregionale alla A, ho fatto la gavetta, e ogni volta che mi affacciavo nella massima serie venivo ricacciato indietro: ha fiato e gambe, ma non ha piedi, si diceva. Quando a 22 anni ho lasciato il bar per il calcio mi sono prefissato un solo obiettivo: giocare un match in A», disse in una intervista. In A ci è arrivato con le sue gambe «e con i miei piedi un po’ storti, ma raddrizzati nel tempo». Ci ha messo anche i polmoni, davvero enormi per far volare la maglia numero 7 sulla fascia, e tanto cuore. «La speranza... di poter fare quello in cui credi, di

LE GARE DI OGGI Coppa: andata finale tra Como e Cosenza Girone B: i recuperi ● Si giocano oggi tre partite di Lega Pro: l’andata della finale di Coppa Italia e due recuperi del girone B..

Antonino Asta, 44 anni LAPRESSE

non arrendersi di fronte agli ostacoli, di non vivere di rimpianti, di un futuro comunque migliore... la mia speranza è che ognuno di noi possa avere sempre qualcosa in cui sperare», è la poesia che scrisse prima di un derby contro la Juve. La carriera calcistica di Asta è stata troncata da un infortunio quando era a Palermo e da lì è sbocciata quella di allenatore. Prima con le giovanili del Torino, poi con il Monza (una finale dei playoff di Seconda persa) e ora il Bassano. Novara, Pavia e Alessandria tremano. Perché quell’ex numero 7 arriva sempre. Tardi, ma arriva. © RIPRODUZIONE RISERVATA

COPPA ITALIA ● Como e Cosenza giocano il primo round della finale: ritorno il 22 in Calabria. Una maglia celebrativa speciale indossata dalla squadra per la gara, coreografia già pronta sugli spalti, e una raccolta benefica organizzata dai tifosi a sostegno della cura per la leucemia infantile, con la vendita di magliette che celebrano l’evento: il Como si prepara così alla terza finale di Coppa Italia della sua storia (una persa con il Palermo, una vinta con la Nocerina). Nel Cosenza mancano gli squalificati Corsi e Fornito e l’infortunato Cori, ma il momento è ottimo: in campionato non perde da 8 partite, nelle quali ha subìto un solo gol con Ravaglia imbattuto da 399’. Così in campo questa sera (inizio alle ore 18.30): COMO (4-3-1-2) Crispino; Ambrosini, Lebran, Cassetti, Fautario; Fietta, Berardocco, Cristiani: Le Noci; Ganz, Maritato. (Falcone, Marconi, Marchi, Ardito, Rolando, Scapuzzi, Defendi). All. Sabatini. COSENZA (4-4-2) Ravaglia; Blondett, Tedeschi, Carrieri, Ciancio; Criaco, Arrigoni, Caccetta, Statella; De Angelis, Cesca. (Saracco, Zanini, Magli, Novello, Tortolano, Chidichimo, Calderini). All. Roselli. ARBITRO Piccinini di Forlì (Chiocchi-Muto). RECUPERI GIRONE B Così in campo oggi pomeriggio (inizio alle ore 15): PISTOIESE (4-3-3) M. Ricci I; Golubovic, L. Ricci, Di Bari, Frascatore; Calvano, M. Ricci II, Vassallo; Falzerano, Anastasi, Piscitella. (Olczak, Celiento, Piana, Pacciardi, Mungo, Martignago, Coulibaly). All. Sottili. ANCONA (4-4-2) Lori; Parodi, Paoli, Mallus, D’Orazio; Lisai, Camillucci, Di Ceglie, Morbidelli; Tavares, Cognigni. (Polizzi, Cangi, Bacchetti, Sampietro, Bambozzi, Bondi, Gelonese). All. Cornacchini. ARBITRO Pillitteri di Palermo (Defina-Bianchini). Così in campo questa sera (inizio alle ore 20.45): REGGIANA (4-3-3) Feola; Andreoni, Spanò, Sabotic, Mignanelli; Maltese, Vacca, Angiulli; Alessi, Ruopolo, Siega. (Messina, De Biasi, De Giosa, Messetti, Petkovic, Giannone, Tremolada). All. Colombo. PISA (4-4-2) Pelagotti; Pellegrini, Paci, Sini, Costa; Finocchio, Iori, Misuraca, Floriano; Arma, Beretta. (Adornato, Samba, Ricciardi, Mandorlini, Napoli, Frediani, Arrighini). All. Amoroso. ARBITRO Marini di Roma (Sbrescia-Grossi).

LA SITUAZIONE Salernitana, sabato grande occasione per avvicinare la B ●

Questo il programma della 34a giornata in Lega Pro:

VENERDÌ Ore 19.30 Pro Piacenza-Santarcangelo (girone B, 0-2). Ore 20.45 Foggia-Casertana (C, 2-1, diretta su Raisport). SABATO Ore 14.30 Giana-AlbinoLeffe (A, 3-0); Tuttocuoio-Savona (B, 22); Savoia-Juve Stabia (C, 1-2). Ore 15 Mantova-Novara (A, 0-1); Grosseto-Ascoli (1-1) e Teramo-Lucchese (B, 0-0). Ore 16 Arezzo-Cremonese (A, 1-3); Aversa Normanna-Barletta (0-0) e Salernitana-Lupa Roma (C, 4-0). Ore 17 Alessandria-Monza (3-2) e Pro Patria-Feralpi Salò (A, 00); Benevento-Reggina (C, 2-0). Ore 19.30 Pordenone-Südtirol (A, 0-2); Martina-Matera (C, 1-3). DOMENICA Ore 11 Pistoiese-L’Aquila (B, 0-2). Ore 12.30 Lumezzane-Como (A, 0-2); Ancona-Prato (B, 3-2). Ore 14.30 Torres-Real Vicenza (A, 3-3); Reggiana-Carrarese (B, 3-1); Ischia-Cosenza (1-3) e Melfi-Lecce (C, 1-4). Ore 16 Pavia-Renate (A, 1-0); Catanzaro-Messina (1-1) e Vigor Lamezia-Paganese (C, 0-1). Ore 18 Bassano-Venezia (A, 2-1); Forlì-Pontedera (1-2) e San Marino-Gubbio (B, 0-2). LUNEDÌ Ore 20.45 Pisa-Spal (1-0). LE CLASSIFICHE GIRONE A Novara e Bassano p. 64; Alessandria 62; Pavia (-1) 60; Como 54; Feralpi Salò 49; Real Vicenza 47; Arezzo 45; Südtirol e Venezia 44; Cremonese 42; Mantova (-3) e Renate 40; Giana e Torres 39; Monza (-2) 36; Lumezzane 31; AlbinoLeffe 29; Pordenone 27; Pro Patria (-1) 25. GIRONE B Teramo p. 65; Ascoli 60; Reggiana* 55; L’Aquila 54; Pisa* 51; Spal 49; Ancona* 48; Lucchese 47; Pontedera 45; Tuttocuoio 44; Carrarese 41; Gubbio 39; Grosseto (-1) 38; Santarcangelo* 37; Prato 36; Savona 35; Pistoiese** 34; Forlì 33; Pro Piacenza (-8) 29; San Marino 26. (** due partite in meno, * una partita in meno). GIRONE C Salernitana p. 73; Benevento 68; Juve Stabia 60; Lecce e Matera 57; Casertana* 56; Foggia (-1) 54; Catanzaro 48; Barletta 43; Cosenza e Vigor Lamezia 41; Melfi (-2) 38; Martina* e Lupa Roma 36; Paganese 34; Ischia 29; Messina e Savoia 28; Aversa Normanna 26; Reggina (-4) 22. (* una partita in meno).


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Formula 1 R GP Cina

MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT

QUI SAUBER

Pensierino Nasr: «Io a Maranello? Con l’aiuto di Kimi» 1Il brasiliano: «Ho il suo manager e lui ha

investito su di me: salario, auto e una casa»

Andrea Cremonesi

L

Kimi Raikkonen, 35 anni, è tornato alla Ferrari la scorsa stagione. La prima esperienza durò dal 2007 al 2009 e fruttò un Mondiale AP

Carica Raikkonen: «Occhio Mercedes, cresceremo ancora» 1Il d.t. Allison: «Non sarà una Ferrari conservativa, ogni

volta che avremo un progresso lo metteremo sulla SF15-T»

Paolo Ianieri

È

la grande curiosità che agita le menti degli appassionati di F.1: la cavalcata imperiosa di Sebastian Vettel e della Ferrari due domenica fa a Sepang potrà ripetersi anche tra qualche giorno in Cina? O, bruciata dalla sconfitta in Malesia, la Mercedes reagirà duramente per togliere subito a tutti il dubbio su chi sia la squadra da battere? RISCOSSA «Abbiamo lasciato la Malesia con tante cose a cui pensare — è l’analisi di Toto Wolff, responsabile della Mercedes —. Perché quello che potrebbe essere stato un buon risultato per lo sport, per noi è stata una sveglia. Non è qualcosa che ci si può permettere di concedere spesso e, anche se abbiamo portato due auto sul podio, abbiamo analizzato ogni area per vedere come avremmo potuto agire meglio. I nostri rivali hanno alzato il livello e ora tocca a noi reagire. La Cina è il posto dove farlo:

Lewis lì ha un gran record e sempre lì Nico ha conquistato la sua prima vittoria. Abbiamo un’arma a nostra disposizione e dobbiamo fare tutto il possibile per sfruttarla». MANNA ROSSA Di sicuro, messa nell’angolo da una crisi di conti economici esorbitanti, regole eccessivamente complicate, team in agonia e tifosi sempre più lontani, la Formula 1 ha vissuto come manna dal cielo la vittoria della Ferrari, visto che, all’improvviso, tutto quello di cui si è parlato sono state la scommessa vinta da Vettel, la fine della crisi del Cavallino, l’improvvisa rivitalizzazione di una stagione che si annunciava come l’ennesimo monologo Mercedes. E anche se quello cinese si presenta come un appuntamento favorevole alle Frecce d’argento, la Ferrari arriva a Shanghai per provare a ripetere l’impresa. PASSI AVANTI «Per me è chiaro che abbiamo una monoposto competitiva — ha detto Kimi Raikkonen alla rivista tede-

sca Speedweek —, anche nel caso in cui non faccia caldo come a Sepang. Stiamo lavorando per migliorare in qualifica. Abbiamo fatto enormi progressi rispetto al 2014, tutti i cambiamenti sono stati corretti, lo sviluppo è in esecuzione come dovrebbe. A poco a poco ci avviciniamo alle Mercedes». EVOLUZIONI Ci crede anche James Allison, d.t. della rossa, uno degli uomini chiave della riscossa. «Non saremo conservativi. Butteremo progressi in macchina ogni volta che ne troveremo. Al momento, abbiamo in fabbrica parecchi progetti allo studio che troveranno sbocco in macchina il prima possibile. E altri ne arriveranno. Il programma aerodinamico sta avendo prestazioni solide e siccome le regole sono ancora parecchio nuove, credo che potremo aspettarci parecchio». PROGRAMMAZIONE È una nuova filosofia, quella che sta indirizzando il lavoro della Ferrari. «Il mio compito è quel-

TOLGO LA PRESSIONE DI DOVER OTTENERE RISULTATI OGNI SETTIMANA. COSÌ LAVORIAMO PIÙ LIBERI JAMES ALLISON DIRETTORE TECNICO FERRARI

lo di togliere la pressione di dover ottenere risultati la settimana prossima — spiega Allison —, lavorando invece con una scala temporale più lunga, cosa che ti permette di essere più libero nel lavoro. È difficile fare qualcosa in un arco di duetre mesi, serve un programma di mesi e anni, piuttosto che settimane. E sapere che lavoriamo per il futuro, ci rende più forti ogni mese».

● (p.g.) La Sbk tornerà sui circuiti che hanno fatto la storia: Monza già il prossimo anno. Dorna, società organizzatrice del Mondiale, ha già dato via libera. E’ un cambio di strategia a 180° per il promoter che nel 2013 aveva bocciato il tracciato senza appello ritenendolo troppo pericoloso. Ma Dorna non ha cambiato idea per motivi romantici, piuttosto per interesse: Monza tornerà ad essere

Perché disse no alla Red Bull? «Troppo r ischioso e non Felipe Nasr

Che è il manager di Raikkonen. «Anche lui ha partecipato all’investimento. Mi è stato vicino, scambiavamo delle impressioni. Una ottima scelta: mi hanno dato un salario, una macchina e un appartamento». In Malesia ha rovinato la gara del suo… manager. «Sì, ho toccato Kimi e so che avrei dovuto evitare il contatto. Capita. Quello di Sepang è stato un fine settimana difficile, speriamo di voltare pagina a Shanghai». Che già conosce. «Non ci ho mai corso ma ho disputato il primo turno di libere l’anno passato con la Williams. Quei lunghi rettifili dovrebbero darci una mano, spero di tornare a raccogliere punti». Sauber vuol dire anche Ferrari. Un pensierino per il futuro? In fondo a Maranello ci sono già passati Barrichello e Massa. «Perché no? Con i motoristi Ferrari lavoro bene. Vediamo». Brasiliano, ma di origini libanesi. Che cosa ha ereditato dalle sue origini? «Il senso della famiglia. La tradizione del pranzo del sabato dalla nonna. Mio padre e i suoi fratelli che lavorano insieme nel team di famiglia: è lì che ho imparato il mestiere di pilota». E anche a fare il meccanico: ogni tanto dà una mano al box? «Sì, ma…poco!» Quando ha imparato la nostra lingua? «Quando correvo da voi, ho abitato 10 mesi in Italia, a Novara con Antonio Ferrari. Ricordi bellissimi. Milano, il lago di Como, Capri. E poi il cibo: salame, mozzarella, risotto... vado matto». Tra i suoi hobby c’è la pesca eppure non mangia pesce. «Strano vero? La pesca è una passione nata nell’infanzia con mio padre e mio nonno. Mi rilassa e mi ricarica le batterie». © RIPRODUZIONE RISERVATA

AD ARAGON

PARLA MOSLEY

Superstock 1000 «Team al collasso Savadori-Calia Le entrate vanno la coppia Aprilia divise tra tutti» SUPERBIKE / 2

Bmw, via Barrier Tocca a Badovini l’appuntamento più glamour della stagione, l’occasione perfetta per costruttori, fornitori e sponsor. Tantissime realtà SBK hanno base a due passi: Pirelli, Aprilia, MV Agusta, Magneti Marelli... Ora serve l’omologazione Fim, ma sarà questione di qualche mese: sparirà la Prima Variante mentre la Roggia verrà ridisegnata diventando più scorrevole.

E invece si è tenuto dietro pure Ricciardo. «Non me l’aspettavo. In queste prime gare dobbiamo approfittare di chi ha ancora dei problemi».

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FUORI DAL MONDIALE DAL 2013

Il paddock di Monza invaso dai tifosi della Sbk

Ma il coraggio l’ha premiata: 5° al debutto in Australia. «Diciamo subito che alla Williams io sono stato benissimo. Anche se ero il terzo pilota ero sempre coinvolto nelle decisioni. Ma c’è stata l’opportunità di correre e l’ho presa al volo. Melbourne è stato qualcosa di unico, considerato per come si era messo il fine settimana della scuderia tra tribunali e l’impossibilità di girare nelle prime libere. Ma sapevo sin dai test che avevo tra le mani una buona macchina, a livello di motore c’è stato un bel passo avanti durante l’inverno. Però…». Però? «Quel quinto posto è stato una sorpresa, mi sarebbe andato bene anche prendere un paio di punti».

NOTIZIE TASCABILI La Superbike a Monza nel 2016: via libera Dorna

a sorpresa di questo avvio di campionato è uno spirito libero: Felipe Nasr porta il cappellino giallo dello sponsor e non ha difficoltà ad affermare che il talento in F.1 non basta. Quando era un ragazzino ha detto no ai progetti di Helmut Marko e l’anno scorso, pur di correre, ha salutato la Williams per abbracciare una Sauber che aveva raccolto risultati persino peggiori della Marussia.

c’era alcuna garanzia che sarei arrivato in F.1. Avevo 16 anni, avevo fatto bene in F. Bmw e c’erano tante proposte. Accettai quella di Steve Robertson».

● Il team Bmw Motorrad Italia Sbk ha comunicato che a partire dal prossimo appuntamento Superbike, dal 10 al 12 Aprile ad Aragon, sarà Ayrton Badovini in pista sulla S1000RR. E’ divorzio quindi con Sylvain Barrier. Quello di Badovini è un ritorno: nel 2010 dominò la Superstock 1000 e si aggiudicò il titolo sulla S1000RR.

● La prima tappa europea della Superbike sulla pista di Motorland (Aragon) in Spagna, segna anche l’inizio della Coppa Superstock 1000, il cui schieramento verrà arricchito quest’anno anche dalle Aprilia RSV4 RF del Team Nuova M2, condotte in pista da Lorenzo Savadori e Kevin Calia. Aprilia Racing estende così il suo impegno nelle categorie per moto derivate dalla serie, attività di grande interesse per i riflessi che ha sulla produzione di moto supersportive..

● «Senza un accordo sulla ripartizione delle risorse la F.1 rischia il collasso». A lanciare l’allarme è l’ex presidente della Fia Max Mosley, secondo il quale «tutti i team devono sedersi intorno a un tavolo e ammettere che a livello generale c’è un problema enorme, che alcune squadre hanno abbastanza soldi, ma la maggior parte no e che continuando così la F.1 avrà un crollo». Secondo Mosley, le entrate «dovrebbero essere divise in parti uguali fra le squadre».


Motomondiale R GP Usa

MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT

La coppia non scoppia: Vale fa 50 con Yamaha e punta Doohan-Honda

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IL TECNICO

1In Qatar Rossi è diventato il pilota più vincente nella classe regina con la Casa dei diapason. In testa Ago e la MV: 62 GP

«Il Dottore è uno esagerato E ad Austin ci riproveremo» 1Galbusera: «A Losail mi ha

sorpreso per l’aggressività. Quello che decide, gli riesce»

Paolo Ianieri

V

alentino Rossi? Una sorpresa continua. Parola di Silvano Galbusera. Diventato da un anno e mezzo il suo uomo-ombra nel box, il 57enne tecnico brianzolo sta sempre più imparando a conoscere questo Valentino delle meraviglie, che a 36 anni ancora non sa dire basta e sfidando il tempo e gli avversari continua a raccogliere gloria. «Non me lo aspettavo così in Qatar» rivela Galbusera nel ritornare con la mente al trionfo in notturna di Losail. Trionfo che ha rappresentato la 109a tacca del bottino di guerra iridato del pesarese, ma che ci ha anche riproposto dopo 5 anni il suo nome in vetta alla classifica del Mondiale. «Non me lo aspettavo così aggressivo. Sapevo che poteva lottare per la vittoria, ma che mettesse in campo una supremazia tale, questo decisamente no. Per me è stata una delle sue più belle di sempre» chiarisce il suo pensiero Galbusera.

Valentino Rossi, 36 anni, nel box davanti alla sua Yamaha M1. Il pesarese arriva a Austin in testa alla classifica piloti grazie alla vittoria in Qatar MILAGRO

Yamaha è il terzo più vincente di sempre. Ormai a tiro ha Mick Doohan che con la Honda, dal 1990 al 1998, vinse 54 gare della 500. Peraltro, uando nel 2010 Valentino Rossi chiuse la con 33 trionfi (in soli 4 campionati) Valentino sua esperienza in Yamaha con 46 vittorie resta il secondo pilota Honda più vincente in sembrava che il destino ci avesse messo lo 500-MotoGP. Uno status che non strappa sorrisi zampino. Quarantasei successi insieme, a alla Hrc, ancora scottata dal divorzio del 2003 suggellare il numero magico del pesarese. Inve- che ha aiutato la rivale storica a risollevarsi: da ce, messi alle spalle i patimenti in Ducati, il so- allora Yamaha ha vinto 6 Mondiali, Honda 4. dalizio è rinato nel 2013 e dopo un periodo di Nel giro di qualche anno però Rossi potrebbe esrodaggio è tornato vincente. In Qatar, 10 giorni sere scalzato da Dani Pedrosa (26 vittorie, almefa, Valentino ha trionfato per la cinquantesima no una all’anno) o Marc Marquez (19 in soli 2 volta con la Yamaha, ma il tracampionati). Quest’ultimo ha guardo è passato inosservato, davanti anche Freddie Spencer anche tra gli stessi protagoniche dal 1982 al 1985 vinse 20 Il pesarese è sti. Eppure sono rare le accopGP della 500. l’unico ad aver piate così vincenti. Rossi è il pilota più vincente della storia GLI ALTRI Davanti a tutti resta trionfato almeno della Casa dei diapason, sia reperò l’accoppiata composta da una volta in 10 lativamente alla 500-MotoGP Giacomo Agostini e l’MV Aguche sommando tutte le altre stagioni differenti sta: dal 1965 al 1973, con l’agclassi. Oltre tutto, è il solo pilogiunta del 1976, il bergamasco ta Yamaha ad aver vinto almeha vinto con la casa varesina 62 no un gran premio in 10 stagioni differenti. Va- GP della 500. Per la Suzuki il mito resta Kevin lentino ha però bisogno di continuare a vincere Schwantz, vincitore di 25 GP dal 1988 al 1994: per tenere lontana la minaccia di Jorge Lorenzo Barry Sheene pur bi-iridato vinse “solo” 18 GP. che negli ultimi 7 campionati con la scuderia di Casey Stoner resiste come primatista in Ducati: Iwata ha colto 33 successi. Aiutati dai 17-19 GP 23 GP vinti. Singolare impresa per Geoff Duke stagionali degli anni Duemila, contro gli 11-15 che è allo stesso tempo il più vincente in 500 sia degli anni Ottanta e Novanta, i due portacolori con la Gilera (14 GP) che con la Norton (8). L’aldella Yamaha si sono messi alle spalle dei miti tro britannico Leslie Graham ha regalato alla come Eddie Lawson (3 titoli e 26 GP vinti), Way- AJS 3 vittorie agli albori del Mondiale. Indimenne Rainey (3 allori iridati e 24 vittorie) e Kenny ticabili, infine i 2 successi di John Kocinski con Roberts (3 Mondiali e 22 successi). la Cagiva negli anni Novanta e il bis di Fergus Anderson con la Moto Guzzi nei Cinquanta. © RIPRODUZIONE RISERVATA IL VICE Per la classe regina il binomio Rossi-

Giovanni Cortinovis

Q

R

TOP 15 DELLE ACCOPPIATE Maggior numero di vittorie per marca in 500-MotoGP (per ogni marca sono considerati più piloti) Giacomo Agostini-Mv Agusta

62

1965-1976

Mick Doohan-Honda

54

1990-1998

Valentino Rossi-Yamaha

50

2004-2015

Valentino Rossi-Honda

33

2000-2003

Jorge Lorenzo-Yamaha

33

2008-2014

Mike Hailwood-Mv Agusta

29

1961-1965

Dani Pedrosa-Honda

26

2006-2014

Eddie Lawson-Yamaha

26

1984-1988

Kevin Schwantz-Suzuki

25

1988-1994

Wayne Rainey-Yamaha

24

1988-1993

Casey Stoner-Ducati

23

2007-2010

Kenny Roberts-Yamaha

22

1978-1983

John Surtees-Mv Agusta

22

1956-1960

Freddie Spencer-Honda

20

1982-1985

Marc Marquez-Honda

19

2013-2014

NB: in neretto le serie dei piloti in attività

SFRUTTARE L’OCCASIONE In un’intervista di qualche anno fa, Valentino raccontava alla Gazzetta quello che è da sempre uno dei suoi punti di forza: «Io sono bravo a raccogliere le occasioni, ad approfittare delle difficoltà altrui» spiegava l’oggi nove volte iridato. Lo ha dimostrato proprio in Qatar, così come aveva fatto, per esempio, due anni fa in Olanda, quando con Lorenzo a mezzo servizio dopo la frattura alla clavicola, aveva interrotto un digiuno che durava da oltre due anni per far vedere che era tornato. «In Qatar, Valentino voleva innanzitutto non far vincere Marquez e quando ha visto l’errore di Marc alla prima curva gli si è accesa quella lucina... — racconta Galbusera — QuelARRIVIAMO A lo che a me piace di CASA MARQUEZ? lui, è che quello DIPENDE SOLO DA che decide di fare NOI. LA MOTO VA spesso gli riesce. E BENE, PER CUI... in Qatar è stato esagerato. Anche in quell’ultimo gi- SILVANO GALBUSERA ro: la Ducati di Do- SUL PROSSIMO GP vizioso era pericolosa, ma siccome lui non è stupido, si era tenuto in saccoccia qualcosa per dare lo strappo decisivo ed evitare il disastro». AMERICA A NOI Ma il Qatar fa già parte del passato, alle porte incombe Austin o, come tutti ormai la chiamano, «casa Marquez». Ma se si punta al Mondiale, nessuna pista deve far paura. «Dipende tutto da noi — chiarisce Galbusera —. Sulla carta ci sono un paio di piste dove facciamo più fatica e Austin è una di quelle, ma anche lo scorso anno stavamo facendo bella figura, prima che la gomma ci tradisse. La Yamaha, poi, va bene, per cui sono convinto che potremo dire la nostra». Marquez è avvisato. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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Ciclismo R Giro dei Paesi Baschi

MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT

Felline, che Vitoria «Sì, questa volta sono stato scaltro» 1Primo colpo World Tour: il talento della Trek batte

Matthews in volata. Guercilena: «Mi ricorda Bettini»

Claudio Ghisalberti

S

egnali, piccoli ma importanti. Una crono vinta a sorpresa, un bel successo al termine di uno sprint spettacolare... Bagliori di talento di un predestinato. Che Fabio Felline sia un Corridore, sì con la C maiuscola, lo si dice da tanto tempo, dal 2010 per l’esattezza, quando a 20 anni passò professionista con la Footon-Servetto di Mauro Gianetti. Luca Guercilena, che lo ha voluto in Trek, di lui dice che «è un corridore potente e completo, con i dovuti termini mi ricorda Bettini». Però bisognava crederci perché fino a pochi giorni fa i risultati non è che fossero esaltanti. Poi, sabato 28 marzo, lo squillo nella crono del Criterium International. Ieri, a Vitoria, seconda tappa del Giro dei Paesi Baschi, la superlativa volata con la quale ha battuto Michael Matthews (che resta leader della generale), Tony Gallopin, l’iridato Michal Kwiatkowski e Philippe Gilbert, per un ordine d’arrivo nobilissimo. Felline, la volata è sembrata un piccolo capolavoro di astuzia tattica prima ancora che di potenza. «Sì, sono stato scaltro. È da un po’ di volte che mi trovo là, ma poi sbagliavo tutto. Ora sembra sia stato tutto facile. Però in corsa mi ero imposto di stare attento, di non sbagliare. Mi sono trovato in buona posizione e quando ho visto che Matthews non partiva ho pensato fosse stanco. È stato un lampo e mi sono lanciato. L’ho anticipato, però non è stata una giornata facile». Perché? «Perché come sempre siamo andati a un ritmo malefico in una tappa senza un metro di pianura. Ti guardi in giro e tutti dicono di essere “a tutta”, poi non si stacca nessuno. Poi a 40 km dal traguardo ho pure forato e ho fatto fatica a rientrare. Adriano Baffi, il mio d.s., mi aveva avvertito che su quel rettilineo con vento contrario non era facile rimontare. Insomma, sono arrivato allo sprint molto caricato. Bene così». Decima vittoria in carriera, la prima in una corsa di calendario World Tour. Che significato ha? «Un giorno che sognavo da tempo, un sogno che si realizza. Sapevo che stavo bene, ma mi mancava alzare le braccia. La dedico in primis a me stesso e poi a chi ha sempre creduto in me. Non sono moltissimi. E anche alla Trek, la mia squadra, che mi ha sempre supportato rispettando i miei programmi e le mie scelte. Anche lo scorso anno,

Fabio Felline, 25 anni, con la txapela, il tradizionale cappello con cui vengono premiati i vincitori nei Paesi Baschi. A destra la volata vincente del torinese della Trek sul traguardo di Vitoria: è la decima affermazione in carriera BETTINI

quando le cose non venivano come speravo, mi sono stati vicini». Cosa è successo nel 2014? «Mi sentivo sempre stanco. Ho iniziato la stagione che forse non ero ancora uscito del tutto dalla mononucleosi presa nell’autunno 2013». Vista da dentro, che squadra è la Trek? «Un gruppo in cui la grande professionalità è ben miscelata all’umanità. Baffi è il mio direttore sportivo di riferimento, Guercilena il team manager sempre disponibile, Alafaci l’amico fin da junior, Cancellara il capitano che ti sa parlare, Popovych l’uomo squadra. Io vado avanti con un inglese masticato per sopravvivere alle corse. A Mollema non riesco a raccontare barzellette». Un passo indietro. La vittoria nella crono del Criterium International per molti è stata una sorpresa. «Quando ero nelle categorie giovanili le vincevo anche le crono. Penso di potere essere competitivo nei prologhi e nelle crono corte. Questa è una specialità in cui conta avere vicino la squadra: ci deve essere una cultura della crono e mezzi adatti. Poi sono convinto che la crono rispecchi molto la condizione fisica».

A qualcuno la sua posizione in volata, col busto molto schiacciato, ricorda quella di Cavendish. Concorda? «Sempre avuta così, ma finora mi s’è visto poco». Dopo i Baschi obiettivo sulle Ardenne. Con quali ambizioni? «Forse l’Amstel è quella che si adatta di più a me. Anche la Liegi mi piace parecchio. Vivo giorno per giorno, vedremo. Un sogno nel cassetto ce l’ho, ma non mi va di fare proclami. Non sono il tipo. Sono una persona umile». A prima vista sembra snob «Ecco, me lo dicono in tanti quando non mi conoscono. Non è così». Reazione di difesa alla timidezza? «Neanche. Semplicemente mi faccio i fatti miei. Non sono un giullare, non faccio casino. Sto sulle mie, rispettoso dei ruoli». Il Felline oltre la bici? «Vivo a Torino, con la mia fidanzata Giulia, a cui dedico molto del poco tempo libero. E poi gli amici, pochissimi e fidatissimi». © RIPRODUZIONE RISERVATA

L'IDENTIKIT FABIO FELLINE NATO A TORINO. IL 29 MARZO 1990. VIVE A TORINO. PRO’ DAL 2010. CORRE NELLA TREK DAL 2014. PESO 66 KG. ALTEZZA 1.75

Dopo una sola stagione da under 23 con l’Uc Bergamasca, è passato pro’ con la Footon-Servetto. I primi successi risalgono al 2010 del debutto: due tappe e classifica al Circuito della Lorena. Nel 2011, con la Geox, una tappa al Brixia Tour, poi il biennio nell’Androni: Appennino e Memorial Pantani nel 2012, una tappa alla Coppi e Bartali e una allo Slovenia nel 2013. Quest’anno due vittorie. Diplomato in economia aziendale, è fidanzato con Giulia. Il suo account twitter è @FabioFelline

OGGI GP SCHELDEPRIJS

Tra Fiandre e Roubaix: Kristoff ci riprova subito Paolo Marabini

E

se vincesse anche questa? Niente di più facile. A tre giorni dal trionfo al 99° Giro delle Fiandre, Alexander Kristoff torna in gara oggi, nella 103a edizione del Gp Scheldeprijs, la corsa fiamminga più antica del calendario. Da Anversa a Schoten, 200 km su misura per i velocisti che si collocano alla perfezione nella settimana che congiunge la Ronde alla Roubaix di domenica. Stanchezza dopo i 19 Muri di tre giorni fa, prudenza per non compromettere qualcosa in chiave classica delle pietre? Visto come è andata anche alla Tre Giorni di La Panne — tre vittorie su tre in volata e la crono a tutta, nonostante la vicinanza con l’obiettivo più importante — non ci sarebbe da stupirsi se

il formidabile norvegese si gettasse a prendersi anche la molto probabile volata odierna. Non è tipo da lasciarsi indietro qualcosa il 27enne di Stavanger, anche se di minor conto. E l’ingresso in un albo d’oro firmato in passato dai migliori sprinter della loro epoca — qualche nome: Van Looy, Maertens, Cipollini, Zabel, McEwen, Cavendish, Petacchi, Kittel, senza poi dimenticare gente come Merckx, Ockers, De Vlaeminck, Vandenbroucke, Boonen — è un pungolo sufficiente per non considerare lo Scheldeprijs come un semplice atto di presenza. Soprattutto in virtù di una condizione di forma favolosa e del consueto appoggio di super Paolini. Ad aumentare gli stimoli ci pensa poi anche lo stuolo di avversari. Orfano sì di Marcel Kittel, vincitore delle ultime tre edizioni, ancora alle prese

con un virus che lo tiene fuori gioco da due mesi. Ma forte di tanti altri nomi da volate, come Sagan, Viviani, Bos, Goss, Renshaw, lo stesso Petacchi, Guardini, col contorno di alcuni degli uomini da pavé che rivedremo poi alla Roubaix: Wiggins, Thomas, Stybar, Boom, Trentin, Van Summeren, Vanmarcke.

Alexander Kristoff, norvegese, 27 anni, in trionfo al Fiandre (BETTINI)

ALTRO CHE SERIE B Comunque sia, la prima uscita dopo il numero da maestro sui Muri fiamminghi sarà anche l’occasione per tributare i meritati applausi all’uomo Katusha, capace negli ultimi 13 mesi di timbrare due Monumenti e, dal giorno del trionfo nel primo, a Sanremo, di infilare 23 corse, ivi comprese due tappe al Tour. Alla faccia di chi, dopo il colpo da k.o. a Cancellara nella Classicissima 2014, arrivò a considerarlo quasi un vincitore di serie B, manco

fosse un Maechler o un Gomez dei giorni nostri. PROTESTA Oggi gli occhi saranno puntati anche sulle auto del cambio ruota, dopo i pasticci che al Fiandre sono costati una clavicola a Jesse Sergent e mandato gambe all’aria Sebastian Chavanel. Due episodi che hanno avuto un seguito l’indomani al Giro dei Paesi Baschi, dove due paletti di ferro mal segnalati hanno fatto danni anche più seri: trauma cranico, problemi a un polmone e frattura a un polso per Sergio Pardilla; tibia, rotula e quattro costole k.o. per Peter Stetina; clavicola rotta per Nicolas Edet; un dito rotto per Adam Yates. Inevitabile la protesta dei corridori, che ieri hanno ritardato di 5 minuti il via della 2a tappa. I nervi sono scoperti, questo è poco ma sicuro. © RIPRODUZIONE RISERVATA


Boxe R Il personaggio

MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT

AMERICA AMERICA

CONTENUTO PREMIUM e senza alcuna sconfitta, a due dal record di Marciano). Da una parte, sottovoce ma neppure troppo, qualcuno fa notare che sarebbe assai pericoloso per una multinazionale affidarsi a un testimonial che è stato in galera per percosse alla fidanzata e che non ha mai lesinato commenti razzisti su molti casi di attualità. Dall’altra, ci sono le profonde convinzioni dello stesso pugile, che in un’intervista dell’anno scorso a Sports Illustrated affermò che i marchi più prestigiosi avrebbero dovuto sborsare fior di milioni per accaparrarselo, senza possibilità di trattative al ribasso.

I RECORD

420

● I milioni di euro del giro d’affari del match tra Mayweather e Pacquiao, derivanti da diritti tv, sponsorizzazioni e biglietti

90

● Il costo, in euro, per acquistare il match del 2 maggio in pay per view: fin qui, il prezzo più alto era stato 55 euro per Mayweather-Maidana del 2013

1100

● Il numero di biglietti più cari, dal costo di 9.200 euro: non sono in vendita al pubblico, ma sono riservati al circuito degli sponsor e dei vip

Floyd Mayweather Jr, 38 anni, sul letto della villa di Las Vegas circondato dalle mazzette di banconote

Mayweather LO CHIAMANO MONEY? MILIONI DALLA TV E PURE DAL PARADENTI... LA STORIA di RICCARDO CRIVELLI

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l denaro non è tutto nella vita. Ma è l’unica cosa che conta. Paperon de’ Paperoni mentre nuota tra le monete d’oro del suo Deposito numero uno? No, Floyd Mayweather Jr. in una delle perle di saggezza distribuite al mondo attraverso i social network, di cui è avidissimo utente. L’ultima prodezza? Un’istantanea dal letto della magione da 6 milioni di euro nei sobborghi più chic di Las Vegas, circondato da decine di mazzette con sonanti bigliettoni verdi (tutti da 100 dollari) e perfino rosa, il colore della banconota da 500 euro. In questi casi, bisognerebbe dire che non c’è neppure la notizia, perché non manca giorno in cui il più forte pugile pound for pound di oggi, guarda caso soprannominato Money, non sbatta in faccia alla povera umanità tutta la sua smaccata ricchezza, dal parco auto degno di uno sceicco al doppio jet privato, fino alla collezione

di orologi o al guardaroba esclusivamente grandi firme. Perfino chi non mastica la nobile arte ha ormai messo a fuoco il volto dello sportivo più ricco del pianeta, più di 250 milioni di euro guadagnati in carriera destinati a gonfiarsi a dismisura dopo il «match del secolo» del 2 maggio contro Pacquiao, che muoverà qualcosa come 420 milioni di euro, trasformandolo nell’atleta capace di guadagnare la maggior somma di denaro in una singola annata, 138 milioni di euro, superando Tiger Woods. E le stime sono addirittura per difetto, perché mancano ovviamente i dati degli introiti che potrà generare la pay per view. LA QUESTIONE SPONSOR Se è vero che ricchezza produce ricchezza, Mayweather rappresenta però un brand del tutto particolare nello show business delle sponsorizzazioni: semplicemente, nessuna grande azienda si è ancora legata al suo nome e i suoi guadagni sono quasi tutti sostanzialmente legati all’attività sul ring e alle vittorie (47

E’ LO SPORTIVO PIU’ RICCO, MA NON HA SPONSOR: ALMENO FINO A IERI. PERCHE’ UN SEMPLICE OGGETTO PUÒ CAMBIARE LA STORIA

CAMBIO DI ROTTA? In fondo, considerato il conto in banca, può anche permetterselo, ma la sfida con Pacquiao, talmente ricca e talmente attesa da cambiare la percezione dell’evento sportivo in sé e forse perfino le regole più consolidate del marketing, potrebbe segnare un cambio di rotta. FLOYD E I SOLDI Anche perché Mayweather sarà Per la sfida con indubbiamente uno spendaccione senza ritegno, ma ha di- Pacquiao, potrebbe mostrato di saper fare di conto guadagnare 138 milioni di quando le circostanze lo richie- euro: è un record devano. Innanzitutto, è stato lui in persona a condurre le tratta- Il paradenti con inserti tive che lo hanno portato a firmare con la tv via cavo Showti- in oro e diamanti costa me dopo che la prima parte del- 22.000 euro, la copia la carriera era stata seguita da sarà in vendita a 200 Hbo. Risultato, 220 milioni di euro garantiti per sei match. Con l’amico 50 Cent, poi, ha creato una società che avrebbe dovuto occuparsi di gestire la scuderia dei pugili di Mayweather (sì, è anche organizzatore) e quella degli artisti del rapper, prima che i due litigassero pare per una questione di scommesse. E un paio di altri segnali, seppur minori, si legano nello specifico proprio al match con Pacquiao. Innanzitutto, la battaglia tra due marche di birre assai popolari in Messico e in tutti i paesi di madrelingua spagnola, la Tecate e la Corona, per avere il logo sulla locandina ufficiale: l’ha spuntata la prima, che aggiungerà altri 5 milioni di euro al giro d’affari della sfida. E poi, ben più recente (è notizia di lunedì), la commercializzazione del paradenti che Floyd utilizzerà la sera del match di Las Vegas. In realtà, la storia è un po’ più comples- Sopra, per sa: il campione del mondo dei welter ha pagato gentile 22.000 euro al dottor Lee Gause, dentista di New concessione York tra i più famosi per la creazione di questi dello studio oggetti, per avere un paradenti personalizzato. E Gause, il ne ha ottenuto in cambio una sorta di opera d’ar- paradenti te costosissima, con l’inserimento di scaglie personalizzato d’oro, di diamanti e anche di un bigliettone da Sotto, con 100 dollari: «Combatto da 19 anni e il mio sorriso l’amico si è mantenuto perfetto, quindi non vedo cosa ci rapper ed ex sia di male», ha detto Mayweather con la consue- socio in affari ta tracotanza. Il particolare, però, è che il dottor 50 Cent Gause venderà a 200 euro una copia perfetta del paradenti, immaginiamo senza quei tocchi immaginifici che hanno impreziosito gli accessori del pugile più forte del mondo. Siccome però pure nelle copie resterà inciso il nome di Money, è difficile pensare che non riceverà le royalties. Perché il denaro non ha odore. E lo sapevano pure i nostri antenati a Roma. © RIPRODUZIONE RISERVATA


Basket R Serie A: il personaggio

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MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT

importante». La coppia lituana sarà fondamentale anche in ottica playoff, raggiunti aritmeticamente per il 3° anno di fila: «Dobbiamo recuperare Cervi e arrivare tutti in forma al 18 maggio, poi conterà solo una cosa: difesa, difesa, difesa…». Un aspetto che non era sempre stato costante nella stagione della Grissin Bon: «Da tre partite teniamo gli avversari a 63 punti e sono arrivate 3 vittorie (Bologna, Capo D’Orlando e Venezia, ndr) questa è la strada giusta. Dopo la sconfitta con Milano (-50, record negativo per il club) è suonata la sveglia e abbiamo guardato dentro di noi cosa si potesse fare per cambiare le prospettive. Avevamo subito 118 punti una cosa inaccettabile se hai orgoglio».

Rimantas Kaukenas (37) 5 scudetti con Siena LAPRESSE

LA FORMULA RENAULT 2.0 ALPS AL VIA CON UN FORMAT INNOVATIVO

Quinto anno di vita per la Formula Renault 2.0 ALPS, che prende il via da Imola con un format innovativo. Se il calendario 2015 ha confermato sette appuntamenti, al Red Bull Ring e Monza saranno tre e non due le gare in programma nel weekend. Più chilometri, pertanto, in una categoria “giovane” che trae linfa vitale dalla tradizione Renault-Fast Lane Promotion e ha già contribuito a lanciare alcuni talenti (vedi Daniil Kvyat, laureatosi campione nel 2012 e oggi pilota Red Bull in F.1). Calendario e schieramento internazionale per la Formula Renault 2.0 ALPS, che farà tappa quest’anno anche sul circuito cittadino di Pau, sullo storico tracciato belga di Spa-Francorchamps, a Misano e Jerez. E per i primi due classificati, in premio c’è il test in F.Renault 3.5; al vincitore del titolo ed al migliore “under 18” andrà inoltre l’iscrizione gratuita 2016 rispettivamente alla serie Eurocup e all’ALPS: un cammino verso un futuro da campioni.

Eterno Kaukenas «Contro Venezia? Un tiro ignorante» 1Reggio Emilia seconda grazie al 37enne lituano

«La svolta dopo il -50 subito a Milano. Inaccettabile»

SOLCO A tracciare il solco dopo quella batosta era stato lo stesso Kaukenas, richiamando i compagni: «E’ vero, ma non è che ho urlato addosso a qualcuno, ho semplicemente chiesto a tutti di essere più aggressivi, più duri e di parlare di più: queste cose uniscono le squadre e ti fanno fare il salto di qualità». Che passa anche attraverso le 11 vittorie casalinghe consecutive: Reggio in casa non perde dal 18 ottobre scorso con Cremona: «Qui il tifo è caldo, i fans ci sostengono e noi prendiamo energia che poi in campo si trasforma in una difesa fatta meglio o in un recupero in più, è questione di mentalità». Sposato con Tanja Kostic, ex giocatrice di basket di alto livello (stella ad Oregon State, un’Eurolega vinta nel ’98 a Bourges e poi Wnba a Portland, Cleveland e Utah) Kaukenas ha 3 figlie Emma, Tia e Vanessa , tutte a Reggio assieme al papà, voluto a tutti i costi dall’a.d. Dalla Salda:«E’ una città vivibilissima, l’ideale dove fare crescere i propri figli e dove abitare con la famiglia: qui siamo felici». L’infanzia tra i mitra sovietici è un ricordo lontano. © RIPRODUZIONE RISERVATA

DIECI TEAM E LIVELLO TOP PER LA STAGIONE 2015

La stagione 2015 della Formula Renault 2.0 ALPS si preannuncia ancora di elevato livello, con dieci squadre al via ed un “parterre” internazionale. Cominciando dal team Koiranen GP, che proverà a difendere lo scettro conquistato lo scorso anno, schierando due “new entry”: il brasiliano Bruno Baptista ed il tedesco Philip Hamprecht. La formazione di Afa Heikkinen punterà anche sui britannici Jack Aitken e Jake Hughes e l’austriaco Stefan Riener. Ed è sfida annunciata con le compagini italiane, JD Motorsport e Cram in testa. Con la prima ci sarà ancora il russo Matevos Isaakyan (16 anni, foto in alto), che nel 2014 aveva concluso terzo; al suo fianco avrà il brasiliano Thiago Vivacqua. A difendere i colori della Cram, in passato già una realtà di riferimento nel panorama della F.Renault 2.0 Italia, Vasily Romanov ed i due rookie Matteo Ferrer e Travor Jordan Fischer. Tre punte per la GSK Grand Prix di Sergio Cane, che ha riconfermato Daniele Cazzaniga (nella foto) e sarà in pista anche con le “new entry” Denis Bulatov ed il promettente Andrea Russo. Occhi puntati inoltre sulla BVM Racing, la formazione ravennate che ha annunciato l’ucraino Danylo Pronenko. Un nuovo arrivo è invece quello della Technorace, con una monoposto per il campano Alex Perullo. Suona la “Marsigliese” con Arta Engineering (subito al via con James Allen e Amaury Richard) e Tech 1 Racing, che sul Santerno potrà contare sull’esperto Simon Gachet, mentre i team inglesi Fortec Motorsports ed MGR completano lo schieramento.

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a cura di RCS MediaGroup Communication Solutions

Francesco Pioppi REGGIO EMILIA

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uando ero bambino dovevo camminare due ore in mezzo alla neve per andare ad allenarmi nel centro di Vilnius, a quei tempi i militari russi avevano bloccato la città e non c’erano autobus, le scuole erano chiuse: il basket era l’unico modo per sentirsi vivi». Figuratevi se Rimantas Kaukenas ha paura di prendersi un tiro decisivo, proprio come ha fatto contro Venezia a 3” dalla fine, segnando la tripla che ha regalato vittoria e 2° posto a Reggio Emilia. «Gianluca Basile avrebbe detto che era un tiro ignorante! No

dai, non ho fatto nulla di straordinario, avevo spazio e non potevo sbagliarlo». Il sangue freddo di una generazione che con la pallacanestro ha trovato successo ed identità: «Nel 1992 a Barcellona, con la prima Olimpiade giocata come Lituania indipendente, Sabonis, Marciulionis e Chomicius hanno fatto vedere a tutto il mondo che il basket era la nostra lingua, la nostra religione e che noi eravamo pochi, ma esistevamo e che non avevamo bisogno di usare le armi… Quando ci penso ho ancora la pelle d’oca». IN ITALIA Quella Lituania vinse il bronzo proprio contro l’Unified Team, di fatto quel che rimaneva dell’ex Unione Sovieti-

ca. Kaukenas, 38 anni sabato, è cresciuto con quella pallacanestro nelle vene. La prima volta in Italia nel 2004 con Cantù, poi 5 scudetti con Siena, in mezzo una parentesi con il Real Madrid e adesso una seconda giovinezza a Reggio Emilia: «Non penso all’età ma a quello che posso fare per migliorarmi, dentro ho ancora il fuoco e fino a quando lo sentirò non mollerò nemmeno un centimetro». Un discorso valido anche per il compagno di squadra e connazionale Darjus Lavrinovic che sta crescendo di colpi partita dopo partita: «Ha passione ed energia — racconta Kaukenas —, lo vedo dalla voglia che ha di lottare per tornare al massimo della forma e per noi è troppo

DOPPIETTA NEL WEEKEND

Pesaro, domenica alle 17 la classica. E Milano guarda al futuro con Cervi

G

azzettaTv raddoppia. Il weekend del basket è sempre più sintonizzato sul canale 59. Sabato infatti il tradizionale anticipo delle 20.30 con Trento che ospita Pesaro. Domenica il bis con Milano-Roma, sfida metropolitana intrisa di storia, fascino e con intriganti riflessi sul presente. Ricapitoliamo: si parte venerdì alle 14.15 con la rubrica «Sottocanestro» in cui Michele Gazzetti e i suoi ospiti analizzeranno i temi della settimana e

REGGIO EMILIA È VIVIBILISSIMA, LA CITTÀ IDEALE DOVE ABITARE CON LA FAMIGLIA: SONO FELICE L’ESTERNO GRISSIN BON SUL FUTURO

SASSARI SANZIONATA

EA7-Roma su GazzettaTv 1Sabato Trento-

DOBBIAMO ARRIVARE TUTTI IN FORMA AL 18 MAGGIO POI SOLO UNA PAROLA: DIFESA, DIFESA, DIFESA...

quelli dell’imminente giornata di campionato. Sabato sera, dalle 20, il pregara e poi la diretta (20.30), con la telecronaca di Massimo Oriani e il commento tecnico di Dan Peterson, in cui Trento cerca la matematica certezza di uno storico playoff da matricola, mentre Pesaro ha bisogno di punti pesanti in chiave salvezza. FORUM E MERCATO Domenica, alle 17, il bis con la lanciatissima Milano di Banchi che insegue la vittoria consecutiva numero 20 per rimarcare una superiorità, per la verità, già incontestabile. Occhio a Roma però: l’Acea viene da quattro vittorie di fila e guida il gruppone di centro classifica, a caccia degli ultimi due posti nei playoff. Il nostro Davide Chinellato e Dan Peterson raccon-

teranno dunque una sfida che offre spunti interessanti pure per la classifica. In realtà, in casa milanese, tiene banco anche il mercato. L’arrivo di Riccardo Cervi alla corte di Armani, l’anno prossimo, è in dirittura d’arrivo. Il pivot ha rifiutato l’ultima offerta di Reggio Emilia: un triennale abbastanza sostanzioso e così per il club reggiano il discorso è chiuso, tant’è che si sta già orientando altrove per la prossima stagione. Cervi vuole avere la certezza di giocare l’Eurolega e quindi accetterà la proposta di Milano. Al momento nulla è scritto, ma il matrimonio si farà. Infine, Cantù ha ufficializzato Desio come sede delle prossime due sfide: i derby con Milano e Cremona. v.d.s. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Sardara ricorre «Multa assurda» ● (g.d.) Il presidente di Sassari, Stefano Sardara, in merito alla multa di 3000 euro per mancato funzionamento dell’instant replay contro Trento, protesta: «E’ assurdo essere sanzionati perché l’arbitro non ha trovato l’immagine utile. Così come la squalifica a Lawal, che ha manifestato educatamente per la mancata tutela in campo. Si parla di dialogo e confronto ma assistiamo a grandi sorrisi sul campo che poi si traducono in pesanti sanzioni. E’ nostro dovere morale far ricorso». ● NBA - Brooklyn allunga nella corsa playoff a Est battendo 106-96 Portland che fa riposare Aldridge, Batum e Kaman. ● PLAYOFF DONNE - Oggi (2030) gara-2 dei quarti al meglio delle 3: Cagliari-Schio (serie 01); Lucca-Ragusa (0-1); NapoliSan Martino (1-0, ore 18); Umbertide-Venezia (0-1).


Basket R Usa: la finale universitaria

MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT

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● 1. Coach K festeggia il titolo con la squadra. 2. I 71.149 spettatori del Lucas Oil Stadium di Indianapolis. 3. Jahlil Okafor, centro di Duke. 4. Frank Kaminsky di Wisconsin consola il compagno Josh Gasser AP-AFP

Coach K, la metamorfosi di un mito 1Quinto titolo per Duke e Krzyzewski, capace di adattarsi al basket dei 18enni «di passaggio» Massimo Oriani Tyus Jones, 18 anni, votato miglior giocatore delle Final Four AFP

A

furia di vederlo vincere ormai abbiamo imparato a memoria lo spelling del suo impossibile cognome: Krzyzewski, senza neppure andare a controllare su Wikipedia. Coach K per semplicità. La stessa con cui ha cambiato pelle nel corso di una carriera che lo ha visto nascere alla corte di Bobby Knight ad Indiana prima di debuttare da capo allenatore nella squadra dell’Esercito (Army), diventando però immortale a Durham, North Carolina, sede della Duke University. Che da lunedì guarda dal basso in alto solo Ucla (11 trionfi), avendo conquistato il 5° titolo collegiale della sua storia. Tutti sotto la guida del 68enne tecnico di origini polacche, che ora insegue solamente John Wooden (10 volte campione proprio con Ucla). LAETTNER Coach K non è lo stesso che nel ‘91 all’Hoosier Dome di Indy portò Duke al suo primo trionfo, indicando la strada a leggende come Grant Hill e Christian Laettner, quest’ultimo stereotipo del giocatore dei Diavoletti, odiati da chi non li adora, senza vie di mezzo. Perché i Devils sono come gli Yankees, Notre Dame, i Lakers, LeBron James, i Montreal Canadiens, i New England Patriots. Non può essere lo stesso perché attorno a lui è cambiato il mondo dei canestri studenteschi. Il successo su Wisconsin è arrivato grazie a quattro freshmen, giocatori al primo (e ultimo...) anno di università, i tanto discussi

«one and done», talenti che vivono una sola primavera in quella realtà, spiccando poi il volo per i professionisti. Jahlil Okafor, Justise Winslow, Tyus Jones e Grayson Allen (quest’ultimo rappresenta l’eccezione, visto che non è certo al livello degli altri tre e quindi resterà 4 anni a Duke) hanno deciso la finale invertendo quello che per anni era stato il marchio di fabbrica di Krzyzewski, ovvero team costruiti attorno a giocatori coltivati negli anni, svezzati e plasmati dall’allenatore maestro di vita oltre che di pallacanestro. SISTEMA Oggi se vuoi vincere non puoi non intraprendere quella strada. E’ per questo che il successo di Wisconsin avrebbe rappresentato il trionfo del bene sul male, drammatizzando. «Non prendiamo giocatori in affitto» ha commentato amaramente Bo Ryan, tecnico dei Badgers, che tra i 7 giocatori della rotazione hanno 4 senior e zero matricole. Non era una frecciata al polacco ma al sistema. Marcio. Non è un caso se il livello del college basket è il più basso dell’era moderna. Eppure doveva essere Kentucky ad approfittare del trend. Calipari ormai ha trasformato in arte il reclutamento di fenomeni di passaggio. E invece il buon Ryan col suo basket romantico basato sui fondamentali, lo ha mandato a casa in semifinale. Nulla ha potuto però contro Duke. Coach K non è Calipari. Non fa il giro degli States per raccattare i liceali più forti. Lascia ancora spazio all’aspetto umano, concentrandosi su pochi giocatori. Che lo hanno portato in vetta un’altra volta. «Non restano qui a lungo – ha spiegato – Vogliamo almeno cercare di conoscerli bene pri-

I NUMERI

68-63

● Il punteggio finale. Wisconsin aveva toccato il +9 sul 48-39 a 13’ dalla fine. Duke ha sorpassato con Grayson Allen sul 56-54 a 5’29” dalla sirena

60

● I punti segnati dai freshmen (primo anno) di Duke sui 68 totali della squadra. Tyus Jones il migliore con 23, a uno solo dal suo massimo in carriera

4

● La media punti in stagione di Grayson Allen, che in finale ne ha segnati 16. Nei 21’ giocati dalla guardia, Duke ha realizzato 13 punti in più dei Badgers

ma ancora che vestano la nostra maglia». Calipari è il male, Krzyzewski no. «Amo Coach K – ha detto Chucky Okafor, padre di Jahlil, dopo il trionfo – Lo amo. Ha trasformato mio figlio in un uomo. E così tutti gli altri». Debbie Jones, mamma di Tyus (così chiamato in onore di Tyus Edney, ex Treviso, campione Ncaa nel ‘95 con Ucla, anno in cui venne concepito il miglior giocatore delle Final Four), spiegava: «E’ incredibile, non è solo un allenatore, ma un maestro di vita. E’ uno dei pochi che ancora insegnano». A Grayson Jones, il piccoletto che aveva tentato la bellezza di 7 tiri nell’intero mese di gennaio, che nel torneo prima delle finali aveva giocato solo 21’, ma che contro Wisconsin ha dato il la alla rimonta con le sue penetrazioni, ha insegnato la pazienza. Agli altri la filosofia vincente del gruppo, del lavorare insieme, del volersi bene anche fuori dal campo. TEAM USA Coach K ha cambiato pelle. E’ questo il segreto che lo ha tenuto in vetta per tutti questi anni. Guida Duke dal 1980, mai allo stesso modo però, pur fedele ai principi di base. «Penso di essermi adattato ai tempi – dice lui – E aver guidato Team Usa mi ha aiutato tantissimo». Da Thibodeau (coach dei Bulls) e Boeheim (tecnico di Syracuse) ha rubato principi difensivi e della zona, punti di forza degli assistenti che lo affiancano in Nazionale. In vetta non è solo, non lo è mai stato. Anche perché la vetta per lui non è un punto d’arrivo ma di partenza. Passata la festa, è già ora di pensare all’anno prossimo. Ad altri virgulti da svezzare. Nel modo giusto. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Nuoto R Trials mondiali a Sydney rie, ma l’importante sarà «d’ora in avanti lavorare sui miei ritorni e finali. Guardo avanti, non indietro adesso, di sicuro è andata meglio che ai Panpacifici (48”36 per il bronzo, ndr)».

Magnussen perde ancora Il nuovo Missile è McEvoy 1Il detentore

mondiale dei 100 sl solo 2° in 48”18, battuto da Cameron in 48”06

Stefano Arcobelli

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l peggio «è passato, è alle spalle, è vero non sono veloce come nel 2014»: dissimula così la delusione James Magnussen, il grande battuto nella finale dei 100 sl ma anche il grande salvato dai trials mon-

diali degli australiani a Sydney (il 3° è Tommaso D’Orsogna, il 4° il sedicenne Kyle Chalmers). Quando ha aperto gli occhi per guardare il tabellone, il bicampione del mondo non sapeva se consolarsi per il 48”18 con cui ha timbrato il pass individuale nella gara regina, per garantirsi la possibilità di difendere il titolo e tentare il tris ad agosto a Kazan, oppure preoccuparsi per la minaccia sempre più pericolosa che da 2 anni gli sta lanciando il ventenne Cameron McEvoy, autore di 48”06 (22”80). «The Missile», aveva virato in testa (22”61), ma McEvoy ha sparato una seconda vasca da 25”26 ed ha regolato il rivale per la terza volta

su 4. «Sono fiero della mia regolarità, non guardo James ma nuoto alla stesso modo da 10 anni, penso solo a me stesso», ha esclamato il vincitore. Un piccolo complesso che invece si alimenta nell’anima di Magnussen, dibattendosi con i due nuovi allenatori e vecchi amici, Mitch e Lach Falvey, 28 e 25 anni cresciuti a Port Macquarie nella città del campione e ai quali s’è affidato dopo i problemi fisici e la rottura con Brent Best. McEvoy dice che per andare più forte, scendere sotto i 48” c’è tempo, Magnussen ammette che forse ha commesso un «grande errore» nel cambio tecnico visto che un anno fa a marzo faceva 47” in se-

CHE SORELLE E’ ancora elettrizzante il duello tra le sorelle Campbell: stavolta è Bronte nella semifinale a spuntarla in 53”05 davanti di 3 centesimi, ma Cate è imbattuta dal 2012 anche se reduce da un’operazione. Oggi è super sfida... © RIPRODUZIONE RISERVATA

James Magnussen, 23, bicampione del mondo e argento olimpico AFP

Finali. Uomini, 100 sl 1. McEvoy 48”06 (22”80), 2. Magnussen 48”18 (22”61, 3. D’Orsogna (Aus) 48”54 (23”17), 4. Chalmers (16)48”69; 200 mx 1. Tranter 1’58”73, 2. James 1’58”86, 3. Fraser-Holmes 1’59”55. Donne, 50 do Seebohm 27”47, Wilson 27”90, Atherton 28”32; 200 fa Groves 2’05”41, 2. Throssell 2’07”29, McMaster 2’12”07. Semif., donne. 100 sl B.Campbell 53”05, C.Campbell 53”08, E.McKecon 53”61 200 ra McKeown 2’24”51 (uomini: Schafer 2’13”21, 200 do Larkin 1’56”81).

IN GIAPPONE

Hagino rapido 400 sl: 3’45”19 (al.f.) A Tokyo, Kosuke Hagino vince i 400 sl in 3’45”19, 3° crono 2015, 39/100 in più dell’argento iridato 2013. Finali. Uomini: 400 sl Hagino 3’45”19, Miyamoto 3’48”58; 50 ra Inada 28”36, Takemura 28”40. Donne: 400 sl Igarashi 4’10”10; 50 ra Watanabe 31”07. Semifinali. Uomini: 100 ra Keseki 1’00”03, Kitajima 1’00”31. ● CIELO (m.can.) A Rio, Cesar Cielo nuota la 3a frazione della 4x50 sl in 21”36 col Minas. Uomini: 200 sl Nilo 1’47”45, De Lucca 1’48”17; 100 do Guido 54”56. Donne: 200 sl Oliveira 1’58”53, (r. sud), Lyrio 1’58”74; 1500 sl Arevalo 16’33”35, Okimoto 16’39”23; 100 do Medeiros 1’00”61.


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Pallavolo R Andata finale di Coppa Cev

LE PAGELLE di G.L.P.

KAZIYSKI SUONA LA CARICA MA NON SERVE BENE GIANNELLI TRENTO IL MIGLIORE MATEY KAZIYSKI

7 Non è il miglior Kaziyski che si sia mai visto. Rado Stoytchev lo chiama anche in panchina, ma non si tira indietro mai, e continua a spronare i suoi LANZA 6.5 Regge in ricezione e in attacco. Sorregge la squadra come può. Ma anche lui alla fine deve arrendersi. SOLÈ 6.5 Travolgente a muro (5 va segno), fa il suo lavoro anche se non in attacco non regge il ritmo come dovrebbe chiude solo al 40% NEMEC 6.5 Buona serata in attacco (43) e anche in battuta. Gli manca qualche contrattacco asegno per completare la serata. Quelli che mancano a Trento alla fine BIRARELLI 7 Grande serata del capitano con 64% in attacco, anche se alla fine ci sono solo due muri punto a referto. Ma fa il suo sa sempre come farlo e lo fa. ZYGADLO 6 A corrente alternata non regge il ritmo dei russi e finisce anche in panchina. COLACI 6.5 Regge in ricezione le bordate dei russi e in difesa fa qualche colpo da collezionare. Non basta GIANNELLI 6.5 Ottima personalità e ottimo inserimento nella fase più dura della partita FEDRIZZI 6.5 Con lui in campo in seconda linea nel secondo set Trento rimonta Allenatore: Stoytchev. DINAMO MOSCA: Berezhko 6.5, Holt 6, Kruglov 8, Biryukov 7.5, Shcherbinin 6.5, Grankin 7.5; Obmochaev (L) 8, Filippov 6.5, Markin 6.5, Pankov sv, Ermakov sv, All. Marichev.

MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT

Trento lotta ma cede Ora serve un’impresa a Mosca 1Prima sconfitta interna di

tutta la stagione. Il libero Colaci «Sabato dobbiamo provarci» Gian Luca Pasini INVIATO A TRENTO

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l passato ritorna e alcune volte fa male. Nel gennaio 2013, ancora con questa squadra, sempre al PalaTrento in un quarto di finale di Champions League Trento impose la legge del suo palasport e vinse 3-0, ma incredibilmente nel golden set venne sconfitta clamorosamente e dopo tre Coppe dei Campioni vinte (e un terzo posto) la squadra di Stoytchev si arrese, mancando la finale in maniera abbastanza sorprendente. Nella gara di andata di questa finale di Coppa Cev Trento subisce la prima sconfitta interna di tutta la stagione. Gioca, lotta, combatte quanto può, ma alla fine esce con la testa abbassata e un grosso punto interrogativo nel cuore: riuscirà a ribaltare il risultato tra quattro giorni in casa della Dinamo? «Noi siamo Trento e abbiamo il dovere di provarci», ruggisce Max Colaci, grande prova la sua e uno dei migliori nella serata in cui i russi hanno

impressionato per la loro difesa. «Quello non dovrebbe essere il loro fondamentale e invece questa volta sono stati davvero eccezionali. Con qualche colpo super. Ma noi abbiamo il dovere di provarci in casa loro». DIFFICOLTÀ «Era già difficile

TRENTO

1

DINAMO MOSCA 3 (23-25, 25-23, 22-25, 21-25) ENERGY T.I. DIATEC TRENTINO: Lanza 15, Solè 9, Nemec 15, Kaziyski 18, Birarelli 11, Zygadlo; Colaci (L), Giannelli, Fedrizzi. N.e. Nelli, Mazzone. Burgsthaler. All. Stoytchev. DINAMO MOSCA: Berezhko 9, Holt 8, Kruglov 26, Biryukov 16, Shcherbinin 4, Grankin 4; Obmochaev (L), Filippov, Markin 4, Pankov, Ermakov. N.e Zaytsev. All. Marichev. ARBITRI: Bozkurt (Tur) e Hakkarainen (Fin). NOTE Spettatori 3256. Durata set: 28’, 28’, 27’, 28’; totale 111’. Energy T.I. Diatec: b.s. 14, v. 8, m. 10, 2a l. 13, e. 27; Dinamo b.s. 11, v. 5, m. 11, 2a l. 15, e. 23.

Matey Kaziyski, 30 anni, tenta un pallonetto contro il muro schierato della Dinamo Mosca TRABALZA

prima e adesso lo è ancora di più - aggiunge il capitano Lele Birarelli -. Ci dobbiamo provare intanto per noi stessi. Anche per questa gente: era una cornice ideale, in casa non avevamo ancora perso in questa stagione. Forse non siamo abituati a questo ritmo di gioco: loro sono alti, picchiano forte e anche a muro si sentono parecchio. Non ci hanno sorpreso. C’è dire che loro sono una grande squadre che nei playoff in Russia è uscita solo contro un grandissimo Zenit Kazan, ma per il resto se la può giocare con tutti e questo lo ha fatto vedere bene in questa prima sfida di finale. Quello che non era invece preventivato era invece il nostro rendimento. Cosa è mancato? Forse la battuta che non è stata efficace come in altre occasioni. Ma guardando a un lato positivo siccome non siamo abituati ad affrontare giocatori del genere ogni settimana forse sabato potrebbe andare meglio. Questa partita potrebbe essere positiva». MEZZO PIENO Della serie cer-

chiamo di essere positivi. Anche perché questa di Trento è l’ultima possibilità per l’Italia per portare a casa una Coppa in stagione, dopo lo zero incassato nella passata a testimonianza che il cuore d’Europa si sta spostando altrove (già da qualche anno per la verità) e che uno dei due “stranieri”, Ivan Zaytsev non è stato mandato in campo da Yuri Marichev allenatore anche della Russia femminile, anche perché il bomber titolare Pavel Kruglov ha firmato un incredibile 61% in attacco (su 38 palloni attaccati) firmando addirittura 26 punti totali (più di un set). Trento è stata sempre a rincorrere (o quasi) perfino nel set che ha vinto (il secondo) si è trovata sotto anche di 4 punti! Nella casella dei rimpianti ci sono un paio di palle rigiocate non chiuse e qualche occasione sprecata fin dal primo set. Totale: se la Dinamo si mantiene su questi livelli anche sabato sarà non solo dura ma durissima. Ma la speranza... © RIPRODUZIONE RISERVATA.

DONNE

La Lega dice sì serie A-1 a 13 con Club Italia ● Dopo le varie anticipazioni, da ultimo anche il presidente di Lega femminile si unisce al coro: il prossimo campionato di A-1 femminile sarà a 13 squadre. Al massimo torneo femminile partecipa anche il Club Italia femminile. La proposta della Fipav è che la squadra sia di base a Milano, ma che possa giocare in diversi campi. In rappresentanza di tutto il Paese. QUIROGA (ma.s.) Gonzalo Quiroga sta bene. Lo comunica il Padova: gli accertamenti, dopo l’incidente stradale di lunedì, escludono complicazioni, anche se resta ricoverato. CEV DONNE (a.a.) Andata finale: Dinamo Krasnodar (Rus)-Atom Sopot (all. Micelli) 3-0 (25-18, 25-20, 25-22).

Atletica R L’addio

Liu Xiang, il ritiro è definitivo: «Odio il mio piede» 1«E’ triste, è doloroso, ma non ho scelta

Continuo a non star bene, sono vecchio e non riesco più nè a correre, nè a saltare»

Andrea Buongiovanni

L’

annuncio ufficiale – atteso, previsto, scontato – è ar rivato via social network. E’ stato lui stesso, tramite Sina Weibo, la versione cinese di Twitter, a scrivere un lungo messaggio d’addio. Liu Xiang si ritira: il 31enne ostacolista è definitivamente un ex atleta. E la notizia, per quanto non abbia certo colto di sorpresa dopo l’anticipazione di venerdì di coach Sun Haiping e dopo oltre 900 giorni di lontananza delle gare, ha creato lo stesso un interesse esagerato. POPOLARITÀ Come da sempre, del resto – almeno dal giorno della conquista dell’oro di Atene 2004 nei 110 hs, il primo titolo olimpico cinese maschile nell’atletica – tutto ciò che riguarda il ragazzo di Shanghai. Ieri, per dare l’idea, undici milioni e mezzo di cinesi, nel giro di un’ora, hanno ri-postato le sue frasi... «E’ triste, è doloroso

Olimpionico ad Atene 2004

– ha scritto – ma non ho altra scelta. Continuo a non star bene, sono vecchio e non riesco più nè a correre, nè a saltare. Amerò per sempre la pista e gli ostacoli, ma odio il mio piede e se non mi fossi infortunato... La storia, però, non si fa coi “se” e devo accettare la situazione in silenzio». L’INCIDENTE E’ una bandiera che si ammaina: pochi sportivi, in Asia, godono della sua popolarità. Liu Xiang era, è e resterà un’icona. la Cina però, ieri, ha vissuto uno psicodramma simile a quello del 18 agosto 2008. Chi non ricorda? Olimpiade di Pechino: Liu Xiang, che dopo aver eguagliato proprio ad Atene il 12”91 di Colin Jackson, al meeting di Losanna del luglio 2006 ha portato il record del mondo della specialità a 12”88, è il grande favorito. Grazie al titolo conquistato a Osaka l’anno prima, è anche campione iridato in carica. Ha un intero Paese sulle spalle: l’attesa è spasmodica. La mattina della batteria è bollente. Il

Liu Xiang, 31 anni, è stato campione olimpico ad Atene 2004, iridato a Osaka 2007 e primatista del mondo prima con 12”87 e poi, a Losanna 2006, con 12”84 EPA/AP

RSimbolo del popolo cinese, ha vissuto il dramma di Pechino 2008 Tornerà a studiare

«Nido d’Uccello» straesaurito. Liu Xiang è sui blocchi. C’è una falsa partenza. Ma lui, come altri, accenna lo stesso la messa in moto. L’azione è fatale. Il tendine d’Achille, da tempo infiammato, salta. Come i sogni di un popolo. Lo shock è immenso. E’ uno degli episodi di campo più drammatici della storia olimpica. Il telecronista della tv della Repubblica popolare piange in diretta. Entrano i

gioco la politica e i poteri forti: Liu Xiang e il suo staff subiscono accuse infamanti. ALTRO K.O. La frustrazione è enorme: si fa operare negli Stati Uniti, si sottopone a rieducazioni infinite. E torna ai vertici. Ai Mondiali di Daegu 2011, ostacolato mentre vola verso il successo, è d’argento. E ai giochi di Londra 2012, pur sofferente, si presenta col miglior

crono dell’anno. Serve a poco. L'identico episodio dell’infortunio si ripete. C’è la batteria: il tendine, logoro dopo quindici anni di incessante attività, cede subito. Liu Xiang va a sbattere contro il primo ostacolo e, soccorso, arriva al traguardo a piedi dopo aver simbolicamente baciato l’ultima barriera. Vana un’altra operazione, resterà quella la sua ultima gara. IL FUTURO «Voglio cominciare un nuovo viaggio» ha scritto ieri nel suo messaggio di commiato. Presto si sposerà, tornerà a studiare e, uomo d’apparato, probabilmente si occuperà di promozione e di relazioni internazionali. A cominciare dai Mondiali dell’agosto prossimo, in programma proprio a Pechino. Nel momento più altro della carriera ha contato diciassette contratti personali di sponsorizzazione, per un bilione di yuan di introiti all’anno, circa 150 milioni di euro. Resterà una leggenda, sul piano del cestista Yao Ming, stella anche in Nba e della tennista Li Na, la prima cinese a vincere tornei del Grande Slam (French Open 2011 e Australian Open 2014). Molti rimpianti, ma un sacco di gloria. © RIPRODUZIONE RISERVATA


Scherma R

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Cipressa, Borella e Cuomo tornano baby

1Figli d’arte ai Mondiali juniores: dietro le medaglie storie di famiglie che riaccendono il grande passato azzurro un altro tesoro, per ora un po’ nascosto. Il serbatoio futuro della scherma d’Italia: composto dai figli d’arte, eredi con i cromosomi giusti per perpetuare la gloria dei padri e delle madri che hanno reso finora grande l’Italia. Doppio buon sangue non potrebbe mentire nel caso di Claudia Borella (nata dall’unione tra Andrea Borella e Francesca Bortolozzi), che oggi ai Mondiali giovani di Tashkent, in Uzbekistan, insegue la medaglia a squadre nel fioretto giovani a squadre, insieme ad un’altra figlia d’arte, Erica Cipressa. MEDAGLIE ED EMOZIONI Chi è fresco di medaglia è Francesco Bonsanto, figlio di Michele, sciabolatore azzurro foggiano degli anni 80, argento ieri (8-15 dall’americano Dershwitz). E a

PIU’ ALTA DI MAMMA Claudia Borella è destra come papà e più alta (180 cm) di mamma Francesca: «La scherma perché mi piaceva, mamma e papà mi hanno lasciata libera di scegliere. Avere due genitori così per me è un onore, non un peso. E’ chiaro che con loro alle spalle tutti si attendono da me cose grandi, ma questo mi carica ed anzi mi stimola a fare bene. Dalla mamma credo la femminilità in pedana». Vista da un padre carismatico e vincente come Andrea Cipressa che ora segue le imprese delle Vezzali, Di Francisca ed Errigo, e dei Baldini, Cassarà e Aspromonte, co-

SCIABOLA ● FRANCESCO E MICHELE BONSANTO Francesco, ieri argento nella sciabola u.20, è figlio di Michele, 3 ori ai Mondiali militari, azzurro ai Mondiali 1985 BIZZI

oppure nei giorni feriali presso l’agenzia:

Milano Via Solferino, 36 tel.02/6282.7555 - 7422, fax 02/6552.436 Si precisa che ai sensi dell’Art. 1, Legge 903 del 9/12/1977 le inserzioni di ricerca di personale devono sempre intendersi rivolte ad entrambi i sessi ed in osservanza della Legge sulla privacy (L.196/03).

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SENZA MASCHERA Anche Sandro Cuomo ammette: «In palestra o in pedana Valerio è un atleta come tutti gli altri. Diventa mio figlio quando toglie la maschera. Non è facile scindere il ruolo di padre da quello di c.t., ma fortunatamente Valerio mi aiuta molto». E l’azzurrino con-

FIORETTO ● ERICA E ANDREA CIPRESSA Oggi Erica Cipressa gareggerà con il fioretto a squadre: è figlia del c.t. del fioretto, olimpionico a Los Angeles e 3 ori e un argento ai Mondiali BIZZI

ferma: «So di avere un cognome pesante, sia per tutto quello che lui ha vinto, ma anche perché è il c.t. Questo però non mi preoccupa, anzi: gli ho detto che farò di tutto per non metterlo mai in difficoltà nelle convocazioni. La scherma è una mia passione. Papà mi portava in palestra con lui, ma non mi ha mai “obbligato”. Poi mi sono appassionato e non vorrei mai scendere dalla pedana». Lo sciabolatore Dario Cavaliere è stato fermato 15-14 dal venezuelano Jose Quintero: figlio di Massimo, bronzo ai Giochi di Seul ‘88, racconta: «Da piccolo sapevo che mio padre aveva fatto scherma, ma io ho iniziato perché ho accompagnato il mio migliore amico che andava in una sala scherma a Napoli dove suo fratello si allenava. Tutto una casualità, mio padre non ha influito». E papà Bonsanto, s’è emozionato ieri più di quando gareggiava: «L’argento di Francesco è stata la

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PICCOLO ARPINO Nella spedizione azzurra c’è pure Alberto Arpino, sciabolatore cadetto, figlio di Marco ex fiorettista e adesso dirigente Coni. Per Alberto è maturato un bronzo nella sciabola cadetti insieme a Matteo Neri. E sempre nelle cadette, Federica Isola, spadista, è figlia di Riccardo, scuola vercellese, già campionessa europea. Ai Mondiali s’è fermata troppo presto. La ramanzina arriverà. Ma si rifarà. Parola di papà.

SPADA ● VALERIO E SANDRO CUOMO Valerio Cuomo ha ottenuto un 5° posto: è figlio di Sandro Cuomo, c.t. azzurro della spada, un oro e un bronzo olimpici, 3 ori , 3 argenti e 4 bronzi mondiali BIZZI

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gioia mai provata in pedana. L’ho vissuta innanzitutto da padre, poi da ex atleta, ma anche da ex maestro di mio figlio». Francesco esulta così: «Papà mi ha messo in mano la sciabola. Anche mio fratello maggiore l’ha praticata ed adesso è arbitro nazionale, l’altro mio fratello, il più piccolo, è ai vertici del ranking under 14 nazionale di sciabola maschile».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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m’è gestire una figlia, apparentemente indifferente? «La vera difficoltà sta nel gestire le emozioni. E’ inevitabile che da padre ne provi alcune che sono diverse da quelle del c.t. E’ già da qualche anno che Erica è in azzurro, da prima che io diventassi c.t, quindi oramai mi sono “abituato” anche se ogni volta non è mai semplice!», fa il mitico «Cippo». La conferma arriva da Erica: «Avere un padre c.t. a volte è più difficile, perché esige da te qualcosa in più, non solo in pedana ma anche fuori. Averlo a fondo pedana però rappresenta un conforto in più!».

B&B

Interpreti e traduttori

E’

sfiorare il podio individuale nella rassegna che ha fruttato finora alla piccola Italia 8 podi, è stato Valerio Cuomo, quinto nella spada, la stessa arma di papà, c.t. azzurro dei grandi dell’arma non convenzionale, ma solo di punta.

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MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT

TUTTENOTIZIE

1BASEBALL: LIDDI IN DOPPIO (m.c.) Alex Liddi riparte dal doppio A (Arkansas Natural) coi Kansas City

Royal, da prima base-bd. Promosso in singolo A avanzato dai Chicago Cubs il ricevitore Alberto Mineo, coi Myrtle Beach Pelicans, così come il lanciatore Thiago Da Silva (Toronto) con i Dunedin Blue Jays. obiettivo più grande: l’Olimpiade. Giocare Rio 2016 in doppio misto con Roger Federer, il più grande. Una prima idea c’era già stata nel 2011 ma i tempi erano troppo stretti per i Giochi di Londra, anche se un doppio misto Federer-Hingis sulla sacra erba di Wimbledon sarebbe stato uno spettacolo da consegnare alla storia. Stavolta sembra quella buona, e il segnale è che per

TENNIS

Hingis che ritorno Ritrova la Fed e sogna i Giochi

8

1Dopo 17 anni la svizzera di nuovo in nazionale con obiettivo Rio: doppio da favola con Federer? Federica Cocchi

M

artina dalle sette vite. Martina che nell’età matura ha voglia di rimettersi in gioco, di tornare grande. Finalmente libera dalle pressioni di quando era una bambina prodigio, ora la Hingis torna a vestire la maglia della nazionale svizzera. L’occasione è lo spareggio di Fed Cup contro la Polonia a Zielona Gora il prossimo 18-19 aprile. Il capitano svizzero Heinz Gunthardt lo aveva ventilato giorni fa: «L’esperienza di una giocatrice come lei sarebbe fondamentale per la nostra squadra». Ora, con la convocazione della 34enne insieme a Timea Bacsinszky, Stefanie Voegele e Viktojia Golubic, l’ipotesi è realtà. UNA VITA Martina Hingis, vin-

IPPICA

citrice di cinque Slam in singolare, aveva esordito in Fed Cup nel 1995 contro la Lettonia quando non aveva ancora 15 anni, diventando così la più giovane tennista a vestire la maglia della nazionale elvetica. Ora, a 17 anni di distanza dall’ultima apparizione, la finale persa con la Spagna di Arantxa Sanchez e Conchita Martinez nel settembre del 1998, è il momento di tentare un altro record: ovvero battere Patty Schnyder come più anziana svizzera convocata in Fed Cup. Salvo infortuni o ripensamenti dell’ultimo minuto, il primato sarà suo, visto che Schnyder deteneva il titolo di «vecchietta» con appena 32 anni e mezzo, contro i 34 suonati di Martina. Di certo le statistiche della Hingis in maglia

GINNASTICA

rossocrociata sono ottime: 30 match giocati con 26 vittorie e appena 4 sconfitte tra singolare e doppio. Numeri da fenomeno, quello che sotto la guida di mamma Melanie Molitor ha raggiunto la vetta del ranking mondiale ad appena 16 anni e mezzo. Il prodigio di classe ed eleganza in grado vincere tre volte di fila l’Australian Open tra il 1997 e il 1999, piazzandoci come ciliegina sulla torta anche Wimbledon e Us Open. IN COPPIA Da allora a oggi sono passati anni, il ritiro nel 2003 per un problema a una caviglia, esperienze di vita da persona «normale», una squalifica di due anni per una positività alla cocaina (da lei sempre negata), ritorni e nuovi ritiri. Ma questa volta, in doppio, sembra quella buona. Perché laggiù, oltre la Fed Cup, c’è un

● Gli anni trascorsi da Martina Navratilova per il ritorno in Fed Cup. Dopo aver giocato e vinto in doppio nel 1995, tornò nel 2003 (lu.mar.)

Martina Hingis, 34 anni, ha appena vinto Indian Wells e Miami in doppio

Napoli: riecco Quinzi, colpo contro Rola Starace manca 8 match point e poi cede ● A Napoli (113mila , terra), nel torneo Challenger probabile Atp nel 2015, vanno al 2° turno 7 italiani su 11. Colpo di Gianluigi Quinzi: il n. 389 del mondo, da wild card, elimina Rola (Slo, 104) 6-3 6-1. Il 33enne Potito Starace (n. 187), 4 volte campione del torneo, manca 8 match point e

NUOTO ATLETICA

Aintree: sabato Grand National Fantine in agguato

Nina Carberry partente sabato ● I bookmaker britannici offrono solo a 6/1 la possibilità che entro il 2020 una donna fantino vinca il Grand National, la corsa delle corse in programma sabato ad Aintree sui 7200 m e con 30 terribili salti da effettuare. Fino ad ora la miglior fantina è stata Katie Walsh, terza nel 2012 con Seabass. Propio la Walsh ha vinto lunedì il Grand National irlandese ed ora cerca una monta per quello di sabato, nel quale per il momento risulta già partente Nina Carberry (4 partecipazioni, al massimo un 8° posto) in sella a First Lieutenant. ● MULTA RECORD I commissari danesi hanno inflitto ben 60mila euro di multa al trainer Franck Leblanc per il doping del suo Caballion, vincitore della Copenaghen Cup 2014. La sostanza illecita è l’acido tilodronico contenuto nel Tildren, prodotto largamente usato in Francia per i problemi articolari, ma vietato in Danimarca. Leblanc, che sostiene di non aver ancora ricevuto l’esito delle controanalisi, farà appello.

Addio Bobrova Suo il primo podio post sovietico ● È stata la prima ginnasta a vincere una medaglia per la Russia indipendente, dopo la fine dell’Unione Sovietica. Natalia Bobrova è morta a soli 36 anni per un cancro allo stomaco contro cui lottava già da anni. Ai Mondiali di Birmingham nel 1993 vinse la medaglia di bronzo al corpo libero dietro Shannon Miller, che a sua volta ha combattuto il cancro, con successo, e Gina Gogean. Dopo lunghi mesi di malattia a Novosibirsk, era ricoverata in un ospedale di Tel Aviv. Natalia Kudryavstseva, questo il suo nome da sposata, aveva due figlie. La sua carriera da ginnasta è stata breve, ma al massimo livello di competitività (motivo per cui è rimasta fuori dalla spedizione di Atlanta 1996) nella fortissima squadra russa la cui punta di diamante era la due volte olimpionica Svetlana Khorkina. Un mese fa un’altra ginnasta russa, Maria Kriouchkova, bronzo a squadre ad Atene 2004, era morta per cancro ancora più giovane, a 26 anni.

Natalia Bobrova aveva 36 anni

Magnini, leggera trombosi alla gamba sinistra

Filippo Magnini, 33 anni, pesarese ● «Supererò anche questa» ha twittato Filippo Magnini. Un contrattempo a pochi giorni dalle selezioni mondiali (dal 12 a Riccione) per l’ex bicampione mondiale dei 100 sl che accusa, secondo l’ecografia, una trombosi superficiale sotto la parte alta della gamba sinistra. Una vena che costringe il pesarese a fare terapie e non forzare. Ma i campionati non sono a rischio, mentre lo sono per Gabriele Detti che con un antibiotico sta cercando di guarire dall’infezione alle vie urinarie. ● PUNITO ED ESCLUSO (r.r.) Hancer Garica, finalista olimpico e mondiale dei 100 sl, è stato sospeso un anno per «reiterata indisciplina» (pare nei confronti dell’allenatrice) ed escluso dalla nazionale cubana in partenza per il collegiale a Portorico. ● RUSSO CACCIATO (al.f.) Il coach russo Sergey Burkov è stato esonerato dalla carica di direttore tecnico della nazionale degli Emirati Arabi: la federazione si è lamentata degli scarsi risultati ottenuti ai recenti campionati arabi.

MONDIALI STAFFETTE, C’È BOLT Ci sarà anche Usain Bolt ai secondi Mondiali di staffette in programma il 2-3 maggio a Nassau, Bahamas. «Sto bene – ha detto –, so che la rassegna lo scorso anno è stata molto divertente». Coach Glen Mills conferma: «Usain si sta allenando alla grande e, con tutto il rispetto per gli avversari, Justin Gatlin in testa, la verità è che, se sarà al meglio, non temerà nessuno». ● FUNERALI TAMMARO Domani a Milano, alle 14.45 alla chiesa di Santa Croce (via Sidoli, 8) i funerali di Renato Tammaro, presidente dell’Atletica Riccardi per 69 anni, morto domenica a 89 anni. ● STRADA (w.b-m.m.) Media Blenio a Dongio (Svi). Uomini (km 10): 1. Chumo (Ken) 28’19”; 2. Edris (Eti) 28’21; 3.Tola (Eti) 28’26”; 4.Lokomwa (Ken) 29’03”; 8. Rachik 29’39”; 9. La Rosa 30’11”. Donne: Wangari (Ken) 35’30”. A Ospedaletto (Tn). Uomini (km 5.5): 1. Kariuki (Ken) 15’45”; 2. Chatbi 16’02”; 4. Cominotto 16’17”; 5. Lanziner 16’23”. Donne (km 3.3): 1. Viola 10’41”; 2. Tschurtschenthaler 10’44”; 4. Dal Ri 10’49”; 5. Zanatta 10’54”. Mezza Prato. Uomini: 1. Ngeno (Ken) 1h04’40”. Donne: 1. Jepkurgat (Ken) 1h12’56”; 4. Proietti 1h20’09”. Maratona Lamone, a Russi (Ra). Uomini: 1. Zain (Mar) 2h22’42”; 4. Caimmi 2h26’05”.

BOXE ●

DERBY AZZURRO (r.g.) Michel Soro (Fra, 25-1-1) rinuncia al ruolo di cosfidante con Emy Blandamura (231) per l’Europeo medi vacante. L’Ebu deve indicare il nuovo titolare, con buona probabilità Domenico Spada (39-6-1), il primo nel ranking. ● CAMPIONI (r.g.) A Francoforte (Ger) il 9 maggio sfida tra Felix Sturm (Ger, 39-4-3), 36 anni, ex iridato medi (tra il 2003 e il 2014) e Fedor Chudinov (Rus, 12), 27 anni, campione a interim, per il Mondiale assoluto supermedi Wba.

HOCKEY GHIACCIO DOMANI GARA-7 SCUDETTO (m.l.) Fiocco rosa sulla finale scudetto Asiago-Renon (decisiva gara-7 domani alle 20.30): è nata Scarlet Francesca,

poi cede per 3-6 7-6(4) 6-2 al n. 2 del torneo, il 23enne Krajinovic (Ser, 86). ERRANI E GIORGI Oggi nel 2° turno, a Charleston (Usa, 665.000, terra verde), Errani c. vincente Cepelova- Vesnina, a Katowice (Pol, 220mila , veloce indoor), Giorgi-Linette.

primogenita del vicentino Sean Bentivoglio, che dovrebbe farcela. Padroni di casa senza il difensore Enrico Miglioranzi: domani si opera per la frattura scomposta dell’omero del braccio sinistro rimediata lunedì. ● ITALDONNE K.O. (m.l.) Ai Mondiali 1A Divisione Gruppo B di Pechino, 2° k.o. di misura per l’Italia: 2-1 (0-0, 1-1, 1-0) con l’Ungheria. Oggi riposo. Domani l’Olanda. Cl.: Ungheria 6; Slovacchia 5; Cina 4; Olanda 2; Italia 1; Sud Corea 0.

IPPICA ● IERI 16-13-14-10-15 A San Giovanni Teatino (m 2060): 1 Polluce Caf (2080 D.Di Stefano); 2 Olimpia Pan; 3 Racy Kosmos; 4 Ribes Nero; 5 Lawyer As; Tot.: 4,68; 2,27, 3,40, 2,30 (32,50). Quinté: n.v. Quarté: 979,79. Tris: 112,34. ● OGGI QUINTÉ A ROMA A Capannelle (inizio 15.30) scegliamo Super Op (15), Syria del Ronco (12), Sterlyng (13), Sea Point Jbay (11), Shelford Run (5) e Satanasso Fi (14) ● ANCHE Trotto: Firenze (14.55) e Aversa (15.05). Galoppo: Milano (14.30).

OLIMPIADI RUSSIA, DIVIETO DI GIOCHI? Il parlamentare nazionalista Anisimov ha presentato in Russia una proposta di legge per impedire agli atleti di competere in più di due edizioni delle Olimpiadi per non togliere il posto ai più giovani, dopo il caso Plushenko a Sochi 2014. Yelena Isinbayeva, due volte olimpionica di salto con l’asta, a rischio se la legge passasse: «Proposta totalmente slegata dalla vita reale».

PALLAMANO ●

ANTICIPO (an.gal.) Alle 20.30 (dir. Rai Sport 1) Trieste-Bolzano, anticipo del 5°e ultimo turno di poule-playoff.

PALLANUOTO ●

CHAMPIONS Oggi 8° turno dei preliminari di Champions League. Alle 18.30 Eger (Ung)-Brescia, 19.45 Olympiacos-Pro Recco. Cl.: P.Recco 21; Eger 10; Radnicki 9; Barceloneta 8; Olympiacos 7; Brescia 5.

PARALIMPICI ●

RAI Il logo della Rai sarà sulle maglie

qualificarsi ai Giochi, la Fed Cup è una tappa obbligata e al momento, giocare il doppio sembra essere l’unica opzione prevista. Martina non gioca un singolare dal 2007, quando è stata sconfitta al secondo turno del torneo di Pechino dalla cinese Shuai Peng. «Voglio concentrarmi sul doppio – aveva detto — lì ho la chance di vincere qualche titolo e non solo qualche partita». Il sacro fuoco della vittoria non l’ha mai abbandonata, prova ne sia la nuova vita da doppista, prima con Lisicki e poi con Flavia Pennetta, prima di incontrare l’altra metà della mela tennistica: quella Sania Mirza con cui ha appena conquistato la doppietta Indian Wells-Miami. L’appetito vien vincendo. © RIPRODUZIONE RISERVATA

degli atleti paralimpici verso Rio 2016. L’annuncio ieri del n.1 Cip, Luca Pancalli, il direttore generale Rai, Luigi Gubitosi, e il direttore Rai Sport, Carlo Paris. Anche gli atleti al lancio dell’accordo, biennale: il cestista Matteo Cavagnini, la velocista Oxana Corso, lo schermidore Alessio Sarri, la mezzofondista Annalisa Minetti.

RUGBY ●

MERCATO ZEBRE (ma.p.) Le Zebre, in attesa di chiarimenti sulla situazione di Muliaina, ufficializzano i rinnovi biennali a Dario Chistolini, George Biagi e Guglielmo Palazzani. Accordo vicino col 23enne terza linea sudafricano Jean Cook (1.90 per 110 kg), dai Cheetahs . ● MITREA MONDIALE (i.m.) L’italiano Marius Mitrea sarà uno dei sette assistenti arbitrali in Coppa del Mondo.

TUFFI ●

BATKI TERZA (al.f.) Noemi Batki (303.90) è 3a dalla piattaforma 10 m al Grand Prix Fina di Leon (Mes) dietro la cinese Siyu Ji (340.85) e la francese Marino (324.85).

Renato Tammaro

papà, amico, presidente... sarai sempre nel nostro cuore, nella nostra allegria, nei nostri gesti, nella sottile gioia di donare, lottare, vivere.- I tuoi figli Sergio e Daniela e i tuoi nipoti Bianca e Matteo. - Milano, 5 aprile 2015. Partecipano al lutto: Pino e Jole Zoppini con Marco Alessandro e Cecilia. I dirigenti, tecnici, atleti e collaboratori della società Atletica Riccardi sono vicini a Sergio, Daniela, Bianca, Matteo e famiglia e piangono la scomparsa di

Renato Tammaro

fondatore e per sempre Presidente Atletica Riccardi Milano. - Milano, 5 aprile 2015. Il Presidente del Comitato Regione Lombardia Fidal Grazia Vanni, i Consiglieri Regionali e tutta l atletica lombarda si uniscono al cordoglio della famiglia Tammaro e di Atletica Riccardi per la scomparsa del Presidente

Renato Tammaro

che, con il suo esempio, ha fatto scrivere numerose pagine dell atletica italiana. - Milano, 7 aprile 2015. Alessandro Castelli, Presidente del CUS Pro Patria Milano, il Consiglio Direttivo, i tecnici ed atleti, partecipano al grande lutto che ha colpito la famiglia e l atletica leggera per la scomparsa di

Renato Tammaro

fondatore e Presidente della società Atletica Riccardi. - Milano, 7 aprile 2015. Partecipano al lutto: Giuseppe Mastropasqua. Franco Ferrari. Luciano Patelli. Corrado Tani. Valerio Caso. Giorgio Rondelli.


AltriMondi R

MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT

IL FATTO DEL GIORNO LA MANOVRA PROMESSA

LE PREVISIONI PIL

+0,7%

2015

+1,4% +1,5% +1,4%

2016 2017 2018

DEFICIT

-2,6%

2015

1,8% -0,8%

2016 2017

0 DEBITO PUBBLICO

2015 2016 2017 2018

2018

+132,5% +130,9% +127,4% +123,4% GDS-CENTIMETRI

Il premier Matteo Renzi alla conferenza stampa dopo il Cdm ANSA

Renzi pensa davvero a un anno senza tagli né nuovi balzelli? 1Il capo di governo mette a punto il Def: nel 2015 il Pil dovrebbe salire e il debito scendere, così fino al 2018. E le tasse non aumenterebbero. I dubbi sono leciti di GIORGIO DELL’ARTI gda@gazzetta.it

C’è questo Def e relativa conferenza stampa del premier Matteo Renzi…

1

Come! Nello stesso giorno in cui Raul Bova attacca l’ex suocera noi ci preoccupiamo del Def? E che diavolo è il Def? Documento di Economia e Finanza, a suo tempo detto Documento di Programmazione economica e finanziaria. Sono d’accordo con lei sulla suocera di Raul Bova, ma si dà il caso che il Def fissi i parametri entro cui si dovranno varare le finanziarie di quest’anno e dei prossimi. Cioè, quanto tassare, come tassare, dove tassare, quanto spendere, come spendere, dove spendere e in vista di quali obiettivi da raggiungere. Rendo in qualche modo l’idea? Un pezzetto del Def determina anche la sua busta paga, caro mio.

2

Sì, nel senso che anche quest’anno mi toglieranno qualcosa per ingrassare la casta, gli amici della casta e gli amici degli amici della casta. Renzi dice che non le toglieranno niente. Lo ha detto ieri in conferenza stampa: «Non ci sono tagli e non c’è un aumento delle tasse. Capisco che non ci siete abituati, ma è così».

3

Ma se ho letto l’altro giorno che la pressione fiscale è aumentata di un altro decimo di punto. Questo l’ha ricordato anche Renato Brunetta, l’economista di Forza Italia, ieri, per buttare un po’ di acqua fredda addosso al premier-segretario. Ma Renzi potrebbe risponderle: di che aumento della pressione fiscale stiamo parlando? Di quello determinato dalle politiche del passato! E io, nelle politiche del passato, non c’ero. Invece vi dico – anche se non ci credete – che adesso niente tagli e niente tasse. Anzi, «nel 2015 abbiamo ridotto tasse per 18 miliardi di euro: 10 dagli 80

NOTIZIE TASCABILI SPUNTA UN’IMMAGINE, LA COMPAGNIA SMENTISCE

A sin. accanto a Lubitz la presunta immagine del pilota Patrick Sodenheimer

Strage Germanwings, è giallo sulla prima foto del pilota-eroe ● Le foto dei piloti dell’aereo caduto (Lubitz compreso) listate a lutto nella sede Germanwings. E, tra loro, quella di Patrick Sodenheimer, il comandante-eroe che ha tentato di abbattere la porta chiusa dall’interno dal co-pilota. Ma è giallo anche su quella foto, la prima dell’uomo, perché la compagnia tedesca ha smentito di aver esposto nei suoi uffici di Colonia le immagini dell’equipaggio come circolato su alcuni media internazionali. Intanto, ieri, mentre è stata fermata la ricerca dei corpi sulle Alpi Francesi, il Wall Street Journal ha rivelato che l’Ue aveva espresso già anni fa preoccupazioni sulla debolezza dei test, pure medici, da parte delle autorità tedesche sui vettori nazionali: a novembre aveva pure chiesto a Berlino di rimediare.

euro e 8 dai provvedimenti sul lavoro. Dobbiamo aggiungerci anche i 3 miliardi di clausole di salvaguardia disinnescati: 21 miliardi in totale».

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Beh, visto che questo Def programma parecchi anni, che cosa si vede nei prossimi anni? Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, ricordando il quadro internazionale macroeconomico positivo, ha definito «prudente» la stima del go-

LA CHIAVE

I soldi dovrebbero arrivare dai risparmi della macchina pubblica: i Comuni già in rivolta Fassina (sinistra Pd): «Manovra recessiva». Brunetta ricorda: «Salita la pressione fiscale»

verno. Ai giornalisti è stata mostrata una tabella, da cui si vede questo. Pil +0,7 quest’anno, +1,4 l’anno prossimo, +1,5 nel 2017, +1,4 nel 2018. Tutte stime in aumento rispetto a quelle dell’autunno scorso. Rapporto deficit/Pil, quello che secondo gli accordi di Maastricht dovrebbe stare al 3%: -2,6 quest’anno, -1,8 l’anno prossimo, poi -0,8 e infine 0 nel 2018 quando dovrebbe anche essere mantenuto l’impegno del pareggio di bilancio. È a questa sequenza di cifre che allude Fassina, uno dei leader dell’opposizione interna Pd, però, quando dice che il Def è recessivo («Manovra recessiva e iniqua»): per la sinistra questi numeri sono «ossessioni liberiste», il pareggio di bilancio è una iattura, quello che ci vuole è una politica espansiva fatta di indebitamento, deficit e inflazione, e non importa se a pagare il conto di uno sviluppo concepito così saranno poi le generazioni future. Il governo oltre tutto prevede anche un calo del debito, cioè un calo del

rapporto debito/pil (che in base a Maastricht dovrebbe stare al 60%): 132,5 adesso, 130,9 l’anno prossimo, 127,4 nel 2017 e addirittura 123,4 nel 2018. Poiché il Pil crescerà, ma non troppo (vedi sopra), significa che sarà tagliata in assoluto la cifra dell’indebitamento e a questo mi risulta difficile crederlo, specie per quanto riguarda il 2018. Quell’anno si voterà e sotto elezioni non si bada a spese. Sotto elezioni anche l’Europa è più indulgente.

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LA QUESTIONE IRRISOLTA

Danni di guerra Atene fa i conti: «Berlino ci deve 279 miliardi»

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Come si ottengono questi risultati «senza tagli e senza tasse»? Renzi: «Non ci saranno tagli alle prestazioni per i cittadini, ma c’è bisogno che la macchina pubblica dimagrisca un po’ e se i sacrifici li fanno i politici o salta qualche poltrona nei consigli di amministrazione, male non fa». La cabina di regia dei tagli, passata dall’ex commissario alla Spending review Carlo Cottarelli al tandem Yoram Gugteld-Roberto Perotti, dovrebbe portare al governo 10 miliardi di risparmi quest’anno. Il problema casomai sono i trasferimenti agli Enti locali. Non so le Regioni, ma i Comuni sono sul piede di guerra e Piero Fassino, primo cittadino di Torino, in un’intervista di ieri, è stato per certi versi addirittura minaccioso. «Dopo sei anni in cui si è chiesto molto a noi e poco agli altri è giunto il momento che si chieda molto agli altri e meno a noi». Fassino è il presidente dell’Anci, l’associazione che riunisce tutti i Comuni. Secondo lui «facendo cento il debito, solo il 2,5% è imputabile agli enti locali. Facendo cento la spesa, solo il 7,5 si può attribuire ai Comuni […] Non vogliamo un euro in più, vogliamo che la forbice si fermi». E inoltre «siamo stufi di sentirci spiegare come bisogna gestire i Comuni da certi dirigenti ministeriali che non hanno mai amministrato nemmeno un condominio». Il presidente del Consiglio ha promesso di incontrarli prima di venerdì, giorno in cui il consiglio dei ministri varerà il Def definitivo. Quello illustrato ieri era infatti soltanto una prima bozza del documento. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Il premier greco Alexis Tsipras

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giochi per una volta si sono ribaltati e ieri è stata la Grecia a chiedere conto alla Germania. «Ci deve 278,7 miliardi di euro per l’occupazione nazista durante la Seconda guerra mondiale, compresi i 10,3 miliardi per il cosiddetto prestito forzato». A farsi portavoce della stima del Parlamento è stato il viceministro delle Finanze greco, Dimitris Mardas. Per il calcolo dei danni la sinistra di Syriza aveva istituito un’apposita commissione. «Trovo questo dibattito stupido», ha tagliato corto ieri il vicecancelliere Sigmar Gabriel respingendo le rinnovate richieste di Atene. E chiudendo, per ora, la questione. IL DIBATTITO Il nuovo governo di Atene ha fatto dei risarcimenti di guerra tedeschi una questione morale che deve essere ancora risolta. Il ministro della Giustizia del governo di Alexis Tsipras, Nikos Paraskevopoulos, aveva detto solo il mese scorso di essere pronto a dare esecuzione a una sentenza di 15 anni fa della Corte Suprema che autorizzava il sequestro di asset tedeschi in Grecia per ripagare le atrocità di guerra. A riportare il governo di Atene con i piedi per terra ci ha pensato la Ue, che ha spronato l’esecutivo a fare di più e più velocemente per ottenere la nuova tranche di aiuti nell’ambito del programma di salvataggio. A parlare è stata una portavoce. «La Grecia deve fare il primo passo, i contatti con le istituzioni creditrici sul piano di riforme sono in corso, ma bisogna fare subito un punto».

È IN CURA IN ITALIA

CONTROLLI NEL REATTORE DI FLAMANVILLE

Marò: il permesso di Latorre scade, chiesta la proroga

Francia, allarme nella centrale nucleare «Quantità di carbonio non è a norma» ● L’autorità per la sicurezza nucleare francese ha annunciato, ieri un’«anomalia» tecnica nel serbatoio del reattore EPR di Flamanville, in Normandia. Il ministro dell’Energia francese, Segolene Royal, ha annunciato che l’azienda responsabile della costruzione avvierà nuovi test sul reattore sotto la supervisione dell’osservatorio francese sull’energia nucleare. L’anomalia nella copertura del reattore Epr di Flamanville, la cui costruzione è iniziata nel 2007 e dovrebbe terminare nel 2017, è emersa nel corso di una verifica di routine da parte delle due aziende responsabili del cantiere, Edf e Areva. «I controlli — si legge in una nota congiunta — mostrano che uno dei parametri non era rispettato in una zona, che presentava una concentrazione di carbonio più elevata della media».

● L’Italia ha deciso di chiedere una proroga, sembra di altri tre mesi, del permesso sanitario concesso a Massimiliano Latorre, visto che domenica scadrà il primo. La richiesta, che sarà accompagnata da documentazione medica, verrà presentata domani alla Corte Suprema indiana.

La centrale di Flamanville ANSA

RIGETTATO L’APPELLO

LA COPPIA A ROMA

TEMPERATURE SU

Per il Riesame Schettino deve restare libero

Salvini e Isoardi, paparazzato il primo bacio

Neve al Sud, ma da oggi cenni di primavera

● Il tribunale del Riesame di Firenze ha rigettato l’appello della procura di Grosseto e stabilito che Schettino resterà libero. Non sono dunque bastate le telefonate ricevute da Thailandia, Stati Uniti, India e Grecia con cui si poteva supporre che stesse preparando la fuga, subito prima della condanna a 16 anni e un mese per il disastro della Concordia.

● Beccati. Matteo Salvini e la sua Elisa Isoardi erano sempre stati attenti a non farsi immortalare in teneri atteggiamenti, ma stavolta i paparazzi sono stati più bravi di loro. Il settimanale «Chi» piazza infatti in copertina sul numero in edicola oggi il primo bacio tra il segretario della Lega e la conduttrice tv. Uno slancio di troppo mentre uscivano dalla

In copertina sul settimanale «Chi» casa romana di i amici dove erano andati a cena. I due fanno coppia da qualche mese. La Isoardi aveva infatti dichiarato a febbraio: «Ci frequentiamo, è una bella persona, mi piace la sua grinta da leader giovane».

● Un’Italia a due facce. Il Centro-Sud si è risvegliato, ieri, sotto la neve. Gelo e temperature in picchiata in Puglia, Campania, Molise e Marche. E non sono mancati neppure i disagi legati al traffico. Oggi, però, cambierà tutto e ci sarà un assaggio di primavera grazie all’alta pressione. Le temperature raggiungeranno al Nord i 20°.


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MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT

L’Europa condanna l’assalto alla Diaz «Al G8 fu tortura» 1La Corte di Strasburgo contro l’Italia per il blitz

della polizia a Genova nel 2001: «Legge inadeguata» Daniele Vaira @danvaira

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uanto compiuto dalle forze dell’ ordine italiane nell’irruzione alla scuola Diaz di Genova il 21 luglio 2001 «deve essere qualificato come tortura». Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani che ha condannato l’Italia non solo per quanto fatto ad uno dei manifestanti durante il G8 di Genova, ma anche perché non ha una legislazione adeguata a punire il reato di tortura. All’origine del procedimento c’è un ricorso presentato da Arnaldo Cestaro, manifestante veneto che all’epoca aveva 62 anni e che rimase vittima del violento pestaggio da parte della polizia durante l’irruzione nella sede del Genova Social Forum. L’uomo era il più anziano dei manifestanti presenti nell’edificio. Gli ruppero un braccio, una gamba e dieci costole du-

Una giovane viene portata in ambulanza durante il G8 a Genova del 2001

rante i pestaggi. Nel ricorso dei legali afferma che quella notte fu brutalmente picchiato dalle forze dell’ordine tanto da dover essere operato e da dover risentire ancora oggi le conseguenze delle percosse subite. L’Italia dovrà versare a Cestaro

un risarcimento di 45 mila euro. La Corte ha sottolineato «l’assenza di ogni nesso di causalità» fra la condotta dell’uomo e l’utilizzo della forza da parte della polizia nel corso dell’irruzione nella scuola. E i maltrattamenti «sono stati in-

flitti in maniera totalmente gratuita». «Io adesso ho 76 anni ma ho visto ragazzini che chiamavano mamma in inglese, tedesco e altre lingue. Non auguro a nessuno di vedere i propri figli chiedere aiuto così», le parole di Cestaro. IL PROCESSO Per le violenze che si verificarono all’interno della scuola Diaz la Corte di Cassazione, il 5 luglio del 2012 confermò 25 condanne su 28 imputati, tutti appartenenti alle forze dell’ordine, per un totale di 98 anni. Anche se, come hanno sottolineato i giudici europei «gli autori materiali della tortura non sono mai stati individuati». Le sentenze della Corte europea dei diritti umani sull’operato della polizia non sono ancora finite. Davanti ai giudici di Strasburgo pendono, infatti, altri due ricorsi presentati da 31 persone che affermano di essere state torturate nella caserma di Genova Bolzaneto. «Per le istituzioni italiane e per la credibilità residua della nostra politica è una debacle», ha commentato il regista Daniele Vicari, che ai fatti di Genova ha dedicato un film di forte impegno civile, Diaz - Don’t clean up this blood. L’ITER La proposta di legge che introduce nel codice penale il reato di tortura è, intanto, all’esame del Parlamento da quasi due anni. Domani il provvedimento sarà votato dalla Camera. Il via libero definitivo potrebbe arrivare entro l’estate. Si tratta, infatti, della seconda lettura ma il testo del Senato è stato modificato e, dunque, dovrà tornare a Palazzo Madama. © RIPRODUZIONE RISERVATA

OBAMA PUGILE PER LA SFIDA DELL’«EGG ROLL» ● Com’è cool il presidente Obama! Da sempre usa i social media per mostrare il suo lato più umano e divertente: Pasqua non ha fatto eccezione. Questa foto è stata postata su Twitter dalla moglie Michelle, in vista della tradizionale Easter Egg Roll organizzata alla Casa Bianca: «Knockouts. #GimmeFive #EasterEggRoll», ha scritto sul suo profilo la First Lady.

FREDDATO A CASA

Uno dei corpi emersi dalle fosse comune trovate a Tikrit REUTERS

Nuovi orrori dell’Isis Allarme a Yarmuk «È come Srebrenica» 1L’Onu denuncia:

«Situazione disumana nel campo profughi siriano». E in Iraq trovate fosse comuni

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n uno dei pochi giorni in cui l’Isis non si mostra in tutto il suo orrore, a Tikrit, in Iraq, viene letteralmente alla luce una macabra e drammatica scoperta. Sono state trovate infatti dodici fosse comuni in grado di contenere fino a 1700 corpi. Gli scavi vanno avanti da lunedì, quando un team di medici legali aveva aperto una delle fosse trovando trovato una ventina di cadaveri: «La scena che ci siamo trovati davanti era straziante. Chi può uccidere 1700 persone a sangue freddo?». All’interno si troverebbero i corpi dei soldati iracheni che lo Stato Islamico ha annunciato di aver sterminato a giugno. Ma il bilancio sembra destinato a salire. Secondo un rapporto dell’Onu dello scorso mese, circa «15001700 membri dell’esercito iracheno da Camp Speicher sono stati sommariamente uccisi il 12 giugno dall’Isis». Le famiglie di soldati scomparsi hanno già chiesto risposte al governo iracheno

su cosa sia successo e su cosa farà per rispondere a questo massacro, ma per il primo ministro iracheno, Haider al Abadi, la vendetta non è la strada giusta. IN SIRIA Ma scene raccapriccianti sono sotto gli occhi di tutti anche a Yarmuk, in Siria, nel campo profughi palestinese occupato sabato dagli jihadisti. Un sedicenne scampato al massacro ha raccontato: «Ho visto due miliziani dell’Isis che giocavano a calcio con una testa decapitata». L’Unicef parla di «una nuova Srebrenica», alludendo allo sterminio di 8.000 bosniaci musulmani nel 1995, e l’Unrwa, agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, avverte che la situazione è «al di là dei disumano». Il regime siriano, escludendo un intervento militare diretto, ha intanto offerto armi ai palestinesi per combattere l’Isis. Intanto continuano a far discutere le dichiarazioni del ministro degli Esteri Gentiloni. In un’intervista al Corriere ha dichiarato: «Per contrastare il terrorismo è inevitabile il risvolto militare». A Radio Anch’io ha aggiunto: «Si deve intervenire contro la persecuzione dei cristiani e a sostegno delle minoranze religiose in tutti modi e senza escludere l’opzione militare». Gentiloni nei prossimi giorni sarà in Kenya «per portare il sostegno del nostro Paese». al.mo. © RIPRODUZIONE RISERVATA

LITE TRA FRATELLI A TODI

Rischiava il posto Operaio uccide il suo caporeparto 1A Lucca, premedita l’agguato e confessa

Ma l’azienda: «Non avevamo previsto tagli»

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L’operaio Massimo Donatini, 43 anni

LOTTA AL TERRORISMO

a rubato la pistola al padre e l’ha provata in un campo. Poi ha percorso 8 chilometri a piedi per arrivare a Lucca. Qui ha atteso davanti a casa il suo caporeparto e gli ha scaricato addosso 13 colpi, uccidendolo. A sparare, ieri mattina è stato un operaio, Massimo Donatini, 43 anni. La vittima è Franco Sodini, 52 anni, responsabile in un cartiera di Porcari (Lu), che conta centinaia di dipendenti. L’aggressore, sposato, con un figlio piccolo e senza precedenti penali, ha ucciso Sodini per la paura di restare disoccupato. «Temevo di essere licenziato», ha racconta-

to l’aggressore agli investigatori. Donatini, dopo l’agguato si è allontanato a piedi dalla scena dell’omicidio, recandosi al comando provinciale dei carabinieri di Lucca, dove si è costituito consegnando la pistola utilizzata per l’esecuzione. LE REAZIONI I colleghi di lavoro sono «sconvolti ed increduli». «Nessuno poteva immaginarsi una tale esplosione di violenza da un operaio modello, nostro collaboratore da 25 anni — ha spiegato Massimo Pasquini, a.d. dell’azienda toscana —. Nessuna ipotesi di riduzione del personale lo aveva coinvolto né lo avrebbe coinvolto in futuro». E anche i sindacati non riescono a trovare una spiegazione al gesto. «Non è una piccola azienda, ci sono relazioni sindacali e non ci sono timori di essere licenziati», ha detto Federico Fontanini, segretario Cisl di Lucca. «A Porcari ci sono grandi aziende ma il clima è di tipo familiare e il settore cartario è quello che ha tenuto meglio di molti altri di fronte alla crisi», ha aggiunto il sindaco della cittadina, Alberto Baccini. dan. va. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Pilota Alitalia spara in casa la sera di Pasqua

madre, a Todi (in Umbria), probabilmente nel corso di una lite con il fratello maggiore. Avvertiti dai vicini, sono arrivati i carabinieri che hanno denunciato Foglietti per minacce aggravate e danneggiamento aggravato. Da lì la procura di Spoleto, competente per territorio, ha trasmesso la pratica all’Alitalia.

1Sospeso dal servizio: comandava l’aereo

IL 14 FEBBRAIO Di questi tempi, il pilota di un aereo di linea che spara tra le quattro mura di casa non può passare inosservato e l’Alitalia ha subito preso provvedimenti sospendendo Foglietti dal servizio, ma precisando anche che non è al momento impegnato in servizi di comando e di volo. Adesso c’è chi chiede di ripristinare con urgenza l’obbligo per i piloti di «sottoporsi a visita annuale psichiatrica e psicologica» (Anzaldi, deputato Pd). Foglietti, di certo, quel 14 febbraio aveva avuto il suo momento di notorietà: era stato fotografato in compagnia del presidente Mattarella e l’immagine era stata postata sul profilo Twitter ufficiale della stessa Alitalia. m.a.

che a febbraio portò Mattarella a Palermo

A destra Maurizio Foglietti fotografato col presidente Mattarella

E

ra stato anche ai comandi dell’Airbus che il 14 febbraio ha condotto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Palermo. Non un pilota

qualsiasi, dunque. Ma la sera di Pasqua, Maurizio Foglietti, pilota dell’Alitalia, non si sa perché e non si sa come, ha impugnato una pistola e ha sparato tre colpi in casa dell’anziana

© RIPRODUZIONE RISERVATA


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MERCOLEDĂŒ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT

Bova contrattacca Questa guerra fa soltanto male 1L’attore risponde con un’intervista otto mesi dopo

la lettera dell’ex suocera che lo accusava di infedeltà Elisabetta Esposito

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a aspettato e aspettato ancora. PerchĂŠ — si pensa — se si ha la coscienza a posto, gridare per difendersi non serve. Raoul Bova è rimasto in silenzio per otto mesi dopo l’attacco rumoroso che la sua ex suocera, l’avvocato Annamaria Bernardini De Pace (uno dei migliori divorzisti d’Italia), gli ha lanciato in una lettera dura e lunghissima sulle pagine de Il Giornale. Una lettera in cui l’attore non viene mai nominato, ma soltanto definito ÂŤdegeneroÂť piĂš che ÂŤgeneroÂť. L’accusa, sembra, mai confermata: aver tradito l’ex moglie Chiara Giordano, 13 anni di matrimonio e due figli, con la bella spagnola RocĂ­o MuĂąoz Morales, valletta dell’ultimo Sanremo che Bova aveva conosciuto sul set di Immaturi - Il viaggio. Era il 2011, due anni dopo l’attore e la Giordano firmavano le carte per la separazione. LA GOGNA Otto mesi dunque. Un tempo lungo in cui l’attore ha prima dovuto smaltire la rabbia per quel pubblico messaggio in cui la signora metteva dentro tutto (dal ÂŤla tua forza, anche sessuale, dura per il tempo di uno spotÂť a ÂŤtua figlia adolescente, che ha sei anni meno della tua complice nel tradimento familiare, non può stimare un padre cosĂŹÂť), poi cercare di mantenere il silenzio, quindi decide di dire la sua. ÂŤSono il bersaglio di una campagna — ha detto in un’intervista a Vanity Fair in edicola oggi — . Il traditore che merita la gogna. Finora non avevo mai reagito per non peggiorare le

Raoul Bova, 43 anni, con la compagna RocĂ­o MuĂąoz Morales, 26 LAPRESSE

RÂŤCerte accuse

per i miei figli sono dolorose. Non sono stato un traditore superficialeÂť

cose, ma alla fine ho capito che in realtĂ le peggioro stando zitto. PerchĂŠ chi è mosso dal rancore non si ferma, piĂš incassi e piĂš attaccaÂť. Ăˆ dunque tempo di parlare, di spiegare. Soprattutto perchĂŠ questa bufera di parole si è abbattuta anche su due ragazzini che di certo non hanno colpe. ÂŤIo devo proteggere i miei figli da questa guerra. Per questo parlo. Per dire: vi prego, basta con questa guerra che fa solo del maleÂť.

questo momento è di nuovo nei cinema con l’ultimo film drammatico di Michele Placido, La Scelta, si rivolge alla suocera, ricordando quelle parole finite sulla bocca di tutti lo scorso agosto, tirando di nuovo in ballo, giustamente, il dolore che possono procurare ai suoi ragazzi e contraddicendo infine la tesi della Bernardini De Pace: ÂŤLa lettera aperta al “genero degeneratoâ€? mi ha profondamente ferito, ma pazienza per me. Il problema è che tutta questa situazione fa star male i miei figli, i suoi nipoti. Come deve sentirsi un ragazzino nel leggere che il suo papà è un traditore superficiale, che non si è fatto nessuno scrupolo a scaricare la mamma per una ventenne? Le cose non sono andate per niente cosĂŹ, ma lui come fa a capirlo?Âť.

UN PADRE Quindi Bova, che in

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OROSCOPO LE PAGELLE di ANTONIO CAPITANI 21/4 - 20/5 TORO

21/5 - 21/6 GEMELLI

22/6 - 22/7 CANCRO

23/7 - 23/8 LEONE

24/8 - 22/9 VERGINE

7,5

7

6-

7-

7,5

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Usando cautela, il comparto finanziario oggi non deluderĂ . Anzi. Nel lavoro, poi, siete abili strateghi, nel privato suini, in amor muy blanditi e fortunati.

La Luna sembra sollevare incertezze e tensioni. Pure amorose. Passeggere però. Ergo: non azzannate l’ulna di nessuno. Giunge un calo fornicatorio.

Il lavoro appaga. Ma la vostra pedanteria è come un cucchiaio (calcistico) contro gli zebedei: urge moderarvi. Siete suini a livelli supremi, però.

La Luna v’ispira, aspira il malumore e accresce la creativitĂ . Anche nel lavoro, faticoso, ma premiante. L’amor è umbratilino, l’ormon versatilino.

Gli zebedei caracollano. Forse per via dello stress. O di demotivazione. Serve impegno, in tutto. Espletamenti suini (anche in nuce) però esaltano.

23/9 - 22/10 BILANCIA

23/10 - 22/11 SCORPIONE

23/11 - 21/12 SAGITTARIO

22/12 - 20/1 CAPRICORNO

21/1 - 19/2 ACQUARIO

20/2 - 20/3 PESCI

7+

7-

8

6-

7+

6-

Tutto s’incastra nel modo giusto, nel lavoro, in viaggio, nei colloqui. Voi e il sudombelico avete pure tanta faccia di glutei, utile e muy risolutiva.

Le finanze vi procurano sollievi, anche se nei rapporti c’è tensione, non stemperabilissima . L’amor is a ciofec, la fornicazione di piĂš.

Ingranaggi utili si mettono in moto e coronano sogni, aspettative, desideri, con meno stress del temuto. Il sudombelico emerge, vi rassicura, vi bea.

C’è un’inspiegabile latitanza del buonumore, oggi. E voi vi sentite soli: non fate gli sgifatissimi, siate solerti e tempisti, fornicate senza fretta.

Il re del Botox si è ammazzato per una parodia â—? Ha passato la vita a caccia dell’eterna giovinezza, cancellando le rughe delle piĂš importanti dive del mondo, tra cui Madonna, ma soprattutto le proprie. Era ricchissimo e tiratissimo, proprio come voleva lui. Eppure il dottor Fredric Brandt, dermatologo di fama internazionale, non era contento. Di piĂš, negli ultimi tempi soffriva di depressione. Tanto da decidere di togliersi la vita nella sua villa di Miami, a 65 anni. Il ÂŤBarone del BotoxÂť, soprannome che aveva conquistato dopo anni di onorata carriera e volti modificati (non sempre in meglio), secondo chi lo conosceva bene era rimasto devastato dalla parodia che aveva fatto di lui la comica Tina Fey nella sua ultima serie televisiva ÂŤUnbreakable Kimmy SchmidtÂť, dove l’attore Martin Short interpreta il dottor Grant (pronunciato però Franff), un chirurgo estetico con la stessa pelle liscia e i capelli biondo platino di Brandt, ma con grosse difficoltĂ di parola per essersi tirato troppe volte le rughe del viso. ÂŤQuell’imitazione lo aveva sconvolto — raccontano — chi vorrebbe essere protagonista di una cosa del genere? Si sono presi gioco di lui per il suo aspetto e questo non è molto diverso dal bullismo. Non è stato per niente bello. Fredric comunque era depresso e quello show non era l’unica cosa che lo preoccupava, nĂŠ il motivo del suo suicidio. Ma di certo non ha aiutatoÂť.

Motivazione e gioco di squadra vi fanno approdare a risultatoni. Gli amici consigliano e agiscono bene, ma l’ormone non è animato dal vigore consueto.

La gente stressa. CosĂŹ voi meditate di azionare il lanciafiamme. I soliti esagerati Controllatevi. E negoziate con faccia di glutei. Slancio suino super!

6 DOMANDE A... VITO RIBAUDO AUTORE DI UNA GRANDE OPPORTUNITÀ

ÂŤIl mio viaggio esistenziale tra umanitĂ e licenziamentiÂť Andrea Gamma, prima ti dĂ la mano, poi ti licenzia. Spietato direttore del personale in una multinazionale, sa ÂŤfar colare il sangueÂť: ha accarezzato la vertigine che dĂ solo il potere, prima di precipitare. Il suo licenziamento è la nemesi da cui risorgere. L’asse di ÂŤUna grande opportunitĂ Âť, libro di esordio, quasi viaggio esistenziale di Vito Ribaudo, 44enne che fa lo stesso lavoro di Gamma. Proprio direttore del personale del gruppo Rcs: quindi, è bene dirlo, pure dell’intervistatore. â—? Quanto c’è della sua vita tra le pagine del romanzo? ÂŤHo saccheggiato bio, storie, persone incrociate, racconti ascoltati in quasi venti anni. Non c’è un diretto riferimento, qualcosa di riconoscibile, ma delle suggestioni. Un retaggio collettivo che si è stratificatoÂť. â—? Il lavoro le dĂ un punto di vista unico sull’animo umano: dura riversarlo nel libro? ÂŤIl mio, specie in questi tempi, è un mestiere complicato, ruvido, spigoloso. Ma c’è un vissuto anche in un direttore del personale: provo a scandagliare l’animo del professionista chiamato a scelte dolorose. C’è molto altro rispetto ai luoghi comuni, alle vertenze, al tagliatore di teste che “vinceâ€?...Âť. â—? In realtĂ , non vince: questa societĂ spietata stritola tutti? ÂŤComanda il business, ma come scrivo “per le persone si trova

una soluzioneâ€?. Ci sono leggi, ammortizzatori, ma soprattutto buon senso: è questo che si fa alle risorse, umane. SĂŹ, con la virgola in mezzo, per riappropriarsi della propria umanitĂ Âť. â—? Il libro è comunque duro nei confronti della professione: c’è autocritica? Quasi espiazione? ÂŤIn parte sĂŹ, ho separato lo scrittore dal manager, l’ho visto con occhi diversi. Insomma, nel romanzo di formazione Andrea si stacca da Gamma, nella scrittura Vito si stacca da RibaudoÂť. â—? Non è che, come tutti in questa bufera, teme anche lei per la sua testa? ÂŤCerto, mi consegno al futuro, piĂš o meno breve, ma custodisco ogni timore con la giusta serenitĂ Âť. â—? PerchĂŠ sa che, da questi anni che definisce ÂŤsecchiÂť, uscirĂ una vera ÂŤgrande opportunitĂ Âť? ÂŤCredo di sĂŹ, credo nelle curve: è stata lunga, ma ora risaliremoÂť. Filippo Conticello Š RIPRODUZIONE RISERVATA

UNA GRANDE OPPORTUNITĂ€ di Vito Ribaudo, Rizzoli, 284 pagine, 18 euro

IL RAPPER ANNUNCIA IL NUOVO CD CON UN TWEET

Torna Fabri Fibra e le canta al rivale Fedez

Fredric Brandt aveva 65 anni

CONSIGLI

21/3 - 20/4 ARIETE Ăˆ sponsorizzante, la Luna. Tanto che ricevete attestati di stima e quagliate nel lavoro. La fornicazione richiede fantasia. Ma non ridete, espletando.

SOFFRIVA DI DEPRESSIONE

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ÂŤ16 ANNI E INCINTAÂť

ECCO LA VITA DELLE MAMME ADOLESCENTI Si chiama 16 anni e incinta, è il docu-reality made in Usa che ha fatto tanto parlare lo scorso anno: ora torna con la 2a stagione della versione italiana su Mtv ogni mercoledÏ alle 21.10. Si esplora il mondo delle adolescenti alle prese con la maternità . Oggi, per la partenza, alle 20.15 in onda la puntata speciale 16 anni e incinta un anno dopo, dove si vede come stanno e cosa fanno le protagoniste della scorsa edizione. STASERA SU MTV ALLE 21.15

â—? Con un Tweet annunciato ÂŤSquallorÂť, il nuovo cd. Poi, sui social, pubblica il video del primo singolo. Ecco il ritorno di Fabri Fibra con polemiche. PerchĂŠ oltre al lancio del nuovo disco (per ora solo in digitale) in uscita il 14 aprile, il rapper marchigiano ha fatto parlare di sĂŠ per gli attacchi al rivale Fedez nel nuovo pezzo, ÂŤIl rap nel mio paeseÂť. Questa la rima “incriminataâ€?: ÂŤNon ci si crede, chi mi ascolta si rivede / odia i rapper banali, chi li produce e chi li segue / dieci in comunicazione, non uso mai l’inglese / ora faccio un’eccezione: fuck FedezÂť. ChissĂ se arriverĂ la replica di Fedez.

LO SPORT IN TV

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MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT


MINADE EMILIA ROMAGNA

UNA REGIONE E LE SUE ECCELLENZE

1 pag.2-3 Piero Ferrari: «Mio padre, la Rossa e benvenuto Vettel» 1 pag.4 Stefano Bonaccini I primi 100 giorni da Governatore 1pag.6 Il derby dei c.t. Cassani e Baldini, in bici e di corsa 1pag. 7 Zanardi e la sua Bologna 1pag. 9 I Fabbri, Ancelotti, Zac: popolo di allenatori 1 pag.10 La favola del Carpi a un passo dalla A 1pag.12 Pupi Avati, il cinema e la cultura 1 pag.15 Vittorio Sgarbi promossi e bocciati di arte e dintorni 1pag.16-17 Cibi e vini con Tokuyoshi e Gardini 1 pag.18-19 Aziende alla conquista del mondo 1pag.22-23 Gianni Morandi le radici della musica

Qui si sa vivere e vincere La terra della Ferrari, di Sacchi e Pantani, ma anche di pasta, Lambrusco, Parmigiano...

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L’editoriale Andrea Monti

Tra la Via Emilia e il West nel segno del Drake

orrono veloci i sogni tra la via Emilia e il West. Da sempre. Dalla piana all’Appennino, dall’Appenino al mare, Emilia e Romagna, due regioni divise da una congiunzione. Molte anime, cento culture, mille campanili e una ventina di dialetti, parole infinite per abbracciare quasi cinque milioni di individui intesi nel senso più autentico dell’etimo: gente singolarmente animata da convinzioni piuttosto irriducibili. A tenere insieme questo gomitolo di storie è il doppio filo rosso di una profonda appartenenza civile e di un’altrettanto radicata passione per la velocità. Date un occhio ai due podi mondiali dell’ultima domenica

in Formula Uno e Moto GP: Ferrari e Ducati, dalla Malesia al Qatar, il lampo è vermiglio e il rombo viene da queste terre dove un misto di genialità e follia accende il motore delle emozioni sportive come in nessun’altro luogo del pianeta. La storia d’amore tra lo sport e l’Emilia-Romagna è enorme ed epica, variegata e complessa quasi quanto la sua vicenda politica, culturale ed economica. Dal calcio al basket, dall’atletica allo sci, dal volley al ciclismo la sala dei trofei e delle discipline è affollatissima. Passato e

presente si incrociano e si richiamano in uno sterminato medagliere. Dorando Pietri e Stefano Baldini, Colò e Tomba, Sacchi e Ancelotti, Bulgarelli e Inzaghi, Adorni e Cassani… Ci trovi miti come Pantani o Ercole Baldini e guru alla Collina o alla Zanardi insieme a donne formidabili come Ondina Valla e Jessica Rossi, la prima e l’ultima fra le italiane a vincere un oro olimpico. Ammonisce

l’amico Giuliano Razzoli da Villa Minozzo (684 metri sul livello del mare), olimpionico di slalom a Vancouver: «Attenzione, siamo malati di sport, anche quelli che non ci toccherebbero: a nominare tutti i nostri campioni fai comunque torto a qualcuno»....

SEGUE A PAGINA 2


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MINADE EMILIA ROMAGNA

Sport è passione DINASTIA FERRARI «MIO PADRE ENZO PORTAVA IL MONDO A MARANELLO» L’editoriale

Piero, figlio del grande costruttore: «Da buon emiliano faceva affari davanti a un piatto di tortellini. Le nostre ferie iniziavano alle 11 del mattino e alle 4 del pomeriggio voleva già tornare in ufficio». Ecco l’eredità di un impero che ora sbarca a Wall Street

Andrea Monti

Tra la Via Emilia e il West nel segno del Drake

Intervista di Umberto Zapelloni

Michael Schumacher, 46 anni, è il pilota di Formula 1 più vincente di sempre, con 7 Mondiali di cui 5 con la Ferrari COLOMBO

Una celebre fotografia di Enzo Ferrari all'autodromo di Monza COLOMBO

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SEGUE DALLA PRIMA

Non commetteremo questo errore. In fondo basta mantenersi sulle generali: l’EmiliaRomagna, tra Giochi estivi e invernali, ha vinto 76 medaglie. Se fosse una nazione, sarebbe al quarantesimo posto nella classifica di tutti i tempi davanti a Argentina, Messico, Giamaica, India, Repubblica Ceca. E lassù, sulle nostre alpi orgogliose, ancora non si spiegano un bizzarro scherzo del destino: l’Italia, nella sua storia olimpica, ha conquistato otto ori nello sci alpino maschile. Cinque di questi sono stati vinti da atleti emiliani e solo tre da altoatesini. Misteri di Emilia e di Romagna, terra benedetta (quando non trema abbattendo uomini e case) che passiamo troppo tempo a invidiare e troppo poco a imitare. Segre-

ti sì, ma fino a un certo punto. Perché qui lo sport si accompagna alle eccellenze produttive, gastronomiche, musicali e paesaggistiche del sistema che abbiamo cercato di raccontare in questo speciale di 24 pagine: troppo poche per farci stare tutto, abbastanza per una testimonianza d’affetto e ammirazione. Perché qui un milione di persone pratica regolarmente attività fisica, molto più della media italiana. Perché qui ci sono cinquemila società sportive affiliate al Coni e 350 mila atleti tesserati. Perché qui, per un Parma abbattuto dal malaffare ci sono un Sassuolo e un Carpi che crescono e diventano esempio. Perché qui nessuno smette mai di muoversi, di progettare, di sognare. Perché qui è nato Enzo Ferrari, uno che diceva «la macchina migliore è quella che deve ancora essere costruita». E per questo non ha mai smesso di vincere. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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iero Ferrari è il figlio del mito. L’uomo che porta sulle spalle uno dei cognomi più conosciuti e amati d’Italia. Dal padre ha ereditato la passione per i motori oltre che il 10% dell’azienda che quest’anno sbarcherà a Wall Street e che lui frequenta ormai da 50 anni. Da Maranello, dove è vice presidente del Cavallino e Modena, dove presiede la su Hpe, un gioiellino di ingegneristica di alta qualità (lavora per Ferrari, ma anche per Harley Davidson, Ducati, Maserati, Oto Melara, Ford...) è un testimone d’eccellenza della passione emiliano-romagnola. Passione per i motori, per il cibo, ma anche per lo sport (quanti campioni da Pantani a Tomba per citare i più noti, fino al Belinelli che ha conquistato gli Usa) e la vita sana (non dimentichiamo che a Cesena è nata anche Technogym). Ingegnere, in Emilia-Romagna ci sono la Ferrari, la Maserati, la Dallara, la Ducati, la Morini, la Minarelli e adesso anche la milanesissima Alfa Romeo. Perché tanta passione per i motori in una sola regione? «È una cosa molto particolare. Oltre che per i motori dalle nostre parti abbiamo una passione particolare per la meccanica. Anche il nostro nome, Ferrari, deriva dal ferro, dalle famiglie che lo lavoravano. C’è qualcosa che parte molto da lontano. C’è un tessuto molto fertile per sviluppare le attività motoristiche». Così l’Emilia-Romagna ha visto nascere la sua Motor Valley con gli autodromi di Imola, Varano e Modena, con i musei come il Mef (Museo Enzo Ferrari) di Modena o il Ferrari di Maranello che resta uno dei più visitati della regione. «La passione non manca. Ma per fare delle buone automobili ci vogliono dei buoni ingegneri e fu mio padre ad adoperarsi per avere la facoltà di ingegneria a Modena dove fino

ad allora c’era solo il primo biennio di studi. Adesso gli studi di ingegneria possono essere completati a Modena dove tra l’altro esiste anche un master di ingegneria del veicolo. E devo dire che molti ingegneri laureati a Modena poi vengono a lavorare da noi, o in Ferrari o in Hpe». L’attaccamento di suo padre al territorio è confermato dal fatto che in origine voleva chiamare la sua scuderia Mutina, come il vecchio nome latino di Modena... «Ci aveva pensato anche perché a quei tempi si usavano molto i nomi latini. Mi raccontò però che una sera parlandone con mia mamma cambiò idea perché lei disse “ma perché inventare un nome nuovo, fai come Bugatti che ha chiamato con il suo cognome le sue auto...” e mio padre che stimava molto Ettore Bugatti, accettò il consiglio...». Per fortuna... Un’altra cosa incredibile di suo padre era che ha conquistato il mondo senza muoversi da Maranello... «Lui a Maranello era il re, si sentiva il re del nuovo. Viaggiare non gli piaceva. Odiava gli

Fu mia mamma a consigliarlo: chiama le auto con il tuo nome, come fa Bugatti. E mio padre che stimava Ettore, ascoltò ascensori e gli aerei e ha costruito questo suo mito, questo suo modo di essere in cui chi voleva vederlo doveva andare a trovarlo. Ma a lui piaceva conoscere le persone e anche invitarle perché era molto curioso». A parte Modena e Maranello c’era qualche zona della vostra regione che amava particolarmente? «La Romagna gli piaceva molto. Gli piaceva andare a Rimini o a Cesenatico sulla riviera romagnola a mangiare il pesce. A volte diceva “domani faccio un giorno di ferie e andiamo al mare”. Però poi lavorava fino alle 11, si partiva si andava a pranzo e alle 4 del pomeriggio diceva: “Abbiamo fatto una bella giornata di ferie, dai che facciamo in tempo a tornare in ufficio”». E lei che cosa ama di questa regione?


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Parla Piero Ferrari ● Figlio di Enzo e vicepresidente del Cavallino

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«Le aziende le sviluppi o le chiudi»

a tutta velocità ● A sinistra, Piero Ferrari, 69 anni, al GP di Monza nel 2011 LAPRESSE ● 1. Marco Belinelli, 29 anni, giocatore Nba REUTERS ● 2. Il ciclista Marco Pantani, scomparso nel 2004 AP ● 3. Lo sciatore Alberto Tomba, 48 anni REUTERS ● 4. Il maratoneta Dorando Pietri OMEGA ● 5. Il nuotatore Gregorio Paltrinieri, 20 anni LAPRESSE

«Il carattere delle persone, la loro voglia di lavorare, la loro voglia di fare le cose. Ci sono tantissime piccole aziende che sono nell’indotto di Ferrari e Maserati che sono piccole aziende artigianali, ma che fanno della qualità. Passione, concretezza e qualità spiegano bene tanti piccoli imprenditori della nostra zona». Lei è in una posizione privilegiata da cui può rendersi conto dello stato di salute della regione. Come sta l’Emilia-Romagna? «Come il resto dell’Italia e dell’Europa ha attraversato un periodo abbastanza difficile, però credo che il carattere dell’emiliano e del romagnolo, il suo saper sempre rimboccarsi le maniche e tirare avanti lo abbiano aiutato. Come in un’azienda esiste una regola: non ci si può mai accontentare. Bisogna sempre pensare a come sviluppare la propria azienda. Perché le aziende o le sviluppi o le chiudi». Un altro grande genio di queste zone, Massimo Bottura, lo chef della Francescana di Modena, il miglior ristorante italiano con 3 stelle Michelin, dice che questa regione è fatta da fast car e slow food. Macchine veloci e cibo lento... Qual è il suo rapporto con il cibo? «La qualità e tradizione del cibo sono molto, molto importanti. Io amo mangiare bene e amo i ristoranti che cucinano piatti tradizionali. Devo dire che a tavola si fanno anche gli affari. Mio papà amava molto invitare gli ospiti a pranzo perché davanti a un piatto di tortellini, puoi dire molte cose in più che davanti a una scrivania». Qual è il suo menù ideale? «Gnocco fritto, affettati, tortellini e un bel lambrusco che va benissimo e puoi berne anche un bicchiere in più. Ecco, la pasta in casa: tortellini, ma anche tortelloni o tagliatelle...».

in Breve DA MODENA A MONACO, POI IL MONDO: 87 ANNI DI VITTORIE COLOR ROSSO

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TOMBA, IL PIRATA E BELINELLI QUANTI GIGANTI

del mondo). Poi Marco Pantani da Cesenatico, eroe «greco» delle due ruote, travolto dalla tragedia finale.

La storia di Gian Luca Pasini

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NON È SOLO FORMULA 1: UN PASSATO «RAMPANTE» TRA PROTOTIPI E... MOTO

Il quattro volte campione di Formula 1 Sebastian Vettel, 27 anni, è approdato alla Ferrari quest'anno GETTY IMAGES

L’Emilia-Romagna terra di motori vincenti e di cibi prelibati è anche terra ricca di tradizioni sportive. Calcio, basket, ciclismo con Pantani, baseball ma anche sci con Tomba e Razzoli. C’è qualche sport a parte quelli dei motori che la affascinano? «Il ciclismo. Mi è sempre piaciuto. Amavo andare in bicicletta e ancora oggi ogni tanto pedalo. Giro anche in città. Mi piace e fa bene. Fin da ragazzo ho imparato ad andare in bicicletta sui tornanti, sulle strade che salgono gli Appennini, verso l’Abetone...».

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Da Dorando Pietri a Trebisonda Valla, da Maenza a Damiani, da Ercole Baldini a Pantani: tutte le discipline hanno espresso campioni assoluti

● La Scuderia Ferrari nasce nell'autunno del 1929, mentre risale a circa 10 anni più tardi, a Modena, la creazione della casa costruttrice. Dal suo debutto in Formula 1 (a Monaco nel 1950), la Ferrari si è aggiudicata una moltitudine di titoli, tra cui ben 16 Campionati del Mondo Costruttori.

● Ma Ferrari non è solo Formula 1 (di cui detiene, tra l'altro, tutti i record più significativi): il Cavallino Rampante ha dominato anche il Campionato del Mondo Sport Prototipi (12 titoli), la 24 Ore di Le Mans (9 vittorie assolute), alcune corse motociclistiche tra il 1932 e il '34 e altro ancora.

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Piero Ferrari, vicepresidente del Cavallino LAPRESSE

a sua immagine è quella della fatica olimpica. Non ha record da vantare e nonostante una doppia partecipazione, nel 1906 e nel 1908 non ha mai terminato una gara. Eppure è diventata un’icona olimpica e rappresentante di una lunga serie di atleti che hanno portato l’Emilia-Romagna ai massimi livelli dello sport, tanto che una ricostruzione seppure sommaria come questa non può prevedere dimenticanze. Dorando Pietri era nato Mandrio di Correggio e cresciuto a Carpi dove facendo il garzone in una pasticceria diventa famoso per i Giochi di Londra 1908. Entra nello stadio al comando della maratona, ma crolla 5 volte in pista per lo sforzo e forse (la stricnina) prima di tagliare il traguardo sorretto da un giudice di gara... Gli americani presentano reclamo e viene squalificato. Andò decisamente meglio alla bolognese Trebisonda Valla: è lei la prima donna italiana a vincere una medaglia olimpica negli 80 metri

ostacoli all’Olimpiade di Berlino (nel 1936, quelle di Owens e Hitler). E’ una finale mozzafiato in cui 4 atlete si gettano nello stesso momento sul traguardo. Ondina è prima davanti a Steuer (tedesca) alla canadese Taylor e a un’altra bolognese, Claudia Testoni. Nella sua carriera sportiva la Valla ha difeso 18 volte i colori dell’Italia nel mondo, ha vestito in 13 occasioni la maglia di campione d’Italia nell’alto, nel lungo, nelle gare di velocità, negli ostacoli... ERCOLE Dalla pista alla strada. Viene da Villanova Ercole Baldini che nel 1956 sbanca i Giochi di Melbourne vincendo la prova su strada, in un anno memorabile per il romagnolo quando conquistò anche il Mondiale dell’inseguimento e il record dell’ora ottenuto al Vigorelli di Milano con 46,393 km. La storia rotola ancora con le medaglie olimpiche: il faentino Vincenzo «Pollicino» Maenza a dispetto del soprannome è un gigante della lotta gregoromana. La lista è infinita. Alberto Tomba da Castel de’ Britti (vicino a Bologna) ha conquistato le montagne. Il più grande sciatore italiano di sempre (e uno dei più grandi

TUTTI Ogni sport ha le sue leggende. Il calcio ricorda Fulvio Bernardini, prima calciatore poi tecnico (il primo in Italia a vincere lo scudetto con due squadre), Angiolino Schiavio e Giacomo Bulgarelli colonna del Bologna, capace di passare dall’onta della Nord Corea all’oro nell’Europeo 1968. I campioni del mondo (o europei) di nuoto come Fabio Scozzoli, Ilaria Bianchi, Gregorio Paltrinieri, fino alla regina assoluta delle grandi distanze, Martina Grimaldi, bolognese. Nella boxe, insieme a Cavicchi (con pochi allori, ma grande protagonista di una boxe di qualità) i fratelli Stecca, Dante Canè, Minchillo, Damiani (che dopo le glorie sul ring è ora c.t. azzurro), fino al modenese Umberto Branchini il più grande manager di sempre. Poi la pallavolo, sport in cui l’EmiliaRomagna è imperatrice con 72 scudetti conquistati (su 138 assegnati!) fra uomini e donne. Basterebbe citare a proposito di regnanti l’epopea della Teodora Ravenna che festeggia i 50 anni e che con una squadra di romagnole (da Benelli, Prati a Bernardi) ha vinto 11 tricolori di fila. Per chiudere il basket con Pietro Generali (3 scudetti con la Virtus Bologna e argento olimpico a Mosca), Piero Montecchi di Reggio Emilia (che con Milano ha vinto uno scudetto, una Coppa Campioni fino) e Marco Belinelli, da San Giovanni in Persiceto (Bo), tricolore con la Fortitudo, prima di emigrare in Nba: l’anno scorso ha vinto il titolo Nba con San Antonio e la gara del tiro da tre all’All star Game. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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Parla Stefano Bonaccini ● Presidente della Regione Emilia-Romagna

Una Regione da vertice «QUI IL SOGNO DIVENTA REALTÀ ANCHE SE PARTI DA UN GARAGE»

in Breve OCCUPAZIONE RECORD, FIORE ALL'OCCHIELLO DI UNA REGIONE «EUROPEA» ● L'Emilia-Romagna è considerata una delle regioni più ricche d'Europa, merito di un tasso d'occupazione che supera il 70% (con punte dell'80 a Modena e Reggio Emilia). Dati recenti hanno stimato Bologna e Modena come la terza e quarta città più ricche d'Italia, dietro solo a Milano e Biella.

Bonaccini sorride al traguardo dei 100 giorni da presidente dell’ER: «I tagli alla spesa pubblica senza toccare la sanità, la Green Economy, un Pil in crescita del doppio rispetto al Paese, il 1° stadio all’inglese e l’unica provincia con 3 club nel calcio che conta»

EXPORT IN CRESCITA, È QUI LA LOCOMOTIVA: SI GUARDA AGLI USA ● I dati Istat del 2014 parlano chiaro: la crescita dell'export italiano (+2%) è diffusa a tutto il territorio nazionale (fatta eccezione per le isole), con l'Emilia-Romagna tra le regioni più attive (+4,3%) specie verso gli Stati Uniti. Il settore più produttivo? Neanche a dirlo, quello degli autoveicoli.

L’intervista di Andrea Tosi

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al suo ufficio al 17° piano in Fiera a Bologna, il Governatore Stefano Bonaccini, modenese, classe 1967, renziano doc, può dominare una veduta che va oltre i confini della sua regione. Oltre al Santuario di San Luca, si vedono le Alpi Apuane e le ultime nevi delle Dolomiti. Ma l’Emilia-Romagna, che lo ha nominato Governatore nel novembre scorso, sta al centro di tutto. Governatore Bonaccini, qual è il suo bilancio dopo i primi 100 giorni alla guida dell’ER? «Sono soddisfatto perché le condizioni che hanno portato al voto, ovvero lo scioglimento anticipato del Consiglio Regionale e l’alta astensione, per noi amministratori uno schiaffo enorme, non erano favorevoli per una buona partenza. Invece, dopo soli 43 giorni di mandato, il mio Consiglio ha approvato, prima Regione in Italia, un taglio di 15 milioni alla Pubblica Amministrazione, azzerando i fondi ai gruppi consiliari e abbassando l’indennità dei consiglieri regionali al livello di un Sindaco di capoluogo. Inoltre abbiamo tagliato il nostro Tfr per i prossimi 5 anni. Questa manovra si riflette sul bilancio che siamo approvando, il quale, nonostante i tagli del Governo, continua a cofinanziare i fondi europei e a non tagliare i servizi sociali e la sanità. Inoltre, abbiamo aumentato i fondi per la cultura e lo sport, che noi vediamo come veicoli per la creazione di nuovi posti di lavoro». Le eccellenze della Regione sono conosciute: enogastronomia, turismo, arte, cultura universitaria, meccanica sopra tutte. Ci sono nuove attività che stanno emergendo? «L’ER è una terra di start-up ad alto contenuto industriale ed ecologico. E siamo una Regione che sostiene convintamente la Green Economy. Investiamo sull’agricoltura e l’agroalimentare 1,5 mld di euro di fondi europei da qui fino al 2020. Inoltre stiamo lavorando a una legge che prevede il consumo del suolo a saldo zero. Inoltre, sull’onda dell’Expo milanese, abbiamo presentato il brand “Emilia-Romagna” che coniuga la storia della più antica via consolare romana alle primizie del nostro territorio tra cui

spiccano i 41 prodotti marchiati IGP/DOP. Infine, sottolineo il boom dell’export che nel 2014 ha segnato un +4,2% rispetto al 2013. La previsione del nostro Pil per il 2015 è doppia rispetto a quella dell’intero Paese».

DISTRETTI INDUSTRIALI, L'ITALIA CHE PRODUCE: BEN 13 IN REGIONE

Lei ha tenuto la delega allo sport. Ci può raccontare il suo rapporto con l’attività sportiva? «Ho voluto la delega allo sport che di solito viene considerata una consegna di serie B o C, perché la ritengo funzionale per la coesione sociale e la prevenzione sanitaria. Dai 10 ai 38 anni ho giocato a calcio tra i dilettanti del modenese, a Campogalliano (il mio paese) in Prima e Seconda categoria. Ero attaccante, bravo a procurarmi i rigori. Ho vinto un campionato di Terza col Ganaceto. Quando ero assessore ai lavori pubblici a Modena, ho seguito la ristrutturazione del Braglia che ha anticipato l’impianto della Juve come modello di stadio all’inglese. Tant’è che ha ottenuto la licenza Uefa, così la Nazionale è venuta 4 volte a giocare da noi».

economico nello sport di vertice ma l’ER mantiene il suo primato come territorio dedicato alla Food Valley, alla Motor Valley e da ultimo alla Wellness Valley lanciata dalla Technogym di Nerio Alessandri che è partito da un garage per conquistare le Olimpiadi. Alessandri è lo Steve Jobs emiliano-romagnolo, una figura adattata allo spirito della nostra regione dove il sogno diventa realtà».

Stefano Bonaccini, nato a Modena nel '67, dallo scorso novembre è presidente dell'EmiliaRomagna

La Ferrari è tornata alla vittoria in un Gp dopo due anni. Da amministratore come ha visto il cambio al vertice di Maranello? «La Rossa è un marchio mondiale legato indissolubilmente al nostro territorio. Non voglio entrare nel merito delle dinamiche aziendali, ho sempre ringraziato Montezemolo per quello che ha fatto in tutti questi anni. La nuova gestione ha iniziato col piede giusto. La mia speranza è che il successo di Vettel possa avviare un nuovo ciclo vincente com’è nel Dna della Ferrari».

Da modenese come vive la prospettiva di un derby in Serie A tra Sassuolo e Carpi l’anno prossimo, mentre il Modena sarà ancora in B? «L’esempio del dottor Squinzi a Sassuolo e del mio quasi omonimo Stefano Bonacini (con una c sola) a Carpi insegna che l’organizzazione e la programmazione sono più importanti dei soldi. Sassuolo e Carpi sono due favole che stanno facendo la storia perché, insieme al Modena, formano l’unica provincia italiana con tre club di tre luoghi diversi nell’elite del calcio italiano».

IMAGO

In ER a è ancora molto forte il legame sport e impresa: è un modello ancora sostenibile? «La crisi ha spinto le aziende ad abbassare l’impegno

Dopo Tomba e Pantani, adesso chi è il campione che rappresenta meglio l’ER? «C’è l’imbarazzo della scelta. Potrei indicare Marco Belinelli, il cestista che si è fatto onore in Nba, la tennista Sara Errani, vincitrice di molti tornei dello Slam in doppio, i nuotatori Greg Paltrinieri e Marco Orsi, ma voglio puntare su due storie diverse e uguali: quella di Alex Zanardi e del 13enne Stefano Cedrini, uno spadista di Ravenna che ho premiato per il suo bel gesto di fair play: in una gara recente ha rifiutato una stoccata che gli aveva assegnato il computer perché non era valida. Per quel punto la sua squadra ha perso, ma quella sconfitta vale più di una medaglia».

Stefano Bonaccini Sulle eccellenze

«Abbiamo il nostro Steve Jobs: Alessandri. E tanti campioni. Il fair play di Cedrini vale una medaglia»

Medaglie: come intende contribuire l’ER alla candidatura di Roma per i Giochi 2024? «Ne ho parlato con Malagò di cui apprezzo il lavoro e la determinazione. Ritengo che potremmo ospitare alcune discipline, come volley, beach-volley e basket: siamo al vertice anche come infrastrutture sportive. Da noi non esistono cattedrali nel deserto». © RIPRODUZIONE RISERVATA

ECONOMICA

● Sono ben 13 i distretti industriali che hanno centro sul territorio emiliano e romagnolo: in queste macro-aree lavorano bel 449.716 persone. Insieme agli altri 128, questi distretti costituiscono circa un quarto del sistema produttivo del Paese, sia per addetti che per unità locali produttive.

STRANIERI E STABILITÀ, ECCO COME CRESCERE E DARE L'ESEMPIO ● Il fenomeno migratorio in Emilia-Romagna è un quadro della stabilità: aumentano le acquisizioni di cittadinanza italiana (+62,3%), i soggiornanti di lungo periodo e gli studenti. Si stimano circa 582mila cittadini stranieri regolarmente soggiornanti, pari al 13% della popolazione complessiva.

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● Le province: Modena, Reggio Emilia, Parma, Forlì-Cesena, Ferrara, Ravenna, Rimini, Piacenza e Bologna (in foto, la sede: Palazzo Malvezzi)


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Parlano Cassani e Baldini

● Il ct della Naizonale di ciclismo e il dio italiano della Maratona

Storie di campioni «LA MIA VITA «IL MIO KENYA DI PAESE L'ARIA BUONA BAR E MARAFON» E I CAPPELLETTI» Davide Cassani è un romagnolo atipico. Non ama mangiare e non beve vino. Gira il mondo in bicicletta, ma appena può torna a Solarolo. «Il mio è il paese dei ciclisti, senza rotonde, senza semafori. La mia disco è una partita a carte con gli amici»

Stefano Baldini, il più grande maratoneta italiano, va indietro nel tempo quando «le nebbie in Padania erano toste e correndo quasi ti perdevi». «Noi emiliani siamo gente allegra, che lavora. E mangia bene: mia mamma cucinava come per un albergo»

Intervista di Claudio Ghisalberti

Testo di Pierangelo Molinaro

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agion, Marafon, Solarolo e Casadei. Il legame tra la Romagna, la sua terra, e Davide Cassani si snoda lungo strade insolite, lontane dal «divertimentificio» della riviera conosciuto in tutto il mondo. «La mia Romagna è quella che ho postato pochi giorni fa su twitter. È il monumento in una rotonda di San Mauro Pascoli: “Romagna mia lontan da te non si può star”, firmato Secondo Casadei», spiega il «Cassa», 15 anni da pro’ con 27 vittorie e 10 maglie azzurre (9 da titolare, 1 da riserva), poi per 18 anni voce tecnica del ciclismo in Rai, prima di diventare, il 28 gennaio 2014, commissario tecnico dell’Italia a pedali. Davide, perché lontani dalla Romagna non si può stare? «Perché qui c’è tutto: mare, montagne e pianura; voglia di lavorare e di divertimento. Poi questa è la mia terra e la mia base perché giro il mondo, ma poi torno sempre qui dove si parla il mio dialetto. Dove la sera posso andare al bar per fare una partita di “Marafon”. In fondo sono un uomo di campagna». Marafon? Che roba è? «Ma dai, il maraffone! Un gioco di carte, una specie di tresette con le briscole. È nato qui ma ormai ha superato i nostri confini». Dicono che ti dedichi anche a un altro gioco da tavolo un po’ fuori dagli schemi, il Mah Jong che Mao addirittura proibì «Certo, il “Magiò”. Gioco che arriva dalla Cina e non so perché qui è diventato quasi una mania. Boh. Sono i miei passatempi al bar con gli amici d’infanzia. Sono forte? Più o meno come in bici, cioè mica tanto (ride, ndr). Però sono fortunato, così vinco spesso». Davide Cassani Il posto del cuore

La Romagna è tutta bella. Brisighella, però, con la sua Torre, forse ha un fascino particolare

Davide Cassani, 54 anni, ct della Nazionale di ciclismo

Tu sei un romagnolo atipico. La Romagna per moltissimi è la terra del divertimento notturno, di tavole riccamente imbandite. «A me il divertimento notturno non interessa. Non frequentavo quando ero corridore e non frequento ora. Questione di indole. Poi è vero, non mi piace mangiare e neppure il vino. Sì, sono atipico. Ma la Romagna è anche terra di contraddizioni. Pensate per esempio alla politica». Prova a descrivere Solarolo, il tuo paese. «Quattromila abitanti, supermoderno perché c’è tutto, ma dove si vive con in ritmi di un tempo. Qui non c’è neanche un semaforo e neppure una rotonda. Solarolo è il paese del ciclismo. Oltre a me qui sono nati “Pipazza” Minardi, Fabiano Fontanelli, Alberto Contoli e Filippo Savini. Poi Raffaele Babini, che è il vicedirettore di corsa al Giro, e Marco Magnani, compagno di pedalate e per anni medico di molte squadre di pro’. Di Solarolo è Simone Resta, il progettista della Ferrari di Vettel. Però la vera gloria locale è Laura (Pausini, ndr). Per essere un paesino, mica poco». Davide, il posto da non perdere? «Difficile dirlo, la Romagna è tutta bella. Brisighella, però, forse ha un fascino particolare». Già la Rocca, il santuario di Monticino, la torre dell’Orologio... che meraviglia. © RIPRODUZIONE RISERVATA

tefano Baldini, il più grande maratoneta italiano di sempre, oro olimpico nel 2004 sul leggendario percorso di Atene, parla con fierezza della sua Emilia. Quart’ultimo di 11 fratelli a Castelnuovo Sotto, nella parte settentrionale della provincia di Reggio Emilia, ha conosciuto tutto il buono della terra. Papà Tonino allevava mucche da latte per il Parmigiano Reggiano, il panorama era di infiniti prati d’erba per il foraggio e cereali. «Molti si sono chiesti perché, nonostante tutto il correre che facessi, non soffrivo mai di anemia, né di allergie, recuperavo bene ed avevo sempre un buon tono muscolare – racconta Stefano, ora c.t. della nazionale giovanile di atletica –. Il segreto era l’aria buona e quello che mangiavo. Il latte proveniente dalla stalla, la carne di bestie che sapevi come le avevi allevate, la verdura e la frutta dell’orto. Sì, lo confesso, sono abituato ai cibi migliori. Colpa anche di mia madre, della sua pasta fatta in casa con le uova delle nostre galline, dei suoi cappelletti, degli arrosti. Anche se, quando eravamo a tavola tutti e tredici per lei era come cucinare per un albergo. Se mettevi sulla tavola il salame per cominciare, ne servivano almeno tre». FIN SUL PO L’oro della terra, ma anche le nebbie della pianura Padana. «Adesso non ci sono più, ma quando correvo da ragazzo erano toste, quasi ti perdevi. Ma quello era il mio Kenya. Costeggiavo i canali e dopo dieci, dodici chilometri arrivavo al Po, la riva destra, quella meridionale. Una terra splendida, un’aria incredibilmente pulita. Me ne sono reso conto sino in fondo solo dopo, ci ero nato dentro e non me ne accorgevo. Penso alla cascina dove vivevamo: ancora si arriva solo con una strada bianca». IL TRASLOCO Però quando la corsa per Baldini è diventata una cosa seria, è stato costretto ad emiStefano Baldini Ricordi di ragazzo

Vivevo in cascina con 10 fratelli, se mettevi sulla tavola il salame, ne servivano almeno tre

Stefano Baldini, 43 anni, oro olimpico ad Atene AP

grare. «A Rubiera, sempre provincia di Reggio, ma a due passi da Modena. Correvo per la Corradini, azienda locale di cementi per cui ho lavorato dal 1992 al ‘99. A Rubiera mi sono trasferito definitivamente nel 1999, quando mi sono sposato con Virna. È diversa da Castelnuovo, più città, con incroci di autostrade, ma basta fare un chilometro e sei di nuovo in campagna. Quando il mio allenatore, Luciano Gigliotti, mi portava a fare i “lunghi” e correvo per 40 chilometri, riuscivo a rimanere anche 20 minuti senza vedere un’auto. Anche qui l’aria è pulitissima, il paesaggio bello, ma in questa terra durante la carriera difficilmente sono rimasto più di sei mesi all’anno, con i raduni e le gare. In inverno andavamo a cercare temperature più miti in Toscana, in riva al mare, in primavera in Namibia; in estate, per i grandi appuntamenti, a St. Moritz. Ma era sempre bello tornare a casa, vedere la mia gente». LABORIOSI «Sì, sono fiero di questa terra, dei miei conterranei. Guardate il terremoto del 2012. Devastante. Ma la gente si è rimboccata le maniche e, praticamente senza aiuti, ha già ricostruito tutto. Ecco, non siamo solo quello che produciamo, Parmigiano, Lambrusco e motori: gli emiliani sono allegri, ma badano al sodo, credono nel lavoro, si rimboccano le maniche e ci mettono l’anima». © RIPRODUZIONE RISERVATA


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Parla Alex Zanardi

● Icona dello sport automobilistico e non solo

Cara Bologna ti scrivo 1

In Breve BOLOGNA LA DOTTA: UNIVERSITÀ E CITTÀ, RAPPORTO SENZA TEMPO

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● L'Università di Bologna, fondata nel 1088, è considerata la più antica del mondo occidentale. Città e università sono intimamente connesse fin dal Medioevo, a tal punto da farle meritare l'appellativo di «Bologna la dotta». Nell'anno accademico 2012/13 ha ospitato circa 90.000 studenti.

UNA VITA AL RIPARO DEI PORTICI: 38 KM DI PATRIMONIO UNESCO

«CHE GIOVENTÙ SU UNA CORRIERA CON MINGARDI, PIZZA E BILIARDO» Alex Zanardi è partito da lì: «La fermata dell’11 che portava in centro, le partite al bar e i panini imbottiti». Di sottofondo, le note di «Sfighè», colonna sonora di una città che diventata metropoli e scalda il cuore come nessun’altra

Testo raccolto da Gianluca Gasparini

«D a una decina d’anni vivo a Padova, la città di mia moglie. Nella regione in cui sono nato e cresciuto, l’Emilia-Romagna, sto molto meno che in passato ma resta il posto del cuore, per me. E un luogo meraviglioso per diversi motivi. Sono nato a Bologna e sono diventato grande a Castel Maggiore, a una decina di km dal capoluogo. Per andarci usavamo le corriere, ai tempi si chiamavano così, la 11 o la 12 che toccavano Corticella prima di finire in centro. Già quando frequentavo le scuole medie la stazione delle corriere per noi era il centro del mondo. In un attimo si finiva in via Indipendenza e una tappa classica era da Altero. Faceva la pizza al taglio, rara in quegli anni. Che portava con sé, per noi, riti e astuzie: se arrivavi e da piazzare c’era ancora una teglia con 3 o 4 pezzi avanzati facevi passare davanti

altri clienti e aspettavi ne uscisse una nuova caldissima. Che poi quasi ti ustionavi, non era una gran mossa. Ma spesso avevi così fame da rinunciare a una lattina di Coca, bevendo l’acqua da una fontanella lì vicino, per investire i soldi in un altro pezzo di pizza. A me poi piaceva molto il biliardo. Quand’ero ragazzo era considerato un gioco per vecchi. In realtà magari quelli che vedevo al tavolo verde avevano l’età che ho io adesso… In una «gita» avevo scoperto un centro di biliardo all’angolo tra via Marconi e via Ugo Bassi. Una buona alternativa all’insegnamento scolastico, visto il numero di studenti presenti certe mattine… Per il resto non sono mai stato uno da locali. Gli amici ogni tanto si facevano una birretta, ma da giovane non ne bevevo, non mi andava. Ha iniziato a piacermi da quando mi hanno fatto tutte quelle trasfusioni con sangue tedesco all’ospedale di Berlino dopo l’incidente del Lausitzring... Invece mangiare mi è sempre piaciuto. Poco tempo fa sono stato al Bersagliere a Casalecchio e i tortellini erano buoni. Ma il mio posto preferito è Biacchese, un ristorante a San Lazzaro di Savena. Era un bar che serviva i clienti che praticavano pesca sportiva nel laghetto lì vicino, facevano dei gran panini. Restavano i «culi» del prosciutto crudo e la nonna della famiglia che gestisce il posto suggerì che invece di buttarli si potevano usare

per fare del ragù. E, di conseguenza, tagliatelle per accompagnarlo. Ai pescatori iniziò a piacere molto, non chiedevano più i panini, così aprirono anche di sera ed è diventato un ristorante di quelli che preferisco: semplice e informale. Ma ci vuole una settimana di anticipo per prenotare e trovare posto. Se arrivo da un periodo in cui mi sono allenato molto e posso concedermi qualcosa, inizio con i tortellini in brodo, poi passo alle tagliatelle al ragù e infine mi butto su quelle col sugo di cipolla, molto bolognesi. E per chiudere possono arrivare dalla cucina anche due crescentine (come sono conosciute le tigelle da noi) e un po’ di affettato. Ma Bologna, e la sua provincia, è anche musica. In particolare Andrea Mingardi, di cui sarei pronto anche adesso a enunciare a memoria tutte le canzoni che mi faceva ascoltare mio padre quando ero piccolo. In Emilia lo conosciamo bene ma il resto d’Italia non sa che è anche un ottimo autore. Ha scritto pezzi per Mina, per dire. Pensare alla musica a Bologna porta subito a Gianni Morandi e Lucio Dalla, ma c’è tanto di più: Luca Carboni, Cesare Cremonini, Samuele Bersani. E, restando allo spettacolo, una grande da non dimenticare è Raffaella Carrà! Comunque già da piccolo, mentre andavo in giro per i fatti miei, mi piaceva canticchiare le canzoni di Mingardi. Mentre iniziavo a correre con i kart era molto gettonato il suo “Sfighè”. Tanto che il primo team che mettemmo insieme tra amici, non essendo dei vincenti con mezzi stratosferici, l’avevamo chiamato Team Sfighè. Per me Bologna è un po’ anche San Luca, sulla collina. Il «faro» che ti annuncia che stai arrivando in città, da ovunque tu venga. Magari non è più così, sono passati anni e il mondo è cambiato, ma questa è la città più calda del nostro Paese dal punto di vista umano. I bolognesi sono socievoli, sempre pronti allo scherzo o a un sorriso, accoglienti. Se ti si fermava l’auto per strada stai sicuro che, magari il primo no, ma il secondo si bloccava per darti una mano. Adesso quando torno nella mia regione mi fermo a Castel Maggiore, dove vive mia mamma, e poi ovviamente a Budrio dove mi hanno costruito le protesi, ho svolto la mia rieducazione e dove curano i piccoli che aiutiamo attraverso l’associazione Bimbingamba. L’ultima volta che sono stato a Bologna mancava qualche giorno a Natale, vedere Piazza Maggiore e il Nettuno addobbati a festa mi ha fatto venire un misto tra commozione e nostalgia, un po’ doloroso se vogliamo. Sono contento di stare dove vivo adesso ma Bologna è davvero unica. Come mi è capitato di dire altre volte, è una città in cui c’è sempre stato tutto e non c’è mai stato troppo. E a me piace così». © RIPRODUZIONE RISERVATA

Alex Zanardi E le origini

Quando torno provo commozione e nostalgia. A Bologna c’è sempre stato tutto e mai stato troppo

● 1. Il mitico sorpasso su Bryan Herta al Cavatappi di Laguna Seca quando Zanardi correva in Cart nel 1996 ● 2. L’ex pilota è nato a Bologna il 23 ottobre 1966 BOZZANI ● 3. Nonostante il terribile incidente, Alex corre ancora, sulle braccia: così ha vinto 2 medaglie d’oro ai Giochi Paraolimpici di Londra 2012

● I portici di Bologna, nati nel Medioevo e patrimonio dell'umanità dell'Unesco, sono un simbolo della città felsinea tanto quanto le sue torri. Non esiste al mondo un'altra città che ne abbia tanti: tutti insieme, i porticati misurano in lunghezza più di 38 chilometri solo nel centro storico.

BASEBALL «STELLARE»: FORTITUDO, IL DECIMO TITOLO È POSSIBILE ● Orgoglio felsineo è anche la Fortitudo Baseball Bologna. Fondata nel 1953, la squadra ora allenata da Marco Nanni ha conquistato 5 Coppe dei Campioni, 8 Coppe Italia e 9 scudetti, di cui l'ultimo la scorsa stagione sconfiggendo i Pirati di Rimini. L'obiettivo di quest'anno? La stella.

7+2 ● Sette scudetti (tra il 1924 e il 1964) e due Coppe Italia sono i titoli nazionali vinti dal Bologna. Di copertina, Giacomo Bulgarelli, ora nella «hall of fame» rossoblù.


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Terra di Mister

● I Fabbri, Sacchi, Zaccheroni e Ancelotti

I maghi della panca 1

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in Breve DOPO IL DISASTRO DEL ‘66 MONDINO PORTA A CASA DUE COPPE ITALIA

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● Edmondo «Mondino» Fabbri è considerato un allenatore incompreso. Dopo il disastro contro la Corea del Nord nel 1966, gli è rimasta appiccicata addosso l’etichetta del «fallito». Eppure, negli anni successivi, vinse due volte la Coppa Italia: nel 1967-68 con il Torino e nel 1969-70 con il Bologna.

GIBI’, UNA VITA DA MAESTRO DI CAPELLO, MAZZARRI DELNERI, REJA, RANIERI...

DA MONDINO A CARLETTO VINCE IL CALCIO PANE E SALAME I due Fabbri, Sacchi, Zaccheroni, Ancelotti: storie di allenatori che hanno lasciato un segno importante. Sono tutti figli della stessa terra e tutti hanno la stessa idea: divertire il pubblico attraverso il bel gioco

Testo di Andrea Schianchi

T

erra strana, di nebbie malinconiche e improvvise illuminazioni, l’Emilia che si stende lungo la pianura e accompagna dolcemente il corso della vita verso il mare. Terra di contraddizioni e di genialità. Per descrivere il carattere dei suoi abitanti il cantautore Francesco Guccini ha scelto queste parole: «Lungo la strada fra una piazza e un duomo / hai messo al mondo questa specie d’uomo: / vero, aperto, finto, strano, / chiuso, anarchico, verdiano... Brutta razza l’emiliano». C’è tutto, dal ponte del Po di Piacenza fino all’Adriatico, e c’è anche il suo contrario. Qui sta il bello (e il brutto) di un popolo che, per restare nel teatro del calcio, ha generato campioni, dribblomani, registi, attaccanti e, soprattutto, una lunga stirpe di allenatori. MONDINO Esiste una via estetica, lungo l’Emi-

lia. Il calcio è divertimento, esaltazione della fantasia, raggiungimento della perfetta armonia senza esasperazioni: pane, salame e gol. Uno dei primi allenatori emiliani a salire sul palcoscenico è Edmondo «Mondino» Fabbri. Siamo a cavallo tra gli anni Cinquanta e i Sessanta. Alla guida del Mantova «Mondino» incanta. Cerca di conciliare l’idea di spettacolo con l’obbligo di portare a casa la pagnotta. Nel 1962 gli vengono consegnate le chiavi della Nazionale. Da c.t. vive un’epoca di polemiche, l’Inter contro il Milan, il Milan contro il Bologna, il Bologna contro l’Inter, tutti contro tutti. E lui, che ha il compito di allestire una squadra, finisce nel tritacarne e viene ricordato per la clamorosa sconfitta degli azzurri contro la Corea del Nord al Mondiale del 1966. Una Waterloo, d’accordo, ma andate a rileggere i nomi dei centrocampisti che «Mondino» manda in campo: Fogli, Bulgarelli, Rivera. Cerca di proporre il bel calcio, insomma, resta prigioniero dell’idea e fallisce. GIBI’ Un altro Fabbri, che di nome fa Giovan Battista, per tutti GiBì, incanta a metà anni Settanta quando guida il Vicenza. È lui a trasformare Paolo Rossi da ala destra in centravanti, è lui a portare quella squadra di provincia al secondo posto in campionato: e come gioca bene quel Vicenza! Aggressività, fantasia, meccanismi perfetti: a tratti sembra di vedere la Grande Olanda. «Gianni Brera venne in spogliatoio a congratu-

larsi e disse: “Veramente, non avrei mai creduto che una squadra di provincia giocasse al calcio come ha giocato il Lanerossi Vicenza”. Per me fu un onore!». ARRIGO Entriamo nel calcio moderno e... sbarchiamo sulla luna. Dall’Emilia ci trasferiamo in Romagna, precisamente a Fusignano. In questo paesino c’è un uomo che si è messo in testa di cambiare il calcio. Si chiama Arrigo Sacchi. Guida il Parma in C e in B, e stupisce Silvio Berlusconi che lo chiama al Milan. Predica un gioco all’avanguardia, difesa a zona, pressing in ogni parte del campo, fuorigioco, stile olandese applicato alla mentalità italiana. Ne nasce una rivoluzione. Sacchi diventa in breve tempo il Vate di Fusignano, l’Italia tutta si divide in sacchiani e antisacchiani, il calcio si trasforma in una questione di filosofia quando Arrigo va a sedersi sulla panchina azzurra dopo aver vinto coppe su coppe con il Milan. Le sue regole tattiche e i suoi metodi sono discussi ancora oggi. Con Sacchi la squadra diventa un’orchestra. ZAC A Meldola nasce Alberto Zaccheroni, romagnolo purosangue e anche lui con lo spirito dell’inventore. Non si accontenta mai, cerca vie nuove, prova soluzioni strane e, alla fine, ci riesce. Propone un calcio vivace, schiera la squadra con un modulo non proprio consono alla tradizione italiana, il 3-4-3, e si guadagna applausi e complimenti. Piacciono i movimenti dei giocatori, piacciono il pressing e la grinta, stupiscono e fanno girare la testa agli avversari gli interscambi degli attaccanti che creano azioni su azioni. Con l’Udinese diverte, con il Milan vince lo scudetto anche se Berlusconi non lo apprezza fino in fondo. Poi continua a girare l’Italia, sempre grandi squadre, la Lazio, l’Inter, la Juve e conclude il suo viaggio a Tokio. Dal 2010 al 2014 è il commissario tecnico del Giappone. L’Emilia Romagna è anche terra d’esportazione. CARLETTO Nella placida e afosa pianura, a pochi passi dal Po, cresce quello che oggi è l’allenatore campione d’Europa e campione del mondo: Carlo Ancelotti. A Reggiolo va sul trattore e impara a fare il contadino dal papà Giuseppe. A Parma diventa calciatore. A Reggio Emilia, seguendo gli insegnamenti di Sacchi, si trasforma in allenatore. E ora siede sulla panchina più importante del pianeta, quella del Real Madrid. Carriera di successo. Ma mai Carletto è venuto meno a quei principi che, fin da piccolo, gli sono stati inculcati: rispetto, serietà, onestà. A questi unisce una naturale simpatia emiliana, e il mix diventa vincente. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Carlo Ancelotti e la sua terra

Noi emiliani siamo gente forte. Lavoriamo sodo e di fronte ai problemi sappiamo reagire

● 1. Giovan Battista Fabbri, 89 anni e di San Pietro in Casale, con Paolo Rossi al Vicenza (1976-1979) RCS ● 2. Arrigo Sacchi, 69 anni e originario di Fusignano, all'epoca della foto alla guida del Parma PEGASO

● 3. Alberto Zaccheroni, nato a Meldola 62 anni fa, è il primo tecnico ad aver vinto un titolo con una nazionale estera (Coppa d'Asia con il Giappone)

● Giovan Battista Fabbri, fra campo e panchina, ha vissuto 48 anni di calcio. Nel 1978 ha vinto il Seminatore d’Oro, il premio come miglior allenatore italiano dell’anno. È stato maestro di molti tecnici che sono ancora in circolazione. Tra questi: Capello, Reja, Mazzarri, Delneri, Ranieri, Delio Rossi.

«CALCIO TOTALE», LA VITA E IL MITO NEL LIBRO DI SACCHI ● Si chiama «Calcio Totale» ed è il primo libro di Arrigo Sacchi. Un'autobiografia (raccontata a Guido Conti) in cui il «profeta di Fusignano» racconta se stesso, il Milan e come ha cambiato per sempre il modo di intendere il mondo del pallone. Edito da Mondadori, Strade Blu Saggi. 300 pagine, 18 euro.

LAPRESSE

● 4. Carlo Ancelotti, 55 anni, nato a Reggiolo, ha conquistato 3 volte la Champions League AP

● A Cesena deve i natali Azeglio Vicini, dove poi è tornato dopo l'esperienza in Nazionale. Con gli Azzurri, il ct ha ottenuto un terzo posto a Italia 90


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Il calcio di Provincia

● Piacenza, Rimini, Bologna, Parma, Cesena, Spal, Sassuolo...

Cenerentola a chi? MA CHE FAVOLA QUESTO CARPI: CONTI A POSTO E TANTA FAME DI A Nella terra di Dorando Pietri e Gregorio Paltrinieri, oggi c’è solo un bomber, Mbakogu: 100 mila euro netti all’anno e stella della Serie B. Storia di una piccola che la prossima stagione potrebbe debuttare tra i grandi. Ma senza cambiare la sua filosofia...

Testo di Nicola Binda

Da Piacenza a Rimini, attraverso Bologna e Parma, con la mitica Spal, il modello Sassuolo e le altre. Il calcio dell’Emilia Romagna è fatto di tante tappe ricche di storia, con gli scudetti del capoluogo a scrivere le pagine più gloriose. Una storia fatta di alti e bassi, di picchi esaltanti e di dolorose cadute, che continuano ad alternarsi. Una storia che in questo 2015 regala un capitolo importante alla squadra dell’anno, quel Carpi che per la prima volta si sta per affacciare alla Serie A. Non è un caso. È un progetto molto razionale, che spicca in un mondo del calcio sempre più povero e schiavo del business. A Carpi non è così. Lì si gioca a pallone. E si vince.

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ercate una città dell’Emilia-Romagna felice per il calcio? Prendete a Modena l’autostrada del Brennero e alla seconda uscita fatevi un giro a Carpi. Sta succedendo qualcosa di straordinario, in un piccolo stadio che si chiama Cabassi e che una volta era un velodromo. Lì oggi c’è una squadra che ha iniziato il nuovo millennio in Eccellenza e dopo 15 anni potrebbe fare uno storico debutto in Serie A. Traslocando a Parma, o a Modena, magari per tornare presto a casa, in uno stadio nuovo. Qui sanno come si fa. Il calcio a Carpi? La città ha altre priorità. Intanto è una delle capitali della maglieria, con diversi marchi fashion che qui hanno sede e produzione. Qualcuno è anche legato alla squadra di calcio. Su tutti Gaudì, visto che il titolare Stefano Bonacini è il primo azionista del club. E poi Blumarine, sponsor di maglia. Rapporti iniziati per gioco, quasi per obbligo morale verso la città, sicuramente per passione. E che adesso fanno anche comodo: vuoi mettere la Serie A? Le chicche sportive cittadine sono di epoche ben lontane tra di loro. Uno è il mitico Dorando Pietri, simbolo della maratona dopo quella drammatica a Londra 1908, quando vinse ma venne squalificato perché i giudici lo aiutarono a rialzarsi più volte, stremato dalla fatica, prima del traguardo. L’altro, nei giorni nostri, è il nuotatore Gregorio Paltrinieri, campione mondiale in vasca corta sui 1.500 e detentore del record europeo, esploso a Dubai. Oggi tra i tifosi del Carpi esistono solo altri campioni. Da Jerry Mbakogu, la stella della squadra, a Lorenzo Pasciuti, l’unico superstite degli anni nei dilettanti. I loro nomi sono nella storia sportiva della città. Così come Fabrizio Castori, che una volta in Serie A potrà dire di essere stato l’unico allenatore ad aver vinto tutti i campionati dalla Prima categoria alla B. Per lo scudetto c’è tempo... L’anima del club è Cristiano Giuntoli, che definire direttore sportivo è riduttivo. Tutto passa da lui. La squadra, la parte medica, l’ufficio stampa, gli accrediti e anche la manutenzione del campo. In più Giuntoli prende l’auto e gira tutta l’Italia a vedere partite su partite, da quella Serie A che lo

aspetta fino ai campi di Serie D. Perché è lì che il Carpi ha costruito l’ossatura. Non si pensi a un altro Sassuolo. Bonacini, il presidente Claudio Caliumi e gli sponsor hanno di sicuro i piedi ben caldi, ma non sono Giorgio Squinzi. E anche se fosse, non hanno vinto facendo investimenti superiori alla media. Questa stagione costa 4,6 milioni, dei quali 3,1 di stipendi, con Mbakogu che guarda tutti dall’altro con i suoi 100mila euro netti: più o meno quello che Daniele De Rossi, il giocatore più pagato della Serie A, guadagna in una settimana. Una scelta precisa, voluta dalla proprietà e sposata da Giuntoli e dal suo folto staff. E non da oggi. Dopo aver perso i playoff per la B nel 1997, era iniziato il declino del club, fino al fallimento. Nel 2000 in Eccellenza ed è iniziata la scalata, divenuta esplosiva con l’arrivo di Bonacini (nel 2008) e dei suoi amici: nel 2002 è arrivata la Serie D, nel 2010 la Lega Pro, nel 2013 la prima Serie B della storia e nel 2015 sarà A. Sempre con la stessa linea. Il budget è quello, se non si incassa si ripiana. E gli acquisti devono essere investimenti, scelti nelle categorie inferiori, giocatori «affamati» come ama ripetere Giuntoli. In tutti questi anni la squadra sembra essere rimasta sempre la stessa, in realtà si è evoluta e modellata attorno a un’ossatura che è andata via via mutando e migliorando. Un vero progetto. L’unica cosa che è sempre cambiata, spesso a stagione in corso, è stata l’allenatore. Una specie di punto dolente. Stessa società, stessi manager, stessi giocatori, ma allenatori in continuo ricambio. Fino a quando non è arrivato Castori. Che aveva un appuntamento con la storia. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Stefano Bonacini Proprietario Carpi

La nostra forza è quella di non perdere mai la nostra dimensione. Sappiamo da dove veniamo


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Parla Pupi Avati

● Regista, sceneggiatore, produttore cinematografico e scrittore

La cultura del positivo «HO TRADITO LA MIA CITTÀ... LA CELEBRO PER RICONOSCENZA»

in Breve FELLINI, ORGOGLIO ROMAGNOLO: DA RIMINI ALLA NOTTE DEGLI OSCAR ● Ma il cinema in EmiliaRomagna significa Federico Fellini. Nato a Rimini il 20/2/1920, Fellini ha vinto 4 Oscar, più uno alla carriera nel 1993, anno della sua morte. È considerato uno dei maggiori registi di tutta la storia del cinema. A lui si devono titoli intramontabili quali La dolce vita, La strada e Amarcord.

Bologna è nell'ultimo libro come nel primo film. Pupi Avati torna in via San Vitale, dov’è nato: il jazz, l’università, il primo lavoro alla Findus. «Non rinnego nulla, tutto mi è servito. Dalla diceva che sono rimasti solo i tortellini, ma esagerava»

LEGALITÀ DA CINEPRESA: AL LUMIÈRE DI BOLOGNA LA GIUSTIZIA NEL CINEMA ● Il cinema Lumière di Bologna propone la rassegna «In nome della legge». Fino al 24 aprile verranno proiettati alcuni film al cui centro vi è il tema della giustizia. Obiettivo del ciclo, analizzare appunto il ruolo della legalità prima nel cinema e poi nella vita di tutti i giorni, grazie al contributo di alcuni esperti.

Intervista di Marco Pastonesi

B

ologna, ancora. La Bologna di Dedo, un ragazzino sveglio, che sta dietro alla più bella della classe e che vanta una banda di amici, e di Giulio, un ragazzino goffo, vestito da grande e con l’aria del secchione. E la Bologna dei loro padri, assenti, mancanti, tornanti. Il nuovo Pupi Avati è un libro, “Il ragazzo in soffitta” (Guanda), “noir” come il suo primo film, “La casa delle finestre che ridono”, di 39 anni fa, ambientato a Minerbio, alle porte di Bologna. Come se Avati non si fosse mai allontanato da casa. Il suo primo indirizzo? «Bologna, via San Vitale. Lì sono nato, nel 1938. Tre anni dopo, per gli eventi bellici, la mia famiglia è sfollata in campagna, a Sasso Marconi. Tornati a Bologna, ho trascorso la giovinezza in via Saragozza, sulla strada che porta a San Luca. Lì risalgono i ricordi fondamentali: le prime amicizie, le prime passioni e i primi innamoramenti, lo scout e il jazz, le feste da ballo, il matrimonio. Proprio davanti a me ho la pianta di quella casa, tratta da un archivio, regalo di un amico architetto. Me la ricordavo abbastanza bene: Anni 40, spaziosa, arredata in modo moderno, inondata dalla luce, alle pareti la collezione dei quadri dell’Ottocento di mio padre, tutti venduti in anni diventati difficili e di cui andavamo orgogliosi». Bologna era l’università, la musica… «Era tutto. Scienze politiche, la Dr Dixie Jazz Band che, dopo alcune acrobazie legate al nome, da qualche decennio si è stabilizzata con quello vecchio, perfino il lavoro da impiegato alla Findus. Non rinnego nulla, perché tutto mi è servito, mi ha aiutato, è stato utile o addirittura prezioso. Anche il lavoro originale e ben retribuito alla Findus mi ha risolto molti problemi. Venivo dal fallimento nella musica, e mi ha permesso di sposarmi, prendere casa, tirare su una famiglia. Ma occuparmi di bastoncini di pesce non era il sogno della mia vita». Bologna e l’Emilia sono diventate il palcoscenico delle sue opere. «E continuano a esserlo. La parte più riflessiva del “noir” “Il ragazzo in soffitta”, l’io narrante, è am-

bientata a Bologna. Per quanti tentativi abbia osato fare - vivo a Roma da 45 anni - non sono mai stato capace di prescindere dalla mia terra. Penso alla Bologna degli “Impiegati”, all’Appennino della “Storia di ragazzi e ragazze” e della “Gita scolastica”. Come un debito di riconoscenza, come un senso di gratitudine». “Emilia allungata, sdraiata, sognante, di facce”. «Francesco Guccini, ma anche Lucio Dalla, hanno un modo più affettuoso di rivolgersi all’Emilia, perché loro sono rimasti. Io l’ho tradita, ma forse ho cercato di farmi perdonare – chissà – continuando a ricordarla e riproporla. Anche Federico Fellini aveva scelto di andare a Roma e a Roma era rimasto. Ma lui, a Rimini, non era tornato neanche con i film: non esiste un metro di pellicola girato a Rimini, tant’è che la sua Rimini cinematografica è Fregene, e “Amarcord” è stato creato a Cinecittà e a Viterbo. “I vitelloni” si conclude con Monaldo, cioè Franco Interlenghi che lascia Rimini per Roma, e quell’abbandono è l’autobiografia di Federico. Per me, che guardo Bologna da 352 chilometri di distanza, è più facile immaginare la città e le colline, la gente e le facce, con la libertà dell’immaginazione». E la cantina bolognese di via Battisti? «Quando ci sono tornato, nel 1973, invitato con Ugo Tognazzi, mi sono ritrovato, anzi, riprecipitato in quel clima di passioni e in quell’ambiente di amici. Gli stessi. Rivederli e riascoltarli mi ha commosso. Tant’è che, preda di quella commozione, per la tv ho girato la storia “Jazz Band”. Ancora adesso questo gruppo di straordinari amici continua imperterrito a suonare: loro sostengono di essere la band più longeva, e Leonardo Giardina, ottantenne con il cuore di un ragazzino, suona, canta e coinvolge con una forza davvero unica». Bologna era anche lo sport? «La mia famiglia, cioè i miei genitori, cioè mio padre, avrebbe voluto che, come tutti i rampolli delle famiglie per bene degli Anni 50, mi dedicassi alla scherma, al pianoforte e al francese. Lo avrei deluso. L’unica disciplina sportiva in cui avrei potuto eccellere, e in cui per alcuni anni sono stato quasi imbattibile, era la corsa campestre, specialmente quella sulle lunghe distanze. Ero magrissimo, avevo un fiato Pupi Avati Un mito dello sport

Ondina Valla era un’amica, compagna di scuola di mia madre: una celebrità

«IL CINEMA RITROVATO», OMAGGIO A BERGMAN NATO CENTO ANNI FA

inesauribile e avevo appreso il trucco del filo d’erba: tenerlo in bocca mi aiutava a gestire respirazione e salivazione. Forse sarei stato forte anche in bici, ma ho avvicinato il ciclismo solo un paio d’anni fa, al Giro d’Italia, girando un cortometraggio sulla salita di San Luca, al doppio curvone delle orfanelle. Però è stata un’esperienza traumatizzante: su quella salita noi eravamo costretti a mettere i piedi a terra, invece i corridori di adesso, autentiche macchine da guerra, sfrecciavano come se andassero in discesa».

Il regista, sceneggiatore, produttore e scrittore Giuseppe Avati, in arte «Pupi», 76 anni. È nato a Bologna il 3 novembre del 1938 LAPRESSE

E il calcio? «Il Bologna che faceva tremare il mondo era sempre fra noi: il mitico Biavati, inventore del passo doppio, e poi Schiavio che aveva aperto un negozio di abbigliamento sportivo in centro, Monzeglio che era diventato impiegato di banca proprio in via Saragozza, Cappello che gestiva una tabaccheria in via Castiglione. Ma anche il Bologna che nel 1964 conquistò lo scudetto nello spareggio contro l’Inter viveva dell’amore di tutta la città. Quando i giocatori passeggiavano per il centro, si fermava il traffico. Una sera Ezio Pascutti venne ad ascoltarci suonare: era come se fosse il nostro Pelé o, adesso, Messi. Il calcio l’ho poi rivissuto al cinema, in “Ultimo minuto” con Tognazzi, e lo patisco oggi, da tifoso milanista».

● Alla diciottesima edizione è invece arrivata la rassegna «Il Cinema Ritrovato», in scena sempre a Bologna dal 28 giugno al 5 luglio. Tra le varie ed interessanti sezioni (tra cui l'omaggio a Peter von Bagh), segnaliamo quella dedicata al grande Ingrid Bergman, nato cent'anni fa.

DA CIMABUE A MORANDI 7 SECOLI DI ARTE IN UNA MOSTRA ● Da Cimabue a Giorgio Morandi: a Palazzo Fava circa duecento opere in arrivo da chiese, istituzioni e collezioni private raccontano l'apporto che la città di Bologna ha dato alla storia della pittura europea in sette secoli. In via Farini 15 fino al 17 maggio, tutti i giorni dalle 10 alle 19. Prezzo: 12 euro

E un mito dello sport? «Ondina Valla. Era un’amica, compagna di scuola di mia madre, che si vantava di avere partecipato ai Littoriali. Ondina, che poi si chiamava Trebisonda, era una celebrità». Pupi, il bello degli emiliani? «Saper cogliere gli aspetti positivi della vita e valorizzarli. Mangiare, bere e altro: quasi un’aureola che ha sempre fatto accogliere gli emiliani con il sorriso. Vivendo in una terra di mezzo fra il pragmatismo settentrionale e il fatalismo meridionale, gli emiliani sono sempre stati mediatori e pacificatori, e hanno cercato di tenere insieme anche quello che non si può. E questo si è rivelato anche il loro limite. Adesso la situazione è un po’ cambiata: Lucio Dalla diceva che a Bologna sono rimasti soltanto i tortellini. Esagerava. Ma l’identità del mangiare, bere e altro non è più così forte». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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● Gli album pubblicati da David Bowie. Le cui fotografie, firmate Masayoshi Sukita, saranno in mostra al ONO Arte di Bologna fino al 10 maggio.


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Per trovare il benessere non serve andare lontano.

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Nei migliori supermercati.


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MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT

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Parla● Critico Vittorio Sgarbi d’arte, storico dell’arte e politico

L’arte di sorprendere 1 ● 1. Ferrara e il suo Castello Estense, patrimonio dell’Unesco ● 2. La meravigliosa Corte Pallavicina a Polesine Parmense ● 3. Gli affreschi della Rocca Sanvitale a Fontanellato, fatti da Parmigianino

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«QUELLO CHE AMO E QUELLO CHE RADEREI AL SUOLO OGGI STESSO» Viaggio con Sgarbi in un’Emilia-Romagna fatta per vincere: «Ferrara, la città della mente e dei cadaveri, Museo Guatelli, Spigaroli, la Sangiovesa, i rilievi di Wiligelmo a Modena e gli affreschi del Parmigianino senza i quali non si può vivere»

Testo raccolto da Serena Gentile

La vita per Vittorio Sgarbi è un calcio di rigore, dentro o fuori. Il più irriverente e geniale dei critici d’arte non si marca. Lo si lascia libero di scorazzare col pensiero, il sapere e i ricordi nella sua Emilia-Romagna, di oggi e di ieri. E lui va diritto in gol, senza tatticismi e senza aver mai toccato un pallone in vita sua, dribblando banalità e luoghi comuni. Ci rivela una terra nascosta, preziosa, illuminata. Ma anche una Pompei di notte triste e sola e grattacieli da bombardare. Lui ama il bello o piuttosto rade al suolo, con poche devastanti parole. Ecco il suo racconto tra viaggio, cultura e poesia.

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Emilia-Romagna è fatta di città che sarebbe difficile sintetizzare, direi che la prima cosa da vedere è la città di Ferrara. È un’anomalia sia per l’Emilia che per la Romagna perché è la città della mente, è il luogo dove Ariosto ha inventato l’Orlando Furioso, è una dimensione irreale, infatti non esiste, solo la città della memoria. Quelli che vivono a Ferrara sono dei cadaveri, è una Pompei di notte, però ha questa dimensione cantata da D’Annun-

zio, la città del silenzio, le meravigliose strade «piane, grandi come fiumane». È un teatro, De Pisis diceva la città delle meraviglie. Il secondo luogo è Ozzano Taro, ovvero a Collecchio e si chiama Museo Guatelli. È il paradigma di quello che avrebbe voluto e in parte ha fatto Tonino Guerra, l’idea di far diventare poesia tutto ciò che è memoria del culto contadino. Il maestro Guatelli ha preso quello che ha trovato nella vita, gli oggetti più strani e li ha messi insieme, non come in un museo contadino che sarebbe noioso, ma in composizioni meravigliose. È un luogo dove uno vede la poesia degli oggetti capaci di andare al di là di quello che sono per raccontare storie di uomini, sensibilità. Poco lontano di lì uno deve andare a vedere il più grande Labirinto del mondo che è a Fontanellato, Masone, ed è di proprietà di Franco Maria Ricci, che avendo ceduto la casa editrice, si è dedicato al suo sogno, ha creato il Labirinto che è quello dove ci si perde e lì adesso con Expo apriamo una mostra di Ligabue, il grande pittore, e di Ghizzardi, poeta primitivo. E per andarci, bisogna passare da Polesine Parmense, da Spigaroli, una locanda meravigliosa dove mangiare meravigliosamente, che è una Corte Pallavicina restaurata, con cantine foderate di culatelli, quelli di Alviero Marchesi, di Cipriani: 5 mila culatelli creano un grotta manieristica, luogo meraviglioso. Dopodiché si va a Sant’Arcangelo di Romagna dove Maggioli, imprenditore come Farinetti più in piccolo, prese come suo architetto e consulente Tonino Guerra: fecero la Sangiovesa che è un vero monumento in cui il cibo, la poesia, il teatro, la letteratura, l’arte convivono in una specie di allucinazione, per cui siedi per mangiare ma in realtà sei lì per avere tutto quello che ti può essere utile per la tua sensibilità, per il tuo divertimento, per la tua lettura. E questo è la Sangiovesa di Tonino Guerra. A Modena c’è una piccola piazzetta che non ha nulla, solo panchine e alberi: Santa Maria di Pomposa, quando uno è lì è come fosse fuori dal mondo, in un teatro di vita contadina ma anche cittadina, di isolamento ma anche di cuore della città, insomma è un posto di Modena che ha una poesia intrinseca con una loggia, un pergolato meraviglioso. Però quando è a Modena, non può non andare a vedere il Duomo con i rilievi del primo scultore moderno, Wiligelmo (1099-1106), che sono le storie, le genesi con cui comincia l’arte italiana moderna. Poi ovviamente quando uno è lì non può non passare da Fidenza, e tornare a Fontanellato dove oltre al Labirinto vede gli affreschi della Rocca Sanvitale fatti da Parmigianino, con le storie di Diana e Atteone senza le quali non si può vivere. E lì non può non mangiare tortelli alle erbette, ci sono i migliori tortelli di tutta la provincia, da accompagnare con la malvasia. Poi ci sono tanti altri luoghi ovviamente dove fermarsi e innamorarsi, molti anche più noti. Bisognerebbe andare a Bologna, sono molto orgoglioso della mostra «Da Cimabue a Morandi», a Palazzo Fava. E ci sono altrettante cose da radere al suolo, bombarderei tutto quello che è stato costruito dal ‘59 in

avanti: per restare a Bologna, tra le cose più brutte ci sono gli edifici di Kenzo Tange, dove ha sede la Regione e che sono stati invece indicati come prodigi meraviglie dell’architettura contemporanea. Il grattacielo che è dietro la palazzina Ducale di Modena, un’altra cosa mostruosa che distrugge la prospettiva di questo luogo. E poi ovviamente i due grattacieli di Ferrara, orrore fine anni 50. Ferrara è la mia città, ma non ci torno mai, è una Pompei di notte, fa schifo. Sono orgogliosamente emiliano: terra della convivialità, della bonomia, l’opposto della ragione toscana, sentimenti, passioni, cuore. Siamo un popolo di vincitori. Non seguo lo sport, facevo sci d’acqua, ma ora il Po è inquinato, non potrei più farlo. Non seguo la Ferrari e la Ducati, ma sono emiliane e come tutte le cose fatte in Emilia-Romagna, non possono che vincere. Detesto il calcio è noioso, me la passi qui me la passi là, troppo democristiano. Del calcio mi piace Conte perché si incazza spesso. La Juve si dovrebbe incazzare di più, io me li sarei già ripresi gli scudetti. Prescritto Moggi, buonanotte no? Quando ero ragazzo ho giocato a pallacanestro perché il calcio era fatto sentire dai preti come antagonista al sesso, come se giocare a calcio fosse buono per spegnere gli istinti e quindi mi è sempre stato antipatico. Ero in collegio. L’unica cosa che mi piace del calcio è il rigore, perché è violento, cattivo, il rigore prende uno debole e lo uccide, quella volta che invece riesci a prendere la palla, diventi un eroe. Bello. Vorrei un mondo fatto solo di rigori. A me piace la boxe dove sei uno contro uno, nudo, solo con la forza dei muscoli e della mente. Sarebbe vincente l’Italia tutta, con tutti questi Tesori. Non so di chi sia la colpa. Ma basterebbe guardare alla Francia dove non valgono più di noi, ma hanno capito che i simboli contano: loro hanno Saint Pompidou, noi non abbiamo San Craxì. Come se la possibilità di rappresentarsi in un’immagine potente, che è quella per cui i greci e gli egizi sono ricordati, noi ce l’abbiamo ma è come se non lo sapessimo. Svagati. Avevo proposto come presidente della Repubblica il maestro Muti perché guardasse la Merkel con tutta la forza di Beethoven, umiliandola. Tu devi umiliare il potere con la forza della cultura. Siamo l’Italia». © RIPRODUZIONE RISERVATA

Vittorio Sgarbi E lo sport

Il calcio è noioso, troppo democristiano. Mi piacciono i rigori, sono cattivi, uccidono i deboli


XVI

MINADE EMILIA ROMAGNA

La Gastronomia

● Uno chef giapponese innamorato di questa terra

Il gusto per la tavola TOKUYOSHI «GNOCCO FRITTO E MORTADELLA LA MIA EMILIA»

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Piatto classico o prelibatezza inedita? Da Bologna a Rimini, da Modena a Reggio: qualunque sia la vostra esigenza culinaria, ecco dove soddisfarla

Yoji per dieci anni è stato vice di Bottura. Ama il lambrusco rosa ed ha appena aperto un ristorante a Milano dove fa le tagliatelle al ragù. Una storia cominciata con un biglietto per il Giappone strappato

Testo di Andrea Grignaffini

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2 Intervista di Daniele Miccione

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oji Tokuyoshi ha aperto a Milano il 4 febbraio, in via San Calocero 3, dopo dieci anni alla Francescana di Modena, otto dei quali passati da secondo di Massimo Bottura. Le prime critiche dei giornalisti sono state un massacro. Yoji non appare turbato. Appena un filo amareggiato. Crede nel destino come vedremo nel corso dell’intervista - forse ritiene si tratti di una piccola perturbazione al corso degli eventi. Ora di pranzo, giornata milanese di sole e traffico, da Yoji non si mangia però. «Non apro a pranzo, dovrei per i conti ma non riuscirei a preparare tutto. Sa quanto ci vuole a fare le tagliatelle fresche, con il mattarello?». Stanno pulendo alla grande, c’è rumore, e lo chef giapponese, 37 anni, originario di Tottori vicino Osaka, propone il bar Cucchi, all’angolo di corso di Porta Genova, dove a un tavolino tra tram, autobus e mendicanti facciamo una bizzarra conversazione, in un buon italiano, dal titolo: “La strana vita di un giapponese in Emilia-Romagna”. La prima risposta è lunghissima ma vale la pena per capire come è cominciata la sua storia in Italia. Tokuyoshi perché dieci anni fa è finito alla Francescana? «Lavoravo da 7 anni in un ristorante di cucina italiana a Tokyo. Lo chef giapponese aveva appreso tutto all’Enoteca Pinchiorri. E mi parlava del cibo, della bellezza di Firenze, dei grandi ristoranti. Così un giorno ho deciso di venire in Italia e vedere con i miei occhi. Al mio arrivo ho comprato la guida del Gambero Rosso e ho chiamato i primi 50 ristoranti italiani chiedendo un lavoro. Mi hanno detto tutti no. Per 20 giorni ho visto l’Italia, ho mangiato e bevuto. Poi ho comprato un biglietto per il Giappone e sono venuto in Stazione Centrale, a Milano, per prendere il bus per Malpensa e tornare a casa. Ho visto in edicola la Guida dell’Espresso. L’ho comprata, ho aperto a caso e c’era la scheda della Francescana. Ho telefonato e mi ha risposto Massimo Bottura. Prima mi ha detto no, poi ho insistito e alla fine mi ha detto va bene, vieni domani. Ma non avevo i soldi per l’albergo. Così ho stracciato il biglietto dell’aereo e ho preso il treno. La sera mi so-

no presentato alla Francescana. Massimo mi ha aperto: “Ti avevo detto di venire domani!”. Mi ha ospitato e mi ha fatto provare il suo menù degustazione. Alla fine gli ho detto: “Mi piace, voglio lavorare qui”. E lui: “Ma cosa sai fare?”. “Tutto, so fare tutto”». Due anni dopo Tokuyoshi è il vice di Bottura. Entra in cucina nel 2005 con 5 persone, ne esce due mesi fa lasciando una brigata di 22. Yoji cosa c’era dentro quel “tutto”? «Cucinavo, se c’era da pulire i piatti li pulivo, se c’era da mettere a posto il frigo mettevo a posto. Ho giocato per sette anni a basket, conosco il valore del gioco di squadra, si fa quello che serve al gruppo. A Massimo ho sempre dato tutto. Quando sono diventato il suo vice facevamo l’orario spezzato, andavamo a casa il pomeriggio e tornavamo alle sei. Io ho detto: “Se vogliamo crescere dobbiamo lavorare sui nuovi piatti al pomeriggio. Non torniamo a casa, restiamo al ristorante”. In tanti non hanno capito e sono andati via». Perché ha aperto il suo ristorante? «A settembre mi ha chiamato Wicky Priyan. Andava in corso Italia e non voleva lasciare il suo vecchio locale a uno sconosciuto. Me l’ha proposto e io ho detto di sì». Di nuovo il destino. L’Emilia-Romagna di Tokuyoshi. «Io dell’Emilia e della Romagna ho subito accettato tutto. La gente che discute animatamente, il cibo, le città. All’inizio facevo fatica perché non capivo. Così per quattro anni al pomeriggio ho fatto due ore di italiano. Poi è andata meglio ma il dialetto non lo capisco nemmeno adesso». Le città. «Mi piace Modena: bella, piccola e a misura d’uomo. Con la bici vai dovunque». Il cibo. «Sono stato fortunato a finire nella regione con la qualità del cibo migliore d’Italia. In Giappone usavo l’aceto balsamico poi ho assaggiato quello vero e ho capito. E poi il ragù e i tortellini in brodo. La prima volta sono rimasto stupefatto. E la tigella Yoji Tokuyoshi La somiglianza

Il parmigiano è come il dashi in Giappone: dà sapore ai piatti. Che fortuna finire a Modena

CONSIGLI: LA «FEFA», IL «MIRASOLE» E BOTTURA!!!

● 1. Yoji Tokuyoshi, 37 anni, nel nuovo ristorante. Il germoglio che esce dal muro è opera di un artista; 2. I criticatissimi «Spaghetti nella patata» VAROLI

con il lardo macinato. La mia colazione ideale è gnocco fritto con mortadella e un bicchiere di acqua gassata». Il tuo prodotto preferito? «Il parmigiano reggiano. E chi l’aveva mai assaggiato quello di 40 mesi! E’ come il dashi in Giappone dà forza e sapore ai piatti». Il vino. «Il Lambrusco rosa di Sorbara. Elegante». Il ristorante? «L’Osteria Mirasole di San Giovanni in Persiceto. Scegli la carne, te la tagliano e te la cuociono alla griglia nel camino. Fantastico».

antica Via Emilia la percorre dritta come una freccia, da Piacenza a Rimini. L’Emilia-Romagna è una terra generosa e assai operosa, pronta a ripartire da sola, facendo tutto in casa, proprio come per la pasta all’uovo di cui è regina e da cui nascono i tortellini. Tra i migliori, conditi con crema di latte o tuffati in un buon brodo, ci sono quelli dell’Osteria del Mirasole a San Giovanni in Persiceto, in provincia di Bologna, (Via Giacomo Matteotti 17/A, tel. 051.821273), da gustare con carni alla brace (di cui il cuoco è maestro) e le rare cicorie di campo. E la pasta fresca, come le vivaci tagliatelle al ragù, e tipicità recuperate dall’oblio come la «torta degli ebrei» (una sorta di millefoglie salata con due strati di Parmigiano-Reggiano), sono protagonisti all’Osteria La Fefa a Finale Emilia (Via Trento e Trieste, 9/ C; tel. 0535.780202). Restando nel Modenese, a Campo Galliano, al Ristorante Laghi (Via Albone 27; tel.059.526988) si ritrovano sapori autentici: dallo gnocco fritto alle tagliatelle con la salsiccia gialla (per via dello zafferano) di Modena. Le radici servono anche per guardare al futuro, procedendo dritti come la Via Emilia. E a Modena c’è l’Osteria Francescana (Via Stella 22; tel. 059. 223912), il regno di Massimo Bottura, lo chef che ha portato ai più alti livelli l’essenza della tradizione emiliana con piatti orami cult come le «cinque stagionature di Parmigiano-Reggiano», creando al contempo una strada nuova e diretta verso orizzonti più ampi. Ma la Romagna è mare. Nel cuore di Riccione, il Ristorante Azzurra (Piazzale Azzarita 2; tel. 0541 648604), propone grande materia prima ittica declinata con maestria. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Sul vetro del tuo nuovo ristorante hai scritto cucina contaminata. Che vuol dire? «I sapori e i prodotti sono italiani al 100% ma contaminati dalla mia cultura giapponese». Fai ancora piatti della tua regione di adozione? «Le tagliatelle al ragù, le facciamo fresche al mattino, come le sfogline. Me le ha insegnate la signora Lidia che lavorava da Bottura. E poi ho un raviolo di crema di parmigiano liquido con il tartufo nero. Il brodo è fatto con cappone, mortadella, prosciutto e crosta di parmigiano». Il nuovo ristorante di Yoji ha subito feroci critiche. Ma lui - come dicevamo - crede nel destino. E nel tenace lavoro. «Non so, forse si aspettavano un servizio stile Francescana. Ma io ho finito i soldi. Siamo in crescita, tanti clienti sono entusiasti, altri meno. Ma se nel mio menù degustazione faccio gli spaghetti di patate o il risotto con il sedano rapa al posto del riso c’è dietro un’idea: fare piatti saporiti ma che non appesantiscano. L’altro giorno mi ha telefonato Bottura: “Yoji ci ho messo 18 anni per avere le tre stelle, tu hai ancora 17 anni e 10 mesi di lavoro”». © RIPRODUZIONE RISERVATA

● Massimo Bottura chef de «L’Osteria Francescana» di Modena il n. 1 della cucina italiana e terzo della classifica dei 50 Best Restaurant San Pellegrino


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I ●Vini Ci guida il più grande conoscitore delle aziende locali

TERRA DI LAMBRUSCO, SANGIOVESE E... «Questa è una Regione straordinaria per quantità e qualità di vitigni autoctoni» dice Luca Gardini, romagnolo e campione del mondo del sommelier. Da Gutturnio piacentino all’Albana Passito, passando per il Pignoletto, ce n’è per tutti i gusti 1

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Testo di Pier Bergonzi

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l derby tra Emilia e Romagna si gioca anche sul campo dei vini. Ed una partita intensa con tanti gol... da una parte e dall’altra. Ce ne parla Luca Gardini, il campione del mondo dei sommelier 2010, che è nato a Milano-Marittima e conosce ogni singolo segreto dei vini locali. «Stiamo parlando di produzione sterminata, su un territorio molto vario che va dalle colline del piacentino dove si produce il freschissimo Gutturnio fino alla Romagna dell’Albana o del Pagadebit, passando per il Pignoletto dei colli bolognesi o la Malvasia dell’Emilia». La produzione dei vini e la qualità va di pari passo con la grande cultura gastronomica. «La mia Regione, da questo punto di vista, è davvero spettacolare - dice Gardini -. Pensate a certi salumi della zona di Parma oppure allo gnocco fritto accompagnati dalla vivacità e dall’allegria del Lambrusco. E stiamo parlando di un vino eclettico con mille sfumature di rosso, un vino che dopo il Prosecco è il più venduto ed esportato d’Italia».

● La nostra selezione di vini (di qualità) dell’Emilia-Romagna. ● 1. Gutturnio piacentino di Santa Giustina ● 2. Lambrusco spumante «Trentasei» di Cantine della Volta ● 3. Lambrusco L’eclisse di Paltrinieri ● 4. Malvasia Passito Vigna della Volta di La Stoppa ● 5. Pignoletto dei colli bolognesi, Tenuta di Monteveglio, Chiarli 1860 ● 6. Sangiovese Caciara di Enio Ottaviani ● 7. Sangiovese Tauleto di Umberto Cesari ● 8. Albana Passito dell’azienda Trerè.

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L’Emilia-Romagna è nota da sempre per la grande quantità di uva e vini prodotti. Ma negli ultimi anni si è fatta strada una parola chiave: qualità. «Ci sono aziende piccole come Paltrinieri che fa un Lambrusco da primi 100 vini del mondo. Ma penso anche ad aziende come Chiarli, Cesari, Cantina della Volta o Ottaviani». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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● Luca Gardini, romagnolo di Milano Marittima è il numero uno dei nostri sommelier. Ha lavorato da Pinchiorri e Cracco. E’ stato campione del mondo nel 2010.

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MINADE EMILIA ROMAGNA

Le Aziende

● Pasta, frutta e verdura, salumi, moda, tecnologia e...

Radici e innovazione BARILLA, OROGEL E TECHNOGYM: È QUI IL SUCCESSO

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CAZZOLA, 25 ANNI DI AMORE SPORTIVO Dall'idea Motorshow alla Virtus, passando per il Bologna Calcio: ecco chi è l'uomo che più di tutti ha cavalcato lo sport in Emilia-Romagna

Storia di una famiglia di panettieri che è diventata una multinazionale. Ma anche quella dei surgelati italiani più celebri, dell’orgoglio Parmalat e di come Alessandri ha coniato il wellness e superato la superpotenza Usa 2

Testo di Andrea Tosi

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e cercate un imprenditore/dirigente sportivo che più di tutti ha segnato gli ultimi 25 anni dello sport in Emilia-Romagna, è Alfredo Cazzola. Un vincente assoluto, autore di un personale triplete nelle discipline più praticate in regione: motorismo, basket e calcio.

Testo di Filippo Gambarini

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arlare di imprese in Emilia-Romagna significa inevitabilmente (e un po' colpevolmente) fare solo riferimento alle grandi case automobilistiche e motociclistiche che hanno contribuito ad esportare (e far conoscere al mondo) l'eccellenza del made in Italy. Eppure, questa grande e forte regione porta con sé una tradizione assai radicata anche in ben altri settori, primo tra tutti quello dell'agroalimentare. Pioniera, punta di diamante e vera e propria locomotiva, neanche a

dirlo, è Barilla. La casa della pasta per antonomasia nasce a Parma nel lontano 1877 da un'idea di Pietro Barilla, figlio di panettieri. In quasi 140 anni di storia, la famiglia Barilla (da sempre alla guida della società) è stata in grado non solo di imporsi come azienda leader in Italia, ma anche di aprirsi prima agli Stati Uniti (attraverso una partnership commerciale che ha condotto all'acquisizione, tra le altre, di Voiello e alla creazione del famosissimo brand Mulino Bianco) e poi al mondo intero. Lampanti, in tal senso, sono i trenta poli produttivi sparsi per il globo e il fatturato di oltre 3 miliardi di euro (dato 2013). «Dove c'è Barilla, c'è casa», è probabilmente uno degli slogan più riconoscibili mai concepiti, entrati nelle case degli italiani tanto quanto (e forse anche di più) la statunitense Coca Cola e la piemontese Ferrero.

PIQUADRO, IL MARCHIO DELLA PELLETTERIA SINONIMO DI QUALITÀ

chio Piquadro che significa P (al quadrato) con la P che sta sia per Palmieri sia per pelletterie (di lusso).

cco un’altra storia esemplare dell’imprenditoria italiana.

Da allora l’azienda che ha sede a Silla di Gaggio Montano (Bologna) è sempre cresciuta, come fatturato, redditività e notorietà. La svolta passa anche attraverso i negozi monomarca, come quello di via della Spiega a Milano (aperto nel 2000) e quello di via Frattina a Roma.

E’ la storia della Piquadro e allo stesso tempo la storia di Marco Palmieri, vulcanico imprenditore che nel 1987 ha fondato l’azienda di pelletteria di lusso che nel suo «piccolo» è un caso internazionale.

Ora la sfida è rivolta ai mercati internazionali con l’apertura di altri punti vendita (ora sono oltre 80) di Mosca, Barcellona, Salisburgo, Hong Kong, Pechino, Shanghai, Parigi...

All’inizio Palmieri produceva borse per conto di altri sviluppando una tecnologia che l’ha resa un’unica per qualità e innovazione. Nel 1998 viene lanciato il mar-

Il tutto sugli stessi sentieri sui cui Palmieri ha mosso i primi passi, quelli della qualità, della creatività e dell’innovazione.

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Marco Palmieri, ad di Piquadro

LATTE E SURGELATI Altro settore in cui l'Emilia-Romagna si fa largo quale terra d'eccellenza è quello del latte e i suoi derivati. Aziende traino del settore sono Parmalat, di Collecchio, e la bolognese Granarolo. Fondate rispettivamente nel 1961 e 1957, i due marchi si dividono il mercato nazionale ed internazionale del settore. Negli ultimi anni, il nome Parmalat è divenuto tristemente noto per l'omonimo crac finanziario. Ma da qui il brand parmense è stato in grado di risalire la china - anche grazie alla sapiente guida di Enrico Bondi chiudendo il 2014 con un fatturato netto salito del 9,5% e guarda con ottimismo al 2015. Spostandosi poi a Cesena ci si imbatte in Orogel, creazione di Bruno Piraccini: dal 1967, il gruppo agroalimentare cesenate si suddivide in Orogel Surgelati (core business dell'azienda), Orogel Confetture e Orogel Fresco. Sempre a

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Orogel si deve infine il nuovo nome dello stadio di Cesena, una volta Manuzzi. WELLNESS E MODA Ma l'orgoglio di Cesena passa anche dalla rinomata Technogym. L'azienda di attrezzi per sport e tempo libero, nata nel 1983 a Gambettola dall'allora 23enne Nerio Alessandri, è stata in grado di esportare prima un marchio, finanche un nuovo concetto di «wellness» in contrapposizione con quello di «fitness» di matrice americana. Ed infine la moda, con Piquadro, Stone Island e Gaudì, recenti, ma già arrembanti brand di successo di un Emilia-Romagna al sapore d'eccellenza.

1 Federica Pellegrini, 26 anni, insieme a Paolo Barilla, 53. 2 Nerio Alessandri, 54 anni oggi, presidente di Technogym

MOTORSHOW Cazzola ha lanciato la grande rassegna bolognese da lui acquisita nel 1981, richiamando oltre 15 milioni di visitatori in 26 anni. Tanti sono i grandi personaggi passati dal MS: Enzo Ferrari, i due Rossi (Vasco e Valentino), Schumacher, Senna, la Juventus di Zidane e altri. VIRTUS Non solo MS: ha guidato anche la Virtus e, per un biennio, la Lega basket. Sotto la sua presidenza, le storiche V nere hanno conquistato 4 scudetti, due coppe Italia, una Supercoppa e la prima Coppa Campioni (oggi Eurolega) nella storia del club. Cazzola ha dominato un decennio coi suoi fuoriclasse: Danilovic, Rigaudeau, Savic tra gli stranieri, Morandotti, Moretti, Abbio, Carera, Frosini tra gli italiani. BOLOGNA FC Cazzola ha completato il suo Slam col calcio, correndo al capezzale del Bologna retrocesso in B nel 2005 nella coda di Calciopoli e salvandolo col doppio ruolo di presidente e socio di maggioranza. Infine, nel 2008, il suo Bologna è risalito nel massimo campionato passando poi alla famiglia Menarini non prima della vittoria dei rossoblù sul campo del Milan: l’ultimo grande colpo dell’Alfredo della Bolognina. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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IL CASO STONE ISLAND DA RAVARINO ALLA CONQUISTA DEL MONDO

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a Ravarino, nel Modenese, alla conquista del mondo. Stone Island, il marchio che ha l’anima e il volto di Carlo Rivetti, 58 anni, barba e sguardo profondo. L’azienda riconoscibile per il marchio con la rosa dei venti è nota soprattutto sul pianeta della moda maschile.

Carlo Rivetti, 58 anni

Stone Island è un punto di riferimento dello sportswear alto di gamma, sia in Italia che all’estero grazie alla solida presenza nei

principali mercati europei e asiatici. Da sempre, l’azienda modenese punta sulla cultura della ricerca e della sperimentazione. Una costante indagine, approfondita e senza frontiere, sulla trasformazione e la nobilitazione di fibre e tessuti, porta a scoprire materiali e tecniche produttive mai utilizzati in precedenza dall’industria dell’abbigliamento. Nata nel 1982 Stone Island è guidata con mano sicura da Carlo Rivetti, presidente e direttore creativo. Laureato in Economia e commercio alla Bocconi, Rivetti è in azienda dal 1983 e la guida dal 1993. Stone Island, anche ai tempi della crisi continua a crescere. L’ultimo bilancio ha ricavi e utili in doppia cifra... © RIPRODUZIONE RISERVATA


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Le Aziende

● Bimota, Ducati, Lamborghini, Maserati, Pagani e ancora...

Non solo Ferrari

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LAMBORGHINI, MASERATI, DUCATI E BIMOTA: IL MUTÒR NEL DNA Da Parma a Rimini passando per Modena e Bologna, aziende automobilistiche e motociclistiche piccole o grandi sono nate qui: lusso, design, vittorie o semplicemente passione e tradizione. Tanti grandi successi... con qualche rimpianto

Testo di Alessandro Giudice

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● 1. La sede della Lamborghini, a Sant'Agata Bolognese. ● 2. L'attuale stabilimento Maserati a Modena, in viale Ciro Menotti. ● 3. Una foto storica della sede Ducati a Borgo Panigale ARCHIVIO GAZZETTA

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e si potesse fare il test del Dna a un luogo, chissà cosa verrebbe fuori da quello dell’Emilia-Romagna: un misto di cromosomi di passione, talento, gusto per la vita e le emozioni forti. E la competizione, meglio se motoristica, che non è solo il piacere di confrontarsi con il mondo ma antagonismo con il vicino di casa, alla ricerca di una supremazia che alimenta lo spirito, le chiacchiere da bar, l’orgoglio di aver vinto non contro auto e moto inglesi, tedesche, giapponesi ma contro quelle della città accanto. È la legge del mutòr, il motore, come da Parma a Riccione si definisce tutto quello che è mosso da pistoni e cilindri, una legge che se sei nato da quelle parti ce l’hai, appunto, nel Dna. Poi ci sono eccezioni, come Gian Paolo Dallara, che dalla sua Varano de’ Melegari, ai piedi dell’Appennino parmense, detta le regole dell’ingegneria telaistica al mondo intero, compresi gli Usa, per i quali progetta e fornisce le auto della Indy Car ed è venerato come forse solo Enzo Ferrari prima di lui. QUEL COLLOQUIO Ma scendendo verso Modena, il copione parla di storie che in fondo si ripetono, magari con esiti diversi ma origini comuni. Se la spinta per Ferrari fu Maserati (anche Alfa Romeo, ma quella è un’altra storia...), Ferruccio Lamborghini decise di dedicarsi, dopo i trattori, alle auto GT – e che GT! - per l’irritazione che scaturì da un colloquio con il Commendatore, innestando a Bologna il seme delle quattro ruote fino ad allora prerogativa modenese. E mentre Maserati si gode i cento anni della sua storia con i suc-

in Breve BORN IN CAMPOGALLIANO LA MITICA BUGATTI EB110 FU COSTRUITA QUI

cessi di una gamma di modelli molto chic, vengono in mente storie motoristiche collaterali. A partire da Francesco Stanguellini, che proprio da Modena nel 1900 inizia a preparare moto e poi vetturette mosse da motori Fiat, che mieteranno allori e record di velocità. Ma anche le auto da sogno su misura come Zonda e Huayra progettate dall’argentino Horacio Pagani, approdato in Italia nel 1983 e guru della fibra di carbonio, e del connazionale Alejandro De Tomaso, che iniziò l’avventura italiana costruendo fuoriserie col suo nome, prima di acquistare la Maserati, che rilanciò con la Biturbo. SU DUE RUOTE Ma non tutti i mutòr muovono quattro ruote e da Bologna a Rimini è un fiorire di moto da far accapponare la pelle, Ducati in testa. Simbolo di pura tecnica e di trionfi internazionali, i modelli dell’azienda di Borgo Panigale sono nel tempo diventati anche icone dell’italian design. Sorte simile a quella toccata a Bimota e Vyrus, entrambi riminesi e con radici comuni, che affondano nell’esclusività di prodotti unici e di grandi prestazioni, con soluzioni telaistiche geniali e spettacolari. All’area bolognese apparteneva anche la Malanca, che ha cessato la produzione nel 1986, mentre dalla storica sede di San Lazzaro di Savena, la Malaguti ha invaso il mondo con oltre due milioni di pezzi, tra scooter e moto. Diversa sorte per Moto Morini, che dopo aver scritto la storia del made in Italy a due ruote, nel 2014 ha lasciato Casalecchio di Reno per spostarsi nel Pavese. © RIPRODUZIONE RISERVATA

● Modena è stata nel tempo la base di avventure come quella della Bugatti, che prima di essere rilevata dal Gruppo Volkswagen e trasferita a Molsheim, costruì la mitica EB110 nello splendido stabilimento di Campogalliano. O della Cizeta, supercar a 16 cilindri che brillò negli anni 80/90.

SUCCESSI FUORISTRADA PER LA VILLA, LA TGM E LA SIMONINI ● La tradizione motociclistica emiliano-romagnola conobbe grandi fasti in fuoristrada, l’attuale enduro. Moto come la modenese Villa, la parmense TGM, e la Simonini, trasferita a Maranello da Franco Fornetti, hanno occupato i primi posti dei campionati di specialità in tutto il mondo.

IL SUCCESSO DI TEZUK I COSTUMI PIU’ AMATI DALLE DONNE ITALIANE ● La base è a Castelmaggiore. Le vetrine Bologna, Cesenatico e soprattutto Milano Marittima dove Tezuk ha il negozio più bello. Sono i costumi più amati dalle italiane, tinta unita o fantasia. I titolari, Andrea e Patrizia non si espongono, ma i numeri sono da capogiro. «Per noi parlano prodotto e cliente».

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● Quasi 5mila. 4967, a voler essere precisi. E' il numero, esorbitante, delle persone che lavorano solo tra Ferrari, Lamborghini e Ducati.


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MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT


MERCOLEDÌ 8 APRILE 2015 LA GAZZETTA DELLO SPORT

MINADE EMILIA ROMAGNA

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Terra di Turismo ● Milano Marittima, Riccione e Rimini

Spiagge, piada e disco IL DIVERTIMENTO CAMBIA MUSICA E I NUMERI RESTANO DA HIT È da sempre estate in Romagna. Solo Riccione e Milano Marittima attirano 6 milioni e mezzo di persone. E anche adesso che le discoteche sembrano in calo, la vacanza continua con sport, cultura e gastronomia Testo di Francesco Velluzzi

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n Romagna si sono fatti furbi. Quando hanno capito che il divertimento da sballo in discoteca era agli sgoccioli, hanno puntato sulla creatività, che a

loro non è mai mancata, sul benessere, sullo sport, sulla gastronomia (piadina come must). E così la Romagna, pur senza l’acqua cristallina, è sempre un divertimentificio, ma ampliato e rinnovato. I numeri di Riccione (3 milioni di presenze annue) e Milano Marittima (3 milioni e mezzo) sono da capogiro. Sono loro le regine del

turismo in una regione in cui Rimini segna il passo e Marina di Ravenna è una nicchia che attrae, ma comunque meno. ASSESSORI ALBERGATORI Non pensate che il Pineta e il Villa Papeete (che punta tanto anche sull’evento in spiaggia) di Milano Marittima e il Cocoricò o il Peter Pan (giudicato il 16° club più famoso al mondo) di Riccione siano vuoti. Giovani e meno giovani li affollano in estate, ma l’offerta è stata diversificata. Si punta su altro: «Abbiamo 370 strutture alberghiere tra Cervia (al bagno Fantini, tempio dello sport, è nato il beach volley) Milano Marittima, Pinarella e Tagliata e da anni i nostri pacchetti sono pensati per le fami-

glie e per i più giovani», spiega Roberta Penso, eletta assessore al Turismo in quota Pd 10 mesi fa. «Benessere e sport con le nostre pinete, terme e le secolari saline, ma soprattutto cultura e archeologia, su questo puntiamo. Abbiamo realizzato una mostra di mosaici del V e VI secolo, lavoriamo a incontri con artisti, scrittori, politici ed economisti e ampliamo l’offerta per riempire in maggio e settembre». Stride pensare a Milano Marittima e Cervia come due templi della cultura, ma lo sforzo che si sta facendo è questo, pur senza snaturarsi. A Riccione il progetto è uguale. E l’assessore Claudio Montanari (centrodestra), albergatore come la Penso, ha saputo puntare

non solo sulle luci della notte. Gianni Fabbri, il re, non c’è più. Forse con la cessione del mitico Paradiso di Rimini (oggi un rudere) la discoteca è calata. «Noi puntiamo sugli eventi sportivi. Abbiamo 400 strutture alberghiere e il nostro spirito ci fa entrare in sintonia con il cliente. Abbiamo offerte per ogni tasca. Spiagge, eventi e il mitico viale Ceccarini che tira sempre». PRIMO IN ITALIA Tra i vanti di Riccione c’è l’hotel Belvedere, un 4 stelle con 45 camere che per Trip Advisor (il sito di recensioni più seguito) è il miglior albergo d’Italia. Vince anche per il servizio. Lo gestisce Marina Pasquini. «Ho fatto l’albergo con le cose che avrei vo-

Un’immagine della spiaggia di Riccione, la folla del leggendario Papeete, e la mitica piadina

luto in casa. Coccolo i turisti (a Riccione e Milano Marittima prevalgono tedeschi, svizzeri, austriaci, Rimini abbonda di russi) e con loro condivido». GOLF Da qualche anno l’altra attrazione per chi va in Romagna è il golf. Da abbinare alla vacanza. Il Riviera Golf di San Giovanni Marignano, il Rimini Golf Club e l’Adriatic Golf Club Cervia registrano numeri importanti. Chi l’avrebbe mai detto che in Romagna ci si rilassa tra le buche? © RIPRODUZIONE RISERVATA


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MINADE EMILIA ROMAGNA

Nella culla della m in Breve IL TOUR DI VASCO SCATTA IL 7 GIUGNO LIGA VENERDI’ IN SICILIA ● Grande attesa per il concerto di Vasco che partirà il 7 giugno da Bari. Due date a Firenze il 12 e 13 giugno, a San Siro il 17 e 18, poi Bologna, Torino, Napoli, Messina e chiusura a Padova il 12 e 13 luglio. Ligabue è in pieno Tour: venerdì e sabato sarà ad Acireale, poi Caserta, Roma e Cagliari il 23 e 24 aprile.

POP MORANDI&BAGLIONI «CAPITANI CORAGGIOSI» AL FORO ITALICO ● Gianni Morandi salirà sul palcoscenico con Claudio Baglioni per dieci date al Foro Italico di Roma a settembre. Il loro show si chiama «Capitani coraggiosi». Sei anni di differenza tra loro, che si sono conosciuti nel 1969, ad intonare le loro canzoni ci sono nonne, madri e figlie. Un evento pop.

PAUSINI DA RECORD OLTRE 60 MILIONI DI DISCHI VENDUTI ● Laura Pausini è l’artista italiana che ha venduto di più all’estero: oltre 60 milioni di dischi in oltre 47 Paesi. E’ nata a Solarolo ed era vicina di casa del c.t. del ciclismo Davide Cassani. Tra tante artiste Caterina Caselli è diventata produttrice e ha scoperto talenti come Andrea Bocelli, Elisa e Malika Ayane.

«DA PAVAROTTI A VASCO ROSSI SIAMO NATI INTRATTENITORI»

249 ● Tanti sono i musicisti, cantanti e compositori nati o vissuti in Emilia-Romagna. Regina è Bologna, ne conta 96: Cesare Cremonini, Cristina D'Avena, Lucio Dalla, Gianni Morandi, Neffa, i Pooh e Luca Carboni. Pure Modena non scherza, con 38: Francesco Guccini, Vasco Rossi, i Modena City Ramblers, Nek, Luciano Pavarotti... 26 per ForlìCesena (Alice). Poi Reggio Emilia, con 25, tra cui Zucchero, Ligabue, Orietta Berti e Iva Zanicchi. Venti a Parma, la provincia dov'è nato Giuseppe Verdi (a Le Roncole, frazione di Busseto). Parmense è poi l’emergente Dente. Seguono Piacenza con 16 (Nina Zilli), Rimini con 13 (Samuele Bersani), Ferrara con 11 e Ravenna con soli 8. Una però è Laura Pausini...

Il musicista e cantautore bolognese Luca Carboni, 52 anni. ANSA

Gianni Morandi prende in prestito una celebre frase di Lucio Dalla per raccontarci la sua regione di cantastorie, melodici e rock star: «Qui è nato Giuseppe Verdi, abbiamo attinto da lui e poi ci siamo scatenati...». 249 CANTANTI E MUSICISTI NATI NELLA PROVINCIA

Piacenza

16 20

Parma

Ferrara

11

Modena Reggio Bologna Emilia 25 38

92 Forlì Cesena

Testo di Gabriella Mancini

8 Ravenna 26

Rimini

13

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a musica corre lungo la via Emilia, tra filari di viti, nebbie e orizzonti generosi. Come la gente dell’Emilia-Romagna, dove i generi musicali nascono, si espandono e si contaminano in un flusso continuo e creativo. Una tradizione solida, una terra fertile in cui anche gli artisti si sono moltiplicati. Gianni Morandi di Monghidoro, un punto sull’Appennino che gli ha aperto il mondo, ci accompagna in questo dolce amarcord. MELODRAMMA E LISCIO «In molti si chiedono come mai in Emilia-Romagna i cantanti siano così numerosi — esordisce il Gianni nazionale con la sua bella voce rotonda e corposa — io la penso come Lucio Dalla quando diceva: “Noi siamo in mezzo tra Nord e Sud, tutti passano di qua e li invitiamo a fermarsi, siamo pronti ad intrattenere”. La nostra è gente ospitale, aperta, sorride a chi arriva da lontano; la musica, la buona cucina, i motori hanno sempre attratto i viaggiatori. E così — sorride — ci siamo scatenati: da noi è nato Giuseppe Verdi e abbiamo attinto alle sue melodie, è nato il liscio di Secondo Casadei con la fisarmonica, ma anche il rock». Una varietà pazzesca. «Basti pensare al grande Luciano Pavarotti, tra i più apprezzati tenori del mondo, ma anche a Romagna mia, famosa come ‘O sole mio». Indimenticabile il Pavarotti & friends a Modena, in cui il tenore duettava con popstar del calibro di Bono Vox, James Brown, Grace Jones... la pazza, felicissima idea di un celebre emiliano.


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Parla Gianni Morandi ● Cantante, compositore, attore e conduttore

«Siamo tanti, non basta un libro»

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in Breve REGINA NILLA PIZZI LA PRIMA A VINCERE IL FESTIVAL DI SANREMO

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● Nilla Pizzi, nata a Sant’Agata Bolognese, è stata la prima vincitrice del Festival di Sanremo nel 1951 con «Grazie dei fior». L’artista emiliana ha vinto anche l’edizione successiva con «Vola colomba vola», al secondo e terzo posto altre due sue canzoni: «Papaveri e Papere» e «Una donna prega».

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NAZIONALE CANTANTI IL CENTRO OPERATIVO HA LA SEDE A BOLOGNA ● Calcio e musica sempre a braccetto. La Nazionale Cantanti, fondata nel 1981 da Mogol, Gianni Morandi e Andrea Mingardi, con il manager Gianluca Pecchini, mantiene la sede operativa a Bologna. Per una decina d’anni il punto d’incontro era stato lo stadio Renato Dall’Ara.

INNI QUI SONO NATI QUELLO DI JUVENTUS SASSUOLO E CESENA

CANTASTORIE Morandi snocciola ricordi di bambino. «Ogni giovedì al mercato di Monghidoro c’era il Cantastorie che improvvisava, cantava e amplificava i fatti di cronaca locale. Il racconto popolare, di solito umoristico, lo chiamavamo in dialetto zirudela, nel senso che il Cantastorie continuava a girare attorno al componimento. Non c’era nient’altro, siamo cresciuti così, con quel senso dello sberleffo e della musica sempre presenti. Un altro aspetto che può aver influenzato la nostra tradizione musicale può essere la parlata un po’ larga e la esse pronunciata senza essere nascosta: evidentemente si adattano bene a una certa sonorità». EMANCIPAZIONE Fatto sta che gli artisti sono cresciuti come funghi. Impossibile rammentarli tutti. Parliamo delle donne, quante belle donne. Nilla Pizzi è stata la prima vincitrice del Festival di Sanremo. «In Emilia-Romagna c’è stata una forte emancipazione femminile — continua —. In passato erano le mondine a cantare nelle risaie ai tempi delle prime lotte contro i proprietari terrieri. Era già un segnale. Da noi sono nate Nilla Pizzi, Vittoria Mongardi, Milva, Iva Zanicchi, Orietta Berti, Caterina Caselli fino a Laura Pausini, la nostra artista più famosa nel mondo, e Nina Zilli. Sempre presenti, sempre in prima fila». Raffaella Carrà è più soubrette che cantante, ma quando le hanno chiesto dove trovasse tutta quella energia che sprigiona, lei ha risposto: «Sono emiliana». ROCK In questa regione prolifica è scoppiato anche il rock di Vasco da Zocca e di Ligabue da Correggio, che duello. Un sound senza tempo, che fa impazzire milioni di giovani. «Sono dei numeri uno, delle bandiere, un orgoglio anche per noi melodici averli alfieri della nostra terra. Impressionanti le grandi adunate al Campovolo per il Liga. Senza dimenticare gli Skiantos, con il loro rock demenziale». Vasco faceva il disc jockey a Punto Radio, metà anni Settanta. Sognava come tanti giovani, cominciò a scrivere canzoni perché era bello parlare con se stesso. Partì dalle piazze, come succedeva spesso da quelle parti,

e a volte pensava: «Ma quanta gente che c’è! Non è che mi picchiano?». Il calore di un popolo che la musica ce l’ha nel sangue. BLUES «E vogliamo parlare dello storico Oscar Carboni o del blues di Zucchero e Andrea Mingardi? Qua non basta un libro». Un bell’assortimento e tanti campanilismi tra emiliani e romagnoli, ma anche un legame forte che si trasforma alla svelta in un concerto in piazza Maggiore per ricordare un amico e per una causa benefica. I simpatici dialetti cambiano e s’intrecciano nel giro di pochi chilometri e il linguaggio colorito che troviamo in tanti brani, a partire da quelli di Casadei, fa parte del paesaggio. Curiosità: spicinfrin in gergo emiliano significa «ragazzo carino e selvaggio», Zucchero ci ha fatto una canzone che profuma di campagna e pane fresco. SANTI, BRIGANTI E CANTAUTORI E ancora i Nomadi di Beppe Carletti, che hanno superato i cinquant’anni di attività e sono ancora tra le band più amate. Potere delle belle canzoni, che come ricorda Mogol non muoiono mai. Paolo Belli, Paolo Mengoli, Dodi Battaglia dei Pooh e la NazioGianni Morandi E il cantastorie

Ogni giovedì al mercato di Monghidoro c’era il Cantastorie che improvvisava e cantava i fatti di cronaca locale

nale Cantanti, nata a Bologna e fondata da Mogol, Morandi e Mingardi. Non bastava cantare e suonare, ci volevano anche le partite, tiratissime, in cui vogliono giocare tutti, anche se sono in venticinque. Ma questo è un altro film. Torniamo a noi, a questa terra di santi e briganti (il Passatore), di Federico Fellini con le sue atmosfere oniriche e le donne prorompenti, e del poeta Tonino Guerra. Terra di cantautori che accompagnano i nostri giorni e ce li rendono più lievi. «Lucio Dalla, Luca Carboni, Francesco Guccini, Claudio Lolli, Gaetano Curreri degli Stadio, Samuele Bersani, Cesare Cremonini, Nek, quante canzoni e quante ne nasceranno ancora». Con Dalla e Guccini Morandi ha interpretato l’ironica Emilia, che fa così: «Lungo la strada tra una piazza e un duomo/hai messo al mondo questa specie d’uomo/vero, aperto, finto, strano/chiuso, anarchico, verdiano/Brutta razza, l’emiliano!». E dopo i giorni tristi, spezzati dal terremoto, Gianni ha cantato BellEmilia, con la voce screpolata, emozionato più che mai: «BellEmilia che una notte/Ci hai spaccato di paura/Quanta rabbia e quante botte/poi lo sguardo verso il cielo». Lo sguardo di una terra ferita, ma forte, pronta a risollevarsi e a trovare un sorriso. SUONO E LUCE Le discoteche più attraenti, le balere, le giovani band, ma anche arrangiatori di grido come Celso Valli, Mauro Malavasi e Fio Zanotti. Biagio Antonacci e Neffa non sono nati qui, ma hanno deciso di viverci. Questa è l’Emilia-Romagna. Ogni angolo è un suono, una luce, un’ispirazione. Morandi li capitò da ragazzino. Figlio di un ciabattino, lavorava e cantava, come tutti. Gente allegra il ciel l’aiuta, si dice in questi luoghi. «A 13 anni cominciai a prendere lezioni dalla celebre maestra Scaglioni, poi fu Renzo Angiolucci ad insegnarmi le canzoni di Elvis e Paul Anka in inglese, era un po’ maccheronico, ma facevo il giro di tutti i locali. Io ho imparato così». Poi il successo precoce, C’era un ragazzo e tutto il resto, la via Emilia che sembra diventata la Route 66, e il sottile piacere di ritornare a Monghidoro, quel punto sull’Appennino. © RIPRODUZIONE RISERVATA

● 1. Gianni Morandi, 70 anni, di Monghidoro (Bologna) duetta durante il concerto per i terremotati dell’Emilia del 2012 con Gaetano Curreri di Bertinoro (Forlì-Cesena) ANSA

● 2. Il modenese Francesco Guccini, 74 AGF ● 3. Laura Pausini, ha 40 anni ed è di Solarolo (Ravenna) EPA ● 4. Luciano Pavarotti (Modena), Lucio Dalla (Bologna) e Zucchero (Reggio Emilia) con Vincenzo Mollica al Concerto di Modena del ‘92 ANSA ● 5. Vasco Rossi, 63 anni di Zocca (Modena) ANSA ● 6. Luciano Ligabue, 55 di Correggio

● Tanti artisti dell’Emilia Romagna hanno scritto inni o brani dedicati a campioni. Paolo Belli l’inno della Juve, Nek quello del Sassuolo, Mirko Casadei quello del Cesena. Dalla cantò Nuvolari e Senna, Curreri Pantani, Facchetti e Scirea, Ligabue cita Lele Oriali nella sua «Vita da mediano».

LA DINASTIA CASADEI E «ROMAGNA MIA»: SUCCESSO PLANETARIO ● Aurelio Casadei, detto Secondo, è il numero uno del liscio romagnolo. Nel 1954 compose «Romagna mia», un successo planetario. L’orchestra Casadei ha continuato ad intrattenere migliaia di persone con Raoul Casadei e oggi con Mirko Casadei, leader della «Mirko Casadei Beach Band»

LO ZECCHINO D’ORO E LO STORICO CORO DELL’ANTONIANO ● Lo Zecchino d’Oro, famoso Festival per bambini, è nato a Milano nel 1959, ma dal ‘61 si è trasferito al teatro Antoniano di Bologna. Nel ‘63 si è formato il Piccolo Coro dell’Antoniano, diretto dalla bolognese Mariele Ventre. Anche Cristina D’Avena, lanciata dallo Zecchino d’Oro («Il valzer del moscerino»), è di Bologna.


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