Magazine della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue Trimestrale / anno XV / n. 4 / dicembre 2015 www.fidas.it
giubileo dei donatori
a scuola di dono
conoscere per agire
buone feste
Sommario
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Editoriale di Aldo Ozino Caligaris
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A scuola di dono
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Il nuovo sito web FIDAS
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Corso di formazione 2015 - Conoscere per agire - parte III
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Perché proprio io? L’associazione, il volontario e l’importanza del people raising
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Fundraising: creare relazioni mettendo al centro le persone
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Il lavoro dell’ufficio stampa non può essere improvvisato
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Premio giornalistico nazionale “FIDAS-Isabella Sturvi” VI edizione - bando
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Speciale Giubileo
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Itinerarium sanguinis: il dono del sangue tra arte e storia
ultima
Le Federate FIDAS
NOI in FIDAS Trimestrale – Periodico di informazione e formazione della FIDAS (Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue) Editore: FIDAS, Piazza Fatebenefratelli 2, 00186 Roma Redazione NOI in FIDAS: Piazza Margana 19, 00186 Roma – tel. 06 68891457 – fax 06 68217350 Email: fidas@fidas.it Anno XV n° 4 dicembre 2015 Direttore editoriale: Aldo Ozino Caligaris Direttore responsabile: Cristiano Lena Comitato di redazione: Alessandro Biadene, Roberto Bonasera, Antonio Bronzino, Michele Di Foggia, Giuseppe Munaretto. Hanno collaborato a questo numero: Giulia Angelucci, Pierfrancesco Cogliandro, Alessandro de Fazio, Carlo Maccanti, Giorgio Marota, Giuseppe Natale. Foto: Iolanda Marta Squillace, Chiara Ferrarelli. Progettazione grafica: Leandro Di Maria Autorizzazione: Tribunale di Roma n° 442/2003 del 21 ottobre 2003 Periodico iscritto al R.O.C. (Registro Operatori Comunicazione)
editoriale
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I Grandi della Terra
di Aldo Ozino Caligaris, Presidente nazionale FIDAS
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“Grandi della Terra”, compreso il Santo Padre, riferendosi ai drammatici eventi accaduti in questo ultimo scorcio dell’anno hanno parlato di uno scenario da III guerra mondiale. Le vittime innocenti degli attacchi terroristici dimostrano la reale esistenza di una strategia che intende minare le democrazie occidentali e sovvertire gli equilibri politici mondiali. Di fatto, però, non esiste un fronte né un campo di battaglia, non esiste una nazione che ha dichiarato formalmente guerra a un’altra nazione. Un nemico invisibile tiene in gioco gli strateghi delle grandi potenze senza essere prevedibile e localizzabile nonostante l’esistenza di sofisticate strumentazioni che rendono chiunque rintracciabile e individuabile. I “Grandi della Terra” hanno affermato di voler sconfiggere il nemico e, con accordi inusuali, convergono su azioni mirate verso il terrorismo preservando di fatto le proprie posizioni e cercando di mantenere intatto lo scenario geopolitico mondiale. Viviamo con questo senso di impotenza e di angoscia in città blindate e militarizzate, subiamo quotidianamente segnalazioni anonime di attentati che minacciano la sicurezza dei cittadini e interrompono attività e servizi. Viviamo nell’attesa che il nemico invisibile colpisca qualcosa o qualcuno senza sapere dove e quando, nella paura che tutti speriamo possa essere infondata e che cerchiamo di ignorare. Di fronte a questi possibili attentati e catastrofi criminali, si stanno predisponendo e approntando piani di prevenzione per le possibili emergenze e maxi-emergenze. Per sostenere le eventuali attività sanitarie in tali situazioni d’urgenza sono stati definiti piani strategici trasfusionali che si basano su scorte e su disponibilità di scambi di emocomponenti ma soprattutto sul reintegro delle stesse e sulla immediata possibilità di raccogliere unità di sangue e di emocomponenti da donatori volontari e disponibili. In un anno che ha impegnato il sistema trasfusionale nazionale a conseguire l’accreditamento delle proprie attività, che ha consu-
mato energie e risorse degli attori della rete trasfusionale, in primis delle Associazioni di volontariato, per qualificare il dono volontario e anonimo dei donatori e per assicurare una terapia sicura e disponibile a tutti i cittadini bisognosi di emocomponenti e di medicinali plasma derivati, ci vediamo ora impegnati in un’azione di serrata programmazione non solo per rispondere alle correnti esigenze assistenziali ma addirittura per fronteggiare le conseguenze drammatiche di possibili attentati o maxi-emergenze. Il nemico invisibile fronteggiato da donatori anonimi. I “Grandi della Terra” discutono, litigano e fanno ironia sul fatto che nessuno “dona il sangue per l’altro”. I donatori di sangue in modo responsabile e gratuito danno generosamente parte di se stessi a favore di qualcuno che non conoscono. Questi “grandi della terra” non versano il sangue, non lo sprecano con bombe o attentati procurando morte e dolore, non ne giustificano lo spargimento in nome della giustizia e della legalità, lo donano per chiunque, con l’unico desiderio di conservare la vita e accendere la speranza nel malato per una possibile guarigione. La vita e la morte, la pace e la guerra, l’amore e l’odio. Queste le grandi contraddizioni dell’uomo che in nome di Dio o del potere non riconosce il suo simile come un fratello. Una goccia di sangue donato non è nulla nel mare del cinismo e dell’egoismo ma, come direbbe Madre Teresa una “grande della terra”, cosa sarebbe quel mare senza quella goccia di bontà e di generosità. Prossimi alle festività del Santo Natale e nell’anno del Giubileo della Misericordia i donatori di sangue ribadiscono con il loro gesto volontario la scelta della vita, della pace e dell’amore. Un messaggio silenzioso e anonimo che rischiara il buio di questi giorni e dona speranza per un futuro meno angosciante e privo di conflitti, per un mondo dove possano prevalere il rispetto e la solidarietà. Buone feste a tutti. ●
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approfondimento
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A scuola di dono a cura di Alessandro de Fazio
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anno risposto da tutta Italia. Le associazioni federate FIDAS, tirate in ballo per capire quale tipo di attività si svolge nelle scuole e con quali risultati, hanno condiviso la propria esperienza disegnando un quadro assolutamente dinamico sul coinvolgimento delle nuove generazioni all’interno delle istituzioni scolastiche e universitarie. Perché, se rappresentano il futuro della donazione del sangue, i giovani sono innanzitutto il presente. E che si tratti di distribuzione di materiale informativo, di sensibilizzazione di studenti e relative famiglie o di raccolta di sangue ed emocomponenti, le Associazioni dei donatori ci sono. Chi da pochi mesi e chi da oltre 40 anni, dalle Alpi al Canale di Sicilia nelle scuole di ogni ordine e grado e nelle Università italiane si insegna anche il valore del dono. E non si tratta semplicemente di invitare gli studenti maggiorenni a tendere il braccio e quelli che ancora non lo fanno a diventare ambasciatori all’interno della propria famiglia, piuttosto di educare al senso civico di un gesto che coinvolge tutta la collettività. E quando questo aspetto è condiviso dalla comunità scolastica, può diventare un elemento fortemente educativo per tutti, non solo per
La promozione della donazione del sangue all’interno delle scuole educa ad un senso civico che coinvolge tutta la collettività
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chi sta sui banchi di scuola. Confortanti in merito le indicazioni sull’inserimento delle attività promosse dalle associazioni FIDAS all’interno dei POF (Piano dell’Offerta Formativa che con la nuova riforma diventa triennale) che delineano non solo le attività didattiche, ma anche le esperienze formative che gli studenti possono vivere all’interno dell’istituto che frequentano; circa il 40% delle Associazioni ha dichiarato che le proprie attività sono entrate a far parte del piano dell’istituzione scolastica. Così l’informazione sul dono del sangue e la stessa donazione contribuiscono alla crescita umana e personale; e in alcuni casi diventano anche crediti formativi. L’attività delle associazioni FIDAS in questo ambito si presenta piuttosto variegata. L’informazione e la sensibilizzazione passano attraverso la distribuzione di materiale informativo e di gadget, nonché di incontri delle classi con rappresentanti associativi per la maggior parte dei casi. Ma sono numerose le esperienze di incontri con personale medico e/o paramedico, come pure la visione di filmati e il coinvolgimento dei genitori e del personale docente, ausiliario, tecnico e amministrativo. Numerose le esperienze che le associazioni FIDAS svolgono nelle varie parti del Belpaese. Ne abbiamo scelte alcune tra tutte quelle che hanno voluto raccontarci la propria. FPDS-FIDAS (Bari) Il progetto “I donatori FIDAS scendono in pista" promosso fra i giovani dai 18 ai 23 anni coniuga l’informazione sulla donazione del sangue alla guida corretta e responsabile degli automezzi. Un’iniziativa che prevede anche un concorso riservato ai giovani donatori per un Corso di Guida Sicura a Vallelunga (Roma). FIDAS Grassano (MT) A richiesta degli alunni vengono coinvolti operatori sanitari su tematiche specifiche proposte dagli alunni (dipendenze, sessualità e malattie sessualmente trasmissibili, prevenzione cardiopatie, pratica sportiva, alimentazione e salute) FIDAS CUORE Giulianova (TE) Nelle scuole primarie organizziamo un concorso di disegno, condividendo poi una giornata in un parco giochi con bambini, insegnanti e famiglie per la premiazione; nelle scuole superiori incontriamo le ultime classi in collaborazione con altre istituzioni. Come per il progetto “Salute e solidarietà” realizzato con un team di nutrizionisti per presentare una corretta alimentazione associata alla donazione del sangue.
La promozione della donazione del sangue all’interno delle scuole educa ad un senso civico che coinvolge tutta la collettività
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approfondimento
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Il 4 marzo 2015 è stato rinnovato il protocollo d’intesa con il MIUR per incrementare la sensibilizzazione degli studenti e dei loro genitori sui principi della solidarietà FIDAS Domusnovas (CI) Durante gli incontri con le terze medie di Domusnovas, Musei e Villamassargia, l’associazione organizza degli incontri di sensibilizzazione sulla Talassemia, malattia genetica diffusa nella nostra isola, presentandone tutte le problematiche. FIDAS Verona Nelle scuole dell'infanzia si lavora ad un allestimento teatrale. I bambini imparano nel corso dell’anno un copione sui temi della solidarietà e della donazione e durante la rappresentazione di fine anno il momento per la sensibilizzazione con i genitori. AFDS Udine Con 16 sezioni studentesche in tutte le scuole superiori di Udine, e nell’università svolgiamo attività di propaganda, sensibilizzazione al dono e di raccolta sangue con l’autoemoteca mobile del Servizio Trasfusionale di Udine coinvolgendo 3000 studenti donatori con 2600 donazioni all’anno. La sezione dell’Istituto “Zanon-Deganutti” opera da 45 anni ed è la prima in Italia con 600 iscritti, e 500 donazioni. EMATOS FIDAS - Gruppo San Leone Magno Ai bambini della scuola dell’infanzia viene raccontata dalle maestre, una favola che stimola i bambini a riflessioni sulla generosità, l’altruismo e la solidarietà. Nei giorni successivi i bambini preparano gli inviti per la donazione da portare a casa a amici e parenti. ADVS Gorizia L’attività di promozione è passata anche attraverso la pubblicazione del testo “Il Paese del Dono” per le scuole dell’infanzia, accompagnato da una guida didattica e del fumetto “Amici per la vita” indirizzato ai bambini delle scuole primarie.
Protocollo FIDAS, Fratres, Croce Rossa Italiana - MIUR
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l 4 marzo 2015 è stato rinnovato il protocollo d’Intesa tra FIDAS, Fratres, Croce Rossa Italiana e MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) per incrementare la sensibilizzazione degli alunni delle scuole dell’obbligo e dei loro genitori sui principi di solidarietà e sul valore sociale delle attività di volontariato. Il testo, composto da 11 articoli, definisce le attività di intervento nell’ambito dell’educazione alla salute, alla cittadinanza, ai principi della Costituzione, alla convivenza civile, sociale e solidale, evidenziando l’importanza di interventi formativi che non solo educhino gli studenti alla conoscenza della realtà trasfusionale del Paese, ma che favoriscano la pratica del volontariato attraverso forme aggregative consolidando l’autostima e il rapporto relazionale nei confronti dell’altro. Il Ministero si obbliga a coinvolgere gli Uffici scolastici Regionali nelle iniziative proposte dalle associazioni e a promuovere nelle scuole il Protocollo per favorire la programmazione di attività specifiche Ma le Associazioni FIDAS conoscono il protocollo d’Intesa? I risultati pervenuti mostrano un ampio margine di miglioramento, considerato che il 23% degli intervistati ha dichiarato di non conoscerne l’esistenza.
comunicazione
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Le proposte non mancano e soprattutto il desiderio di cominciare ad educare fin da piccoli al valore del dono e della solidarietà che passa anche “da vena a vena”. E dopo l’attività informativa e la preparazione in classe come si comportano gli studenti maggiorenni invitati a tendere il braccio? Molti di loro donano, ma per molti altri (una percentuale compresa tra il 20 e il 25%) non è possibile, in quanto risultano non idonei. Tra le principali cause, dichiarate dagli stessi, alcune interessano per lo più la popolazione femminile come il peso corporeo inferiore ai 50kg (limite indicato nella normativa vigente), o valori bassi di emoglobina o di pressione, spesso causati da un’alimentazione poco corretta o dall’insana abitudine di presentarsi alla donazione a stomaco vuoto Ma a limitare l’accesso alla donazioni anche tatuaggi e piercing fatti nei mesi immediatamente precedenti e qualche volta l’uso di droghe leggere. In questi casi, tuttavia, si tratta di motivi di autoesclusione che spesso aumentano in seguito agli incontri formativi. In qualche caso anche i viaggi all’estero determinano la sospensione temporanea. E poi non possiamo non ricordare la paura dell’ago che è una delle principali cause per chi decide di non donare. Fino a questo punto sembra che vada tutto bene. Ma c’è un altro elemento da considerare. Una volta che gli studenti hanno terminato il loro percorso formativo cosa succede? L’indice dei fidelizzazione rivela in molti casi la difficoltà di mantenere viva la disponibilità alla donazione. Pochi i casi in cui oltre il 50% degli studenti coinvolti continuano a donare e ancora troppi quelli in cui si registra un generale abbandono di una buona abitudine. È proprio questo l’aspetto su cui occorrerebbe lavorare in maniera più sistematica e che, alla luce dei risultati emersi, diventa un obiettivo da perseguire. ●
Anche il presidente nazionale FIDAS ha iniziato l’attività di donatore di sangue tra i banchi di scuola
Tra i banchi di scuola. Racconti, episodi e aneddoti Ematos-FIDAS, gruppo San Leone Magno Il nostro Gruppo è nato nel maggio 1975 quando alcuni giovani liceali già impegnati a “servire” persone anziane presso l’Istituto delle Piccole Sorelle dei Poveri in Piazza San Pietro in Vincoli, sperimentarono la difficoltà di reperire due flaconi di sangue per la zia di uno di loro ricoverata al Policlinico Umberto I. Amareggiati, avvertirono l’importanza di avere a disposizione flaconi di sangue da donare a chi nel bisogno lo richiedesse. L’idea di costruire all’Istituto che frequentavano, il San Leone Magno un gruppo di donatori di sangue ebbe immediata concretizzazione. Uno di questi giovani era Aldo Ozino Caligaris. FIDAS Paola Quando c’è voglia di donare a tutti i costi: un'alunna si è messa a dieta per ingrassare e per superare il limite dei 50 kg. ADVS FIDAS Bologna Ogni volta che incontriamo uno studente già donatore lo incoraggiamo a spiegare ai suoi compagni cosa ha fatto, cosa ha provato e cosa ha pensato. Anche se l’impaccio è evidente, tutti ascoltano con molta attenzione e alla fine scatta l’applauso. Una volta uno studente ha dichiarato senza grandi spiegazioni di non avere alcun interesse al dono del sangue, altri suoi compagni forse per reazione a questa arroganza hanno firmato subito il modulo di adesione.
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Il nuovo sito FIDAS
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ei prossimi giorni sarà online il nuovo sito della FIDAS, aggiornamento resosi necessario per offrire ai nostri visitatori la miglior esperienza possibile, nel rispetto degli standard qualitativi attuali. Il primo grande cambiamento visibile è la veste grafica del sito, riorganizzata in modo da avere un banner scorrevole iniziale, da dare maggiore risalto alle notizie istituzionali e un adeguato spazio a quelle relative alle Federate. Restano invariati gli spazi riservati alla sezione video e alla rivista, a cui si aggiunge quello dedicato alla nostra fotogallery su Flickr, dove è possibile reperire tutte la foto degli eventi nazionali. Se nel vecchio sito la sezione con gli aggiornamenti dei social network era appena accennata, ora invece è possibile avere immediatamente uno sguardo generale su quanto accade nei nostri principali canali social (Facebook, Twitter e il nuovo arrivato blog). Altro aggiornamento migliorativo è la nuova gestione delle categorie delle notizie: una nuova logica maggiormente comprensibile e incisiva in modo da ottenere due risultati: facilitare l’eventuale ricerca da parte dell’utente degli articoli pubblicati e in parte a migliorare la SEO (Search Engine Optimization) cioè tutte quelle azioni ed attività che permettono di comparire tra i primi risultati dei motori di ricerca.
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Ma qual è la grande novità di questa nuova versione? In gergo tecnico è stato effettuato un upgrade ad una versione web responsive. In altre parole tutti i contenuti presenti sul sito si adattano automaticamente alla grandezza della finestra di navigazione web: navigando a tutto schermo, il sito si estenderà fino a ricoprire tutto lo spazio a sua disposizione; rimpicciolendo la finestra, sempre in automatico, la struttura del sito si adatterà alle dimensioni desiderate o disponibili. A prima vista potrebbe sembrare un cambiamento di poco conto, in realtà è un passaggio fondamentale, soprattutto se andiamo ad analizzare il comportamento degli utenti italiani, i quali si connettono sempre più in maggior numero dai propri smartphone e tablet: un sito web responsive permette una lettura ottimale su qualsiasi dispositivo, che sia un pc fisso, un portatile, uno smartphone o un tablet, migliorando notevolmente l’esperienza utente. Secondo i dati Google (Our Mobile Planet - Italia - maggio 2013), il 70% degli utenti utilizza il proprio smartphone per la lettura di notizie online e la consultazione di siti web o blog, l’81% utilizza un social newtwork, fino ad arrivare ad un 92% di utenti che hanno cercato informazioni locali e l’84% che hanno intrapreso un’azione conseguente alla ricerca effettuata. Tutti questi dati ci aiutano a capire l’importanza di un sito web al passo con i tempi, soprattutto se vogliamo raggiungere il maggior numero di utenti potenziali donatori, alla luce di un traffico web che si è spostato dal pc da scrivania ai dispositivi portatili. Per fare un esempio, il vecchio sito FIDAS, non essendo responsive, risultava difficoltoso da visitare e da leggere in mobilità, creando disagio all’utente. ●
il 70% degli utenti utilizza il proprio smartphone per la lettura di notizie online e la consultazione di siti web o blog
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corso di formazione
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CONOSCERE PER AGIRE parte III
Corso di formazione per responsabili associativi
27-29 novembre
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La formazione secondo fidas di Pierfrancesco Cogliandro, Consigliere nazionale FIDAS
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rogettualità”, termine che il Presidente della FIDAS Aldo Ozino Caligaris ha richiamato durante il discorso di chiusura dell’ultimo corso di formazione per dirigenti associativi svoltosi a Roma dal 27 al 29 Novembre, è stato il filo conduttore dei corsi di formazione che si sono svolti negli ultimi quattro anni in seno alla FIDAS. Una visione condivisa dall’intero Consiglio Direttivo che ha visto e vissuto la “formazione” come ingrediente fondamentale per mettersi al servizio dell’altro con competenza e responsabilità. L’obiettivo che si è voluto perseguire è stato quello di creare un percorso formativo basato sulle istanze ed esigenze manifestate dalle Federate, coniugandole con i cambiamenti normativi, procedurali e comportamentali che alla luce del percorso di accreditamento si sarebbero dovuti attuare. Tutto ciò per creare un volontariato qualificato e competente quale parte attiva del sistema sangue. “Il volontariato Consapevole: valori e strumenti”, “Conoscere per agire” (che si sviluppato in tre anni consecutivi) e “Percorsi di autorizzazione ed accreditamento delle Unità di Raccolta” sono stati i corsi che hanno visto la partecipazione crescente di responsabili associativi provenienti dalle Federate di tutto il territorio nazionale. Costanti aggiornamenti scientifici con la presenza dei massimi esponenti del Centro Nazionale Sangue, visione associativa, leadership, comunicazione sociale, organizzazione di eventi, fund raising, questi alcuni tra i tanti temi trattati legati al mondo della vita associativa che hanno contribuito ad ottenere una partecipazione ricca di passione, di desiderio di fare, di mettersi in gioco, di imparare a donarsi. E’ emersa la sete di formazione con la consapevolezza che il ruolo delle Associazioni deve essere sempre più responsabile nei confronti di donatori e riceventi, contribuendo al requisito generale della qualità posta come obiettivo principale che deve essere tradotto in un concreto miglioramento del sistema trasfusionale italiano. Un’esigenza formativa ripagata anche dall’elevato livello professionale dei relatori che in questi anni hanno contribuito alla crescita dei volontari FIDAS. In qualità di consigliere delegato alla formazione, posso oggi affermare che dare vita a quella progettualità richiamata dal Presidente, è stata un’esperienza impegnativa e piena di responsabilità, ma che grazie al prezioso contributo dello staff della Sede Nazionale si è potuto realizzare sapientemente. Il Consiglio Direttivo della FIDAS ha creduto che l’investimento nel capitale umano, risorsa fondamentale e preziosa del volontariato, fosse la strada migliore da perseguire e i risultati fin qui ottenuti dimostrano che sarà certamente fruttuoso continuare in questa direzione. ●
Giancarlo Maria Liumbruno, neo direttore del Centro Nazionale Sangue, ha presentato le novità del Sistema Trasfusionale nazionale video
Veronica Barsotti, social media strategist e content manager, ha guidato i rappresentanti associativi nel mondo dei social network e nell’uso del blog video video
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corso di formazione
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Roberto Salvan
Perché proprio io? L’associazione, il volontario e l’importanza del people raising di Giorgio Marota
Il people raising è un’operazione complessa, ma fondamentale per la vita di un’associazione
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mmaginate la vostra associazione, o quella di cui fate parte, come una casa. Un ambiente in cui vivere, un posto nel quale chiunque vi entri trovi pulizia, ordine e accoglienza. Solo così i vostri ospiti ci passeranno in maniera piacevole del tempo e magari a loro volta si impegneranno per renderla ancora più bella. Questa è la riflessione che ha introdotto l’intervento di Roberto Salvan, consulente strategico per il noprofit, al corso di formazione FIDAS dal titolo “People Raising: l’arte di sapere motivare e mobilitare”. Un’associazione è un gruppo di persone legate da un interesse comune ma, senza coin-
volgimento di nuovi volontari nel progetto, non è destinata a sopravvivere nel tempo. Cosa vuol dire quindi fare people raising? Banalmente tradotto come “incrementare, far crescere le persone”, in realtà si basa più specificatamente sul selezionare, motivare, impiegare e, poi, mantenere i volontari. Un’operazione complessa, ma fondamentale per la vita di un’associazione. Il primo passo è quello di “guardarsi dentro”, ossia: mettere in ordine la propria casa. Si può fare attraverso un’analisi SWOT, definendo i punti di forza (Strenghts), di debolezza (Weakness), le opportunità (Opportunities) e le minacce (Threats). Per poi
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passare alla conoscenza di quanto serve per crescere, cosa possiamo offrire agli altri, quali canali possiamo utilizzare e come rendere il processo trasparente e attraente. “E’ inutile fare people raising – spiega Roberto Salvan se poi non siamo in grado di predisporre una buona offerta”. La comunicazione anche in questo caso è fondamentale: un buon messaggio è sempre semplice, chiaro, diretto ed esaustivo. Un’associazione non può non vivere di comunicazione, raccontando all’esterno progetti ed attività svolte. Gli strumenti per farlo sono molti: dal contatto diretto al volantino, passando per la mail, il sito internet, i social network e tutti gli strumenti della comunicazione digitale. Per raggiungere l’efficacia, questo pacchetto va presentato in maniera omogenea: è la carta d’identità dell’associazione, ciò che la rende riconoscibile rispetto agli altri. Per la raccolta del sangue, ecco il suggerimento di Salvan: “Eliminate il senso di gravità e immettete positività. State facendo qualcosa per gli altri, create comunità, mostrate normalità e bellezza. La gente è stanca delle notizie negative, mostrate la piacevolezza dello star bene insieme”. L’importante è rimanere a stretto contatto con la realtà: i donatori sono persone normali, non supereroi e la mitizzazione non fa altro che allontanare il volontariato dal quotidiano. Messa in ordine la propria casa, si può andare sul mercato (e quindi incontro ai possibili nuovi volontari) selezionando il pubblico, ma sapendo sempre verso chi tendere la proposta. Dall’altra parte ci sarà qualcuno che ha bisogno di risposte, che magari è predisposto ad aiutare, ma non ha gli strumenti per farlo. L’associazione sarà la sua cassetta degli attrezzi. Con i volontari va stretto un patto, un accordo che permetta loro di prendersi carico di un impegno serio e costante, che sia di un’ora a settimana o al giorno. Per questo prima di far entrare nell’associazione nuove persone è utile selezionarle attraverso un colloquio di accoglienza. “Abbiamo bisogno di tutti – ricorda Salvan – abbiamo bisogno di essere sem-
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Nella presentazione della donazione del sangue l’importante è rimanere a stretto contatto con la realtà: i donatori sono persone normali, non supereroi e la mitizzazione non fa altro che allontanare il volontariato dal quotidiano
pre accoglienti e mai escludenti, ma anche di fare corrispondere i profili delle persone che abbiamo di fronte con quanto effettivamente ci serve”. Perché proprio io? Si chiederà il volontario. Perché non un altro? All’associazione l’onere e l’onore di riempire di senso una domanda che ogni giorno echeggia nella mente di 5 milioni di persone nel nostro Paese. Come fece Gesù con Matteo quando gli chiese di lasciare tutto e di seguirlo per diventare suo apostolo. Secondo Salvan “impegnarsi per il prossimo è sempre un atto d’amore, con competenza e sensibilità”. Fare il volontario è questione di cuore e la generosità oltre ad essere attratta, selezionata, impiegata e mantenuta, va anche motivata. Raccontando la bellezza del donarsi e del prendersi cura degli altri. ●
video Intervento di Roberto Salvan
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Elisabetta Gazzola
Fundraising: creare relazioni mettendo al centro le persone di Giulia Angelucci e Giorgio Marota
Il vero segreto della raccolta fondi sono la costanza, la professionalità e la cura nel mantenere un contatto diretto con i benefattori
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l fundraising è la nobile arte di insegnare alle persone la gioia di donare”. La citazione di Henry Rosso, padre della Fundraising School dell’Indiana State University, è stata rilanciata da Elisabetta Gazzola, consulente fundraising, durante il corso di formazione FIDAS. Ma cosa indica questo termine e come è possibile applicarlo nella quotidianità? Tradotto dall’inglese significa semplicemente “raccogliere ed aumentare il fondo”, ma può spiegarsi come la capacità di costruire nel tempo delle relazioni per creare flussi di risorse. Ed è proprio la relazione il principio che sta alla base del fundraising. A differenza del mercato privato, dove esiste uno scambio equivalente
di beni, e del mercato pubblico, dove vige la redistribuzione, nella raccolta fondi è il principio di reciprocità a prevalere ed è il bene metaeconomico ad essere valorizzato. In un momento di crisi il vero segreto della raccolta fondi sono la costanza, la professionalità e la cura nel mantenere un contatto diretto con i benefattori. E’ quello che vuole il donatore: un rapporto alla cui base ci siano la memoria e la fiducia. Memoria, perché anche un suo piccolo gesto merita considerazione e ricordo; fiducia, perché mettendolo al centro del nostro progetto, si può instaurare un legame duraturo nel tempo. Ne seguirà gratitudine, amicizia e fidelizzazione, passando da un primo interesse (fase di identificazione) al rinnovo dell’impe-
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Il fundraising è un’attività che mira a raggiungere più persone possibile, ripetutamente nel tempo e con una proposta mirata per ogni singolo target. gno, fino al coinvolgimento totale nelle iniziative future. Più le associazioni saranno brave a dimostrare con i fatti di meritare la fiducia, più il coinvolgimento sarà alto e porterà verso i grandi investimenti, assumendo magari i contorni di eredità e lasciti. Ma quanto donano gli italiani? Elisabetta Gazzola riporta un dato pubblicato da Vita, testata leader nell’informazione sul Terzo Settore: nel 2015 sono stati donati 11,5 miliardi di euro, di cui 30 milioni via sms, 380 con il 5permille (dalle prime 20 Organizzazioni No Profit) e 150 milioni dal sostegno a distanza. Ogni cittadino invece contribuisce con una cifra che si aggira intorno ai 116 euro, dato al di sotto della media europea e mondiale: ogni inglese dona infatti 220 euro ogni dodici mesi e ogni americano 750. La causa più sentita (fonte Eurisco «Italiani e Solidarietà 2014») è la ricerca medico-scientifica (32%), davanti agli aiuti ai bisognosi (18%), quelli per il sottosviluppo nei paesi poveri, (17%) le emergenze umanitarie (17%), la protezione degli animali (15%) e gli aiuti per l’assistenza ai malati (15%). In un panorama così vasto, tra più di venti tecniche diverse di raccolta fondi sono sicuramente degne di nota la sponsorizzazione, lo storytelling (l’importanza di raccontare storie), l’uso di un testimonial e gli investimenti sul proprio marchio, creando attorno ad esso dei valori che arrivino direttamente al cuore del donatore. Le associazioni quindi possono imparare molto dalle modalità comunicative di aziende e multinazionali: “Sfatiamo un altro mito – spiega la Gazzola – quello dell’incompatibilità tra il mondo della pubblicità e il no profit” Il fundraising rimane, comunque, un’attività che mira a raggiungere più persone possibile, ripetutamente nel tempo e con una proposta
mirata per ogni singolo target. Per valutare quindi la diversa aspettativa di ogni benefattore bisogna considerare le 3 tipologie di donatori. Il donatore caritatevole, legato a matrici cristiane o più in generale religiose, quello razionale, che predilige contribuire a ricerche medico-scientifiche e quello emergenziale, richiamato dai disastri umanitari. “Ricordatevi sempre che le persone donano ad altre persone, non a organizzazioni: il fundraising è un affare che riguarda le persone”, sottolinea Elisabetta Gazzola, rifacendosi a studi psicologici che spiegano come, prima ancora della logica razionale, l’uomo sia motivato ad agire soprattutto dalla parte istintiva ed emotiva del nostro cervello. “Donare è qualcosa di emotivo, forte e immediato - spiega ancora la consulente – quindi chi dona vuole sapere tutto delle vostre associazioni”. Specificando la mission, la visione e gli obiettivi, verrà poi più naturale una informazione onesta e di qualità, precisa e periodica che racconti le attività e mostri con trasparenza come si utilizzano i soldi. Nella comunicazione bisogna investire, ce lo dicono le grandi organizzazioni no profit che spendono in questo ambito il 10 % dei fondi disponibili, affidandosi a degli esperti del settore. In Italia poi, più della metà delle donazioni arrivano alle associazioni locali, un chiaro messaggio anche per gli associati FIDAS: bisogna insistere sul territorio, rendendo le persone partecipi di attività concrete. Per questo l’attività di raccolta fondi è una sfida: si parte da una base e si cerca di farla crescere, facendo in modo che i donatori rimangano “attaccati” alla realtà associativa e si identifichino sempre di più con la sua anima. Le associazioni devono farsi trovare pronte: il percorso di crescita si costruisce insieme alle persone. ●
video Intervento di Elisabetta Gazzola al Corso di formazione “Conoscere per agire – Parte III” (I parte) (II parte)
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Cristiano Lena
Il lavoro dell’ufficio stampa non può essere improvvisato di Giulia Angelucci
L’attività dell’ufficio stampa può essere definita una “comunicazione con il timbro”
L
’intervento dal sapore tecnico che ha chiuso questa III edizione del Corso di formazione Conoscere per agire è stato quello di Cristiano Lena, responsabile comunicazione FIDAS nazionale. Attraverso le “Linee guida per l’ufficio stampa” ha fornito alcuni strumenti necessari per una corretta comunicazione verso l’esterno, rivolgendo anche un invito ai rappresentanti delle Associazioni federate a considerare la loro eterogeneità e a creare sinergia tra loro. Un buon ufficio stampa deve basarsi soprattutto sulla formazione dei suoi referenti coinvolgendo gli esperti del settore affinché quei volontari, che mettono a disposizione il proprio tempo per questa attività, acquisiscano le
competenze necessarie per “comunicare bene” il bene che l’associazione compie. L’attività dell’ufficio stampa può essere definita, con le parole di Vieri Poggiali1, come una comunicazione con il timbro, autentica, legittima ed ufficiale che sia la voce dell’associazione, dell’attività dei suoi volontari, dei risultati ottenuti. Come ricordato anche nell’intervento di Elisabetta Gazzola, per un risultato efficace nell’attività comunicativa è essenziale la pianificazione. Quella che Cristiano Lena sintetizza nell’espressione day by day desk, ovvero un planning di lavoro da organizzare a monte, partendo dagli eventi fissi dell’associazione, ma non trascurando che ogni realtà del no profit
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Nella comunicazione delle nostre attività è bene evitare ogni forma di autoreferenzialità. Se un’associazione lavora bene, allora che siano gli altri a dirlo fa parte di una rete più ampia dalla quale non si può prescindere. Il responsabile dell’ufficio stampa di una OdV deve prepararsi in anticipo e aggiornare il materiale sulla storia, la vita, la mission dell’associazione per avere a disposizione quei dati che occorrono per rispondere alle possibili richieste dei media e per anticipare quanto potrebbe richiedere un professionista del settore. Le informazioni vanno fornite con una certa regolarità mantenendo vivi i contatti con la stampa, le testate on line, le tv e le radio locali, perché il lavoro delle associazioni non si consuma con un evento all’anno, ma richiede un’attività quotidiana che va comunicata costantemente. Sempre sul giocare d’anticipo Cristiano Lena invita a preparare una mailing list per la comunicazione esterna, curando i rapporti con le diverse testate: un buon ufficio stampa è chiamato a veicolare l’attività dell’associazione conquistando nel tempo la fiducia del mondo dell’informazione. E rifuggendo, inoltre, dall’autoreferenzialità che rischia di vanificare tanto lavoro svolto dai volontari. Insomma, se un’associazione lavora bene, che siano gli altri a dirlo. L’altro tema proposto dal responsabile della comunicazione è stato relativo alla scrittura di comunicato stampa, per il quale è fondamentale, che si seguano delle regole. Si tratta di un documento complesso da preparare, in cui è da evitare la tanto amata retorica ed è consigliata una scrittura asciutta. E qui esempi di cosa fare e cosa non fare, partendo da esempi più o meno recenti che hanno interessato il sistema sangue nazionale; con un fil rouge: la semplicità. Un lavoro, quello dell’ufficio stampa, che spesso viene etichettato come meccanico ma che in realtà, se ben fatto, è una valida finestra di contatto con il mondo dei media. ●
È necessario seguire regole ben precise per la stesura di un buon comunicato stampa dove è meglio evitare la retorica e preferire una scrittura essenziale
1. Vieri Poggiali, Uffici Stampa. Dottrina e tecnica della comunicazione “timbrata” di aziende, enti, istituzioni, Centro di Documentazione Giornalistica, 2010.
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giornalismo sociale
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PREMIO GIORNALISTICO NAZIONALE “FIDAS-Isabella Sturvi” VI EDIZIONE 2016 La FIDAS (Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue) indice la sesta edizione del Premio Giornalistico nazionale “FIDAS-Isabella Sturvi” riservato ai giornalisti professionisti, praticanti e pubblicisti.
con il patrocinio di:
1. Il Premio è finalizzato alla promozione dell’impegno del giornalismo sociale, alla valorizzazione del grande patrimonio costituito dalle numerose associazioni del territorio impegnate nel volontariato, all’educazione e sensibilizzazione dei giovani verso l’impegno sociale e civile, nonché al ricordo della dottoressa Isabella Sturvi, già responsabile dell’ufficio VIII, “Sangue e trapianti”, presso la Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute. 2. Il Premio “FIDAS-Isabella Sturvi” si propone di: divulgare, sensibilizzare e promuovere la cultura della donazione del sangue; segnalare all’attenzione della pubblica opinione quei giornalisti e quelle trasmissioni televisive, radiofoniche o su web che si siano distinti per completezza e correttezza di informazione; mantenere alta l'attenzione dei cittadini sul tema della donazione del sangue, attraverso un’azione capillare e permanente di sensibilizzazione e di informazione. 3. Il Premio è diviso in due sezioni: Sezione stampa e web: articoli o inchieste scritte pubblicati su quotidiani, periodici, agenzie di stampa o su internet (su siti o web tv regolarmente registrati come testate giornalistiche). Sezione video e radio: servizi o inchieste audio o video trasmessi da radio, tv o pubblicati su internet (su siti o web tv regolarmente registrati come testate giornalistiche). All’Autore dell’articolo/inchiesta primo classificato in ogni sezione sarà assegnato il Premio Premio “FIDAS-Isabella Sturvi” del valore di euro 1.000,00 (mille/00). Si potranno attribuire altre menzioni. 4. Gli articoli, i servizi e le inchieste dovranno riguardare aspetti relativi la donazione del sangue o l’informazione su sangue ed emocomponenti e dovranno risultare pubblicati, radiotrasmessi o teletrasmessi, messi on line nel periodo compreso tra il 16 marzo 2015 e il 20 marzo 2016. 5. I giornalisti che intendono partecipare al Premio dovranno far pervenire i lavori, in numero massimo di 2 per ciascun partecipante, entro il 2 aprile 2016. Le candidature possono essere redatte su carta semplice ed indirizzate con raccomandata A/R a FIDAS Nazionale, Piazza Margana 19, 00186 Roma, inviate via fax al numero 06/68217350 o via mail alla casella di posta elettronica fidas@fidas. it con oggetto “Premio FIDAS-Isabella Sturvi - VI edizione” e devono contenere: • il curriculum vitae del candidato, corredato di nome, cognome, data di nascita, nazionalità, indirizzo, recapito telefonico ed email; • il numero della tessera professionale e Albo di appartenenza • il servizio e l’indicazione della pubblicazione o della messa in onda; • copia del servizio candidato (per servizi video e audio si richiede di inviare copia digitale su CD o DVD o il file del servizio); • la sezione del Premio cui si intende partecipare. 6. I candidati sollevano i promotori del Premio e la Giuria da qualsiasi responsabilità derivante dalle opere giornalistiche presentate, dalla loro originalità, dalla violazione dei diritti d’autore e delle riproduzioni. 7. La valutazione dei lavori presentati è demandata alla giuria del Premio la cui composizione verrà comunicata da FIDAS dopo il 2 aprile 2016. 8. Entro il 15 aprile 2016, la Giuria, con giudizio insindacabile, selezionerà i servizi giornalistici più rispondenti ai motivi ed agli obiettivi del Premio. Ne sarà data comunicazione sul sito www.fidas.it. 9. La premiazione avverrà in concomitanza con il 55° Congresso nazionale FIDAS che si svolgerà a Grado venerdì 22 aprile 2016. I vincitori del Premio Premio “FIDAS-Isabella Sturvi” dovranno essere personalmente presenti alla cerimonia di premiazione. 10. L’assegnazione del Premio verrà resa pubblica mediante comunicato stampa, invio newsletter informativa FIDAS e sul sito Internet www.fidas.it Tutto il materiale pervenuto resterà di esclusiva proprietà di FIDAS la quale potrà utilizzarlo per i propri scopi promozionali e divulgativi. 11. La partecipazione al Premio implica automaticamente l’accettazione del presente bando. 12. Ai sensi del D.Lgs.196/2003 e successive modifiche i dati forniti dai candidati verranno utilizzati esclusivamente ai fini della partecipazione al premio ed alle iniziative collegate. Per informazioni ci si può rivolgere alla Segreteria organizzativa del Premio “FIDAS-Isabella Sturvi” presso la Sede operativa FIDAS (email: fidas@fidas.it – tel. 06/68891457).
eventi
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GIUBILEO 20 FEBBRAIO 2016
SPECIALE GIUBILEO a cura di Cristiano Lena
Sabato 20 febbraio i donatori di sangue d’Italia si daranno appuntamento a Piazza San Pietro per l’incontro con papa Francesco. Nel calendario del Giubileo della Misericordia, anche chi compie il gesto volontario, anonimo e gratuito della donazione del sangue vuole essere presente per celebrare un appuntamento importante non solo per il mondo cristiano, ma che acquista un significato fondamentale superando ogni possibile barriera e divisione. Ma che cos’è il Giubileo? Proviamo a scoprirne il significato e la storia nel corso dei secoli.
L
’icona più adatta per rappresentare il cristianesimo è l’uomo in cammino. Infatti ogni cristiano nella propria di vita di fede è chiamato a percorrere un cammino di conversione personale che lo porti a vivere dell’amore di Dio rinunciando all’amore per le cose del mondo; la comunità cristiana dal canto suo percorre un proprio cammino collettivo acquisendo la consapevolezza di essere testimone della risurrezione di Cristo ed infine la Chiesa, “santa e peccatrice” come ricorda la stessa liturgia, traccia il proprio cammino tesa alla realizzazione del Regno sulla terra. E il cristianesimo è il cammino che si intreccia con il viaggio di ogni uomo. Oltre alla tensione spirituale c’è anche la tensione di un viaggio fisico che ha trovato la sua espressione più completa nel pellegrinag-
gio; un cammino che il cristianesimo ha ereditato dal giudaismo, passando attraverso consuetudini greche e romane che proponevano in diverse forme il proprio viaggio devozionale. E l’elemento che ha contraddistinto il giubileo del mondo cristiano è proprio il viaggio, intrapreso per esaudire il proprio bisogno di ricerca di Dio o per soddisfare una richiesta di perdono. Così i fedeli nel corso dei secoli hanno affrontato viaggi diretti in varie località d’Italia, d’Europa e non solo. Se infatti il viaggio in Terrasanta restava un privilegio per pochi e con la conquista musulmana dei luoghi della cristianità le mete cominciarono a diversificarsi. Si assiste quindi al moltiplicarsi di località destinate a raccogliere le preghiere e le offerte dei pellegrini quali Santiago de Compostela nella
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penisola iberica, il santuario di San Michele Arcangelo sul Gargano, quello di San Nicola a Bari, San Martino a Tours: si tratta di luoghi che acquistavano valore per la presenza delle reliquie degli apostoli, oppure perché avevano accolto la predicazione di santi e il sangue dei martiri. Roma, centro della cristianità per la presenza del successore di Pietro, divenne la nuova Gerusalemme dove si veneravano le numerose reliquie di Cristo fatte trasportare dalla vecchia Gerusalemme nel IV secolo grazie all’assidua opera dell’imperatrice Elena. E sempre a Roma si poteva pregare sulle tombe degli apostoli e dei martiri. Con il passare del tempo la visita alla città del papa fu associata all’idea di una speciale elargizione di grazia e si sviluppò il concetto di indulgenza. La convinzione di poter ricevere la remissione completa dei propri peccati si associò ad alcuni particolari momenti della vita della Chiesa. Oltre a ciò, a partire dal 1300, i pontefici fissarono alcuni momenti straordinari, i giubilei appunto, per l’elargizione delle indulgenze. A partire dall’XI secolo si incrementò notevolmente il numero di coloro che affrontavano lunghi viaggi per ottenere la remissione dei peccati. Il pellegrinaggio in questa dimensione penitenziale era infatti considerato un’azione meritoria che poteva produrre la cancellazione delle proprie colpe, un gesto fruttuoso per la salvezza della propria anima, tanto più se comportava rischi e pericoli. Durante le settimane di cammino, necessarie per raggiungere la propria destinazione, si era esposti alle minacce atmosferiche, alla difficoltà dei percorsi e spesso alle aggressioni di ladri e malfattori. Quando l’8 dicembre scorso Papa Francesco ha presieduto la cerimonia di apertura del Giubileo della Misericordia, ha perpetuato una tradizione iniziata oltre settecento anni fa. Bonifacio VIII, al secolo Benedetto Caetani, nel febbraio del 1300 aveva stabilito che allo scadere di ogni anno centesimo i cristiani in pellegrinaggio a Roma avrebbero potuto ricevere l’indulgenza plenaria. In seguito fu realizzazione dei successori sulla cattedra di Pietro la riduzione del periodo di attesa dell’anno giubilare dai cento, ai cinquanta, ai trentatre e infine ai venticinque anni. In questo modo, tenendo conto anche dei giubilei straordinari indetti in particolare nell’ultimo secolo (nel 1966 e nel 1983), quello appena iniziato risulta essere il 30mo Giubileo proclamato dalla Chiesa di Roma. ●
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Bonifacio VIII indice il giubileo del 1300 (Giotto - frammento di affresco)
Il primo giubileo
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1. Franco Cardini, Quel primo Giubileo voluto dal popolo, in “Prospettive nel mondo”, 82 (aprile-anno VIII), pp. 29-40.
lla fine del 1299 un gran numero di pellegrini si era recato a Roma “da oriente e da occidente, uomini e donne in grandissima quantità” come ripotano le cronache del tempo chiedendo a papa Bonifacio di elargire l’indulgenza in quanto avevano sentito che qualunque cristiano visitasse i corpi dei beati Pietro e Paolo nell’anno centesimo sarebbe stato liberato da ogni colpa commessa e dalla relativa pena. Lo stesso Bonifacio VIII, ignaro della richiesta, si prodigò per cercare le testimonianze sui precendenti anni centesimi, ma non trovò alcun rito istituzionale compiuto dai suoi predecessori nell’elargire indulgenze, almeno nel 1100 e nel 1200. Ma l’incredibile presenza di pellegrini che il papa riscontrò a Roma in occasione del Natale del 1299, lo spinse a prendere in considerazione l’avvenimento e ad approvare quel primo giubileo “voluto dal popolo”1. Una folla di pellegrini attendeva presso la tomba del principe degli Apostoli nell’attesa del perdono dei peccati in corrispondenza del tredicesimo centenario della nascita di Cristo. Una data simbolica che chiaramente si innestò su un’ormai secolare tensione religiosa espressione della quale erano i continui pellegrinaggi, le crociate, il desiderio di indulgenze spirituali, il culto delle reliquie e le profezie relative all’avvento dell’Anticristo. Bonifacio VIII seppe sfruttare questa situazione presentandosi come il protagonista del giubileo: con la bolla Antiquorum habet, datata 22 febbraio 1300, espresse il desiderio di concentrare l’attenzione dei fedeli sul ricordo del primo papa e indirizzare la devozione verso la tomba di colui al quale Cristo aveva dato le chiavi del Regno dei Cieli e il potere di aprirne e chiudere le porte, ossia di rimettere i peccati.●
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Itinerarium sanguinis: il dono del sangue tra arte e storia di Carlo Maccanti, docente di arte sacra e iconografia cristiana, Facoltà di Scienze Religiose “Santa Caterina” - Siena
http://archeoroma.beniculturali.it/sitiarcheologici/colosseo
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l gesto della donazione del sangue è un fenomeno che testimonia la maturità civica di un popolo. Le varie associazioni di donatori presenti nel mondo testimoniano la laica multiformità di un impegno che non attinge necessariamente il proprio impulso da matrici confessionali. D’altronde, il retroterra cristiano riscontrabile in molte realtà italiane di donatori, associati e non, conferma come le motivazioni religiose rappresentino comunque una consistente presenza tra coloro che scelgono di donare. È inevitabile, per chi risente di una formazione cristiana, associare il concetto di “dono del sangue” a una storia che, da Gesù Cristo fino agli odierni martiri missionari, ha accompagnato il cammino della fede lungo scie tracciate con l’offerta del proprio sangue. Il dono gratuito, l’oblazione per l’altro, chiunque esso sia, la partecipazione generosa e disinteressata e l’attenzione alla difesa della vita di ogni uomo, sono sentimenti comuni ad ogni professione religiosa nelle sue espressioni più pure e sincere. Nella tradizione cristiana, tuttavia, queste hanno risonanze che assumono, in maniera più esplicita e diretta, il colore del sangue. Le storie dei santi martiri hanno condizionato non poco la sensibilità collettiva, ma è sicuramente la narrazione figurativa quella che ha permesso il diffondersi e tramandarsi della tradizione orale e delle devozioni. La storia dell’arte italiana pullula di tavole e tele, statue e vetrate, mosaici e affreschi che narrano ai vari livelli culturali del popolo cristiano nel corso della storia, non solo la vita e i miracoli dei santi, ma anche la loro morte, spesso cruenta, offerta agli osservatori secondo le categorie dell’atto eroico e dell’identificazione col sacrificio oblativo del Cristo. Non è quindi bizzarro ipotizzare una sorta di “itinerario del sangue” all’inizio di questo Anno Giubilare. Nel flusso di pellegrini che raggiungerà Roma nei prossimi mesi, vi saranno sicuramente numerosi volontari che potranno trovare nel cammino di fede, tracciato col sangue all’interno dell’Urbe e nei dintorni, una valida ragione in più per motivare le proprie scelte di donazione. Sembrerebbe scontato iniziare il nostro itinerario dall’Anfiteatro Flavio, universalmente conosciuto come Colosseo, a causa della tradizione che lo vedrebbe legato al martirio di tanti cristiani sotto le persecuzioni degli imperatori dell’antica Roma. Gli studi storici ci dicono, tuttavia, che l’enorme edificio - iniziato dall’imperatore Vespasiano nel 72 d.C. e inaugurato dal figlio Tito nell’80 – probabilmente non fu mai teatro di tali esecuzioni a sfondo religioso.
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www.romasegreta.it/parione/piazzanavona.html
www.pantheonroma.com/it/
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Più probabile invece collocare presso piazza Navona (anticamente “in agone”) il luogo di un antico martirio. La tradizione cristiana, fin dal primo medioevo, colloca proprio nell’area adiacente alla piazza, che un tempo fu stadio di Domiziano, il martirio di S. Agnese, la giovane vergine del III secolo i cui resti sono venerati nell’omonima basilica di S. Agnese in Agone, gioiello di Francesco Borromini che contribuisce a realizzare, assieme alla fontana dei quattro fiumi di Bernini e alle fontane meno note di Iacopo della Porta e di Giorgio Zappalà, il grandioso spettacolo scultoreo-architettonico di questo grande spazio urbano. Poco distante da piazza Navona, in San Luigi dei Francesi, è di scena il Caravaggio. Nella cappella Contarelli, l’ultima sulla destra all’interno della chiesa che sorge nell’omonima piazza, il grande interprete del ‘600 romano dai forti contrasti tra luci ed ombre, realizza tre tele in onore di s. Matteo, le quali, partendo da quella più famosa relativa alla vocazione del santo, culminano con la rappresentazione del suo martirio, in una delle scene più convulse e drammatiche della storia della pittura italiana. A pochi passi dalla chiesa di S. Luigi si può visitare il Pantheon. Il maestoso tempio, edificato nel 27 a.C per volere di Marco Vipsanio Agrippa in favore del suocero e futuro imperatore Augusto, fu poi fatto ricostruire nel II sec. d.C. da Apollodoro di Damasco sotto l’imperatore Adriano, che volle dedicarlo al culto della totalità degli dèi (da cui il nome Pantheon). Forse non tutti sanno che, in seguito alla “cristianizzazione” degli edifici pagani della Roma imperiale, il monumento venne convertito in basilica alla fine del VI sec. e consacrato, col titolo di S. Maria ad Martyres, al culto di coloro che versarono il loro sangue per la fede cristiana, proprio per non aver accettato di adorare quelle divinità celebrate nell’edificio. Proseguendo lungo Corso Vittorio Emanuele si arriva al Tevere e qui troviamo il ponte sant’Angelo, il più antico passaggio sul fiume per i pellegrini che si recavano alla Basilica Va-
www.tesoridiroma. net/chiese_ rinascimento/san_ luigi_francesi.html
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www.italianways. com/il-ponte-degliangeli-a-roma
ticana. Il ponte Elio, conosciuto come Sant’Angelo fin dal medioevo, a motivo del vicino Castello, fu fatto costruire dall’imperatore Adriano tra il 133 e il 134 d.C. per collegare la sponda sinistra del Tevere con il suo mausoleo. La sua fama attuale è però dovuta alle dieci statue di angeli che lo adornano fin dal XVII secolo. Sono gli angeli della passione di Gesù, il primo e fondamentale martire della fede cristiana, ciascuno dei quali reca uno dei segni del supplizio del Figlio di Dio, così come ce lo hanno tramandato i Vangeli e la tradizione. Nel 1667 il committente papa Clemente IX affidò a Gianlorenzo Bernini l’incarico di realizzare una Via Dolorosa che predisponesse l’animo dei pellegrini nell’avvicinarsi alla tomba di S. Pietro. Per questa via crucis di cui gli angeli sono le stazioni, Bernini realizzò personalmente due delle dieci sculture: l’angelo col cartiglio e quello con la corona di spine, mentre affidò le altre otto a suoi collaboratori. Ben presto queste due statue vennero rimosse, per esser meglio conservate ai lati dell’altar maggiore della chiesa di S. Andrea delle Fratte, nei pressi di Piazza di Spagna, mentre sul ponte degli angeli, accanto agli altri otto originali, furono collocate due copie. Una volta attraversato il Tevere e dando per imprescindibile la sosta alla Basilica di S. Pietro, c’è un’altra tappa che non può essere trascurata per concludere il percorso di chi vuole coniugare la simbologia del sangue donato con le più significative testimonianze artistiche dell’Urbe. Nel rione Trastevere, la basilica di S. Cecilia accoglie le spoglie della fanciulla che nel III secolo fu decapitata per aver dato sepoltura ai cristiani. Tra i mosaici voluti da Pasquale I nel IX secolo e gli affreschi commissionati a Pietro Cavallini nel ‘300, sotto l’altar maggiore protetto dal ciborio di Arnolfo di Cambio, si trova il sepolcro della santa, impreziosito dalla bella statua prebarocca di Stefano Maderno che ritrae il momento in cui Cecilia morente continua a testimoniare la sua fede nel Dio trino e uno (il tre e l’uno indicati dalle dita delle mani). Ma quello che colpisce fino a commuovere è l’eleganza con cui Maderno sa interpretare la crudeltà del supplizio sul corpo della santa, dal cui collo semistaccato si può cogliere visivamente il dono del sangue. Candide gocce scolpite nel marmo. ●
www.ilquintocielo.it/Doc/Basilica%20 di%20S%20Cecilia%20.pdf
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