Quaderno di Geometria Descrittiva

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Quaderno di

GEOMETRIA DESCRITTIVA Docente: Prof. Dante Nannoni I째 corso - A.A. 2013/2014

Battistero di San Giovanni, Firenze

Chiara G. Spagli /// Giulia Viviani



GEOMETRIA

DESCRITTIVA A.A. 2013/2014



BREVE INTRODUZIONE

AL CORSO

Il potere del disegno, tra le sue tante prerogative, è quello di far sorgere le cose dalla loro inesistenza, e per questo è sempre in relazione con qualcosa da realizzare, profondamente coinvolto con la progettazione, cioè con un’attività che si estende ad un vasto campo di applicazioni pratiche e specializzazioni. L’uomo è un costruttore e per costruire bisogna non solo possedere una tecnica, una capacità di programmazione, ma fare progetti, cioè tradurre in termini visibili ciò che non esiste prima. Ciò implica un processo mentale quanto mai complesso. Queste motivazioni giustificano il bisogno di esaminare, con una certa attenzione, in quali modi il disegno si è manifestato, quali funzioni e significati è venuto assumendo nei diversi momenti della storia umana, perché se oggi l’attività disegnativa (anche per merito di nuove forme di educazione alla percezione del mondo visibile, nonché per i notevoli apporti del disegno automatico, come il computer) è divenuta un mezzo universale di comunicazione, in certi casi tecnica rigorosa di rappresentazione, non si può ignorare che ci sono state epoche in cui il disegno esprimeva qualcosa di diverso. Proprio perché il disegno rappresenta un atto insostituibile nel graduale processo di concretizzazione delle forme, sarebbe interessante fornire alcune indicazioni sul suo percorso storico, per tentare di individuare i processi che hanno spinto l’uomo dai tempi remoti fino all’epoca moderna ad esprimersi e comunicare per mezzo dei segni. Comunque possiamo dire che con l’evolversi della cultura e sia pur lentamente, le discipline del disegno si creano strumenti propri fino a distinguersi in rami specifici. Oggi, infatti, siamo in grado di operare precise distinzioni a seconda del tipo

di funzione che il disegno deve assolvere: documentario, operativo, illustrativo, progettuale, geometricoproiettivo, meccanico, tecnicoedile, normativo, scientifico, artistico. Le ragioni fin qui esposte costituiscono i prerequisiti, ma forse sarebbe meglio dire le necessarie informazioni senza le quali non sarebbe possibile affrontare in maniera corretta lo studio delle tecniche della rappresentazione, perché disegnare non vuol dire acquistare una particolare abilità nel tracciare linee secondo certe regole convenzionali: il problema della resa grafica non è solo un problema di visualizzazione, un doppione più o meno sottile di un oggetto esistente (che, tra l’altro, nella maggior parte dei casi, non esiste). Fermo restando che il disegno è strumento di rappresentazione, senza il quale non sarebbe possibile pervenire alla legittimazione figurativa delle strutture formali, esso svolge altri ruoli importanti: la possibilità di trasmettere idee, scoprire relazioni, alimentare la fantasia, ipotizzare soluzioni inedite, cioè supporre fatti probabili che date certe condizioni possano verificarsi, accostare immagini, concetti, pensieri, acuire la capacità progettuale intesa non nel pieno significato professionale ma come capacità per organizzare un qualsiasi lavoro, una qualsiasi ricerca seguendo una prassi coerente e produttiva. Quello che abbiamo detto sulle finalità del corso, obbliga il docente a dare utili informazioni sul particolare contenuto della disciplina nella convinzione che sia necessaria una somma di cognizioni senza la quale la cultura proiettiva resti manchevole e perciò non possa permettere ulteriori sviluppi. Dante Nannoni

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1

LO SPAZIO (proprietà) Lo spazio geometrico-matematico Lo spazio proiettivo Lo spazio delle percezioni (spazio fisiologico) Lo spazio figurativo Lo spazio quadrimensionale

2

CONCETTO DI PROIEZIONE Costruzioni proiettive generali Proiezioni parallele e proiezioni centrali Metodi di rappresentazione Conservazione e non conservazione del parallelismo

3

CONCETTO DI APPARTENENZA Le forme geometriche fondamentali Postulati dell’appartenenza Assiomi di connessione e assiomi di ordine

4

CONCETTO DI LIMITE Gli elementi impropri Punto limite, retta limite, giacitura Applicazioni grafiche

5

CONCETTO DI CORRISPONDENZA BIUNIVOCA La trasformazione delle figure La prospettività La proiettività L’omografia

6

L’INVARIANTE PROIETTIVO L’allineamento L’appartenenza La concorrenza L’incidenza

6


INDICE 7

L’OMOLOGIA

12

Omologia generale Omologia di ribaltamento (affinità) Omologia affine obliqua

Esempi, organizzazioni figurali, ingrandimenti per

Omotetia

polarità

Teorema di Desargues o dei triangoli omologici

13 8

LE CONICHE

Elementi rappresentativi: retta, punto, piano; Elementi rappresentativi di riferimento: punto di fuga, rette di

Le coniche

fuga, tracce ecc.

Le proprietà generali delle coniche

Appartenenza

Le coniche luogo e le coniche inviluppo

Parallelismo

Polarità ed antipolarità rispetto ad una conica

Ortogonalità

Conica che si trasforma in sé stessa (involuzione)

Ribaltamento

L’antipolarità

Problemi metrici e applicazioni

Proprietà diametrali delle coniche

14

Coniche centro e non al centro

Elementi rappresentativi di riferimento

Coniche luogo di inviluppo

Casi di posizione (prospettiva di fronte, prospettiva d’angolo, prospettiva a quadro obliquo) Campo visivo (visione centrale, visione periferica)

LEGGE DI DUALITÀ

Analisi dei principali sistemi di rappresentazione prospettica: metodo dei punti di distanza, metodo dei punti di fuga anticoniugati, metodo dei punti misuratori, metodo del taglio, metodo del centro di omologia

Legge di dualità o di reciprocità Applicazioni sulle trasformazioni a catena

11

LA PROSPETTIVA Cenni Storici

Proprietà ottiche dei fuochi

10

METODO DELLE PROIEZIONI CENTRALI

Il cono

Corde, diametri, tangenti, assi e direttrici delle coniche

9

PASSAGGIO DALLE PROIEZIONI ORTOGONALI ALLE PROIEZIONI ASSONOMETRICHE

Poliedri regolari (platonici)

Metodi ausiliari: della pianta prospettica virtuale, delle scale e delle guide prospettiche, sistemi d’ingrandimento

Poliedri semiregolari (archimedei)

Problemi e applicazioni grafiche

POLIEDRI PLATONICI E ARCHIMEDEI

METODO DI MONGE

15

Metodo delle doppie proiezioni ortogonali

LE OMBRE APPLICATE AL METODO DI MONGE E ALLA PROSPETTIVA

Elementi rappresentativi: punto, retta, piano

Sorgente naturale e sorgente artificiale

L’appartenenza

Propagazione della luce

Il parallelismo

Ombre proprie, portate e autoportate

Ortogonalità

Penombre proprie e penombre portate

Ribaltamenti

Separatrice, isofote, raggi inversi

Problemi metrici (angoli e distanze).

Problemi e applicazioni grafiche

Cambiamento del quadro di rappresentazione e proiezioni multiple. Problemi e applicazioni.

16

ELICHE E ELICOIDI

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Lo Spazio Capitolo I


Cap i tolo _ I

LO SPAZIO GEOMETRICO-MATEMATICO L’uso del vocabolo spazio, in seguito, sarà sempre più frequente, per questo impone alcune precisazioni riguardanti l’accezione nel quale, di volta in volta, verrà utilizzato. Nell’uso strettamente geometrico-matematico, esso deve essere inteso come qualcosa che non possiede un contenuto specifico e al quale si attribuiscono le caratteristiche di continuo, illimitato, omogeneo, divisibile. • Continuo: perché non è possibile concepirne interruzioni. • Illimitato: perché non è possibile pensarne alcun termine. • Omogeneo: perché non è possibile pensare diversità di costituzione tra le sue parti. • Divisibile: perché dopo averne pensata una porzione, comunque limitata, si può concepirla divisa infinitamente in parti. Lo spazio di questa geometria viene anche definito spazio ordinario, e gode di particolari proprietà geometriche grazie alle quali gli si attribuisce la qualifica di spazio euclideo a tre dimensioni.

LO SPAZIO PROIETTIVO Sappiamo che il concetto di spazio in matematica e in geometria è andato via via ampliandosi ed evolvendosi. Già nel Rinascimento ci siamo resi conto che le figure geometriche potevano essere sottoposte a operazioni diverse dal movimento. Per esempio potevano essere proiettate sopra un quadro ponendo in modo chiaro e inequivocabile, per la prima volta nella storia della geometria, il problema della trasformazione delle figure. La questione avrà notevoli conseguenze nel campo degli studi proiettivi, fornendo risposte esaurienti, attraverso la complessa opera di sistematizzazione (dare un ordine) della geometria proiettiva. Lo spazio proiettivo è dunque quello di cui si occupa la geometria ordinaria, e deriva da quello della geometria elementare mediante l’aggiunta degli elementi impropri, cioè i punti, le rette, i piani all’infinito. La dimensione di un tale spazio, come si diceva prima, è la stessa di quello euclideo, dal quale si parte, ma la considerazione degli elementi impropri, prima di tutto consente di studiare il concetto di forma geometrica (per esempio: per due punti impropri è possibile condurre una ed una sola retta; per due punti di cui uno proprio ed uno proprio è ancora possibile condurre una ed una sola retta), poi rende possibile lo studio dell’omologia, delle coniche, della polarità e dell’antipolarità, della proiezione centrale, argomenti che svolgono un ruolo determinante nel campo della costruzione delle immagini degli oggetti. In conclusione, nello spazio proiettivo, le figure si trasformano ma, come vedremo in seguito, le proprietà nonostante le trasformazioni si mantengono invariate a causa dell’invariante proiettivo.

LO SPAZIO DELLA PERCEZIONE Lo spazio della percezione deve essere inteso come quello in cui si svolge la vita fisica; in esso si compiono gli atti conoscitivi, mediante i quali si acquista coscienza degli oggetti sensibili attraverso gli organi di senso. Perciò lo spazio omogeneo della geometria, che è lo spazio ideale, costruito dalla mente dell’uomo, non può essere confuso con lo spazio delle percezioni, cioè con uno spazio che esiste già. Nello spazio delle percezioni non esiste un identità dei luoghi e delle direzioni, perché ogni luogo ha le sue peculiarità ed un valore suo proprio; quindi, come si diceva prima, lo spazio omogeneo della geometria, non è mai lo spazio dato ma lo spazio costruito, tanto che il concetto geometrico di omogeneità può essere espresso

10


Lo Spa zio

mediante il postulato secondo cui da ogni punto dello spazio sono possibili costruzioni uguali verso tutti gli altri punti e in tutte le direzioni. Nello spazio delle percezioni questo postulato non si realizzerà mai, tant’è vero che dovendo fornire delle indicazioni ci esprimiamo dicendo: davanti, dietro, sopra, sotto, destra, sinistra ecc. Più esattamente questa percezione delle caratteristiche geometrico-spaziali dei singoli oggetti (in quanto hanno una forma, un volume, una grandezza, una superficie ecc.) ma anche di quelle caratteristiche che riguardano la distanza fra oggetto e oggetto, tra oggetto e osservatore, ci porta a riflettere sulla sostanziale differenza tra lo spazio della geometria, che è interamente costruito dalla mente dell’uomo, e lo spazio in cui si compiono gli atti conoscitivi. Lo spazio delle percezioni può anche apparire in certa misura antagonista rispetto a quello geometrico; in realtà costituisce una preziosa mediazione rispetto a questo, proprio perché permette di salvare tutta la ricca massa di dati sensoriali che sono parte rilevante dell’esperienza umana, e proprio per questo rappresentano un avvicinamento alla sfera della raffigurazione diretta ed evidente, cioè a quella che abbiamo chiamato nel nostro preambolo “legittimazione figurativa”.

LO SPAZIO FIGURATIVO Comunemente si usa la dizione di spazio figurativo, che in linea generale non è qualcosa di definibile concettualmente ma piuttosto una definizione di comodo, con cui si indica una particolare immagine, o meglio suggestione di spazio, che si realizza o meno all’interno di una struttura architettonica o più in generale nel campo delle arti figurative o delle opere d’arte. Tale suggestione può risultare da esplicite indicazioni di distanze, ma può realizzarsi dal più o meno semplice gioco dei rapporti, delle dimensioni, delle forme, delle variazioni di colore e di tono che si instaurano all’interno di un opera. In altre parole l’architetto, il pittore, il designer ricompongono molti elementi della realtà (pieni, vuoti, ombre, luci di un architettura o delle membra di una figura, oppure di un impianto scenografico), in modo da assicurare un espressione più esplicita e più intensa di ciò che essi, con questi elementi, vogliono esprimere. Ciò vale per le immagini artistiche, ma anche per le architetture e per gli oggetti di design.

LO SPAZIO QUADRIMENSIONALE Si tratta di un tipo di rappresentazione dell’ambito pittorico basato su un concetto che mira all’unificazione delle esperienze spazio temporali. Si deve al Cubismo, avanguardia artistica che cerca di realizzare una visione simultanea della realtà mediante una sequenza di punti di vista differenti e tempi di fruizione non contigui. L’obbiettivo è quello di creare quel continuo tra lo spazio (immagine) e il tempo (racconto). Ne consegue un continuo sviluppo dialettico tra le inversioni, le compenetrazioni di oggetti e di piani, l’assegnazione di oggetti e fondo in contrapposizione alle immagini delle cose staccate da noi ed esistenti di per sé stesse; si verifica che esse, le immagini, si presentano invece come via via si configurano nel complesso processo di conoscenza, un processo che investe le cose, ma allo stesso tempo coinvolge la coscienza di chi le esperisce.

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S


Concetto di proiezione Capitolo II


Cap i tolo _ II

COSTRUZIONI PROIETTIVE GENERALI La proiezione è un’operazione che consiste nel congiungere l’oggetto proiettato, cioè i suoi punti, con il centro di proiezione e tagliare poi la figura così ottenuta con un piano. Si tratta in realtà di due operazioni che si eseguono successivamente, perché partendo dall’oggetto P lo si proietta da un centro S ottenendo la figura P’. Sezionando poi la figura così ottenuta con un piano π si determina la figura P’ che è, appunto, l’immagine di P.

seconda operazione

S = centro di proiezione e centro della stella di

raggi proiettori (infiniti raggi conducibili per quel punto)

P = oggetto reale

S

P’ = immagine dell’oggetto o proiezione π

P’

π = quadro di rappresentazione

P

SP = raggio proiettore prima operazione

Se si considera che la posizione reciproca dei tre elementi (centro di proiezione, quadro, figura) può mutare, si hanno i tre seguenti casi fondamentali:

S

P’

P’

P

S

B’ S P

Caso riguardante la prospettiva

1

14

SπP

P

P’

A

P’ P’

S

P

S

A’

Caso riguardante la camera oscura

2

πSP

P B

S P

P’

Caso riguardante le ombre

3

SPπ


C on c et to di p r oie zio ne

PROIEZIONI PARALLELE E CENTRALI La proiezione può verificarsi per coni e per piramidi ( se il centro di proiezione è S è punto proprio) o per cilindri e per prismi (se il centro di proiezione S è punto improprio).

S S S

S

F

F

F

F

F’

F’ F’

A

F’

B

METODI DI RAPPRESENTAZIONE Questi due modi di proiettare le figure danno luogo a due gruppi di metodi di rappresentazione; il gruppo di quelli che appartengono alle proiezioni centrali o coniche, ed il gruppo di quelli che appartengono alle proiezioni parallele o cilindriche. Quindi un metodo di rappresentazione non è altro che è un caso metrico particolare di costruzioni proiettive generali, come risulta dallo schema seguente:

Proiezioni cilindriche o parallele

Proiezioni coniche o centrali

Metodo delle doppie proiezioni o di Monge

Metodo delle doppie proiezioni o di Monge

Metodo delle proiezioni assonometriche

Metodo delle proiezioni assonometriche

Metodo delle proiezioni quotate

Metodo delle proiezioni quotate

Metodo delle proiezioni topografiche

Metodo delle proiezioni topografiche

Ombre determinate da una sorgente luminosa

Ombre determinate da una sorgente luminosa

emanante raggi luminosi paralleli.

emanante raggi luminosi paralleli.

Alcuni metodi cartografici

Alcuni metodi cartografici

(proiezione ortografica)

(proiezione ortografica)

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Cap i tolo _ II

CONSERVAZIONE E NON CONSERVAZIONE DEL PARARRELISMO Date due rette r ed s tra loro parallele e incidenti un piano π (quadro), se ne proiettino tutti i punti ottenendo così i piani α e β individuati dal fascio di raggi proiettanti paralleli e dalle rette stesse. I due piani risultano paralleli. Ne discende che la r’ (immagine di r su π) e la s’ (immagine di s su π) sono fra loro parallele e quindi si può affermare che la proiezione cilindrica conserva il parallelismo. S r s B

A

B’

LA PROIEZIONE CILINDRICA CONSERVA IL PARALLELISMO

r’ A’ s’

Date due rette s e r parallele tra loro e incidenti un piano π; se ne proiettino tutti i punti da un centro di proiezione S (proprio) ottenendo così i due piani α e β. Questa volta però i due piani non sono paralleli ma si intersecano determinando una retta g parallela ad r e s (r// = s//). Ne discende che la r’ e la s’ sono rette convergenti in un punto F, o divergenti da esso; si può quindi affermare che la proiezione conica non conserva il parallelismo.

r S

LA PROIEZIONE CONICA NON CONSERVA IL PARALLELISMO F

Tr

B A B’ Ts

16

s

r’ A’

s’


note

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r∞

μ β

Ω


Concetto di appartenenza Capitolo III


Cap i tolo _ III

LE FORME GEOMETRICHE FONDAMENTALI Poiché la forma, cioè l’aspetto esteriore con cui si configura ogni oggetto, è fatta di punti, rette, piani, fasci e stelle di rette e di piani, si ritiene che sia utile passare in rassegna le forme geometriche fondamentali e considerarne i vari aspetti. 1° SPECIE:

1 La retta punteggiata. L’insieme di tutti i punti della retta. 2 Il fascio di rette. L’insieme di tutte le rette di un piano che passano per uno stesso punto ( questo si chiama centro del fascio) 3 Il fascio di piani. L’insieme di tutti i piani che passano per una stessa retta (questa si chiama asse del fascio) 2° SPECIE:

4 Il piano punteggiato. L’insieme di tutti i punti del piano. 5 Il piano rigato. L’insieme di tutte le rette del piano. 6 La stella di rette. L’insieme di tutte le rette dello spazio passanti per uno stesso punto (questo si chiama centro della stella) 7 La stella di piani. L’insieme di tutti i piani dello spazio che passano per uno stesso centro della stella (questo si chiama centro della stella) 3° SPECIE

8 Lo spazio punteggiato. L’insieme di tutti i punti dello spazio. 9 Lo spazio di piani. L’insieme di tutti i piani dello spazio. Escluse le forme 8 e 9, tutte le altre forme geometriche possono essere definite come figure i cui elementi omonimi appartengono a uno o più elementi di specie diversa. Questi elementi prendono il nome di sostegni della forma. PERTANTO:

• La retta è il sostegno di una punteggiata oppure di un fascio di piani. • Il punto è il sostegno di una stella di rette oppure di una stella di piani. • Il piano è il sostegno di un piano punteggiato oppure di un piano rigato. • Due sono invece i sostegni di un fascio di rette: il piano e il punto.

20


C on c e t to di ap par te n enz a

POSTULATI DELL’APPARTENENZA In precedenza abbiamo affermato che lo spazio proiettivo è lo spazio che si ottiene aggiungendo a quello della geometria ordinaria gli elementi impropri, cioè i punti, le rette, i piani all’infinito, e che la considerazione di questi elementi permette di estendere ed ampliare il concetto di forma geometrica. Analizziamo dunque i postulati dell’appartenenza e verifichiamo come le varie proposizioni divengano più significative nell’ambito dello spazio proiettivo rispetto a quello della geometria euclidea.

1. Due punti individuano una retta a cui appartengono.

4. Due piani individuano una retta a cui essi appartengono.

2. Un punto e una retta che non si appartengono, individuano un piano a cui essi appartengono.

5. Un piano e una retta, che non si appartengono, individuano un punto a cui essi appartengono.

3. Tre punti, non appartenenti ad una stessa retta, individuano un piano a cui essi appartengono.

6. Tre piani, non appartenenti ad una stessa retta, individuano un punto a cui essi appartengono.

P∞ s

r

m

P n

δ

Fascio di rette il cui sostegno è il piano δ e il punto P

δ

Fascio di rette il cui sostegno è il piano δ e il punto P improprio

r∞ μ β Ω r

μ β

Ω Fascio di piani il cui sostegno è la retta propria r

Fascio di piani il cui sostegno è la retta impropria r

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Cap i tolo _ III

ASSIOMI DI CONNESSIONE Le relazioni che si stabiliscono tra punti, rette e piani fanno parte del gruppo dinassiomi di connessione. Esempio: 1) Per due punti può essere tracciata una ed una sola retta; 2) Se due punti di una retta appartengono ad un piano, allora l’intera retta appartiene a quel piano; 3) Ogni retta contiene almeno due punti (requisito di minimalità); 4) Esistono in un piano almeno tre punti che non giacciono su una stessa retta (requisito di minimalità).

ASSIOMI D’ORDINE Questi assiomi descrivono le leggi che governano la posizione relativa di punti su una retta e la posizione reciproca di punti e rette su un piano. Gli assiomi che si riferiscono all’ordine dei punti su una retta sono espressi in termini di concetti fondamentali: “precedere” e “seguire”. Sono formulati nel seguente modo: 1) Due punti A e B su una retta r, l’uno può essere considerato “precedente” l’altro; se A “prece de” B, allora B “segue” A; 2) Se A, B, C sono punti di una retta, e se A “precede” B e B “precede” C, allora A “precede” C.

A

B

C

Questi due assiomi d’ordine da soli desrivono già proprietà caratteristiche di una retta, non godute però da tutte le linee (curve in generale), per esempio: muovendosi in senso orario attorno ad un cerchio e seguendo successivamente i punti A, B, C, constatiamo che il punto A pprecede B, B precede C, ma il punto C di nuovo precede A.

A

A

B B

A

C

C

B

Quanto detto vale se consideriamo i punti A, B, C presi su un cerchio limite (oriciclo); infatti rileviamo che A precede B, B precede C, ma di nuovo C precede A. Oppure B giace tra A e C; ma anche C giace tra A e B; e pure A giace tra B e C.

22


C on c e t to di ap par te n enz a

note

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 23


A5 A4 A3 A2 A1

A


Concetto di limite Capitolo IV


Cap i tolo _ IV

GLI ELEMENTI IMPROPRI Così i punti impropri e le rette improprie si comportano in modo analogo ai punti e alle rette di un medesimo piano: due punti individuano una retta; due rette individuano un piano. Per questo ci conviene chiamare piano improprio o piano all’infinito l’insieme di tutti i punti impropri e di tutte le rette improprie. I punti, le rette, i piani considerati dalla geometria elementare, si dicono propri. Le parole punto, retta, piano, senza precisazioni, indicheranno in senso più esteso, tanto gli elementi propri,

r r A

s

s Due rette parallele non hanno alcun punto in comune, hanno però in comune la direzione.

Due rette incidenti hanno un punto in comune.

In un piano siano date una retta r ed un punto P che non si appartengono, e si ritengano corrispondenti un raggio del fascio P ed un punto della retta quando si intersecano. Si noti che mentre il raggio s del fascio P, partendo da una posizione iniziale data dal punto A descrive il fascio in un senso prefissato (segnato in figura con una freccia), passando per le posizioni s, s1, s2, s3..., il punto corrispondente si muove sulla retta r con un verso determinato (da destra verso sinistra), passando per i punti A, A1, A2, A3... e sempre più allontanandosi da A. Più il raggio mobile s si avvicina a g, più il punto corrispondente si allontana da A fino a quando la sua distanza al diventa maggiore di qualsiasi segmento prefissato, comunque grande. Da ciò la locuzione di punto all’infinito. Mentre il raggio mobile s descrive un fascio a partire dalla posizione iniziale s, fino a sovrapporsi per la prima volta ad s=g (coincidente), il punto corrispondente descritto dalla retta r in un verso ben determinato ritorna in A dopo essere passato una ed una sola volta da ogni punto della retta, compreso quello all’infinito. Pertanto la conclusione relativa al punto improprio porta a vedere la retta come una linea nello spazio proiettivo. Un suo punto non la spezza in due parti, come ammette la geometria ordinaria, occorrono due punti per separare la retta in due parti o segmenti: e se i due punti sono entrambi impropri, uno dei due segmenti è infinito e l’altro è finito. Nel seguito, ove non sia avvertito il contrario, parlando di un segmento avente gli estremi al finito, si intenderà il segmento finito.

26


C on c et to di lim ite

Secondo la tradizionale concezione euclidea, che ancora non considera il concetto di infinito, due rette che si intersecano hanno in comune un solo punto; mentre due rette parallele invece, non hanno alcun punto in comune. Si dice però che hanno in comune la direzione. Questi due postulati sono stati riesaminati da diverse generazioni di matematici dal XVII secolo in poi, ed hanno dato forma a nuove interpretazioni. Quando due rette sono parallele tra loro, si usa dire che hanno la stessa direzione. D’ora in avanti sarà opportuno sostituire alla parola direzione, come locuzione equivalente, quella di punto improprio o di punto all’infinito. Con ciò si intende che due rette parallele si possano riguardare come un caso limite di due rette incidenti il cui punto comune sia punto improprio. Analogamente, quando due piani sono paralleli tra loro si usa dire che hanno la stessa giacitura. Conviene ora sostituire alla parola giacitura, quella di retta impropria o di retta all’infinito. Si dirà pertanto che due piani paralleli e ß hanno la stessa retta impropria o la stessa retta all’infinito.

P

A

g

s s

s

A

A

s

s

s

A

A

r

Due piani paralleli hanno in comune la giacitura, cioè la retta all’infinito o retta impropria. Quindi anche due piani paralleli si possono riguardare (caso limite) come due piani incidenti la cui retta comune è retta impropria anzichè retta propria (r)

P

r

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 27


Cap i tolo _ IV

APPLICAZIONI GRAFICHE L’introduzione del concetto di limite permette l’individuazione dei vari casi limite, molto importanti nella risoluzione di problemi di applicazione grafica. Esempi:

Triangolo limite con vertice improprio

Cono Limite A

1

A

1

A

1

A3

A2

A1 ∆

∂ ∆ +∫+∂ = 180° ∆ =∫=∂ = 60°

Cerchio Limite

A5 A4 A3 A2 A1

A

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C on c et to di lim ite

note

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 29


B C

A

D

E

B'

A'

C'

E'

D'


Concetto di corrispondenza biunivoca Capitolo V


Cap i tolo _ V

Il concetto a cui si ricorre, spesso è quello di corrispondenza biunivoca tra due insiemi detti anche gruppi o classi. Può trattarsi di oggetti qualunque, grandezze qualunque etc.. Trasformazione delle figure Se si considerano le figure F e F’ costituite ciascuna da un gruppo di punti, da un numero infinto o finito. Si dice che tra tra essi esiste una corrispondenza biunivoca. Quando viene osservata una legge, intendendo per legge un certo processo operativo (movimento, traslazione, rotazione, proiezione...) per il quale da ogni punto F corrisponde un punto F’ e viceversa. In altri termini si ha corrispondenza biunivoca quando si ha contemporaneamente corrispondenza in un verso o nell’altro. Gli insiemi o figure possono essere formati, come prima, da un numero finito o infinito di punti o elementi, è evidente che se il numero è finito deve esserlo per entrambe gli insiemi. Pertanto biunivoco implica la corrispondenza tra due classi di enti, tali che ad ogni elemento di ciascuna classe corrisponda uno ed un solo elemento dell’altra.

TRASFORMAZIONE SULLA TEORIA DEGLI INSIEMI Il più semplice tra gli esempi di corrispondenza biunivoca è quello riguardante il movimento assegnato a ciascuna figura. Se la figura F è costituita dall’intero piano F=F’ si verifica allora il caso di figure sovrapposte in corrispondenza biunivoca. ESEMPIO: se F è un’architettura, F’ è l’immagine dell’architettura. Dall’immagine posso risalire al reale

e viceversa.

Trasformazione per scorrimento

A

A'

B

B'

C

C'

r=r'

Se il sostegno m scorre su se stesso, quando il movimento sia cessato si ottiene che la m scorrendo si è portata in m’ e quindi i punti A A’ e B B’ sono in corrispondenza biunivoca.

32


C on c e t to di c or r ispon de n z a biu n ivoc a

TRASFORMAZIONE PER TRASLAZIONE Il movimento avviene secondo la direzione v (valore di spostamento) tanto nel caso in cui la figura F sia piana ed il movimento avvenga nello spazio, quanto la figura F sia piana ed il movimento sia sul piano.

B C

A

D

E

B'

A'

C'

D'

E' TRASFORMAZIONE TRANSITIVA

Se F e F’ sono in corrispondenza biunivoca, ed F e F’’ pure sono in corrispondenza biunivoca, tra F e F’’ si stabilisce allora una corrispondenza fondata su una nota proprietà che si chiama transitiva.

A F

C

B

s∞ A' F'

A''

C'

B'

F'' C''

B''

Oltre alle trasformazioni prima elencate ne esiste un’altra che riveste un interesse particolare da un punto di vista proiettivo. Si tratta della trasformazione per proiezione. Le proiezioni sono anch’esse trasformazioni biunivoche che avvengono sul piano o sullo spazio costruito per mezzo di un numero finito di successive operazioni di proiezione e sezione.

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Cap i tolo _ V

TRASFORMAZIONE PER PROIEZIONE: LA PROSPETTIVITÀ E LA PROIETTIVITÀ

r

α

S

S

α M

M'

B'

A

B π

Fig.1

A' r'

B'

C'' β

o

B

Fig.2

Analizziamo meglio la questione occupandoci della prospettività e della proiettività. Si consideri un’operazione abbastanza semplice riguardante la proiezione sopra un piano. Si assuma un piano δ un piano π (quadro) ed un punto S (centro di proiezione). Partendo da un punto A di δ si perviene ad un punto A’ di π; partendo da un punto B’ di π si perviene ad un punto B di δ tramite proiezione o una sezione. Con questa operazione si stabilisce tra il piano δ ed il piano π un riferimento, perché è sempre possibile associare reciprocamente un punto di un piano con un punto di un altro. Per rendersi conto in modo preciso di questa proprietà associativa reciproca tra punti e rette di un piano e tra punti e rette di un altro piano, si pensi alla proiezione di un film della quale risulta evidenze che ad ogni punto dello schermo corrisponde un punto della pellicola e viceversa. Attraverso le dimostrazioni ora esemplificate risulta ora evidente che, se il punto A descrive la punteggiata r, il punto corrispondente A’ descrive la retta r’ e viceversa. I due piani δ e π si chiamano prospettivi (δ non deve essere // a π e alcuno dei due piani deve contenere il centro S). Il centro S è il centro di proiezione e i piani δ e π sono, pertanto, in corrispondenza biunivoca. Questa corrispondenza si chiama prospettività perché ogni ente di π è reversibile in δ ed ogni ente di δ è reversibile in π. La corrispondenza biunivoca tra punti e punti e tra rette e rette di un piano π, ora analizzata, si chiama omologia e omologo significa corrispondente e prende il nome di proiettività. Quando questa corrispondenza si verifica tra piani distinti allora si chiama omografia o collineazione. L’aspetto notevole di queste corrispondenze è che quando un punto descrive una retta anche il suo corrispondente descrive una retta. Due punti omologhi A ed A’ sono allineati con in centro di omologia e due rette r e r ’ sono unite sopra una retta fissa chiamata asse dell’omologia. In conclusione l’omologia è il prodotto di una doppia prospettiva e come mostra la figura (fig.2) la corrispondenza tra punti e punti, rette e rette del piano, presenta le seguenti proprietà: 1) Siccome dipende dalla prospettività tra due stelle S e S’ è biunivoca. 2) Ad ogni movimento rettilineo di un punto, il suo omologo compie pure un movimento rettilineo. 3) Due punti corrispondenti M e M’ sono allineati con un punto fisso O detto centro di omologia. 4) Due rette corrispondenti r e r’ si tagliano sopra alla retta fissa o; retta costituita da tutti i punti uniti, chiamata asse di omologia (fig.3).

34


C on c e t to di c or r ispon de n z a biu n ivoc a

Ne consegua che l’omologia risulta individuata se sono noti il centro, l’asse ed una coppia di elementi

Fig.3 M'

w M

r

ass e

O = centro

o

L'OMOGRAFIA In geometria descrittiva è detta omografia o collineazione, la proiettività fra due forme di seconda specie (piano punteggiato, piano rigato, stella di rette, stella di piani) dello stesso nome, due piani o due stelle. Ad esempio: dati due piani punteggiati omografici π e π1 distinti, ai punti A di una retta r del piano corrispondono i punti A’ del piano �1 e viceversa; ossia, anche gli elementi che si corrispondono sono dello stesso nome. Se, in particolare, l’omografia è tra piani sovrapposti, la proiettività prende il nome di omologia. Riassumendo possiamo dire che l’omologia è determinata dal prodotto di due prospettività. Pur essendo un processo essenzialmente spaziale, l’omologia produce oggetti specifici nel piano, che possono essere studiati indipendentemente dalla configurazione spaziale che li ha generati. Tale circostanza conferisce all’omologia una particolare rilevanza nell’ambito della raffigurazione proiettiva, in quanto permette tramite elaborazioni grafiche di individuare nel piano le trasformazioni delle immagini che scaturiscono da differenti riferimenti esterni. In conclusione l’omologia si può presentare come struttura unificante nell’ambito di diversi metodi di rappresentazione.

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 35


S

S’

P

r

A

B C

D

d

D’

c

C’

b

B’ A’

a


L’invariante proiettivo Capitolo VI


L’invariante è il carattere di una figura che si conserva invariato anche quando questa figura è soggetta a determinate trasformazioni proiettive. LE PROPRIETÀ INVARIANTI SONO QUATTRO:

• L’allineamento • L’appartenenza • La concorrenza • L’indicenza Quando si esegue la proiezione di una figura F si ottiene una figura F’ che può essere notevolmente diversa dalla F. Così i segmenti che sono uguali in F possono diventare diversi in F’, rette incidenti trasformarsi in parallele e viceversa, gli angoli alterarsi comunque. Sembrerebbe così che nella figura F’ vengano a sparire i caratteri della F. Ora se si considera che la fotografia è in sostanza una proiezione, e che dalla fotografia di un oggetto possiamo riconoscere l’oggetto stesso, si può indurre che la proprietà della F si debbano ritrovare nella F’. Nasce così il concetto degli invarianti: quindi una certa proprietà è un invariante proiettivo quando sia comune ad una figura e ad ogni sua proiezione. Per esempio, è invariante la proprietà che tre punti sono allineati, o, similmente, che tre rette passino per un punto. La prospettività rappresenta l’esempio più evidente e significativo di invariante nonostante la trasformazione proiettiva: infatti nella figura-immagine si riconoscono le caratteristiche della figuraoggetto, proprio in virtù delle proprietà proiettive ora descritte. È ovvio che il discorso verrà ripreso e opportunamente approfondito quando verranno affrontati argomenti anche molto complessi, quali le coniche, le omologie, la polarità, la proiezione centrale, la prospettiva, ecc...

S

P

r S’

A

B

C D

D’ C’ B’ A’

38

r’

P’


1) ALLINEAMENTO

Se i punti A, B, C, D... sono allineati su una retta r di un piano π; dopo la trasformazione proiettiva, i punti A’, B’, C’, D’... saranno anch’essi allineati sulla retta r’ del piano π ’.

2) APPARTENENZA

Se un punto A appartiene ad una retta r di un piano π, dopo la trasformazione proiettiva, il punto A’ appartiene alla retta r’ del piano π’.

3) CONCORRENZA

Se più rette a, b, c, d ... concorrono nel punto P del piano π, dopo la trasformazione proiettiva le rette a’, b’, c’, d’... concorreranno nel punto P’ del piano π’.

4) INCIDENZA

Se due rette a e b sono incidenti nel punto P del piano π, dopo la trasformazione proiettiva le rette a’ e b’ saranno ancora incidenti nel punto P’ del piano π’.

S

S’

P

r

A

B C

D

d

D’

c

C’

b

B’

A’

a

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 39


40

m

t

p

v

E

I

s

M

C

l

n

B

G

P

R

Q

T

A

M

D

L’

F

u

u

L’

F’ Q’ N’ B’

l’

I’ p’

G’ C’

q’ E ’

P’

D’ M’ T ’ R’

V’

A’

n’

v’

s’

t’

m’

O


L'omologia Capitolo VII


Cap i tolo _ VII

L’OMOLOGIA GENERALE Omologo significa corrispondente, e perciò si chiama omologia la corrispondenza biunivoca fra punti e punti, fra rette e rette di un piano p; l’aspetto fondamentale di questa corrispondenza è che, quando un punto descrive una retta il suo corrispondente descrive pure una retta, due punti omologhi M M’ sono allineati con il centro O (centro dell’omologia) e due rette omologhe r r’ hanno un origine comune su una retta fissa.

Omologia generale Le omologie particolari

Omotetia Asse o improprio e centro O proprio

Omologia Affinità o omologia speciale affine Il centro O

dell’ omologia appartiene all’asse o

Equipollenza O congruenza per traslazione. Asse o improprio e centro O proprio

Asse o proprio, centro O improprio

Affinità Obliqua

Asse o proprio, centro O improprio e direzione dei raggi proiettori obliqua all’asse

42

Affinità Ortogonale Asse o proprio, centro O improprio e direzione dei raggi proiettori ortogonali all’asse, questa affinità è un’omologia di ribaltamento

Omologie involutorie Omologie che dipendono da una conica che si trasforma in se stessa. Infatti, se una conica propria è il prodotto di una trasformazione omologica del cerchio ed un’involuzione è una conica che si trasforma in se stessa, la polarità individuata da una conica è omologia involutoria.

Affinità ortogonale o armonica

Asse o proprio, centro O improprio, direzione dei raggi proiettori ortogonali all’asse e figure omologiche uguali e speculari


L' omol o g ia

PROBLEMA N°1 Data una circonferenza, l’asse o, il centro O ed una coppia di elementi omologhi Q e Q’, costruire l’ellisse omologo.

(S) Ξ O Ξ centro di omologia

K

B

A L Q b

C

F’

retta limite

m

a f

D asse omologia u

u’

u

D’

F uu

o C’ Q’

L’

m’

A’

K’

B’

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 43


Cap i tolo _ VII

PROBLEMA N° 2 Data una circonferenza, il centro di omologia O, l’asse di omologia o e una coppia di punti omologhi Q e Q’, determinare la figura corrispondente (ellisse). Inoltre si chiede di determinare un punto H interno alla circonferenza, un punto K esterno e il punto T di tangenza data da una tangente t che lo determina.

o = asse u

q’

n∞q s’

K n’ P’

A

P

A’

G’

V’

n G s

F’

C Q

m’

M’ T’

v’

R’

l’ D E

M T

M v

B l

44

D’

L’

I

m

I’ p’ E’ N’ B’

L’

p t

C’

Q’

F

O

t’

R

u


L' omol o g ia

OMOLOGIA ORTOGONALE AFFINE PROBLEMA N° 3 Data una circonferenza, l’asse o, il centro di omologia O∞, la direzione ortogonale all’asse e una coppia di elementi omologhi, trasformare la circonferenza nell’ellisse mediante un’omologia ortogonale affine.

O∞ C

B

D

A

L.T.

Σ

o

u O∞ B

B’ a’

a C

Q A

b

A’

D d

b’

Q’

C’

D’ d

d d

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 45


Cap i tolo _ VII

OMOLOGIA OBLIQUA AFFINE PROBLEMA N° 4 Data una circonferenza, l’asse o, il centro di omologia O∞ e una coppia di elementi omologhi Q e Q’ costruire la corrispondente ellisse mediante l’omologia affine obliqua.

a B

O∞ K C

u A

b

Q

u L A’

L’

a’ B’

Q’ K’

D

D’

u u

C’

o

b’

46


L' omol o g ia

L’OMOTETIA: L’omotetia è una vera e propria omologia particolare, nella quale l’asse è una retta impropria, mentre il centro è un punto proprio. In altre parole ciò significa che i piani α e π sono tra loro paralleli e quindi sono ancora prospettivi e in corrispondenza iunivoca. Le figure ottenute attraverso questa particolare omologia sono pertanto simili e godono di tutte le proprietà della similitudine.

O

b

C

a

B m’

A

O a’

b’

B’

C’

m

A’

1° criterio Due triangoli sono simili se hanno due angoli ordinatamente uguali. 2° criterio Due triangoli sono simili se hanno un angolo uguale compreso tra lati proporzionali. 3° criterio Due triangoli sono simili se hanno i tre lati ordinatamente proporzionali.

O

O

a b

c c A M

C

A a B

b

L

N

C’ B’ A’ c’

B

M

L

a’

C

B’

o b’

N o

A’ c’ b’

C’

a’

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 47


Cap i tolo _ VII

TEOREMA DI GÉRARD DESARGUES O DEI TRIANGOLI OMOLOGICI (1593 – 1662) 1° ENUNCIATO

Se due triangoli appartenenti ad uno stesso piano, non aventi né vertici né lati in comune, comunque tra loro riferiti, sono tali che le rette congiungenti coppie di vertici corrispondenti passano per uno stesso punto, i punti d’incontro di ogni lato dell’uno con il lato corrispondente dell’altro sono allineati. L = ( c c’ ); M = (b b’); N= (a a’) O

a c A M

C

B

b

L N

C’

o

B’ b’

A’ a’

c’

2° ENUNCIATO

Se due triangoli appartenenti ad uno stesso piano non aventi né vertici né lati in comune, comunque tra loro riferiti sono tali che i tre punti d’incontro dei lati dell’uno con i lati corrispondenti dell’altro sono allineati, le rette che congiungono coppie di vertici corrispondenti passano per uno stesso punto. O= ( A A’ ); O= ( B B’); O= ( C C’)

O

a c A M

C

B

b

L N

C’

o

B’ b’

A’ a’

48

c’


L' omol o g ia

Si ricorda che nell’omologia affine è costante il rapporto dei punti omologhi dell’asse. Quindi data una qualsiasi circonferenza ( vedi figura ), questa proprietà consente di raffigurare le ellissi con qualsiasi rapporto tra l’asse maggiore e l’asse minore. O

C 5

N

N

4 3

M

M

2

m

N’

1 m

A

u

a

o ΞQ

R

R

R’

B

b

Costruzione dell’ellisse mediante l’omologia affine ortogonale. O

B

X B’ Y

X’

b O

a A

T Q

h

asse

C

D’

asse

D

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 49


a

m b

S


Le Coniche Capitolo VIII


Cap i tolo _ VIII

Pur essendo un processo essenzialmente spaziale, l’omologia produce effetti specifici nel piano che possono essere studiati indipendentemente dalla configurazione spaziale che li ha generati. Tale circostanza conferisce all’omologia una particolare rilevanza nell’ambito della raffigurazione proiettiva, in quanto permette, tramite elaborazioni grafiche, di individuare nel piano le trasformazioni delle immagini che scaturiscono da differenti riferimenti esterni. In conclusione l’omologia si può presentare come struttura unificante nell’ambito di diversi metodi di rappresentazione.

IL CONO Si dice cono la superficie luogo di tutte le rette che da un punto dello spazio proiettano tutti i punti di una linea curva, piana o sghemba. Il punto dello spazio si chiama vertice, le rette proiettanti si dicono generatrici, la curva prende il nome di direttrice

V

V g

L

g

O

L

L

O

Si dice invece cono circolare, quel cono la cui direttrice è una circonferenza. Si chiama cono circolare retto quel cono che ha per direttrice ancora una circonferenza, ma in cui l’asse e l’altezza sono coincidenti. Ciò porta a concludere che il cono circolare retto si configura come un vero e proprio caso particolare perché è generato dalla rotazione completa, cioè di 360°, di un triangolo rettangolo attorno ad uno dei suoi cateti. Il cono quadrico invece è il cono che ha per vertice un punto, per generatrice una retta e per direttrice una conica propria. Il cono a cuneo è quel cono che ha per direttrice una circonferenza, per generatrici rette sghembe e per vertice una retta.

52


Le C on ich e

1 - cono circolare retto2

- cono circolare obliquo

V

V g

h g h

O

90° 90°

P

O L

3 - cono circolare a due falde

L

4 - cono limite (vertice improprio)

A

L

O

V

V v V V

h

O

O A

L

g

L g

h

LE CONICHE Si dice sezione conica, o più semplicemente conica, quella linea che si ottiene sezionando un cono circolare con un piano. Tra la linea ottenuta e la circonferenza direttrice del cono, si stabilisce una corrispondenza che già conosciamo, perché riguardante in modo diretto la prospettività, la proiettività e quindi l’omologia. Infatti le coniche si configurano come trasformazioni proiettive del cerchio. In altre parole esse sono curve proiettive. Si hanno però due classi di coniche: Le coniche degeneri quando il piano secante passa per il vertice del cono (queste sono anche coniche limite). Le coniche proprie, quando il piano secante non passa per il vertice del cono. Quindi le coniche proprie si possono riguardare come immagini del cerchio proiettato dal vertice V sul piano π, che è al tempo stesso, come si è detto, piano sezionante. Ciò significa che le coniche proprie sono figure prospettive del cerchio e, a seconda dell’orientamento del piano secante rispetto alle generatrici del cono, si determinano le tre classi di coniche proprie: la classe delle ellissi, la classe delle parabole, la classe delle iperbole.

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 53


Cap i tolo _ VIII

L’ELLISSE L’ellisse risulta determinata dal taglio di un cono circolare con un piano non parallelo al cerchio L e non parallelo ad alcuna generatrice. Risulta evidente che tutte le generatrici intersecano il piano e quindi tutti i punti d’intersezione sono punti propri. La curva si presenta come una linea chiusa, ed il piano secante π taglia una sola falda del cono. La retta f della conica degenere risulta esterna al cerchio L, come pure l’origine o del piano secante π con α.

V

L’ f

o h

Q

L

V

s p‘

m m’

A’

p

s’

Q’ u

p

A Q

u L

m s h

o f

54


Le C on ich e

LA PARABOLA La parabola risulta determinata tagliando un cono circolare con un piano parallelo ad una sola generatrice Ciò significa che tutte le generatrici, meno una, vengono tagliate piano π determinando punti propri che formano la L’; un solo punto è improprio, M∞, ed appartiene alla giacitura del piano π e del suo parallelo π’. La curva si presenta come una linea aperta (chiusa nello spazio proiettivo) e ad un solo ramo, perché il piano α taglia una sola falda del cono. In questo caso la retta f (retta limite) è tangente il cerchio L, mentre l’origine o è secante.  V

L’

h

Q

L

o

f

p

p’

s

V

piano secante A’

h o

L’

f m’ O’

p

M A

A’

O L

m

s

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 55


Cap i tolo _ VIII

L’IPERBOLE L’iperbole risulta determinata dal taglio di un cono circolare a due falde con un piano parallelo a due generatrici. Ne discende che tutte le generatrici, meno due, incontrano il piano determinando i punti propri della curva; due soli di essi sono impropri (M∞ e Q∞) ed appartengono alla giacitura del piano π secante. La curva si presenta come una linea aperta illimitata e a due rami, perché il piano π interseca le due falde del cono. La retta limite f e l’origine o sono entrambe secanti il cerchio L.

L

o

r V

s p

m

o

o

h

L

L’ Q

L

f

o

V

f

o

p m

B

o L

A

M

8

Q

Si verifica la conica iperbolica quando il piano secante π (non passante per il vertice) è parallelo a due generatrici, cioè quelle due generatrici determinate dal piano π della conica degenere. La curva presenta due rami per il semplice motivo che in questo caso l cono è a due falde. Poiché queste coniche proprie sono vere e proprie trasformazioni omologiche, i esse si trasformano, anzi si trasferiscono, tutte le proprietà del cerchio che mediante le proiezioni si conservano (invariante proiettivo).

56


Le C on ich e

ALCUNE PROPRIETÀ GENERALI DELLE CONICHE 1) Una conica può essere tagliata da una retta del suo piano in due punti, può essere incontrata in un solo punto (due coincidenti), oppure non incontrata in alcun punto.

S B

r

r

t

S

A

t

T A B

T A B L’

A

B L’

2) Da un punto dello stesso piano della conica è possibile condurre due tangenti ad essa, se il punto è esterno, una sola tangente se il punto è sulla conica, nessuna tangente se il punto è interno

A

T’ A

L’

t’

T’’

t’’

A L’ T

t

3) Una conica risulta sempre compresa tutta nell’angolo di due sue tangenti

L’ t T T

t

T

A

T

t

A

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 57


Cap i tolo _ VIII

CONICHE LUOGO E CONICHE INVILUPPO Un cerchio può essere considerato come insieme dei suoi punti (cerchio luogo) o come insieme delle sue tangenti (cerchio in viluppo). Si osservi subito che presi due punti del cerchio luogo A e B quando si faccia tendere B ad A, la loro congiungente c=AB ha come limite la tangente in A; cioè un elemento del cerchio in viluppo appare come la congiungente di due elementi infinitamente vicini del cerchio luogo; viceversa se si hanno due tangenti a e b, si consideri il loro punto comune C=ab: quando la tangente b variando entro la famiglia delle tangenti al cerchio tende alla tangente a il punto comune ha come limite il punto di contatto di a; cioè un elemento del cerchio luogo appare come l’intersezione di due elementi del cerchio in viluppo tra loro infinitamente vicini. Proiettando o trasformando il cerchio in una conica altrettanto si potrà dire per i punti e le tangenti della conica. Ne discende che proiettando un cerchio in viluppo si ottiene una conica inviluppo, insieme delle tangenti alla conica. Pertanto per una conica inviluppo si ha una generazione proiettiva duale della generazione proiettiva della conica luogo e vicevrsa. Quindi le coniche si possono considerare o come luogo dei loro punti o come inviluppo delle loro tangenti.

A

B

O a b

PROIETTIVITÀ TRA DUE FASCI DISTINTI Due fasci a,b,c e a’,b’,c’ distinti e complanari sono proiettivi. Il centro della priettività consente di costruire quante si voglioo coppie di raggi corrispondenti in due fasci proiettivi distinti. In altre parole tra due fasci distinti D ed E, esiste una ed una sola proiettività che fa corrispondere a tre raggi a,b,c arbitrariamente scelti sul fascio E; e tale proiettività si costruisce mediante proiezioni e sezioni in numero finito.trasferiscono, tutte le proprietà del cerchio che mediante le proiezioni si conservano (invariante proiettivo).

P O

E

D

A B

C

a b

c’ c

58

a’

b’

p o


Le C on ich e

Prima di procedere alla costruzione proiettiva delle coniche per punti e per tangenti è opportuno ricordare che nello spazio proiettivo la conica è una linea chiusa,anche quando si presenta aperta come nel caso della parabola e dell’iperbole, ciò conferma quello che è stato detto più volte, cioè che lo spazio proiettivo non è altro che lo spazio della geometria euclidea con l’aggiunta degli elementi impropri. Le coniche luogo e le coniche inviluppo sono determinate da cinque condizioni in uno qualunque dei modi indicati dallo specchietto seguente

PUNTI

TANGENTI

5

0

4

1

3

2

2

3

1

4

0

5

CONICHE LUOGO

CONICHE INVILUPPO

Per la conica luogo le tangenti assegnate devono passare per i punti dati; e similmente per le conica inviluppo i punti di contatto assegnati devono appartenere alle tangenti date, come risulta evidente dai problemi e dalle figure che seguono.

APPLICAZIONI GEOMETRICHE DELLE CONICHE INVILPPO Una conica può essere individuata attraverso gli inviluppi PM, quando si tiene fisso un punto S e si fa muovere P su una circonferenza fissa, e l’angolo SPM è un angolo retto. Il cerchio dato è l’antipodaria e la conica ottenuta si chiama podaria, che è il luogo dei piedi delle ortogonali condotte da S alle tangenti della curva data. La questione però è reversibile, in quanto la curva data pu essere la conica (antipodaria), e la circonferenza la curva ottenuta (podaria). Per tanto si ottiene l’ellisse quando S è interno alla circonferenza data e l’iperbole quando S è esterno alla circonferenza stessa. Si ottiene invece la parabola nello stesso modo facendo muovere P sulla retta fissa ortogonale all’asse focale; la retta, che è bene ricordare, nello spazio proiettivo si può riguardare come una curva di centro infinito.

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 59


Cap i tolo _ VIII

ELLISSE, IPERBOLE, PARABOLA Conica individuata attraverso gli inviluppi PM, quando si tiene fisso un punto S e si fa muovere P su una circonferenza e l’angolo SPM è un angolo retto. Si ottiene l’ellisse quando S è interno alla circonferenza e l’iperbole quando S è esterno alla circonferenza.

M 3

4

5

2

6

7 P 1

1

P

3

S

Q

a

asse focale

asse focale

SQ

Q

b

b

Si ottiene la parabola nello stesso modo, facendo muovere P sulla retta fissa l

b m

S

60

2

a

SA

a


Le C on ich e

PROBLEMA N°4 Dati cinque punti propri, costruire la conica ellittica. P O

A

B

C

E

D

A

a

C

B

p o

c’

b b’ c a’

PROBLEMA N°5 Dati cinque punti propri costruire la conica ellittica nel caso particolare in cui il centro della proiettività sia improprio. O

t

P

t

C

B A

D

o p

u u

c’

E C A

b’

B

a b

a’

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 61


Cap i tolo _ VIII

PROBLEMA N°6 Dati 4 punti A, B, C, D propri ed uno improprio E∞ costruire la conica luogo (parabola). Dati 4 punti A, B, C, D propri ed uno improprio E∞ costruire la conica luogo (parabola).

t

E P=O

C B E

A

T=D

A a B b

C

c

c a

62

b


PROBLEMA N°7

Date 5 tangenti costruire la conica inviluppo.

e

d

a

A = (da); A’ = (ea); B = (bd); B’ = (eb); C = (dc) C’ = (ec);

A

K’

A’

1 2

H

1° asse della collineazione u

u n u K

Q’

c

3

u

C’

H Q

B’

B

b

C

d

A

A’

n

B

C

B’

o asse di collineazione

asse della proiettività

3

2° asse della collineazione

n

C’

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 63


Cap i tolo _ VIII

POLARITÀ ED ANTIPOLARITÀ RISPETTO AD UNA CONICA Nel piano di una conica L si ritengono corrispondenti un punto P ed una retta p che sono centro ed asse di una stessa involuzione sopra la conica; essi si chiamano polo e polare rispetto alla L. Tale corrispondenza è biunivoca senza eccezioni e si dice polarità rispetto alla conica. SUSSISTONO LE SEGUENTI PROPRIETÀ:

1) La polare di un punto P rispetto ad una conica L è per la conica retta secante, esterna o tangente a seconda che P sia esterno, interno o appartenente ad essa. t

t

p

p T

Q

L

p t

T

P

P

Q

p

Q

L

polo interno

P T

L polo esterno

polo tangente

2) La polare di un punto P improprio è secante e passa per il centro della conica, mentre la polare di un punto P coincidente con il centro, è retta impropria. p t

p

T

t

Q

P Q P

L T

T

p

L T

3) La polare di un punto P esterno alla conica passa per i due punti di contatto delle tangenti alla L uscenti da P. 4) La polare di un punto P rispetto alla conica L è il luogo dei coniugati armonici di P rispetto alle due intersezioni di una retta passante per P con la conica. 5) Tutti, e solo i punti della L appartengono alle loro polari; tutte e solo le tangenti della conica appartengono al loro polo. Avvertenza: Quando ci riferiamo alla polarità intendiamo una conica propria e non degenere.

64


Le C on ich e

PROBLEMA N°8 Data una conica L (caso limite) ed il polo P esterno ad essa, determinare il polo P.

P

C

T

B N A

r

s M

p

T

C’

Q

c s’

r’ B’ L L’

A’

b a

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 65


Cap i tolo _ VIII

PROBLEMA N°9 Data una parabola e il polo P esterno determinare la polare p nella relativa involuzione.

P O

T

C B

p

A

T1

A’

B’

t

C’

66

o


Le C on ich e

PROBLEMA N°10 Data una parabola ed il polo P esterno, determinare la polare nella relativa involuzione.

polo

P O

s A

G u M

B

m

u

C u

A’

N

R u p o polare

t G’ a

L L’ s’

B b

m’ c

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 67


Cap i tolo _ VIII

CONICA CHE SI TRASFORMA IN SÉ STESSA (INVOLUZIONE) Quanto si è ora esposto ci pone in una posizione vantaggiosa per analizzare i casi di polarità rispetto ad una conica e per la loro relazione basta procedere nel modo indicato con le figure. E’ privo di importanza, al momento, il fatto che il polo P sia esterno, interno o appartenente alla conica stessa, trattandosi di casi particolari di posizione che scaturiscono dallo stesso principio generale. Poiché le relative verifiche grafiche trovano conferma di quanto si è analizzato in modo semplice, ma ineccepibile attraverso la circonferenza e cioè che la conica si trasforma in se stessa (involuzione), giova rilevare che ci troviamo di fronte ad una particolare omologia, chiamata appunto omologia involutoria.

L’ANTIPOLARITÀ Se due punti P e P’ sono simmetrici rispetto ad un punto Q, le loro polari p e p’ sono simmetriche rispetto Q: cioè se due rette sono simmetriche rispetto al centro Q, anche i loro poli sono simmetrici rispetto a Q. Dunque, data in un piano. p’

p

P

Q

P’

t

P’

P

polo

Q

antipolo

antipolarep p’

t

p

olare

Analogamente ad ogni retta p si faccia corrispondere non già il suo polo P ma il punto P’ simmetrico di P rispetto a Q, che è il polo della retta p’ simmetrica della p. Questa corrispondenza ω’ (che è il prodotto di una polarità ω per la simmetria rispetto al centro della ω, e queste due operazioni, essendo permutabili, perché è indifferente eseguire prima la polarità e poi la simmetria, o, viceversa, prima la simmetria e poi la polarità) si dice antipolarità. Un punto ed una retta che si corrispondono in una antipolarità si dicono antipolo e antipolare.

68


Le C on ich e

PROPRIETÀ DIAMETRALI DELLE CONICHE Il diametro di una conica L è la polare di un punto improprio rispetto alla L. Il centro, invece, è il polo della retta impropria. Poiché ogni punto improprio appartiene alla retta impropria, per la legge di reciprocità, ogni diametro passa per il centro e, viceversa ogni retta passante per il centro della conica ha il polo sulla retta impropria è quindi un diametro. Il centro può essere un punto proprio o anche improprio; in quest’ultimo caso, esso appartiene alla sua polare, ed è perciò un punto della conica: la conica è pertanto una parabola. Il centro di una conica (quando è al finito) è punto medio di ogni corda della conica passante per esso, ossia è per la conica centro di simmetria. Per tali motivi le coniche si distinguono in coniche a centro, che hanno cioè il centro al finito (ellisse e iperbole), e in coniche non a centro, che hanno invece il centro all’infinito (parabola). La distinzione si riferisce unicamente al fatto che il centro risulti o meno per la conica centro di simmetria.

P∞

P

P∞

D P∞

C

o

A a

co

t

rd

di

am

etr

A

Q

Q C

p B

B

dia

L

me p tro

D p

t

p

L

In una conica ogni diametro (che non sia tangente alla conica) è luogo dei punti medi di un sistema di corde parallele. La direzione comune di queste corde, che è quella del polo improprio del diametro, si dice coniugata al diametro o reciproca di esso. Ne consegue che una conica è simmetrica rispetto ad ogni suo diametro nella direzione coniugata al diametro stesso. Poiché le tangenti negli estremi di un diametro passano per il polo della corda, ne discende che le tangenti di una conica negli estremi di un diametro sono parallele alla direzione coniugata. In geometria analitica, si dicono coniugati se un diametro dimezza tutte le corde parallele all’altro. Così nell’ellisse sono coniugati i diametri AB e CD. In geometria proiettiva, due diametri di una conica si dicono coniugati se nella polarità definita in una conica sono polare del punto improprio dell’altro. Nella parabola tutti i diametri sono paralleli e ognuno di essi, passando per il punto improprio della parabola, incontra ulteriormente la conica, al finito, in un solo punto. Anche in questo caso il diametro è luogo dei punti di un sistema di corde parallele alla direzione coniugata. tangente

P

P

t Q diametri

V

asse p=a

corda

LL

t

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 69


Inoltre nella parabola il punto improprio P∞ nella direzione ortogonale ai diametri ha per polare un diametro p=a, che si chiama asse della parabola, in quanto è per la conica asse di simmetria ortogonale. Il punto V in cui esso incontra la conica si dice vertice della parabola, e la tangente t del vertice è ortogonale all’asse. Nell’ellisse ogni diametro è una retta secante perché il centro è un punto interno; in particolare ogni asse incontra l’ellisse in due punti che si chiamano vertici. L’ellisse possiede pertanto 4 vertici reali e la tangente all’ellisse in un vertice è ortogonale all’asse che passa per quel vertice. Le lunghezze dei due assi sono disuguali; per cui nell’ellisse si ha un’asse maggiore e un asse minore. Quindi i due assi AB e CD, dividono l’ellisse in quattro parti uguali, poiché essi sono assi di simmetria.

B K

N

A

Q

C

ato

d tro

L

me

dia

M

H D

Gli assi delle conica ellittica data (dopo aver determinato un diametro qualsiasi e il suo punto medio Q, nel modo ormai noto), si possono costruire speditamente tracciando la circonferenza che ha per diametro un diametro dell’ellisse, ad esempio MN. Per il punto Q del diametro MN con raggio QM si descriva la circonferenza che incontra la conica nei punti H e K. Le corde MH e NH sono parallele agli assi cercati che, ovviamente, passano per il centro Q.

70


Le C on ich e

a’o asse idealeasse non trasversoQKTasintotoasse trasversoa’ah’hHBAL. Ciò si verifica, in particolare, per i due assi h e h’, dei quali si chiama traverso quello secante e non traverso, o ideale, quello esterno, cioè non secante. Pertanto, l’iperbole possiede due vertici reali: i due punti A e B in cui essa è incontrata dall’asse traverso. La lunghezza del segmento AB si chiama lunghezza dell’asse traverso. Gli assi di una iperbole sono le bisettrici degli angoli degli asintoti e sono fra loro ortogonali. La tangente all’iperbole in un vertice è ortogonale all’asse traverso e incontra gli asintoti in due punti H e K, simmetrici rispetto all’asse traverso; la lunghezza del segmento HK si dice lunghezza dell’asse ideale dell’iperbole. Un caso particolare di iperbole si presenta quando gli asintoti sono tra loro ortogonali. L’iperbole si dice allora equilatera.

h’

bisettrice

Q

bisettrice

AB

ot as in t

h’ a

a

H H

asse trasverso

asse trasverso h

A Q

T

B

h

K L

L

a’

a’

asse non trasverso o asse ideale

to

as in

to

to

to

in as

asse trasverso

o

a’

L

Nella parabola il punto improprio A∞ nella direzione ortogonale ai diametri ha per polare un diametro a, che si chiama asse della parabola in quanto è per la conica asse di simmetria ortogonale. Il punto V in cui incontra la conica si dice vertice della parabola, e la tangente nel vertice è ortogonale all’asse.

A

=P

a=p

V

L t

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 71


Cap i tolo _ VIII

FUOCHI E PROPRIETÀ FOCALI Il fuoco corrisponde al polo, la direttrice alla polare. Il fuoco è un punto interno alla conica. I fuochi di una conica appartengono ai suoi assi e sono simmetrici rispetto al centro.

c

H

a K

b P

B

B F

A

d

Q

F

C

i

R

f

F

b Q

a

L’ N tangente

D

M tangente

AF1 = AQ F1Q siccome F1 = AB = AQ 2 Applicando il teorema di Pitagora al triangolo a(F1Q), b(QC), i(F1C), si ottiene: a √ i2 b2 Sia L una ellisse, siano A e B gli estremi dell’asse maggiore, C e D gli estremi dell’asse minore e siano ordinatamente a, b, c, d, le tangenti alla conica nei suoi vertici A, B, C, D. Il trilatero circoscritto a b c ha un vertice improprio H∞ e altri due vertici propri K e P. Il cerchio di diametro KP, avendo il raggio CP=QB maggiore della distanza CQ del centro dell’asse AB, incontra questo asse in due punti F1 e F2 (simmetrici rispetto a Q), ognuno dei quali è un fuoco della L. Se si ripete la costruzione rispetto al trilatero bcd, che ha un vertice improprio R∞ e due vertici propri P e M, il cerchio di diametro PM non incontra l’asse CD, perché il suo centro B ha dalla retta CD distanza maggiore del raggio. Questo prova che non possono esistere fuochi sull’asse minore dell’ellisse. Quindi, l’ellisse possiede solo due fuochi reali, situati sull’asse maggiore e simmetrici rispetto al centro. Se i due assi dell’ellisse sono uguali, il che vuol dire che l’ellisse è un cerchio, il semicerchio di diametro KP è tangente in Q alla AB. Ne consegue che nel cerchio i due fuochi coincidono con il centro.

72

H

a

b P

B

K A

Q F

L’

D

F

C

c


Le C on ich e

L’iperbole possiede solo due fuochi reali, situati sull’asse traverso e simmetrici rispetto al centro. Sia L una iperbole; sia AB il suo asse traverso e siano a e b le tangenti alla conica nei vertici A e B. Un asintoto c incontri le rette a e b nei punti K e P. Il cerchio di diametro KP incontra l’asse traverso in due punti F e F2, che sono i fuochi dell’iperbole. Si noti che non esistono fuochi dell’iperbole sull’asse non traverso, in quanto i fuochi devono essere punti interni alla conica, e invece punto dell’asse ideale è esterno alla conica. Nell’elllisse e nell’iperbole l’asse a cui appartegono i fuochi si chiama asse focale. H

c

a

b

P F

A

Q

B

asse trasverso

F

K

L f La parabola possiede un solo fuoco situato sull’asse e in esso convergono tutte le ortogonali alle tangenti nei punti in ui esse incontrano la tangente nel vertice (vedi costruzione della parabola per inviluppo)

c K asse

F

A

B

L

M tangente

h

a d

Spesso si considera la parabola come una conica dotata di due fuochi, di cui uno coincidente con il punto improprio della curva. E’ una concezione che sorge dal considerare la parabola come limite di un ellisse, quando, fermi restando un suo vertice A e il fuoco F più prossimo ad esso, l’altro vertice, e quindi anche l’altro fuoco, si allontanino indefinitamente sull’asse AF.

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 73


Cap i tolo _ VIII

DIRETTRICI DI UNA CONICA Si dice direttrice la polare di un fuoco. Sono dunque due le direttrici dell’ellisse e due quelle dell’iperbole; mentre la parabola ne ha una sola. Dato che i fuochi sono punti interni alla conica, le direttrici sono rette esterne alla conica; esse, come polari di punti di un asse, ne devono contenere il polo improprio, quindi le direttrici sono ortogonali all’asse focale. Si ricorda che in una conica a centro, la distanza di un fuoco dal centro si dice distanza focale. Il problema che segue serve a chiarire definitivamente quello che abbiamo ora esposto.

PROBLEMA N° 10 Data un’ellisse ed i due fuochi, determinare le direttrici d1 e d2. Un modo molto ingegnoso per determinare i fuochi reali di una conica (inventato dal matematico belga

2

1

D 1

2

b F

A

PF

a

C

P Q

4 3 4 p

d

3 B

L p

d

Dandelin nel 1822), è quello fondato sulle sfere tangenti: infatti i fuochi non sono altro che i punti di contatto del piano secante π che individua la conica con le sfere tangenti ad esso ed inscritte nel cono. Vediamo come ciò si verifica, per esempio, con la conica ellittica. Si assuma un cono circolare retto ed un piano π secante obliquo a tutte le generatrici, non parallelo alla direttrice L condizione che determina, appunto l’ellisse.

74


Le C on ich e

Si costruiscano le due sfere tangenti la superficie laterale interna del cono, e tangenti allo stesso tempo il piano secante π; quella superiore di centro Q1 determina il cerchio R di contatto con il cono, ed il punto di contatto F1 con π. Quella inferiore di centro Q2 determina invece il cerchio di contatto G con il cono ed il punto di tangenza F2 con π. I punti F1 e F2 si sa che sono i fuochi e le rette MF1 e MF2 si chiamano raggi focali o raggi vettori. Si coniuga ora un punto M qualsiasi dell’ellisse L’ con F1 e con F2, e si descriva la generatrice g passante per M. La generatrice g determina con i due cerchi di contatto delle sfere i punti P1 e P2. A questo punto si può facilmente rilevare che MF1 e MP1 sono ora tangenti alla medesima sfera e sono passanti per lo stesso punto M. È noto che in questo caso le due tangenti hanno la stessa lunghezza a causa della simmetria della sfera. Consegue che anche MF2 e MP2 hanno la stessa lunghezza. È facile ora dimostrare che la somma dei raggi focali è costante, poiché è sempre uguale al segmento di generatrice g P1 P2, qualunque sia la posizione di M. Infatti: MF1 + MF2 = MP1 +MP2 = P1 P2 (costante)

V

circonferenza di tangenza della sfera superiore di centro Q con la superficie laterale conica R

T P

Q

piano secante .

F

M

circonferenza di tangenza della sfera inferio re di centro Q con la superficie laterale

T

L’ F

G

T

T P g

Q

generatrice L h

Perciò, per tutti i punti dell’ellisse L’ la somma delle distanze da F1 e da F2 è sempre la stessa. Quindi l’ellisse si caratterizza come quella linea curva chiusa la cui somma delle distanze di ogni suo punto da due punti fissi (fuochi) è costante.

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 75


Cap i tolo _ VIII

PROBLEMA N° 11 Assegnati gli assi geometrici a e b costruire la conica ellittica mediante l’affinità ortogonale e obliqua. Inoltre, data una tangente alla conica trovare il punto di tangenza.

b t t

B’

t

B

a A A’

t

O

T T

O

u C C’

Q

o

L’ D

L L’

L

D’

PROBLEMA N° 12 DDati gli assi AB (maggiore) e CD (minore), Ocostruire la conica ellittica. Inoltre, data una tangente alla P conica, determinare il punto di tangenza T. t C t’ C’

b

u

u

A’

A

a

Q

R T R’ T’

B

B’ N o

m’ m

76

D’

D

p


Le C on ich e

La costruzione di una ellisse L’ determinata dai sui due assi, dati in posizione e grandezza, si può fare in base alla proprietà che in una affinità è costante il rapporto delle distanze di due punti corrispondenti dall’asse. Altra soluzione del problema precedente.

a M’

L’ b o

M

M’’

L

L’’ C

R

B

Q

A

a o

N

N’’ D

N’ P’’

O

P

n’’

P’ n’

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 77



Legge di dualitĂ Capitolo IX


Cap i tolo _ IX

LEGGE DI DUALITÀ O DI RECIPROCITÀ Si è abbondantemente dimostrato attraverso la polarità rispetto al cerchio, che esiste una relazione tra punti e rette del piano e che attraverso la polarità rispetto alla sfera esiste pure una relazione tra punti e piani dello spazio; da ciò vedremo che dipende anche un’analoga relazione tra rette e rette dello spazio. Ad ogni proprietà di una figura piana, che si esprima mediante relazioni di appartenenza tra punti e rette, se ne può associare un’altre relativa ad una nuova figura, la quale si deduce dalla prima scambiando tra loro le parole punto e retta e tale reciprocità si chiama dualità nel piano. Analogamente ad ogni proprietà di una figura solida (tridimensionale), che si esprima mediante relazioni di appartenenza tra punti e piani, se ne può associare un’altre relativa ad una nuova figura la quale si deduce dalla prima scambiando tra loro le parole punto e piano; ed in ciò consiste la legge di dualità nello spazio. Inoltre sono possibili trasformazioni spaziali scambiando la parola retta con se stessa. Per fare un esempio, e allo stesso modo consentire una percezione più immediata delle trasformazioni duali attraverso lo scambio dei termini suddetti si propone la seguente tabella dalla quale risulta che i postulati dell’appartenenza di sinistra si trasformano ordinatamente in quelli di destra e viceversa; ciò e verificabile tanto per la dualità nel piano, quanto per la dualità nello spazio, nonché per la dualità nell’omologia e per la dualità nella polarità.

DUALITÀ NELLO SPAZIO

(scambio tra le parole PUNTO e PIANO, lasciando inalterata la parola RETTA)

A) due punti individuano una retta, a cui appartengono

D) due piani individuano una retta, a cui appartengono

B) un punto e una retta che non si appartengono, individuano un piano a cui appartengono.

E) un piano e una retta che non si appartengono, individuano un punto a cui appartengono.

C) tre punti che non appartengono alla stessa retta, individuano un piano a cui appartengono.

F) tre piani che non appartengono alla stessa retta, individuano un punto a cui appartengono.

80


Leg ge di du a litĂ

Esempio di trasformazione duale nello spazio.

Esempio di trasformazione duale nel piano.

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 81


Cap i tolo _ IX

LE PROPRIETÀ OTTICHE DEI FUOCHI Se le coniche si suppongono materializzate e riflettenti verso l’interno e si supponga una sorgente luminosa ( o termica ) ridotta ad un punto e collocata in un fuoco, i raggi che escono da F1 si riflettono in modo da passare per l’altro fuoco F2. Si osservi però che mentre per l’ellisse sono effettivamente i raggi riflessi che convergono in F2, nell’iperbole concorrono in F2 i prolungamenti dei raggi riflessi. Nella parabola i raggi riflessi sono paralleli all’asse focale e si riflettono in raggi paralleli all’asse ed interni alla conica si riflettono in raggi passanti per F2.

M

F1

M

Q

F2

M

M M M F1

F2

M M M

M M

M F1

M M

82

M

F


Leg ge di du a lità

note

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 83


Tetraedro

Esaedro

Ottaedro

Dodecaedro

Icosaedro


I poliedri platonici e archimedei Capitolo X


Cap i tolo _ X

I CINQUE POLIEDRI REGOLARI, O POLIEDRI PLATONICI E I LORO POLIEDRI RECIPROCI Le correlazioni che si verificano tra i cinque poliedri regolari sono molte. Attraverso la legge di dualità, abbiamo ampiamente dimostrato e illustrato figure che il tetraedro è autoscale, che l'esaedro è duale dell'ottaedro e viceversa, che il dodecaedro è duale dell'icosaedro e viceversa; tuttavia l'esistenza di altre correlazioni ci suggerisce di approfondire la questione indagandone alcune tra le più interessanti. Per esempio: nel dodecaedro regolare, e solo in questo, possono essere iscritti tutti gli altri poliedri platonici, per cui non è inopportuno fornire i relativi esempi. Intanto ricordiamo che con la parola "correlazione" si vuole specificare una corrispondenza tra due o più elementi; può essere tra punti e punti, tra rette e rette, tra punti e rette, tra punti e piani e tra rette e piani. Il che significa, riferendoci alle strutture poliedriche, che la correlazione può essere tra vertici e vertici, tra spigoli e spigoli, tra vertici e spigoli, tra vertici e facce e tra spigoli e facce. Di qui discendono le diverse trasformazioni delle strutture poliedriche.

Nome del poliedro

Poligono che forma le facce

Numero dei vertici V

Numero delle facce F

Numero degli spigoli S

Angolo diedro fra le facce

Numero delle facce che si incontrano in un vertice

Formula delle legge di Eulero

33

TETRAEDRO autoduale

Triangolo equilatero

4

4

6

70°32’

3

4+4=8 6+2=8

B

43

ESAEDRO duale dell’ottaedro

Quadrato

8

6

12

90°

3

8+6=14 12+2=14

C

34

OTTAEDRO duale dell’esaedro

Triangolo equilatero

6

8

12

109°28’

4

6+8=14 12+2=14

D

53

DODECAEDRO duale dell’icosaedro

Pentagono2

20

12

0

116°34’

3

12+20=32 30+2=32

E

35

ICOSAEDRO duale del dodecaedro

Triangolo equilatero

12

20

30

138°11’

5

30+2=32 20+12=32

Simbolo del poliedro

A

A

86

B

C

D

E


I polie dr i platon ic i e ar chim e de i

1A CORRELAZIONE: DODECAEDRO-TETRAEDRO Nel dodecaedro possono essere inscritti tutti gli altri poliedri regolari

A

D

C

B

Il dodecaedro è formato da quattro gruppi di tre pentagoni regolari continui (angoloidi), i cui vertici sono rispettivamente A, B, C, D (vedi figura). Unendo i vertici di ciascun gruppo a due a due si ottengono i quattro triangoli equilateri che formano il tetraedro inscritto correlativo, quindi: Facce pentagonali = 14 Vertici tetraedro = 4 12/4 = 3 numero delle facce pentagonali contigue che individuano un vertice del tetraedro

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 87


Cap i tolo _ X

2A CORRELAZIONE: DODECAEDRO-ESAEDRO Si ricorda che due operazioni che si deducono l’una nell’altra mediante la legge di dualità si dicono duali o correlative.

G

F R

M

A

B H

E

N

C

D

Ciascuna faccia quadrata del cubo risulta individuata dai vertici di quattro pentagoni contigui del dodecaedro unendo tra loro i vertici opposti di ciascun pentagono (vedi figura). Poiché le facce di un dodecaedro sono dodici, si ottiene il numero equivalente degli spigoli che compongono il cubo, e ciascuna faccia quadrata si trova in corrispondenza di cinque dei trenta spigoli del dodecaedro, quindi: 30/5 = 6 numero delle facce quadrate dell’esaedro

88


I polie dr i platon ic i e ar chim e de i

3A CORRELAZIONE: DODECAEDRO-OTTAEDRO

A

C

F

D

E

B

Per dedurre l’ottaedro dal dodecaedro, si considerino tre pentagoni contigui del dodecaedro e per ciascuno spigolo di essi si determini il punto medio. In questo modo si viene a stabilire uno scambio tra le parole punto e retta, cioè tra vertice e spigolo. Unendo i tre punti medi a due a due si ottiene un triangolo equilatero. Ripetendo l’operazione ora descritta si determinano i dodici spigoli dell’ottaedro e quindi le otto facce triangolari del poliedro. Cioè, in un dodecaedro essendoci quattro gruppi di tre pentagoni contigui, per ciascuno di questi gruppi si ottengono tre spigoli e conseguentemente i dodici

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 89


Cap i tolo _ X

4A CORRELAZIONE: DODECAEDRO-ICOSAEDRO

A

D

C B

E F

H

G L M

N

Lo scambio tra le parole punto (vertice) e piano (faccia) ci permette di trasformare il dodecaedro nell’icosaedro in quanto i vertici dell’icosaedro sono tanti quante sono le facce del dodecaedro; cioè dodici. Pertanto per ottenere il poliedro duale o correlativo sarà sufficiente determinare i centri di tre pentagoni contigui, unirli a due a due per ottenere una faccia triangolare equilatera. La ripetuta operazione ora descritta consente di determinare gli altri vertici e quindi le venti facce per completare la raffigurazione dell’icosaedro correlativo inscritto.

90


I polie dr i platon ic i e ar chim e de i

“STELLA OCTANGULA” DI KEPLERO Due tetraedri intersecantisi iscritti nell’esaedro;oppure un ottaedro più otto tetraedri. V+F = S + 2 14 + 24 = 38 36 + 2 = 38 Se un poliedro regolare e il suo duale vengono messi insieme in modo che i loro spigoli si dimezzino ad angolo retto, si ottiene un composto regolare. Infatti gli spigoli della stella octangula sono le diagonali delle facce dell’esaedro (cubo) e s’intersecano a coppie di vertici dell’ottaedro. Il solido comune ai due poliedri (tetraedri) è un ottaedro; e il solido che contiene i due poliedri è un cubo.

y a

b

Q c

O x z

esaedro ottaedro tetraedro

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 91


Cap i tolo _ X

I TREDICI POLIEDRI ARCHIMEDEI O SEMIREGOLARI

Numero dei vertici V

Numero delle facce F

Numero degli spigoli S

Formula delle legge di Eulero

F2 4

F6 4

12

18

12+8=20 18+2=20

(3.4)2

F3 6

F4 6

12

24

22+4=26 24+2=26

CUBO TRONCO

3.82

F3 8

F8 6

24

36

24+14=38 36+3=38

OTTAEDRO TRONCO

4.62

F4 6

F6 8

24

36

24+14=38 36+3=38

(PICCOLO) ROMBICUBOTTAEDRO

3.43

F3 8

F4 18

24

48

24+26=50 48+2=50

(GRANDE) ROMBICUBOTTAEDRO

4.6.8

F4 12

F6 8

48

72

48+26=74 72+2=74

CUBO SIMO

34.4

F3 32

F4 6

24

60

34+38=62 60+2=62

ICOSIDODECAEDRO

(3.5)2

F3 20

F5 12

30

60

30+32=62 60+2=62

DODECAEDRO TRONCO

3.102

F3 20

F10 12

60

90

60+32=92 90+2=92

ICOSAEDRO TRONCO

5.62

F5 12

F6 20

60

90

60+32=92 90+2=92

(PICCOLO) ROMBICOSIDODECAEDRO

3.4.5.4

F3 20

F4 30

F5 12

120

60+62=122 120+2=122

(GRANDE) ROMBICOSIDODECAEDRO

4.6.10

F4 30

F6 20

F10 12

180

120+62=182 180+2=182

DODECAEDRO SIMO

34.5

F3 80

F5 12

150

60+92=152 150+2=152

92

Nome del poliedro

Simbolo del poliedro

TETRAEDRO TRONCO

3.62

CUBOTTAEDRO

F8 6


I polie dr i platon ic i e ar chim e de i

TETRAEDRO TRONCO

CUBOTTAEDRO

OTTAEDRO TRONCO

ROMBICUBOTTAEDRO

CUBO SIMO

ICOSIDODECAEDRO

ICOSAEDRO TRONCO

ROMBICOSIDODECAEDRO

CUBO TRONCO

CUBOTTAEDRO TRONCO

DODECAEDRO TRONCO

ICOSIDODECAEDRO TRONCO

DODECAEDRO SIMO

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 93


t B’ B’’ r t L.T.

r’

B

t r’’


Metodo di Monge Capitolo XI


Cap i tolo _ X I

METODO DELLE DOPPIE PROIEZIONI ORTOGONALI: È detto delle doppie proiezioni ortogonali perché bastano due proiezioni per determinare la posizione del punto. In precedenza abbiamo dimostrato che la proiezione cilindrica conserva il parallelismo. Il metodo di Monge utilizza, appunto, le proiezioni parallele. Più precisamente, si impiegano fasci di raggi proiettori paralleli ortogonali rispettivamente ai quadri π1, π2 e, quando è necessario, ortogonali a π3. Elementi rappresentativi: punto, retta, piano. La proiezione ortogonale di un punto A su π1 si individua con A’ (cioè con un apice), e la proiezione ortogonale su π2 si indica con A’’ (due apici). Perché il punto A risulti individuato occorrono almeno due proiezioni A’ e A’’. Quindi l’immagine completa di A nello spazio è individuata dalle tre proiezioni A = (A’, A’’, A’’’). La retta r è individuata invece dalle proiezioni e dalle tracce. Le tracce sono i punti di intersezione (origini) della retta r con i quadri di proiezione: si indicano con T1α per π1,T2α per π2, T3α per π3. Come vedremo si verificano dei casi in cui le tracce possono essere elementi impropri, oppure uno proprio e l’altro improprio. Il piano α è individuato dalle tracce, le quali sono le rette d’intersezione del piano con i quadri di proiezione; t1 con π1; t2 con π2, t3 con π3. I piani di proiezione π1 e π2 sono ortogonali tra loro, ed è consuetudine qualificarli con le direzione di piano orizzontale il primo piano principale di proiezione,e il piano verticale il secondo piano principale di proiezione. Si usano talvolta anche le denominazioni di piano iconografico per π1, e ortografico per π2. RAPPRESENTAZIONE DI UN PUNTO (PROIEZIONE).

RAPPRESENTAZIONE DEL PIANO (TRACCE)

Figura descrittiva

Figura oggettiva

t

retta intersezione con il 2° quadro P’’

P’’

V

P L.T. P

retta intersezione con il 1° quadro

L.T.

P’ P’

t

RAPPRESENTAZIONE DI UNA RETTA (È RAPPRESENTATA DA PROIEZIONI E TRACCE). t t r’’

r’’ r

t r’

t

96

r’


M etodo di Mo nge

L’APPARTENENZA: INTERSEZIONI TRA PIANI, RETTE PRINCIPALI E PIANI AUSILIARI

1) La condizione necessaria e sufficiente perché un punto P = (P’, P’’) stia sopra una retta r = (r’, r’’), è espressa dall’appartenenza delle proiezioni omonime: P

r’’

PPt2r

r’’ P’’ L.T.

t

P

’’

L.T.

t retta di richiamo

r’ P’

r’

t P’

2) La condizione necessaria e sufficiente perché una retta r = (T1r, T2r) giaccia sopra un piano α = (t1α, t2α), è espressa dell’appartenenza delle loro tracce omonime: t

tP r’’

L.T.

R

V

r’

t

tP

3) Affinché un punto P = (P’, P’’) appartenga ad un piano α = (t1α, t2α), occorre e basta che per P passi una retta situata sopra α:

P

P

tr

P’’ r’’

r’ t

tr

L.T. P’

r

quindi P

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 97


Cap i tolo _ X I

.

Retta ortogonale Retta ortogonalea aπ2.1

Retta ortogonale Retta ortogonalea aπ2.2

t

Retta Rettaparallela parallelaaiaidue due quadri. quadri.

r’’ t

r’’

r’’

t

L.T. t r’

r’

t

r’

r’ t

Retta obliqua al 1° quadro ma parallela al 2° (retta difronte)

r’’ L.T. r’

t

r’

t

Retta orizzontale

t

t

r’’ L.T.

r’

Retta generica nel 2° spazio diedrico. 2° diedro

1° diedro

r’’

r

tr

t

t L.T.

tr r’ 3° diedro

98

2° diedro


M etodo di Mo nge

Rappresentazione del piano generico.

t B’

t r’’

B’’ r

r’

B

t L.T.

1° diedro

L.T.

VV

3° diedro

2° diedro L.T.

L.T.

V

4° diedro

L.T.

V

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 99


Cap i tolo _ X I

PROBLEMA N°13 Dati due piani α e β intersecantesi, determinare la retta comune ad ambedue.

t

t

t r’’ L.T. r’

t

t t

PROBLEMA N°14 Una retta generica è assegnata; condurre per essa un numero n di piani.

t

t tr

t

r’’ L.T. r’ t tr t

t

100

r


M etodo di Mo nge

PROBLEMA N°15 Determinare la retta di intersezione tra due piani α e β, obliqui ai quadri ma paralleli alla linea di terra.

t2 t3

t P’’

t

r’’ L.T.

t3 r’

t

P’

t

t

PROBLEMA N°16 Data una retta r incidente un triangolo ABC, determinare il punto P di intersezione.

t2

A’

r’

M’

s’

P’

T1r

C’

T2r

N’

B’

B s r’

N M

P

C

t

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 101


Cap i tolo _ X I

PROBLEMA N°17 Data una retta r che attraversa una piramide qualsiasi, determinare il punto P di entrata e il punto M di uscita.

D’ r’

t

P’

L.T.

A’

2’ s’

M’

1’

3’

B’

C’ C

A Tr D 2 1 m M P

r

Tr

3

t B

PIANI AUSILIARI Un piano ausiliario è detto tale in quanto permette di risolvere un problema altrimenti irrisolvibile. t

t

P’

L.T.

t t

102

1

P

2t


M etodo di Mo nge

Supponiamo che si debba rappresentare un esaedro in modo che tutte le facce siano oblique.

A

F’’

F’’

F’

B

H’’

G’’

F’’

E’’ C’’

D’’

V

A’’

L.T.

B’’

D’ G’

C’ C D

A B H G

B’

H’

F’

A’ E’

E F

La figura A mostra le tre proiezioni ortogonali principali del cubo nella proiezione più naturale, cioè con una faccia che gioca sul piano orizzontale, proiezione che consente di percepire spazialmente il cubo. Per questa ragione si è preferito disporre il solido, sempre con una faccia appartenente a π1, ma con le quattro facce verticali oblique a π2, per ruotarlo poi intorno allo spigolo AB, in modo che le sei facce risultino tutte oblique a π2. Figura B . Per risolvere il problema, si costruisce un nuovo piano β ortogonale a π1 e parallelo alla faccia AEHC del cubo, sul quale si descrive la nuova proiezione ortogonale del cubo nella proiezione 1 originale. Poi si esegue la rotazione intorno allo spigolo AB per portare il cubo nelle posizione 2; movimento che consente di determinare la prima e la seconda proiezione della nuova posizione assunta dal poliedro. In questo modo si perviene agevolmente ad una raffigurazione assonometria, e quindi visivamente più efficace poiché non si verificano sovrapposizioni proiettive tra vertici, tra spigoli e tra facce e facce.

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 103


Cap i tolo _ X I

I PIANI Possiamo avere piani generici (obliqui a tutti i quadri), piani proiettanti (proiettanti assoluti, proiettanti rispetto ad un solo quadro), orizzontali (paralleli a π1), di fronte (paralleli a π2) e obliqui ai due quadri ma paralleli alla linea di terra.

Piano proiettante assoluto.

t 2α P''

α

L.T.

α

P' t1α

Piano proiettante rispetto a un solo quadro.

t

P’’

t

P’’ P’’ L.T.

L.T.

L.T.

P’ t

104

t

P’

t

t P’


M etodo di Mo nge

PROBLEMA N°18 Determinare la retta di intersezione di due piani α e β di cui α parallelo alla linea di terra e obliquo ai due quadri e β obliquo per i due quadri e passante per la L.T. t

P’’

t

P’’’

t r’’

m’’’ L.T.

r’ t P’

PROBLEMA N°19 Dati due rette generiche r e s oblique la cui origine si trova sulla L.T., determinare il piano a cui appartengono. t2 m s’’

N’’

L.T.

r’’

M’’

V

s’

M’ t r’

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 105


Cap i tolo _ X I

PROBLEMA N°20 Rappresentare un triangolo qualsiasi ABC appartenente ad un piano generico assegnato α.

B’’ r’’ t1rt

2

r

A’’

Q’’

s’’

m’’ C’’ A’

B’

Q’

C’

106

L.T.


M etodo di Mo nge

IL PARELLELISMO t2 ß

r’’

s’’

L.T.

L.T.

T1s

T 1r

t2a

s’

t 1ß

r’

Il parallelismo tra due rette è espresso dal parallelismo delle proiezioni omonime.

t1a

Il parallelismo tra due piani è espresso dal parallelismo delle tracce omonime.

Una retta è parallela ad un piano se è parallela ad una retta che giace su quel piano. Oppure si può dire che una retta è parallela ad un piano se appartiene ad un piano parallelo ad esso.

T 2s A

t2a

T 2r

s’’

r

r’’

L.T.

α

r’

sεα r // s

quindi r // α

rε β β // α

quindi r // α

sεα

s’ T 1r t1a

T 1s

B

t 2a

t 2ß

r

r’’

L.T.

T 2r V r’

t 1ß T r 1

rε β

ß

α

t 1a

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 107


Cap i tolo _ X I

Caso particolare (non è sufficiente il parallelismo fra le prime e le seconde tracce, ma bisogna verificare anche quello con le terze tracce; è necessario il parallelismo delle terze tracce).

r’’

r’’’

t 2a

t2 ß

t 3a

r’

L.T.

t3 ß

t 1ß t 1a

t2a

t 2ß L.T. t 1ß t1a

108

t3 ß

t 3a


M etodo di Mo nge

L’ORTOGONALITÀ L’ortogonalità espressa nel modo migliore è quella fra retta e piano dalla quale dipendono le altre, cioè quella fra piano e piano e quella fra retta e retta.

Y

ε

t2a

t2Y

t2 ß ß

ß r

L.T.

Tr A

m

’ m’

s’’

s

T2 s

T2m A’’

s’

p

T1s r’ t 1Y

m’ A’

T1m t 1ß

t t

t

t2a V

L.T. V

r’’ T1r

t

t t

T2p

A’’ T2r

V

L.T.

p’’

t t

t r’’

A’

P’’

V

L.T.

r’

P’

t1a

p’

r’ t

t t

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 109

t 1a


Cap i tolo _ X I

Se su un piano generico voglio disegnare l’immagine:

r’’

L.T.

V t1r

t2r

r’ Dato un piano generico qualsiasi, costruire un prisma a base rettangolare con una faccia appartenente ad un piano generico assegnato.

H’’

G’’

D’’ E’’

L.T.

s’’

C’’

F’’

A’’

m’’

B’’

V D’

C’ H’

s’ G’

A’ B’ E’ F’

110

m’


M etodo di Mo nge

I RIBALTAMENTI RIBALTAMENTO DEI PIANI PROIETTANTI.

Ortogonale al 1° e 2° quadro; α1 ma obliquo a π2

L.T.

90° 90°

o

m en to

Quando un piano è ortogonale a uno dei due piani le tracce sono ortogonali.

P’’

se

de

2

(t1 L.T. 90°

as

t

t2

lr

ib

al

ta

t1

(P) P’’

(P)

L.T. P’

P’

(P)

o

t

1

t2

(P) 2

(t

t

(t2 )

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 111


Cap i tolo _ X I

RIBALTAMENTO DEL PIANO GENERICO.

Ribaltamento sul 1° quadro.

t

t

(t r’’

V

L.T.

(t r)

r’ tr

t (t r)

t

Ribaltamento di α su π2. t t (t (t s’’

r’’

L.T. V

s’

r’

t

t

112

(r)

(t r)


M etodo di Mo nge

PROBLEMI METRICI (ANGOLI E DISTANZE)

Determinare la vera distanza tra due punti M e P.

(M) M’’ r’’ P’’

L.T.

P’ r’ (r) d

M’

(M)

Assegnate le due proiezioni di una retta generica, determinare gli angoli ω e ε con gli angoli reali con il 2° e con il 1° quadro di rappresentazione. t t (t r)

t

r’’ PO

L.T. r’

t

(t r) t

Determinare l’angolo ω con la linea di terra di una retta r passante da L.T. t

(M) M’’’ M’’

(r) r’’

r’’’

t r t r L.T.

r’ M’

t

(r)

(M)

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 113


Cap i tolo _ X I

Determinare la distanza da un punto M da retta p generica assegnata. tr (m’’)

p’’

s’’

p’

s’ t ts

(p) t

Determinare la distanza tra due piani paralleli α e β dati.

t

t t

V

(t t t 114

V

L.T.


M etodo di Mo nge

Determinare i punti di intersezione (di entrata e di uscita di una retta con una sfera).

t2 r r’’ P’’

Q’’

t2

M’’

V

r’

(t2r)

P’ Q’ M’ P t1r M

(Q)

t1

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 115


Cap i tolo _ X I

Cambiamento del quadro di rappresentazione.

P’’

L.T.

L.T.

}

L.T. P

}

}

L.T.

P’’

}

P’’

P’ P’

P’’

P P

P’

116

L.T.

P’

}


M etodo di Mo nge

AMBIGUITÀ DELLE FIGURE

A

B

C

Per arrivare ad una conclusione logica riguardante la corretta letteratura di una figura è necessario fare delle congetture, cioè, come nel caso qui esemplificato, bisogna scartare una delle due ipotesi a favore dell’altra per sfuggire alla suggestione fortemente ambigue. La struttura della figura A potrebbe essere percepita come un reticolo bidimensionale fatto di fili curvilinei e rettilinei intrecciati; in realtà vorrebbe essere l’immagine di un foglio ondulato la cui superficie si sviluppa attraverso il gioco del convesso e del concavo. Ma quali sono le parti concave e quelle convesse? Il foglio ondulato è visto dall’alto oppure dal basso? Poiché non possiamo tirare ad indovinare, bisogna formulare un’ipotesi che condizionerà la percezione dell’oggetto. Infatti percepire significa congetturare qualcosa in qualche luogo, dal momento che la percezione è l’acquisizione di uno stato di coscienza. Qualcuno ha detto che non si impara a vedere ma a discriminare, ed è ciò che è necessario fare per visualizzare l’immagine della figura A (che è appunto ambigua), in modo da farle assumere un significato plausibile. Pertanto accettando provvisoriamente quest’immagine come un foglio ondulato visto dall’alto, si percepisce l’oggetto nella versione della figura B, mentre se, scartando l’altra ipotesi, si accetta che l’oggetto sia visto dal basso, si percepisce il foglio ondulato nella versione della figura C. In conclusione, non è possibile vedere simultaneamente il foglio ondulato dal basso e dall’alto, perché la contemporanea presenza di due configurazioni è psicologicamente incompatibile.

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 117


Cap i tolo _ X I

Raffigurazione di una superficie ondulata mediante il metodo delle doppie proiezioni ortogonali. Direttrice l appartenente α, generatrice perpendicolare ad α .

gen ci tri

e ra _A D

T

E’’

Tc

c’’ Td

l’’ d’’

D’’ C’’

A’’

m’’ r’’

’’

B’’

Tb

E’’

Ta

s’’

D’’ D

A’’

a’’ b’’

l’’ direttrice

Tm E

r’’ C’’

Ts A

B’’

C B

V c’

A’ B’

Tc

D’

l’ s’

C’

E’

d’

Td

a’ b’ T a Tb

B’

A’

D’ r’ m’

C’

118

l’

E’


M etodo di Mo nge

M’

M’’

I’

H’

s’ D’

r’

A’ L.T.

t

F’’

F’

E’’

E’

Tr

t

A’’

B’

r’’

B’’

C’

C’’

D’’

t

L’’

L’

t

I’’

t

s’’

H’’

G’’

G’

Ts

t

t

t

t

N’

N’’

Determinare le linee di composizione tra due prismi, di cui uno pentagonale ed uno triangolare, che si attraversano.

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 119


asse delle vere altezze

ttica ospe ta pr pian

up. ria s usilia ale a virtu

A (N)

A traccia del quadro ausiliaria sup. (N)

FD

F M1 P


Dalle proiezioni ortogonali alle proiezioni assonometriche Capitolo XII


Cap i tolo _ X II

IL PASSAGGIO DALLE PROIEZIONI ORTOGONALI ALLE PROIEZIONI ASSONOMETRICHE Attraverso una serie programmata di cambiamenti del quadro di rappresentazione, è possibile la dimostrazione del passaggio dal metodo delle proiezioni ortogonali al metodo delle proiezioni assonometriche.

6

Q’

Q’’

5

Q’’

2

Q’ 1

Q’’ 3

122

Q’

4


Dalle p r oie zion i or togon ali alle p r oie zion i asson omet r ich e

360° = 0°

ASSE QUATERNARIO (asse mediano) gli assi quaternari sono 3 facce 6/2 = 3

a

Nel compiere un giro completo (360°), ad ogni rotazione ci passano una dopo l’altra le 4 facce laterali in posizione di ricoprimento: 360°:4=90°

a

ASSE BINARIO (asse trasverso) gli assi binari sono 6 spigoli 12/2 = 6

Nel compiere una rotazione completa, per due volte vediamo (una ogni 180°) davanti a noi la faccia verticale e per due volte quella inclinata. Ciò significa che la faccia, lo spigolo, ecc.., tornano due volte in posizione di ricoprimento. Ovvero per due volte il cubo si è trovato nell’identica posizione.

a

ASSE TERNARIO (asse diagonale) gli assi ternari sono 4 vertici 8/2 = 4

Facendo ruotare il cubo ci passano davanti ordinatamente, una dopo l’altra, le tre facce inclinate col vertice superiore comune. Più precisamente, ruotando attorno ad un asse che passa per due vertici opposti, il cubo viene a trovarsi per 3 volte (una ogni 120°) in posizione di ricoprimento.

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 123


Cap i tolo _ X II

INGRANDIMENTO PER POLARITÀ. x

Q

A

Q’’ x

A

A

Q’’ Q’

L.T.

DODECAEDRO ROMBICO

O

124

F 12 V 14 S 24 V+F = S+2 14+12 = 26 24+2 = 26 angolo diedro = 120°


Dalle p r oie zion i or togon ali alle p r oie zion i asson omet r ich e

Assegnate le due proiezioni ortogonali principali di un cubo, determinare l'immagine assonometria mediante una semplice rotazione sullo spigolo AB appartenente a π1. Poi si ingrandisca la figura così ottenuta tramite la polarità. Infine si inscriva nell'esaedro la stella octangula di Keplero.

L.T. x

O

y B’

B’’ x O

M

A’

y

O

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 125


Cap i tolo _ X II

LA SEZIONE AUREA In geometria è detta sezione aurea, o parte, o proposizione di un segmento quella sua parte che risulta media proporzionale fra l’intero segmento e la parte restante. Per cui, se risulta verificata la proposizione AB:AC = AC:CB, il segmento AC è definito sezione aurea di AB. Questa relazione sussiste nel caso del dodecaedro tra il raggio della circonferenza che circoscrive la faccia pentagonale e il raggio della circonferenza concentrica che circoscrive il decagono regolare, perché il raggio della circonferenza minore è sezione aurea del raggio di quella maggiore. Analoghe relazioni sussistono per determinare le quote dei vertici nelle seconde proiezioni del poliedro. D

E C

A R

B r

U

LA COSTRUZIONE DEL DODECAEDRO REGOLARE Il dodecaedro regolare, forse il più problematico dei poliedri regolari in quanto in esso possono essere inscritti tutti gli altri poliedri platonici, si può costruire in diversi modi: è cioè possibile ottenere le sue immagini mediante varie modalità proiettive. Vediamo come è possibile rappresentarlo in base alle convenzioni prestabilite dal metodo di Monge in maniera da ricavarne mediante costruzioni sul piano tutti gli elementi di forma e grandezza. Lo faremo utilizzando il rapporto aureo, sapendo però che esistono altre soluzioni, di cui la più ragguardevole (da un punto di vista logico-proiettivo) è da ritenersi quella fondata sulla omologia che utilizza un processo esecutivo profondamente coerente con le leggi del mondo della geometria proiettiva.

126


U

R L.T.

U

r

R

Q’

Q’’

R

T. L.

r

Q’

Dalle p r oie zion i or togon ali alle p r oie zion i asson omet r ich e

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 127


asse delle vere altezze

ttica ospe ta pr pian

up. ria s usilia ale a virtu

A (N)

A traccia del quadro ausiliaria sup. (N)

FD

F M1 P


Metodo delle proiezioni centrali Capitolo XIII


Cap i tolo _ X III

IL METODO DELLE PROIEZIONI CENTRALI Più volte abbiamo detto che ogni figura dello spazio si può pensare come formata da insiemi di rette, punti, piani, curve di vario genere e che da questi insiemi di elementi si può sempre far la rappresentazione piana tale da permettere che ogni costruzione sulle figure spaziali sia trasferibile, con opportune operazioni e conoscendo i codici, alle figure rappresentative. Ciò si verifica anche nel metodo delle proiezioni centrali, ma a differenza del metodo delle doppie proiezioni ortogonali, queste costruzioni si realizzano sopra un solo quadro e da un centro di proiezione proprio anziché improprio. Sia quindi π il quadro, cioè il piano delle immagini ed S centro della proiezione. Prima di procedere è opportuno ricordare quanto segue: 1. Il metodo della proiezione centrale è un caso metrico particolare di costruzioni proiettive generali (proiezioni unicentrali). 2. Tale metodo si avvale della proiezione conica poiché il centro S è un punto proprio. 3. La proiezione conica, al contrario della proiezione cilindrica, non conserva il parallelismo. 4. Ogni figura della spazio viene descritta da una sola immagine poiché la proiezione si effettua sopra un solo piano.

piano proiettante

retta proiettante

S r

P P

r

P’

r

T

r’

P

GLI ELEMENTI RAPPRESENTATIVI Il piano α è rappresentato dalla retta di fuga f ’α e della traccia t’α. La retta di fuga è l’immagine della retta impropria del piano, e la traccia è la retta d’intersezione di α con π. La retta r è rappresentata dal punto di fuga F’r, dalla traccia Tr e dalla proiezione r’. Il punto di fuga è l’immagine del punto improprio della retta e la traccia è il punto d’intersezione della retta r con π. Per individuare un punto P occorre conoscere la sua immagine P’, intersezione di π con la SP, ed inoltre dare l’immagine di una retta r passante per il punto. Le due figure qui proposte (spaziale e descrittiva) danno una raffigurazione completa del piano α, della retta r appartenente ad α e del punto P appartenente ad α e ad r.

130


M e todo delle p r oie zion i c en t ra li

F’ rF r’ s//

r// f’

s

P

r

s’

P’

Fs’ Ts

S

s //

s

S

t

Tr

Fr’ P’ s’

r’

s

r

Tr

P

Ts t

F’r

Ts

P’

Tr

F’s s//

r//

S

L’APPARTENENZA, INTERSEZIONI TRA PIANI, CASI PARTICOLARI Le argomentazioni fin qui esposte, attraverso le quali è stato possibile stabilire gli elementi rappresentativi, hanno conseguenze immediate sull’appartenenza. Infatti osservando ancora le due immagini precedenti, appare senz’altro ovvio quanto segue: un punto P appartiene ad una retta r, se l’immagine del punto appartiene all’immagine della retta. Una retta r appartiene ad un piano α, se la traccia e la fuga appartengono alla traccia e alla retta di fuga del piano. In altre parole, la condizione necessaria e sufficiente perché la retta appartenga ad un piano α è che la sua traccia TR e la sua fuga F’r (proprie e distinte) appartengano alla traccia tα e rispettivamente alla fuga f ’α del piano. Dall’appartenenza tra punto e retta e tra retta e piano, si deduca l’appartenenza tra punto e piano. Infatti la condizione necessaria e sufficiente affinché il punto P giaccia sul piano α è che per P passi una retta r appartenente al piano α. In conclusione, due enti (punto e retta, retta e piano) si appartengono se si appartengono i loro elementi rappresentativi omonimi. Ne consegue che sono casi di appartenenza anche quelli riguardanti la determinazione del punto comune tra due rette incidenti, la determinazione della retta d’intersezione tra due o più piani, la determinazione del punto comune ad una stella di piani.

t Ts

F’s

f’

m’ Tr

t

F’r

F’s

F’r P’

t

s’

s’ r’

f’ f’

F’m

P’

f’

r’ f’

F’r r’ Tr

Ts

f

Tr

t

t

t

t

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 131


Cap i tolo _ X III

Data una retta r ed un piano α che non si appartengono, determinare il punto A d’intersezione.

f’

Fs

r’ A’’ T’r

T

A’ Tr

Ts

f’ T

Data una retta R ed un punto P che non si appartengono, determinare il piano α a cui appartengono. f’p

f’

P’

f’r

f’r r’

f’q P

T Tr = tq Tp

Determinare la retta d’intersezione fra due piani α e β nel caso in cui sia possibile individuare la traccia con la fuga che è punto inaccessibile. F’

T

F’m

m’ Tm

F’r(i)

r’

P’

Tr Tq q’ T

F’q F’

132


M e todo delle p r oie zion i c en t ra li

IL PARALLELISMO Rappresentazione di due rette r e s parallele.

s Tr

F’r F’s

s

s

r

F’r F’s

Ts

Tr

Ts

Due rette parallele risultano rappresentate da un unico punto di fuga e da due tracce distinte. Analogamente due piani paralleli risultano rappresentati da un’unica retta di fuga (due coincidenti) e da due tracce distinte. Siamo di fronte, con questa esemplificazione anche ad un problema di appartenenza, in quanto le due rette parallele r e s appartengono al piano α, in quanto Tr e Ts appartengono alla traccia Tα del piano e F’ (coincide) F’s appartiene a f ’α. PARALLELISMO FRA RETTA E PIANO

1) Una retta r è parallela ad un piano α se essa è parallela ad una retta s appartenente ad α. F’r F’s r

s r // s

f’

quindi r r’

s

s’

t

Tr

2) Una retta r è parallela ad un piano α se essa appartiene ad un piano β parallelo ad α.

r r

F’r quindi r

r’ Tr

2) Una retta r è parallela ad un piano α se essa appartiene ad un piano β parallelo ad α.

F’r F’s r’ s’

Tr

Ts f’

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 133


Cap i tolo _ X III

IL CERCHIO DI DISTANZA Il cerchio di distanza svolge una funzione determinante nella risoluzione dei problemi grafici laddove si richiede l’effettiva possibilità di determinare, per esempio, la distanza di due punti oppure la misura di un angolo. Il raggio di questo cerchio è dato dalla distanza del centro di proiezione S dal quadro π (focale); il che significa che una volta fissata la posizione del centro S rispetto a π risulta anche determinato il cerchio di distanza.

quadro f’ (S)

° (S)

(S)

cerchio di distanza

(f)

f’

45°

(S)

45°

S

(f)

f

45°

(S)

S

(S)

(S) (S)

f’

f’ quadro anteriore

134


M e todo delle p r oie zion i c en t ra li

L’ORTOGONALITÀ CONDIZIONI DI ORTOGONALITÀ

Abbiamo già studiato il problema dell’ortogonalità nel metodo delle proiezioni ortogonali. Tenendo presenti i risultati conseguiti, si ricorda che l’ortogonalità espressa nel modo migliore è quella tra retta e piano, che il punto di una retta è l’immagine sul quadro del suo punto improprio e che, analogamente, la retta di fuga di un piano dà la proiezione della sua retta all’infinito. Le figure che seguono (oggettiva e descrittiva) dimostrano in quale modo il cerchio di distanza permetta di determinare il punto di fuga e la retta di fuga di una retta r ed un piano α tra loro ortogonali, tramite la polarità e antipolarità (vedi capitolo relativo).

antipolare antipolare (S) (S) (r)

(s)

(r)

(s) F’r T’r

r

polo

f

R

F’r T’r

S F’s T’s

polo

s S

Infatti si può dire che: La condizione necessaria e sufficiente affinché un piano α = (tα, f ’α), ed una retta r = (Tr, F’r) siano tra loro ortogonali è che la retta di fuga f ’α del piano sia l’antipolare del punto di fuga F’r della retta, nell’antipolarità determinata dal cerchio fondamentale o di distanza. Analogamente, la condizione necessaria e sufficiente perché due rette r = (Tr, F’r) ed s = (Ts, F’s) siano tra loro ortogonali è che i loro punti di fuga F’r e F’s siano anticoniugati rispetto al cerchio di distanza. Quindi, la condizione necessaria e sufficiente perché due piani α = (tα, f ’α) e β = (tβ, f ’β) siano tra loro ortogonali è che le loro rette di fuga f ’α e f ’β siano anticoniugate rispetto al cerchio di distanza. Concludendo si può dire che nel metodo della proiezione centrale le relazioni tra l’ortogonalità si traducono in relazioni di anticoniugio tra gli elementi di fuga, nell’antipolarità subordinata sul quadro dal cerchio di distanza.

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 135


Cap i tolo _ X III

Retta r ortogonale al piano α.

f’

f’ (S) f

S m

T

T t

t

Rette r ed s, tra loro ortogonali. (S) 90° f F’r

F’s

S r’

s’ A

Piani α e β tra loro ortogonali. f’

t

t

f’

(S) 90°

m’ F’r

S

F’s

r’

s’ P’

Ts

Tr

161

136


M e todo delle p r oie zion i c en t ra li

Piani γ, β, ε ortogonali a α perché passanti per una retta r ortogonale a α. f’

t (S)

f’

f’

t t’ S

F

F’r

f’ r’ t ’

Tr

Rappresentazione del cerchio di distanza come quella curva di tutti i possibili ribaltamenti della focale (s)=DS DS f’r

s DS

DS

f’

DS

Sfera di tutti i possibili ribaltamenti nello spazio della focale

(S)

(S) (S’)

S

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 137


Cap i tolo _ X III

LA RETTA DI MASSIMA PENDENZA DI UN PIANO Sappiamo che la retta di massima pendenza di un piano α che sia inclinato rispetto al quadro è quella che forma con la propria proiezione ortogonale la maggiore ampiezza d’angolo (vedi metodo di Monge). Pertanto, assegnato il cerchio di distanza e stabilito il piano α = (tα, f’α) obliquo a π, la risoluzione dipende dal ribaltamento del piano T = (tT, f’T) ortogonale ad α e a π. Il che non è difficile da eseguire sapendo che ogni punto del cerchio di distanza è un possibile ribaltamento di S e che l’asse S Sπ, essendo ortogonale al quadro, nel ribaltamento viene a formare un angolo retto con l’origine del piano proiettante T. In questo modo si determina anche l’angolo ε che il piano α forma con il quadro.

f’

t

(S)

r’

(r//)

F’r

ta

(r) ret

S Tr

f’

enza

a pend

ssim di ma

t

Date due rette parallele appartenenti ad un piano β obliquo al quadro, determinare la vera distanza.

(s) (s)

retta di massima pendenza

F r=F s

(s)

f’ Tr

Ts M d

t

N f’

138

(s) (r)


M e todo delle p r oie zion i c en t ra li

Dato un quadrilatero A’B’C’D’ convesso qualsiasi, determinare il quadrato (A)(B)(C)(D) di cui è la proiezione centrale.

f’

f

f’

f’

f’

B’ C’ A’

D’

Distanza di un punto P dal quadro. (q”)

(s)

(P) (q) d P’

f’

S F’q

Tq

t

q’

p’ Tp F’p

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 139


Cap i tolo _ X III

Determinare l’angolo ε formato da due rette q e s incidenti

(s) M

(r)

(s)

(q)// (s)// F’s

F’r

F’q (s)

(r)

r’

(s)

(s)

Ts=Tq M

(q) (s)

(s) f’ = t

Assegnato un segmento A’B’ del piano α come immagine del lato AB di un triangolo equilatero ABC, costruire la proiezione del triangolo A’B’C’.

f f’ = t (S) alfa= 0 centro omo l (S)

S (B) B’

t= o asse omolog

(C) m

A’

F (A)

140

N

C’


M e todo delle p r oie zion i c en t ra li

Tr

r’

t

f’

cerchi o di distanza

t

F

f’

t

uu

f

S

f’

r’

F’r

f’

t

t

f

F’r

F

F

Assegnata la proiezione centrale di due piani generatrici qualsiasi β e γ, determinare la retta d’intersezione r in modo da visualizzare il reciproco rapporto delle due superfici.

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 141


asse delle vere altezze

ttica ospe ta pr pian

up. ria s usilia ale a virtu

A (N)

A traccia del quadro ausiliaria sup. (N)

FD

F M1 P


La prospettiva Capitolo XIV


Cap i tolo _ X IV

CENNI STORICI

La Prospettiva

La Prospettiva non è nata adulta, come partorita dalla mente di Zeus, ma è venuta definendosi nel corso dei secoli in connessione con precise situazioni culturali, divenendo alla fine una vera e propria attività interdisciplinare. Per la riflessione storica moderna la prospettiva si definisce in stretto rapporto con le arti figurative, come una componente che assicura loro una particolare dignità. Ciò vale essenzialmente per i secoli XV e XVI ed in parte per il XIV. Sappiamo ora che la prospettiva esiste anche indipendentemente dalle arti figurative, però il fatto che si sia definita in alcuni dei suoi aspetti essenziali proprio come strumento per l’artista, ci impone di ripercorrere, se pur brevemente, questa sua chiamiamola preistoria, quando era strumento di una rappresentazione illusionistica dello spazio a prescindere dai suoi presupposti teorici. È risaputo che la prospettiva, come costruzione illusionistica, ha basi geometricomatematiche, è sostanzialmente un fenomeno storico, non qualcosa di già precostruito da scoprire un poco per volta, ma creazione umana, in cui confluiscono ricerche e conquiste non solo di singole personalità, ma d’intere situazioni di cultura. Infatti a quella che è la percezione fisiologica dello spazio, la prospettiva ne sostituirà un’altra geometrica, intellettuale fondata non già su riferimenti immediati d’esperienze, ma su rapporti esattamente definibili fra termini omogenei. Affermerà cioè una nozione di spazio costruito attraverso un’astrazione di quelle che sono le connotazioni sensibili. Se queste civiltà non arrivano a formulazioni autenticamente prospettiche, lo si deve anzitutto alla nozione immediata, vissuta, quindi frammentaria che hanno dello spazio. Parziali soluzioni che si possono dire di tipo prospettico si incontrano già in tempi remoti. L’arte preistorica ci offre indubbie testimonianze dell’interesse dell’uomo per la raffigurazione di oggetti singoli (certe specie di animali ad esempio), ed i reperti di arte rupestre (25.000 a. C.) ne costituiscono esempi notevoli per efficacia e semplicità. Tuttavia anche se si deve riconoscere che già in tale epoca lo scorcio non è ignorato, non si può ancora parlare di prospettiva, poiché questa come si vedrà in seguito, è un metodo razionale e quindi

144

frutto di civiltà evolute. Anche certe soluzioni embrionalmente prospettiche che s’incontrano in antiche civiltà mediterranee, in particolare nell’arte egizia non possono dirsi propriamente prospettiche, in quanto manca in esse quella nozione unitaria dello spazio che si diceva, e le singole figure sono distribuite secondo direttrici suggerite dalla necessità del racconto, dalle consuetudini della scrittura ideografica. Anche in certe immagini dipinte dell’estremo oriente si ha spesso l’impressione di una visione dell’infinito con risultati che si potrebbero già dire assonometrici. Neppure in questi esempi si può veramente parlare di prospettiva in quanto mancano i presupposti teorici che sono alla base della prospettiva Rinascimentale. In sostanza la prospettiva è un tipico prodotto della civiltà occidentale, e come tanti altri aspetti di questa civiltà, ha le sue origini nell’antichità greca. I primi esempi di soluzioni prospettiche si hanno nella pittura vascolare del V secolo. Già in pezzi del periodo a figure nere (sec. VI) si possono indicare precoci intuizioni in questo senso; però è con il V secolo che si può chiaramente parlare di risultati non sporadici, anzi coerentemente perseguiti. Raffigurazioni come quella del cratere degli Argonauti o tutta la serie dei pezzi dello Stile Bello presentano indubbie e raffinate soluzioni prospettiche: sia come casi espliciti di scorcio, sia come colorazione scalata delle figure nello spazio o impostazioni rotanti di esse. Si tratta però di soluzioni puntuali che testimoniano indubbiamente di una presa di coscienza della tridimensionalità dello spazio e quini della necessità del ricorso a mezzi illusionistici, rimane però da vedere fino a che punto tali soluzioni portano da una concezione realmente unitaria dello spazio e quindi da una già chiara posizione di istanze prospettiche. Il dubbio permane anche di fronte a risultati non molto posteriori come certi vasi del cosi detto Stile Fiori. Il dubbio in sostanza è se si tratti di soluzioni nate dalle botteghe, cioè nell’ambito dell’operosità artistica, sotto la spinta di una semplice esigenza di naturalismo, oppure se già presuppongano un substrato teorico culturale più complesso. Questo si può ritenere avvenga in epoca ellenistica. Anche se sono scarsi i documenti di quest’epoca, è però


La p r ospet t iva

certo che molte delle scoperte in questo campo sono rispecchiate dalla pittura romana, che in molti casi è opera di artisti che ripetono, con maggiore o minore intelligenza, modelli ellenistici. Si citano a questo proposito parecchi esempi, attentamente analizzati dalla civiltà moderna. Uno dei più noti è un dipinto parietale in una casa di età Augustea sul Palatino; poiché raffigura architetture simmetriche, l’impostazione prospettica è più facilmente riscontrabile. Basterà seguire la direzione degli architravi ortogonali al fondo, il progressivo ridursi dell’altezza delle lesene e delle aperture, per individuare le linee di fuga convergenti in un punto centrale, quale punto di concorso delle rette tra loro parallele. Anche se lievi discordanze si riscontrano nelle basi delle colonne, forse dovute a fraintendimenti degli esecutori, è certo che i presupposti essenziali della prospettiva si trovano già individuati e messi sistematicamente in opera. Il fatto che tale dipinto rappresentato qualcosa di vicino ad una scena teatrale può aver favorito l’impiego così sistematico della prospettiva di fronte. È un fatto però che un impianto prospettico coerente si trova anche in una scena tanto più vasta e apparentemente frammentata come l’assalto dei Lestrigoni, in uno dei dipinti della casa dell’Esquilino (50 a.C.), da originale greco della metà del II secolo a.C; qui trattandosi di un paesaggio con figure lo sviluppo prospettico è affidato essenzialmente al progressivo ridursi della dimensione delle figure e soprattutto delle navi, che sono opportunamente dislocate in modo che il motivo tipico delle prue arcuate ricorra, sia pure a distanze diverse, in punti differenti dello spazio si da determinare il graduale allontanamento di tutti gli elementi della scena. Nonostante la vastità dell’orizzonte e la mancanza di coordinate prospettiche facilmente visionabili, l’unità prospettica dell’insieme è pienamente raggiunta. È chiaro che in esempi come questi l’artista non si occupa più solamente della resa verosimile, o meglio otticamente illusiva di singole forme dell’immagine, ma le risolva collocandole in un rapporto contestuale con tutte le altre forme dell’immagine, cioè dimensioni e struttura dei singoli elementi risultano dal loro reciproco rapporto. Questa concezione dello spazio, se non unitario, almeno sufficientemente organizzato, come può essere maturata nelle botteghe ellenistiche dei cui risultati la pittura romana rappresenta una divulgazione in certi casi provinciale o degradata? È il caso di ricordare qui lo sviluppo raggiunto dalle scienze del mondo ellenistico, soprattutto

da quella che più da vicino riguarda il nostro problema, l’ottica. Si sa dalle fonti antiche che di skenographie, come all’ora si chiamava la prospettiva, nonché dei problemi inerenti alla visione, cioè di ottica, si erano occupati diversi autori già nel V secolo. Una svolta decisiva deve essere avvenuta nell’epoca ellenistica soprattutto con Euclide per l’impostazione in stretti termini geometrici che egli fa dei fenomeni ottici. È un fatto però che, sia negli esempi ellenistici che in quelli romani le soluzioni appaiono diverse da quella rinascimentale, e non tanto per inadeguatezza rispetto ad un metodo che ancora non era stato elaborato (e lo sarà molti secoli dopo), quanto per una soluzione culturale che portava gli artisti a porsi il problema in termini diversi. Anzitutto appare verosimile che questi artisti non condividessero le esigenze di assoluta coerenza intellettuale, e cioè di uno spazio integralmente definito in termini geometrici, che saranno proprie del ‘400 italiano. È cioè verosimile che le loro ricerche nell’elaborazione dei procedimenti prospettici si appagassero di una relativa plausibilità dell’impianto spaziale. Così può spiegarsi come sia mancata in loro la preoccupazione di unificare i punti di fuga, lasciandoli invece scalare a spina di pesce, o in altri casi addirittura disponendoli su assi diversi. È stata avanzata l’ipotesi da alcuni studiosi che questo minor rigore consentisse un fruire più sciolto dell’immagine o del racconto, eventualmente, con il sussidio di soluzioni atmosferiche; per cui veniva così meglio assecondato il naturalismo più immediato e vigoroso del mondo antico. Se questo legarsi in epoca ellenistica della prospettiva all’ottica geometrica le assicura un fondo dottrinario autorevole, ne condizionerà anche la storia futura. Per secoli, nel corso del Medioevo, scaduto ogni interesse per una rappresentazione naturalistica ed oggettiva, la prospettiva allontanata delle arti, sia pure con oscure e tenaci sopravvivenze, finisce per essere riassorbita nella sfera puramente teorica della geometria e dell’ottica, condividendo con questa la sorte di essere confusa nelle speculazioni neoplatoniche sulla luce. Sarà solo con la penetrazione in Europa della cultura araba che si ricomincia a parlare dell’ottica tolemaica, quindi dei problemi della visione. Finché sulla fine del 1300 a Padova e a Firenze l’ottica recupererà la sua struttura geometrica per poi incontrarsi di novo con l’arte. È a questo punto che con Brunelleschi, nel contesto di una situazione storico culturale quanto mai complessa, si ripropone in termini

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 145


Cap i tolo _ X IV

matematici il problema della rappresentazione illuministica delle cose nello spazio. Peraltro in termini ovviamente diversi questa esigenza era già stata non solo avvertita ma anche lucidamente affrontata da artisti toscani del ‘300. Gli studi recenti (Pamofsky, Longhi, Gioseffi, Giombrich), hanno giustamente insistito sull’importanza avuta da Giotto nell’elaborazione di procedimenti prospettici, che pur non arrivando alla sistematica coerenza di quelle quattrocentesche, sono per altro in grado di fornire raffigurazioni in buona misura plausibili. Giustamente il Gioseffi ha rilevato come Giotto abbia indubbiamente attinto ad esempi della pittura antica ed ha individuato una lunga casistica delle sue soluzioni. In casi eccezionali, come i due finti coretti dell’arco trionfale della Cappella Scrovegni a Padova, l’artista perviene ad una vera e propria prospettiva centrale; però il più delle volte il sistema prospettico non risulta altrettanto unitario dandosi casi di punti di figa molteplici su uno stesso asse o assi diversi, e la coesistenza in uno stesso dipinto di un impianto base in prospettiva centrale e di soluzioni minori in prospettiva ad angolo. In altre parole, Giotto che pure è giunto ad un alto grado di elaborazione dei mezzi prospettici, se ne avvale con notevole libertà in funzione delle sue esigenze di grande narratore senza avvertire la necessità di un’integrazione e sistematica unificazione dei diversi nuclei prospettici. È per lui essenziale che l’immagine raggiunga un alto grado di concretezza naturalistica e sensibile, nonché una sua unità spaziale (ed è questa probabilmente la molla di fondo che ha stimolato le sue speculazioni prospettiche), ma nello stesso tempo esige che conservi un tanto di grave ieratica solennità. Lo stesso, in modi e forme ben diverse, vale anche per quei trecentisti senesi, come Duccio e i Lorenzetti che hanno sviluppato la lezione prospettica di Giotto. La superficie del dipinto si apre, tornando ad essere un piano attraverso il quale si vedono figure umane e cose nella loro corporea e individua consistenza. Si giunge così al Rinascimento, questo nuovo stupendo periodo della storia italiana ed europea, che si distingue per una universale volontà di ricerca in tutti i campi e che investe tutti gli aspetti della vita umana: esso va dai primi decenni del 1400, agli ultimi del 1500, anche se bisogna tener presente che i vari momenti culturali di questa civiltà hanno confini, svolgimenti e conclusioni diverse da luogo a luogo. Il termine “Rinascimento”, ritenuto da tutti gli studiosi non corrispondente all’effettivo significato delle sue molteplici

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manifestazioni, in particolare a quella artistica, si riferisce agli spetti essenziali di questa civiltà; cioè, al rinato interesse per lo studio dei classici antichi, e a quelle vaste complesse “manifestazioni del pensiero e dell’azione rivolte ad integrare la concezione cristiano-medievale dell’uomo con il rilievo dei valori e dei significati della vita terrena in quanto tale”. Più precisamente, per alcuni che considerano il Medioevo un periodo storico oscuro e decadente (la cui struttura al termine di un lungo periodo feudale si sta disgregando, provocando anche il logorio del potere della Chiesa), il termine vuole indicare quell’atteggiamento di ribellione nei riguardi delle imposizioni teologiche e della morale che stimola la rivalutazione dei valori terreni. Per altri, il termine si limiterebbe ad indicare un equilibrio riconquistato attraverso il recupero di alcuni fermanti già presenti nella società tardomedievale e l’innesto delle filtrate esperienze della classicità. In realtà la questione è complessa ed è stata a lungo dibattuta. Con una certa cautela, ci sembra di poter stabilire, che tra Medioevo e Rinascimento, al di là di quei forti contrasti di cui si diceva prima, un filo che unisce i due periodi esiste, come esistono molti germi destinati a svilupparsi nel mondo rinascimentale; tali legami si possono individuare nei nuovi valori strutturali, morali ed intellettuali della pittura di Giotto, nell’umanesimo di Dante, nel classicismo di Petrarca e nel realismo di Boccaccio. Comunque si voglia interpretare il significato più profondo del Rinascimento, un fatto è chiaramente accertato, e cioè: alla visione religiosa unitaria, rigida, che si ha della vita nel periodo medioevale, attraverso un lento processo di trasformazione se ne sostituisce un’altra, secondo la quale il vivere quotidiano e terreno ha una sua dignità anche a prescindere dalla concezione della vita ultraterrena. A questo punto l’uomo si sente costruttore del proprio destino, il creatore di se stesso, l’edificatore di una nuova realtà umana: la natura non è più riguardata come un miracolo, bensì come una cosa da indagare con atteggiamento scientifico, mediante indagini conoscitive appropriate. L’uomo attraverso la relazione che si stabilisce fra il suo agire presente e la meditata esperienza del passato, acquista la consapevolezza della propria storicità (Salmi). Dunque il Rinascimento è un movimento intellettuale, e gli umanisti (Petrarca, Salutati, Niccoli, Bruni, Valla, Alberti, Ficino, Poliziano), attraverso l‘esercizio critico nel campo degli studi filologici, contribuiscono in notevole misura al raggiungimento di questa nuova mentalità, a creare quel clima di consapevolezza di un


La p r ospet t iva

autentico risveglio artistico e scientifico. In questo risveglio, anche se in un secondo tempo, una buona parte l’ha avuta l’umanista e filosofo Pico della Mirandola con la sua opera De Hominis Dignitate, in cui si celebra l’uomo unico essere dotato da Dio di libertà e di potere di elevarsi grazie alla cultura. Ne deriva anche un nuovo comportamento, che ha come effetto positivo quello di permettere l’esame di tutti i fatti della vita prescindendo da qualsiasi preconcetto teologico; e questo nuovo atteggiamento, indubbiamente opposto a quello dell’uomo del Medioevo, conduce ad una visione più moderna del mondo; per cui la politica raggiunge una sua autonomia rispetto ala morale, la scienza si libera dalle sottigliezze metafisiche, si svincola dalle pastoie della magia e dell’alchimia indirizzandosi su nuove vie che conducono poi alla fondazione del metodo sperimentale. Sorgono nuove strutture economiche, nuovi regimi politici, nuove organizzazioni commerciali e soprattutto s’instaura un modo di pensare e di vivere più libero, con ripercussioni positive nell’ambiente artistico. Infatti, all’artista non vengono più imposti i temi, i contenuti, ma egli, poiché vuole affermare il suo dominio e proprio perché si considera il centro di un sistema, determina il proprio orientamento ideologico e culturale, definisce autonomamente strutture e immagini (Argan). Il mutamento di queste condizioni di vita, consente un’esistenza più serena, un’attività più organica ed intesa in tutti i settori delle arti e dei mestieri, e le città si arricchiscono di nuovi monumenti, di opere architettoniche pubbliche e private di notevole bellezza. I centri di queste attività sono costituiti dalle corti italiane: i Medici a Firenze, i Gonzaga a Mantova, gli Sforza a Milano, gli Estensi a Ferrara, i Montefeltro a Urbino, i Papi a Roma; e all’estero le corti di Francesco I in Francia ed Elisabetta in Inghilterra. In conclusione, a nostro giudizio, il senso più profondo del Rinascimento, sta proprio nell’acquisizione di questo nuovo stato di coscienza dell’uomo, che riguarda l’aspirazione ad un più profondo sapere, il bisogno di una continua ricerca del concreto e la conquista di un’autonomia spirituale. Tuttavia un movimento così vasto e vitale ebbe innumerevoli diversificazioni, non solo sui principi ma anche nelle varie manifestazioni artistiche, in parte dovute alle diverse personalità dei singoli architetti, pittori, scultori, scrittori, ed in parte dovute al mutamento dei gusti e degli influssi. È dunque in questo clima che si elabora un vero e proprio sistema prospettico razionale fondato sulla geometria; ciò si verifica a Firenze nella prima

metà del Quattrocento, e come si diceva prima, avviene in stretta connessione con il costituirsi di una nuova cultura che tocca tutti gli aspetti della vita dal pensiero al costume, dalla politica alla letteratura e alla scienza. Il maturare di una concezione che fa dell’uomo e delle sue attività terrene il centro della vita intera, va insieme con una viva passione per il mondo antico, sentito come modello per la nuova realtà da creare, e con un rinnovato interesse per la natura in molti dei suoi aspetti. Ad una nuova autonomia nel campo della politica e della morale corrisponde un’altrettanto nuova autonomia nella considerazione dei fenomeni naturali. La rappresentazione del mondo visibile si determina con una sistematicità e con una convinzione mai riscontrate prima, tali da permettere di pervenire alla conquista di uno spazio concreto e misurabile tramite la prospettiva. È per questa via che l’ottica ritrova la sua fisionomia di disciplina positiva che ha nella geometria Euclidea e Tolemaica il suo strumento specifico. La prospettiva nasce da questo insieme di ricerche sui fenomeni della visione, applicati da un uomo di genio, Filippo Brunelleschi, all’attività artistica. È certo infatti che a prescindere dalla condizione di artista del Brunelleschi stesso, le prime applicazioni avvengono da parte di artisti (Masaccio, Donatello); è però altrettanto vero che la messa a fuoco del metodo da parte di Brunelleschi è essenzialmente una operazione razionale, per cui le leggi della visione vengono trasferite anche alla rappresentazione degli oggetti. Si tratta di un’operazione altamente intellettuale che implica posizioni di carattere speculativo: in fondo le convinzioni che l’immagine, che l’uomo ha delle cose, possa definirsi e misurarsi in termini geometrici. Il che presuppone in ultima analisi che l’intera realtà possa configurarsi in termini di rigorosa razionalità. Nelle mani di artisti di eccezione come Masaccio, Donatello, L’Angelico, la prospettiva diventerà strumento tipico per la rappresentazione illusionistica delle cose, ma anche e soprattutto mezzo per una costruzione definitivamente unitaria dell’immagine, per una distribuzione calcolata e nitida delle parti e in definitiva per una austera e solenne razionalizzazione dell’immagine che essi danno del mondo. Il grande successo della prospettiva si deve certo al prestigio ineguagliabile di questi artisti, ma anche al fatto che essa rispondeva all’esigenza, propria di tutta una cultura, che l’esperienza del mondo potesse alla fine ricondursi alle norme chiare della ragione umana. In ultima analisi attraverso la prospettiva naturalismo e

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Cap i tolo _ X IV

razio nalità venivano ad integrarsi in una misura così alta e feconda che ha ben pochi riscontri nella storia della civiltà. Mentre proseguono le ricerche da parte degli artisti per elaborare nuove e aderenti soluzioni esecutive, in particolare Paolo Uccello e Lorenzo Ghiberti, in quegli stessi anni (143436) la prospettiva trova la sua codificazione sulla De Pictura di Leon Battista Alberti, incentrata sulla piramide intercisa, o come viene indicata comunemente, sul taglio della piramide visiva. Una formulazione più analitica e costantemente fondata su basi geometriche euclidee, si avrà sulla fine del secolo con il De Prospectiva Pingendi di Piero della Francesca. Per l’azione di artisti dell’Italia centrale emigrati a Milano, Bramante e Leonardo, cui sono da aggiungere le speculazioni matematiche sulle proporzioni di Luca Pacioli, un francescano che era stato in rapporto con Piero della Francesca oltre che con Leon Battista Alberti, le ricerche prospettiche fioriscono anche nella seconda metà del 1400 in Lombardia. Qui da un lato si ha un approfondimento dei problemi e delle soluzioni puntuali, con un’accentuazione delle pratiche di bottega, come nel caso di Gaurico, dall’altro si ha con Mantegna un avvio prestigioso nel senso dell’illusionismo prospettico. Più interessanti gli sviluppi provocati dalla presenza di Leonardo che portano a rilevare accanto alla costruzione puramente geometrica, o come si dice lineare, l’importanza dell’elemento atmosferico come fattore integrativo dalla spazialità prospettica. Il che significa l’immissione di un elemento meno misurabile e più legato all’immediatezza dei sensi, di un quoziente di empiria nell’assoluta razionalità della prospettiva brunelleschiana e albertiana. Leonardo infatti aveva chiaramente avvertito come la complessità del reale non potesse ridursi a strutture di immediata razionalità; anzi, suo sforzo assiduo è stato quello di evidenziare la labirintica e segreta complessità del mondo. Parallelamente l’attività del conoscere si configura in lui come un processo tanto più complesso della pura ottica del primo ‘400. Le architetture (o reali, oppure di figure) di Raffaello nelle stanze accanto alla costruzione puramente geometrica, o come si dice lineare, l’importanza dell’elemento atmosferico come fattore integrativo dalla spazialità prospettica. Il che significa l’immissione di un elemento meno misurabile e più legato all’immediatezza dei sensi, di un quoziente di empiria nell’assoluta razionalità della prospettiva brunelleschiana e albertiana. Leonardo infatti aveva chiaramente avvertito come la complessità del reale non potesse

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ridursi a strutture di immediata razionalità; anzi, suo sforzo assiduo è stato quello di evidenziare la labirintica e segreta complessità del mondo. Parallelamente l’attività del conoscere si configura in lui come un processo tanto più complesso della pura ottica del primo ‘400. Le architetture (o reali, oppure di figure) di Raffaello nelle stanze della Segnatura, rappresentano di li a qualche anno una riaffermazione grandiosa degli ideali prospettici pierfrancescani, ma lievitata da un nuovo senso atmosferico e dilatata da una particolare solennità: la costruzione prospettica che viene a coincidere esplicitamente con le dimensioni dell’universo. Che è un’apoteosi ma anche la fine di un ciclo storico. Tralasciando le molte vicende intermedie, è nel 1600 Barocco che la prospettiva ritrova una nuova preminenza nella sfera dell’arte, lungo quel filone di illusionismo virtuosistico, che era iniziato con Mantenga ed aveva avuto uno splendido capitolo nelle cupole di Correggio. È questa ascendenza storica che fa si che il virtuosismo prospettico vada strettamente congiunto con l’effetto atmosferico luminoso. La volta di Palazzo Barberini del Cortona, quella del Baciccia nella chiesa del Gesù e quella di S. Ignazio di Padre Pozzo, sono gli episodi più celebri e spettacolari di una nutrita tradizione di grande decorazione fondata sugli effetti prospettici, che si ha in tutta Italia e successivamente fuori d’Italia. Se a questo punto la prospettiva è divenuta essenzialmente illusionismo, cioè effetto virtuosistico, gioco e spet-tacolo, è naturale che trovi largo impiego nel teatro, al quale assicura per la prima volta una scenografia nel senso moderno. Basti ricordare i nomi famosi dei Bibbiena, del Calliari e dello stesso Juvarra. Il fatto che questa ottica di teatro si ripercuota anche sull’architettura, non vale a negare la constatazione che la prospettiva, che nel 1400 era nata dall’esigenza di ordinare in razionale coerenza il mondo, serva ora a smontarlo e ricomporlo all’infinito sul filo del meraviglioso. Questo significa però un singolare potenziamento di essa come pura tecnica. È la fioritura delle ricerche matiche dal 1600 in poi che determina una nuova fase nella storia della prospettiva. Tra il 1600 e il 1850 si ha in tuta l’Europa, e soprattutto in Francia la definitiva affermazione della Geometria Descrittiva, la completa sistematizzazione dei metodi di rappresentazione nonché l’affermazione della geometria proiettiva, i cui studi iniziali si devono a Pascal e soprattutto a Gérard Desargues (1593-1662), con la formulazione della nozione di punti all’infinito (e quindi di punto di fuga), la teoria dell’involuzione, dei poli e delle polari.


La p r ospet t iva

Attraverso molteplici ricerche e fasi intermedie, si giunge agli studi conclusivi di Jean-Victor Poncelet (1788-1867), sulle proprietà proiettive delle figure. Egli dimostra con metodi ineccepibili e geniali, come queste proprietà si trasmettano inalterate, nonostante le trasformazioni, alle figure immagini. Tali trasformazioni conducono alla elaborazione dell’omologia piana e dell’omologia solida, che tanta importanza assumono nella costruzione prospettica. A Poncelet si deve attribuire anche il merito dell’elaborazione del metodo della proiezione centrale. Grazie a tutto questo la prospettiva raggiunge una struttura integralmente matematica, come diretta applicazione del metodo di Poncelet. Questa nuova condizione di parte integrante della geometria descrittiva e proiettiva, le permetterà di sopravvivere anche quando le

avanguardie artistiche moderne la renderanno in gran parte inutilizzabile per gli artisti. Sopravviverà da un lato come puro fatto scientifico, dall’altro in mano ad architetti e designer come tecnica univoca della visualizzazione. Infatti le vicende di oltre mezzo secolo di arte moderna sembrerebbero aver condannato all’oblio, o ad una sopravvivenza puramente archeologica, gli elaborati sistemi di rappresentazione della prospettiva rinascimentale e le complesse conseguenze che ne sono seguite nelle epoche successive. In realtà i recenti sviluppi dell’architettura, e più ancora della produzione industriale, sono venuti ad assicurare a questa nobile disciplina un’attività tanto inattesa quanto diffusa. L’architetto, il designer, il progettista delle più svariate branche ormai non possono prescindere da questa tecnica

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 149


Cap i tolo _ X IV

CASI DI POSIZIONE (PROSPETTIVA DI FRONTE, PROSPETTIVA D’ANGOLO, PROSPETTIVA A QUADRO OBLIQUO) PROSPETTIVA CENTRALE O DI FRONTE

IIl quadro è parallelo a X e Z il che significa che π è ortogonale a Y. Ne consegue che risulta individuato un punto di fuga proprio P F1 e due punti di fuga impropri F2∞ e F3∞. In altre parole il quadro è parallelo ad un solo piano γ, il che significa che α e β sono ortogonali a π per cui risultano individuate due rette di fuga proprie f1α e f ’β ed una impropria f1γ. Questo caso di posizione si distingue per il fatto che le rette ortogonali al quadro concorrono nel punto principale P, mentre le rette verticali e orizzontali (parallele a π) conservano il parallelismo. z

z orizzonte

P x

O

x

O

y y

T.Q.

Esempio di prospettiva di fronte di una planivolumetria generale. Progetto di recupero edilizio a Pianura (Napoli)

150


La p r ospet t iva

PROSPETTIVA D’ANGOLO

Il quadro (riferito ai due assi cartesiani) è parallelo a Z e quindi obliquo a X e a Y. Ne discende che risultano individuati i due punti di fuga propri f1 e f2 ed un punto di fuga improprio f3 ∞. In altre parole il quadro riferito ai tre piani cordinati (α β γ) è ortogonale ad α e obliquo a β e γ in modo da individuare tre rette di fuga proprie f1α , f1β , f1γ . Il quadro è verticale ma obliquo rispetto alle facce dell’oggetto e parallelo allo spigolo verticale comune alle due suddette facce. Si realizza la condizione della prospettiva d’angolo, in cui risultano determinati due punti di fuga anticoniugati.

z

z

F

x

O

orizzonte

F

O y

x T

T.Q. y

Esempio di prospettiva d’angolo. Stazione ferroviaria di S. Maria Novella Firenze.

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 151


Cap i tolo _ X IV

PROSPETTIVA A QUADRO OBLIQUO

Il quadro riferito ai tre assi cordinati cartesiani è obliquo a XYZ e π obliquo ad β e γ. Risultano quindi individuati tre punti di fuga propri f1,f2,f3 e tre rette di fuga proprie f1α, f1β β, f1γ. Si verifica la prospettiva a quadro inclinato in cui risultano determinati tre punti di fuga a due a due anticoniugati.

z orizzonte

F

F

z

1

T.Q. O

2 x

O

y

x 3

y F

Esempio di prospettiva a quadro obliquo dall’alto verso il basso. Piano di ricostruzione del centro storico Firenze.

152


La p r ospet t iva

figura oggetto P

quadro

P P

quadro

P

quadro

quadro

V

V

V

V

ESTERNO ANTERIORE Piano interposto rispetto all’oggetto

ESTERNO POSTERIORE Oggetto interposto rispetto al piano

TANGENTE La figura si appoggia al piano

SECANTE Il piano è tagliato

Si tenga presente che, a prescindere dai tre casi di posizione prima descritti (prospettiva di fronte, d’angolo, a quadro obliquo), il quadro π può essere esterno (anteriore e posteriore), tangente oppure secante. Naturalmente sono proprio le situazioni operative che si presentano di volta in volta determinare le scelte al momento di impostare il tipo di veduta, il che avviene attraverso la figura preparatoria in proiezione ortogonale dell’oggetto di cui si vuole determinare la raffigurazione prospettica.

(v)

cerchio di distanza

RAPPRESENTAZIONE PROSPETTICA

quadro r’’ P

P

F

V

centro di vista

r’ T

orizzonte T.Q.

A’

h

A’

r

retta reale

orizzonte F

A

V

T

geometrale

T.Q.

r P

F

T r’’

FIGURA PREPARATORIA v (in prima proiezione ortogonale)

Rappresentazione della retta, del piano e del punto.

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 153


Cap i tolo _ X IV

CAMPO VISIVO (VISIONE CENTRALE, VISIONE PERIFERICA) asse visivo

1

C

D P

traccia del quadro

45

A

B

C

D

T.Q.

P 13

2

7

2

P

avvicinamento

1

8 6

orizzonte

V

3

orizzonte

A

B

C

D P

T.Q.

orizzonte

2

V

V

4

allontanamento

3

4

A

B

C

D P

A

T.Q.

orizzonte

B

T.Q.

Nell’impostare il tipo di veduta è bene considerare anche le conseguenze che derivano dagli spostamenti del centro di vista lungo la direttrice dell’asse visivo, dal momento che tali spostamenti modificano nella prospettiva i rapporti tra larghezza e profondità, tra altezza e profondità. In altre parole, l’avvicinamento e l’allontanamento dell’osservatore determina immagini prospettiche che evocano un maggior senso di profondità spaziale nel primo caso; oppure nel secondo caso, un progressivo appiattimento con effetto simile a quello che si ottiene in campo fotografico con il teleobiettivo.

154


B

A

C

(B)

A

B

(Y)

C

quadrilatero irregolare

F

F

DS

(C)

D

D

(B)

A

B

F

A

B

F

(Y)

C

trapezio rettangolo

C

(C)

D

DS

D

(B)

A

A

C

B

F

(Y)

C

trapezio scaleno

B

F

(C)

D

D

DS

(B)

A

A

C

F

(Y)

C

trapezio isoscele

B

B

F

(C)

D

D

DS

La p r ospet t iva

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 155


Cap i tolo _ X IV

ELEMENTI RAPPRESENTATIVI DI RIFERIMENTO Per quanto attiene agli elementi rappresentativi della prospettiva si fa presente che sono gli stessi che abbiamo analizzato mediante la proiezione centrale. Corre l’obbligo invece di precisare che la funzione dell’angolo visivo e visuale, del cono ottico e del campo visivo: qualunque sia la posizione dell’oggetto rispetto al quadro e all’osservatore, è sempre possibile costruire la sua prospettiva. Proiettivamente non esistono limiti e tutte le figura dello spazio, comprese quelle situate perifericamente rispetto all’osservatore, si possono descrivere su π. Inoltre se è vero che la proiezione conica fornisce un’immagine deformata dell’oggetto (tanto più deformata quanto maggiore è la distanza laterale dell’oggetto dall’asse visivo), è altrettanto vero che tale immagine aberrata è ancora una prospettiva ineccepibile perché ottenuta dal centro di vista sopra un quadro piano. Tuttavia tali immagini aberrate entrano in contrasto con le immagini visive, che l’osservatore percepisce in situazioni analoghe. Ciò è dovuto al fatto che l’apparato visivo umano non consente la percezione di oggetti che siano posti marginalmente. Infatti la registrazione ottica avviene nell’occhio, su quella superficie composta da terminazioni nervose, detta area retinica. Tuttavia in questa zona si distingue un’area particolare detta zona maculare, dotata di maggior sensibilità, essendo costituita essenzialmente da fotorecettori sensibili alla luce diurna. È questa area che è adibita alla visione distinta degli oggetti che l’occhio fissa direttamente (visione centrale). È naturale che l’acutezza visiva diminuisce a misura che ci si allontana dal punto di fissazione. Per questo un oggetto situato di fronte si percepisce distintamente, mentre se posto lateralmente se ne ha solo un’idea vaga. Quindi le raffigurazioni prospettiche dell’oggetto situato di lato, per quanto proiettivamente ineccepibile, riproducono situazioni visuali che in condizioni analoghe non potrebbe essere registrato dal nostro apparato ottico a causa delle limitazioni periferiche del campo visivo. Inoltre, esse contrastano con la nostra esperienza, o meglio con la nozione che già possediamo dell’oggetto, sia attraverso esperienze di altri sensi sia attraverso acquisizioni psicologiche. quadro

P

centro di vista dell’occhio

campo visivo

Quindi nell’assumere il cono ottico o cono visivo immaginario di vertice V generato dalla rotazione di una generatrice (raggio visivo) attorno all’asse visivo con l’angolo assegnato di 30° quale misura relativamente ottimale, intendiamo stabilire i limiti durante le fasi operative della rappresentazione prospettica. La prospettiva ci fornisce immagini che si avvicinano con verosimiglianza alla nostra percezione degli oggetti, ma non sono né simili né uguali. Prima di tutto la nostra visione è binoculare, mentre la prospettiva si riferisce ad uno schema monoculare. L’occhio percepisce uno spazio limitato, frammentario, discontinuo. Inoltre lo spazio visivo è costantemente influenzato da fattori psicologici ed emotivi. La prospettiva lineare, invece, proprio perché è un’operazione tutta intellettuale, realizza uno spazio omogeneo e razionale dove non esiste un contenuto emotivo, bensì una struttura logica.

156


La p r ospet t iva

SCHEMA RAPPRESENTATIVO DELLA PROSPETTIVA DI FRONTE.

(V ) DS

DS

(V )

orizzonte

P

PS (V )

s’

’’

A’

A L.T t

V

P

r’ 45°

u

u

A

L.T.

(r)

(A)

(A)

(s)

Esempi di alcuni sistemi di minore rilevanza teorico-speculativa, ma di maggiore efficacia sotto l’aspetto essenzialmente pratico. Torna utile infatti, durante l’esecuzione di una prospettiva, ricorrere ad alcuni espedienti geometrici che semplificano e rendano più svelti i meccanismi proiettivi. METODO DELLA PIANTA PROSPETTICA VIRTUALE (V)

A

1

orizzonte

P

F

2

A’

T.Q.

F

M 1

F

M

F orizzonte

A

2 T.Q t

V

A

rette di richiamo

M

F

h

A’’

L.T.

2

f’

2

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 157


Cap i tolo _ X IV

Divisione di un rettangolo in prospettiva in un numero pari di parti uguali.

A’

B’ orizzonte

P N’ m’

C’ B’

C’

m’ N’

D’

A’

D’

Divisione di un rettangolo in prospettiva in un numero di parti uguali dispari o pari.

A’

1

2

4

3

5 q

1’ 2’ 3’

4’

5’ q’ orizzonte

F C’ D’

158

F


La p r ospet t iva

Asse dell’omologia.

(V )

M

M

asse delle vere altezze orizzonte

M’ DS

P D’

(D)

M

(A)

(A’) u

DS C’

p’

Hh

q’ B’ (B)( u B)

(C)

T.Q.

(V ) Costruire una prospettiva di fronte di esaedri e una serie di quinte differentemente orientate.

(V )

orizzonte

f’

P

DS

h’

f

T.Q. V

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 159


Cap i tolo _ X IV

METODO DEI PUNTI DI FUGA ANTICONIUGATI

p

p

(V)

f F

F1

F2

B

F3 A T.Q.

F1

4

23 P

1

F2

F3

(V)

B

F1

P

F2 y

h T.Q.

160

1

23

A

4


La p r ospet t iva

PROSPETTIVA D’ANGOLO Realizzata attraverso metodi misti (punti di fuga anticoniugati, del taglio o dei raggi virtuali e dei punti misuratori). L’architettura raffigurata è una semplificazione del Teatro del Mondo progettato dall’architetto Aldo Rossi nel 1979. L’edificio è ispirato ai teatri sull’acqua in uso durante i Carnevali veneziani del Settecento. L’interessante soluzione volumetrica affidata a un insieme di solidi geometrici ben congegnati, è sicuramente idonea per un applicazione di geometria descrittiva sulla prospettiva. Per evitare eccessivo groviglio delle linee proiettive, si ritiene di semplificare la prospettiva trascurando la rappresentazione di porte e finestre che appaiono nei due prospetti. Se il disegnatore lo ritiene opportuno, l’aggiunta di questi elementi può costituire un ulteriore esercizio di verifica utilizzando i meccanismi proiettivi sperimentati in precedenti lavori.

asse delle vere altezze

(N)

A

traccia del quadro ausiliaria sup.

h

ospe ta pr pian

m(i)

ttica

F2

ale a virtu

M1

N

usili

A P

sup. aria

FD (N)

. T.Q

F1

V F1

orizzonte FD

M1

P

2h traccia del quadro (N)

A

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 161

F


Cap i tolo _ X IV

F

. T.Q

B

A

1

P

N

C

TΞD

F

2

h

orizzonte

V

L.T.

2h

T.Q.

F

f’ β

cerchio di distanza

1

A

B

P

(V)

N

α

T ΞD

C

f’ α

F

2

orizzonte

162


La p r ospet t iva

METODO DEI PUNTI MISURATORI figura oggetto - base piramide visiva quadro - piano secante

piano visivo

A

B’

B Q

raggio visivo Q’ V

D

D’

piano visivo

figura immagine sezione della piramide visiva

Il metodo dei punti misuratori si può considerare come un’ulteriore elaborazione dei punti di fuga anticoniugati. (V )

F’s F

f

(r||)

inclinazione del piano verticale di 30°

P F

orizzonte

F

W

f’

(r)

asse dell’omologia

T

(1)(

2)

(3)

(4)

(5)(

6)

T.Q. t

(r)

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 163


Cap i tolo _ X IV

D A

C

u(i)

r

B

u(i)

F2

P

i

F

A F1

w

NS n1

Tr

V V

(r) asse dell’omologia F 2 (6) T.Q. 6 5 4 3 2 1 m F2

P 0(T

3)

(6)

(i) r’’

(V)

164

T.Q.


La p r ospet t iva

METODO DEL TAGLIO

(r)

s

(C)

o

t

A

H2

(V ) o

P

B

B

cerchio di distanza

B

F

1

T.Q.

t

F

A

o

manca la seconda proiezione

(A)

u

(B)

B

P

C

(V ) 0

r

n

n

F

F

2h

orizzonte

asse d’omologia di ribaltamento

Questo metodo, che prescinde dall’individuazione dei punti di fuga anticoniugati, è fondato (come dice il nome stesso) sul taglio della piramide visiva con il piano del quadro. La costruzione proiettiva avviene attraverso una figura preparatoria, e la definizione dei punti e delle rette immagine si realizza attraverso un sistema di coordinate cartesiane x ed y. Il che vuol dire utilizzare un’ascissa ed un’ordinata per determinare ciascun punto immagine della struttura oggettuale.

2

t

F

F’r

r’

asse delle vere altezze QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 165


Cap i tolo _ X IV

La risoluzione prospettica qui proposta utilizza il quadro secante la piramide visiva posteriore rispetto al parallelepipedo, impostazione che permette di ottenere un’immagine prospettica più grande rispetto all’immagine in proiezione ortogonale. La figura mostra, nella parte alta, le operazioni preparatorie, che consistono nel taglio dei raggi visivi e dei piani visivi.

B’

L.T. h

P’’

orizzonte

h

A’

L.T.

c

b

a

A’

y

12

34

56

P

T.Q.

B’

B

A

V

7 6 5

P’

orizzonte

h

4 3

T.Q.

2

A’

1

0

166

a

b

c

d

78 T.Q.

V’

B’

8

0

d

P’

x


La p r ospet t iva

PROSPETTIVA A QUADRO OBLIQUO Date le immagini in proiezione ortogonale (pianta, prospetto, etc.) di un oggetto a forma di parallelepipedo costruire la prospettiva a quadro obliquo dall’alto verso il basso h.

V F1=F2

h F2

V=F1

F1

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 167


Cap i tolo _ X IV

La prospettiva a quadro obliquo si distingue in due casi di posizione: dall’alto verso il basso e dal basso verso l’alto. Dato un triangolo acutangolo delle rette di fuga f ’α, f ’β, f ’γ, determinare il punto principale (ortocentro), la focale, o asse visivo e il cerchio di distanza.

F1

tα=T.Q.

M3 (V)

orizz.=f’α

M3

M2

asse visiv o M3

t

P

A

y’ (A)

(2) M1

(A)

F

f’

F2

(A)

f

f’

F

2h

(v)

h

h

F

168


V

T.Q. L.T.

h

orizzonte

F1

A

A’

P

B

B’

F2

F2

La p r ospet t iva

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 169


Cap i tolo _ X IV

LE SFERE OMOTETICHE DI CHASLES Come diretta conseguenza del metodo dei punti misuratori, il ribaltamento del centro di vista V, della retta r e del punto AЄr, può essere eseguito in qualsiasi direzione, a con- dizione che il ribaltamento della retta reale e quello della retta parallela avvenga tramite piani paralleli corrispondenti (per esempio //). L’insieme di tutti i possibili ribaltamenti determina due sfere immaginarie omotetiche, il cui centro dell’omotetia è l’immagine A’ del punto A.

r

A Mr

Tr

P

F’rT

.Q.

(A) f r|| V

Mr

(V ) centro dell’omotetia

f

Mr

h

(A)

(A)

(r||)

P

F’r

Tr

Mr t T.Q.

(A)

(r)

Mr

(A)

170

Mr

r’ A’

(A)

f’

(A)


C onLa c et to p r ospet di lim t iva ite

note

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 171


-

A’’ a’’ b’’

D’’

r’’

B’’

Q’’

(r) P’’ (P) C’’

L.T. ε

P’ r’

Q

D’ A’

t

b’

a’

Q’

t

C’ D’

Q


Le ombre applicate al metodo di Monge Capitolo XV


Cap i tolo _ X V

LA LUCE Ripercorrendo il lavoro svolto risalta il gran numero di temi trattati tanto che si potrebbe essere indotti a pensare che l’intera materia abbia subito un’eccessiva dilatazione. È nostro dovere in ogni buon conto chiarire che l’applicazione delle ombre nei corpi solidi, se non aggiunge niente dal punto di vista proiettivo, aumenta invece l’effetto espressivo del disegno, permettendo soprattutto una migliore percezione della collocazione spaziale dell’oggetto raffigurato. Con tutto ciò, anche se non si può negare un maggior grado di evidenza alla raffigurazione di una struttura quando questa sia integrata dalle ombre, le immagini così ottenute rimarranno sempre delle semplificazioni, poiché nella realtà ogni oggetto ha un suo particolare modo di ricevere la luce e di graduare le ombre con una grande varietà di sfumature e modulazioni cromatiche che non possono essere realizzate attraverso le operazioni proiettive. Nell’ambito del corso di fisica viene trattata la luce, in questa sede basterà ricordare che noi vediamo gli oggetti perché da essi partono le radiazioni luminose che pervengono a quella struttura altamente specializzata per la funzione visiva che è il nostro occhio. La luce in certi casi ha origine dall’oggetto stesso, perciò si ha che il corpo è luminoso, mentre perlopiù è l’oggetto che ci rimanda la luce che ha ricevuto da una sorgente luminosa e perciò si dice che il corpo è illuminato. Geometricamente la determinazione delle ombre nei diversi metodi di rappresentazione avviene in base alla convenzione che permette di materializzare la sorgente luminosa con un punto, che può essere proprio o improprio, a seconda che la fonte di luce sia artificiale o naturale. Tali proiezioni sono perciò centrali o coniche se la sorgente è a distanza finita, parallele o cilindriche se la fonte di luce è a distanza infinita. Si rende implicita la distinzione tra ombre proprie ed ombre portate, e quest’ultime si possono guardare come vere proiezioni dell’oggetto su uno schermo. Naturalmente se la superficie su cui è proiettato l’oggetto non è piana e cioè irregolare, o se è fatta di più piani diversamente orientati, l’ombra portata si frantuma in tante parti come si verifica tramite l’esperienza. Si ha un ombra propria quando l’oggetto è illuminato soltanto da una parte, per cui la parte opposta si trova in ombra e il passaggio tra le due zone è distinto da una linea che prende il nome di separatrice. Il fascio di raggi luminosi e l’ombra che lambisce l’oggetto tagliato da schermo opaco, determina l’ombra portata. Viene determinata invece ombra autoportata quella che si verifica quando il corpo illuminato proietta l’ombra su se stessa, caso che si realizza nelle forme cave quali nicchie, semisfere, fori cilindrici etc.

SORGENTE NATURALE E ARTIFICIALE Geometricamente la determinazione delle ombre nei diversi metodi di rappresentazione avviene in base alla convenzione che permette di materializzare la sorgente luminosa con un punto, che può essere proprio o improprio, a seconda che la fonte naturale sia naturale o artificiale ( lampada elettrica ) oppure naturale (sole). Tali proiezioni sono perciò centrali o coniche se la sorgente è a distanza finita, parallele o cilindriche se la distanza della fonte è finita.

LE OMBRE Le ombre si distinguono in ombre proprie ed ombre portate, queste ultime si possono riguardare come vere e proprie proiezioni dell’oggetto sopra lo schermo. Si verifica un’ ombra propria di un oggetto quando esso è illuminato solamente da una parte, per cui la parte opposta si trova in ombra e il passaggio dalle due zone è una linea che prende il nome di separatrice. Il fascio di raggi luminosi e d’ombra che lambisce l’oggetto tagliato da uno schermo opco, determina invece quella che viene chiamata ombra portata. Viene denominata ombra autoportata quella che si verifica quando il corpo illuminato proietta l’ombra su se stesso, caso che si realizza nelle forme cave. Per quanto riguarda le operazioni proiettive, diciamo che tutti i problemi fisici relativi alla propagazione della luce utilizzano il raggio luminoso come vettore che indica il verso della luce.

174


Le ombr e ap plic ate al metodo di Mo nge

1

4

2

3

4

SORGENTE ARTIFICIALE

(proiezione centrale)

s

1 - cono luminoso 2 - cono d’ombra 3 - ombra propria 4 - ombra portata S - distanza infinita

SORGENTE DI DIMENSIONE NOTEVOLE

3 V1

S V2

1 - cono luminoso 2 - cono d’ombra 3 - ombra propria 4 - ombra portata S - distanza infinita

5 6

4

3

S1

SORGENTE ARTIFICIALE

SORGENTE ARTIFICIALE

3

(proiezione parallela)

s 1

2

(proiezione bicentrale)

4

1 - cono luminoso 2 - cono d’ombra 3 - ombra propria 4 - ombra portata S - distanza infinita

1 - cono luminoso 2 - cono d’ombra 3 - ombra propria 4 - ombra portata S - distanza infinita

S2 5 6

IL RAGGIO LUMINOSO ED IL RAGGIO D’OMBRA. PIANO LUMINOSO E PIANO D’OMBRA La ricerca dell’ombra di un punto A sopra un piano �è riducibile ad un problema di proiezione. Il punto A che arresta il raggio luminoso passante per esso individa due semirette che prendono il nome di raggio luminoso e raggio d’ombra; quest’ultimo sezionato dal quadro π determina A’ ombra di A. In modo analogo una retta p interrompe il fascio di raggi luminosi che proietta tutti i suoi punti individuando due semipiani, semipiano luminoso e d’ombra. Quindi il semipiano tagliato dal piano � determina la retta p’ che è l’ombra di p. 1 A

m S

A

A’’

2

A

B

B’’ semipiano luminoso semipiano d’ombra

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 175


Cap i tolo _ X V

Il raggio luminoso passante per A attraversa due quadri di proiezione, determinando i quadri d’intersezione A’ e A’’. Considerando che è π1 ad intercettare per primo il raggio, ne consegue che A’ è l’ombra reale del punto A, mentre A’’ è l’ombra virtuale. A’’ A’’

A r’’

A r’’

L.T.

B’’

A’’ A’’

A

r’

A

r’’

B

B

A

A’

A’Ξ B’

r’’

L.T.

B’’

A

r’

A

B

B

A’

A’Ξ B’

2

r’’

A’’ r

A’’ A

A’

r’

r’’

r’’

2

A’’

r’

r

A’

1 A’’

A

r’’

A’ r’ 176

A

r’ 1

A’


Le ombr e ap plic ate al metodo di Mo nge

Per quanto riguarda la ricerca delle ombre portate di figure piane geometriche, si procede in generale per punti, cioè determinando ordinatamente l’ombra dei vertici del poligono, i quali consentono poi il tracciamento dei segmenti che costituiscono il contorno dell’ombra.

OMBRA DI UN RETTANGOLO SOPRA I DUE A’’ B’’ QUADRI DI RAPPRESENTAZIONE. r’’

A

A B B

D’’

C’’ L.T.

C C r’

D

D

A’Ξ C’ B’ Ξ D’

DATO UN TRIANGOLO QUALSIASI, DETERMINARE L’OMBRA PORTATA. A’’

A’ L.T.

B’’

A

C’’

B’ A’

C’

C’

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 177


Cap i tolo _ X V

DETERMINARE L’OMBRA PROPRIA E RIPORTATA DI UN CONO CIRCOLARE RETTO. A’’

A

A A

L.T.

Q’’

T

T

A’Ξ Q’

Q T

T

DETERMINARE L’OMBRA PORTATA DI UN TRIANGOLO QUALSIASI SOPRA UN PRISMA E SUI DUE PIANI DI RAPPRESENTAZIONE. A’’ A A

C’’

B’’

B A C

178


Le ombr e ap plic ate al metodo di Mo nge

DATA UNA STRUTTURA SOLIDA FORMATA DA UN PARALLELEPIPEDE SOVRAPPOSTO A UN CILINDRO CIRCOLARE RETTO, DETERMINARE L’OMBRA PROPRIA E L’OMBRA AUTOPORTATA.

r’’ A°

2’’

3’’

2’

3’

1’’

r’

1’

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 179


Cap i tolo _ X V

OMBRE PORTATE NELLE NICCHIE PIATTE, SEMICILINDRICHE, ARCHITRAVATE Per quanto riguarda la nicchia piatta, formata da un arco a tutto sesto, basta trovare l’ombra Q2 del centro Q2 sul fondo della nicchia con raggio Q2 A2=QA, disegnare il tratto di arco che definisce il margine dell’ombra cercato. Per descrivere l’ombra della nicchia semicilindrica scoperta trovato il punto di tangenza T’, si determina con una retta di richiamo T’’ sulla seconda proiezione, punto in cui l’ombra ha origine. Con i piani proiettanti di luce verticali che sezionano la cavità cilindrica, passanti per i punti A,B ecc, della semicirconferenza superiore, si ottengono le ombre Ao Bo ecc, che definiscono l’andamento del margine dell’ombra autoportata. Se nel caso ora descritto è la porzione di circonferenza AT a proiettare l’ombra sul semicilindro concavo, per la nicchia semicilindrica architravata è la retta AE a causare l’andamento del contorno dell’ombra. Tale contorno è una porzione d’ellisse, in quanto il piano obliquo d’ombra individuato dai raggi di luce che proiettano i punti della retta AE taglia il semicilindro obliquamente alle generatrici è questa la condizione che individua, appunto, la conica ellittica.

Nicchia semplice (2 piedritti + 1 arco). A

Nicchia semplice (2 piedritti + 1 arco).

r’’

Q’’

A’’

B’’

Q

A

B

h’’

h’

r’ A’

180

Q’

B’


Le ombr e ap plic ate al metodo di Mo nge

B

Nicchia semicilindrica scoperta. Nicchia semicilindrica scoperta. Q’’

A’’B’’ T’’ B°

r’’

h’’

r’

T’ B’ Q’

A’

h’

C

Nicchia Nicchia semicilindrica. semicilindrica. A’’

B’’

C’’

D’’

E’’

r’’ B°

h’’

r’

A’

h’ B’

C’

D’

E’

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 181


Cap i tolo _ X V

ESEMPI DI OMBRE APPLICATE ALL’ASSONOMETRIA

A B r

A

B1

A1

B’

A’ r’

B

Sorgente di luce dietro l’osservatore (oggetto illuminato frontalmente)

r

C

B r

A

C B A

B1

B’ A1

A1

A’ C1

Sorgente di luce di fronte alll’osserv atore (oggetto illuminato controluce)

182

C’

r’

r’

B’ A’

Sorgente di luce di fianco all’osservatore (oggetto illuminato lateralmente)

B1


Le ombr e ap plic ate al metodo di Mo nge

OMBRA AUTOPORTATA DELLA CAVITÀ CILINDRICA Questo problema è stato già presentato in una figura precedente però con una risoluzione proiettiva fondata essenzialmente su un’unica proiezione della cavità. Questa, invece, propone la risoluzione utilizzando anche la proiezione della sezione distinta dalla proiezione frontale.

r C

D

B E A

F

C

D C’ D’

B B’

E’

A

F’

A’

r’

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 183


Cap i tolo _ X V

DETERMINARE L’OMBRA PROPRIA DI UNA SFERA SECONDO UNA DIREZIONE QUALSIASI DEI RAGGI LUMINOSI. Soluzione ottenuta mediante il ribaltamento del raggio r sopra un piano di fronte passante per il centro della sfera Q.

A’’ a’’ b’’

D’’

r’’

B’’

Q’’

(r) P’’ (P) C’’

L.T. ε

P’ r’

Q

D’

Q

A’

t

b’

a’

Q’

t

C’ D’

Ottenuti i quattro punti A,B,C,D, estremi degli assi coniugati a e b, la costruzione dell’ellisse, sia nella prima sia nella seconda proiezione, si risolve tramite l’omologia affine obliqua. Nell’applicazione sopra, la risoluzione completa dell’affinità non è stata eseguita per consentire una migliore lettura dell’immagine.

184


Le ombr e ap plic ate al metodo di Mo nge

O∞ B

A b

a u

A’’

Q a’’ D D’’

C

Q’’

b’’

B’’

C’’

u

DETERMINARE L’OMBRA AUTOPORTATA DI UNA SEMISFERA CAVA (O CONCAVA).

(P)

A BΞ C

P’’

DΞ E

L.T.

Q P’

t

(D) Ξ (E) (B) Ξ (C) E’’

B’’

N’’Ξ T

A’’

t

(A)

E’ B’

Q

C’’

A’ D’’ D’

C’

M’’Ξ T

piano secante piano tangente

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 185



Eliche e Elicoidi Capitolo XVI


Cap i tolo _ X VII

ELICA ED ELICOIDE Si chiama elica la curva descritta da un punto P che percorre la superficie laterale di un cilindro circolare retto sollecitato simultaneamente da un moto circolare uniforme di rotazione intorno all’asse e da un moto uniforme di traslazione parallelamente all’asse stesso. Pertanto l’elica si avvolge sulla superficie laterale del cilindro descrivendo infinite spire, incontrando tutte le generatrici secondo uno stesso angolo. La spira è quel tratto di elica compreso tra due punti consecutivi di una medesima generatrice. In altre parole, ad ogni rotazione di 360°, si verifica che il punto P ritorna sulla stessa generatrice descrivendo una spira e ad ogni giro completo stacca su di essa un segmento di lunghezza costante che prende il nome di passo. Ne consegue che l’elica risulta individuata se sono noti il diametro della circonferenza di base del cilindro, il passo e il verso. IMMAGINE ASSONOMETRICA ED IN PROIEZIONE ORTOGONALE DELL’ELICA CILINDRICA. h

h’

Q P

g P ’’ Q

12’’

12 11 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0

9” 6”

P p = passo L.T.

P’’ Ξ Q’’ 7’

Q

6’

p

5’

8’ 4’

P h’ Ξ Q’

9’

r 3’

p 10’ 2’ passo dato

11’ P’ Ξ 12’ Ξ o’

1’

r raggio dato

Proiezioni ortogonali principali dell'elica cilindrica e relativo sviluppo. Si osservi che nella seconda proiezione, la parte tratteggiata indica la porzione non visibile perché nel suo svolgimento percorre la superficie laterale posteriore cilindro. Inoltre un'elica può essere destrogira o sinistrogira secondo della sua torsione positiva negativa.

188


Eliche e Elico idi

SVILUPPO DELL'ELICA Nell'analizzare la questione abbiamo cercato che l’elica appartiene interamente alla superficie laterale del cilindro circolare retto; proviamo allora di eseguire un semplice esperimento. Se immagine di srotolare questa superficie maniera da distenderla sopra un piano. Computer operazione si ottiene un rettangolo (che ha per base il segmento la cui lunghezza è uguale a 2πr e per altezza un altro segmento uguale altezza H del cilindro) e si considerino due lati aventi un vertice comune come due coordinate cartesiane ortogonali. S divida poi la base sulla coordinata X=OM, in tante parti uguali quante sono le suddivisioni della base l del cilindro (16) e si disegnino le verticali per i punti corrispondenti: queste verticali (generatrici del cilindro) si assumono quali ordinate del sistema. Si divida pure il passo sulla coordinata Y =OP1 nello stesso numero di parti uguali e si traccino le orizzontali per i punti corrispondenti, orizzontali che sono, appunto, le ascisse. Dalle intersezioni tra le ordinate delle ascisse corrispondenti si ottengono i 16 punti dell'elica sviluppata sul piano, e si può constatare che per essi passa un'unica linea retta, poiché i segmenti O1, O2, O2 ecc., sono tutte diagonale di rettangoli simili, (segnati in rosso nella figura) ugualmente orientati e aventi il vertice o in comune. Si tenga presente che la soluzione grafica ora descritta, che utilizza il metodo sintetico, richiama immediatamente un altro interessante quanto utile sistema fondato sulla verifica analitica che utilizza alcuni calcoli matematici, peraltro abbastanza semplici. Intanto si consideri che, se l'elica nel suo sviluppo assume un andamento rettilineo obliquo, si può riguardare il segmento corrispondente ad una spira come l'ipotenusa di un triangolo rettangolo i cui cateti sono: uno la lunghezza del passo P =MP1, e l'altro la misura del perimetro del cerchio l. Pertanto la determinazione della lunghezza di una spira dipende dall'applicazione del teorema di Pitagora. y Sviluppo della prima spira

Sviluppo della seconda spira 18 17 16 15 14 13

12

p 11 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1

x O=P

M

2πr

2πr

M

P

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 189


Cap i tolo _ X VII

Si chiama invece elicoide o superficie elicoidale, la superficie generata da una linea passante per l’asse del cilindro e per i punti di un’elica (direttrice). Se la linea è una retta con origine sull’asse ortogonale ad esso ed è sollecitata da due moti uniformi e simultanei (uno circolare intorno all’asse, l’altro rettilineo parallelo all’asse) si verifica l’elicoide circolare chiuso retto. La figura propone, invece, che solo il prolungamento del segmento generatore AB abbia l’origine sull’asse, per cui tale segmento individua l’elicoide percorrendo con i suoi punti estremi due eliche cilindriche di ugual passo. h’’ O’’

12 11 10 9 8 7 6 5

p

4 3 2 1 12

2p

11 10 9 8 7 6=B

p

5 4 3 2 1

estradosso

0

intradosso

9 8

10

7

O’

12=0

B’

A’

1

A B segmento generatore dato

5

4

2

6 altezza del passo dato

11

p

3

Dunque, utilizzando le proiezioni ortogonali, si assuma un cilindro circolare retto con l’asse h parallelo al secondo quadro e la base appartenente al primo: le due immagini, ovviamente, sono una circonferenza di raggio r assegnato su π1 ed un rettangolo che ha per base un segmento uguale al diametro della circonferenza su π1 . Si divida la circonferenza di base in un numero di parti uguali: per esempio in 12 parti, e dai punti di suddivisione si facciano passare le rette di richiamo ortogonalmente alla L.T. in modo da determinare le relative generatrici del cilindro nella seconda proiezione. Sempre sulla seconda proiezione si riporti dalla L.T. l’altezza del passo dato p, dividendola poi in 12 parti uguali. Dai punti 1,2,3,4,...12 della suddivisione si disegnino le relative rette orizzontali, cioè parallele alla L.T., le quali non sono altro che le seconde proiezioni delle dodici circonferenze parallele alla circonferenza di base. Le intersezioni delle generatrici con le rette orizzontali corrispondenti determinano i punti 1”, 2”, 3”, 4”....12” della spira; infine con un accurato raccordo si ottiene l’immagine dell’elica nella seconda proiezione.

190


Cap i tolo _ X VII

Per ottenere una buona immagine del punto di vista figurativo dell’elicoide, si ipotizza che i due cilindri circolari retti, anziché solidi come si considerano abitualmente, siano trasparenti. Dunque, dopo aver fissato nella prima proiezione il segmento generatore A’B’, si disegnino le due circonferenze concentriche di raggio Q’A’ e Q’B; poi si divide la circonferenza più grande in un numero di parti uguali a piacere: per esempio in 12 parti. Naturalmente, l’immagine dell’elicoide risulterà tanto più precisa quanto maggiore sarà il numero delle suddivisioni. Infine si disegna la seconda proiezione dei due cilindri e si costruiscono le due eliche di uguale passo con il procedimento identico a quello attuato in precedenza. Poiché l’elicoide è una superficie che si sviluppa nello spazio con ripetuti avvolgimenti, nella seconda proiezione si verifica che una certa porzione raffigura l’intradosso (parte inferiore) ed un’altra raffigura l’estradosso (parte superiore).

ESEMPI DI VITE A FILETTO QUADRANGOLARE E A FILETTO TRIANGOLARE.

diametro esterno

diametro esterno

diametro medio

diametro medio

diametro del nocciolo

diametro del nocciolo

h

h

fondo

fianco

fianco fondo sommità

sommità

Q

vite a filetto quadrangolare (elicoide circolare retto chiuso)

Q

vite a filetto triangolare (elicoide circolare obliquo chiuso)

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 191


Eliche e Elico idi

ESEMPI DI SCALA COCLIDE O A CHIOCCIOLA, NASCENTE DA UN SOSTEGNO CENTRALE. IMMAGINE IN PROSPETTIVA DI FRONTE.

R

Q

A

P

B

O

C

N

M

D L H

G

F SO

192

P FOM

I


Eliche e Elico idi

Immagine in prospettiva centrale di due porzioni di superfici cilindriche coassiali, ciascuna delle quali delimitata da due eliche di uguale passo:

39

h

36

y 33

30

27

24

21

18

orizzonte

DS

12

z

9

6

3

traccia del quadro

x

QUADERNO DI GEOMETRIA DESCRITTIVA / / / 193


Geometria Descrittiva Prof. Dante Nannoni I째 corso - A.A. 2013/2014 Chiara G. Spagli /// Giulia Viviani


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