Lettura Critica di Tipografia Moderna - Origini Illuministiche

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Lettura critica di Tipografia Moderna ďż˝ Origini Illuministiche ďż˝

Nitti Valentina

Capitolo 02



Robin Kinross apre il suo libro “Tipografia moderna” ricostruendo brevemente l’origine di essa narrando le vicende più importanti dalla fine del 1600 e inizio 1800. Primo argomento da chiarire per parlare di stampa e caratteri è ovviamente il ruolo del tipografo. Il tipografo secondo Joseph Moxon scrittore del primo manuale per tipografi era, non un mero stampatore, ma: � Uomo dotato di un giudizio tale sia da eseguire che dirigere la mano d’opera. (Maxon,1683) � Infatti se diamo uno sguardo ai tipografi più noti non erano comuni artigiani ma veri e propri imprenditori ed editori capaci di relazionarsi con i clienti, intuire il successo di un libro e metterlo in commercio. Il tipografo era il più dotto fra gli artigiani. Nonostante il suo ruolo prestigioso non è esistito un manuale che ne regolamentasse le pratiche sino alla fine del 1600, eppure quest’ultimo non era molto esplicativo. All’epoca lo stampatore aveva il proprio modus operandi, con le sue misure. Era l’occhio del compositore esperto a stabilire le distanze e le proporzioni. Nel 1640 in Francia il cardinale Richelieu fondò l’Imprimerie Royale, la Stamperia Reale. Tale stabilimento aveva il compito di produrre tutti i documenti di cui lo stato avrebbe avuto bisogno.

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�I fin d tha ough t a Typo qual t to be e grapher Scien ified w qually i c e s Arch that th all the itect beco , and mes no d an then o u b Typo t rem I thin grap a hie i ins that k Math emati s not a lso a cal S cien ce.�


� Ciò faceva sì che tutto ciò che provenisse da loro avesse la stessa impostazione, traducendosi in una comunicazione omogenea che poneva le fondamenta dell’identità visiva di stato. Il concetto di identità non è nuovo nel mondo politico. Basti pensare all’Impero Romano che con le iscrizioni lapidarie ha comunicato e trasmesso a chi le ha lette autorità e fierezza. � Tuttavia ci sono differenze sostanziali tra gli approcci adoperati dai due Imperi. Durante l’antica Roma i caratteri lapidari erano realizzati da uno scalpellino seguendo le linee tracciate con il pennello dall’abile artigiano. Egli scriveva tenendo conto dei margini, dello spazio e delle correzioni ottiche. Tale processo avveniva senza strumenti di misurazione, ma solo con l’esperienza del disegnatore. Luigi XIV quando commissionò il Romain du roi (1692) volle un carattere che rappresentasse il periodo illuminista di cui la Francia era portavoce, a tal punto da mettere a capo del progetFrontespizio e citazione tratta dal manuale di to Nicolas Jaugeon, un matematico. Maxon. Joseph Maxon, “Mechanick exercises on the whole Ciò comportò la realizzaart of printing”, Volume 2, Londra 1683, stampato a caratteri mobili. zione di un carattere romano che si La citazione riportata dice: “Trovo che un Tipografo dovrebbe essere discostava dall’impronta calligrafica ugualmente qualificato con tutte le scienze che fanno un Architetto, con il quale si disegnavano i caratperciò senza alcun dubbio la Tipografia non è altro che una Scienza teri fino ad allora e che abbracciava Matematica”. (pg 6).

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Specimen Romain du roi. Disegnato da Nicolas Jaugeon, inciso da Philippe Grandjean, Roman du roi, Francia 1692. _Il carattere è progettato secondo una gabbia 48x48 (2304 moduli quadrati), le grazie sono orizzontali e i contrasti molto marcati. Tutte le lettere sono pensate per essere utilizzate a formare un sistema.

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Applicazione Roman du roi. Académie des inscriptions & belles-lettres, “Medailles sur les principaux evenements du regne de Louis le Grand : avec des explications historiques”, Parigi 1702. Applicazione del Roman du roi in un libro stampato dall’Imprimerie royale.

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i principi della geometria. Sebbene sia il primo carattere tipografico ad essere progettato secondo la geometria piana, non è la prima volta che nelle storia si parla della possibilità di geometrizzare un carattere romano. Nel XVI secolo gli studiosi rinascimentali ripresero le letture delle scritture antiche e con loro anche i calligrafi iniziarono a studiare e riprodurre le lettere romane. � Tra i primi a cimentarsi Felice Feliciano, esso affermava nei suoi trattati che l’uso antico fosse quello di formare le lettere dal cerchio e quadrato.� Avvalendosi di questa credenza riprodusse con riga e compasso le lettere maiuscole Colonna Traiana. Epigrafe incisa alla base della Coromane. Il risultato però fu diverso lonna Traiana. Roma, II sec. D.C. Evidenziata la R messa in relada qualsiasi iscrizione romana. (Mo- zione con la R di Feliciano tratta dal suo libro “Alphabetum rmanum” sley, 1964). A continuare questa cor- scritto a Verona nel 1463.

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rente di pensiero il calligrafo Gianbattista Palatino, nonostante la ancora più pedante razionalizzazione non riuscì neanche lui a raggiungere gli standard lapidari. � A controbattere le teorie finora abbracciate dai calligrafi sopracitati Giovanni Francesco Cresci che nel Il perfetto scrittore affermò che per realizzare una buona Antiqua tonda, “Regina di tutte le altre lettere”, non c’era bisogno di sforzarsi “con misure e ragioni geometriche” (Cresci, 1572). � James Mosley parafrasa Cresci e scrive in Origini della scrittura: “Coloro che insistono a voler costruire le lettere con il compasso, nel confronto con quelle originali trovano che le proprie sono sgraziate e mal proporzionate.” Nonostante la presa di posizione Cresci ammetteva l’utilizzo degli strumenti, ma per le lettere fatte di linee rette come A, E, F, H, I ecc. Le lettere composte da curve devono essere effettuate ad occhio. Ritorniamo al XVII secolo e al Romain du roi, il tentativo di geometrizzare con ossessione le lettere non ha portato a grandi risultati, tant’è che ad oggi sono pochi i caratteri di origine geometrica che hanno avuto successo e vengono ancora utilizzati. La sua realizzazione non è però stata vana. La creazione di una guida al progetto di identità dell’Impero francese, nonché anche un libro

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Antiqua romana. Gianbattista Palatino, “Cittadino Romano�, Roma 1550. Libro stampato a caratteri mobili con calcografie. In dettaglio vediamo la composizione geometrica della lettera R, estratta da disegni del calligrafo oggi esposta al Kunstmuseum di Berlino. (circa 1550?)

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Antiqua romana. Giovanni Francesco Cresci, “Il perfetto scrittore”, Roma 1572. Libro stampato a caratteri mobili con calcografie. In questa pagina sono raffigurate le lettere romane disegnate da Cresci e in dettaglio la R, lettera particolarmente complessa. Quest’ultima è messa in relazione con la R di Palatino, evidenti le differenze. Le grazie sono più sottili conseguenza dello strumento utilizzato, un pennello, la pancia sale superando il corpo della lettera determinando dei contrasti con un asse inclinato.

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che mirava alla standardizzazione delle misure tipografiche, ha fatto sì che, nonostante l’astio dei suoi colleghi tipografi, Fournier ne facesse atto. Pierre Simon Fournier era un disegnatore di caratteri e tipografo francese, che nel 1737, sulle orme del decreto francese per la standardizzazione del corpo dei caratteri, mise a punto un sistema di unità per misurare in termini di unità le lettere. Prese la già presente unità “linea”, una lastra di piombo che veniva utilizzata per realizzare le interlinee, e la divise in 6 punti. Generò così un modulo che sancisce l’inizio di un nuovo approccio alla composizione tipografica.

1 punto = 0,34882 mm � Il carattere imperiale era di ormai tendenza in Francia e molti disegnatori provarono a riprodurlo. Fournier riuscì a farsi spazio fra le copie realizzando Il Modèles des Caractères de l’imprimerie (1742). �

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Roman du roi

Modèles des Caractères de l’Imprimerie

Modèles des Caractères de l’Imprimerie comparato con il Roman du roi. Pierre Simon Fournier, Specimen Modeèles des caracterès de l’Imprimerie, Parigi 1742. Si nota subito come Fournier abbia modificato le proporzioni fra occhio e corpo del carattere rispetto al Roman du roi, rendendolo più compatto. La terminazione della a diventa tronca e non più a goccia, le pance le squadra e realizza delle grazie orizzonatali non raccordate che daranno spunto nel secolo successivo ai caratteri egiziani.

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Caratteri Old Face

Janson Bembo Garamond

Caratteri Moderni

Modèles des Caractères de l’imprimerie

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Didot Bodoni


Nello Specimen del carattere Fournier inserì una descrizione del sistema da lui ideato con gli annessi vantaggi e, dice Kinross, si potrebbe rilevare che dal suo lavoro viene la prima idea di “famiglia”. Questo perchè il Modèles presentava tre varianti: ordinaire, moyen e gros oeil. � Pierre Simon Fournier fu un punto cardine nella storia della tipografia del ‘700. Esso fu l’anello di giunzione fra i modelli classici, come quelli della scuola di Garamond e e la tipografia moderna di fine secolo, come Didot e Bodoni. � Alla fine del 1700, con il termina moderno, si intende una composizione tipografica pulita che vede superato l’utilizzo delle decorazioni sfarzose figlie del periodo rococò, e insegue il rigore neoclassico. All’interno del rigore neoclassico si fa spazio la famiglia Didot che era ben inserita in tutti gli ambiti del processo produttivo della stampa: la produzione della carta, la fonderia e l’editoria. François Ambroise Didot, fonditore di caratteri, nel 1770 adottò il punto tipografico di Fournier e lo ibridò con il “pied du roi” l’unità di misura in vigore in Francia; ne conseguì che:

1 punto = 0,3759 mm 15


Con il punto Didot si raggiunge lo standard nel mondo tipografico, non solo in Francia, ma in tutta Europa. Nel 1812 il figlio di F. A. Didot, Firmin Didot diventò il direttore della fonderia Imprimerie Impériale e nel mentre

Frontespizio stampato da Firmin Didot Oeuvres completes de Ciceron, Parigi 1881 stampato per l’Imprimeurs de l’istitut de France. Il frontespizio è estremente pulito. La composizione è ad epigrafe e ogni riga è composta con lo stesso carattere (Didot) a corpi differenti. Non sono presenti cornici o decorazioni superflue solo la marca dell’editore e un filetto per dividere titolo e note editoriali.

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realizzò il famoso carattere “moderno”. Il carattere comunemente chiamato Didot si caratterizza per i forti contrasti e le grazie squadrate. Il rapporto fra l’altezza della x e le ascendenti lo rendono molto slanciato ed elegante.

A BCD E F GH IJKL M N OPQR S TUV*abcd e fghijklmn opqrs tuv �

Alfabeto digitalizzato da Linotype Adrian Frutiger, Linotyoe Didot, 1991. Nel 1991 Linotype commissionò la digitalizzazione ad Adrian Frutiger del carattere di Firmin Didot. Le lettere in nero sono comparate con le lettere originali estrapolate da frontespizi stampati dal tipografo francese.

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In Italia a seguire il razionalismo neoclassico c’è Giambattista Bodoni. Bodoni accecato dalle lettere di Fournier abbandonò il Baskerville e sulla scia francese realizzò un alfabeto per la sua tipografia a Parma. Il carattere come quello di Didot è estremamente contrastato, ma a differenza di quest’ultimo le grazie sono ugualmente orizzontali e squadrate ma raccordate ai tratti verticali. Manuale Tipografico di Al termine del capitolo, Robin KinGiambattista Bodoni Giambattista Bodoni, Maross si sofferma su una questione nuale Tipografico, Parma 1818. Il Manuale tipografico di Giambattimolto interessante, la leggibilità. sta Bodoni fu pubblicato per la prima volta nel 1788 e 291 alfabeti più Siamo soliti immaginare testi stamgli ornamenti, 5 anni dopo la sua morte la moglie pubblicò nel 1818 pati con caratteri graziati di stampo una seconda edizione con ben 373 alfabeti. Alla fine del '700 e i primi cinquecentesco, anche alla fine del del '800 numerevoli stamperie italiane utilizzavano i caratteri di Bodoni. XVIII secolo era così. La modernizzazione e il nuovo hanno sempre fatto spavento anche nel campo della tipografia. L’utilizzo di caratteri “nuovi” come il Didot spaventava i conservatori.

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� Sobry stampatore ottocentesco riferendosi ai caratteri di Didot scriveva: “ma la moda non sempre significa perfezione”, le lettere molto contrastate sono tanto belle quanto chiare a differenza delle lettere antique più nere e differenziate e più consone al loro compito di essere leggibili. � Il XVIII secolo è stato periodo di transizione dove non sempre la razionalità è stata premiata, ma è stato il punto cardine che ha permesso a grandi incisori e disegnatori di superare i limiti conservatori per dare origine a nuove lettere che a loro volta sono state le madri della tipografia moderna, madri di quei caratteri che ancora oggi utilizziamo.

Testo composto dallo stampatore Sobry Jean François Sobry, Te Deum republicain : dédié aux soldats françois, Parigi 1799. Sobry per questo libro decide di comporre il frontespizio con caratteri che nelle grazie squadrate e nei forti contrasti ricordano molto il Didot, invece per il testo corrente, coerente con l'esperimento sopra citato, utilizza un carattere che ricorda il Barskerville.

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Quando Didot stava cominciando a diffondere il proprio sistema, l’ultimo degli Anisson, che si era sempre rifiutato di adottarlo per l’Imprimerie Nationale, fece una comparazione che, se quanto si dice è vero, avrebbe chiarito al pubblico generico il difetto fondamentale dell’innovazione. Anisson prese una pagina stampata con caratteri alla maniera di Didot e la copiò, con le stesse spaziature e nello stesso corpo, in caratteri alla maniera di Garamond. Collocò le due pagine una accanto all’altra su un leggio e di fronte a esso fece mettere gli esperti.

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All’inizio questi lessero le due pagine senza notare grandi differenze. Annison le fece leggere più e più volte, ogni volta da una distanza maggiore, finchè le parole stampate non si distinguevano più per nulla. Risultò che la pagina che poteva essere letta dalla distanza maggiore era quella stampata in Garamond, e che questa era ancora leggibile diversi passi dopo che i caratter di Didot erano diventati indistinguibili. Questo esperimento, che ciascuno può fare per conto suo, è un fatto che decide in modo perentorio tra i vecchi e i nuovi caratteri.

(D.B. Updike‚A translation of the reports of Berlier & Sobry on Types of Gillé fils, pg. 181)

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Bibliografia e Sitografia: ̽​̽ A. Bandinelli, G. Lussu, R. Iacobelli, Farsi un libro, Stampa Alternativa & Graffiti, Viterbo 1990 ̽​̽ G. F. Cresci, Il perfetto scrittore, Roma 1570 ̽​̽ D. B. Updike‚ A translation of the reports of Berlier & Sobry on Types of Gillé fils, Fleuron 6, 1928 ̽​̽ G. Montecchi, Itinerari bibliografici. Storie di libri, di tipografi e di editori, Milano, Franco Angeli 2001 ̽​̽ J. Mosley, Radici della scrittura moderna, Stampa Alternativa & Graffiti, Viterbo 2001 ̽​̽ R. Kinross, Tipografia Moderna, saggio di storia critica, Stampa Alternativa & Graffiti,Viterbo 2005 ̽​̽ V. Rossi, Lettering. La tipometria e gli elementi della composizione tipografica, Verucchio, Pazzini 2014 ̽​̽ https://archive.org/ ̽​̽ http://luc.devroye.org/fonts.html ̽​̽ https://www.flickr.com/photos/denismasharov/


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