Le origini dei Celti I Celti hanno origine indoeuropea. Giunsero in Europa in varie ondate, fra il 3500 e il 1500 a.C. muovendosi dalle regioni centrali dell’Asia e attraversando il Caucaso e il Medio Oriente. Le prime regioni europee in cui si svilupparono i primi segni della cultura celtica furono l’area di Golasecca (Italia nord-occidentale) nel XII-X secolo a.C., l’area mineraria di Hallstatt (vicino alla città di Hallein, nell’Austria meridionale) dove diedero vita a una cultura particolare sviluppatasi intorno all’VIII secolo a.C., e quindi il sito di La Tène (Svizzera), laddove raggiunsero la massima espressione artistica, sociale e spirituale nel VI-V secolo a.C. Successivamente le tribù celtiche si diffusero nell’intero territorio austriaco e svizzero, nella Germania sud-orientale, in Francia, Belgio, Italia settentrionale e parte dell’area centro-orientale, Spagna settentrionale, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Bulgaria, Serbia, Isole Britanniche, Irlanda e nell’area centrale della Turchia. I Celti furono portatori di una cultura e di una spiritualità comuni, tuttavia definirli un unico popolo è sostanzialmente impreciso: tutti i popoli celtici avevano in comune la suddivisione in tribù, i gruppi tribali si riconoscevano in un antenato divino (Dèa o Dio) e in una lingua con molte similitudini fonetiche e di significato, ma ciascuna tribù si distingueva con il proprio nome, identità distinta e caratteristiche spiccatamente proprie. L’organizzazione sociale in tribù (teuta) o clan (famiglie), spesso in lotta con le tribù vicine per il possesso di bestiame o di beni, era l’unica forma di aggregazione sociale riconosciuta dai Celti, che non crearono mai un unico grande “Stato dei Celti” né un grande impero.
L’abbigliamento degli antichi Celti "I Galli sono alti di statura, con una muscolatura guizzante sotto la pelle chiara. Di capelli sono biondi, non soltanto per natura, ma perché usano ritoccare con mezzi artificiali i colori naturali di cui ognuno di loro è stato dotato. E infatti si spalmano sempre i capelli con una soluzione di calce, e se li tirano indietro dalla fronte fino alla nuca e sul collo, con il risultato di rassomigliare a tanti Satiri e Pan, perché questo trattamento rende i capelli così spessi e densi che possono sembrare, in tutto, la criniera di un cavallo. Alcuni di loro si radono la barba, ma altri se la lasciano
crescere un po’; i nobili si radono le guance, ma si fanno crescere i baffi fino a coprire la bocca [...]. Le vesti che indossano sono sgargianti, tuniche tinte e ricamate di diversi colori e calzoni che chiamano bracae nella loro lingua; e portano un mantello a strisce, legato da una fibbia alla spalla, pesante per l’inverno e leggero per l’estate, intessuto di fitti tasselli policromi." Diodoro Siculo – da "Biblioteca storica"
"I Galli indossano il sagus (mantello), si fanno crescere i capelli, e portano pantaloni stretti; invece del chitone usano tuniche con le maniche, spaccate ai lati e lunghe fino al pube e al sedere. La lana con cui intessono i loro pelosi mantelli è ruvida e bioccolosa." Strabone – da "Geografia" "La maggior parte di loro ha una voce terribile e minacciosa, tanto quando sono calmi che quando sono adirati. Ma tutti, scrupolosamente, si mantengono puliti e ben curati, e in quelle zone, soprattutto in Aquitania, non si vedrà mai un uomo o una donna, anche dei più poveri, vestiti di stracci o trasandati, come succede altrove." Ammiano Marcellino – da "Storie" Ma come si vestivano i nostri antenati? Erano generalmente curati ed eleganti e davano grande importanza sia al loro abbigliamento che al loro aspetto fisico in generale. Per esempio, non tolleravano l’obesità e accadeva di frequente che venissero inflitte pesanti ammende verso coloro che, impacciati dalla rotondità, non riuscissero ad allacciarsi la cintura. Gli uomini portavano calzature o stivaletti di morbido cuoio e pantaloni di lana o lino chiamati bracae: questo nome si ritrova nel francese braguette, nel bretone bragou e nel termine braghe, bragôns di alcuni dialetti del nord Italia. Quando il tempo lo permetteva indossavano una camicia, senza maniche, fermata sul davanti con una spilla. Nella stagione fredda la camicia veniva sostituita da una tunica a maniche lunghe, legata con una cintura. Anche le donne indossavano calzature di cuoio oppure sandali. Alcune di esse camminavano a piedi nudi, come si deduce dagli anelli trovati alle dita dei piedi di molte donne sepolte nelle necropoli celtiche. Le donne erano generalmente vestite con abiti larghi, trattenuti da cinture con fibbie in tessuto o in cuoio. In inverno si coprivano con scialli o lunghi mantelli. Per ottenere gli scacchi colorati, che amavano molto (e i cui colori differenziavano le varie tribù), i nostri antenati Galli utilizzavano piante come l’erba guada, chiamata anche erba gialla, il guado (per ottenere il blu) e la robbia (per il rosso). Amavano particolarmente i gioielli: per i braccialetti, che le donne portavano intorno al polso o alle caviglie, la funzione era sia simbolica che estetica. Inventarono le fibule, antenate delle nostre spille da balia: funzionali e molto ornamentali, servivano a fermare le vesti e i mantelli.
Il Torque Un Celta poteva combattere nudo ma mai privo del proprio Torque, il caratteristico collare aperto sul davanti. Esclusivo dei Celti, nessun altro popolo dell’Età del Ferro usava questo ornamento, che era simbolo di Onore, Valore individuale e Libertà. Lo potevano indossare solo donne e uomini liberi, nobili e capi tribù. Il torque nell’illustrazione a fianco è il classico modello a tamponi, il più diffuso. Nei collari più ricchi i tamponi erano finemente incisi e decorati e avevano forme anche molto elaborate, a volte terminavano con la testa cesellata di un animale sacro. Questo collare era spesso realizzato con oro e argento insieme, per riunire in equilibrio il potere dei due metalli: infatti l’oro è il metallo del Sole e rappresenta il maschile, l’argento è quello della Luna e rappresenta il femminile. Gli otto giri ritorti di cui molti torques erano formati erano costituiti ciascuno di otto fili in metallo ritorti a loro volta. L’oggetto era flessibile e le due estremità potevano essere allargate senza sforzo quando il torque veniva indossato. La società celtica Descrivendo le migrazioni celtiche in Europa gli storici parlano di “invasione”: questa fu soprattutto culturale. Il bacino europeo era in parte già abitato da popolazioni autoctone e protoceltiche quando i Celti giunsero nel territorio. Stabilendosi qui essi assimilarono le conoscenze delle civiltà pre-esistenti unendole alle proprie. Integrarono l’antichissimo culto della Dea Madre, la Terra, e del principio femminile con le nuove caratteristiche maschili e solari della divinità, trasformando radicalmente la cultura preistorica. Infusero la conoscenza delle energie della Natura e dei cicli e crearono una tradizione di eguaglianza fra uomo e donna; nelle tre classi in cui era suddivisa la società celtica operavano entrambi i sessi. Le tre classi I Celti organizzavano le proprie tribù, teuta o clan (i gruppi sociali) secondo un triplice schema detto di “tripartizione”: questa formula a 3 era considerata una manifestazione della divinità (possiamo ritrovare il concetto di tripartizione nel cristianesimo nella rappresentazione della Trinità). Ciascuna tribù si suddivideva dunque nelle tre classi principali: Druidi, Guerrieri e Produttori. I Druidi erano considerati la manifestazione (ovvero i rappresentanti e i portatori) del triplice dono divino di Conoscenza, Scienza, Saggezza, insegnavano nei boschi sacri e nelle grotte e asserivano l’esistenza della suprema Divinità Unica maschile e femminile, inconoscibile, la sopravvivenza dopo la morte e l’immortalità dell’anima. I Guerrieri erano considerati la manifestazione del triplice dono divino di Forza-Potere-Volontà. All’interno di questa classe veniva eletto ogni anno un capo, e un condottiero in caso di guerra. I Produttori erano considerati la manifestazione del triplice dono divino di Amore-CreativitàProduttività. La classe comprendeva gli artigiani, gli agricoltori e gli allevatori. Le tre classi erano composte da uomini e donne. La divinità unica comprendeva in sé tutti questi doni.
Le grandi Feste celtiche
I Celti celebravano quattro grandi feste annuali legate ai cicli della Natura e alle sue stagioni: Samhain, Imbolc, Beltane e Lughnasad. Queste erano definite «Feste del Fuoco» perché in queste occasioni avveniva l’accensione di un fuoco rituale. Tracce di queste celebrazioni si ritrovano nella cultura popolare e contadina di tutta Europa fino ai giorni nostri. Samhain - 1° novembre: la festa segnava l’inizio dell’anno nel calendario celtico, era il momento del ringraziamento per il raccolto, segnava il tempo della fine dell’estate, il tempo della semina e l’inizio della metà oscura dell’anno. A Samhain si apriva la porta fra l’Aldiqua e l’Aldilà (Altromondo): gli spiriti degli antenati e degli dèi entravano in contatto con il mondo terreno. Possiamo ritrovare questa festa nelle celebrazioni cristiane di Ognissanti e nella Festa dei Morti (2 novembre), e nella sua parte più giocosa (e più commerciale) nella festa di Halloween. Imbolc - 1° febbraio: era la festa di lustrazione (purificazione) dedicata alla dea celtica Brigit, chiamata anche Brighid). Nel Cristianesimo corrisponde alla festa di Purificazione della Vergine (vigilia della Candelora). Imbolc era il tempo dell’inverno ma anche il tempo in cui i semi iniziano a germogliare nella terra e nello spirito umano, il tempo in cui tutto si prepara per accogliere la primavera imminente e il risveglio della natura. Beltane - 1° maggio: era la festa dedicata ai riti di fertilità e per la propiziazione dei raccolti, segnava il tempo della fine dell’inverno e l’inizio della metà luminosa dell’anno. Ritroviamo questa festa nel folclore europeo con le tradizionali feste del Maggio. Lughnasadh - ultima festa che chiude il ciclo del calendario celtico, si svolgeva il 1° agosto quando la Terra dà frutti in abbondanza. Era infatti la festa del raccolto dedicata al dio Lug nel suo aspetto di distributore di ricchezze. In questo periodo si effettuavano anche le grandi riunioni fra le tribù. Calendario di Coligny Nel 1897 a Coligny (in Francia) furono rinvenuti i frammenti di una tavola di bronzo di circa 150 cm per 90. Nella tavola, nota da allora con il nome di Calendario di Coligny, sono elencati 62 mesi di un calendario celtico che si completa nell’ambito del ciclo di 5 anni, i mesi sono di 29 e 30 giorni. Le incisioni sono a caratteri latini, i nomi dei dodici mesi, secondo le ricostruzioni degli archeologi, sono: Samon(ios), Dumann(osios), Riuros, Anagantios, Ogronios, Cutios, Giamonios, Simivisonna(cos), Equos, Elebiv(ios), Edrinios, Cantlos. Samonios, primo mese dell’anno celtico, si celebra con Samhain; questo è anche l’inizio del semestre invernale. Sul Calendario di Coligny il sistema di calcolo è lunosolare e il calendario si suddivide in due semestri: uno “invernale” e l’altro “estivo”. Samhain rappresenta l’inizio della parte oscura dell’anno e segna il Capodanno celtico, Beltane (nel folclore collegata al 1° maggio) segna l’inizio della parte luminosa dell’anno (altre festività importanti erano Imbolc, intorno al 1° febbraio, e Lughnasadh, intorno al 1° agosto). Ogni festa in realtà era l’emblema di una stagione e ne rappresentava le energie che si esprimevano attraverso la Natura.