LA PROSPETTIVA
LA PROSPETTIVA CENNI STORICI La prospettiva, dal latino perspicere ossia vedere chiaramente, è un metodo che permette di trasferire su una superficie piana un oggetto che in realtà è a tre dimensioni. La prospettiva come costruzione illusionistica su basi geometrico-matematiche è un fenomeno storico, frutto della creazione umana. A constatazione delle differenza che intercorre tra il reale e l’apparente, tra quello che vediamo e quello che davvero è può indurre due diverse tendenze nella rappresentazione figurativa degli oggetti: il primo risiede nel tentativo di riprodurre le cose così come le conosciamo e come sono realmente, mentre il secondo è lo sforzo di rappresentaare ciò che vediamo, tenendo conto, per esempio, dell’angolo visuale e di tutte le deformazioni che ne conseguono. In questo senso possiamo definire “concetto”, ossia legate alla forma conosciuta delle cose, tutte le manifestazioni artistiche pre-classiche. Possiamo definire la prospettiva come un tipico prodotto della civiltà occidentale, in quanto, nonostnte si riscontrino tentativi embrionali di restituzione prospettica in varie civiltà e epoche antecedenti, in
particolare nell’arte egizia, non si può veramente parlare di prospettiva in quanto mancano i presupposti teorici che sono alla base della prospettiva Rinascimentale. Solo nella cultura occidentale e in seguito all’affermarsi della civiltà greca si assiste al trapasso dal suddetto sistema concettuale a quello ottico o d’imitazione naturalistica della realtà, periodo in cui appaiono le prime rappresentazioni in scorcio. Nel medioevo l’interesse si sposta nuovamente verso il “concetto” dell’immagine rappresentata: i corpi e i volumi si appiattiscono, gli scorci sembrano scomparire a favore dell’immobilità propria di un decorativismo bidimensionale. La ricerca spaziale non scompare del tutto ma viene tradotta in assonometrie cavaliere, considerando anche diversi punti di vista uniti, in quanto la sua funzione non è quella di mimesis bensì di facilitare la leggibilità della scena rappresentata. Dopo il mille nel diffuso risveglio d’interessi scientifici, un notevole contributo agli studi ottico-prospettici venne fornito dalla traduzione occidentale di scritti greci e arabi tra i quali anche uno in cui per la prima volta si trattava del funzionamento della camera oscura e del suo utilizzo nelle eclissi solari, sebbene
poi verrà utilizzata-a seguito di miglioramenti tecnici per ricalcare le immagini proiettate. Sul finire del 1200 e nei primi anni del 1300 il linguaggio pittorico recupera il suo interesse per il mondo visibile e per la sua mimetica rappresentazione. In particolare, nelle ricerche di Giotto, vediamo come egli cerchi di rendere abitabili e veritieri i suoi spazi prima facendo convergere le linee costruttive in aree di fuga (l’approvazione della regola) e successivamente in un punto unitario. Altra importante conquista del secolo è quella attribuibile ad Ambrogio Lorenzetti con l’Annunciazione di aver preso in considerazione non solo la parte alta degli ambienti raffigurati ma anche la zona pavimentale degli stessi. La quadrettatura del pavimento, costituisce infatti una scacchiera di base valida per l’intera costruzione della scena, dalle distanze fra le figure e alle reciproche altezze.
c b a a scelta a piacere; b = 2/3a; c=2/3b; ecc.
LA PROSPETTIVA RINASCIMENTALE È a partire dal 400 che il termine prospettiva assume il significato odierno di procedimento tecnico-scientifico atto a restituire su una superficie bidimensionale la profondità dello spazio e la posizione degli oggetti in tale spazio. I primi esperimenti da cui vennero poi codificate le regole che oggi conosciamo vengono dagli interessi del grande architetto Filippo Brunelleschi, che studiando i principi dell’ottica geometrica, giunse all’idea di ottenere un’immagine illusionistica del vero attraverso il procedimento del taglio della piramide visiva, operando col piano del quadro
posto perpendicolarmente all’asse della piramide stessa, dove per piramide visiva s’intende quella
costituita dai raggi visuali che vanno dall’occhio dell’osservatore (in una vista monoculare fissa) ai vari punti degli oggetti osservati.
È facile intuire che il gran numero di operazioni richieste dalla costruzione legittima costituisse un
impedimento alla sua diffusione nelle arti figurative. Spetta all’umanista Leon Battista Alberti il merito di aver semplificato il metodo Brunelleschiano. Il De Pictura, infatti, contiene una dettagliata esposizione di quello che verrà poi denominato metodo abbreviato. In sintesi ecco come l’Alberti descrive le fasi della costruzione prospettica 1. Si disegna un quadrato, o un rettangolo 2. Si divide la base di questo quadrato in segmenti corrispondenti ad un terzo dell’altezza umana media. Dato che “uno comune huomo è alto tre braccia” ogni segmento misurerà un braccio fiorentino, ossia 58 cm. 3. Quindi si traccia ad altezza d’uomo (3 braccia =circa 174 cm) una linea orizzontale e su questa si sceglie il “punto centrico”, luogo di convergenza delle rette ortogonali al quadro. 4. Si congiunge il “punto centrico” ai punti di divisione (a, b, c..) Segnati sulla base del quadro, completando così la prima fase operativa. 5. Per ottenere la diminuzione delle profondità si pone un punto (v) fuori del quadrato, alla stessa altezza del “punto centrico” e tanto lontano quanto si vuole che sia
la distanza “infra l’occhio di chi riguarda e la pittura”. 6. Le rette che congiungono il punto v con le divisioni a, b, c...Individuano i punti r, s, t, .. Per i quali verranno fatte passare le divisioni orizzontali .
Il piano in prospettiva risulterà così diviso in tanti riquadri di misura nota (ossia di lato uguale ad un braccio fiorentino) su cui diventa agevole valutare le dimensioni e la posizione delle diverse forme tridimensionali da rappresentare nel dipinto. L’Alberti fa anche notare che, se tutta la costruzione è esatta le diagonali dei riquadri opposti al vertice saranno una continua linea dritta e tutte le varie diagonali si incontreranno in un punto unico all’orizzonte. Questa precisazione però venne rapidamente intesa dai pittori come un’abbreviazione operativa utile per far risparmiare tempo nella preparazione dei reticoli e si abbandonò il punto v posto fuori dal quadro. Resta infine da osservare che, estendendo in
elevazione la griglia modulare del pavimento si ottiene un reticolo spaziale in grado di fornire punti di riferimento coerenti anche per le altezze distribuite nello spazio.
asse visivo
1
C
D
PD
intersezione del cono ottico con il quadro (campo visivo)
QUADRO PROSPETTICO
PP
qu ad ro
P
traccia del quadro
cono ottico
1
Q.
8 6
A
B
C
D
T.Q.
P 13
2
7
2
P
avvicinamento
angolo visuale la cui ampiezza non deve essere superiore a 60°
45
orizzonte
V
PV L.Q.
orizzonte
A
B
C
D
T.Q.
asse visivo 3
pp
P
orizzonte
2
V PS
Figura Prospettica
A
B
C
D
T.Q.
OGGETTO (Figura Obiettiva)
3
PIANO TERRA
V
4
allontanamento
T
4
P
A
orizzonte
B
T.Q.
ELEMENTI DI RIFERIMENTO La prospettiva, come detto precedentemente, è l’artificio geometrico che consente di riportare su una superficie piana le forme geometriche così come appaiono all’occhio. Al fine di riuscire nell’intento dobbiamo conoscere gli elementi fondamentali di riferimento: 1. Punto di vista (PV): punto dove si immagina l’occhio dell’osservatore; 2. Piano di terra o geometrale (PG): piano sul quale è appoggiato l’oggetto da rappresentare; 3. Quadro o piano prospettico (PP): piano perpendicolare al piano di terra posto fra l’oggetto ed il PV; è su esso che si forma l’immagine in prospettiva dell’oggetto; 4. Piano di orizzonte (PO): piano immaginario passante per PV e parallelo al piano di terra; 5. Punto principale (P): proiezione ortogonale del
punto di vista sul quadro detta anche distanza principale o semplicemente distanza perché indica la distanza dell’osservatore dal quadro; 6. Punto di stazione (Ps): proiezione ortogonale del punto di vista sul piano geometrale; 7. Linea di terra (LT): retta d’intersezione fra il quadro ed il piano di terra; 8. Punto sulla linea di terra (Pt): proiezione ortogonale del punto principale e del punto di stazione sulla linea di terra; 9. Linea di orizzonte (LO): retta d’intersezione fra il quadro ed il piano di orizzonte. Per costruzione è parallela alla linea di terra e la sua distanza da essa indica l’altezza dell’occhio dell’osservatore; 10. Raggi visuali: rette che congiungono il PV con i punti che costituiscono l’oggetto da rappresentare (quali ad esempio retta PV-A, PV-B, PV-C).
Il punto di vista dovrà essere scelto in modo tale che la rappresentazione dell’oggetto che ne segue sia il più possibile simile alla rappresentazione reale, operazione che assume un’importanza fondamentale.
CAMPO VISIVO (VISIONE CENTRALE, VISIONE PERIFERICA) A tal fine è necessario tenere ben presente il campo visivo dell’osservatore. Nella tecnica del disegno prospettico l’ampiezza del campo visivo si identifica nel cono ottico ottenuto tirando dal V raggi visuali che hanno una ben precisa proprietà: non devono formare con l’asse visivo V-P angoli maggiori di 30°. Quest’ultimo valore rappresenta infatti il massimo utile consentito al nostro occhio nella visione monoculare e fissa, propria del sistema prospettico. Se invece si ampliasse il cono ottico, si andrebbe incontro a deformermazioni dell’immagine dell’oggetto dando luogo alle cosiddette aberrazioni ottiche.
La base del cono ottico (il cerchio visivo) è determinato dall’intersezione dei raggi visuali con il quadro e si dice che l’immagine è “percettivamente corretta” quando i raggi visuali, portati agli estremi dell’oggetto, stanno all’interno del cono.
cerchio di distanza
D1
Centro Visivo P
D2 LO
P
Q.
P
D1
P
P LO
PV
PV
PV
PV
LO
D2 LO
LO
pp
LT
LT
LT
quadro
LT
Pt
PV PS
LT
geometrale
T
ELEMENTI DI RIFERIMENTO I PUNTI DI FUGA Il primo passo per costruire un’immagine prospettica è la ricerca dei punti di fuga. Il punto di fuga di una retta è la traccia sul quadro della parallela alla retta stessa passante per il PV. Poiché esso appartiene alla linea di orizzonte, che rappresenta in prospettiva l’immagine dell’infinito (tale infatti è la distanza tra LO e LT) il punto di fuga di una retta rappresenta la prospettiva del suo punto all’infinito. Da ciò discende immediatamente il fatto che rette parallele hanno il medesimo punto di fuga F. In particolare:
• Le rette parallele al quadro non hanno punti di fuga, o meglio ammettono come punto di fuga il punto improprio della linea d’orizzonte. Esse sono rappresentate prospettivamente da rette tutte parallele fra loro ed alla LT; la loro distanza reciproca cambia al variare della distanza dal quadro prospettico.
LE ALTEZZE IN PROSPETTIVA
• Le rette perpendicolari al quadro hanno come punto di fuga il punto principale P. Se proviamo, infatti, a tracciare dal PV una parallela alla retta data incontreremo la LO in P.
Illustriamo (fig.1) ora il procedimento che si utilizza per realizzare la prospettiva di un segmento AB perpendicolare al PG.
• Le rette inclinate di 45° rispetto al quadro hanno invece come punti di fuga punti particolari: essi sono denominati punti di distanza e sono le intersezioni del cerchio di distanza con la LO.
I segmenti perpendicolari al PG e quindi le altezze di solidi, edifici, ecc., rimangono tali in prospettiva. Le lunghezze di tali segmenti dipendono dalla distanza che essi hanno rispetto all’osservatore.
Come primo passo costruiamo la prospettiva A’ di A intersecando il raggio visuale PV-A con il quadro. In secondo luogo conduciamo da A la perpendicolare alla linea di terra che individuerà il punto A”.
Da tale punto tracciamo perpendicolarmente alla LT un segmento A”B” appartenente al quadro ed uguale ad AB. Uniamo B” con P; tale segmento interseca in B’ la perpendicolare a LT per A’. Il segmento A’B’ così determinato risulta essere l’immagine prospettica di AB. Si osserva che i triangoli PVAB e PVA’B’ sono simili per costruzione.
METODO DEI PUNTI DI FUGA I problemi prospettici sono risolvibili in vari modi. Al disegnatore sta la decisione di quale adottare per semplicità e velocità di esecuzione. I metodi maggiormente impegati per la riproduzione prospettica sono il metodo dei punti di distanza, il metodo dei punti di fuga e delle perpendicolari al quadro, il metodo del taglio dei raggi visuali, il metodo dei punti misuratori.
D
C
2
F2
PP
A
Il metodo dei punti di fuga si basa sul principio per cui il punto di fuga delle rette genericamente inclinate sul geometrale, si trova conducendo dal punto di vista una parallela alle rette stesse fino a incontrare il quadro. Nella prospettiva la determinazione di un punto è possibile mediante la rappresentazione di due rette passanti per esso: Siccome è noto che i punti di fuga di due rette fra loro ortogonali sono anticoniugati, sarà sufficiente individuare i due punti traccia e le due fughe perché le rette, e con esse i punti, siano rappresentati.
// alla AD
B
1
F1 o
cia adr c tra l qu de
F1
// alla AB
PV=PS
Prospettiva di un quadrato giacente sul geometrale e in posizione generica rispetto al quadro
LO
PP
Questo metodo si basa sul principio dell’individuazione di qualsiasi spigolo dell’oggetto attraverso la ricerca del punto di fuga della retta passante per esso. Determiniamo la prospettiva di un quadrato iniziando a determinare i punti necessari alla costruzione sulla pianta. Consideriamo la visione dall’alto del nostro piano geometrale.
F2
C
D
B LT 1
pp
A
2
D
Disegno preparatorio
C
METODO DEI PUNTI DI DISTANZA B
A
Questo metodo è il più conosciuto perchè utilizzato già dagli artisti nel '400 da Brunelleschi in poi, anche se con i progressi matematici è stato successivamente migliorato. E' necessario ricordare che le rette ortogonali al quadro hanno come punto di fuga il punto principale P, che il cerchio di distanza può essere indicato come il luogo di tutti i possibili ribaltamenti del centro di vista V e quindi come luogo di infiniti punti di distanza DS. Vediamo l’applicazione dei vari metodi sopra elencati ad alcuni esempi di procedura:
45° (D)
1 DS
2
A=E’ 3
B’=C’
DS
asse visivo
LT=LO
Prospettiva frontale di un quadrato
(V)
Questo metodo è basato sulla determinazione del cerchio di distanza come luogo geometrico dei punti di fuga delle rette inclinate di 45° rispetto al quadro. Infatti per individuare il punto di fuga di una retta basta portare da PV una parallela alla retta stessa: se questa è una retta a 45° il suo punto di fuga D disterà dal punto principale P di una misura uguale a PV-P. Viceversa, disegnare sul quadro il cerchio di raggio PD significa determinare il cerchio di distanza e quindi i punti di fuga di tutte le rette a 45°
PV
M
M M’
asse delle vere altezze orizzonte
DS
P
DS
H
C’
D’ p’
Q’
A’
(D)
(A)
u
h
B’ (B)
(V)
u
T.Q. (B)
(C)
METODO DEL TAGLIO DEI RAGGI VISUALI
B’
L.T. h
P’’
orizzonte
h
A’
L.T.
c
b
a
0
d
12
34
56
P
T.Q.
P’
78 T.Q.
E’ il metodo che più direttamente detiva dal principio rinascimentale del taglio della piramide visiva operato col piano del quadro che consiste infatti nell’individuare le intersezioni dei raggi visivi con il quadro. E'stato definito dall'Alberti metodo della costruzione legittima, a cui si riconosce la volontà di perseguire chiaramente lo scopo di scrivere il primo trattato nel quale si esponga in esaurientemente un processo di costruzione prospettica (De Pictura, 1434-36 circa). Il vocabolo taglio è stato probabilmente usato per significare che l'immagine prospetica è ottenuta attraverso il qaudro che taglia la piramide visiva. Nelle prospettive accidentali (a differenza di quelle centrali) il quadro prospettico non è parallelo ai lati del soggetto da rappresentare.
A’
y
B’
A
V’
B’
8
B
V
7 6 5
P’
orizzonte
h
4 3
T.Q.
2
A’
1
0
a
b
c
d
x
Rappresentazione prospettica di un parallelepipedo rettangolare realizzata tramite l'utilizzo del quadro secante. Nelle figure preparatorie in alto è stato applicato il metodo del taglio dei raggi visivi e dei piani visivi.
V=PS
D
METODO DEI PUNTI MISURATORI
C F1
PP
M1
PP
2 B
Esecuzione prospettica accidentale parallelepipedo giacente sul PO.
D’
A’ PV=PS
LT 1
F1
LO
F
Nelle prospettive accidentali (a differenza di quelle centrali) il quadro prospettico non è parallelo ai lati del soggetto da rappresentare.
1
F1
M
E’ il metodo che più direttamente 2detiva dal principio 1 della piramide visiva operato col rinascimentale del taglio piano del quadro che consiste infatti nell’individuare le intersezioni dei raggi visivi con il quadro.
F2
M2 A
M2
LO
M2
PP
M1
D’
F2
A’ LT 1
pp =AB
2
B’ =BC
C’
un
Si dispone il quadro prospettico QP inclinato di 60°-60° rispetto al rettangolo contenente il soggetto, con l’angolo minore riferito all’alto più lungo della costruzione. Il punto di vista V’ ha una posizione arbitraria, tale però che l’angolo formato dai raggi visuali esterni sia contenuto intorno ai 45°. Il prolungamento della proiezione di V’ cade all’interno della pianta. Si conducono da V’ le parallele ai lati della pianta determinando i punti di fuga Pf1 e Pf2. Ad essi concorrono tutte le rette parallele alle semirette che li hanno determinati. Da V’ si conducono i raggi visuali ai punti della pianta, determinando sul QP i punti di intersezione A’, B’, C’, ...
pp
=AB
C’
di
2
B’
=BC
FILIPPO BRUNELLESCHI
LA PROSPETTIVA FRA ARTE E SCIENZA Il rinascimento è uno dei momenti più importanti per la rappresentazione prospettica; in questo periodo artisti e matematici, con la messa a punto di regole precise per la rappresentazione del reale codificate in trattati sistematici, cercano di superare l’empirismo della prospectiva communis medioevale. Le importanti ricerche dovute ad artisti e matematici nel tardo Medioevo non possono comunque essere confuse con il coerente ed approfondito studio che caratterizzerà la prospettiva rinascimentale ed il termine prospectiva perse il significato medievale di concetto legato alle leggi dell’ottica e della luce per passare ad indicare un metodo grafico per raffigurare la profondità spaziale. La prospettiva viene ora usata per rappresentare nel piano oggetti disposti in un piano tridimensionale.
schematizzazioni: l’integrazione armoniosa tra le esigenze di realismo e la tendenza all’astrazione costituì il portato più originale dell’arte rinascimentale.
La prospettiva, sebbene non riproduca esattamente le modalità di visione dell’occhio umano, è il metodo di indagine che consente la ricostruzione della struttura reale, la raffigurazione bidimensionale dello spazio tridimensionale. Alle rigorose norme teoriche della prospettiva, tuttavia, la prassi artistica finì per apportare volta per volta delle variazioni pur senza informarne l’indubbia validità. Se da una parte l’uso della prospettiva mirava a razionalizzare la ricostruzione della realtà, dall’altra la sua applicazione conduceva ad operare delle
Brunelleschi conosceva l’opera della geometria di Euclide (elementi), ed in particolare i teoremi VI-VIII dell’Ottica e il X in cui si esprime il concetto dei raggi visuali e dell’intersezione di questi con il piano di quadro; inoltre aveva dimestichezza con le opere di Vitruvio (De architectura) e di Tolomeo (Ottica).
Brunelleschi è l’artefice del passaggio dalla ricerca astratta alla sua applicazione concreta. Tra il 1410 e il 1413 Filippo Brunelleschi affronta il problema della rappresentazione scientifica della terza dimensione su un piano. Gli artisti medievali avevano risolto il problema della rappresentazione dello spazio in modi empirici. I loro procedimenti non scaturivano dall’intersezione dei raggi visuali con il piano di quadro, ma erano basati su esperienze pratiche e attuati direttamente sul piano di rappresentazione.
Egli riesce a risolvere il problema della rappresentazione dello spazio, intersecando i raggi proiettanti, passanti
per il punto di vista, con il piano di riquadro, e utilizzando, a questo scopo, la pianta e l’alzato dell’elemento da rappresentare.La costruzione legittima ideata da Brunelleschi è il procedimento rigorosamente geometrico, anche se la sua costruzione grafica risulta molto complessa e richiede pertanto molto tempo.
Esemplari sono le tavolette prospettiche, realizzate all’inizio del Quattrocento di cui ci è pervenuta solo una descrizione molto precisa. In una di esse era possibile osservare, attraverso un foro praticato nella tavoletta, la veduta prospettica del battistero di Firenze riflessa da uno specchio. Essa costituiva la nascita delle regole per la costruzione della prospettiva di un edificio. - Tavola Battistero
Assegnate le proiezioni ortogonali di un monumento celebre (Battistero di San Giovanni a Firenze, Italia) costruire la prospettiva di fronte, utilizzando il metodo rinascientale dei punti di distanza; punti di fuga delle diagonali orizzontali a 45° rispetto al quadro. La stessa esecuzione è stata verificata attraverso il metodo del centro dell’omologia.
M (v) = o
L
I H
M
I H
T.Q.
L
G
F E
F E
D C
D
B
C A
B
Orizzonte
T.Q.= o
DS2
DS1
O
A
A’
O
PV T.Q. A
Prospettiva del Battistero di San Giovanni a Firenze, Italia
TEORIA DELLE OMBRE
INTRODUZIONE La teoria delle ombre si occupa dell’insieme delle operazioni grafiche necessarie a definire l’ombra propria e l’ombra portata dei corpi opachi. Questa disciplina è utile ai disegnatori per la comprensione di quale sia la struttura formale e la dislocazione nello spazio degli oggetti rappresentati nei vari elaborati grafici, aumentando notevolmente la leggibilità dei disegni stessi. Il disegno con le ombre possiede un doppio potere comunicativo: il primo dovuto alla rappresentazione vera e propria, il secondo dovuto alle informazioni aggiuntive fornite dall’applicazione delle ombre. Essendo direttamente unite con gli oggetti da cui derivano, le ombre si possono poi essere utilizzare per misurare gli oggetti stessi. Talete fu il primo a riuscirci nel VI secolo a.C., grazie a una felice intuizione. Egli si accorse, infatti,
che la lunghezza di un’ombra proiettata sul terreno dipende dall’altezza dell’oggetto che l’ha originata secondo una relazione matematica ben precisa. In particolare, se si confrontano le ombre di due oggetti diversi, queste stanno tra loro come le altezze degli oggetti corrispondenti. Conoscendo l’altezza di un’asta usata per il confronto e misurando le lunghezze delle ombre sul terreno, Talete fu in grado di determinare l’altezza della piramide. Per rendere comprensibile l’applicazione della teoria delle ombre è necessario fare una breve introduzione di Ottica Geometrica. L’Ottica è quella branca della fisica che studia tutti quei fenomeni ccupa delle proprietà della luce. Uno dei concetti fondamentali per la determinazione grafica delle ombre è il“concetto”della sorgente luminosa, che si presuppone puntiforme, dalla quale escono raggi.
Le sorgenti luminose si distinguono in due tipi: sorgente artificiale e sorgente naturale. Dalla sorgente artificiale, come la lampadina elettrica ad esempio, dipartono in tutte le direzioni infiniti raggi luminosi, detti stella di rette di centro proprio in quanto la sorgente di luce si trova a distanza finita. La sorgente naturale, cioè il Sole, determina raggi luminosi che costituiscono un fascio di rette parallele di centro improprio, considerando infinita la distanza intercorrente fra il Sole e la Terra. I raggi luminosi si rappresentano graficamente mediante rette orientate per indicare sia la direzione che il verso, a cui viene assegnato il simbolo r.
Collocazione delle sorgenti luminose
1
4
2
3
4
SORGENTE ARTIFICIALE
(proiezione centrale)
s
1 - cono luminoso 2 - cono d’ombra 3 - ombra propria 4 - ombra portata S - distanza infinita
3 V1
S V2
SORGENTE DI DIMENSIONE NOTEVOLE 1 - cono luminoso 2 - cono d’ombra 3 - ombra propria 4 - ombra portata S - distanza infinita
5 6
4
3
SORGENTE ARTIFICIALE
S1
s 1
2
1 - cono luminoso 2 - cono d’ombra 3 - ombra propria 4 - ombra portata S - distanza infinita
SORGENTE ARTIFICIALE
3
(proiezione parallela)
4
S2 5 6
(proiezione bicentrale) 1 - cono luminoso 2 - cono d’ombra 3 - ombra propria 4 - ombra portata S - distanza infinita
sorgente luminosa S
raggi luminosi ABCDEFA= linea separatrice
A
ombra propria ombra portata B C’
F
E
F’
A’
D E’
B’ D’
C’
LINEA SEPARATRICE, OMBRA PROPRIA PORTATA E AUTOPORTATA Si definisce separatrice d’ombra la linea divisoria della regione illuminata da quella in ombra. Essa risulta definita dall’insieme dei punti di tangenza dei raggi luminosi che passano radenti al corpo. Conseguentemente la separatrice dà sempre luogo ad una linea chiusa(piana o sghemba) avente andamento di linea spezzata, curva o mista in funzione della forma del corpo esposto alla luce. La regione non illuminata del corpo costituisce la sua ombra propria e, ovviamente, il contorno di quest’ombra altro non è che la separatrice. L’ombra che il corpo proietta sulle superfici vicine prende il nome di ombra portata e il suo contorno risulta dalla proiezione, tipicamente obliqua, della separatrice sui piani e sugli oggetti circostanti il corpo illuminato.
Se un oggetto illuminato ha una forma tale per cui alcune sue parti proiettano ombra sull’oggetto stesso, l’ombra così ottenuta viene definita ombra autoportata.
r B B
r
r
B
A
B1
A
C
B A
B1
A1
B’
B’ A1
A’ r’
Sorgente di luce dietro l’osservatore (oggetto illuminato frontalmente)
Sorgente luminosa dietro all’osservatore In questo caso si riesce a creare un efficace contrasto fra le facce in ombra e quelle in luce,valorizzando in tal modo la volumetria del cubo. Da parte sua anche l’ombra portata, proiettandosi verso il fondo, concorre a determinare una maggiore spazialità
A’
C’
r’
C1 Sorgente di luce di fronte alll’osserv atore (oggetto illuminato controluce)
Sorgente luminosa davanti all’osservatore In questo caso si ha un effetto di controluce per cui la maggior parte delle facce visibili del solido risultano tutte in ombra.
r’
B’ A’
B1
Sorgente di luce di fianco all’osservatore (oggetto illuminato lateralmente)
Sorgente luminosa di fianco all’osservatore In questo caso i risultati spaziali sono di minore entità ma si ha però il vantaggio di una più rapida costruzione grafica delle ombre
LE OMBRE NELLE PROIEZIONI PROSPETTICHE Le ombre proprie e portate su oggetti e edifici mutano continuamente durante il corso della giornata in quanto, come si sa, a mutare sono la direzione e l’inclinazione dei raggi solari. Infatti in ragione dell’apparente movimento del sole da est a ovest i raggi giungono a noi percorrendo di volta in volta traiettorie diversificate in funzione, sia dell’ora, sia della stagione e della latitudine in cui ci troviamo. Ne consegue che per rappresentare la reale ombra propria e portata di un edificio situato in un determinato luogo occorre fa riferimento alle carte solari. Queste, infatti, consentono di conoscere con precisione, per ogni città i valori angolari delle due coordinate necessarie a definire la posizione del sole in ciascuna ora dei quattro giorni caratteristici dell’anno solare :il solstizio estivo e quello
invernale, l’equinozio di primavera e d’autunno. Una delle suddette coordinate è l’angolo zenitale del quale ci si serve per individuare l’altezza del sole rispetto alla linea di orizzonte e quindi stabilire l’esatta posizione dei raggi luminosi data l’ora, la stagione e la latitudine. Per citare qualche esempio, d’inverno la luce solare determina un angolo zenitale più acuto con il suolo e le ombre prodotte sono più lunghe di quelle estive, similmente sono più lunghe le ombre al mattino che non a mezzogiorno. Solitamente, però nelle rappresentazioni assonometriche e in quelle prospettiche la direzione e l’inclinazione dei raggi luminosi sono scelte arbitrariamente.
POSIZIONE DELLA SORGENTE LUMINOSA NATURALE
Come si è già detto, i raggi solari uscenti da una sorgente di luce infinita sono tutti paralleli fra loro. Poichè in prospettiva, ogni fascio di rette parallele ha un suo punto di fuga, diventa allora necessario trovare il punto di fuga s’ in cui convergono le corrispondenti proiezionii orizzontali dei raggi stessi. Sole di fronte all’osservatore (Al di la del quadro prospettico ) Per determinare i punti di fuga (s, s’) si traccia per il pv parallelamente al geometrale, la retta che indica la direzione dei raggi luminosi. Tale retta intersecando la lo definisce s’, punto di fuga delle proiezioni dei raggi luminosi. Perpendicolare alla lo, con origine in s’ si alza una
semiretta sulla quale verrà posizionato il punto s (punto comune di tutti i raggi luminosi) Sole dietro all’osservatore (Al di qua del quadro) Individuato come prima il punto s’ si conduce da essa (questa volta verso il basso) la perpendicolare alla lo. Il punto di fuga s dei raggi si troverà quindi al di sotto dell’orizzonte e dal lato opposto a dove sta il sole, essendo questo il punto dove andranno a concentrarsi prospetticamente i raggi provenienti da dietro l’osservatore. Sole di fianco all’osservatore (Sullo stesso piano del quadro) In questo caso non avremo punti di fuga dei raggi piochè s e s’ sono punti impropri e dunque hanno andamento parallelo rispetto all’inclinazione scelta.
1a
2a
3a
fig.2a
fig.2b
A” A
π
π2
π2
r” 2
π2
(A1)
A2
LT
LT
r”
LT
(A1)
π1
π1
A”
ombra virtuale di A ribaltata su π2
A’
π1
π
1
r’
LT
r’
ombra virtuale di A sul semipiano orizzontale posteriore
A1
(A2)
A1
(A2)
LT
A’
1b
π2
A” r
2b
r’
3b
π2
π2
A
A’
A”
A”
r”
r A
r A
A2
r”
LT
r’ A’
π
A’
A”
A1
r’
LT
r’
fig.2c
A’
π1
π1
A”
2c
r”
A1=A2
LT
1
1c
r”
A”
A”
3c
r”
A
A”
r”
r”
r”
A2
LT
LT A1=A2
LT
A1
LT
A1
r’
A’
π
fig.2d 2
π
1
r’
A’
A’
r’
LT
r’
A1
A’
r’ A’
(A2)
r’ ombra virtuale di A sul semipiano verticale
A’
OMBRE DEL PUNTO E OMBRE VIRTUALI OMBRE DEL PUNTO
Consideriamo un punto nello spazio e un raggio luminoso passante per il punto stesso. L’intersezione di questo raggio col primo dei due piani di riferimento che esso incontra è l’ombra portata del punto su quel piano. Il problema grafico si riduce quindi a determinare la traccia di una retta (il raggio luminoso) sono dei piani di riferimento, precisamente quello più vicino al punto. Da qui in avanti, chiamato A il punto, indicheremo con A1 l’ombra su vπ1 e con A2 l’ombra su π2. Se il punto A è più vicino al secondo che al primo piano di poiezione, avviene che il raggio luminoso incide su π2. Quindi l’ombra portata del punto A ê la traccia A2 del raggio luminoso stesso(fig 1b). Per ottenere tale ombra si fanno passare rispettivamente per A’ e A’’ le proiezioni r’ r’’ inclinate a 45° del raggio luminoso; la r’ incorra per prima la LT, assia interseca
LE OMBRE VIRTUALI la LT in posizione più prossima alla retta di richiamo A’ A’’. Dal punto di intersezione si alza quindi una verticale che, incontrando la r’’, determina in A2 l’ombra cercata (fig 1c). Se il punto va più vicino al primo che al secondo piano di proiezione, È la r’’ A raggiungere per prima la Lt. la verticale abbassata dal punto di incontro così individuato definisce su r’ la posizione del punto d’ombra A1(fig 3b). Sia il punto A equidistante dai due piani di proiezione. Data l’inclinazione a 45° di entrambe le proiezioni del raggio luminoso, l’ombra accade esattamente sulla linea di terra. Tale ombra appartiene pertanto sia a π1 sia a π2.
Oltre a individuare l’ombra reale proiettata dai punti sui piani di riferimento, in molti dei problemi inerenti la teoria delle ombre occorre determinare anche le loro ombre virtuali. Per ombra virtuale si intende l’ombra che si otterrebbe, ad esempio, sul prolungamento di π1 oltre la LT (vale a dire sul semi piano orizzontale posteriore) qualora π2 fosse un piano trasparente. Esaminiamo il caso illustrato in fig.2a nella posizione spaziale in cui si trova, il punto A proietta in A2 la sua ombra reale su π2. Ma se ora pensiamo che questo piano sia trasparente, ecco che il punto A viene a proiettare la sua ombra (virtuale questa volta) sul semi piano orizzontale posteriore e precisamente in (A1).
Ruotando π2., ossia sullo stesso piano (coincidente con la superficie del foglio da disegno) su cui giace l’ombra reale A2 del punto A (fig.1a). Pratica, per raffigurare l’ombra virtuale di un punto dei disegni che eseguiremo, è sufficiente prolungare r’ oltre la LT, quindi innalzare la verticale condotta dal punto di incontro di r’’ con la LT stessa: intersezione che ne deriva è l’ombra virtuale (A1) ribaltata su π2 (fig.1b) Operando in modo simile si ottiene anche l’ombra virtuale di un punto nel caso in cui essa venga a cadere sul semi piano verticale inferiore (figg.1c e d).
A”
fig.5
fig.1
fig.2
fig.3
fig.4
fig.6
fig.7
B”
B”
A”
A”
B”
A”
B”
LT
B”
A2 B2
A2
A”
LT
B2
B1
B”
LT
LT r”
LT
A2
A1
A1
B1
r’ B’
A’ A’
A1=B1
B1 B2 LT
B’ LT
A’
B’ A1
B’ B’
A’
B’
A’=B’
A’
OMBRE DI SEGMENTI A''
L'ombra portata dal segmento è il luogo geometrico delle ombre portate dai suoi singoli punti. Per determinare l'ombra portata da un segmento rettilineo su uno dei piani di proiezione, è sufficiente congiungere le ombre dei punti estremi del segmento dato come si può vedere negli esempi qui riportati.
Si noti che, Ogni qual volta che un segmento parallela uno dei piani di proiezione, la sua ombra su quel piano è parallela e di lunghezza uguale al segmento stesso. 6 ombra di un segmento parallelo alla direzione del giorni luminoso (fig.7) La sua ombra si riduce ad un punto sia che cada su π1 o su π2.
1. Ombra di un segmento parallelo ai piani di
Ombre di segmenti sui piani Le ombre portate da segmenti sui piani sia proiettanti che generici si determinano seguendo procedure analoghe a quelle già viste nei corrispondenti esercizi relativi alle ombre dei punti.
proiezione. (fig. 1, 2) 2. Ombra di un segmento parallelo a π1 e π2 (fig. 3) 3. Ombra di un segmento parallelo a π2 e π1(fig. 4) 4. Ombra di un segmento parallelo perpendicolare a π1 (fig. 5) 5. Ombra di un segmento parallelo perpendicolare a π2 (fig. 6)
obliquo a obliquo a a π2 e a π1 e
Ombra di un segmento AB che cade su entrambii piani (fig.1)V
π2
A''
Z''
π2
r A
A2
(A1)
B'' B''
(B2)
r
A2
B
Z (A1)
Z
B1 A'=B' π1
B1 (B2)
A'=B'
(B2) π1
B”
A”
fig.4
fig.2
A2
A”
B2
A”
A”
B”
B”
C”
D”
A2
D”
C2
D2
C”
A2
B2
C”
D”
LT
B”
A1
B1
C”
D1 A’=D’
(A1)
C1
fig.3 B’=C’ D1
C1
fig.1
A’=D’
C1
B’=C’ C’
A’=D’
B’=C’
A’
B1 B’
OMBRE DI FIGURE PIANE Nella determinazione delle ombre di figure piane si procede piedi fumanti, così come si è già visto a proposito delle ombre di segmenti. Alla pari di queste, anche le ombre delle figure piane possono ovviamente cadere sul primo piano di proiezione, sul secondo, oppure su ambedue. Consideriamo vai casi prendendo a riferimento il quadrato ABCD rappresentato in modo che:
1- l'ombra cada interamente sul piano π2, parallelo al quadrato (fig 1). In questo caso l'ombra è un quadrato uguale al quadrato ABCD ossia detto in altri termini la figura obiettiva e la sua ombra sono congruenti. 2 - l'ombra cada interamente sul piano π1 perpendicolare al quadrato (FIG.2) Tale ombra appare deformata assumendo le caratteristiche di figura affine alla figura obiettiva. Nel nostro caso data l'inclinazione dei raggi luminosi, l'ombra del quadrato ABCD È un parallelogrammo; 3 - l'ombra cada su entrambi i piani di proiezione (fig.3). Pertanto si l'ha l'intersezione di parte dell'ombra del caso a) con parte dell'ombra del caso b).I punti comuni delle due ombre appartengono alla linea di terra.
Anche gli esempi illustrati nelle figg.4, 5 e 6 sono riferiti all' ombra portata di un quadrato perpendicolare a π1 il quale però viene fatto ruotare in modo da costituire rispetto al piano medesimo angoli di 30°, 60° e 90°. Nei due ultimi casi è necessario trovare l'ombra virtuale di uno dei vertici procedendo come illustrato nella fig.2 a pagina 182.
4 - Ombre di un triangolo isoscele obliquo a PGRECO2 E perpendicolare a π1 (fig.4) I vertici B e C proiettano ombra sul piano e A sull’altro: Si procede quindi a individuare l'ombra virtuale di A sul semipiano orizzontale posteriore.
V’
F”D”
E”
A”C”
B” C2
D2
separatrice
B2
LT
M”
N”
L”
D’L’
H”
G” I”
V2
separatrice ad andamento mistilineo
A2
LT
S” T”
C’I’
M S’
E’M’
B’H’ V”
F’N’
T’
A’G’
OMBRE PROPRIE E PORTATE DI SOLIDI Abbiamo già detto che per procedere alla costruzione delle ombre proprie e portate dei solidi, occorre innanzitutto determinare la linea separatrice, la quale costituisce il contorno dell'ombra propria e consente di individuare il contorno dell'ombra portata. Nel caso di poliedrici, dove gli spigoli vivi intorno unicamente le parti illuminate da quelle in ombra, la ricerca della linea separatrice non presenta particolari difficoltà, essendo sufficiente, invia di massima, considerare i raggi luminosi tangenti i vertici estremi della figura impianta e in alzato. Vediamo qualche esempio.
1 - Ombra propria e portata di un prisma retto a base esagonale (fig 2) La separatrice é costituita dalla spezzata ABCDLMNGA. Di conseguenza sono in luce la base superiore e le tre facce verticali AFNG, FEMN, EDLM e in ombra propria le altre tre facce e la base inferiore. Risultando il solido appoggiato su π1, la determinazione dell’ombra portata é semplificata dal fatto che l’ombra dei vertici L, M, N, G, coincide con i vertici stessi.
6 - Ombra propria e portata di un cono retto con la base su π1 (fig 6). Per determinare con esatteza i punti di tangenza S’ e T’ necessari a definire l0ombra propria del solido, una volta trovata l’ombra virtuale (V1) del vertice, si centra nel punto medio M del segmento V’ (V1) e con raggio pari alla metà del segmento stesso si descrive l’arco che enterica la base nei punti S’ e T’. Congiungendo S’ e T’ con V’, e quindi S’’ e T’’ con V’’, si delimita il contorno dell’ombra propria nelle due proiezioni.
(V1)
S
(v)
fig. 1
fig. 3
90°
(v)
r
90°
A
A
P
F1 Orizzonte
S’
F2 Orizzonte
F2
A
F1
A’
traccia del quadro
A’
A1
traccia del quadro r’
A1
OMBRE APPLICATE ALLA PROSPETTIVA Sappiamo che le ombre possono essere applicate a qualsiasi metodo di rappresentazione ed incentrando la nostra ricerca sulla prospettiva si ritiene opprtuno dimostrarene l'applicazione. Constatando che nelle rappresentazoni assonometriche i raggi di luce si proiettano paralleli fra loro, nella prospettiva invece convergono in o divergono da un punto proprio (punto di fuga), perchè la proiezione centrale non conserva il parallelismo. L'origine della fonte di luce (Sole) indicato con S, punto di fuga dei raggi reali di luce e con S' il punto di fuga delle proiezioni dei raggi stessi sul piano
di riferimento α. Infatti S' giace sull'orizzonte ed S si trova sulla verticale passante per S', per la semplice ragione che il raggio r e la sua proiezione r' individuano un piano verticale ω. Pertanto l'ombra di un punto A, si determina tramite l'intersezione di un raggio r passante per A concorrente con S con un raggio r' per A' concorrente in S'.
fig. 1 - figura esplicativa fig. 2 e 3 - Esemplificazioni, attraverso la prospettiva ad angolo costruita mediante i punti di fuga anticoniugati di un parallelepipedo rettangolare, delle modalita proiettive per determinare le ombre proprie e portare sul piano orizzontale α di riferimento.
fig. 1
(v)
tω ω
f'ω
piano di fuga A
r
f'α
s’ retta di fuga del piano d’ombra
A1 tα
A’
α
s