Approccio interdisciplinare per il restauro e l’efficientamento energetico dei centri storici

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BIMESTRALE

n. 2 - 2014

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ISSN 1129-3918 Poste Italiane Spa Spedizione in A.P. DL 353/03 (conv. Legge 46/04) art. 1, comma 1 DCB ROMA Anno XXII Numero 2 - 2014 Contiene I.P.

Architettura, Tecnica e Legislazione per Costruire

NEW ARCHITECTURE Vertical Farm Materiali per la riqualificazione degli edifici Realtà aumentata PROGETTARE ENERGIA

PROGETTARE SICUREZZA

FIFA WORLD CUP 2014

Certificatori energetici: nuovi requisiti e criteri

Responsabile dei Lavori: le criticità sulle competenze nel settore privato

Gli stadi sostenibili

PREZZI COSTI E DATI PER COSTRUIRE Costi della Manodopera di tutte le Province Italiane


RECUPERO

PROGETTARE

Trasformazioni compatibili e soluzioni tecniche e progettuali nel segno della continuità con le preesistenze

Restauro dei centri storici ed efficientamento energetico negli antichi edifici Nicola Santopuoli (a), Ilaria Pecoraro (b)

Il centro storico è inteso, nel significato corrente, come la parte di una città cui sono riconosciuti particolari valori ambientali, architettonici e di testimonianza storica, leggibili nella continuità strutturale del tessuto urbano. RESTAURO ED EFFICIENTAMENTO ENERGETICO (a) La città si può definire come un disegno ambientale e architettonico privo di purezza formale assoluta ma caratterizzato da una figurazione che ammette la possibilità di mutamenti e variazioni. Questa struttura richiede una lettura complessa che deve distinguere l’opera, il linguaggio architettonico, la manifestazione di gusto. Della città storica è necessario quindi, innanzitutto, riconoscere i caratteri e i rapporti connettivi che la caratterizzaL’articolo è frutto del lavoro comune dei due autori, tuttavia a N. Santopuoli si devono le parti dell’artcolo i cui titoli sono contrassegnati da (a) e a I. Pecoraro le parti i cui titoli sono contrassegnati da (b). NICOLA SANTOPUOLI, Sapienza, Università di Roma, CITERA. ILARIA PECORARO, Architetto, specialista in restauro dei monumenti.

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no per poterli preservare e valorizzare attraverso un’operazione conservativa condotta utilizzando nel modo più appropriato i principi che sono alla base della disciplina del restauro (Miarelli Mariani G.,1987), individuando le modalità più opportune per effettuare adattamenti e trasformazioni funzionali e impiantistiche che siano rispettose dei valori del patrimonio storico edilizio. Nel progetto di restauro deve emergere un impegno di doveroso rispetto della storia, nella consapevolezza che l’uso degli edifici presuppone l’adeguamento nel tempo alle esigenze degli uomini che lo usano. Sono questioni che il moderno restauro ha affrontato e che vengono ribadite nella Carta europea del patrimonio architettonico e nella Dichiarazione di Amsterdam (1975) sulla “conservazione integrata” riferita al rapporto tra monumento-città e tra restauro-funzioni appropriate1. 1 La Carta del Restauro di Venezia (1964) riporta all’art. 5 “La conservazione dei monumenti è sempre favorita dalla loro utilizzazione in funzioni utili alla società: una tale destinazione è augurabile ma non deve alterare la distribuzione e l’aspetto dell’edificio. Gli adempimenti pretesi dall’evoluzione degli usi e dei costumi devono essere contenuti entro questi limiti”. La Carta Europea del Patrimonio Architettonico (1975) all’art. 7 recita: “La conservazione integrata allontana le minacce. La conservazione integrata è il risultato congiunto della tecnica del restauro e della ricerca di funzioni appropriate”.

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Progettare Recupero Ogni edificio deve, quindi, godere di quei giusti miglioramenti e adeguamenti funzionali, anche in un’ottica di efficienza tecnologica ed energetica (Carbonara G., 2003; Carbonara G., 2007). L’edificio contemporaneo di nuova costruzione deve soddisfare molteplici requisiti di natura impiantistica, energetica ed elettronico-digitale. La casa odierna è una vera e propria “macchina da abitare” nella quale trovano locazione sistemi tecnologici atti a migliorare il comfort igrotermico, illuminotecnico, sonoro, idrico-fognario degli ambienti, mediante sistemi di domotica sempre più complessi. Se l’impiantistica domina la scena delle nuove architetture, anche le antiche strutture oggetto di recuperi funzionali sono sempre più interessate da processi di adeguamento-sostituzione-ammodernamento dei sistemi impiantistici e tecnologici. A partire dagli anni Novanta del secolo scorso, prima l’illuminotecnica e poi l’efficientamento energetico, che da qualche anno è diventato una delle esigenze primarie nel settore edilizio, hanno prepotentemente invaso il settore del restauro dei monumenti architettonici, al quale non si chiede più soltanto un intervento sulla materia di cui si compone l’opera d’arte ma anche il reinserimento dell’edifi-

cio nel mondo delle funzioni. Sistemi di gestione delle funzioni d’illuminamento e di controllo termoigrometrico e gassoso degli ambienti sono utilizzati da tempo in importanti monumenti dell’antichità: a titolo di esempio si citano gli interventi effettuati presso il Cenacolo di Leonardo da Vinci a Milano, la Cappella Sistina in Vaticano, la sala ottagona della Domus neroniana, il Planetarium delle Terme di Diocleziano a Roma, la cripta della Cattedrale di Troia in Puglia. Già da tempo, presso la Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio, “Sapienza” Università di Roma, la disciplina della fisica ambientale applicata al restauro viene insegnata agli specializzandi, partendo dal presupposto che gli edifici antichi, pur caratterizzati da materiali e soluzioni tecniche costruttive tradizionali, possono rispondere positivamente in termini di rendimento energetico. L’interdisciplinarità si pone, entro il principio dell’unità di metodo nel restauro, quale strumento principale per coordinare in maniera coerente ed esaustiva le diverse competenze necessarie allo studio e alla definizione degli interventi (Carbonara G., 2007). Va tuttavia considerato che, spesso, la destinazione d’uso originaria era molto diversa da quella di progetto; ciò

rende necessario conciliare le esigenze connesse alla conservazione dell’edificio con quelle, attuali, dettate dalle richieste di comfort avanzate dalla società. Si tratta, quindi, di effettuare trasformazioni che siano compatibili con la salvaguardia dei caratteri storici e culturali dell’edificio antico e del suo contesto storico e ambientale. Pertanto, la corretta lettura di questi caratteri diventa indispensabile per individuare soluzioni tecniche e progettuali che si pongano in continuità con le preesistenze, garantendo anche il necessario adeguamento impiantistico e l’efficientamento energetico (de Santoli L. 2010). Il presente contributo illustra i risultati di un complesso progetto di ricerca interdisciplinare sul centro storico di Ceglie Messapica (BR) che hanno portato alla redazione di linee guida per il restauro critico-conservativo dei trattamenti di superficie dell’edilizia storica. La decisione dell’Amministrazione comunale di rivolgersi al CITERA (Centro Interdipartimentale Territorio Edilizia Restauro Ambiente) della “Sapienza” Università di Roma, centro d’eccellenza interdisciplinare che comprende le diverse competenze specialistiche, ha permesso l’avvio di una ricerca che ha potuto affrontare globalmente i diversi aspetti storicoarcheologici, tecnico-costruttivi e paesaggistico-ambientali del centro

Fig. 1 - Ceglie Messapica, veduta panoramica del centro storico

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Progettare Recupero storico2. Nell’ambito del progetto di ricerca, ed in particolare per quel che riguarda la valutazione energetica del patrimonio edilizio esistente, sono stati avviati studi sperimentali incrociati riguardanti il possibile utilizzo combinato di termografia e scansione laser 3D e la Computational Fluid Dynamics (CFD) per lo studio della dinamica del microclima all’interno degli edifici, al fine di ottimizzare la ventilazione naturale o l’utilizzo di impianti di condizionamento. I caratteri tecnico-costruttivi delle architetture nel centro storico di Ceglie Messapica (Brindisi) (b) Le tecniche costruttive tradizionali cegliesi reiterano gli stessi dettami costruttivi propri della terra salentina, già da tempo oggetto di molteplici pubblicazioni specialistiche3. Tali regole sono state adattate alla natura più compatta e resistente della pietra calcarenitica locale, meno friabile di quella leccese. Dal punto di vista tecnico-costruttivo, le sezioni murarie e i sistemi voltati di età moderna sono realizzati a secco e a sacco, su un massimo di tre livelli fuori terra, mentre i sistemi voltati sono del tipo a stella leccese e a botte. Ampie sezioni murarie e notevole inerzia terFig. 2 - Ceglie Messapica, porta urbana della città caratterizzata da ampie sezioni murarie tinte a latte di calce 2 Il progetto di ricerca dal titolo “Studi, indagini e definizione del regolamento guida per la conservazione delle coloriture e delle superfici architettoniche di Ceglie Messapica” è stato sviluppato dal Centro Interdisciplinare Territorio Edilizia Restauro Ambiente CITERA, “Sapienza” Università di Roma (direttore: Prof. Ing. Livio de Santoli; responsabile scientifico: Prof. Arch. Nicola Santopuoli, Arch. Ilaria Pecoraro, Ph. D., specialista in restauro dei monumenti e libero professionista) e su incarico dell’Amministrazione comunale di Ceglie Messapica è stato redatto nel 2012 il “Piano del Colore” finalizzato alla definizione delle “Linee guida per il trattamento delle superfici murarie del centro storico di Ceglie Messapica”. 3 Per un approfondimento sullo studio delle tecniche costruttive tradizionali si veda: Ilaria Pecoraro, 2003, pp. 51-66; id., in “Arkos”, 6/2004, pp. 52-61; id., 2004, in www.nardinirestauro.it/pubblicazioni_ atti.asp; id., 2005, pp. 119-132; id., pp. 5-81; id., in «Materiali e strutture. Problemi di conservazione», n.s. II, 3-4/2004, pp. 62-87; id., 2010; www. forumcalce.it.

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mica contraddistinguono la natura geometrica e fisica di queste semplici scatole murarie, fondate sulla roccia. Le sezioni murarie ospitano un nucleo murario realizzato “a secco” con schegge informi, pietruzze e terra; i paramenti esterni e interni sono apparecchiati lungo filari pseudoregolari di conci sbozzati di forma parallelepipeda e di altezza (linea) variabile (2226 cm) in funzione delle cave locali di provenienza. Tra i filari non viene impiegata la malta strutturale ma una maltina magra di calce e polvere di pietra. Ogni paramento è intonacato

con una malta di calce con altissimo potere idraulico (detta cazzafitta) e rifinita con un latte di calce dato a pennello a più strati, reiterati nei secoli. Dalla lettura della tecnica costruttiva locale si evince un uso specializzato di pochi materiali poveri: la pietra locale calcarenitica, la calce, la terra, la polvere di marmo. Si tratta esclusivamente di materie prime dell’edilizia autoctone, tutte a chilometro zero. La città di Ceglie Messapica (Brindisi) si trova a circa 300 m s.l.m., sulle ultime propaggini della bassa Murgia, al confine con la Valle d’Itria a

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Fig. 3 - Ceglie Messapica, pietra calcarenitica locale posta a secco lungo subricorsi orizzontali (Foto di I. Pecoraro, 2012)

Nord-Ovest e con i territori adriatici di Ostuni, Cisternino, San Michele Salentino e Francavilla Fontana. Il nucleo antico, noto con il toponimo “la Terra”, si sviluppa all’interno della cinta muraria messapico-medievale, sulla cima del colle che ospita le emergenze architettoniche monumentali del Castello e della Chiesa Matrice, occupando una superficie di circa 5 ettari. La città storica abbraccia anche le aree esterne alle mura urbane, abbarbicate all’interno dell’antico insediamento messapico, lungo il versante orientale brindisino e lungo il crinale occidentale tarantino. Il tessuto edilizio medievale, molto interessante dal punto di vista tipologico e formale, è adiacente ai rioni costruiti in età moderna, extra moenia, che si snodano lungo percorsi carrabili e pedonali di crinale e ad alcune direttrici viarie di origine preclassica. La storia della città di Ceglie Messapica, come rammenta la sua stessa in20

titolazione, ha attraversato varie fasi, a partire da epoche preclassiche, fino ai nostri giorni, come testimoniano eccezionali resti archeologici studiati

dalla Dott.sa Cocchiaro (i paretoni, le specchie e le necropoli), i monumenti architettonici difensivi (le concentriche mura megalitiche messapiche) e le diffuse strutture architettoniche di età medievale e moderna (secoli XIVXIX) (Cocchiaro, 1998). Nel centro storico di Ceglie Messapica ogni edificio si configura non solo come casa a schiera, palazzo, insieme di unità abitative atte a soddisfare i fabbisogni insediativi residenziali, ma anche come un frammento di memoria, insostituibile tassello del mosaico urbano che concorre a definire l’armonia di un insieme, allargando la sfera delle estetiche fruibilità. Questa coralità d’intenti culturali che accomuna tutta l’edilizia storica della città viene trasmessa in estradosso soprattutto mediante il colore dei trattamenti di superficie delle architetture medesime, lì dove, per colore della città, non si vuole intendere, esclusivamente, la tinta dello scialbo di calce dato a pennello sulle superfici murarie esterne, quanto anche la compresenza di elementi di arredo e di verde pubblico-privato, la cui ubicazione può migliorare o

Fig. 4 - Campagna della Valle d’Itria, statue votive e case “a trullo” tinte a calce

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Fig. 5 - Ceglie Messapica, vista di un vicolo del centro storico in cui il paramento presenta una pelle che è la superficie muraria allattata a calce o in pietra calcarenitica

mortificare la fruizione visiva e d’insieme del paesaggio urbano costruito dalla storia. Nel rione Terra l’edilizia minore è la protagonista dell’organizzazione scenica dell’ambiente urbano, con il suo aspetto coerente e omogeneo, accomunato da un minimo comune denominatore che è lo scialbo di calce contrapposto ai prospetti di pietra squadrata lasciata a vista delle grandi emergenze monumentali del Castello e della Chiesa Matrice. Il maggiore pregio di tali architetture dette “minori” non deriva dal corredo stilistico che pure interviene a impreziosire talune espressioni, quanto all’attenzione riservata al sistema aggregativo, di fusione e rifusione dei corpi di fabbrica. Tutti questi, nel loro insieme, oltre a soddisfare il bisogno di rifugio abitativo, forniscono una risposta estetica omogenea e condivisa: le superfici murarie private ma pubbliche, che concorrono con il proprio andamento e colore all’organizzazione scenica di brani di città.

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Fig. 6 - Ceglie Messapica, vista del centro storico con particolare di palazzo Chirico caratterizzato da una superficie muraria allattata a calce (XVIII Sec.)

Tale connotazione rende piacevole la frequentazione dell’ambiente urbano storico, costruito da ciascuno per tutti, condiviso da tutti con tutti. Questo carattere accomuna il centro storico di Ceglie Messapica a quello di Cisternino, Martina Franca e Ostuni, per i quali a lungo, già negli anni Settanta del XX secolo, si è parlato di un’organizzazione urbanistica sorta in funzione della “cultura del vicinato”, l’attitudine propria della gente pugliese a vivere aggregata intorno a corti, vicoli e “pareti” allettati a calce. La pietra a vista riveste attualmente le emergenze monumentali (Castello, Chiesa Matrice, Chiesa di San Gioacchino, Chiesa di San Rocco, Chiesa di San Demetrio, alcuni palazzi setteottocenteschi), mentre la matrice a latte di calce, pigmentata e non, vela le superfici murarie dell’edilizia storica minore, componente il tessuto edilizio di base di tutto il centro storico sia medievale che moderno e primo novecentesco.

L’edilizia storica è contraddistinta da elementi di facciata come le curviedde (anelli di pietra posti al lato delle finestre); le mensoline ai lati delle finestre; i pontoni (archetti di scarico fra murature parallele tra loro, posti quale presidio antisismico); i mignani (ingressi aperti, coperti da scale che si attorcigliano su se stesse per dare accesso a un pianerottolo mezzano dal quale le donne potevano affacciarsi in strada senza esporsi); le scalette al piano terra; i pergolati; i portali in pietra finemente scolpiti; le mensole reggi balconi scolpite in pietra; i sottopassi “girati” a volta o “a lamia”, spesso arricchiti da edicole votive affrescate sull’intonaco a calce. Raramente si rileva l’uso di materiale antico di recupero. A mezza strada tra le architetture maggiori e quelle minori, si collocano le fabbriche residenziali della borghesia colta che, pur non facendo ricorso alla connotazione stilistica, ne riepilogano elementi decorativi, nell’impiego delle mensole di appoggio angolari, che costituiscono con la

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Fig. 7 - Ceglie Messapica, porta urbana della città caratterizzata da ampie sezioni murarie il cui paramento presenta una tinta a latte di calce

varietà delle loro connotazioni, una delle più presenti caratterizzazioni dell’arredo urbano della Ceglie Messapica intramurale. Linee guida per gli interventi conservativi sulle superfici architettoniche del centro storico di Ceglie Messapica (b) A conclusione della prima fase del complesso progetto di ricerca è stato elaborato il Piano del Colore della città di Ceglie Messapica con le relative Norme Tecniche d’Attuazione (NTA) avendo come obiettivo la conservazione delle tecniche costruttive tradizionali di finitura, la tutela e la salvaguardia tipologica, morfologica ed estetica delle quinte architettoniche e paesaggistiche della città storicizzata. Con le NTA sono state redatte le Linee Guida per gli interventi conservativi sulle superfici architettoniche in cui sono definiti i metodi progettuali per gli interventi sulle superfici e sugli elementi di facciata nel Centro Storico e dell’adiacente zona urbana d’interesse ambientale, dettando, per ogni intervento, norme specifiche, 22

criteri, metodologie, indirizzi e cromatismi da conservare, reintegrare. Le Linee Guida sono state redatte nella convinzione che fosse necessario instaurare un processo di recupero virtuoso della città e della sua campagna, attraverso il riuso dell’architettura minore. Il controllo della qualità e della compatibilità degli interventi proposti con la “conservazione dell’immagine” delle quinte prospettiche monumentali del rione Terra, se condotti secondo i dettami del restauro, possono incrementare il valore economico del patrimonio architettonico La disciplina introdotta dal Piano del Colore è utilissima e necessaria, prima di tutto, come proposta metodologica, quadro disciplinare di riferimento e indirizzo progettuale ma, anche, per impedire ulteriori stravolgimenti, pochi o molti che possano essere, e comunque per coordinare, pianificare, controllare, censire, monitorare e, quando necessario, correggere e sanzionare gli interventi sulle presistenze riconducendoli entro binari di correttezza metodologica, incoraggiando e

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incentivando tutte le forme virtuose di uso e riuso rispettose e corrette, di conservazione dell’immagine storicizzata della città. In sintesi, le Linee Guida redatte all’interno di questo progetto di ricerca hanno come principali finalità: 1) la conservazione del patrimonio architettonico materiale, fatto di pietra, calce pigmentata e non, terra e coppi, integrata dal processo attivo e passivo d’efficientamento energetico; 2) la conservazione dei trattamenti superficiali e delle patine di ogni organismo architettonico antico, motivandone la conservazione in forza della convinzione che siffatti elementi e materiali, (in quanto portatori dei segni e delle stratificazioni che la storia ha loro impresso) caratterizzano, qualificandola, sia l’immagine della città intra moenia, sia l’immagine extra moenia del paesaggio agrario, degli orti periurbani e delle distese a valle di quercia vallonea; 3) la diffusione e la condivisione delle conoscenze tecnico-pratiche acquisite, delle buone prassi costruttivo-manutentive, a fronte di studi scientifici compiuti e di attività svolte nei cantieri-pilota; 4) l’indicazione di un metodo d’intervento razionale e critico, fondato sullo studio della storia dell’architettura del luogo e dei suoi monumenti, quale azione propedeutica all’elaborazione di adeguati strumenti legislativi, indirizzati alla salvaguardia del patrimonio edilizio storico minore, urbano ed extra urbano. Dal restauro criticoconservativo alla promozione dell’efficientamento energetico nelle architetture in pietra dell’Alto Salento (b) La storia dell’architettura e delle tecniche costruttive insegna che da

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Progettare Recupero sempre ogni civiltà ha usato i materiali che il sottosuolo ha offerto a chilometro zero e le relative qualità chimico-fisico-meccaniche. In tal modo sono nate tecniche costruttive locali, affinate nel corso dei secoli reiterando fenomeni costruttivi di lunga durata e perfezionandone le qualità strutturali, igrotermiche ed estetiche. Questo processo, promosso da ogni “impresa edilizia”, ha trovato nella terra salentina una felice risposta nel sapiente uso della buona calce aerea, prodotta in situ già in età pre-classica. Nei millenni si è constatato come il grassello di calce sia materiale prezioso per infiniti usi tecnico-architettonici: ottimo materiale di finitura superficiale, igienico, semplice da stendere con pennello, pigmentabile, compatibile con il substrato lapideo col quale creare un particolare sistema murario e di orizzontamento. Questa tecnica costruttiva, già nota come sistema “a secco”, è unica nel suo genere, economica e soprattutto efficientissima dal punto di vista energetico, in virtù della particolare tecnica di posa in opera di ogni singolo elemento lapideo, rivestito da strati sottilissimi di latte di calce. Partendo da queste conoscenze pre-

gresse, il presente progetto di ricerca ha promosso un metodo di lettura storico-critica dei trattamenti superficiali a calce del tessuto edilizio storico cegliese, al fine di garantire la conservazione dei suoi particolari caratteri formali e storici e delle eccellenti risposte termico-energetiche. Gli esiti del progetto di ricerca e delle sperimentazioni da anni attuate in cantiere hanno consentito di elaborare il primo “Piano del Colore” in cui il restauro critico-conservativo contempla e promuove l’efficientamento energetico passivo degli edifici antichi, tramite la conservazione dei caratteri costruttivi tradizionali. Il Piano del Colore è dotato di specifica normativa per la sua attuazione. Essa è distinta in due parti: Le “Norme Tecniche d’Attuazione” (NTA), che disciplinano tutti gli interventi edilizi di restauro critico e di restauro sulle facciate, integrando e sostituendo, per quanto non compatibile, gli articoli del PF e delle Norme Tecniche d’Attuazione vigenti; le “Linee Guida al Restauro” (LGR), che orientano e disciplinano le metodologie, le tecniche e i materiali da adottarsi negli interventi di restauro delle facciate e delle superfici relative a spazi pubblici e privati, con

riferimento ai più recenti indirizzi e criteri, nel rispetto delle Raccomandazioni UniNorMal, delle specificità dell’architettura storica locale e delle Carte del Restauro. Nel progetto le norme e i criteri d’intervento sono inseriti in un programma di ricerca interdisciplinare in cui l’aspetto energetico-ambientale, fondato su criteri di biosostenibilità, efficienza energetica e risparmio energetico si coniugano imprescindibilmente con i principi fondanti ogni restauro critico-conservativo-integrato. Ricerche sperimentali sullo studio del microclima mediante analisi numerica (CFD: Computational Fluid Dynamics) e integrazione fra termografia e scansione laser 3D (a) Negli ultimi anni la Computational Fluid Dynamics (CFD) è diventata uno strumento comune nella progettazione di nuovi edifici (de Santoli, Mariotti, 2011). Molti esempi si possono trovare in letteratura, dove la CFD è stata applicata a diversi temi di progettazione come la ventilazione interna ed il comfort termico. La maggior parte degli sforzi di ricerca sono stati diretti verso il miglioramento del microclima all’in-

Fig. 8 - Chiesa della Natività di Betlemme, risultati dell’elaborazione numerica con evidenziati i contorni della temperatura (° C) sul piano orizzontale ad una quota di 1,5 m dal pavimento: sulla sinistra è presentato il caso con le finestre e le porte chiuse, mentre sulla destra con le finestre e le porte aperte. Simulazione numerica realizzata con il software FLUENT©, integrato con un innovativo programma, denominato TOMMIE©, sviluppato alla Stanford University per una efficiente generazione di mesh tridimensionali in ambienti complessi

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Fig. 9 - Ceglie Messapica, esemplificazione di alcuni campioni di pitture murali presenti sotto lo strato della tinta a latte di calce (Foto: N. Santopuoli, 2012)

terno di edifici di nuova costruzione, ma attualmente si sta sempre più diffondendo anche lo studio del microclima di edifici storici. Ad esempio, in un articolo in preparazione (Rossi et al.), vengono descritti i risultati di una simulazione numerica dell’evoluzione dei flussi di aria e delle temperature dell’ambiente interno nella Basilica della Natività di Betlemme, che rappresenta un luogo simbolo per tutta la cristianità e, quindi, soggetto ad un continuo e rilevante flusso di fedeli che, inevitabilmente, condizionano fortemente il relativo microclima. Uno degli obiettivi principali della ricerca è stato quello di simulare l’impatto dell’apertura delle finestre, che può rappresenta24

re una delle strategie più semplici ma efficaci per migliorare il comfort termico durante le ore di visita (de Santoli L., 2010). Ad esempio, si possono notare in figura 8 i risultati dell’elaborazione numerica con evidenziati i contorni della temperatura (° C) sul piano orizzontale ad una quota di 1.5 m dal pavimento: sulla sinistra è presentato il caso con le finestre e le porte chiuse, mentre sulla destra con le finestre e le porte aperte4. 4 Va evidenziato come dopo i primi positivi risultati si sta sviluppando il modello, anche sulla base dei dati microclimatici ottenuti con opportune campagne di misura, in modo da ottenere previsioni più affidabili, in particolare con riferimento ai fenomeni di formazione di condensa sulle superfici dei mosaici e delle pitture murali.

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Attualmente l’uso della termografia rappresenta una diffusa metodologia d’indagine non distruttiva in molti campi di applicazione come, ad esempio, l’ingegneria industriale e civile, il patrimonio culturale, la medicina e così via. Infatti i sistemi termografici ad infrarossi sono in grado di rilevare irregolarità sub-superficiali e caratteristiche dei materiali sulla base della temperatura superficiale ma, in molte situazioni, i risultati sono solo di tipo qualitativo. Per superare questo problema un campo di ricerca promettente è legato alla definizione di un termogramma 3D (Lucchi, 2013). In altri termini, dato un particolare oggetto, vengono integrati insieme i dati geometrici sulla forma, acqui-

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Progettare Recupero siti con una elevata precisione, con i dati termici superficiali mediante diverse metodologie, che in questa sede non è possibile approfondire (Lucchi, 2013) e si può arrivare ad attribuire un “corretto” valore di temperatura indipendentemente dal punto di vista dell’acquisizione, ad ogni punto riconoscibile della superficie in esame. In definitiva nella conservazione dei caratteri costruttivi tradizionali lo sviluppo combinato di campagne di indagini microclimatiche, insieme a simulazioni numeriche, può rappresentare un efficace supporto per il controllo ed il miglioramento del microclima negli edifici antichi e riscoprire l’efficientamento energetico passivo.

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PER APPROFONDIRE CARBONARA, G., 1999, Restauro Architettonico, UTET, Torino CARBONARA G., 2007, Due questioni aperte: strutture e impianti, in “L’architetto italiano”, IV, 20, pp. 26-31 CARBONARA G., 2003, Restauro Architettonico e Impianti, UTET Torino CARBONARA G., 2004, Atlante del restauro architettonico, UTET Torino COCCHIARO A., 1998, Messapica Ceglie, Ceglie Messapica de Santoli L., 2001, Il benessere termoigrometrico, CEA, Milano DE SANTOLI, L., MARIOTTI M., 2011 La ventilazione naturale, Flaccovio, Palermo MIARELLI MARIANI G., Centri storici, note sul tema, Scuola di specializzazione per lo studio ed il restauro dei monumenti, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, (Strumenti 6), Roma 1987 PECORARO I., 2003, Las bovedas estrelladas del Salento. Una arquitectura a caballo entre la Edad Media y la Edad Moderna, in Mira E., Zaragozà Catalan A. (a cura di), Una arquitectura gòtica mediterrà-

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nea, Valencia, Spain, II vol., pp. 51-66 PECORARO I., 2004, Architetture salentine a conci squadrati dei secoli XV-XVIII. Anomalie e uniformità dimensionali dei conci lapidei in cava e in cantiere, in «Arkos», n. 6, pp. 52-61 PECORARO I., 2004, Il progetto del “minimo intervento” nel restauro delle costruzioni rurali della campagna salentina, Convegno ARKOS 2004, Siena, in www.nardinirestauro.it/pubblicazioni_atti.asp. PECORARO I., 2004, Architettura di età moderna in Terra d’Otranto. Tipi murari e meccanismi di collasso, in «Materiali e strutture. Problemi di conservazione», n.s. II, 3-4/2004, pp. 62-87; id., 2005, Zetetike’. Metodi di lettura e problemi di conservazione delle tecniche costruttive in terra d’Otranto, edizione Amici della ‘A. De Leo’, Brindisi, pp. 5-81 SANTOPUOLI N., SECCIA L., 2008, Il rilievo del colore nel campo dei beni culturali, in Carbonara G., “Trattato di Restauro Architettonico”. Secondo aggiornamento, UTET, Torino, vol. X, pp. 141-163

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