Nordlys Luglio/Agosto 2017
I VICHINGHI E L’ACQUA
Ricette vegane GIOIELLI DAL MARE
La tavola d’estate SPECIALE
Pippi Calzelunghe
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Bimestrale illustrato sullo stile di vita nordico. Foto di copertina: Francesca Lentis Redattrici e Writers: Ida De Santo Flavia Di Luzio Francesca Lentis Anna Marangella Grafica e Art Director: Antonella Sguera Ringraziamo il fotografo Mikko Lรถnnberg per la collaborazione.
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Indice:
Redazione 6-7 Amici del web 8-9 Editoriale 10-17 Speciale Pippi Calzelunghe 20-21 Merenda con Pippi 24-31 Parole dal Nord Pippi Långstrump 34-37 Home & Lifestyle La tavola d’estate 40-41 Miti e leggende I vichinghi e il mare Viaggio alla scoperta delle navi vichinghe La magia dell’acqua nordica Raccontami una fiaba La Sirenetta (Prima parte) Ecologia Turbine eoliche offshore Agricoltura I frutti di bosco Ricette vegane Penne, pere e formaggio di soia Seitan ai mirtilli Insalata con le mele Handmade Gioielli dal mare Riciclo creativo Creatività con i bastoncini del gelato
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Flavia Di Luzio
Francesca Lentis
Nata nel 1985 a Chieti e cresciuta a Pescara, ho conseguito una laurea in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università di Bologna, specializzandomi poi in inglese, lingue nordiche e insegnamento della lingua e della cultura italiane a stranieri. Attualmente lavoro come traduttrice e docente di lingue freelance, faccio parte della redazione del sito Bifröst.it e collaboro con alcune realtà editoriali e aziendali del territorio nazionale e internazionale. Nel tempo libero mi piace uscire con gli amici, ascoltare musica, andare al cinema, leggere e disegnare. Amo gli animali, la natura,
Nata nel 1976, vivo in Sardegna. Amo viaggiare, la natura, le lunghe passeggiate in montagna e prendermi cura del mio orto. Le mie più grandi passioni sono la fotografia, il riciclo creativo e cucinare. Potete trovare le mie ricette nel mio blog crudoecotto. Blog e nella pagina https://www.facebook.com/ crudoecottoblog/
credo molto nell’attivismo e nel volontariato. Nata nel 1992 a Trani, in Puglia. Amo l’arte in tutte le sue forme, la fotografia, la lettura e viaggiare. All’età di 13 anni ho iniziato a sperimentare con programmi di grafica e ad utilizzare per la prima volta una macchina fotografica reflex. Terminati gli studi di maturità classica, ho intrapreso gli studi presso l’Accademia di Belle Arti, conseguendo la laurea in Grafica. Collaboro e lavoro nel mondo dell’editoria come grafica e art director.
Antonella Sguera
Potete trovare i miei lavori grafici al seguente link: https://society6.com/antonellasguera
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Redazione
Ida De Santo Anna Marangella Sono nata nel 1983, vivo in Calabria. Sono nata a Milano nel dicembre 1965, ma vivo a Verona ormai da più di vent’anni. Food blogger e food writer un po’ per gioco e un po’ per caso non ho ancora capito se mi piace di più cucinare, scrivere o fotografare: nel dubbio faccio tutte e tre le cose. Da sempre sono convinta che “si mangi anche con gli occhi” e che in una fotografia (così come in un piatto” siano i dettagli a fare la differenza. Adoro tutto quello che riguarda il nord: lo stile, la luce e persino la cucina. Amo il bianco, le linee pulite e gli oggetti del passato specie se sono un po’ scrostati e arrugginiti. Il mio blog si chiama Ultimissime dal Forno e potete trovarlo
qui:
http://ultimissimedalforno.blogspot.
it/ e su facebook qui https://www.facebook.com/ ultimissimedalfornoblog/
Sono laureata in conservazione del patrimonio artistico ma non mi occupo di questo. Sono moglie e mamma a tempo pieno. Sono una sognatrice che crede ancora alle favole lieto fine, una dama d’ altri tempi che si emoziona davanti ad un tramonto. Cosa amo? La ma dolce metà e il sorriso della mia bambina, baciarle i piedini, sorseggiare una tazza di tea davanti al caminetto leghere un libro, il profumo di una torta in forno, un mazzo di rose sul tavolo, il profumo della lavand , un centrino all’uncinett. Mi emozionano le piccole cose. Mi piace scattare fotografie spesso anche solo con il pensiero! Mi piace archiviare immagini ed idee. Sono una creativa e mi piace organizzare feste a tema. Se volete vedere I miei lavori creativi visitate la pagina fb “il pettirosso a pois” mentre su “feste di dama” potrete vedere le mie idee per le feste.
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Amici del web
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Editoriale
di Anna Marangella
La piena estate, quella dei pomeriggi lunghi e della frutta dolcissima. L’estate che profuma di zucchero e libertà. Immagino un giardino ombroso, fiori colorati e api che ronzano. Immagino una tavola all’ombra di un grande albero, colori chiari e frutti di bosco dolcissimi. Gli stessi che sporcano la bocca facendoci sorridere e ritornare un po’ bambini, un po’ monelli... un po’ come Pippi Calzelunghe...
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Foto di Anna Marangella
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Editoriale di Ida De Santo
Qui dove la foresta accarezza la spiaggia, il vento scompiglia i capelli baciati dal tiepido sole estivo. La luce riflessa, sui meravigliosi specchi d’acqua di questi luoghi, ci riporta in epoche lontane dove vichinghi dalle lucenti armature spiegavano le vele sperando di non cadere nelle seducenti trappole di meravigliose creature fatate.
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Foto di Ida De Santo
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Editoriale
di Flavia Di Luzio
Luglio e agosto, ovvero il cuore dell’estate. Il cielo azzurro, la luce del sole che ci accompagna fino a tarda sera, la natura verdeggiante, il rumore del mare e tanta voglia di stare all’aria aperta per divertirci in compagnia o assaporare la bellezza di una passeggiata solitaria nel bosco o in riva al lago. Per celebrare la bella stagione, simbolo di vitalità, entusiasmo e libertà, ho scelto di dedicare la mia rubrica Parole dal Nord a Pippi Calzelunghe, personaggio che sicuramente incarna al meglio queste qualità. Un personaggio allegro e spiritoso che riempirà di buon umore le vostre giornate estive.
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Foto di Flavia Di Luzio - Jyväskylä (Finlandia)
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Editoriale
di Francesca Lentis
Un’estate nordica dove le lunghe giornate la fanno da padrone e le temperature sono gradevoli. Una passeggiata in spiaggia tra conchiglie e stelle marine, un tuffo in mare e una cena all’aperto con pietanze che profumano di bosco. Il vento soffia per quasi tutta la giornata facendo girare velocemente le turbine eoliche, come un tempo accadeva con i mulini a vento.
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Foto di Francesca Lentis
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Astrid Lindg
Speciale Pippi Calzelunghe
gren’s World
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Speciale
Pippi Calzelunghe
La magia di Pippi Calzelunghe Chi non conosce Pippi Calzelunghe? La bambina dalle buffe trecce e i denti da coniglietto che vive in una strana casa situata nella campagna svedese in compagnia di una scimmietta e un cavallo? Sono stata bambina negli anni ‘70 e 20
l’appuntamento con il telefilm dedicato a Pippi era imperdibile. Ne ero letteralmente affascinata: per Pippi tutto era facile, risolveva ogni problema con un sorriso e viveva ogni giorno fantastiche avventure. L’ho amata anche di più dopo aver letto il
libro di Astrid Lindgren durante l’assolata estate dei miei 9 anni quando, seduta all’ombra di un grande albero di limoni nel giardino della casa di una prozia, sgranocchiavo mele e divoravo parole sognando di essere io stessa Pippi. Crescendo questa buffa ragazzina è rimasta nel mio cuore ma è stato solamente da adulta che mi sono resa conto che uno dei motivi che me la facevano amare tanto è che nel libro di Astrid Lindgren si cucina e si mangia tantissimo. Pippi prepara fantastiche merende, montagne di frittelle e zuppe gustose. E’ chiaro che dopo questa scoperta mi sono immedesimata ancora di più nella bambina dalle buffe trecce: anche lei, come me, adorava il cibo. E, come me, aveva una vena ribelle e una grande sete di avventure. Pippi è una ragazzina libera, nella sua vita non ci sono adulti che le possano imporre nulla (la mamma è morta e il papà è disperso in mare), fa e dice quello che le pare e non si scoraggia mai. Vista ora, con occhi adulti, è un grande esempio di vita, una persona che affronta le difficoltà a testa alta e col sorriso sulle labbra. Una persona forte e indipendente. “... nessuno poteva dirle di andare a dormire o propinarle l’olio di fegato di merluzzo...”.
L’approccio alla cucina di Pippi (che vive sola e quindi cucina da sè i suoi pasti) è uguale al suo approccio alla vita: giocoso e generoso. Pippi si diverte davvero a cucinare (esattamente come me). E (come me) cucina porzioni più che generose che condivide con i suoi amici. E’ strampalata ma anche assolutamente (a modo suo) assennata, a dimostrazione che a volte le soluzioni più originali si rivelano le migliori. La bellezza di Pippi è proprio quella di vivere la vita con gioia e coraggio, di affrontare le difficoltà con forza e serenità e anche un pizzico di magia. Anche se non siamo liberi come Pippi, anche se non viviamo in una pittoresca casa come Villa Villacolle, anche se non abbiamo come compagni di avventure una scimmietta e un cavallo e non possediamo una valigia colma di monete d’oro, possiamo provare ad essere forti, allegri e positivi come lei. Possiamo provare a portare un po’ della magia di Pippi nelle nostre vite... Testi a cura di Anna Marangella
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Ricette
Foto di Anna 22
a Marangella 23
Ricette Merenda con Pippi
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Biscotti alle mandorle Ingredienti (per circa 30 biscotti) 200 grammi di farina per dolci 150 grammi di farina di mandorle 230 grammi di burro morbido 140 di zucchero semolato mezzo cucchiaino di sale un cucchiaino di estratto di vaniglia
In una ciotola mescolare lo zucchero con le due farine, la vaniglia e il sale. Aggiungere il burro morbido a pezzetti e, con la punta delle dita, unirlo alla farina. Lavorare fino ad ottenere un impasto tipo frolla e metterlo a riposare per un’ora in frigorifero. Stenderlo allo spessore di poco piÚ di mezzo centimetro e ritagliare i biscotti. Sistemarli sulla teglia rivestita di carta da forno e accendere il forno a 160 gradi. Mentre il forno si scalda mettere la teglia dei biscotti in freezer per dieci minuti. Cuocere i biscotti per venti minuti (sono pronti quando sono dorati). Testi e foto a cura di Anna Marangella 25
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Pannkakor
Ingredienti (per 8 pannkakor): 125 grammi di farina 1 uovo 20 grammi di burro sciolto e lasciato raffreddare 3 grammi di lievito per dolci 2 cucchiai di zucchero la punta di un cucchiaino di estratto di vaniglia 1 pizzico di sale 150 millilitri di latte Setacciare la farina con il lievito in una ciotola. Unire lo zucchero e il sale. Mescolare. Fare una fontana al centro e unirvi l’uovo leggermente sbattuto, il burro sciolto e il latte a filo, sbattendo con le fruste elettriche. Ungere con poco burro un padellino antiaderente, scaldare e versare un mestolino di impasto formando una frittella. Appena si rapprende girare e cuocere dall’altro lato. Servire con miele o sciroppo d’acero, frutta fresca e panna montata. Testi e foto a cura di Anna Marangella 27
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Gräddtürta
Ingredienti (Per uno stampo da 24-26 cm) 200 grammi di farina 00 80 grammi di fecola 300 grammi di zucchero 6 uova 200 ml di acqua a temperatura ambiente 120 grammi di olio di riso 1 bustina di cremor di tartaro 1 bustina di lievito per dolci 1 pizzico di sale 1 cucchiaio di aroma alla vaniglia buccia di un limone grattugiata 700 millilitri di panna fresca da montare 100 grammi di zucchero a velo vanigliato frutti di bosco a piacere 29
Accendere il forno a 160 gradi. Imburrare la tortiera. Setacciare la farina con il lievito in una ciotola, unire lo zucchero e il sale. Separare i tuorli dagli albumi e montare a neve questi ultimi. In un’altra ciotola montare i tuorli con le fruste elettriche almeno per dieci minuti poi versarli al centro della farina. Sempre continuando a sbattere unire l’olio, l’acqua, la vaniglia e la buccia di limone. Bisogna ottenere un composto molto gonfio e spumoso. Con molta delicatezza e usando una spatola morbida incorporare al composto gli albumi stando attenti a non smontarli. Infornare e cuocere per 50 minuti circa a 160 gradi, poi alzare la temperatura a 175 gradi e cuocere ancora per una quindicina di minuti. Fare la prova stecchino, se esce asciutto sfornare. Lasciare raffreddare bene la torta. Montare la panna, unire lo zucchero a velo. Mescolare metà della panna con una parte dei frutti di bosco e tenere da parte l’altra. Tagliare la torta a metà e farcirla continuando la panna e i frutti di bosco. Ricomporre la torta, coprirla con la panna restante e decorare con i frutti di bosco rimasti. Testi e foto a cura di Anna Marangella
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Parole d
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Foto di Flavi
dal Nord
ia Di Luzio
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Pippi Långstrump
Pippi Långstrump, ebbene sì questo è il nome svedese di Pippi Calzelunghe. Scommetto che molti di voi già conoscono questo adorabile personaggio, nonché il romanzo omonimo nato dalla mente geniale della scrittrice Astrid Anna Emilia Ericsson, meglio conosciuta come Astrid Lindgren. Pippi gode di una grande popolarità anche negli altri Paesi Nordici, dove è nota come Pippi Langstrømpe (Danimarca e Norvegia), Peppi Pitkätossu (Finlandia), Pipi Langsokkur (Fær Øer) e Lína Langsokkur (Islanda). Come forse saprete, il romanzo Pippi Långstrump ha ispirato anche cartoni animati, serie televisive (come dimenticare l’interpretazione di Inger Nilsson!), nonché melodie e componimenti a tema. A tal proposito oggi conosceremo da vicino la canzone di Pippi. A seguire il testo originale e la traduzione italiana, svolta da me personalmente.
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Här Kommer Pippi Långstrump Här kommer Pippi Långstrump, tjolahopp tjolahej tjolahoppsan-sa Här kommer Pippi Långstrump, här kommer faktisk jag. Har du sett min apa, min fina söta lilla apa. Har du sett Herr Nilsson, ja för han heter faktisk så. Har du sett min villa, min Villa Villekullavilla Vill å vill du veta, varför villan heter så? för där bor ju Pippi Långstrump tjolahopp tjolahej tjolahoppsan-sa där bor ju Pippi Långstrump, ja, där bor faktisk jag. Det är inte illa, jag har ju apa häst och villa, En kappsäck full med pengar det är det också bra å ha. Kom nu, alla vänner, varenda kotte som jag känner, Nu ska vi leva loppan, Tjolahej tjolahoppsan-sa
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För här kommer Pippi Långstrump, tjolahopp tjolahej tjolahoppsan-sa Här kommer Pippi Långstrump, här kommer faktisk jag.
Ecco che arriva Pippi Calzelunghe Ecco che arriva Pippi Calzelunghe, hulahop, hulahey, hulahoppan-sà Ecco che arriva Pippi Calzelunghe, eccomi, sto arrivando. Hai visto la mia scimmietta, la mia graziosa e tenera scimmietta. Hai visto il signor Nilsson, già, è così che si chiama. Hai visto la mia villa, la mia Villa Villacolle. E dimmi, vuoi, vuoi sapere perché la villa si chiama così? Perché ci vive Pippi Calzelunghe, hulahop, hulahey, hulahoppan-sà 36
perché ci vive Pippi Calzelunghe, sì, ci vivo proprio io. Non è niente male, ho una scimmietta, un cavallo e una villa. Una borsa piena di soldi, poiché possono sempre servire. E ora venite, amici, mi rivolgo a tutti quelli che conosco. Da oggi vivremo in totale libertà hulahop, hulahey, hulahoppan-sà Perché ecco che arriva Pippi Calzelunghe, hulahop, hulahey, hulahoppan-sà Ecco che arriva Pippi Calzelunghe, eccomi, sto arrivando. Buona estate da me e Pippi! Glad sommar! Testi e foto a cura di Flavia Di Luzio
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Foto di Anna
Home & Lifestyle
Marangella
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La tavola d’estate
Preparare la tavola per una cena o un pranzo all'aperto in estate è una delle gioie della vita. Quella che vi proponiamo è una tavola un po' diversa dal solito perchè abbiamo volutamente scelto di abbandonare il tema "mare" che è tipico delle tavole estive. Abbiamo pensato all'estate nei paesi del Nord, ai boschi e agli amatissimi frutti di bosco che compaiono in tantissimi piatti nordici.
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E' una tavola pensata per utilizzare gli oggetti che abbiamo già in casa, magari regalando loro un nuovo uso. I segnaposto sono delle normalissime ciotole da colazione riempite di frutti di bosco (saranno poi consumati a fine pasto insieme a tanta golosa panna montata) e il nome dei commensali è scritto su quei cartellini che vengono usati per contrassegnare le piantine dell'orto (si possono trovare a pochi euro in tutti i garden center).
Piatti e tovagliette di colori chiarissimi e polverosi e, nelle bottigliette riciclate di succhi di frutta e bibite, qualche fiore e erbe aromatiche raccolti in giardino. Anche il portacandele vintage viene, per l’occasione, riempito di freschi frutti di bosco.
Non resta che sedersi a tavola e godersi la compagnia degli amici e le meravigliose giornate estive. Testi e foto a cura di Anna Marangella
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I Vich
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Spiaggia del mare art
hinghi
tico - Nord Norvegia
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I Vichinghi e il mare
Immagine dalla serie tv Vikings
“Il vento è tagliente stanotte, agita le chiome bianche del mare, e io non temo che attraverso il mare chiaro (il mare d’Irlanda) giungano i feroci guerrieri di Lothind (i Vichinghi)”. (Anonimo monaco irlandese del IX secolo) I Vichinghi, identificati con gli abitanti della Danimarca, della Norvegia e della Svezia settentrionale furono per secoli malvisti perché considerati predoni, pirati e razziatori, ma furono sempre rispettati per il fatto che erano degli abilissimi costruttori di navi. Le saghe vichinghe sono piene di storie di mare e il ruolo centrale che la nave ha avuto nelle civiltà nordiche costituisce la testimonianza più originale della loro civiltà. Le loro imprese per mare si caratterizzano soprattutto per l’ostinazione e il coraggio tipici di questo fiero popolo. Infatti si tratta spesso di navigazioni di lungo corso, in mari sicuramente non semplici da navigare come i mari del nord e gli oceani. Le navi vichinghe erano veri e propri strumenti di conquista, la migliore espressione dell’ingegneria navale dell’epoca tanto da attribuire, secondo la tradizione locale, ad un vichingo la scoperta del nuovo continente durante il medioevo: Erick il Rosso. La fama dei vichinghi come abili navigatori deve molto anche alle tecnologie costruttive (diverse da quelle di tipo Mediterraneo) che adottarono e che influenzarono anche le tecnologie costruttive posteriori. Una delle icone più persistenti dell’era vichinga 44
nell’immaginario popolare è quella della nave lunga, con la sua prua a testa di drago, la fila di scudi sulla fiancata e la grande vela quadra che è divenuta un simbolo perfetto per gli uomini del Nord. Le imbarcazioni avevano grandissima importanza nella società scandinava in epoca vichinga. Sono stati trovati, infatti, graffiti che raffiguravano navi norrene ovunque, da Dublino a Istanbul, e persino su monete, gioielli e monumenti troviamo incisioni di vascelli. Anche i bambini partecipavano agli spostamenti più brevi, e tra i loro giocattoli non mancavano navi in miniatura come è stato documentato da i rinvenimenti sia in Scandinavia che in siti archeologici lontani. Gli archeologi hanno scoperto due diversi tipi di imbarcazioni vichinghe: i drakkar e le knarr. Le prime, utilizzate per le esplorazioni e le guerre, erano studiate per essere veloci e maneggevoli, ed erano equipaggiate con remi per renderle indipendenti dalla presenza o meno del vento. I drakkar avevano uno scafo lungo e stretto e un moderato pescaggio, per facilitare lo sbarco di truppe in acque basse. Le knarr invece erano navi mercantili, più lente ma con una maggior capacità di carico, disegnate con uno scafo corto e largo e un profondo pescaggio. Sulle knarr non erano previsti rematori. Le navi vichinghe venivano costruite secondo la tecnologia più avanzata dell’epoca e fornivano ai navigatori notevoli vantaggi sui rivali. I vichinghi avevano sviluppato tecniche
Fonte: http://www.mareonline.it/?p=38895
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di progettazione e costruzione che consentivano di realizzare navi che non solo erano veloci, ma potevano navigare in acque basse e attraccare praticamente ovunque. Potendo fare a meno dei porti, l’esplorazione diveniva molto più semplice e con essa l’espansione in nuovi territori, nonché il commercio con piccoli insediamenti sulle coste e lungo i fiumi. Le navi permettevano loro di giungere all’improvviso e scomparire con la stessa rapidità, e possedendo una notevole capacità di carico potevano rifornire agilmente le bande di razziatori e portare via in fretta il bottino, senza bisogno di assai più lenti e vulnerabili convogli che si spostassero via terra. L’abilità nautica dei Vichinghi permetteva loro di razziale in qualunque stagione - cosa che pochi erano in grado di fare a quel tempo - anche nelle peggiori condizioni climatiche: la “Cronaca Anglosassone” riporta che il celebre attacco contro il monastero di Lindisfarne del 793, durante il quale gli Uomini del Nord trafugarono tesori, trucidarono monaci e appiccarono fuoco agli edifici, ebbe luogo in gennaio. Il loro sistema di navigazione era basato su uno strumento fatto di legno composto da un piatto tondo con un ago nel mezzo che permetteva di misurare l’altezza del sole, ed un puntatore mobile rivolto in avanti per mostrare la direzione.
Drakkar - Noveau Larousse Ilustré (Larousse XIXs. 1866-1877)
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L’influenza marittima norrena, la si può trovare nel ritrovamento di un gran numero di monete islamiche nei resti dei loro bottini, nonché di ossa di balena dall’Atlantico settentrionale assieme a frammenti di seta rinvenuti in insediamenti vichinghi quali Dublino e York. Tuttavia le navi non erano soltanto un mezzo pratico per attraversare gli oceani: i vascelli erano anche un importantissimo simbolo di ricchezza e status sociale. Per costruire le navi più grandi servivano mezzi ingenti, che includevano non solo manodopera non qualificata e tonnellate di legname ma anche ferro per i rivetti, lana o lino per le vele, crini di cavallo, pelli, altro lino o fibre di corteccia di tiglio per il cordame. Di norma i vascelli venivano decorati con incisioni complesse e inserti di metalli preziosi. “Le navi erano tanto ornate che ... a chi le vedeva da lontano sembravano (fatte) non di legno ma di fuoco… Da un lato scintillavano le armi, dall’altro fiammeggiava lo splendore degli scudi appesi. Le prore mandavano lampi d’oro, e dalle navi di varia forma brillava l’argento”. Encomium Emmae Reginae (scritto nel 1041-42) Le navi erano importanti a tal punto che accompagnavano il loro “padrone” anche durante l’ultimo viaggio. Erano utilizzate, infatti, in vari tipi di rito funebre. Sono stati scoperti tre rituali funebri che impiegavano imbarcazioni: Il primo comportava il seppellimento della nave stessa, a volte ricolma di ricchi arredi; Il secondo riguardava una rappresentazione simbolica formata con pietre erette a delineare il profilo di un vascello attorno alla tomba, talvolta con due pietre più grandi al posto della prua e della poppa; Il terzo rito, più difficile da trovare su base archeologica, è anche quello che più ha colpito l’immaginario popolare: una barca data alle fiamme con il proprietario dentro. Curiosità vichinghe Secondo un’ultima teoria, in ordine di tempo, per cercare di spiegare le scorribande compiute dagli scandinavi in tutto il nord dell’Europa, si ipotizza che a spingere i vichinghi a salpare per nuovi luoghi era semplicemente la voglia di trovare l’anima gemella. Quindi i vichinghi forse erano soltanto dei cuori solitari in cerca della donna della loro vita. A dire il vero già ai tempi di Dudone di San Quintino, storico e cronista normanno all’inizio del millennio, racconta che la discesa dei vichinghi in Europa si rifaceva alla difficoltà, per i giovani maschi di trovare delle donne con cui mettere in piedi una famiglia. Era 47
una conseguenza della poligamia, fatto sociale che, nei gruppi di allora, andava per la maggiore, e penalizzava i più deboli o i meno abbienti. Ma cosa mangiavano i vichinghi durante i loro viaggi in nave? Poco sappiamo circa le abitudini alimentari a bordo delle navi dei Vichinghi, una testimonianza importante, però, ci arriva dalla “Wasa”, una nave svedese che Gustavo Adolfo II (1594 – 1632) fece costruire per risolvere la Guerra dei Trent’anni: nella stiva della nave, sono stati trovati recipienti e stoviglie in stagno, dal cui esame si deduce l’uso del burro vaccino a bordo, oltre a quello della farina di frumento, dell’avena, della segale e del mais. Sono stati anche trovati spinaci e barbabietole e nel riposto degli Ufficiali facevano bella mostra di sé dei contenitori di rhum, una bevanda decisamente atipica nella tradizione alimentare scandinava. Nel Medioevo si navigava solo da Aprile a Ottobre a causa di una serie di difficoltà e per la fragilità degli scafi ma nei secoli XIII e XIV si assiste ad una vera
Immagine dalla
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e propria “Rivoluzione nautica”, dovuta all’introduzione della bussola, alla matematica applicata alla navigazione e cambia radicalmente l’organizzazione di bordo: si navigherà tutto l’anno ed emerge in questo periodo la figura del “cuoco di bordo”. La “dieta” di quest’epoca prevedeva biscotto, zuppe, carne e lardo, formaggi, sardine, vino e olio, per un apporto calorico di circa 4.000/5.000 Kcal, decisamente sovrabbondante e mal distribuito, in quanto proveniente per oltre la metà dai carboidrati, generi economici, facilmente conservabili e che riempivano lo stomaco. E se tutti siamo abituati ad immaginare i vichinghi come superdotati sanissimi dalla nascita in poi, dopo ricerche moderne si è scoperto che erano invece frequenti artrite, reumatismi e altre malattie causate dalla vita in mare. Testi a cura di Ida De Santo
a serie tv Vikings
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Barca abbandonata a 50
Hopseidet, Norvegia 51
Viaggio alla scoperta delle navi vichinghe: Roskilde e il suo fiordo
Fonte: http://www.visitroskilde.dk/roskilde-fjord-gdk713239
Uno dei più bei paesaggi della Danimarca è quello del fiordo di Roskilde. La stretta insenatura che si estende per 40 chilometri è arricchita da 30 tra isole e isolotti. Un ambiente naturale e incontaminato adatto per la flora e la fauna, ricco di boschi, prati e fiumi affacciati su acque dove, di tanto in tanto, emergono degli isolotti. Lungo le rive del fiordo sorgono diverse cittadine che potete visitare, costeggiando le sponde del fiordo, in bicicletta, a piedi o a cavallo, lungo i sentieri che si articolano per 275 chilometri. Per chi lo volesse è possibile esplorare il fiordo anche in barca a vela o in kayak ammirando la natura selvaggia da una visuale diversa e magari consumare un 52
pasto in una delle numerose taverne che sorgono lungo la riva del fiordo. Tra le città più importanti vi è quella che gli dà il nome, dove sono visibili tutt’oggi antiche vestigia del passato: i pescatori e i cacciatori abitavano l’area già 6 mila anni fa, durante l’età della pietra, e cumuli di ossa di animali e conchiglie di cui si sono nutriti sono giunti fino a noi. Possiamo osservare anche i loro attrezzi, caratterizzati da punte di freccia e coltelli di pietra. Il fiordo è stato fondamentale per lo sviluppo della città di Roskilde che si trovava sì nell’entroterra ma con un passaggio protetto fino al mare che ha permesso di renderla per secoli un importante centro
commerciale. Ricca di storia, in epoca vichinga fu la capitale della Danimarca. Nel X secolo, il primo re cristiano della Danimarca, Aroldo Dente Azzurro, fece costruire a Roskilde la prima chiesa. In origine era una struttura di legno e nel corso dei secoli ha subito molte trasformazioni. Le fondamenta della struttura in pietra del 1026 sono ancora visibili e sorgono dove ora c’è la Cattedrale che è entrata a far parte dei siti patrimonio dell’umanità Fonte: http://roskilde-fjord.dk/ dell’Unesco. Qui sono sepolti i 39 monarchi danesi. Roskilde è ricca di eventi culturali, musicali e storici, su tutti il Roskilde festival, uno dei più grandi eventi rock d’Europa che dura 4 giorni e si tiene nel mese di luglio. Molto interessante da visitare è il Museo delle navi vichinghe, Vikingeskibs museet in lingua danese. L’intero museo è dedicato alla navigazione in epoca primitiva e medioevale, fu costruito in seguito al ritrovamento di 5 navi vichinghe avvenuto nel 1962. Le cinque navi,
Fonte: http://www.touringclub.it/.../che-cosa-fare-in-danimarca...
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conosciute col nome di Navi di Skuldelev, furono affondate deliberatamente a Skuldelev nel fiordo di Roksilde nel 1070 circa, con lo scopo di bloccare un’importante via commerciale e di proteggere la città (che all’epoca era la capitale danese) da attacchi nemici provenienti dal mare. La loro importanza è dovuta anche al fatto che si tratta di 5 diversi tipi di nave, dal cargo alla nave da guerra, compreso l’unico knarr (una barca usata a scopi commerciali) ben conservata che fornì importante materiale di studio per migliorare le conoscenze storiche sui Vichinghi. Con ogni probabilità gli knarr furono le navi con cui i Vichinghi colonizzarono l’Islanda, la Groenlandia e Terranova.
L’esposizione museale si compone di due sezioni principali, la sala delle navi e il cantiere dove lavorano gli archeologi e dove potrete osservare il tradizionale metodo di costruzione di queste imbarcazioni. Le 5 imbarcazioni esposte sono una nave da guerra di 30 metri, una da 17 metri, un mercantile transoceanico, un mercantile costiero e un peschereccio. Nel corso della visita potrete salire su una nave mercantile o prendere parte a uno dei tanti laboratori, dal conio delle monete al laboratorio di gioielli. Nell’ultima sala è possibile provare l’ebrezza e la pesantezza dei costumi da guerra dell’epoca e, all’esterno, salire sulle navi ormeggiate e navigare da veri vichinghi assieme al resto dei visitatori remando e
Fonte: http://www.bananiele.it/danimarca/selandia09.htm
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veleggiando su una nave vichinga a remi e vela costeggiando il fiordo. Navigare in un veliero aperto ed attrezzato è un’esperienza entusiasmante, e ti farà sentire come un vichingo a bordo della propria nave. Attenzione perché i posti per i bambini sono limitati (2 per ogni uscita) e occorre verificare la disponibilità. A proposito di bambini, un’intera ala è destinata ai più piccoli con travestimenti e armi giocattolo. Ma non solo questo coinvolgerà i più piccolini. Tantissime attività li lasceranno stupiti e li faranno sognare ad occhi aperti. Tra le altre cose potranno scoprire il fumetto Valhalla e avranno la possibilità Fonte: http://viaggi.corriere.it/.../weekend/danimarcadi disegnare. vichinghi/ Molto interessante è visitare e usare i vari laboratori per la costruzione degli attrezzi dell’epoca vichinga e vedere dal vivo la ricostruzione delle navi nei cantieri navali. Nel negozio di souvenir annesso al Museo delle Navi Vichinghe non dimenticate di assaggiare (o portare a casa come regalo per amici e parenti) il Viking Blod, o “sangue di Vichingo “, un vino nordico di miele con ibisco e l’aggiunta di luppolo, basato su una ricetta del 1700 circa. Il costo del biglietto intero è di 100 Corone Danesi per gli adulti (circa 15 Euro), mentre i bambini e i ragazzi fino a 18 anni entrano gratis. Ci sono, inoltre, sconti per gli studenti e per i gruppi. Considerando che si tratta della Danimarca, dove i prezzi sono alle stelle, il Museo delle Navi Vichinghe è abbastanza a “buon mercato”. Info utili: Orario di apertura: 10.00 – 17.00 Sito web: www.vikingeskibsmuseet.dk E-mail: museum@vikingeskibsmuseet.dk Testi a cura di Ida De Santo 55
Miti e l
Isola Gimsøya L 56
leggende
Lofoten - Norvegia 57
La magia dell’acqua nordica
“Se vi è una magia su questo pianeta, è contenuta nell’acqua.” Loren Eiseley Da sempre i fondali acquatici hanno suscitato curiosità e l’ignoto ha da sempre alimentato leggende e superstizioni di vario genere. Tutte le culture hanno creato mitologie che tentano, in qualche modo, di spiegare ciò che pare inspiegabile. Come dicevo, il mare, i laghi ed i fiumi non restano fuori da questo cerchio. La nostra cultura ci ha portato a conoscere alcune figure mitologiche grazie a libri, film, racconti. In questa occasione vorrei portarvi a conoscere alcune figure mitologiche legate all’acqua nei nostri amati Paesi nordici. Partiamo da loro, le Sirene e le Ondine Tutti abbiamo, almeno una volta nella nostra vita, sentito parlare di queste bellissime e dolcissime fanciulle. Le immaginiamo dai lunghi capelli adornati di alghe, coralli e stelle marine che scendono lungo sinuose curve femminili e accarezzano scintillanti code di pesce dalle pinne fluttuanti. In realtà queste creature non nascono come figure positive e dolci, bensì come perfide ammaliatrici assassine. Nella tradizione europea dal medioevo in poi, come leggiamo nel “Liber Monstrum”, diventano creature buone, dolci e leggiadre, perdendo la primitiva connotazione malvagia. Secondo alcune leggende nordiche le sirene possono cambiare sembianze a contatto con la terra ferma, trasformando 58
John William Waterhouse Una sirena (1901)
le pinne della coda in gambe e assumendo di nuovo fattezze ittiche al contatto con l’acqua. In questi paesi ma non solo, la fiaba della sirenetta di Andersen ha permesso a tutti di commuoversi davanti a questa sfortunata fanciulla senza anima che si trasforma in schiuma di mare. Ma non sono solo le sirene ad avere grande seguito. Secondo la tradizione nordica c’era un Dio di nome Aegir che aveva una moglie meravigliosa e incantevole di nome Ran che è la regina delle Ondine e perciò nota per la sua dolcissima e armoniosa musica, per la capacità di leggere nel futuro, per i suoi incantesimi e la sua stupenda bellezza. Ella è la patrona delle ragazze e delle giovani non ancora sposate. Arianna Tramontano “Ondina” Incisione vernice molle su zinco.
Secondo questo mito le anime di coloro che affogano in mare vanno a finire nel suo reame dove si trova il suo magico castello sotto il mare passando attraverso il Maelstrom, il terribile gorgo che secondo questo e altri miti esiste in un qualche luogo remoto del mare del nord. Le figlie di Ran sono le “nove onde del mare” e i loro nomi ricordano le saghe vichinghe e nibelunghe: Himinglifa – Dufa – Hadoha –Hedring –Udir – Hronn –Bylzia – Bora – Kolga. Le Ondine marine avevano come compito di guidare i naviganti, soccorrere i naufraghi e, se possibile, riportare alle madri i marinai annegati. Erano invariabilmente rappresentate come splendide fanciulle spesso del tutto nude a cavallo di animali fantastici o tritoni. Quando non erano impegnate a proteggere o soccorrere naviganti, passavano il tempo giocando e nuotando con tritoni, delfini, cavallucci marini ed altre creature del mare. Oppure se ne stavano sugli scogli e promontori a suonare, danzare e cantare, poiché una delle loro qualità era il suono struggente della voce, capace di incantare ogni creatura. Come le sirene erano creature bellissime, ma dalla vita in su, poiché erano creature ibridi: metà donna e metà pesce. Anche le Ondine di fiume lo erano. Queste abitavano le insenature di fiume, scogli, grotte, argini informi e, come le compagne 59
“La Sirena” (1893) di Giulio Aristide Sartorio
marine, accompagnavano i naviganti fluviali con i loro meravigliosi canti e come quelle, erano bellissime e piene di fascino. Avevano lunghissimi capelli che coprivano spalle e seni, fluttuanti al vento e dai riflessi blu, che ornavano con fiori e minuscole conchiglie. Anche esse, come le sirene, erano immortali, ma non possedevano un’anima, per cui, in caso di mortalità, sarebbe stato loro precluso di andare in Paradiso. Però, avevano una possibilità per guadagnarsi l’anima: far innamorare di sé un mortale e dargli un figlio. Struggenti leggende sono nate intorno agli amori, spesso infelici e tragici, nati tra un’Ondina ed un mortale. A rendere maggiormente tristi queste storie era il fatto che queste mitiche creature possedevano anche il dono della preveggenza e potevano leggere il proprio futuro attraverso quello di chi stava loro accanto, quindi conoscevano in anticipo il loro epilogo tragico. Di indole benevole e pacifica, erano, però, implacabili se ingannate o umiliate; come le sirene usano la loro splendida voce per ammaliare. Dopo esser accorso verso il dolce canto, il malcapitato viene abbracciato e portato nelle profondità delle acque, per morire poi affogato. Ma le acque nordiche non sono popolate solo da figure femminili. Troviamo, infatti anche i Näcken (in svedese) sono spiriti d’acqua mutaforma che assumono solitamente sembianze umane. Gli scandinavi näcken, nøkken, strömkarlen, Grim o Fosse-Grim, i cui nomi in moderno 60
scandinavo derivano dal norreno antico nykr, che significa “cavallo di fiume”, erano spiriti acquatici maschili che suonavano musiche incantate con il violino, adescando donne e bambini, specialmente donne incinte e bambini non battezzati, per annegarli dentro laghi o fiumi. Quando i malevoli näcken tentavano di portar via le persone, queste potevano essere difese chiamando il loro nome; questo, infatti, portava gli spiritelli alla morte. Se si portava al näcken un’offerta di tre gocce di sangue, un animale nero, del brännvin (vodka scandinava) o snus (tabacco da fiuto) inzuppato nell’acqua, avrebbe insegnato alla persona a suonare così abilmente che “gli alberi danzeranno e le cascate si fermeranno alla sua musica.” (Golden Bough - THE POWER OF THE HARP https://www.youtube. com/watch?v=pxO-7fs7h9Y) I näcken erano anche un presagio di annegamenti accidentali. Se avessero gridato in un particolare punto del lago o del fiume, in un modo che ricorda quello della stologa (un grosso uccello pescatore del nord Europa, chiamato loon), in quel punto in seguito sarebbe accaduto un incidente. Altra creatura incantata è il Bäckahästen, o bækhesten (tradotto come il cavallo di
Theodor Kittelsen , Nøkken Som Hvit Hest (Nøkken As White Horse)
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ruscello) è un cavallo mitologico del folklore scandinavo. Può essere paragonato al kelpie scozzese. Veniva spesso descritto come un maestoso cavallo bianco che appariva vicino ai fiumi, in particolare quando nebbia e foschia rendevano i luoghi misteriosi. Chiunque fosse salito sulla sua schiena non sarebbe riuscito a scendere mai più. Il cavallo sarebbe poi saltato dentro al fiume, annegando il cavaliere. Il cavallo di ruscello poteva anche essere imbrigliato ed usato per arare. Questo accadeva per un inganno da parte del cavallo al contadino o dal tentativo di inganno del contadino a scapito del cavallo. Där vitterdimmor tåga Vid den nådeslösa ström Skola bäckahästen kuva dig In i sorgens dröm Hjärtefälld du lyder Under bäckahästens makt Förhäxad utav sagohamn Som friden ur dig bragt Traduzione di Flavia Di Luzio Nel mistero della nebbia Vicino al fiume impietoso Il cavallo del ruscello ti condurrà In un sogno di dolore Scoraggiato obbedirai Soggiogato dal cavallo del ruscello Stregato dal suo aspetto fatato Che ti ha portato via la pace (Otyg - Bäckahästen https://www.youtube.com/watch?v=4EG7Ox8uxgw)
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Gutt PĂĽ Hvit Hest - Theodor Kittelsen (Boy on white horse)
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Lofoten island - N
Ti racconto una fiaba
North Norway
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La sirenetta di H.C. Andersen
Prima parte In mezzo al mare l’acqua è azzurra come i petali dei più bei fiordalisi e trasparente come il cristallo più puro; ma è molto profonda, così profonda che un’anfora non potrebbe raggiungere il fondo; bisognerebbe mettere molti campanili, uno sull’altro, per arrivare dal fondo fino alla superficie. Laggiù abitano le genti del mare. Non si deve credere che ci sia solo sabbia bianca, no! Crescono alberi stranissimi, e piante con gli steli e i petali così sottili che si muovono al minimo movimento dell’acqua, come fossero esseri viventi. Tutti i pesci, grandi e piccoli, nuotano tra i rami, proprio come fanno gli uccelli nell’aria. Nel punto più profondo si trova il castello del re del mare. Le mura sono di corallo e le alte finestre a arco sono fatte con ambra chiarissima, il tetto è formato da conchiglie che si aprono e si chiudono secondo il movimento dell’acqua; sono proprio belle, perché contengono perle meravigliose; una sola di quelle basterebbe alla corona di una regina. Il re del mare era vedovo da molti anni, ma la sua vecchia madre governava la casa, una donna intelligente, molto orgogliosa della sua nobiltà; e per questo aveva dodici 66
ostriche sulla coda, quando le altre persone nobili potevano averne solo sei. Comunque aveva grandi meriti, soprattutto perché voleva molto bene alle piccole principesse del mare, le sue nipotine. Erano sei graziose fanciulle, ma la più giovane era la più bella di tutte, dalla pelle chiara e delicata come un petalo di rosa, gli occhi azzurri come un lago profondo; ma come tutte le altre non aveva piedi, il corpo terminava con una coda di pesce. Per tutto il giorno potevano giocare nel castello, nei grandi saloni, dove fiori viventi crescevano alle pareti. Le grandi finestre di ambra venivano aperte e i pesci potevano nuotare dentro, proprio come fanno le rondini quando apriamo le finestre, ma i pesci nuotavano vicino alle principessine, mangiavano dalle loro manine e si lasciavano accarezzare. Fuori dal castello vi era un grande giardino con alberi color rosso fuoco e blu scuro; i frutti brillavano come oro e i fiori come fiamme di fuoco, poiché steli e foglie si agitavano continuamente. La terra stessa era costituita da sabbia finissima, ma azzurra come lo zolfo ardente. E una strana luce azzurra avvolgeva tutto; si poteva quasi credere di trovarsi nell’aria e di vedere il cielo da ogni parte, invece di essere sul fondo del mare. Quando il mare era calmo si poteva vedere il sole: sembrava un fiore color porpora dal cui calice sgorgava tutta la luce. Ogni principessa aveva una piccola aiuola nel giardino, in cui poteva piantare i fiori che voleva; una di loro diede alla sua aiuola la forma di una balena; un’altra preferì che assomigliasse a una sirenetta; la più giovane la fece rotonda come il sole e vi mise solo fiori rossi come lui. Era una bambina strana, molto tranquilla e pensierosa; le altre sorelle decorarono le aiuole con le cose più bizzarre che avevano trovato tra le navi affondate, lei invece, oltre ai fiori rossi che assomigliavano al sole, volle avere solo una bella statua di marmo, raffigurante un giovane scolpito in una pietra bianca e trasparente, che era arrivata fin lì dopo qualche naufragio. Vicino alla statua piantò un salice piangente di color rossiccio, che crebbe splendidamente ripiegando i suoi freschi rami sul giovane fino a raggiungere il suolo di sabbia azzurra, dove l’ombra diventava viola e si muoveva come i rami stessi: sembrava così che i rami e le radici si baciassero con dolcezza. Non c’era per lei gioia più grande che sentir parlare del mondo degli uomini sopra di loro; la vecchia nonna dovette raccontare tutto quanto sapeva delle navi e delle città, degli uomini e degli animali; soprattutto la colpiva in modo particolare il fatto che i fiori sulla terra profumassero (naturalmente non profumavano in fondo al mare!) e che 67
i boschi fossero verdi e che i pesci che si vedevano tra i rami potessero cantare così bene che era un piacere ascoltarli; erano gli uccellini, ma la vecchia nonna li chiamava pesci, per farsi capire da loro che non avevano mai visto un uccello. «Quando compirete quindici anni» disse la nonna «avrete il permesso di affacciarvi fuori dal mare, sedervi al chiaro di luna sulle rocce e osservare le grosse navi che navigano; vedrete anche i boschi e le città.» L’anno dopo la sorella più grande avrebbe compiuto quindici anni, ma le altre... già, avevano tutte un anno di differenza tra loro, e la più giovane doveva aspettare cinque anni prima di poter risalire il mare e vedere come viviamo noi uomini. Tra sorelle si promisero che si sarebbero raccontate le cose più significative che avrebbero visto durante il loro primo viaggio: la nonna non raccontava abbastanza, e c’era tanto che loro volevano sapere. Nessuno però lo voleva quanto la più giovane, proprio lei che doveva aspettare più a lungo e che era così silenziosa e pensierosa. Per molte notti restava affacciata alla finestra a guardare verso l’alto, attraverso l’acqua scura, dove i pesci muovevano le pinne e la coda. Poteva vedere la luna e le stelle, in realtà brillavano debolmente, ma attraverso l’acqua sembravano molto più grandi che ai nostri occhi; se qualcosa le oscurava, come
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un’ombra nera, lei sapeva che forse una balena nuotava sopra di lei, o forse era una nave con tanti uomini. Questi non immaginavano certo che una graziosa sirenetta si potesse trovare sotto di loro tendendo verso la carena della nave le sue bianche braccia. La principessa più grande compì quindici anni e poté raggiungere la superficie del mare. Tornata a casa, aveva cento cose da raccontare, ma la cosa più bella, secondo lei, era stato stendersi al chiaro di luna su un banco di sabbia nel mare calmo e guardare verso la costa la grande città, piena di luci che brillavano come centinaia di stelle, sentire la musica e il rumore delle carrozze e degli uomini, guardare le moltissime torri e i campanili e ascoltare le campane che suonavano. Proprio perché non sarebbe mai potuta andare lassù, aveva soprattutto interesse per quei posti. Oh, con che attenzione la sorellina minore ascoltò! e quando poi a sera inoltrata andò alla finestra per guardare in alto, attraverso l’acqua scura, pensò alla grande città con tutto quel rumore, e le sembrò di sentire il suono della campana che arrivava fino a lei. L’anno dopo la seconda sorella ebbe il permesso di risalire l’acqua e di nuotare dove voleva. Si affacciò proprio quando il sole stava tramontando, e trovò che quella vista fosse la cosa più bella. Tutto il cielo sembrava dorato, raccontò, e le nuvole sì, la loro bellezza non si poteva descrivere! rosse e viola avevano navigato sopra di lei, ma, molto più veloce delle nuvole era passato come un lungo velo bianco uno stormo di cigni selvatici, che si dirigeva verso il sole. Anche lei aveva cominciato a nuotare verso il sole, ma questo era scomparso e i riflessi rosati si erano spenti sulla superficie del mare e sulle nuvole. L’anno successivo toccò alla terza sorella; era la più coraggiosa di tutte e risalì un largo fiume che sfociava nel mare. Vide belle colline verdi con vigneti, castelli e fattorie che spuntavano tra bellissimi boschi; sentì come cantavano gli uccelli, e il sole scaldava tanto che dovette spesso buttarsi in acqua per rinfrescare il viso infuocato. In una piccola insenatura incontrò un gruppo di bambini, che, nudi, correvano e si gettavano in acqua; volle giocare con loro, ma questi scapparono via spaventati; poi giunse un piccolo animale nero, era un cane ma lei non ne aveva mai visto uno prima, e questo cominciò a abbaiarle contro, così lei, spaventata, tornò nel mare aperto ma non poté più dimenticare quei meravigliosi boschi, quelle verdi colline, e quei graziosi bambini che sapevano nuotare, pur non avendo la coda di pesce. La quarta sorella non fu così coraggiosa, restò in mezzo al mare aperto, e raccontò che 69
proprio lì stava il piacere, poteva guardare per molte miglia in ogni direzione e il cielo sopra di lei le era sembrato una grossa campana di vetro. Aveva visto delle navi, ma da lontano, e le erano parse simili a gabbiani; gli allegri delfini avevano fatto le capriole e le grandi balene avevano soffiato l’acqua dalle narici, e era stato come vedere cento fontane attorno a sé. Venne poi il turno della quinta sorella; il suo compleanno cadeva in inverno, e per questo vide cose che le altre non avevano visto. Il mare appariva verde e tutt’intorno galleggiavano grosse montagne di ghiaccio; sembravano perle, raccontò, ma erano molto più grandi dei campanili che gli uomini costruivano. Si mostravano nelle forme più svariate e brillavano come diamanti. Si era seduta su una delle più grosse e tutti i naviganti erano fuggiti spaventati dal luogo in cui lei si trovava, con il vento che le agitava i lunghi capelli; poi, verso sera, il cielo si era ricoperto di nuvole, c’erano stati lampi e tuoni, e il mare nero aveva sollevato in alto i grossi blocchi di ghiaccio illuminati da lampi infuocati. Su tutte le navi si ammainavano le vele, dominava la paura e l’angoscia, lei invece se ne stava tranquilla sulla sua montagna di ghiaccio galleggiante e guardava i fulmini azzurri colpire a zig-zag il mare illuminato. La prima volta che le sorelle uscirono dall’acqua, restarono incantate per le cose nuove e magnifiche che avevano visto, ma ora che erano cresciute e avevano il permesso di salire quando volevano, erano diventate indifferenti, sentivano nostalgia di casa, e dopo un mese dissero che presso di loro c’erano in assoluto le cose più belle e che era molto meglio stare a casa. Molte volte, di sera, le cinque sorelle, tenendosi sottobraccio, risalivano alla superficie; avevano belle voci, più belle di quelle umane, e quando c’era tempesta nuotavano fino alle navi che credevano potessero capovolgersi, e cantavano dolcemente di come era bello stare in fondo al mare e pregavano i marinai di non aver paura di arrivare laggiù; ma questi non erano in grado di capire le loro parole, credevano fosse la tempesta e non riuscivano comunque a vedere le bellezze del fondo del mare, perché quando la nave affondava, gli uomini affogavano e arrivavano al castello del re del mare già morti. Quando le sorelle, di sera, a braccetto, salivano sul mare, la sorellina più piccola restava tutta sola e le osservava; sembrava che 70
volesse piangere, ma le sirene non hanno lacrime e per questo soffrono molto di più. «Ah, se solo avessi quindici anni» esclamava. «So bene che amerei quel mondo che è sopra di noi e gli uomini che vi abitano e vi costruiscono!» Finalmente compì quindici anni. «Adesso sei grande anche tu!» disse la nonna, la vecchia regina vedova. «Vieni! Lascia che ti adorni, come le tue sorelle» e le mise una coroncina di gigli bianchi sui capelli, ma ogni petalo di fiore era formato da mezza perla; poi la vecchia fissò sulla coda della principessa otto grosse ostriche, per mostrare il suo alto casato. «Ma fa male!» disse la sirenetta. «Bisogna pur soffrire un po’ per essere belli!» rispose la vecchia. Oh! Come avrebbe voluto togliersi di dosso tutti quegli ornamenti e quella pesante corona! I fiori rossi della sua aiuola la avrebbero adornata molto meglio, ma non osò cambiare le cose. «Addio!» esclamò, e salì leggera come una bolla d’aria attraverso l’acqua. Il sole era appena tramontato quando affacciò la testa dall’acqua, tutte le nuvole però ancora brillavano come rose e oro; nel cielo color lilla splendeva chiara e bellissima la stella della sera; l’aria era mite e fresca e il mare calmo. C’era una grande nave con tre alberi, ma una sola vela era tesa perché non c’era il minimo soffio di vento; tra le sartie e i pennoni stavano seduti i marinai. C’era musica e canti e man mano che scendeva la sera si accendevano centinaia di luci multicolori. Sembrava che ondeggiassero nell’aria le bandiere di tutte le nazioni. La sirenetta nuotò fino all’oblò di una cabina e ogni volta che l’acqua la sollevava, vedeva attraverso i vetri trasparenti molti uomini ben vestiti; il più bello di tutti era però il giovane principe, con grandi occhi neri: non aveva certo più di sedici anni e compiva gli anni proprio quel giorno. Per questo c’erano quei festeggiamenti! I marinai ballavano sul ponte e quando il giovane principe uscì, si levarono in aria più di cento razzi che illuminarono a giorno. La sirenetta si spaventò e si rituffò nell’acqua, ma poco dopo riaffacciò la testa e le sembrò che tutte le stelle del cielo cadessero su di lei. Non aveva mai visto fuochi di quel genere. Grandi soli giravano tutt’intorno, bellissimi pesci di fuoco nuotavano nell’aria azzurra, e tutto si rifletteva nel bel mare calmo. Anche sulla nave c’era tanta luce che si poteva vedere ogni corda, e naturalmente gli uomini. Com’era bello quel giovane principe! Dava la mano a tutti, ridendo e sorridendo, mentre la musica risuonava nella splendida notte. Era ormai tardi, ma la sirenetta non seppe distogliere lo sguardo dalla nave e dal bel principe. Le luci variopinte vennero spente, i razzi non vennero più lanciati in aria, non si 71
sentirono più colpi di cannone, ma dal profondo del mare si sentì un rombo, e lei intanto si faceva dondolare su e giù dall’acqua, per guardare nella cabina; ma la nave prese velocità, le vele si spiegarono una dopo l’altra, le onde si fecero più grosse, comparvero grosse nuvole e da lontano si scorsero dei lampi. Sarebbe venuta una terribile tempesta! Per questo i marinai ammainarono le vele. La grande nave filava a gran velocità sul mare agitato, l’acqua si alzò come grosse montagne nere che volevano rovesciarsi sull’albero maestro, la nave si immerse come un cigno tra le alte onde e si fece sollevare di nuovo dall’acqua in movimento. La sirenetta pensò che quella fosse una bella corsa, ma i marinai non erano della stessa opinione; la nave scricchiolava terribilmente, le assi robuste cedevano sotto quei forti colpi, l’acqua colpiva la carena, l’albero maestro si spezzò come fosse stato una canna; la nave si piegò su un fianco, e l’acqua subito la riempì. Allora la sirenetta capì che erano in pericolo, lei stessa doveva stare attenta alle assi e ai relitti della nave che galleggiavano sull’acqua. Per un attimo fu talmente buio che non riuscì a vedere nulla, quando poi lampeggiò divenne così chiaro che riconobbe tutti gli uomini della nave; ognuno se la cavava come poteva; lei cercò il principe e lo vide scomparire nel mare profondo, proprio quando la nave affondò. Al primo momento fu molto felice, perché lui ora sarebbe sceso da lei, ma poi ricordò che gli uomini non potevano vivere nell’acqua, e che anche lui sarebbe arrivato al castello di suo padre solo da morto. No, non doveva morire! Nuotò tra le assi e i relitti della nave, senza pensare che avrebbero potuto schiacciarla, si immerse nell’acqua e risalì tra le onde finché giunse dal giovane principe, che quasi non riusciva più a nuotare nel mare infuriato. Cominciava a indebolirsi nelle braccia e nelle gambe, gli occhi gli si chiusero; sarebbe certo morto se non fosse giunta la sirenetta. Lei gli tenne la testa sollevata fuori dall’acqua e con lui si lasciò trasportare dalla corrente dove capitava. Al mattino il brutto tempo era passato; della nave non era rimasta traccia, il sole sorgeva rosso e risplendeva sull’acqua; fu come se le guance del principe riacquistassero colore, ma gli occhi rimasero chiusi. La sirena lo baciò sulla bella fronte alta e carezzò indietro i capelli bagnati; le sembrò che assomigliasse alla statua di marmo che aveva nel suo giardinetto, lo baciò di nuovo e desiderò con forza che continuasse a vivere. Poi vide davanti a sé la terra ferma, alte montagne azzurre sulla cui cima la bianca neve risplendeva come ci fossero stati candidi cigni; lungo la costa si stendevano bei boschi verdi e proprio lì davanti si trovava una chiesa o un convento, non sapeva bene, ma era 72
un edificio. Aranci e limoni crescevano nel giardino e davanti all’ingresso si alzavano delle palme; il mare disegnava lì una piccola insenatura, calmissima ma molto profonda, fino alla scogliera dove c’era sabbia bianca e sottile. Lei nuotò là col suo bel principe, lo posò sulla sabbia e si preoccupò che la testa fosse sollevata e rivolta verso il caldo sole. Suonarono in quel momento le campane di quel grande edificio bianco, e molte ragazze comparvero nel giardino. Allora la sirenetta si ritirò nuotando, dietro alcune alte pietre che spuntavano dall’acqua, si mise della schiuma tra i capelli e sul petto affinché nessuno la vedesse e aspettò che qualcuno andasse dal povero principe. Non passò molto tempo e una fanciulla si avvicinò, si spaventò molto, ma solo per un attimo, poi andò a chiamare altra gente, e la sirena vide che il principe tornò in vita e sorrise a quanti lo circondavano, ma non sorrise a lei, anche perché non sapeva che era stata lei a salvarlo. Si sentì molto triste e quando lo ebbero portato dentro quel grande edificio, si reimmerse dispiaciuta nell’acqua e tornò al castello del padre. Se era sempre stata calma e pensierosa, ora lo fu molto di più. Le sorelle le chiesero che cosa avesse visto la prima volta che era stata lassù, ma lei non raccontò nulla.
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Per molte volte al mattino e alla sera, risalì fino al punto in cui aveva lasciato il principe. Vide che i frutti del giardino erano maturi e venivano colti, vide che la neve si scioglieva dalle alte montagne; ma non vide mai il principe e così se ne tornava a casa ogni volta sempre più triste. La sua unica consolazione era quella di andare nel suo giardinetto e di abbracciare la bella statua di marmo che assomigliava al principe; non curava più i suoi fiori, che crescevano in modo selvaggio anche sui viali e intrecciavano i loro steli e le foglie con i rami degli alberi, così che c’era molto buio. Alla fine non resse più, raccontò tutto a una sorella, e così anche le altre ne furono subito al corrente, ma poi nessun altro fu informato, eccetto poche altre amiche che pure non lo dissero a nessuno se non alle loro amiche più intime. Una di loro sapeva chi fosse quel principe, anche lei aveva visto la festa sulla nave e sapeva da dove veniva e dov’era il suo regno. «Vieni, sorellina!» dissero le altre principesse e, tenendosi sotto braccio, risalirono il mare fino al punto in cui si trovava il castello del principe. Questo era fatto di una lucente pietra gialla, aveva grandi scalmate di marmo, una delle quali scendeva fino al mare. Splendide cupole dorate si innalzavano dal tetto, e tra le colonne che circondavano l’intero edificio si trovavano statue di marmo, che sembravano vive. Attraverso i vetri trasparenti delle alte finestre si poteva guardare in saloni meravigliosi, con preziose tende di seta e tappeti, con grandi quadri alle pareti che erano proprio divertenti da guardare. In mezzo al salone si trovava una fontana con lo zampillo che arrivava fino alla cupola di vetro del soffitto, attraverso la quale il sole faceva luccicare l’acqua e le belle piante che vi crescevano dentro. Ora lei sapeva dove abitava il principe e vi tornò per molte sere, nuotava molto vicino alla terra, come nessun altro aveva osato fare, risaliva addirittura lo stretto canale fino alla magnifica terrazza di marmo che gettava una grande ombra sull’acqua. Qui si metteva a guardare il giovane principe, che credeva di trovarsi tutto solo al chiaro di luna. Lo vide molte volte navigare in una splendida barca, con la musica e le bandiere al vento, allora si affacciava tra le verdi canne e il vento le sollevava il lungo velo argenteo, e se qualcuno la vedeva poteva pensare che fosse un cigno a ali spiegate. Per molte notti sentì i pescatori, che stavano in mare con le lanterne, parlare molto bene del principe, e 74
fu felice di avergli salvato la vita quella volta che era quasi morto e si era abbandonato alle onde; pensò anche al capo che aveva riposato sul suo petto, e con quanta dolcezza lo aveva baciato, ma lui non ne sapeva niente e non poteva neppure sognarla. Gli uomini le piacevano ogni giorno di più, e sempre più spesso desiderava salire e stare con loro: pensava che il loro mondo fosse molto più grande del suo: loro potevano navigare sul mare con le navi, arrampicarsi sulle alte montagne fin sopra le nuvole, e i campi che possedevano si estendevano con boschi e prati molto lontano, così lontano che non riusciva a vederli. C’erano tante cose che le sarebbe piaciuto sapere, ma le sorelle non sapevano rispondere a tutto, allora le chiese alla nonna che conosceva bene quel mondo di sopra che chiamava giustamente “il paese sopra il mare”. «Se gli uomini non affogano» chiese la sirenetta «possono vivere per sempre? Non muoiono come facciamo noi, nel mare?» «Certo» rispose la vecchia. «Anche loro devono morire e la lunghezza della loro vita è più breve della nostra. Noi possiamo arrivare fino a trecento anni, quando però non viviamo più diventiamo schiuma dell’acqua, non abbiamo una tomba tra i nostri cari; non abbiamo un’anima immortale e non vivremo mai più: siamo come le verdi canne che, una volta tagliate, non rinverdiscono! Gli uomini invece hanno un’anima che continua a vivere, vive anche dopo che il corpo è diventato terra; sale attraverso l’aria fino alle stelle lucenti! Come noi saliamo per il mare e vediamo la terra degli uomini, così loro salgono fino a luoghi bellissimi e sconosciuti, che noi non potremo mai vedere!» «Perché non abbiamo un’anima immortale?» chiese la sirenetta tutta triste «io darei cento degli anni che devo ancora vivere per essere un solo giorno come gli uomini e poi abitare nel mondo celeste!» «Non devi neanche pensare queste cose!» esclamò la vecchia. «Noi siamo molto più felici e stiamo certo meglio degli uomini.» «Allora io devo morire e diventare schiuma del mare e non sentire più la musica delle onde, o vedere i bei fiori e il sole rosso! Non posso fare proprio nulla per ottenere un’anima immortale?» «No» rispose la vecchia. «Solo se un uomo ti amasse più di suo padre e di sua madre, e tu fossi l’unico suo pensiero e il solo oggetto del suo amore, e se un prete mettesse la sua mano nella tua con un giuramento di fedeltà eterna; solo allora la sua anima entrerebbe nel tuo corpo e tu riceveresti parte della felicità degli uomini. Egli ti darebbe un’anima, 75
conservando sempre la propria. Ma questo non potrà mai accadere. La cosa che qui è così bella, la coda di pesce, è considerata orribile sulla terra. Non capiscono niente; per loro bisogna avere due strani sostegni che chiamano gambe, per essere belle!» La sirenetta sospirò guardando la sua coda di pesce. «Stiamo allegre!» disse la vecchia. «Saltiamo e balliamo per i trecento anni che possiamo vivere; non è certo poco tempo! Poi ci riposeremo più volentieri nella tomba. Stasera c’è il ballo a corte.» Quello era uno spettacolo meraviglioso che non si vede mai sulla terra! Le pareti e il soffitto dell’ampia sala da ballo erano costituite da un vetro grosso e trasparente. Migliaia di conchiglie enormi, rosa e verdi come l’erba, erano allineate da ogni lato, con un fuoco azzurro fiammeggiante che illuminava tutta la sala e si rifletteva oltre le pareti, così che il mare di fuori fosse tutto illuminato. Si potevano vedere innumerevoli pesci, grandi e piccoli, che nuotavano contro la parete di vetro; su alcuni brillavano squame rosse scarlatte, su altri, d’oro e d’argento. In mezzo alla sala scorreva un largo fiume dove danzavano i delfini e le sirene, che cantavano così soavemente. Gli uomini sulla terra non hanno certo voci così belle. La sirenetta cantò meglio di tutte, e tutti le batterono le mani, per un istante si sentì felice, perché sapeva di avere la voce più bella sia sul mare che sulla terra! Ma subito tornò a pensare al mondo che c’era sopra di loro; non riusciva a dimenticare quel bel principe e il suo dolore per il fatto di non possedere, come lui, un’anima immortale. Uscì in silenzio dal castello del padre e andò a sedersi nel suo giardinetto, mentre dall’interno risuonavano canti pieni d’allegria. Allora sentì attraverso l’acqua il suono dei corni e pensò: “Sta certamente navigando qua sopra, colui che io amo più di mio padre e di mia madre, che riempie ogni mio pensiero e nella cui mano io voglio riporre la felicità della mia vita. Voglio fare qualunque cosa per conquistare lui e un’anima immortale! Mentre le mie sorelle ballano nel castello di mio padre, io andrò dalla strega del mare, ho sempre avuto tanta paura di lei, ma forse mi potrà consigliare e aiutare!”.
To be continued… Testi e foto a cura di Ida De Santo
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Campagna
Ecologia
finlandese
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Ecologia Turbine eoliche offshore
E’ ormai noto da tempo che la Danimarca è lo stato d’Europa più all’avanguardia per quanto riguarda l’energia eolica. Infatti ha raggiunto notevoli traguardi, tanto che mira a raggiungere l’obiettivo di produrre il 50% della sua elettricità da fonti rinnovabili entro il 2020 ed entro 40 anni, nel 2050, punta a raggiungere l’indipendenza da tutti i combustibili fossili, ottenendo l’obiettivo 80
finale di combattere il riscaldamento globale. Per raggiungere questi ambiziosi traguardi sfruttando la forza del vento, la Danimarca ha installato 100 turbine eoliche offshore, stabilendo così un record mondiale unico nel suo genere. Nel 2014 i danesi hanno fatto segnare un dato impressionante, oltre il 61% dell’energia
prodotta veniva dal vento e visto che in soli 10 anni la produzione è triplicata non sarà difficile per loro raggiungere l’obiettivo prefissato per il 2050. Negli anni novanta nei luoghi dove i venti soffiano più forti, gli spazi per nuovi impianti terrestri erano ormai colmi e si è pensato di installare nel Mare del Nord impianti eolici offshore. Enormi turbine che affiorano dal mare regalando uno scenario insolito. La produttività delle pale eoliche è talmente elevata che quella generata in eccesso viene venduta ai paesi vicini. Per evitare di utilizzare apparecchi scadenti, la Danimarca ha adottato uno standard industriale nazionale, conquistando così un ruolo chiave come leader nella produzione mondiale di impianti eolici. Aver investito tempestivamente sull’energia eolica ha fatto si che in Danimarca nascessero aziende leader nel settore, infatti 9 turbine su 10 sono costruite in terra danese. Le aziende mantenendo la loro sede in Danimarca, dove la pressione fiscale è maggiore e i diritti dei lavoratori sono sacri, fanno apparire gli Stati vicini come ancora sprofondati nell’era fossile. Copenaghen, anche se fermamente decisa a fermare il global warming, non potrà sicuramente riuscirci da sola, per questo è importante che altri Paesi, come ad esempio l’Italia, prendano come modello gli obiettivi danesi, per arrestare il prima possibile il riscaldamento globale che coinvolge tutta la popolazione terrestre. Testi e foto a cura di Francesca Lentis
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Agricoltura
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Foto di Franc
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Agricoltura
Frutti di bosco
More, fragoline di bosco, mirtilli, lamponi, gelsi, ribes sono tra i frutti di bosco più consumati nei Paesi Nordici, vengono infatti utilizzati sia freschi che cucinati in svariate pietanze della tradizione culinaria nordica. Durante l’estate, il sole tramonta più tardi e ciò permette a questi frutti coloratissimi, gustosi e ricchi di vitamine, di crescere in abbondanza in queste terre fredde, per questo la raccolta persiste per tutta la stagione, da fine giugno sino a settembre. Se desiderate avere la possibilità di gustare i frutti di bosco raccogliendoli direttamente 84
dal giardino di casa vostra, ecco alcuni consigli per poterli coltivare sia nell’orto che in vaso. I frutti di bosco, come abbiamo visto, non hanno nessuna difficoltà a crescere in luoghi dal clima freddo, quindi non temono il gelo, ma sono sensibili alla siccità, perciò è necessario scegliere un luogo a mezz’ombra e un terreno che sia irrigato regolarmente e ricoperto da uno strato di pacciame, come foglie e piccole piante. Essendo delle piante che non vengono attaccate facilmente da parassiti, non
necessitano di particolari cure, infatti la maggior parte delle coltivazioni sono biologiche. Non dimenticate che il periodo migliore per il trapianto è a fine autunno. Dopodichè, per avere una buona
poterli gustare in ogni periodo dell’anno. Per la potatura autunnale andranno eliminati solo i rami che hanno già fruttificato, tagliandoli alla base, con le forbici adatte alla potatura.
produzione, le piante dovranno essere irrigate costantemente e, con l’arrivo dell’estate, i frutti inizieranno a crescere e a maturare. Se inizieranno a fruttare generosamente potrete conservarli in congelatore o preparando deliziose conserve, in modo da
Mentre i polloni, prima di essere eliminati, devono essere selezionati, facendo in modo di lasciare quelli più rigogliosi e robusti per ottenere, l’anno successivo una soddisfacente quantità di frutti. Testi e foto a cura di Francesca Lentis
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Foto di Franc 86
Ricette vegane
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Ricette vegane
Alcune ricette danesi sono composte da frutta, dai dolci a piatti piĂš particolari come la Frugtsuppe, una zuppa di frutta con prugne secche, mele e albicocche, che viene servita sia come primo piatto caldo o come dessert dopo essere stata messa in frigorifero per alcune ore.
Quando si parla di frutta si pensa sempre ad un accostamento con alimenti dolci, ma per voi ho pensato di proporre delle ricette singolari dal sapore insolito che vi lasceranno piacevolmente sorpresi.
Penne, pere e formaggio di soia
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Ingredienti per 4 persone 300 gr di penne 200 gr di formaggio di soia spalmabile 2 pere 50 ml di panna di soia 20 gr di burro di soia Lievito alimentare in scaglie qb Sale qb Noce moscata qb Preparazione Mentre lessate la pasta, lavate e sbucciate le pere. Tagliatele a dadini e fatele cuocere con il burro sino a farle ammorbidire. Aggiungete il sale e la noce moscata. Con un po’ di acqua di cottura ammorbidite il formaggio spalmabile e incorporate la panna. Scolate la pasta e amalgamate le pere, la salsa di formaggio e spolverate con il lievito in scaglie. Servite caldo. Testi e foto a cura di Francesca Lentis 89
Seitan ai mirtilli
Ingredienti per 4 persone 300 gr di seitan 100 gr di mirtilli 10 gr di farina 0 erbe aromatiche (alloro, rosmarino, salvia) 1 spicchio d’aglio 1/2 bicchiere di vino 1/2 bicchiere di salsa di soia 50 ml d’acqua olio extravergine d’oliva qb
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Procedimento In una ciotola mettete il seitan tagliato a fette, l’acqua, il vino, la salsa di soia, l’aglio affettato e le erbe aromatiche. Lasciate marinare per circa 8 ore. Dopodichè sgocciolatelo e mettetelo da parte. Frullate i mirtilli con una parte del liquido della marinatura che avrete preventivamente filtrato. Versate la salsa in un pentolino e scaldate a fiamma bassa. In una ciotola mettete la farina e il resto del liquido di marinatura e mescolate per bene. Ora unite i due liquidi e proseguite la cottura continuando a mescolare sino a quando la salsa si sarà addensata. Occorreranno circa 2 minuti. Rosolate con un filo d’olio il seitan in una padella da entrambi i lati. Disponete il seitan in un piatto da portata, versateci sopra la salsa ai mirtilli e servite. Testi e foto a cura di Francesca Lentis
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Insalata con le mele
Ingredienti lattuga pomodorini mele carote sedano senape succo di limone olio extravergine d’oliva sale
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Procedimento Lavate accuratamente le verdure e le mele. Sbucciate le mele, privatele del torsolo con il levatorsolo e affettatele. Sbucciate le carote e tagliatele a julienne. Tagliate la lattuga, i pomodorini e il sedano e uniteli in un insalatiere con le carote e le mele. Con una frusta emulsionate bene la senape, con il succo di limone, con l’olio e il sale. Condite la vostra insalata con la citronette e servite. Testi e foto a cura di Francesca Lentis
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Handmade Handmade
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Hand made with l ov e
Gioielli dal mare In estate, durante le passeggiate in spiaggia, capita spesso di trovare delle conchiglie e non sempre vi è il divieto di raccoglierle. Creare dei gioielli, da regalare o da regalarci, è un’idea carina per riutilizzarle con fantasia. Prima di tutto selezionate le conchiglie per dimensione e colore, successivamente
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pulitele strofinandole con delicatezza con un panno inumidito di acqua ossigenata. Se le conchiglie non sono giĂ forate naturalmente, potete forarle con il trapano, utilizzando una punta fine e facendo molta attenzione a non romperle, praticando una leggera pressione e posando la conchiglia su una tavoletta di legno.
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Per preservare le conchiglie ed avere una maggiore protezione nel tempo, vi consiglio di verniciarle prima di creare il vostro gioiello. Utilizzate una vernice all’acqua lucida o opaca. Se volete un oggetto piÚ artigianale potete usare del filo di nylon, se invece desiderate creare qualcosa di piÚ raffinato potete
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riciclare una vecchia catenina, un bracialetto o un paio di orecchini, che andrete a decorare con le conchiglie, con l’aggiunta di qualche strass o perline colorate. Ora i vostri gioielli sono pronti e potrete sfoggiarli nelle vostre serate estive o regalarli alle vostre amiche.
Curiosità In Danimarca, precisamente a Thyborøn, il pescatore Pedersen creò per sua moglie lo Sneglehus, un castello fiabesco interamente decorato con conchiglie raccolte in 25 anni. Testi e foto a cura di Francesca Lentis
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Riciclo c
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Riciclo creativo
Creatività con i bastoncini del gelato
Chi in estate, nelle giornate più calde, non ama mangiare un fresco e dolce gelato? Nei paesi del nord Europa, in particolar modo in Scandinavia, i gelati vengono mangiati non solo in estate ma anche in inverno e inoltre questo Paese detiene il primato tra quelli che ne consumano maggiormente. In Svezia si può ancora trovare per le strade il “GlassBil”, un furgone che trasporta gelati industriali che vengono venduti soprattutto ai bambini, attirati dal simpatico motivo musicale che emette. Se avrete l’accortezza di conservare i 102
bastoncini del gelato, potrete creare dei simpatici oggetti per decorare la vostra casa e, per chi ha la fortuna di avere una casa al mare, oggi darò dei consigli su come riciclare i bastoncini del gelato in maniera creativa ed economica in modo da rendere i vostri ambienti domestici a tema con il paesaggio naturale che vi circonda Oltre ai bastoncini vi occorreranno, colori acrilici, pennelli, colla vinilica, corda azzurra o di lino, conchiglie, legnetti ecc... Posizionate i bastoncini sino a formare casette o piccole staccionate, dipingetele e decoratele a vostro piacimento. Potrete
fissarle alle pareti e uttilizzarle per appendere le chiavi o semplicemente per dare un tocco marino alla vostra casa. Ricordatevi che ogni oggetto che avete in casa può essere riutilizzato, quindi prima di gettare nella spazzatura qualsiasi cosa, pensate bene se potete ridargli una nuova vita. Testi e foto a cura di Francesca Lentis
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Fai che per te io quando saranno fug (Emily D
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sia l’estate anche ggiti i giorni estivi. Dickinson)
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Nordlys Magazine