SalutePiù - Novembre/Dicembre 2012

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ISCHEMIA CEREBRALE OLIO DI OLIVA E SALUTE

Castello Savelli di Palombara S. Chiesa di San Paolo a Poggio Mirteto MODELLO SANITÀ

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TERME DI CRETONE Sommario

Cure Termali da Marzo al 30 Novembre da Maggio a Settembre

Cure

Inalatorie - Doccia nasale Insufflazioni - Irrigazioni Fanghi - Idroterapia

Centro benessere Estetica Saune - Idromassaggio

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Ischemia cerebrale; un rischio che si può prevenire

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Il punto di vista del Cardiologo: ICTUS e CARDIOPATIA due facce della stessa medaglia

Piscine

Chiusura del centro benessere il 30 Novembre 2012 Riapertura il 1 Marzo 2013

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Ictus cerebrale: i consigli del Medico Nutrizionista

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Quando rivolgersi al Proctologo?

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Tumori del Colon Retto

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Maculopatia senile

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Acceleriamo la guarigione e riduciamo

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i dolori grazie ai “fattori di crescita” 20

Le irregolarità mestruali dell’adolescenza

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L’olio di oliva e la salute in tutte le età

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Farfa antico

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Modello Sanità - Interviste: Antonio Catania, Sindaco di Montelibretti Gabriele Penitenti, Presidente della Rete SANARES

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Chiesa di San Paolo - Poggio Mirteto

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Castello Savelli - Palombara Sabina

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Speciale maternità

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SALUTE PIÙ - BENESSERE CULTURA COSTUME Anno III - Num. 16 - Novembre/Dicembre 2012

Direttore Responsabile Fabrizio Sciarretta Segreteria di Redazione Filippa Valenti valenti@laboratorionomentano.it T 06 90625576 Art director e impaginazione Alessia Gerli Editore Laboratorio Clinico Nomentano Srl Via dello Stadio 1 00015 Monterotondo (RM) Iscritto al registro della stampa e dei periodici del Tribunale di Tivoli n. 97/2009 Stampa Graffietti Stampati S.n.c. S.S. Umbro Casentinese km.4.500 01027 Montefiascone (VT) Per la pubblicità su questa rivista rivolgersi a: GERLI COMUNICAZIONE a-gerli@libero.it T 338 5666568

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Fabrizio Sciarretta Direttore Responsabile

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MACULOPATIA SENILE Dott. ALDO CANZIO

Il Dr. Aldo Canzio si è laureato in Medicina e Chirurgia e si è specializzato in OCULISTICA presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università “LA SAPIENZA” di Roma. E’ Dirigente Medico di I Livello presso l’Ospedale San Giovanni Addolorata di Roma dove svolge la sua attività professionale e dove è il responsabile della sezione di diagnostica retinica con l’O.C.T.

ACCELERIAMO LA GUARIGIONE E RIDUCIAMO I DOLORI GRAZIE AI “FATTORI DI CRESCITA” Dott. FABIO SCIARRETTA

Il Dott. Fabio Sciarretta è specializzato in Ortopedia e Traumatologia presso l’Università di Roma “La Sapienza”. Chirurgo ortopedico, ha prestato servizio in qualità di dirigente sanitario presso l’Ospedale San Giovanni Battista di Roma, presso il Reparto di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale Civile di Velletri e presso l’Ospedale Israelitico di Roma. Svolge attualmente la sua attività professionale presso diverse case di cura romane. E’ stato relatore in oltre 40 congressi nazionali ed internazionali ed ha al suo attivo 38 pubblicazioni.

LE IRREGOLARITA MESTRUALI NELL’ADOLESCENZA Dott.ssa ANTONELLA CARNEVALE

La Dr.ssa Antonella Carnevale, si è laureata in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli studi di Roma “La Sapienza”, e successivamente si è specializzata in Ginecologia ed Ostetricia nel medesimo ateneo con il massimo dei voti. Esercita la sua attività presso diverse case di cura ed ambulatori specialistici della Capitale nonché nell’ambito del Servizio di Radiologia del Poliambulatorio Specialistico Nomentano per quanto attiene l’ecografia ginecologia ed ostetrica.

ISCHEMIA CEREBRALE UN RISCHIO CHE SI PUÒ PREVENIRE Dott. MARCO DECUZZI

Il Dr. Marco Decuzzi, si è laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli studi di Bari, e successivamente si è specializzato in Medicina Nucleare. Ufficiale Medico dell’Esercito, assistente di reparto di chirurgia vascolare presso il Policlinico Militare di Roma “Celio”, ha conseguito il diploma nazionale di ecografia clinica Siumb (Società Italiana di Ecografia in Medicina e Biologia), ed ha frequentato il corso specialistico di EcocolorDoppler Siumb, il corso di ecografia di medicina di base Siumb, e si è perfezionato in dietetica e dietoterapia presso l’Università degli Studi di Padova. Ha al suo attivo 40 pubblicazioni in riviste nazionali ed internazionali su argomenti di ecografica clinica e diverse presentazioni sui medesimi temi in congressi nazionali ed internazionali.

ICTUS E CARDIOPATIE DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA Dott. ANTONIO SAPONARO

Il Dr. Antonio Saponaro è laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Roma “Tor Vergata” e specializzazato in Cardiologia presso la seconda Facoltà di Medicina dell’Università “Sapienza” di Roma. E’ in servizio presso il reparto di cardiologia del Policlinico Militare “Celio”. Svolge la sua attività professionale presso il Poliambulatorio Specialistico Nomentano ed in altri ambulatori romani. Ha al suo attivo alcune pubblicazioni sul Giornale di Medicina Militare e su Minerva Cardiologica.

I CONSIGLI DEL MEDICO NUTRIZIONISTA L’OLIO DI OLIVA E LA SALUTE IN TUTTE LE ETÀ Dott.ssa MAYME MARY PANDOLFO

La Dott.ssa Mayme Mary Pandolfo si è laureata in Medicina e Chirurgia e specializzata in Scienza dell’Alimentazione presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” con il massimo dei voti. Responsabile del Programma di Educazione Terapeutica Strutturata (ETS) in Diabetologia presso la UOC Diabetologia, Dietologia e Malattie Metaboliche dell’Ospedale “Sandro Pertini” di Roma ove svolge anche attività di ricerca in campo diabetologico. Esercita, inoltre, la sua attività professionale presso diverse strutture mediche della Capitale. E’ co-autrice di diversi articoli scientifici pubblicati su riviste mediche internazionali ed ha presentato relazioni in congressi nazionali ed internazionali. E’ Responsabile della Branca di Scienza dell’Alimentazione presso lo Studio Medico Polispecialistico Cappuccini.

QUANDO RIVOLGERSI AL PROCTOLOGO? TUMORI DEL COLON RETTO Prof. ANTONINO GATTO

Il Professor Antonino Gatto, Primario Chirurgo del Presidio Ospedaliero SS. Gonfalone della ASL RMG; è specialista in Chirurgia d’Urgenza e Pronto Soccorso, in Urologia ed in Chirurgia Plastica e Ricostruttiva. Nell’ambito della Scuola di Specializzazione in Chirurgia Generale dell’Università degli Studi di Tor Vergata di Roma è titolare dell’insegnamento di Chirurgia d’Urgenza. E’ autore di oltre 60 pubblicazioni scientifiche di interesse chirurgico e la sua la sua casistica operatoria consta di oltre 6.000 interventi chirurgici di media ed alta chirurgia generale, vascolare, toracica, urologia

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emo che nel Lazio per la spesa sanitaria – ovvero per il cosiddetto Sistema Sanitario Regionale – sia arrivato il momento della resa dei conti, in senso stretto però. Il Governo Monti non si è fidato di nessuno: ha inviato come commissario alla sanità Enrico Bondi, non uno qualsiasi. Mario Monti lo ha definito “l’uomo più stimato d’Italia”: non so dirvi se sia proprio il più stimato in assoluto, certo è un signore di settantotto anni che non guarda in faccia a nessuno. Pedigree manageriale di razza, in questi ultimi anni ha prima risanato Parmalat e poi sistemato la Spending Review, in un paese che non è mai riuscito a tagliare un fico secco. Adesso è sbarcato nel ben noto palazzo della Regione in Via Cristoforo Colombo e saranno guai. Nel 2013 dovrà tagliare la spesa sanitaria per 1.4 miliardi di euro (più del 10% del budget totale) ed il tam tam dei corridoi dice che non è propenso a fare sconti. Io sono convinto che risparmiare sia possibile e che sia anche possibile farlo senza ridurre il livello di servizio erogato ai cittadini, già in sofferenza da anni. Per carità, dottor Bondi, non intraprenda la strada – certamente più semplice – dei tagli trasversali: un tanto a ciascuno e che ciascuno si arrangi con i soldi che gli restano. La Regione Lazio ha bisogno di un grande professionista, che non risponda alle logiche dei partiti, e che vada a ficcare le mani fino in fondo nel pozzo degli sprechi, delle cattive gestioni, delle scelte irrazionali, dei tornaconti elettorali. Guardiamo dentro alle pieghe delle singole voci di spesa del bilancio della sanità regionale. Eliminiamo tutto ciò che non serve (o serve solo a qualcuno): i “minireparti”, le strutture sotto-utilizzate, le strutture palesemente inefficienti. Una per una, però: non facendo di tutte le erbe un fascio. Guardiamo dentro a mondi inesplorati: ad esempio nel mercato dei dispositivi medici. Occorre “passare” proprio tutto quello che “passiamo”? Quanta razionalizzazione è possibile fare? Tutti quelli a cui “passiamo”, ne hanno veramente poi diritto? Lavoriamo sull’appropriatezza prescrittiva. Emaniamo linee guida precise che indichino cosa, quando e quanto sia possibile prescrivere a carico del Servizio Sanitario Regionale: in base, però, a criteri scientifici che monitorino la reale utilità e beneficio per il paziente di quanto viene prescritto. Ed infine (o meglio innanzitutto) premiamo i virtuosi! Valorizziamo quelle strutture che sono in grado di fornire i servizi migliori utilizzando nel modo più efficiente le risorse economiche che gli vengono affidate. Le strutture sanitarie – pubbliche o private accreditate che siano – non sono tutte uguali: è ora di fare meritocrazia, ma sul serio. Lei, per nostra fortuna, dottor Bondi, conosce l’argomento meglio di chiunque altro.

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...un rischio che si può prevenire! Dott. Marco Decuzzi Chirurgo Vascolare Branca di Diagnostica per Immagini, Poliambulatorio Specialistico Lab. Cl. NOMENTANO

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Eco-color-Doppler della Carotide – detto più tecnicamente “dei tronchi sovraortici/epiaortici o carotideo” - è un’indagine non invasiva che consente di analizzare, in maniera approfondita, lo stato di salute delle arterie che portano sangue al cervello. In altre parole, permette di valutare le caratteristiche di questi vasi sanguigni ed il flusso di sangue stesso. E’ evidente, infatti, come l’afflusso di sangue in maniera ridotta o insufficiente e quindi il ridotto o 6

insufficiente apporto di ossigeno e di nutrimento possa comportare danni anche seri per il tessuto cerebrale. Attualmente, l’Ecocolor-Doppler è considerato lo strumento d’indagine non invasivo per eccellenza per tale distretto anatomico. Infatti,l’Eco-color-Doppler

vasi arteriosi verso il cervello, potrebbero a loro volta ostruire un vaso terminale che irrora un distretto del cervello. L’esito di questo fenomeno è l’ischemia (cioè la mancanza di sangue) per il tessuto cerebrale interessato, ovvero la sofferenza del tessuto stesso per il ridotto apporto di ossigeno e di nutrimento. L’ischemia cerebrale può manifestarsi diversamente in base al tratto del tessuto ce-

dei tronchi sovraortici consente di valutare il decorso dei vasi e la struttura della parete con le eventuali lesioni. Le lesioni più caratteristiche del distretto carotideo sono le “placche”, un ispessimento della parete interna del vaso che restringe il calibro (diametro) del vaso stesso riducendo conseguentemente il flusso e quindi la quantità di sangue destinata al cervello. Esiste inoltre il rischio di uno “sfaldamento” delle placche, le quali potrebbero liberare frammenti che, scorrendo nei

rebrale interessato con sintomi che possono essere transitori o permanenti. Infatti, i pazienti possono accusare disturbi motori quali difficoltà a muovere un arto, un occhio, parte della bocca o del viso; problemi di orientamento; disturbi del linguaggio con difficoltà nell’articolazione delle parole; debolezza spesso accompagnata da formicolii nelle zone interessate (arti, volto...); vertigini; mal di testa; depressione con perdita improvvisa della propria autosufficienza. Se l’attacco è breve e tran-

sitorio, i sintomi sono quasi sempre solo temporanei. Problemi maggiori, invece, si verificano se l’attacco ischemico perdura nel tempo perché, oltre a correre il rischio di ictus, i danni potrebbero essere permanenti. L’Eco-color-Doppler della carotide consente di valutare le caratteristiche dell’eventuale placca: ovvero la sua origine (se dovuta ad accumulo di grasso o di calcio), il suo spessore e, quindi, la percentuale di stenosi che causa all’interno del vaso. L’esame permette quindi, con elevatissima sensibilità, di diagnosticare la presenza di una placca e di monitorarla ed eventualmente dare al Paziente le giuste indicazioni per ulteriori approfondimenti e quindi valutazioni mediche e/o chirurgiche. L’esperienza ci dice che placche che causino stenosi (restringimento) inferiori al 65-70% e che non generino alterazione del flusso sono da seguire nel tempo con

placche. Essi sono: l’ipertensione arteriosa, il diabete, lo stress, le dislipidemie e il fumo di sigaretta. Persone soggette a questi fattori di rischio dovrebbero sottoporsi all’Eco-colorDoppler della Carotide a scopo preventivo. Non da meno, dovrebbero eseguire tali accertamenti le persone già affette da malattie cardiache o arteriose degli arti inferiori, dell’aorta addominale con o senza sintomi cerebrali. Attualmente esistono terapie farmacologiche per ridurre i fattori di rischio della genesi della placca e per controllare e frenare la crescita della placca stessa. In conclusione, l’EcocolorDoppler dei Tronchi SovraAortici è un esame semplice, veloce, poco costoso, non rischioso né invasivo, senza preparazione alimentare specifica che fornisce importanti indicazioni sullo stato di salute di un distretto vascolare importantissimo quale quello cerebrale. Consente di rico-

controlli ecografici. Placche dal 70% di stenosi in su e che producano alterazioni del flusso, danno invece indicazione ad approfondimenti diagnostici ulteriori e l’indicazione all’intervento chirurgico di rimozione della placca. Esistono fattori di rischio specifici nella genesi delle

noscere preventivamente lesioni che potrebbero causare gravi danni all’individuo e che, invece, se riconosciute in tempo sono risolvibili attraverso un’adeguata terapia preservando la propria qualità di vita.

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Il punto di vista del Cardiologo: ICTUS e CARDIOPATIA due facce della stessa medaglia L’ictus cerebri rappresenta nel mondo ed in Italia la terza causa di morte dopo le malattie cardiovascolari ed i tumori. D’altro canto, la dimensione del problema ictus ischemico in termini di invalidità e costi sociali è enorme e tanto più importante quando si pensi che spesso si associa alle già notevoli limitazioni funzionali dei pazienti cardiopatici in fase di scompenso.

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È

possibile immaginare la cardiopatia, principalmente quella ischemica (ma non solo), e l’ictus come due fidanzatini che vanno “a braccetto” in giro per il nostro organismo. Sono molti, infatti, gli “interessi” in comune tra queste due entità patologiche. Quello che scherzosamente e metaforicamente abbiamo definito interessi, in medicina si chiamano “fattori di rischio” e l’insieme dei fattori di rischio individuali di una persona, associati al suo stile di vita, si definisce rischio cardiovascolare globale. Seppure con alcune sfumate differenze sull’incidenza dei singoli fattori di rischio nella manifestazione clinica della malattia (ictus o cardiopatia ischemica), quelli che riconosciamo comuni ad entrambe sono: • ipertensione arteriosa • dislipidemia (ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia o la coesistenza di entrambe) • diabete mellito • sovrappeso ed obesità • fumo di sigaretta • sesso maschile • vita sedentaria Queste due entità cliniche hanno in comune non solo i fattori di rischio ma anche i meccanismi con i quali provocano danno ai nostri organi più nobili, cuore e cervello. Il danno alle pareti delle arterie causato dalla presenza di uno o più fattori di rischio, infatti, è generalizzato e può col-

Dott. Antonio Saponaro Specialista in Cardiologia Poliambulatorio Specialistico Lab. Cl. Nomentano pire indistintamente arterie più o meno grandi di tutti i distretti del nostro corpo. È per questo motivo che le cosiddette placche aterosclerotiche (ammassi di colesterolo e cellule infiammatorie) localizzate a livello dei vasi sanguigni che distribuiscono il sangue al cervello potranno essere responsabili di un ictus mentre, per esempio, le lesioni a carico delle arterie

che irrorano il cuore (coronarie) potranno rendersi responsabili di un infarto miocardico acuto o di quel fastidioso dolore al petto più noto con il nome di angina pectoris. Il cuore e l’ictus cerebrale riconoscono anche un’altra correlazione clinica. Ci sono alcune situazioni in cui il cuore può diventare una cosiddetta fonte emboligena. Possono cioè partire dalle camere cardiache alcuni piccoli coaguli di sangue che vanno ad ostruire, seguento il flusso ematico diretto al cervello, alcune piccole arterie che irrorano uno dei tanti distretti cerebrali. Questo è il caso di malattie come la fibrillazione atriale o di alcune cardiopatie congenite peraltro molto frequenti nella popolazione generale e spesso misconosciute come la pervietà

del forame ovale o il difetto interatriale. La descrizione accurata di queste entità esula dagli scopi di questo articolo, ma citarle è servito a sottolineare le numerose “relazioni pericolose” che ci possono essere tra questi due organi. Prevenire l’ictus e la cardiopatia ischemica è possibile ed aggiungerei doveroso per tanti motivi. Oggi esistono numerosi studi di popolazione che dimostrano come la riduzione o l’abolizione di alcuni fattori di rischio cardio-cerebrovascolare tra quelli citati abbiano un impatto favorevole in termini di mortalità e di riduzione del numero di eventi nella popolazione generale. Finalmente sono a disposizione una buona quantità di farmaci utili a controllare alcuni di questi fattori di rischio, estremamente ben tollerati ed efficaci nell’abassare, per esempio, la pressione arteriosa oppure i livelli di colesterolo nel sangue. Esistono anche tutta una serie di esami strumentali che ci consentono di stabilire il livello di compromissione delle nostre arterie o del nostro cuore (Eco color Doppler dei vasi epiaortici, dell’aorta addominale o delle arterie periferiche ed Ecocardiogramma colorDoppler). Infine non mancano delle carte del rischio cardiovascolare che consentono di stabilire la probabilità che ha una persona di sviluppare un evento ischemico a 10 anni e di intervenire precocemente con dei correttivi farmacologici o sullo stile di vita. 9


ICTUS CEREBRALE: I consigli del Medico Nutrizionista Dott.ssa Mayme Mary Pandolfo Responsabile Branca di Scienza della Nutrizione Studio Medico Polispecialistico Cappuccini

Da dove viene tutto l’eccesso di Colesterolo che si accumula nello spessore della parete dei vasi e fa poi tanti danni? Sono due le fonti principali:

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una fonte endogena (interna al corpo), ossia la capacità del fegato di formare il colesterolo, in quanto in una certa quantità è fondamentale per la vita di un organismo sano. Tuttavia ci sono persone geneticamente predisposte a formare più colesterolo di altre e che sono affette da “ipercolesterolemia familiare”. In questo caso la terapia risolutiva è quella farmacologica affiancata da uno stile di vita sano.

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Una fonte esogena (esterna al corpo) ossia il colesterolo assunto con l’alimentazione. Chi è affetto da questa forma di ipercolesterolemia ha la preziosa possibilità di agire sulla sua patologia cercando di modificare il suo stile alimentare e la sua abitudine al movimento.

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Nel preparare i pasti e nell’ acquistare gli alimenti può essere determinante evitare di scegliere proprio gli alimenti ricchi in colesterolo. Questi aumentano il Colesterolo LDL (il cattivo che forma le placche !) e sono tutti di origine animale: • latte e derivati, inclusi i formaggi dei quali, per definizione, nessuno è magro • grassi da condimento (burro, lardo, strutto, pancetta, panna) • carni grasse (in genere le rosse lo sono di più) • salumi di tutti i tipi, fuorché bresaola e tacchino • dolci di tutti i tipi, specie quelli alle creme e al cucchiaio • uova Possiamo invece educare il nostro palato a riconoscere ed apprezzare il sapore dei grassi vegetali che offrono il beneficio di ridurre Il Colesterolo LDL mantenendo invece elevati i valori di Colesterolo HDL (il buono che fa da spazzino delle LDL !). Le fonti di grassi vegetali sono: • olio di oliva, meglio se extravergine di oliva • olio di mais e girasole (crudi e non cotti, specie se ad alte temperature!) • frutta secca (noci, mandorle, nocciole) • semi di lino e soia In sintesi, se non si è in sovrappeso corporeo e i valori di LDL superano di poco il valore di 130 mg/dl e l’Ecocolordoppler dei vasi sopra-aortici non mostra restringimenti significativi, si può iniziare a - consumare più frequentemente pesce - assumere carni più magre come pollo, tacchino, coniglio, ecc., scartando, in ogni caso, il grasso visibile - usare preferibilmente latte parzialmente scremato, e non eccedere nel consumo di latticini e formaggi (max 1-2 volte alla settimana) In sostanza, seguendo la Piramide Alimentare della Dieta Mediterranea, possiamo mantenere sane le nostre arterie, grandi e piccole che siano. Se vi è invece una condizione di dislipidemia familiare o sovrappeso o Obesità “a mela” o Diabete Mellito o Sindrome Metabolica, in questo caso il Colesterolo LDL sarà ben maggiore di 130 mg/dl e le placche delle arterie dei Vasi del Collo possono restringersi notevolmente. In questo caso si impone un intervento che agisca su più fronti e preveda dopo un’ accurata diagnosi con EcocolorDoppler, la prescrizione di una adeguata terapia farmacologica, di una dieta personalizzata sotto la guida del Medico Nutrizionista e di un programma di attività fisica aerobica, dietro la guida e il consenso del Cardiologo.

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La Prevenzione possibile

… in 5 domande

1. È possibile prevenire l’ictus cerebrale? Si. Se eseguendo un Eco-color-Doppler si riscontra un ispessimento della parete interna delle arterie o addirittura la presenza di placche, si può fare prevenzione attraverso: a) uno stile di vita che elimini i fattori di rischio b) l’assunzione di farmaci che migliorino il metabolismo dei grassi alimentari riducendone la quantità in circolo nell’organismo e/o di farmaci che correggano l'iperglicemia e l'ipertensione arteriosa 2. Quali sono gli stili di vita corretti da adottare? È necessario eliminare il fumo di sigaretta, ridurre lo stress, correggere l’iperglicemia e l’ipertensione. Un’alimentazione corretta attraverso una dieta adeguata e controllata possono ridurre le placche ed il rischio di ictus cerebrale 3. In che modo tutto questo può aiutare anche il mio cuore? Da tempo in campo medico è riconosciuta una stretta comunanza tra la salute della arterie carotidi e quella delle arterie che irrorano il cuore (le coronarie), quindi “carotidi sane” si avvicinano molto a “coronarie sane” e viceversa. 4. Chi dovrebbe sottoporsi ad un Eco-color-Doppler della Carotide? Se ci troviamo in una o più di queste situazione, un controllo periodico è consigliabile: a) età superiore ai 65 anni, perché all'avanzare dell'età in effetti avanza l'invecchiamento delle pareti arteriose. b) condizioni di sovrappeso o obesità per scorretta alimentazione e colesterolo elevato c) presenza di diabete o anche solo di iperglicemia ai limiti superiori d) presenza di cardiopatie con ipertensione arteriosa c) se si è fumatori e) in generale per le persone che conducano una vita stressante 5. Come può la prevenzione migliorare la qualità della vita delle persone? Basti pensare agli esiti di malattie cerebrali dovute a patologie delle carotidi e cardiache quali l'ictus che può causare difficoltà motoria con impedimento più o meno importante a camminare e a parlare. Bastano queste condizioni per capire come la vita sociale della persona crolli vertiginosamente. Di contro farmaci assunti preventivamente possono con grande efficacia ridurre la probabilità che si verifichino queste condizioni morbose.

NOMENTANO e CAPPUCCINI propongono, per prevenire il rischio di Ischemia Cerebrale una specifica CAMPAGNA DI SCREENING Eco-color-Doppler Carotideo + Consulenza del Medico Specialista in Chirurgia Vascolare alla tariffa di favore di

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In caso di ulteriori necessità, un equipe composta da cardiologo, endocrinologo e nutrizionista sarà a disposizione del Paziente per la definizione dei successivi percorsi diagnostici e terapeutici

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La Proctologia si occupa in modo specifico delle patologie che interessano la regione ano-rettale. Le patologie più frequenti sono le emorroidi, le ragadi anali, le fistole perianali, gli ascessi, i tumori benigni e maligni dell’ano e del retto ed i disturbi dell’evacuazione (stipsi o incontinenza). Per una corretta diagnosi di queste patologie nella maggioranza dei casi è sufficiente una visita proctologica correttamente eseguita con esplorazione rettale e anoscopia. Nei casi più complessi ci si avvale di una diagnostica di secondo livello che può comprendere l’ecografia trans anale (per lo studio anatomico degli sfinteri), la defecografia (per lo studio dei prolassi, del rettocele, enterocele e stipsi da ostacolata espulsione) e la manometria anorettale (per la valutazione funzionale degli sfinteri e per lo studio della sensibilità retto-anale). La visita proctologica con anoscopia è un esame semplice, immediato, indolore, che non necessita di anestesia e di particolari preparazioni 12

Dott. Antonino Gatto Specialista in chirurgia d’urgenza e pronto soccorso Specialista in urologia - Specialista in chirurgia plastica e ricostruttiva - Primario chirurgo del presidio ospedaliero di Monterotondo della ASL RMG. Resp. branca di Chirurgia Generale ed Urologia Studio Medico Polispecialistico Cappuccini

EMORROIDI Le emorroidi sono in assoluto la patologia anale più frequente, sono rappresentate da vene che aumentano di volume all’interno del canale anale andando incontro a fenomeni di congestione e infiammazione e possono provocare fastidiosi problemi quali: dolore anale soprattutto alla defecazione, emissione di sangue rosso vivo, prurito, protrusione all’esterno, soiling (fastidiosi residui di muco e siero sulla cute perianale dopo la defecazione), trombosi emorroidaria. Nella maggior parte dei casi, quando la malattia viene diagnosticata e trattata precocemente, è possibile risolvere il problema con terapia medica farmacologica e correzione di alcune abitudini di vita, soprattutto alimentari, o con metodi ambulatoriali assolutamente indolori come ad esempio la “legatura con lacci”. Si distinguono due tipi di emorroidi: esterne ed interne, in riferimento alla loro localizzazione. Le emorroidi interne si formano all’interno del canale anale e normalmente non sono visibili, ma negli stadi più avanzati possono arrivare a protrudere all’esterno del canale anale e dare ostacolo alla defecazione, dolore acuto, sanguinamento e trombosi. Le emorroidi esterne si sviluppano a livello della regione cutaneo-mucosa e quindi all’esterno dell’orifizio anale, e sono ricoperte da una cute molto sensibile. Quando si for-

ma un coagulo in una di loro, si viene a sviluppare un rigonfiamento molto dolente (trombosi emorroidaria) che può sanguinare solo in seguito a rottura. Il paziente avverte una tumefazione di consistenza dura e vivo dolore. Per le emorroidi, esiste una predisposizione di base riferibile alla ereditarietà, alla familiarità e alla costituzione, per cui alcuni individui manifestano più facilmente il quadro patologico. E’ utile ricordare che un soggetto con storia familiare di emorroidi, ha un rischio di malattia aumentato fino a tre volte. Anche la gravidanza predispone alla comparsa della malattia emorroidaria in virtù delle modificazioni anatomiche e vascolari che avvengono nella gestante. Su un terreno predisponente, quindi é facile che possano agire dei fattori scatenanti che non sempre sarebbero in grado da soli di determinare un quadro di malattia: a) alimentazione: una dieta povera di fibre e uno scarso apporto di liquidi, favorendo la stipsi, può indurre l’insorgenza delle emorroidi. b) alvo stitico, diarrea: la distensione delle vene emorroidarie, già presente in una defecazione normale, può aumentare in caso di sforzo ripetuto e prolungato, per consentire il passaggio di feci dure e voluminose. La diarrea, anche se in misura inferiore, provoca uno stato di irritazione della mucosa che si ripercuote sulla parete dei plessi venosi. c) posizione abituale: lavori sedentari o una prolungata

stazione eretta possono provocare uno stato di aumentata pressione nelle vene emorroidarie o per gravità o per difficolta allo scarico venoso. e) fattori endocrino-genitali: assunzione di ormoni, pillola anticoncezionale, ecc. possono influenzare le crisi emorroidarie, facilitandone gli episodi acuti. Particolari fasi del ciclo mestruale possono facilitare l’insorgenza di nuove crisi (ovulazione, mestruazione). La terapia della malattia emorroidaria varia in base al grado della malattia e alla risposta individuale del paziente. Generalmente negli stadi meno avanzati può risultare utile trattare la fase acuta della malattia con terapia medica locale e sistemica (flavonoidi e antiedemigeni e unguenti locali) e agire contestualmente sulle cause che determinano il riacutizzarsi della malattia, modificando le abitudini alimentari che favoriscono la stipsi (abbondante apporto di liquidi, dieta ricca di scorie, integratori di fibre, eliminazione dalla dieta di sostanze irritanti per l’ano come caffè, cioccolato, cibi piccanti, insaccati) e correggendo l’aumento ponderale e la sedentarietà. Negli stadi più avanzati ed in quelli che non rispondono a terapia medica esistono vari tipi di interventi che a seconda del grado delle emorroidi si eseguono con metodi chirurgici classici o con l’ausilio di suturatrici meccaniche, in anestesia loco-regionale e con degenza ospedaliera breve.

RAGADE ANALE La ragade anale è una fissurazione della mucosa anale all’interno del canale anale, più spesso si localizzata sulla parete posteriore, estrema-

mente dolente al passaggio delle feci e sanguinante. La ragade, singola o multipla, può essere acuta, quindi di nuova insorgenza, o cronica, ovvero presente da molto tempo e che assume l’aspetto di una cicatrice dura e ricoperta da fibrina. Le cause eziologiche sono varie (feci dure, defecazione difficoltosa che richiede sforzo, ipertono dello sfintere anale, ferite da residui alimentari, traumi etc). La ragade anale è estremamente dolorosa. Il dolore inizia con la defecazione e può protrarsi per periodi di tempo variabili da alcuni minuti a qualche ora, ed è causato da una contrazione spastica dello sfintere anale. E’ importante ricorrere subito ad una terapia medica che, se intrapresa precocemente, potrà evitare l’intervento chirurgico. Nei casi in cui la ragade non è ancora cronicizzata e si riconosce come causa principale la stipsi la terapia consisterà nel cercare di rendere le feci più morbide e quindi la defecazione meno traumatica agendo sulle abitudini alimentari come detto a proposito delle emorroidi, e se concomita un ipertono dello sfintere anale (che può essere valutato con la visita proctologica e con la manometria anorettale), si potrà agire sullo stesso con un ciclo di dilatazioni che il paziente potrà fare autonomamente, opportunamente istruito. Bisogna considerare che l’80% delle ragadi anali guarisce con tali accorgimenti. Il restante 20 % in cui tali metodi non risultano efficaci e in cui spesso la ragade è divenuta cronica, previo adeguato studio degli sfinteri, andrà incontro ad intervento chirurgico che consisterà nella asportazione della ragade e in una piccola incisione dello sfintere anale (sfinterotomia) che permetterà di limitare l’ipertono sfinterico. Questo intervento richiede tempi minimi e anestesia loco-regionale.

ASCESSI e FISTOLE Terzi in ordine di frequenza dopo le emorroidi e le ragadi sono senz’altro gli ascessi e le fistole anali e perianali. Tali affezioni, strettamente collegate tra loro e spesso associate, sono patologie su base infiammatoria-infettiva, che derivano da processi infiammatori che partono dalle ghiandole che sono situate all’interno dell’ano-retto e che possono andare incontro a infezione che dapprima si localizza all’interno

di una cavità chiusa e poi attraverso la formazione di tramiti fistolosi diffonde in altre sedi più o meno vicine al canale anale. Gli ascessi si manifestano con tumefazioni dolenti nella regione perianale che si possono rompere dando luogo alla fuoriuscita di materiale purulento misto a sangue e in alcuni casi a febbre. A volte una volta drenati all’esterno guariscono spontaneamente ma poi tendono spesso a recidivare. La diagnosi si base oltre che su una

ben condotta visita proctologica con anoscopia, su una valutazione strumentale che si avvale dell’ecografia trans anale o della risonanza magnetica del pavimento pelvico. Il trattamento varia anche in questo caso a seconda della complessità delle fistole e degli ascessi, andando dal semplice drenaggio e toilette della cavità, al cerchiaggio con setone, alla asportazione della fistola a veri e propri interventi di plastica e ricostruzione dei piani muscolari e cutanei.

LABORATORIO CLINICO

STUDIO MEDICO POLISPECIALISTICO

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TUMORI DEL COLON RETTO 14

I tumori del colon retto rappresentano la seconda causa di morte per tumore sia per gli uomini (dopo il tumore al polmone) sia per le donne (dopo il tumore della mammella). Lo sviluppo di un tumore del colon retto è in quasi tutti i casi - circa il 80 per cento preceduto dalla comparsa di lesioni benigne (i polipi, che sono escrescenze della mucosa intestinale). Proprio queste lesioni possono essere diagnosticate e curate sottoponendosi al test che, in caso di positività, prevede approfondimenti diagnostici quali la colonscopia o altri esami radiologici.

IL PROGRAMMA DI PREVENZIONE Dott. Antonino Gatto Specialista in chirurgia d’urgenza e pronto soccorso Specialista in urologia - Specialista in chirurgia plastica e ricostruttiva - Primario chirurgo del presidio ospedaliero di Monterotondo della ASL RMG. Resp. branca di Chirurgia Generale ed Urologia Studio Medico Polispecialistico Cappuccini

Il carcinoma colon-rettale ha caratteristiche che lo rendono particolarmente adatto ad essere affrontato attraverso la prevenzione, in quanto: • è preceduto da lesioni benigne (polipi adenomatosi) a lenta crescita e facilmente identificabili, la cui asportazione previene la loro trasformazione in carcinoma; • inoltre, il cancro del retto se diagnosticato in uno stadio precoce, il trattamento chirurgico, associato eventualmente a radioe/o chemio-terapia, e’ efficace e garantisce alte percentuali di guarigione completa. Infatti, vi è un’evidenza scientifica che nella popolazione sottoposta a screening si registra una significativa riduzione dell’incidenza e della mortalità per carcinoma colo-rettale. I test impiegati per la prevenzione di questa malattia sono innocui o a basso rischio, ampiamente disponibili, accettabili da parte del paziente, di costo relativamente contenuto.

I FATTORI DI RISCHIO Oltre a fattori ereditari che possono favorirne l’insorgenza (se, ad esempio, nella famiglia si sono manifestate alcune malattie particolari dell’intestino) gli studi fin qui condotti hanno dimostrato che alcuni fattori ambientali - come lo stile di vita o l’alimentazione - sono associati ad un aumento del rischio. Ad esempio, una dieta ipercalorica con eccessiva assunzione di grassi animali, carni rosse, zuccheri può accrescere il rischio, mentre un’alimentazione ricca di vegetali, fibre e cereali sembra al contrario associarsi ad un minore rischio di cancro colon-rettale. Anche l’attività fisica, indipendentemente dal peso corporeo, riduce la possibilità di ammalarsi. Valgono le indicazioni già utili alla riduzione del rischio cardio-vascolare: dieta ipocalorica, ricca di vegetali e fibre e una regolare attività fisica. Polipo del Colon

L’obiettivo della prevenzione è l’identificazione di lesioni benigne che potrebbero trasformarsi in tumori o l’identificazione precoce delle neoplasie in soggetti asintomatici. Ciò permette un migliore approccio terapeutico nel trattamento di questa neoplasia che può anche risultare radicale nei primi stadi della malattia. I test idonei allo screening per il carcinoma colo-rettale sono : • Ricerca del sangue occulto nelle feci • Colonscopia

Ricerca del sangue occulto nelle feci:

è un esame delle feci, su tre campioni di giorni differenti. Si basa sul fatto che tutte le lesioni organiche del tubo digerente possono causare un sanguinamento di minima entità, non visibile a occhio nudo. E’ di ausilio per scoprire in tempo la eventuale lesione/polipo presente nell’intestino. I tumori del colon-retto, infatti, spesso non danno alcun disturbo per anni.

La Colonscopia:

è un esame che serve a controllare le pareti interne del colon retto e ad individuare eventuali alterazioni, eseguire biopsie, asportare polipi. La colonscopia si definisce completa o totale quando raggiunge il cieco, cioè quando visualizza tutto il colon. Per poter eseguire una colonscopia di buona qualità occorrono 2 condizioni importanti: - ottenere un buona pulizia dell’intestino grazie ad una adeguata preparazione nei giorni precedenti (dieta ed assunzione di lassativi) - ridurre il possibile disagio del paziente durante l’indagine mediante la sedazione. 15


Maculopatia Senile La Maculopatia Senile e’ meglio definita come “Degenerazione Maculare Legata all’Età”, o DMLE. Si tratta di una patologia che colpisce specificatamente la parte “nobile” della retina, chiamata “macula”, ovvero quella zona della retina che ci consente la visione nitida e distinta e la percezione dei colori. In generale, la Retina e’ la parte più importante dell’occhio.

È

situata sul cosiddetto fondo dell’occhio ed è il tessuto nervoso che consente la percezione delle immagini e la trasmissione di esse alla corteccia cerebrale. Come detto, la parte nobile della retina e’ la macula: in essa si trovano i Coni, ovvero i fotorecettori, che consentono la visione dei colori. La DMLE e’ oggi diventata la prima causa di cecità negli anziani, superando altre malattie quali la retinopatia diabetica. Esistono diversi fattori di rischio per lo sviluppo di questa patologia, quali: diabete mellito, ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, fumo di sigaretta, sesso maschile ed esposizione prolungata ai raggi UV. Risulta però essere decisiva la familiarità, ovvero la predisposizione genetica, e infatti recentemente e’ stato individuato un gene associato a tale malattia. Esistono due forme di maculopatia senile: quella secca o asciutta, che è la forma cronica e progressiva, la quale causa una riduzione visiva meno grave, e quella umida o essudativa, che è la forma acuta, la quale provoca danni molto gravi alla vista. Il primo segno visibile sul fondo oculare di questa patologia e’ la presenza sulla macula delle Drusen, accumuli localizzati di granuli di lipofuscina (si tratta di un sostanza formata dagli scarti di una delle tipologie di cellule che formano la retina, i fotoricettori; questi si rinnovano

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continuamente e se gli scarti non sono adeguatamente eliminati rimangono sulla retina esterna). Le Drusen inizialmente sono separate tra loro, ma in un secondo momento possono confluire, dando origine ad una ischemia retinica (diminuzione della circolazione di sangue) che porta alla fase acuta della malattia. Si ha così la formazione di una membrana neovascolare sotto retinica o CNV, che causa la comparsa di edema intraretinico (accumulo di liquidi) ed emorragia intraretinica. Il paziente avverte in modo drammatico questo evento, riferito come una brusca perdita del visus, e la visione di una grossa macchia centrale. La diagnosi precoce di tale malattia è pertanto fondamentale, e si avvale della visita oculistica completa con esame del fondo dell’occhio, e soprattutto dell’OCT, che oggi è l’esame diagnostico più importante in Oculistica. La terapia della forma secca consiste semplicemente nell’uso prolungato e costante di farmaci antiossidanti assunti per via orale, per prevenire l’evoluzione della malattia verso la forma umida. La forma essudativa invece può essere oggi trattata con l’uso di farmaci anti angiogenetici o anti VEGF, iniettati tramite iniezione intravitreale, da effettuarsi in camera operatoria per ragioni di sterilità.

Dott. ALDO CANZIO Responsabile Branca di Oculistica Studio Medico Polispecialistico Cappuccini

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Acceleriamo la guarigione e riduciamo i dolori grazie ai “fattori di crescita” Dott. Fabio Sciarretta Chirurgo Ortopedico Resp. Ortopedia Studio Medico Polispecialistico Cappuccini

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Ogni giorno sfogliando le pagine dei giornali e delle riviste ci imbattiamo sempre più in sigle e termini nuovi quali PRP, concentrato piastrinico, fattori di crescita. Vediamo insieme di che cosa si tratta?

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a sigla inglese PRP (Platelet Rich Plasma), cioè plasma ricco in piastrine, e’ un trattamento nel quale si sfruttano, a fini terapeutici, tutta una serie di sostanze naturali (i cosiddetti “fattori di crescita”) contenuta nel nostro sangue per stimolare la guarigione dell’osso e dei tessuti molli. Il trattamento prevede l’esecuzione di un normale prelievo di pochi cc. di sangue venoso, la cui provetta viene quindi introdotta in un’apposita centrifuga che consente di separare il plasma dai globuli rossi ed ottenere un concentrato delle piastrine contenute nel sangue. Le piastrine a loro volta contengono e possono, quindi, rilasciare numerosi “fattori di crescita” in grado di stimolare la riproduzione di numerosi tipi di cellule (mesenchimali, staminali, condrociti, osteoblasti...) e di aderire sui tessuti infiammati o danneggiati stimolandone il processo di riparazione. Ecco, quindi, spiegato in poche parole come questo nuovo e semplice tipo di trattamento, tutto naturale, punti sull’insieme di sostanze contenute nel sangue per accelerare il normale processo di guarigione di tante e diverse patologie dell’apparato muscolo-sche-

letrico, favorendo la rigenerazione dei tessuti danneggiati o infiammati, siano essi tendini, muscoli, cartilagine articolare od osso nonché nel trattamento delle perdite di sostanza dovute a traumi, tumori, o condizioni congenite. La terapia con il “gel di piastrine“ ha, inoltre, trovato diffuso

impiego anche nella chirurgia maxillo-facciale per migliorare e velocizzare l’integrazione degli innesti ossei e degli impianti, nella chirurgia plastica e ricostruttiva, in oftalmologia, in reumatologia, in odontoiatria per l’estrazione dentale e gli impianti dentali e in dermatologia nel trattamento delle ferite profonde e delle ulcere e delle ustioni cutanee. Entrando più nello specifico cir-

ca il funzionamento del trattamento, il meccanismo con cui agisce il concentrato piastrinico per uso topico è legato alla liberazione delle sostanze contenute all’interno delle piastrine: i fattori di crescita. I fattori di crescita (quali il PDGF, TGFbeta, l’IGF, l’EGF ed il VEGF) sono proteine capaci di stimolare la proliferazione ed il differenziamento cellulare. Queste molecole agiscono, infatti, a livello locale favorendo la duplicazione delle cellule, la produzione di nuovi vasi sanguigni e la formazione di nuovo tessuto extracellulare, contribuendo in questo modo alla rigenerazione del tessuto danneggiato. Come dicevamo, in Ortopedia molte sono le possibili patologie da trattare: -lesioni tendinee e legamentose (spalla, ginocchio, caviglia) ad es. le lesioni dei tendini della cuffia dei rotatori della spalla, del tendine rotuleo e del quadricipite del ginocchio e del tendine d’Achille - tendiniti croniche (tendinopatia della cuffia dei rotatori, epicondilite, tendinite achillea - lesioni della cartilagine (ginocchio, spalla, gomito, polso, anca, caviglia) - lesioni muscolari di 2-3° grado - Le lesioni legamentose del ginocchio (legamanti collaterali) in fase acuta. - durante gli interventi chirurgici, ad esempio negli interventi di ricostruzione artroscopica dei legamenti crociati del gi-

nocchio, di riparazione artroscopica delle lesioni della cuffia dei rotatori della spalla, nella riparazione delle lesioni cartilaginee del ginocchio, della spalla e della caviglia anche in associazione all’uso di impianti cartilaginei sintetici o alle infiltrazioni di cellule mesenchimali prelevate dal midollo osseo o dal tessuto adiposo e nella chirurgia protesica (spalla, gomito, polso, anca, ginocchio e caviglia). Tutto ciò a costi contenuti, con un’assoluta sicurezza (visto che si tratta di sangue proprio del paziente), facilità di preparazione e con l’assenza di effetti collaterali. Per effettuare tale tipo di cura basta recarsi in una struttu-

ra medica dotata di specialisti qualificati e delle apposite attrezzature. I medici specialisti, in ambulatorio, in maniera non invasiva ed in anestesia locale, potranno con semplici infiltrazioni, eventualmente guidate dall’ecografia, avviare rapidamente il processo di guarigione di problemi a volte cronici e molto fastidiosi. E’ nostra abitudine sottoporre il paziente ad una visita preliminare con analisi e diagnosi accurata della patologia da trattare e delle eventuali patologie associate. Successivamente viene programmata la seduta di trattamento eseguita nell’ambulatorio dedicato, idoneo e certificato che comprende: 1. prelievo del sangue e cen-

trifugazione. Nei pazienti con patologie tendinee e muscolari si provvede anche al controllo ecografico diretto della lesione; 2. iniezione del gel piastrinico purificato nella sede della lesione del paziente sotto controllo ecografico. Il trattamento è controindicato in caso di patologie intercorrenti che possano modificare il la condizione/profilo ematico del paziente (es. deficit piastrinico, neoplasie sistemiche e patologie infettive in fase acuta). In conclusione, possiamo affermare che la somministrazione del concentrato piastrinico è una metodica adiuvante, cioè che favorisce una più rapida ripresa funzionale, consente un

accorciamento dei tempi di recupero funzionale, la riduzione della sintomatologia dolorosa post-intervento e dei tempi di immobilizzazione, con una più rapida e facile ripresa delle attività della vita quotidana e di quelle sportive.

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Dott.ssa Antonella Carnevale Specialista in Ginecologia ed Ostetricia Branca di Radiologia Poliambulatorio Specialistico Lab. Cl. Nomentano

Nelle adolescenti le irregolarità mestruali sono relativamente frequenti, il più delle volte come conseguenza dell’immaturità del sistema ormonale che regola il ciclo mestruale. Le alterazioni mestruali possono essere suddivise in due grandi tipologie a seconda che riguardino la durata o la quantità della mestruazione.

I DISTURBI DELLA DURATA Qualora la problematica sia legata alla durata del ciclo, saremo di fronte ad una “polimenorrea” se le mestruazioni sono troppo frequenti e ad una “oligomenorrea” nel caso opposto. Più specificamente, la polimenorrea si verifica quando l’intervallo tra 2 cicli mestruali sia inferiore ai 25 giorni, mentre l’oligomenorrea è caratterizzata da un intervallo superiore ai 35 giorni. Queste due alterazioni possono non essere partico20

larmente preoccupanti, in quanto “fisiologiche” e quindi con la tendenza a risolversi spontaneamente con la crescita oppure perché nel frattempo altri eventi, quali la gravidanza, portano alla regolarizzazione anche del ciclo mestruale. I DISTURBI DELLA QUANTITÀ Più importanti dal punto di vista medico sono invece le alterazioni relative alla “quantità”. In questo caso distinguiamo tra cicli molto abbondanti e lunghi, “menometrorragici”, oppure la patologia opposta, l’assenza totale di ciclo mestruale (“amenorrea secondaria”), dopo la fisiologica prima mestruazione (menarca). MENOMETRORRAGIE La comparsa di flussi mestruali emorragici (menometrorragie) è un’evenienza piuttosto frequente in adolescenza, può richiedere anche un trattamento d’urgenza per prevenire perdite di sangue eccessive e la conseguente insorgenza di quadri anemici. Le cause possono essere numerose e pertanto andranno spes-

so indagate con l’ausilio non solo dello specialista ginecologo ma anche di quegli altri specialisti (ad esempio l’ematologo) chiamati in causa dalle caratteristiche del caso. In generale, flussi mestruali emorragici possono avere diverse origini: • “disfunzionali”: irregolarità dovute alla ridotta maturazione dei sistemi che regolano il ciclo mestruale • difetti di coagulazione congeniti • trattamenti farmacologici • patologie, benigne o maligne, degli organi genitali • gravidanze non evolutive (aborti spontanei o minacce di aborto) La paziente deve recarsi dal ginecologo perche l’anamnesi personale e familiare, la visita e l’ecografia possono escludere o confermare le diverse tipologie di causa e indirizzare la paziente verso le visite specialistiche e gli approfondimenti necessari. L’obiettivo sarà quello, da un lato, di ridurre il sanguinamento mestruale (spesso attraverso terapia ormonale o farmaci anticoagulanti) e, dall’altro, di curare l’anemia che si fosse eventualmente instaurata AMENORREE SECONDARIE Le amenorree secondarie sono patologie caratterizzate dalla scomparsa dei cicli mestruali pur avendo avuto il primo ciclo (l’amenorrea primaria è invece il caso nel

quale non si sia mai verificato il menarca). Tra le cause principali vi sono i disturbi del comportamento alimentare tipicamente di origine psicologica (anoressia, bulimia): infatti se il peso corporeo è notevolmente inferiore al normale, il ciclo mestruale si blocca. Un’altra causa può ritrovarsi nei disturbi della funzionalità dell’ipofisi (una piccola ghiandola intracranica deputata alla produzione di numerosi ormoni tra i quali la prolattina). Un’eccessiva produzione di questo ormone (iperprolattinemia) può causare l’assenza del ciclo mestruale. Anche un’alterazione della funzionalità ovarica può interferire sul ciclo mestruale: in questi casi, si tratta spesso di problematiche genetiche o di danni subiti dall’ovaio per cause diverse tra cui alcuni trattamenti farmacologici. L’amenorrea secondaria può essere, infine, uno dei sintomi principali della policistosi ovarica o PCO, di cui abbiamo già parlato nel numero di Marzo 2012 di SalutePiù. Una volta inquadrata la causa, si procede di conseguenza. Nel primo caso si dovrà curare la patologia sottostante con l’aiuto di nutrizionisti e psicologi. Nel caso della iperprolattinemia, sarà necessario valutare la causa specifica legata al malfunzionamento o all’assenza dell’ipofisi e procedere con cure tipicamente farmacologiche. Nel terzo caso, il cattivo funzionamento delle ovaie può essere dovuto o ad un’alterazione congenita delle stesse oppure a danni farmacologici. In questo caso, l’ecografia ha un ruolo importante perché consente di valutare dimensioni ed aspetto dell’organo mentre i dosaggi ormonali (tramite analisi del sangue) serviranno ad individuare i problemi specifici. A quel punto sarà il ginecologo ad individuare la terapia, tipicamente ormonale.

Piccole donne crescono... Infanzia ed adolescenza sono due fasi della vita delicate e caratterizzate da problematiche specifiche. Dal punto di vista dello sviluppo femminile, il supporto di una specialista ginecologa può essere importante sia per prevenire potenziali malattie che stili di vita sbagliati i quali, alla lunga, risultano causa a loro volta di patologie specifiche. In questo ambito, lo specialista ginecologo deve occuparsi sia della diagnosi e della cura, laddove necessario, ma anche dedicare particolare attenzione agli aspetti psicologici ed all’impatto che tali problematiche possono avere sulle giovani pazienti. Il LABORATORIO CLINICO NOMENTANO, dedica a bambine e ragazze ed ai loro genitori, un momento d’incontro pensato per le loro esigenze nell’ottica della prevenzione medica e dell’impostazione di corretti stili di vita.

Bambine e ragazze tra i 10 ed il 16 anni di età, accompagnate dalla propria madre, potranno incontrare le specialiste ginecologhe, eseguire un’ecografia pelvica a fini della prevenzione di possibili patologie specifiche della loro età, e ricevere dalla specialista consiglio sugli stili di vita e le condizioni alla base di uno sviluppo femminile sano e rispettoso della propria fertilità.

Incontro ed ecografia pelvica sono proposti alla tariffa di favore di 60 euro.

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L’ OLIO DI OLIVA e LA SALUTE in TUTTE LE ETÀ Dott.ssa Mayme Mary Pandolfo Responsabile Branca di Scienza della Nutrizione Studio Medico Polispecialistico Cappuccini

L’Olio di Oliva è alimento caratteristico della Dieta Mediterranea e fa parte dei cosiddetti grassi di condimento. I Grassi sono essenziali per la salute dell’organismo poiché costituiscono una fonte importante di energia e di nutrienti. Inoltre sono componenti strutturali di tutte le membrane cellulari e delle cellule nervose e favoriscono lo sviluppo del Sistema Nervoso Centrale in età infantile. Nelle varie fasi dell’alimentazione contribuiscono alla palatabilità dei cibi, regolano lo svuotamento gastrico e, in questo modo, anche il centro fame-sazietà, infine veicolano l’assorbimento delle vitamine liposoubili (vitamina A, D, E, K) 22

Funzioni dei grassi alimentari Funzione prevalentemente energetica Struttura e funzione delle cellule (membrane) Ruolo speciale nello sviluppo del SNC Palatabilità dei cibi Controllo centro fame-sazietà Assorbimento vitamine liposolubili

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ome per tutti i lipidi, il potere energetico dell’olio, dal più costoso al più economico, da quello di semi all’extravergine di oliva, e’ sempre di 9 KCal per grammo. Lo stesso dicasi per i grassi di origine animale, come carne, latte e derivati, formaggio, burro, panna, uova e per i grassi presenti in prodotti dell’industria alimentare come nelle torte confezionate, biscotti, snack, ecc. ecc. Quindi, se tutti i grassi forniscono le stesse calorie, perché preoccuparsi di quali mangiamo più spesso? In generale i grassi di origine vegetale come appunto quelli da frutta (olive , avocado), inclusa la frutta secca (noci, mandorle, ecc) e quelli ottenuti dai semi di alcune piante (girasole, mais) sono più benefici

per la salute dell’uomo poiché, diversamente dai grassi di origine animale, sono ricchi in acidi grassi non-saturi o insaturi ossia quelli che non si ossidano e non si degradano facilmente e anzi contrastano i processi di ossidazione ossia di degenerazione e invecchiamento che possono avvenire nell’organismo. In poche parole possiamo mantenerci giovani e sani assumendo regolarmente gli acidi grassi insaturi presenti nei lipidi vegetali, in particolare quelli dell’olio di oliva extraverigine, specie se ottenuto mediante metodiche che non ne alterino le caratteristiche organolettiche così salutari cedute dal terreno di coltivazione. L’ Italia nel 2010-2011 ha coperto il 25% della produzione europea di olio extra-vergine di oliva (fonte ISTAT). Nel Lazio, in particolare, dove l’ olivi-

coltura è molto antica e risale ai tempi degli Etruschi e poi dei Romani, fino ai monaci di Farfa del Medioevo, oggi la produzione si effettua con metodi moderni su 88.577 ettari circa di terreno e la Sabina, per es, è stata una delle prime aree italiane ad ottenere il riconoscimento del marchio D.O.P. (Denominazione di Origine Protetta).

E le merendine? Perché sono così buone e grasse?

In sintesi, quali sono e dove agiscono i preziosi nutrienti dell’ olio extravergine di oliva? Il Sistemo Nervoso Centrale si sviluppa correttamente e resta efficiente negli anni anche grazie agli acidi grassi essenziali contenuti nell’ olio di oliva Cuore e vasi sono protetti da: 1. Colesterolo HDL, il cosiddetto “colesterolo buono”, che si mantiene elevato in chi condisce i propri pasti con olio extra-vergine di oliva e svolge regolare attività fisica 2. Vitamina K, vitamina della coagulazione del sangue, che viene assorbita anche grazie all’olio di oliva La nostra vista è protetta e agevolata da un adeguato apporto alimentare di Vitamina A, che viene assorbita anche grazie all’olio di oliva La pelle e tutti i tessuti in generale, nonché gli organi interni, si mantengono sani e giovani anche grazie alla Vitamina E, vitamina che viene assorbita meglio in ambiente grasso e che aggiunge il suo potere antiossidante a quello analogo degli acidi grassi presenti nell’olio di oliva Lo scheletro raggiunge il picco di massa ossea a 30 anni e poi si mantiene sano negli anni successivi se assumiamo l’adeguata quantità di Calcio e Vitamina D.Quest’ultima viene assorbita in presenza di grasso come quello del latte e dell’olio extra-vergine di oliva.

E allora come utilizzare l’olio extra-vergine di oliva in cucina? Il modo migliore per assumerne integre tutte le proprietà nutrizionali è quello di aggiungerlo crudo agli alimenti che preferiamo, magari insieme a spezie, aromi ed erbe a piacere. L’olio in cottura invece, specie se ad alte temperature, trasforma i suoi acidi grassi benefici (i grassi insaturi) in acidi grassi saturi e si liberano inoltre radicali liberi dell‘ ossigeno, responsabili di numerosi processi di degenerazione cellulare. Se ogni tanto abbiamo voglia di una buona frittura bisogna tenere presente alcune caratteristiche dei grassi di condimento: • In teoria gli oli più adatti sarebbero quelli che resistono alle alte temperature come gli oli/grassi di origine animale (burro, lardo, ..) che come detto sopra sono ricchi in acidi grassi saturi nocivi per la salute

• Inoltre tali grassi danno fritture con crosta chiara. Il burro peraltro contiene una piccola quota di acqua che non gli consente di raggiungere temperature elevate • I prodotti specifici in realtà hanno una composizione poco adatta alla frittura (troppi acidi grassi polinsaturi). In definitiva e in pratica, l’olio più adatto per friggere, e’ l’olio di oliva (o almeno una miscela di olio di semi ed olio di oliva). Tra gli oli di semi l’ideale è quello di arachidi. Infine, usare pochissimo olio o grasso nelle fritture non e’ utile. E’ invece opportuno evitare che si scaldi fino al punto di fumare, altrimenti si generano sostanze tossiche. In particolare l’olio ed i grassi già usati per friggere non vanno riutilizzati. La margarina può sostituire l’olio di oliva? La margarina non è “più leggera” e “meno grassa” del burro e non può sostituire l’olio di oliva. E’ una miscela di grassi

non naturali perché viene ottenuta sottoponendo grassi vegetali a profonde trasformazioni chimiche che, tra l’altro, rendono saturi (e quindi potenzialmente in grado di aumentare i livelli di colesterolemia) gli acidi grassi insaturi. Inoltre, alcune margarine etichettate “vegetali” sono a base di olio di cocco, di palma e palmisti, dannosi per le arterie. Nel caso in cui, comunque, si scelga la margarina e’ preferibile orientarsi su quelle di tipo molle, che mantengono una quota maggiore dei grassi insaturi dell’olio vegetale da cui derivano Qualora sia necessario, per motivi culinari, far ricorso ad un grasso solido meglio ricorrere al burro che tra l’altro è uno dei pochi alimenti con acidi grassi a catena corta ed un buon contenuto in acido linoleico coniugato, che è un anticancerogeno naturale Il grasso ideale in cucina, ancora una volta, è comunque l’olio di oliva.

A volte si ritiene che le merendine non siano nocive perché contengono grassi vegetali. E’ bene tener presente che dietro la dicitura “oli e grassi d’origine vegetale” non c’è solo l’olio di oliva ma, più spesso, gli oli di palma e cocco, ricchi in acidi grassi saturi favorenti l’aterosclerosi e le malattie cardio-cerebrovascolari. Meglio scegliere tra yogurt, frutta, succhi e spremuta di frutta oppure, se si preferisce uno spuntino dal sapore salato e grasso, meglio mangiare una fetta di pane con 1 cucchiaino di olio di oliva, pomodoro e origano. Insomma, l’olio extra-vergine di oliva può essere consumato in qualsiasi ora del giorno e, se assunto fino a 3 porzioni al giorno, come indicato dalla Piramide Italiana della Dieta Mediterranea, può sostituire i grassi di origine animale e quelli vegetali trasformati dall’industria alimentare, fornendo un apporto calorico equivalente e nutrienti benefici per la salute.

Per saperne di più: 1. www.inran.it, Linee Guida per una sana alimentazione italiana 2. Tabelle di Composizione degli alimenti, aggior. 2000, INRAN, Edra Ed. 3. La Chimica degli Alimenti, Tom P. Coulate, Zanichelli Ed. 4. Flos-Olei 2012, guida ai migliori extravergine del mondo, M. Oreggia

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Fin dalle epoche più remote i fiumi hanno rappresentato un punto di attrazione ed un “motore di sviluppo” per la specie umana. Perché significavano acqua, e quindi vita e agricoltura, ma anche fonte di cibo e vie di comunicazione. Non a caso molte grandi civiltà del passato si sono sviluppate lungo il corso di un fiume. Il bello è che questo ragionamento vale sia per i grandi fiumi, che per i piccoli: così ci sono Roma ed il suo Tevere (che è comunque anche fiume sabino), nonché la Sabina ed il suo Farfa. GALILEO FABRIZIO SCIARRETTA

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osì, fin da tempi remoti, questo fiume antico fa parte della storia e della vita quotidiana degli abitanti di questi luoghi. Lo cita Ovidio nelle Metamorfosi ...et opacae Farfarus umbrae…. ed il farfaro dall’ombra scura... a causa della folta vegetazione che, ora come allora, ne cinge il corso. Qualche secolo dopo, nel V d.C., proprio nelle sue vicinanze sorge l’Abbazia di Farfa: forse anche perché il corso del fiume – di qualche metro più alto dell’attuale – consentiva con tutta probabilità la navigazione e dal Farfa si passava al Tevere, e da lì a Roma e poi al mare. Del resto gli abati non disdegnavano questa opportunità: l’abate Ingoaldo, nel IX secolo, armava una nave da trasporto addirittura esentata dal pagar dazio nei porti dell’impero carolingio. Purtroppo, il via vai sul Farfa

non era sempre fortunato: non è improbabile che lo solcarono anche i saraceni per introdursi in Sabina quando, verso la fine dello stesso secolo, distrussero l’Abbazia. Passato l’anno mille, la Sabina piano piano si avvia ad una ripresa demografica ed economica, ed il Farfa è ancora della partita: numerosi sono i mulini mossi dalle sua acque, i castelli che ne controllano il corso, i ponti che lo attraversano. Nel 1703, Carlo Bartolomeo Piazza, descrivendo i territori della Diocesi Suburbicaria di Sabina, ed in particolare Frasso, ce ne da un quadro storicamente prezioso: “Su le sponde, ed erte pendici del fiume Farfaro, alla destra de Monti S. Giovanni, Severo, e Neo, vicino a Montopoli giace questo ombroso e picciolo Castello, il quale senza dubbio è l’antico Capo Farfaro, perché poco lungi da esso il fiume

medesimo, di cui disse Plauto: Dissipabo te tanquam folia Farfari. Ed Ovidio: Et amena Farfaris umbra. Chiamossi Frasso, forse dall’abbondanza, tra gli altri alberi, di quello di questo nome. Per la copia dell’acque limpidissime, e fredde; nelle quali pescansi saporitissime trotte, ed altri nobili pesci. Vi si fabbrica con curioso artifizio la carta, di mediocre qualità, la quale si vende per tutta la Sabina. Scorre questo ameno fiume Farfaro per valli profonde per molta parte dell’antica Sabina, e per la famosa Abbadia di Farfa, …… Ed è degna di osservarsi sotto, e poco lungi da questo Castello lo strepitoso sgorgo da sassi, e radice del vicino monte, da onde ha l’origine questo fiume, e tosto più copioso s’ingrossa, fino a girare, dopo la distanza di un quarto di miglio, grosse mole di torchi di oglio, di cartiere, e di grano, con acque chiare, e so-

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Ponte medievale Condotti mulino

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pra ogni credere fredde, e perciò perfette per l’uso umano”. Dal 1700 ai giorni nostri molte tradizioni sono cambiate, però se i mulini ad acqua non si usano più, fino a pochi decenni or sono il Farfa era parte importante dell’economia dei paesi lungo il suo corso. Dai canneti si prendeva il materiale per intrecciare le ceste mentre il pesce sotto sale costituiva parte integrante dell’alimentazione. Se quest’economia fluviale oggi non esiste più, la fortuna ci ha però preservato un Farfa intatto per gran parte del suo corso. Ma come si fa a visitare un fiume e cosa andare a vedere ? Certo, il punto più noto è sotto il Ponte di Granica lungo la provinciale che da Castelnuovo di Farfa porta a Montopoli (SP 42). Non vi potete sbagliare: passato il ponte (Castelnuovo alle spalle), subito a destra trovate un viottolo che vi porta in uno spiazzo dove potete parcheggiare: fate due passi e siete con i piedi in acqua. Solo che lo sanno tutti e nei fine settimana d’estate la densità umana è elevatissima. In compenso, il profumo che viene dai barbecue è molto stimolante … vi consiglio di portarvi un bel pranzetto anche voi ! Granica offre anche un’altra bella alternativa: infatti, se passato il ponte girate a sinistra (anziché a destra) per lo strada bianca che troverete subito dopo, lì inizia una pista ciclabile che corre per circa 3 km. lungo il Farfa (in località Pantanelli) e vi consente di arrivare alla Centrale ENEL di Baccelli (realizzata negli anni ’30) e da lì di andare ampiamente a spasso per le strade di campagna. Per chi vuol godersi il Farfa sempre con comodità ma in un luogo appositamente attrezzato per i pic nic, ho un altro consiglio. Partiamo da qualche “coordinata”: il Farfa nasce a monte di Frasso Sabino, in località Ponte Buida sulla Via Salaria (km. 62), ovvero dove sorgeva il ponte romano che consentiva l’attraversamento di un’area in cui confluiscono ancora oggi i tre torrenti che originano il Farfa. Circa un chilometro più a valle, in comune di Frasso, il Farfa si “rifornisce” dalla Sorgente Le Capore: si tratta di una fonte d’acqua importante (circa 5.000 litri/ secondo) ma che oggi viene in gran parte captata dall’ACEA e convogliata su Roma.

Questo è il posto che fa per voi: sfruttando un grande prato alberato bordo fiume è stata creata una vasta area attrezzata. Il contesto è bellissimo ed arrivarci è comodissimo: all’ingresso dell’abitato di Frasso, dalla strada principale svoltate a destra ed andate giù sempre dritti. Non potete sbagliare: sul fondo valle c’è il Farfa (ed anche i tavoli da pic ninc) ! Certamente potete andarci anche a piedi passando per sentieri ameni, ma perché rinunciare alla comodità? Ciò detto, dichiaro subito che le mie preferenze, quando si parla di “visitare” il Farfa, sono piuttosto diverse e un tantino più solitarie ed atletiche. Il Farfa è infatti famoso per le sue “gole” (belle, bellissime) scavate dal fiume all’interno del profondo vallone (mi perdonino i geologi) che separa le alture su cui sorgono i comuni di Mompeo a destra (spalle alla sorgente) e Castelnuovo di Farfa. Si tratta di uno spettacolo naturale unico che è inutile provare a descrivere a parole ( …. tanto ci sono le foto) e non si può dire di conoscere la natura sabina se non le si è mai visitate. Con prudenza, però: risalire le gole è faccenda riservata agli esperti di “torrenting” e non da soli. Se succede qualcosa non c’è elisoccorso

che ci arrivi ed è inutile dire che la copertura del telefonino è una chimera. La mia proposta è la seguente e significa vivere un Farfa incontaminato: esattamente come lo videro i Sabini, i Romani e coloro che lo frequentarono nei secoli passati più recenti. Il “punto che conta” è un tratto di alcune centinaia di metri che va dalla confluenza del Torrente Montenero nel Farfa fino all’inizio delle Gole, tra l’altro arricchito da resti archeologici importanti. L’acqua è cristallina e fredda, l’ombra scura nel suo massimo rigoglio, gli spazi ampi quanto basta per accogliere pochi, selezionati, avventori. Secondo me, la soluzione migliore (vergogna !) è arrivarci in macchina: dall’interno del centro storico di Casaprota prendete la strada che scende a destra per la Loc. Vignanello. Dopo 3.5 km. la strada finisce con un bivio, girate a destra e, dopo 1 km., quello che vedrete scorrere ai vostri piedi è il Torrente Montenero. La strada bianca che vi trovate di fronte (al di là del Montenero) è il sentiero che porta su a Mompeo, in località Madonna del Mattone. E’ percorribile in auto a patto di disporre di un fuoristrada o di una macchina a cui non tenete granchè … Per

chi lo preferisce, ovviamente, si può arrivare anche da Mompeo dove, prima della salita che porta al paese, si diparte sulla sinistra il sentiero per il fiume (fantastico in discesa, un pò meno in salita) contraddistinto anche dalle indicazioni “Mole sul Farfa”. Noi, però, al Farfa ci siamo arrivati in macchina e adesso, zaino in spalla e scarponi ai piedi, ci ficchiamo a mollo fino a mezza coscia. Dal punto dove avrete parcheggiato, fate un centinaio di metri nel Torrente Montenero e guardate a sinistra: sì, è lui, quello è il Farfa che viene giù da Frasso. Andate ancora avanti e prestate attenzione alla riva destra: il troncone di arco che vedete è quanto resta di un ponte romano (ma ne parliamo meglio dopo). A questo punto, o continuate nel fiume oppure risalite ed andate lungo la sponda. Fate poche centinaia di metri e quello che vi trovate di fronte (riva destra) è quanto resta di un antico mulino ad acqua proprietà della famiglia Naro, feudatari di Mompeo. Vedrete che il mulino è corredato di vari cartelli “didattici”: buona lettura. Noterete anche, lungo la riva, diverse prese d’acqua dei condotti che consentivano di captare l’acqua dal fiume (più a monte) e scaricarla a pressione

Condotti mulino

Farfa - confluenza con il Tevere

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contro le pale del mulino. Questo è il posto migliore per disporre il vostro telo “da mare”: infatti è l’unica spiaggetta di tutta la zona, chi primo arriva meglio alloggia. Fate qualche passo avanti e guardate in alto: quello che vedete è un ponte medievale e la sterrata che se ne diparte sulla riva sinistra porta a Castelnuvo di Farfa. Voi siete all’incrocio di un traffico millenario: da sempre i due ponti – prima l’uno poi l’altro – hanno collegato le popolazioni del bacino del Farfa (Mompeo, Salisano, Casaprota, Castelnuovo di Farfa e via dicendo) con la via più veloce per la valle ed il Tevere e, dal V° secolo in poi, con l’Imperiale Abbazia di Farfa (il brivido lungo la schiena è normale, fa anche un pò freddo, sarà l’acqua). A questo punto, cercando di essere prudenti, potete addentrarvi di un centinaio di metri ancora e sarete all’inizio delle Gole. Non ho altro da aggiungere. Adesso del Farfa avete visto parecchio, ma consentitemi un ultimo suggerimento. Il vostro viaggio non sarebbe completo se del Farfa non vedeste la confluenza nel Tevere, all’interno della Riserva Naturale del Tevere Farfa. Nella Riserva il tempo si è fermato e la Natura è rinata, ne vale la pena. Tra l’altro, la Riserva vi farà agevolmente percorrere le sue acque su battelli all’uopo destinati: una domenica da non perdere. Se vi innamorerete del Farfa come ne sono io, ricordatevi però di difenderlo da tutti coloro che non lo rispettano e di lasciarlo anche voi intatto, perché per altri tremila anni coloro che verranno possano immergersi nelle sua acque di ghiaccio così come possiamo fare noi.

Ponte romano

CONVENZIONI SANITARIE CASPIE DAY MEDICAL EUROPASSISTANCE FASDAC FISDE FONDO EST NEWMED PREVIMEDICAL SARA ASSICURAZIONI UNISALUTE UNIVERSITA’ POPOLARE ERETINA

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Gole del Farfa

Riferimenti Utili • la Carta Topografica dell’Istituto Geografico Militare da utilizzare è la Foglio n° 357 Sez. III – Poggio Mirteto (scala 1 : 25.000) • per la Riserva Naturale Nazzano Tevere Farfa, leggete l’articolo “Dio Tevere” su www.salutepiu.info cliccando nel menù Sabina > Ambiente • sito ufficiale della Riserva Naturale Nazzano Tevere Farfa www.teverefarfa.it per prenotare il tour in battello, contattare i numeri 347- 6104110 e 347-9364173 o inviare email a ilsentierodelfiume@yahoo.it 29


dici è sempre presente ed ispira il loro agire, dall’altro il Servizio Sanitario Nazionale deve garantire i supporti necessari

GALILEO FABRIZIO SCIARRETTA Il momento presente della sanità italiana è certamente caratterizzato da grande fermento, come probabilmente non accadeva da parecchi anni. La crisi finanziaria dello Stato Italiano impone misure di razionalizzazione della spesa dolorose, alle volte penalizzanti per i cittadini, altre volte finalizzate a tagliare sprechi ingiustificabili e gestioni inadeguate. SalutePiù si è data l’obiettivo – nello spazio “Modello Sanità” – di seguire e descrivere questo cambiamento, se possibile di provare ad anticipare la direzione che esso prenderà. In questo numero affrontiamo due temi solo apparentemente diversi perché, in realtà, hanno un denominatore comune: consentire una fruizione dei servizi socio-sanitari il più possibile agevole per i cittadini ed il più possibile vicina alle loro case. Abbiamo così incontrato, da un lato, il Dr. Antonio Catania, chirurgo e sindaco di Montelibretti, per capire le tematiche specifiche di un comune abbastanza tipico per dimensioni della provincia di Roma e verificare quali soluzioni sia possibile mettere in campo. Dall’altro, abbiamo analizzato con il Dr. Gabriele Penitenti, presidente di Rete Sanares, quali soluzioni stiano al loro volta progettando e mettendo a punto gli ambulatori privati ed accreditati per fornire risposte più complete e tempestive alla domanda di salute dei cittadini. A quest’ultimo proposito, l’Osservatori Sanità UniSalute, proprio in questi giorni, ha concluso una ricerca specifica la quale rileva come per un ampio ventaglio di prestazioni emerge un diffuso utilizzo delle strutture private, di cui gli italiani apprezzano i tempi rapidi, il servizio ed il comfort anche se, ovviamente, a fronte di un esborso economico “di tasca”. Queste strutture sono scelte da un italiano su tre (32%) in caso di ecografia così come risultano essere le preferite dalla metà delle donne intervistate (49%) per una visita specialistica quale la ginecologia. L’Osservatorio UniSalute ha inoltre chiesto agli italiani se, in futuro, continueranno a rivolgersi allo stesso tipo di struttura per questi esami e si scopre che l’intenzione sarebbe quella di poter fare affidamento sul settore pubblico per contenere i costi sostenuti direttamente. Il sistema pubblico però, a causa dei tagli a cui è sottoposto, farà sempre più fatica a fornire quel servizio che gli italiani auspicano. Lo scenario che potrebbe prospettarsi sembra dunque essere, quello di un maggior uso delle strutture private e, purtroppo, una crescente disponibilità a rinunciare alle cure per via degli eccessivi costi. In quest’ottica è indispensabile lavorare allo sviluppo e alla diffusione di forme di sostegno ai redditi delle famiglie che possano permettere un maggiore e più esteso riscorso a prestazioni sanitarie da parte dei cittadini. Se la spesa cosiddetta “out of pocket “(cioè sostenuta direttamente dai cittadini) rappresenta l’88% della spesa sanitaria privata, la quota coperta da Fondi nazionali di categoria, Casse aziendali, Mutue e Assicurazioni private è infatti oggi solo del 12% 30

Montelibretti

ANTONIO CATANIA Sindaco di Montelibretti

ANTONIO CATANIA, chirurgo e docente di Chirurgia Generale presso l’Università di Roma “La Sapienza”, è da circa un anno e mezzo sindaco di Montelibretti. SalutePiù lo ha incontrato per affrontare il delicato tema dei servizi sanitari territoriali.

Sindaco Catania, mi lasci approfittare della sua duplice qualità di sindaco e di medico, per iniziare chiedendole quali siano le priorità in termini di servizi sanitari da assicurare ad una comunità di 5.000 abitanti. Per risponderle è necessario partire da una presa d’atto dello stato di fatto: i mezzi finanziari a disposizione della Regione Lazio sono limitati e lo saranno ancor di più in futuro, ciò a fronte di una domanda di salute da parte della cittadinanza crescente anche in funzione dell’aumento dell’aspettativa di vita. Dunque, diviene necessario costruire un modello nuovo dove la cura della grandi

patologie venga accentrata in relativamente pochi centri d’eccellenza strettamente connessi, però, con i territori di provenienza dei pazienti. Viceversa, i servizi di natura amministrativa ed anche in parte di quelli sanitari devono essere avvicinati alle case dei cittadini in modo da minimizzare gli spostamenti. Ovviamente, per un comune delle nostre dimensioni ed in considerazione di quanto appena detto, diviene cruciale il ruolo dei medici di famiglia proprio per garantire un’assistenza medica di assoluta prossimità. Qui debbo dire, con piacere, che i nostri medici offrono ai cittadini un livello di servizio veramente elevato. Un problema lo abbiamo in-

vece nel campo della pediatria dove, nonostante vi siano oltre 600 residenti in età pediatrica, non è presente un pediatra di libera scelta. Il problema nasce dai parametri sulla base dei quali le ASL assegnano al territorio tale servizio, ma mi sto impegnando per poter avere la presenza di un pediatra anche qui da noi. Tornando ai ragionamenti generali, se parliamo di accentramento della cura delle grandi patologie dobbiamo, per converso, garantire trasporti agevoli e veloci. Dunque, un comune come il nostro deve costruire accordi con organizzazioni quali la Croce Rossa e la Protezione Civile ed individuare un elisuperficie per le emergen-

ze. Questo è, peraltro, quello che stiamo facendo per Montelibretti.

funzionare in un comune delle dimensioni di Montelibretti?

Ed in termini di servizi sociosanitari?

Il modello in sé può anche avere senso in un paese delle nostre dimensioni ma è chiaro che qui le dinamiche sono ben diverse da quelle di una grande città. Mi lasci dire che a Montelibretti l’etica professionale ha precorso il Ministro. L’assistenza H24, grazie all’impegno dei nostri medici di famiglia, in realtà c’è sempre stata, come avviene anche in altri piccoli centri.

E’ chiaro ormai a tutti che servizi sanitari e servizi sociali sono due facce della stessa medaglia. Parliamo soprattutto di servizi agli anziani ed assistenza sanitaria domiciliare. Nel nostro caso, la ASL RMG offre un servizio che giudico abbastanza valido, certamente sufficiente. Come in ogni cosa esistono spazi di miglioramento, ma abbiamo già compiuto dei passi importanti. Un passaggio importante sarebbe quello di avviare a soluzione il tema delle “dimissioni protette”, ovvero individuare strutture sul territorio, vicine al luogo di residenza dei pazienti, dove questi ultimi possano trascorrere la convalescenza una volta dimessi dagli ospedali con la garanzia di controlli medici ed assistenza adeguati La riforma del Sistema Sanitario proposta dal Ministro Balduzzi ed approvata dalla Camera il 18 ottobre, individua negli studi associati dei medici di famiglia, lo strumento per garantire un’assistenza sanitaria H24. Si tratta di un modello che può

Si tratta poi però anche di capire come dare a questi studi anche apparecchiature diagnostiche piuttosto che la capacità di effettuare attività di primo soccorso. Infatti, premesso quello che ho appena detto circa Montelibretti, credo che sia necessario anche ragionare sulle finalità e sulla fattibilità del provvedimento Balduzzi. Se la finalità è quella di ridurre i codici bianchi ed alleggerire i pronto soccorso è necessario effettivamente valutare prima se esistano le risorse e le strutture per farlo: altrimenti si rischia di individuare soluzioni teoricamente valide ma praticamente di difficile attuazione. Insomma, se da un lato il senso etico dei me-

Nello scenario, che si è andato delineando in questi ultimi tre o quattro anni, a prima sensazione, mi sembra che la capacità decisionale dei comuni sia rimasta come “schiacciata” tra i vari tagli e piani di rientro: Regione e Ministero del Tesoro sembrano ormai avere solidamente in mano il potere di qualsiasi decisione di programmazione della sanità territoriale.. Evidentemente, la politica sanitaria nazionale e regionale necessita di livelli di coordinamento che potremmo chiamare “centrali” i quali, tra l’altro, garantiscano i cosiddetti Livelli Essenziali d’Assistenza che sono uno dei punti fondanti del nostro welfare. Detto questo, il problema è però quello di garantire ai cittadini una facilità d’accesso ai servizi sanitari, cioè una adeguata ed ottimizzata distribuzione dei servizi stessi sui territori. Ritorno ai medici di famiglia: la loro opera è eccellente, ma devono avere un importante sostegno dal “centro”, non possono essere lasciati soli in mezzo al mare. Pertanto, il comune deve ritrovare a buon diritto il suo ruolo nell’ambito della programmazione sanitaria territoriale: non può essere costretto a piatire dalla ASL o dalla Regione la disponibilità dei servizi, deve essere chiamato intorno al tavolo per condividere le scelte. Questo un tempo esisteva: quando le ASL si chiamavano ancora USL, i sindaci avevano un ruolo specifico e formalmente riconosciuto nell’ambito della programmazione territoriale ed è a quel modello decisionale che occorre ritornare. 31


avesse necessità oppure di effettuare assistenza sociosanitaria a domicilio. E questo sull’intero territorio della Regione Lazio?

Le RETI in sanità: per un servizio vicino al cittadino

Gabriele Penitenti è Presidente di Sanares, la prima Rete d’Imprese italiana attiva nel settore della sanità. SalutePiù lo ha incontrato per capire il significato di questa nuova forma di collaborazione tra imprese e come essa possa migliorare l’offerta di servizi sanitari nei nostri territori.

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Presidente Penitenti, prendiamola alla lontana, cos’è una Rete d’Imprese? Le Reti d’Imprese rappresentano un modello di aggregazione innovativo pensato per la piccola e media impresa, sviluppato dalla Comunità Europea ed oggi accolto anche nell’ordinamento italiano. Questo strumento consente di mantenere le singole aziende aderenti distinte ed indipendenti, ma coordinate tra di loro, per perseguire lo scopo comune di accrescere la propria capacità di offrire servizi di elevata qualità ed innovativi. Le imprese determinato obiettivi da raggiungere ed attività da sviluppare in comune condividendo idee ed investimenti ma senza l’obbligo di rinunciare alla propria indipendenza nelle tante altre decisioni che l’attività di ogni azienda comporta. Immaginate, appunto una rete in cui le singole azien-

de ne rappresentano i nodi tutti in stretta relazione tra di loro. Perfetto. Riesco ad immaginare diversi vantaggi per le imprese: ad esempio condividere i costi di investimenti importanti. Ma il cittadino – paziente che benefici ne trae? Sanares, ed in generale le reti, si basano sul concetto di integrazione delle strutture appartenenti alla Rete, e sulla la loro complementarietà. Cioè lavoriamo insieme e mettiamo a fattor comune i servizi sanitari che siamo in grado di erogare: un cittadino, recandosi o contattando telefonicamente o telematicamente uno qualsiasi dei centri aderenti, potrà accedere ai servizi offerti da tutti gli altri operatori trovando livelli qualitativi e di accoglienza comuni. Nel “Modello Rete” è infatti proprio la capillarità e la

distribuzione delle strutture ubicate sul territorio a fornire l’elemento caratterizzante e distintivo, così da riconsegnare al cittadino/ paziente quel fondamentale diritto alla libertà di scelta tra i molteplici servizi specialistici offerti. Mi perdoni, ma un esempio mi aiuterebbe. Certo. Faccia conto che la sua struttura sanitaria di fiducia faccia parte di Sanares. Magari, però, lei ha necessità di una particolare prestazione diagnostica che la sua struttura non eroga direttamente ma che può prenotarle presso una delle altre strutture associate. L’idea è quella di poter accogliere tutte le esigenze dei nostri pazienti mettendo insieme le competenze di tutti i nostri associati, ma anche di più. Infatti, abbiamo stretto accordi con organizzazioni in grado di effettuare i trasporti sanitari, qualora il paziente ne

Non ancora. Attualmente abbiamo circa 40 strutture associate che coprono abbastanza capillarmente Roma e provincia ma siamo all’opera per estendere la presenza della nostra rete in tutte le provincie. Per darle un ordine di grandezza, circa 500.000 pazienti ogni anno entrano nei nostri centri. Ovviamente alcuni più di una volta, ma anche se contiamo i singoli pazienti, possiamo sempre affermare di offrire i nostri servizi ad una percentuale importante dei cittadini della nostra regione che ogni anno usufruiscono di servizi sanitari. Sono dimensioni che ci permettono anche, tutti insieme, di guardare con serenità ad investimenti in innovazione anche importanti.

proporremo protocolli di prevenzione per patologie epidemiologicamente rilevanti ed anche socialmente importanti a tariffe certamente “sociali”. Del resto, proprio lo stare in rete ci consente di ottimizzare l’utilizzo delle risorse e gli acquisti e quindi, conseguentemente, proporre condizioni accessibili. Quindi, in qualche misura, la Rete rappresenta anche una forma di

“adattamento della specie” all’evoluzione del settore sanitario? A dir la verità, non l’avevo mai vista in quest’ottica, però è vero: che ci si trovi in una fase evolutiva, è un fatto. Il SSN sta ripensando le sue modalità di funzionamento, le risorse finanziarie sono un fattore critico, i fondi integrativi sono in espansione e la coscienza che il cittadino ha del suo “diritto alla salute” è diffu-

sa come non mai. Certamente, in questo contesto, l’organizzazione in Rete è una risposta che cerca di coniugare elevati livelli qualitativi con la capacità di fornire una risposta tempestiva e sostenibile economicamente alla domanda di salute dei cittadini.

Ovviamente a pagamento, però. Non necessariamente. I centri aderenti a Sanares rappresentano esattamente uno spaccato del sistema complessivo. Quindi, molti sono “accreditati” con il Servizio Sanitario Regionale per determinate branche, ad esempio i laboratori analisi, le radiologie e le fisioterapie. In molti altri casi operiamo in ”convenzione” con i grandi fondi integrativi sanitari e le compagnie d’assicurazione. Ovviamente esistono anche situazioni in cui eroghiamo servizi in termini, diciamo così, “privati”, però anche qui stiamo cercando nuove soluzioni.

2013

Per capirci? Crediamo molto nella medicina preventiva. A breve 33


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POGGIO MIRTETO

Nella parte alta è raffigurata L’Incoronazione di Maria attribuita a Lorenzo Torresani, databile al 1521. Gesù e la Vergine sono circondati da un coro di angeli musicisti a loro volta cinti da una corona di angioletti. Osservate gli strumenti: sul lato sinistro gli angeli suonano una cetra, una chitarra, un flauto ed un tamburello; sul lato destro un liuto, un violino ed un flauto (del quarto angelo si è perduto lo strumento ma le mani mi fanno pensare ad un tamburello). Nella parte sottostante dell’abside è affrescata La Conversione di Saulo dove quest’ultimo, caduto da cavallo, vede in alto il Cristo che gli parla. Ai lati dell’affresco si stagliano, ieratici, San Pietro con le chiavi e San Paolo con la spada. In alto ai lati dell’Incoronazione, negli angoli, rispettivamente, di destra e di sinistra sono rappresentati Isaia e Salomone. Ora che siete concentrati nell’osservazione dell’abside,

alto, la Storia dei Bianchi, un movimento di pellegrini che, in nome della pace, attraversò l’Italia nell’Anno Santo del 1400 per arrivare, in 120.000, fino a Roma e disperdersi poi spontaneamente come erano sorti. Il loro passaggio in Sabina generò testimonianze artistiche sia a Poggio Mirteto che a Montebuono (Chiesa S. Pietro al Muricento) ed a Fara Sabina (Convento delle Clarisse). La parete di destra vi serberà altrettante sorprese: una bellissima Madonna con Bambino (con manto azzurro ed abito rosso); una Madonna in Trono con Bambino (sul ginocchio sinistro, 1360); Cristo in Trono con intorno quattro figure rappresentanti gli Evangelisti (l’aquila, alla destra del Cristo, simboleggia San Giovanni), la Maddalena (dai capelli biondi),

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Chiesa di San Paolo Antica come Poggio Mirteto, a sua volta fondata intorno alla metà del ‘200, la Chiesa di San Paolo, è situata subito fuori il perimetro del borgo forse per la sua natura sia di parrocchiale (la prima di Poggio) che di chiesa cimiteriale, per la quale funzione, persa nel 1888 con la costruzione del nuovo cimitero, fu poi utilizzato anche l’attuale Parco S. Paolo. Nella memoria storica di Poggio Mirteto, la chiesa è collegata ad un fatto miracoloso: nel 1654 le campagne vennero invase dalle cavallette e la popolazione chiese ai Padri Missionari di ripristinare la tradizione di celebrare in San Paolo la messa del Venerdì Santo. La storia vuole che, al termine della funzione, l’invasione delle cavallette fosse terminata. Visto da fuori, l’edifico sacro non lascia presagire i suoi te-

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sori: la facciata è semplice con portale e rosone in pietra. Varcata la soglia, la meraviglia si fa allora più grande. Infatti, le pareti conservano ancora parte importante di quegli affreschi che un tempo le coprivano completamente. Va evidenziato come i dipinti si articolino in un continuum che va dal ‘200 al ‘500 con un’alternanza di temi e stili che rende la visita di grande interesse. L’edificio è a navata unica con quattro ampi archi a sesto acuto che polarizzano lo sguardo verso l’abside. Inevitabilmente, la nostra visita parte da qui.

giratevi di scatto e guardate la parete di fondo della chiesa: è forse bella quanto l’abside e raccoglie due opere di valore particolare, di cui parleremo tra un po’. Intanto, muovendoci verso la controfacciata, guardiamo le pareti della navata: sui ambo i lati, si susseguono gli affreschi. Soffermatevi su quelli che vi colpiscono di più. Nella parete di sinistra (tornando verso il portale) vedrete tre donne in preghiera tra le quali Santa Orsola; poi Santa Anatolia Martire, la Madonna del Latte ed, accanto, il Santo Vescovo. In 1

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Sant’Ansano e San Sebastiano. A questo punto, siamo arrivati alla controfacciata. Sopra il portone, L’Annunciazione e, a sinistra, una Santa con Libro. Il medaglione ricorda il restauro della chiesa del 1749: la dizione “Mandelensi” rivela la sopravvivenza dell’errore rina-

1 Chiesa - interno 2 La conversione di Saulo 3 Abside 4 Grottesca 5 Deposizione di Cristo

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siderio di accogliere le crescenti opportunità mondane, hanno iniziato a considerare la morte non più come il naturale passaggio a miglior vita, bensì una perfida antagonista”. La nascita del “mito” dell’Incontro in Europa , potrebbe risalire alla letteratura francese con un poemetto di Baudoin de Condé (1275 circa) alla Corte di Margherita di Fiandra. In Italia abbiamo una prima rappresentazione coeva, quella del duomo di Atri (1260-70). Da allora, dice sempre Fornari: “l’idea di raffigurare dei corpi in stato di putrefazione è stata colta da quel tipo di religione austera tipica del Medio Evo, riferibile all’ascetismo cristiano che disprezza la vita dimostrandosi ostile alla bellezza e alla felicità”. La valenza dell’affresco di Poggio Mirteto è importante per almeno due motivi. Il primo è che rientra tra gli affreschi più antichi sul tema, datati fine XIII - inizio XIV sec., (si è poi andati avanti fino al XVI) e dà una interpretazione chiara del medesimo: il cavaliere porta la corona e sorregge con la mano il mento in meditazione. Di fronte a lui i tre corpi in diverso stadio di decomposizione: il primo ha ancora la corona in testa, il secondo la sta perdendo, il terzo non la ha più ma essa è a terra. Il significato è evidente. Il secondo elemento importante è che possiamo decifrare la frase riportata tra le zampe del cavallo, in antico dialetto sabino. Il Prof. Monaci (fine ‘800) la tradusse così: la vita m’è scura (non so cosa mi riservi) / la morte è dura / perduto ho riso e gioia gioco e allegria / non consigliatemi cosa che sia ingannevole / che al Dio mio sono ritornato / come gli ho chiesto. L’arte religiosa, dunque, come profondo momento di riflessione esistenziale.

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scimentale per il quale Poggio Mirteto era identificata con l’antica Mandela. Più a destra due dei “pezzi forti” di San Paolo: in basso la Deposizione di Cristo, di scuola giottesca. In alto, L’Incontro dei Vivi e dei Morti: un cavaliere coronato osserva tre morti in diverso livello di decomposizione. Quest’ultima opera necessita

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di una riflessione a sé, ma discuterne compiutamente qui sarebbe impossibile. Per comprenderne i termini generali, mi rifarei a Carlo F o rnari: “Secondo u n a tradizione araba il poeta Adi, vissuto verso il 580 d.C. avrebbe detto rivolto a Noman, Re di Hira, che cavalcava assieme a lui nei pressi di un cimitero: «Che la sventura rimanga lontana da te! Conosci tu il messaggio di questi morti?». Ed enunciò compiutamente la frase ... «Noi fummo ciò che voi siete, voi sarete ciò che noi siamo!» … gli studiosi più recenti sono invece propensi a privilegiare la generazione autoctona del mito, agevolato da vari concomitanti motivi. Tra questi, figura la diffusione dei nuovi movimenti ereticali pauperistici ed in particolar modo di quelli catari ... l’ombra sinistra dell’Inquisizione … la nascita degli Ordini Mendicanti … l’accanimento delle epidemie … A consolidare la svolta culturale ha provveduto in ogni caso la rapida diffusione del benessere … per cui gli uomini, dibattuti tra la necessità di condurre una vita evangelica coerente e il de-

1 San Pietro 2 La Maddalena 3 Particolare della Conversione di Saulo

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4 Grottesca

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1 Il Cavaliere coronato; l’incontro tra i vivi ed i morti 2 I morti 3 Sant’Anatolia 4 Il Santo Vescovo 5 Madonna del latte 6 Sant’Ansano

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In quegli anni, infatti, alla corte pontificia artisti sommi realizzano opere che diverranno la massima testimonianza di un tempo irripetibile: tra il tra il 1475 e il 1481, papa Sisto IV della Rovere, avvia la realizzazione della Cappella Sistina. Nel 1503 ascende al Soglio Pontificio suo nipote, Giulio II. Immediatamente convoca il Bramante e dà il via alla costruzione della Basilica di San Pietro nelle forme in cui la conosciamo oggi. Dal 1508 Michelangelo affresca per lui la volta della Cappella Sistina, mentre negli stessi anni, a pochi passi da lì, il gotha delle arti figurative è intento alla realiz-

PALOMBARA SABINA

zare le Stanze Vaticane: Perugino, Baldassarre Peruzzi, Lorenzo Lotto, e, soprattutto, Raffaello. Insomma, chi in Italia sa tenere il pennello in mano, in quegli anni è a Roma. Sono però anche anni di vicende cruente, alle volte torbide: tra i pontificati dei due Della Rovere, vi è quello di Alessandro VI, Rodrigo Borgia, e, oserei dire, dei suoi figli Cesare e Lucrezia, durato dal 1493 al 1503. In questo mondo in fermento vivono, combattono e rappresentano al mondo il loro ruolo due fratelli: Troilo (*1465 +1517) e Giacomo (+1541) Savelli. La fine del ‘400 è un momento difficile per il loro castello, situato in un’area critica per gli equilibri tra le famiglie romane. Troilo difende la rocca di Palombara nel 1482 contro gli Aragonesi, nel 1486 contro gli Orsini, nel 1498 insieme con il fratello Giacomo, ancora contro gli Orsini. Resistono valorosamente fino a prendere la drammatica decisione di bruciare il castello per non farlo cadere in mano nemica. Per dieci anni rimarrà così, in attesa di momenti migliori. I guai non finiscono qui: Alessandro VI Borgia, poiché Troilo gli è apertamente ostile, nel 1501 gliene toglie la proprietà affidandolo a Giulio Orsini. Ma nel 1503 Papa Borgia muore, probabilmente bevendo un vino avvelenato destinato ad un altro commensale. Giulio II che gli succede rappacifica la nobiltà romana e, soprattutto, i due grandi avversari di sempre, gli Orsini e i Colonna, e restituisce il Castello di Palombara ai Savelli. Nel gennaio del 1509 Troilo e Giacomo si dividono il patrimonio familiare, ma non Palombara. Entrambe la scelgono come propria dimora e si stabiliscono nei due palazzi costituenti altrettante “ali” del castello che ancora oggi portano i loro rispettivi nomi. Da Roma a Palombara la strada non è molta, soprattutto se a percorrerla sono Troilo e Giacomo: certamente coltivano amicizie importanti in tutti i campi, dal potere all’arte. E non si può essere da meno dei propri pari, non se nel proprio sangue si ha quello di tre Papi: il castello inizia così a trasformarsi, ad essere non più solo rocca ma palazzo rinascimentale. Iniziano così i lavori di ripristino del maniero che era rimasto com’era dopo l’incendio del 1498. Troilo si occupa di risistemare il Muro del Soccorso, un’opera militare suggestiva, costituita da un lungo muraglione che si diparte ad angolo retto dal castello e contiene all’interno un corridoio sopraelevato a due livelli: quello inferiore, completamente al coperto mentre quello superiore, a cielo aperto, provvisto di merlature. La sua funzione era di consentire la difesa addirittura al di fuori

Castello Savelli

Il Castello di Palombara racconta una storia antica tanto che per narrarla compiutamente sarebbe necessario un libro e non un articolo. Noi su quella storia vogliamo solo aprire uno stretto spiraglio, come quando la luce del sole si insinua tra le imposte socchiuse illuminando uno spicchio di stanza. E’ la storia di due fratelli nelle cui vene scorre un sangue tra i più antichi dell’aristocrazia romana e che sono testimoni e attori del momento più intenso del Rinascimento italiano. 38

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NOMENTANO dell’abitato e, comunque, ben prima che i nemici potessero arrivare alle mura del Castello. Rinforzate le difese, il momento è giunto per rappresentare al mondo non solo il loro valore di soldati ma anche la loro cultura di umanisti. Nascono cosi gli affreschi dei Palazzi di Troilo e di Giacomo che – fortunosamente - sono arrivati fino a noi. Infatti, i Savelli, ormai perdute le loro sostanze, cedettero nel 1637 il castello ai Borghese, ai quali nel 1893 successero i Torlonia e poi nel 1949 i Cesarini Sforza. A partire dal XVII secolo, le sale del Castello vennero così destinate ad una varietà di impieghi con modifiche ad hoc (quale la riduzione delle finestre nel Salone degli Uomini Romani e nello Studiolo in quanto carcere dal 1822 al 1960). Il Palazzo di Giacomo resta così a lungo in uno stato di abbandono che determina sia il danneggiamento delle opere che ancora oggi vediamo sia la distruzione di chissà quali altre che non sono mai giunte a noi. Quando, nel 1971, il Comune acquista il castello, il Palazzo di Troilo era ancora invece ancora sede della pretura, sorte che gli aveva garantito una so-

Muro del soccorso

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pravvivenza migliore. Solo lunghissimi e meritevoli restauri hanno consentito al castello di tornare, per quanto possibile, ai suoi antichi fasti recuperando i danni gravissimi infertigli dagli elementi naturali e dall’incuria degli uomini.

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Il Palazzo di Troilo Ma torniamo a quei primi anni del ‘500. Troilo fa ornare alcune delle sue stanze: • il Salone, dove gli affreschi emulano un loggiato sormontato dallo stemma dei Savelli e degli Orsini per celebrare il matrimonio pacificatore tra Troilo e Paola Orsini; • nella sala più piccola, accanto, un affresco ormai troppo rovinato per rendere riconoscibili le figure, rappresenta due sposi, che potrebbero essere proprio Troilo e Paola; • poi la sala della voliera con gli uccelli esotici: nel 1492 Cristoforo Colombo aveva scoperto le Americhe e nuove specie vegetali ed animali comparivano agli occhi degli europei (notate le foglie proprio di “vite americana”). Alcuni ambienti sono poi adornati da una decorazione a fascia all’altezza del soffitto: rappresenta figure femminili con un ornamneto a girali ed elementi “vegetali”.

Carcere

La Cappella

San Leonardo di Noblac

Stemma dei Savelli

Il Palazzo di Troilo possiede anche una cappella le cui pitture sono molto danneggiate ed inoltre debbono anche essere state in parte rimosse perché anticamente vi si accedeva dalla parete dove oggi è posto l’altare e viceversa. Si riconoscono sulla parete destra le due figure – ampiamente rimaneggiate – di un Santo Vescovo e di un Eremita mentre a sinistra dell’entrata è rappresentato, probabilmente, San Leonardo di Noblac, abate ed eremita, protettore dei carcerati e degli imprigionati ingiustamente. E’ spesso rappresentato con in mano delle catene o dei ceppi (come nel nostro caso)

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Il Palazzo di Giacomo Giacomo prende invece alloggio nei quartieri che erano già stati di suo zio, il Cardinale Giovan Battista. Le opere che vi fa dipingere sono le più preziose del castello ed anche quelle culturalmente più affini al Rinascimento imperante. Esse adornano due ambienti: lo Studiolo ed il Salone degli Uomini Romani.

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Il tema evidentemente connesso a quanto Giulio II andava realizzando nelle Stanze Vaticane, ed in particolare nella Stanza della Segnatura ornata con opere riferite ai vari aspetti del “sapere”. Giacomo, fa rappresentare a sua volta le arti liberali: astronomia, musica, retorica, aritmetica, geometria e dialettica. Abbiamo una buona indicazione per la datazione: sul globo dell’astronomo è riportata una data 1514. Guardate anche le “grottesche”, un ulteriore indizio della “vicinanza culturale” tra gli artisti di Giulio II e l’autore di questi affreschi.

Il Salone degli Uomini Romani E’ il gioiello del Castello Savelli. Nei riquadri della volta, i ritratti di grandi uomini romani, dalla Repubblica all’Impero: tra gli altri, Attilio Regolo, che la leggenda vuole ucciso dai cartaginesi facendolo rotolare in una botte irta di chiodi; Marco Agrippa, generale di Ottaviano Augusto al quale l’imperatore doveva la vittoria nella battaglia navale di Azio, Marco Claudio Marcello, generale impegnato sia contro i Galli che nelle guerre puniche ed il cui valore gli meritò l’appellativo di “la spada di Roma”. Ma di chi sono veramente quei volti ? Di quali tra i Savelli, forse, appartengono gli sguardi dei grandi generali romani ? Notate anche le fantasiose grottesche che qui dividono e raccordano i ritratti, e per le quali vale la medesima osservazione di poco fa. Immaginate ora la sala completamente affrescata, con i colori vivi con cui fu dipinta dal’artista, a noi ignoto, che la realizzò. Secondo alcuni, poteva essere vicino a Raffaello. Certo non poteva ignorare quanto Giulio II andava facendo e negli occhi aveva le immagini ed i colori dei due sommi maestri del nostro Rinascimento: Michelangelo e Raffaello, appunto. 42

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