IL CONCETTO DI PAESAGGIO NELLA NORMATIVA ITALIANA

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temi e problemi per un percorso internazionale di conoscenza

Le tematiche dei contributi dovrebbero evidenziare lo stato attuale delle conoscenze e delle tecniche dal punto di vista della conservazione e valorizzazione del Patrimonio di interesse storico architettonico, urbano, ambientale e paesaggistico. L’obiettivo principale è quello di sottolineare i temi della conservazione, del restauro e del riuso di edifici storici, di centri monumentali e del paesaggio dai seguenti punti di vista: 1. Criteri e modalità di intervento in tempo di crisi. La conservazione del Patrimonio può subire potenziali rischi naturali e antropici. L’obiettivo è la condivisione di diverse prospettive, metodologie e pratiche che permettano di rispondere alle situazioni “di crisi” e di garantire una appropriata conservazione del nostro Patrimonio. 2. Tecnologie e metodologie operative per la conservazione. L’obiettivo è la valutazione di differenti conoscenze e aggiornate pratiche e tecniche di consolidamento e riabilitazione strutturale, per la valutazione di tutti gli aspetti legati alla compatibilità dell’intervento strutturale e architettonico, al bilancio energetico e ai valori fondamentali del Patrimonio edilizio esistente. 3. La vita negli edifici e nelle città storiche. Nuove idee e concetti di compatibilità di uso sono essenziali per promuovere e garantire la conservazione e il riuso del Patrimonio architettonico e urbanistico all’interno dei centri storici nel quadro del contesto urbanistico contemporaneo. 4. Nuove considerazioni per l’utilizzo e la valorizzazione dei monumenti. È necessario rivedere l’utilizzo di molti dei nostri monumenti, andati in crisi anche per eccesso o carenza di flussi turistici. Appare oggi importante rivedere la compatibilità di alcune applicazioni sul nostro patrimonio e delle relative funzioni. 5. La fruizione del Patrimonio: itinerari culturali e paesaggio. Paesaggi e centri storici sono costituiti da una somma di valenze e di elementi eterogenei che compongono sistemi complessi: centri abitati, strade, percorsi, ambienti. Tutti questi elementi devono essere documentati e protetti per preservare il pieno valore del nostro Patrimonio in tutta la sua estensione, sia fisica che culturale.

temi e problemi per un percorso internazionale di conoscenza

LA CULTURA DEL RESTAURO E DELLA VALORIZZAZIONE

LA CULTURA DEL RESTAURO E DELLA VALORIZZAZIONE

2° Convegno Internazionale sulla documentazione, conservazione e recupero del patrimonio architettonico e sulla tutela paesaggistica

1 REUSO Voll. I-III € 60,00

LA CULTURA DEL RESTAURO E DELLA VALORIZZAZIONE temi e problemi per un percorso internazionale di conoscenza

a cura di

Stefano Bertocci Silvio Van Riel


2째 Convegno Internazionale sulla documentazione, conservazione e recupero del patrimonio architettonico e sulla tutela paesaggistica

La cultura del restauro e della valorizzazione. Temi e problemi per un percorso internazionale di conoscenza

A cura di: Stefano Bertocci Silvio Van Riel


La presente pubblicazione è stata valutata con il metodo della “duble blind pier review“ da esperti nel campo dell’architettura e del restauro. Le fonti e le informazioni che si trovano all’interno degli specifici lavori sono state verificate dalla commissione di valutazione. La commissione di valutazione è stata selezionata dal comitato scientifico della conferenza tra gli studiosi più esperti nelle rispettive tematiche del convegno. Tale metodo è stato scelto per prevenire la diffusione di risultati irrilevanti o interpretazioni scorrette. La redazione ringrazia tutti coloro che hanno contribuito con il loro lavoro al Convegno Internazionale Reuso e dato l’autorizzazione per la pubblicazione. I curatori, l’editore, gli organizzatori ed il commitato scientifico non possono esser ritenuti responsabili nè per il contenuto nè per le opinioni espresse all’interno degli articoli. Inoltre gli autori hanno dichiarato che i contenuti delle comunicazioni sono originali e, qualora richiesta, hanno la relativa autorizzazione a includere, utilizzare o adattare citazioni o tabelle e illustrazioni provenienti da altre opere.

Responsabile del progetto editoriale: Giovanni Minutoli Editing: Matteo Bigongiari, Sara Bua, Antonietta Milano © copyright Alinea Editrice s.r.l. – Firenze 2014 50144 Firenze, via Pierluigi da Palestrina, 17 /19 rosso tutti i diritti sono riservati: nessuna parte può essere riprodotta in alcun modo (compresi fotocopie e microfilms) senza il permesso scritto dalla Casa Editrice ISBN 978-88-6055-829-9 Finito di stampare nell’ottobre 2014 Stampa: Global Print – Gorgonzola (Milano) www.globalprint.it Realizzato e distribuito da: Altralinea Edizioni s.r.l. – Firenze +39 55 333428 info@altralinea.it www.altralineaedizioni.it


La cultura del restauro e della valorizzazione.

Temi e problemi per un percorso internazionale di conoscenza

Il Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze e l’Escuela Técnica Superior de Arquitectura dell’Universidad Politécnica de Madrid propongono la realizzazione di un convegno internazionale sui temi della Documentazione, Conservazione e Restauro del patrimonio architettonico, dei centri storici e della Tutela paesaggistica, facendo seguito al 1° convegno internazionale organizzato a Madrid dal 20 al 22 giugno 2013. Il convegno, anche in riferimento agli indirizzi disciplinari accademici, è articolato in cinque tematiche: 1) Criteri e modalità di intervento in tempo di crisi. La conservazione del Patrimonio può subire potenziali rischi naturali e antropici. L’obiettivo è la condivisione di diverse prospettive, metodologie e pratiche che permettano di rispondere alle situazioni “di crisi” e di garantire una appropriata conservazione del nostro Patrimonio . 2) Tecnologie e metodologie operative per la conservazione. L’obiettivo è la valutazione di differenti conoscenze e aggiornate pratiche e tecniche di consolidamento e riabilitazione strutturale, per la valutazione di tutti gli aspetti legati alla compatibilità dell’intervento strutturale e architettonico, al bilancio energetico e ai valori fondamentali del Patrimonio edilizio esistente. 3) La vita negli edifici e nelle città storiche. Nuove idee e concetti di compatibilità di uso sono essenziali per promuovere e garantire la conservazione e il riuso del Patrimonio architettonico e urbanistico all’interno dei centri storici nel quadro del contesto urbanistico contemporaneo. 4) Nuove considerazioni per l’utilizzo e la valorizzazione dei monumenti. E’ necessario rivedere l’utilizzo di molti dei nostri monumenti, andati in crisi anche per eccesso o carenza di flussi turistici. Appare oggi importante rivedere la compatibilità di alcune applicazioni sul nostro patrimonio e delle relative funzioni. 5) La fruizione del Patrimonio: itinerari culturali e paesaggio. Paesaggi e centri storici sono costituiti da una somma di valenze e di elementi eterogenei che compongono sistemi complessi: centri abitati, strade, percorsi, ambienti. Tutti questi elementi devono essere documentati e protetti per preservare il pieno valore del nostro Patrimonio in tutta la sua estensione, sia fisica che culturale. Sito ufficiale: http://reusofi.wix.com/reuso Stefano Bertocci, Mario De Stefano, Maurizio De Vita, Fauzia Farneti, Giovanni Minutoli, Susana Mora Alonso-Muñoyerro, Silvio Van Riel


Comitato organizzatore: Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze Prof. Silvio Van Riel Prof. Stefano Bertocci Prof. Fauzia Farneti Prof. Maurizio De Vita Prof. Mario De Stefano PhD. Arch. Giovanni Minutoli Escuela Técnica Superior de Arquitectura de la Universidad Politécnica de Madrid Prof. Susana Mora Alonso-Muñoyerro Federazione Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori Toscani Arch. Paola Gigli

Segreteria scientifica: PhD. Arch. Monica Lusoli Arch. Francesco Pisani Arch. Linda Puccini

Segreteria organizzativa: Valerio Alecci Sara Bua Monica Lusoli Francesco Pisani Linda Puccini Elena Juárez Alonso Pablo Alejandro Cruz Franco Pablo Fernández Cueto Mónica Fernández de la Fuente Patricia González Amigo Marcos Hernanz Casas Ignacio Mora Moreno Natalia Rubio Camarillo Adela Rueda Màrquez de la Plata Jesus Sanchez Arenas


Comitato d’onore: Alberto Tesi, (Magnifico Rettore, Università degli Studi di Firenze) Carlos Conde Lázaro (Rector Magnífico, Universidad Politécnica de Madrid) Saverio Mecca (Professore e Direttore, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Firenze) Luis Maldonado Ramos (Catedrático y Director, ETSAM. UPM) Alfonso García Santos (Catedrático y Director, DCTA. ETSAM. UPM) Javier Gª-Guitiérrez Mosteiro (Catedrático y Director, Master en Programa de Conservación, ETSAM. UPM) Mario Augusto Lolli Ghetti (Dirigente Generale, Ministero per i Beni e le Attività Cultarali) Cristina Acidini (Soprintendente, Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Art. ed Etn. e per il Polo Museale della città di Firenze) Alessandra Marino (Soprintendente, Soprintendenza per i Beni Arch., Paesaggistici, Storici, Artistici ed Etn. per le province di Firenze, Pistoia e Prato) Ildefonso Muñoz Cosme (Subdirector General, Instituto de Patrimonio Cultural de España) Maurizio De Stefano (Presidente, ICOMOS Italia) Mª Rosa Suarez-Inclan Ducassi (Presidenta, ICOMOS España) Luigi Zangheri (Presidente, Accademia delle Arti del Disegno Firenze) Fernando Ledesma Bartret (Presidente, Real Fundación Toledo) Giovanni Carbonara (Professore, Università La Sapienza Roma) Marco Dezzi Bardeschi (Professore, Politecnico di Milano) Marcello Fagiolo (Professore, Università La Sapienza Roma) Francesco Gurrieri (Professore, Università degli Studi di Firenze) Andrzej Kadluczka (Professore, Università Politecnica di Cracovia)


Comitato scientifico: Jesús Anaya Díaz (Universidad Politécnica de Madrid) Mario Bevilacqua (Università degli Studi di Firenze) Fauzia Farneti (Università degli Studi di Firenze) Silvio Van Riel (Università degli Studi di Firenze) Stefano Bertocci (Università degli Studi di Firenze) Diego Cano-Lasso Pintos (Universidad San Pablo CEU) Antonio Conte (Università degli Studi di Basilicata) Riccardo Dalla Negra (Università degli Studi di Ferrara) Francesco Doglioni (Università IUAV di Venezia) Julian Esteban Chapapría (Arquitecto. Comunidad Valenciana) Marco Antonio Garcés Desmaison (Arquitecto. Castilla y León) Antoni González Moreno-Navarro (Arquitecto. Cataluña) Antonella Guida (Univesità degle Studi della Basilicata) Raffaella Lione (Università degli Studi di Messina) Mario Manganaro (Università degli Studi di Messina) Juan Monjo Carrió (Universidad Politécnica de Madrid) Stefano Francesco Musso (Università degli Studi di Genova) Andrea Nanetti (School of Art, Design & Media, Nanyang Technological University, Singapore) Maricruz Pailles (Instituto Nacional de Antropología e Historia,Consejo Nacional para la Cultura y las Artes, Mexico) Luis Palmero Iglesias (Universidad Politécnica de Valencia) Salvador Pérez Arroyo (Universidad Politécnica de Madrid) Luis Pérez de Prada (Arquitecto. Madrid) Ángel Pizarro Polo (Universidad de Extremadura) Giuseppina Carla Romby (Università degli Studi di Firenze) Riziero Tiberi (Università degli Studi di Firenze) José Miguel Rueda Muñoz de San Pedro (Arquitecto Madrid) Javier Saenz Guerra (Universidad San Pablo CEU) Jolanta Sroczynska (Universidad Politécnica de Cracovia)


SOMMARIO Volume 1 Presentazioni

27

Tema 1 Criteri e modalità di intervento in tempo di crisi. La conservazione del Patrimonio può subire potenziali rischi naturali e antropici. L’obiettivo è la condivisione di diverse prospettive, metodologie e pratiche che permettano di rispondere alle situazioni “di crisi” e di garantire una appropriata conservazione del nostro Patrimonio Dal restauro ad ‘oltre’ il restauro: questioni aperte M. P. Sette

43

Proposta di una metodologia di approccio speditiva per la salvaguardia degli edifici in aggregato appartenenti ai centri storici in zona sismica G. Cardani, P. Giami, P. Belluco, L.Binda

51

Imparare dalle crisi: la lezione del dopoguerra nella città storica contemporanea D. R. Fiorino

59

Morphological and mechanical features of the masonries of Casentino and Sant’Susanio Forconese (l’Aquila) V. Alecci, M. De Stefano, L. Rovero, U. Tonietti

67

La chiesa di Santa Maria del Rifugio a Beffi (AQ): studi, analisi e progetto di restauro G. Minutoli

75

Basilica di Santa Maria di Collemaggio a l’Aquila: la lettura delle murature al servizio del restauro B.A. Vivio

83

Il sisma del 20 e 29 maggio 2012 nel modenese. Alcune considerazioni sui danni all’edificato a seguito dell’indagine nei comuni di medolla e San Possidonio S. Van Riel

91

La chiesa di San Possidonio nella bassa modenese: la storia dei restauri e i danni provocati dal sisma del 2012 F. Farneti

99

Gli edifici storici in situazione di “crisi”: la scuola elementare in piazza Andreoli a San Possidonio (Modena) M. Lusoli

107


Possibility of a new use of the heritage relics of pre-romanesque rotunda and palatium in Przemysl in Poland K. Stala

1061

Protection of cultural identity of new districts of Tarnów as the heritage of the industrial development of the city between the two World Wars. B. Zin

1069

Il restauro e il riuso di preesistenze come musei di prodotti enogastronomici per la valorizzazione dei centri storici V. Bernardini

1077

La casa-torre en Navarra; usos arquitectónicos y recorridos culturales C. Ardanaz Ruiz

1085

Percorsi maiolicati napoletani: recupero e valorizzazione delle “riggiole” G. Carotenuto

1093

Industrial heritage in Madrid. A new look through Fruits and Vegetables Market M. de Arana Fernández, L. García López de Asiaín

1101

Evolution of the Catholic Cultural Heritage in China Old. and New Uses for Catholic Churches in North of Shaanxi Province (1840-1949) S. Huang, Dr. A. Lopera

1105

Volume 3 Tema 5 La fruizione del Patrimonio: itinerari culturali e paesaggio. Paesaggi e centri storici sono costituiti da una somma di valenze e di elementi eterogenei che compongono sistemi complessi: centri abitati, strade, percorsi, ambienti…. Tutti questi elementi devono essere documentati e protetti per preservare il pieno valore del nostro Patrimonio in tutta la sua estensione, sia fisica che culturale. La città come sistema complesso: letture sintetiche per progetti di valorizzazione del patrimonio culturale M. Benente, C. Boido

1141

The preservation and a risks plan of unesco cultural heritage L. Bonati, A. De Masi, E.G. Fé, G.Maino, D.Biagi Maino

1149

I quartieri di edilizia pubblica in Emilia-Romagna tra conservazione e trasformazione L. Gullì

1157

La conservazione sostenibile del patrimonio culturale italiano. Roma e il suo suburbio sudoccidentale A. Pugliano

1165


Il concetto di paesaggio nella normativa italiana C. Sodano, N. Santopuoli

1173

Lo spirito del luogo M. Arena

1181

El paisaje y el sentido de lo bello, lo sublime, lo patético M. Nieto Bedoya

1187

“Unusual roads” protection of famous routes in the Middle East P. Kołodziejczyk

1193

El paisaje como patrimonio cultural y su protección en españa a través de los tributos A. Hernández Lavado

1999

Paisaje y patrimonio franciscano en la cuenca del río Tajo. Dos rutas culturales C. Diez Gonzàlez

1207

Estudio sobre los recursos documentales y bibliográficos para la investigación del Bosque de Gomérez en la Alhambra A.C. Valle Soriano, Mª L. Gutiérrez Carrillo

1215

Valdesalor. A New Town built by the Spanish national colonization institute in 1960. A study of the transformed landscape Mª Del Mar Lozano Bartolozzi, M. Centellas Soler, P. Plasencia-Lozano

1223

La restauración monumental y el mapa turístico español de los años sesenta. Extremadura M.A. Pardo Fernández

1231

Edificio, paisaje y arte contemporáneo. Fórmulas de adaptación. El modelo del museo Vostell Malpartida en Extremadura. España R. Perales Piqueres

1239

Documentación gráfica de la iglesia de Santa Águeda en sotillo de La Ribera (España) J. I. Sánchez Rivera, E. Merino Gómez, S. Morena, S. Barba

1247

Architettura militare e del paesaggio tra storia, conservazione e riuso R. Vecchiattini, A. Schiappapietra

1253

Una seconda possibilita’ per i piani del colore R. Lione

1261

Lo stretto di Messina. Interpretazione del paesaggio M. Manganaro

1269


IL CONCETTO DI PAESAGGIO NELLA NORMATIVA ITALIANA THE CONCEPT OF LANDSCAPE IN THE ITALIAN LAWS C. Sodano Museo Civico di Bracciano, Icom Italia N. Santopuoli Uniroma 1, DSDRA The concept of landscape has evolved over time until reaching the notion of cultural landscape expressed in the European landscape convention and in the Italian Codice dei beni culturali. The theoretical path that leads from the concept of landscape as a view to the notion of cultural landscape, related to the society changes, is retraceable through the Italian landscape laws. Their pivotal point is the art. 9 of the Constitution. The issue of landscape will be face through protection laws history and terms used to define landscape over time. From the view aesthetic concept in the Croce law, to the cultural identity bearers landscapes in the European landscape convention and in the Codice dei beni culturali. Premessa La peculiarità che distingue l’Italia dagli altri paesi del mondo e anche da molti paesi europei è la capillare diffusione dei beni culturali in tutto il suo territorio, la loro conservazione nel contesto di origine e la loro armoniosa integrazione con il paesaggio. La forte integrazione tra natura e cultura fa del paesaggio uno dei caratteri forti dell’identità italiana, che anche attraverso di esso si declina nei suoi aspetti regionali. La capillare diffusione del patrimonio e la sua conservazione nel contesto sono il risultato della capacità che gli italiani hanno avuto nei secoli di conservare i loro beni culturali, che a sua volta è frutto di una secolare cultura della tutela che ha origine molto prima dell’unità nazionale. Essa si fonda su un condiviso senso di identità civica che presuppone l’orgoglio della bellezza e dell’ornato delle proprie città, proprio di molti statuti e regolamenti dal medioevo in poi che, nel dare regole per lo sviluppo urbano, sottolineavano valori come la bellezza civica, il decoro, la prosperità, l’ornamento. Valori che fanno tutti riferimento al bene comune, la publica utilitas. Alla pubblica utilità delle cose di interesse culturale si richiamavano pure le prime leggi di tutela dei più avanzati stati preunitari, fortemente limitative della proprietà privata. Esse riconoscevano il loro fondamento nel diritto romano, che prevedeva limiti al diritto di proprietà in favore del decoro pubblico. Il contrasto tra la necessità della tutela, basata sul riconoscimento della prevalenza dell’interesse pubblico sul privato, e la possibilità del singolo di disporre senza alcuna limitazione dei suoi beni ha costituito il maggiore nodo problematico al quale è riferibile il colpevole ritardo dell’Italia nell’approvare organiche leggi di protezione dei propri beni artistici e paesaggistici. La legge n° 411 del 16 luglio 1905 Per la conservazione della pineta di Ravenna La sensibilità nei confronti della tutela dei beni artistici e naturali si sviluppò in Europa a 1173


C. Sodano, N. Santopuoli partire dalla seconda metà dell’Ottocento a seguito dei cambiamenti imposti dalla veloce industrializzazione. Anche in Italia i primi anni del Novecento furono un periodo favorevole alla difesa del “patrimonio”. La stampa periodica e l’editoria avevano un ruolo forte di sensibilizzazione ed orientamento del’opinione pubblica, sostenuto dall’associazionismo di settore che nasceva in quegli anni; in alcuni ambienti dell’alta borghesia andava formandosi una colta sensibilità verso i beni artistici e paesaggistici. Roberto Balzani1 parla, opportunamente, di una “politica dell’arte” sostenuta da alcune testate giornalistiche ed associazioni di settore, vista come uno strumento potenziale di progresso economico ed essenziale per promuovere lo spirito di identità nazionale. La prima legge postunitaria che si occupò di tutela paesaggistica fu la n° 411/1905 Per la conservazione della pineta di Ravenna. Luigi Rava (1860-1938), parlamentare ravennate, capì le potenzialità anche politiche che il tema della pineta di Ravenna gli offriva. Essa, esistente da tempo immemore, era stata cantata da Dante, da Boccaccio e da altri importanti scrittori ed era legata ad alcuni importanti avvenimenti storici. Rava decise consapevolmente di farne un luogo simbolico, legato alle memorie storiche e letterarie dell’Italia: la pineta andava tutelata perché legata al «culto delle civili ricordanze». La legge n° 411 fu approvata il 16 luglio 1905. Essa in realtà non tutelava la pineta storica ma ne decretava l’inalienabilità e proponeva il rimboschimento della fascia di costa compresa tra i due tronconi della pineta storica, riacquisita al demanio. Sebbene questa legge non affronti generali problematiche di tutela del paesaggio, essa è significativa perché nella sua impostazione è già presente ciò che ha caratterizzato fin dall’inizio le leggi italiane sulla tutela del paesaggio: la consapevolezza del forte legame di paesaggio e storia nella connotazione dell’identità nazionale. Dalla parte dei beni culturali: Rosadi, Rava, Ricci, Croce Per arrivare alla prima legge di tutela del paesaggio italiana è necessario ripercorrere brevemente l’iter della legge n° 364/1909 Per le antichità e le belle arti. Essa, che costituisce il fondamento della disciplina della tutela in Italia, rappresenta il punto di arrivo di un lungo percorso parlamentare segnato da diversi tentativi di varare una legge che arginasse l’esportazione delle opere d’arte italiane, che in quegli anni costituì un grave attentato al patrimonio della nazione. Alcuni degli stati italiani preunitari, tra questi lo Stato Pontificio, avevano sviluppato una legislazione di tutela molto avanzata. Uno degli stati che meno avevano curato la tutela del patrimonio era il Regno di Sardegna; fu però sul corpus legislativo di quello stato che andò a delinearsi la normativa dell’Italia appena unita. Le azioni di tutela contenute nel Regio Brevetto del re Carlo Alberto, del 1832, trovavano un forte limite negli estesi diritti della proprietà privata. Il Codice Civile del 1865, in linea con lo Statuto Albertino del 1848, definì la proprietà privata come «il diritto di godere e disporre delle cose nella maniera più assoluta, purché non se ne faccia un uso vietato dalla legge o dai regolamenti». Questa ampia interpretazione del diritto di proprietà di stampo piemontese, che rendeva ampia anche la possibilità dei privati di vendere ed esportare le proprie opere d’arte, era uno dei cardini dell’ideologia liberale, contro il quale si scontrava il principio basilare che sottende alla tutela, cioè il riconoscimento del pubblico interesse come sovraordinato alla proprietà privata. Questo fu per decenni il sostanziale ostacolo all’approvazione di una vera legge di tutela 1174


Il concetto di paesaggio nella normativa italiana

che, nonostante i tentativi di disciplinare la materia sin dal 1860, fu sempre fortemente osteggiata dal Senato, composto in prevalenza da componenti dell’alta aristocrazia che avevano tutto l’interesse a difendere la possibilità di vendere i propri patrimoni. Nel 1902 si arrivò ad una prima legge sulla Conservazione dei monumenti e degli oggetti di antichità e d’arte, la n° 185, che si rivelò presto inefficace ad arginare il grave problema dell’esportazioni perché si limitava, secondo il criterio «o comprare o lasciare esportare», a dare allo Stato la possibilità di prelazione in caso di vendita di opere d’arte, obbligando gli uffici ministeriali a stilare un catalogo delle opere di cui fosse vietata l’esportazione. Il primo testo della legge che poi diverrà la n° 364/1909 era stato predisposto nel 1906 da una commissione ministeriale di cui faceva parte il deputato Giovanni Rosadi, che ne definì l’assetto. Essa era rivoluzionaria per i nuovi principi che sosteneva: il diritto di impedire le esportazioni, la possibilità di imporre vincoli in luogo del catalogo, l’inalienabilità dei beni di proprietà pubblica, la demanializzazione del sottosuolo. Lo Stato non doveva più «o comprare o lasciare esportare», ma conservare e tutelare. Veniva in sostanza riconosciuta la prevalenza della “pubblica utilità” sulla proprietà privata per evitare che un pezzo del patrimonio artistico uscisse dall’Italia, in quanto si riconosceva che esso rappresentava l’identità della nazione. E la Nazione era un altro dei punti cardine dell’Italia liberale e giolittiana. Il testo non menzionava più, come in passato, monumenti o oggetti mobili ma il più onnicomprensivo “cose” che avessero interesse archeologico, artistico o storico, tra le quali Rosadi riteneva che andassero comprese anche le bellezze naturali. Erano anni in cui l’industrializzazione prendeva piede anche in Italia e la speculazione edilizia aveva già in parte maturato la distruzione di alcuni parchi e giardini storici tra i più belli, come la villa Ludovisi a Roma. Luigi Rava, che nel frattempo era divenuto ministro della Pubblica istruzione del governo Giolitti (1906-1909), accolse quasi integralmente la proposta della commissione, ma volle esplicitamente includere tra le cose da tutelare giardini, foreste, paesaggi, acque e luoghi ed oggetti naturali, anche per arginare le devastazioni perpetrate in quegli anni. Dopo un difficile iter parlamentare la legge fu approvata nel 1909 grazie alla forte pressione esercitata dalla stampa, dalle associazioni e da un gruppo di intellettuali tra i quali spiccava il filosofo Benedetto Croce, ma senza la parte riguardante le “bellezze naturali”, che fu cassata dal Senato. Nel 1910 Rosadi presentò un nuovo disegno di legge per la protezione dei paesaggi, delle foreste, dei parchi, dei giardini, delle acque, delle ville e di «tutti quei luoghi che hanno un notevole interesse pubblico a causa della loro bellezza naturale o della loro particolare relazione con la storia e con la letteratura». Ancora una volta era sottolineato il raccordo tra beni storico artistici e paesaggio. La legge avrebbe garantito la tutela mediante un sistema vincolistico simile a quello della legge 364/1909. Tra il 1910 ed il 1919 furono stilate diverse versioni della proposta Rosadi che dimostrano come, anche in questo campo, i sostenitori degli interessi della proprietà privata fossero forti e motivati. Intanto, con la legge n° 688 del 1912 voluta dal direttore generale delle Belle arti Corrado Ricci, l’articolo 1 della L 364/1909 era stato ampliato comprendendo esplicitamente tra le cose tutelate anche «ville, parchi e giardini che abbiano interesse storico o artistico» proprio per salvare le ville storiche romane, in attesa di una legislazione specifica sulle bellezze naturali. 1175


C. Sodano, N. Santopuoli L’iter parlamentare della legge 778 «Per la tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico» fu lungo e difficile: essa fu infine approvata dall’ultimo governo Giolitti l’11 giugno 1922, pochi mesi prima della marcia su Roma. La legge 778/1922 fu fortemente voluta da Benedetto Croce, ministro della Pubblica istruzione del governo Nitti. Nella presentazione della proposta di legge al Senato, nel settembre del 1920, Croce sostenne che la legge era indispensabile per porre «finalmente un argine alle ingiustificate devastazioni che si van consumando contro le caratteristiche più note e più amate del nostro suolo. […] E’ nella difesa delle bellezze naturali un altissimo interesse morale ed artistico che […] si identifica con l’interesse posto a fondamento delle leggi protettrici dei monumenti». La legge tutelava «le cose immobili la cui conservazione presenta un notevole interesse pubblico a causa della loro bellezza naturale o della loro particolare relazione con la storia civile e letteraria», oltre alle «bellezze panoramiche». Il paesaggio non era menzionato, ma si citavano le cose di bellezza naturale e le bellezze panoramiche, con le quali esso veniva identificato. Scrive Paolo D’Angelo: «L’assimilazione del “paesaggio” al “panorama” sarà foriera di molte semplificazioni, e diventerà in futuro un’ipoteca gravosa per ogni discorso estetico sul paesaggio [..] In fondo erano tempi in cui un senatore poteva interpretare la legge nel senso che essa proteggesse non i paesaggi in quanto tali, ma soltanto i luoghi dai quali si possono osservare i paesaggi, ossia i punti di osservazione, ritenendo “assurda” una tutela portata sul paesaggio in se»2. Ed infatti nelle Guide del Touring Club, da poco fondato, i “bei panorami” erano utilizzati come metro usuale di giudizio, contro il quale si scagliò un giovane Roberto Longhi. Croce, nel suo Breviario di estetica del 1912, aveva scritto: «E’ evidente che, oltre gli strumenti che si foggiano per la riproduzione delle immagini, possono incontrarsi anche oggetti già esistenti, prodotti o non dall’uomo, che adempiano a tale ufficio, che siano più o meno adatti a fissare il ricordo delle nostre intuizioni (intuizione è per Croce il primo momento della conoscenza, opposto al secondo, logico, ed è contemporaneamente, nello spirito, espressione, cioè arte); e queste cose tolgono il nome di “bellezze naturali”, ed esercitano il loro fascino solo quando si sappia apprenderle con l’animo stesso onde le ha apprese e se le appropria l’artista, e gli artisti che le hanno messe in valore e indicato il “punto di visione” da cui bisogna guardarle collegandole così a una loro intuizione.»3 La concezione proposta dal filosofo è quella di un paesaggio da guardare come un quadro. La legge del 1922 è importante perché in essa è definito esplicitamente il forte legame tra le emergenze monumentali e le bellezze naturali, che entrambe contribuiscono a definire l’identità nazionale. Concetto che sarà ripreso dalle due leggi Bottai ed inserito, per la prima volta da uno Stato, nella sua Costituzione tra i principi fondamentali. Da Croce a Bottai: la legge 29 giugno 1939 n° 1497 sulla Protezione delle bellezze naturali La legge n°1497 fu voluta dal ministro Giuseppe Bottai e concepita insieme alla legge n° 1089 del 1 giugno 1939 sulla tutela delle cose di interesse storico artistico, di poco antecedente: anche Bottai riteneva il patrimonio storico, artistico e naturalistico come il fulcro attorno al quale si costituivano l’identità e l’unità italiana. Era necessario adeguare la legge del 1922 in relazione ai pericoli costituiti dalla crescente esigenza di edificazione ed industrializzazione. Gustavo Giovannoni, autorevole esperto di restauro dei monumenti, propose la formazione di «piani regolatori paesistici per prevedere ciò che sarà la campagna quando 1176


Il concetto di paesaggio nella normativa italiana

la fabbricazione si estenderà». Egli fu posto da Bottai a capo della commissione che doveva predisporre la proposta della nuova legge; vi faceva parte anche il nuovo direttore generale alle Antichità e belle arti Marino Lazzari. Il ministro accolse integralmente la proposta della commissione. Egli era consapevole che il punto critico di ogni legge di tutela fosse trovare un compromesso tra il pubblico interesse e l’interesse economico dei privati. Nella sua relazione in parlamento dichiarò che lo scopo della legge era quello di allargare il campo della tutela, rispettando i privati ma ponendo a fondamento giuridico della stessa il concetto della «funzione sociale della proprietà», per la quale l’interesse pubblico andava chiaramente sovraordinato a quello privato. La legge 1497/1939 si fonda sulla legge 778/1922 e ne riprende i principi fondamentali, operando una più netta distinzione tra bellezze singole (parchi, ville, giardini) e bellezze d’insieme (i complessi con «un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale» e «le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali»). Essa, tuttavia, apporta un fortissimo elemento di novità introducendo i piani territoriali paesistici per le zone soggette a vincolo e l’approvazione di concerto con il Ministero dei Lavori pubblici dei piani regolatori urbani o d’ampliamento dell’abitato (la legge fondamentale che regolerà la disciplina urbanistica, la n°1150, è del 1942). I piani paesistici, però, rimasero quasi del tutto lettera morta. Bottai, nel suo discorso di presentazione della legge alla Camera, disse che la bellezza d’insieme è composta di molteplici elementi, che tuttavia non sono invariabili. Il piano paesistico, quindi, si rendeva necessario perché il vincolo su un’area vasta non poteva essere inteso come la cristallizzazione del paesaggio esistente, né prevedere la sua invariabilità nel tempo. Era necessario, per la conservazione «d’una bellezza d’insieme», che le trasformazioni fossero «in armonia con un piano preventivo concepito con un’unità di criteri razionali ed estetici» che «sottraendo le modificazioni al capriccio del singolo, che se anche voglia prestare omaggio alle esigenze estetiche non può ispirarsi a una veduta d’insieme soverchiatrice delle sue possibilità, fa si che una bellezza paesistica panoramica si conservi come essere vivente, ossia trasferendo nel mutabile o mutato suo volto i segni suoi caratteristici e cioè i lineamenti costitutivi della sua bellezza». L’art. 1 della legge sottoponeva a tutela, tra le altre «le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali», definizione che resterà immutata nella normativa italiana fino al 2008, eredità della cultura dei primi decenni nel Novecento. La necessità di avere piani paesaggistici che possano regolare lo sviluppo delle modificazioni inserisce un nuovo aspetto nella tutela delle bellezze paesaggistiche: la temporalità, per la quale la tutela deve agire anche mentre esse variano nel tempo ad opera dell’uomo. Tale concezione venne chiaramente esplicitata dal direttore generale Marino Lazzari in alcuni suoi articoli che spiegano i presupposti della legge. Ne parla Settis, riportando frammenti di tali articoli: «Non è la natura che funge da “unità di misura dell’arte”, ma l’inverso: è l’arte (cioè la storia) che ha forgiato il paesaggio d’Italia, la cui bellezza non nasce da “grazia divina” ma è “un dato essenziale della nostra antichissima civiltà [...]. Per questo, e non perché susciti “facili e inconcludenti commozioni” o rappresenti “un’attrattiva turistica”, il paesaggio va tutelato. Tutela, precisa subito [Lazzari], e non conservazione: “è impossibile pensare un paesaggio che non abbia lentamente subito l’azione dell’operosità umana.” […] Perciò “il paesaggio non è quello che ci offre la natura indomita e vergine… 1177


C. Sodano, N. Santopuoli ma è tutto il paesaggio d’Italia, con i segni del lavoro umano, con le sue reti di strade, con i suoi paesi, le sue opere di bonifica e di sfruttamento agricolo o industriale” ».“4 L’opera dell’uomo fa parte del paesaggio e ne costituisce un dato costitutivo. Si va così esplicitando la concezione di “paesaggio culturale” che verrà successivamente definita nella Convenzione europea del paesaggio e ripresa nel Codice dei beni culturali e del paesaggio italiano. Il paesaggio europeo è sempre un paesaggio culturale, in cui forte è la presenza dell’opera dell’uomo: un paesaggio intessuto di monumenti, di memorie storiche, dei segni delle coltivazioni. E’ una sensibilità completamente diversa da quella che aveva orientato le prime leggi di tutela paesaggistica nordamericane, che era invece improntata all’ideale della natura selvaggia ed incontaminata e dalla quale sono nati i primi parchi nazionali come Yellowstone (1872), vaste aree intatte che sono considerate dagli americani simbolo della nazione, quindi per loro identitarie. Paesaggio e ambiente Le due leggi Bottai del 1939 rimasero in vigore, senza alcuna modifica, fino al 1999. Tra il 1940 ed il 1985 ebbero tuttavia luogo radicali trasformazioni del territorio italiano a seguito di forti cambiamenti sociali: l’abbandono delle campagne e l’urbanizzazione, la costruzione di nuove importanti reti infrastrutturali, il diffondersi dell’uso delle vacanze di massa e delle seconde case. Le due leggi, specie dopo il trasferimento delle competenze sull’urbanistica alle Regioni, dimostrarono tutta la loro tragica inefficacia ad arginare i nuovi fenomeni in atto e la devastazione del territorio. A partire dai primi anni Settanta si diffuse in Italia la sensibilità verso le nuove tematiche ecologiche. Questo spostò l’attenzione dal tema della bellezza dei panorami al rispetto della natura e alla difesa dall’inquinamento. L’ambiente prese il posto del paesaggio, parola che veniva ormai legata ad una visione estetizzante non più adeguata alle necessità del presente. Il paesaggio divenne oggetto di materie come la geografia e, soprattutto, dell’urbanistica, che ne rivendicava la gestione come una propria competenza. In questo contesto culturale fu approvata, nel 1985, la legge n° 431 del 8 agosto 1985, cosiddetta legge Galasso, fortemente innovativa in quanto sottoponeva alla tutela dello Stato non più il singolo bene o complessi di cose di interesse naturalistico, ma vaste parti del territorio: aree alpine, aree appenniniche, coste di mari e laghi ecc. La legge era volta soprattutto alla tutela di territori scarsamente o non antropizzati. Essa ha reso obbligatori i piani paesistici, affermando la necessità della pianificazione preventiva in luogo del vincolo. La legge Galasso è frutto della nuova sensibilità di quegli anni che, in netta rottura con la concezione che emergeva dalla legislazione precedente, assimilava l’ambiente naturale al paesaggio tralasciando il legame con la storia e la cultura, che aveva caratterizzato la legislazione di tutela italiana fin dalle sue origini. Il decreto legislativo n° 490/1999 Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali recepì ed unificò le due leggi Bottai del 1939, la legge Galasso ed altre leggi minori relative alla materia, ma senza apportare significativi cambiamenti. E’ interessante notare che, mentre la parte dedicata ai beni paesaggistici (titolo II) è intitolata Beni paesaggistici e ambientali, il fondamentale articolo introduttivo che descrive quel tipo di beni, il 138, cita solo i “beni ambientali”. 1178


Il concetto di paesaggio nella normativa italiana

Il dibattito che si sviluppò in quegli anni a partire dai risultati della “Commissione Franceschini” del 1967, che ebbe un punto cardine nella Prima conferenza nazionale per il paesaggio del 1999, mise in evidenza come le critiche fatte alla legge n° 1497/1939, giudicata “crociana” ed estetizzante perché sottintendeva una visione riduttiva del paesaggio inteso come panorama, non fossero più condivisibili in quanto il termine “paesaggio” riusciva ad esprimere quell’identità di natura e cultura che caratterizza larga parte del territorio italiano, rappresentandone al contempo anche gli aspetti percettivi ed estetici. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio e la Convenzione europea del paesaggio Segno di questa mutata interpretazione è il decreto legislativo n° 42/2004, dal significativo titolo Codice dei beni culturali e del paesaggio. L’art. 2 del Codice afferma che «il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici», confermando la lunga tradizione legislativa italiana confluita nell’art. 9 della Costituzione, e che «sono beni paesaggistici gli immobili e le aree […] costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio». L’art. 131 nella sua prima formulazione (2004) definiva il paesaggio come «una parte omogenea di territorio i cui caratteri derivano dalla natura, dalla storia umana o dalle reciproche interrelazioni». Il D. L.vo n° 63/2008 ha emendato il testo originario del Codice ed ora l’art. 131 specifica più dettagliatamente che «per paesaggio si intende il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni» e che il Codice «tutela il paesaggio relativamente a quegli aspetti e caratteri che costituiscono rappresentazione materiale e visibile dell’identità nazionale, in quanto espressione di valori culturali». E’ stato pure modificato l’art. 136, che individua i beni paesaggistici, e le «bellezze panoramiche considerate come quadri» sono divenute semplicemente «bellezze panoramiche», con una netta presa di distanza dalla concezione vedutistica, oggi ampiamente superata. Il Codice accoglie, sebbene in maniera diversa, sia le due leggi Bottai che la legge Galasso, ispirandosi inoltre al dettato dell’art. 9 della Costituzione; per questo esso non offre una concezione del tutto omogenea di paesaggio. L’ultima versione riprende i principi della Convenzione europea del paesaggio del 2000 (ratificata dall’Italia nel 2006), che definisce il paesaggio come «una determinata parte di territorio, cosi come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni», e che impegna i contraenti a riconoscere il ruolo giuridico del paesaggio «in quanto componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento della loro identità». La Convenzione europea propone tre punti significativi: il paesaggio “culturale” in quanto prodotto delle interrelazioni tra la natura e l’uomo; il paesaggio come portatore di valori identitari per le popolazioni; la “percezione” del paesaggio da parte non più di un singolo ma di un soggetto collettivo, che si pone come concetto del tutto nuovo. Per la Convenzione ogni parte del paesaggio, non solo le parti più significative dal punto di vista estetico, presenta un suo significato: anche i paesaggi della vita quotidiana e quelli degradati. Ad ognuno di questo tipo di paesaggi corrisponderà un tipo di intervento: salvaguardia, gestione, pianificazione. Mentre la Convenzione europea lega comprensibilmente l’identità alle popolazioni locali, 1179


C. Sodano, N. Santopuoli meno comprensibili sono gli «aspetti e caratteri che costituiscono rappresentazione materiale e visibile dell’identità nazionale» del Codice italiano, che possono ingenerare qualche perplessità in quanto il paesaggio italiano non è omogeneo, ma significativamente identificato dalle sue caratteristiche locali. Le leggi, come si è visto, sono il segno ed il risultato del pensiero teorico e della cultura di ogni epoca. La normativa italiana sui beni culturali e sul paesaggio, in particolare, racconta una secolare attenzione a questi temi e ne sottolinea la complessità e la ricchezza, ma la separazione di competenze tra il paesaggio e l’urbanistica, cui ha seguito un’intricata serie di normative statali e regionali che si sono sovrapposte nel tempo, rappresenta il punto debole che non ha permesso una tutela del paesaggio veramente efficace. In taluni casi, in passato, sono stati perpetrati veri e propri “scempi” alla natura e alla sua bellezza. Il rischio che si corre oggi, meno evidente e quindi più pericoloso, è quello che il paesaggio venga modellato sulle esigenze e sullo “sguardo” del turista, conformando il territorio e l’edilizia storica delle città a ciò che il turista si aspetta, e che si ritiene quindi di poter vendere, piuttosto che alla “verità” delle sedimentate caratteristiche storiche ed architettoniche degli edifici e del paesaggio della nazione. Note 1 R. Balzani 2003, p. 22. 2 P. D’Angelo 2010, pp. 139-140. 3 «L’Adige» 1913, p.10. 4 S. Settis 2012, p.171. Bibiografia AA.VV, voce Paesaggio, in «Enciclopedia Italiana Treccani», Milano 1935. http://www.treccani.it/enciclopedia/paesaggio_res-29c65ff0-8bb5-11dc-8e9d0016357eee51_(Enciclopedia_Italiana) AA.VV, Conferenza nazionale per il paesaggio. Lavori preparatori, Roma 2000. Disegno di legge n. 204 di Benedetto Croce, in «Rivista della Scuola superiore dell’economia e delle finanze» http://rivista.ssef.it/site.php?page=200409130912147 66&edition=2010-02-01 P. D’Angelo, Filosofia del paesaggio, Macerata 2010. R. Balzani, Per le antichità e le belle art. La legge n.364 del 20 giugno 1909 e l’Italia giolittiana, Bologna 2003. R. Banchini, Paesaggio: il quadro della normativa di tutela dopo le modifiche apportate al Codice dei beni culturali dai decreti correttivi del 2006 e del 2008, in «Cultural Heritage», 2009-2010, XIX-XX, pp. 279-294. Il pensiero di Benedetto Croce sul paesaggio, in «L’Adige», 20 luglio 1913, p.10. A. Malfitano, Alle origini della politica di tutela ambientale in Italia. Luigi Rava e la nuova Pineta “storica” di Ravenna, in «Storia e futuro», 2002, n°1, pp.1-18.

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