Nordlys Magazine Settembre/Ottobre 2017

Page 1

Nordlys Settembre/Ottobre 2017

Ricette Nordic Comfort Food AGRICOLTURA

LE MELE

L’equinozio d’autunno e le Ondine L’ASILO NEL BOSCO

Funghi: tra magia e gastronomia

SPECIALE

Coccole d’autunno

1


Bimestrale illustrato sullo stile di vita nordico. Foto di copertina: Francesca Lentis Redattrici e Writers: Ida De Santo Flavia Di Luzio Francesca Lentis Anna Marangella Grafica e Art Director: Antonella Sguera Collaborazioni esterne Marcella De Santo Ringraziamo il fotografo Mikko Lรถnnberg per la collaborazione.

2

@Nordlysmagazine

https://issuu.com/nordlys2017

@nordlys_magazine


Indice:

Redazione  6-7 Amici del web 8-9 Editoriale 10-15 Speciale Coccole d’autunno Bring the hygge into your life 18-21 Coccole handmade 24-27 Ricette Nordic Comfort Food 30-37 Parole dal Nord Colori d’autunno 40-41 Miti e leggende L’equinozio d’autunno e le Ondine 44-47 La Sirenetta (Seconda parte) 50-59 Speciale autunno nordico Autunno a Copenaghen 62-65 Ritorniamo a scuola 68-73 Asili nel bosco 76-79 Un, due, tre..Hoppipolla! 82-85 Amanita muscaria nella mitologia scandinava 88-91 I berserker e l’uso di funghi allucinogeni 94-97 Signe Aspelin e i suoi funghetti 100-103 Ecologia I politici danesi e l’alimentazione vegana 106-107 Agricoltura Le mele 110-111 Ricette vegane Crespelle con ricotta e funghi 114-117 Zuppa di funghi porcini e patate 118-119 Bocconcini di soia con i funghi 120-121 Handmade Candele a tema autunnale 124-125 Riciclo creativo 3 Cassette di legno della frutta 128-129


Nord 4


dlys 5


Francesca Lentis Nata nel 1976, vivo in Sardegna. Amo viaggiare, la natura, le lunghe passeggiate in montagna e prendermi cura del mio orto. Le mie più grandi passioni sono la fotografia, il riciclo creativo e cucinare.

Antonella Sguera

Potete trovare le mie ricette nel mio blog crudoecotto. Blog e nella pagina https://www.facebook.com/

Nata nel 1992 a Trani, in Puglia. Amo l’arte in tutte le

crudoecottoblog/

sue forme, la fotografia, la lettura e viaggiare. All’età di 13 anni ho iniziato a sperimentare con programmi di grafica e ad utilizzare per la prima volta una macchina fotografica reflex. Terminati gli studi di maturità classica, ho intrapreso gli studi presso l’Accademia di Belle Arti, conseguendo la laurea in Grafica. Collaboro e lavoro nel mondo dell’editoria come grafica e art director. Potete trovare i miei lavori grafici al seguente link: https://society6.com/antonellasguera

6


Redazione

Anna Marangella

Ida De Santo Sono nata nel 1983, vivo in Calabria.

Sono nata a Milano nel dicembre 1965, ma vivo a Verona ormai da più di vent’anni. Food blogger e food writer un po’ per gioco e un po’ per caso non ho ancora capito se mi piace di più cucinare, scrivere o fotografare: nel dubbio faccio tutte e tre le cose. Da sempre sono convinta che “si mangi anche con gli occhi” e che in una fotografia (così come in un piatto” siano i dettagli a fare la differenza. Adoro tutto quello che riguarda il nord: lo stile, la luce e persino la cucina. Amo il bianco, le linee pulite e gli oggetti del passato specie se sono un po’ scrostati e arrugginiti. Il mio blog si chiama Ultimissime dal Forno e potete trovarlo

qui:

http://ultimissimedalforno.blogspot.

it/ e su facebook qui https://www.facebook.com/ ultimissimedalfornoblog/

Sono laureata in conservazione del patrimonio artistico ma non mi occupo di questo. Sono moglie e mamma a tempo pieno. Sono una sognatrice che crede ancora alle favole lieto fine, una dama d’ altri tempi che si emoziona davanti ad un tramonto. Cosa amo? La ma dolce metà e il sorriso della mia bambina, baciarle i piedini, sorseggiare una tazza di tea davanti al caminetto leghere un libro, il profumo di una torta in forno, un mazzo di rose sul tavolo, il profumo della lavand , un centrino all’uncinett. Mi emozionano le piccole cose. Mi piace scattare fotografie spesso anche solo con il pensiero! Mi piace archiviare immagini ed idee. Sono una creativa e mi piace organizzare feste a tema. Se volete vedere I miei lavori creativi visitate la pagina fb “il pettirosso a pois” mentre su “feste di dama” potrete vedere le mie idee per le feste.

7


Amici del web

8


9


Editoriale

di Anna Marangella

L’autunno è quel momento dell’anno in cui mi sento in perfetta armonia con tutto quello che mi circonda. Quando l’aria diventa fresca e leggera, quando la luce diventa morbida e le foglie sono croccanti sotto le scarpe, quando la pioggia batte sui vetri... per me è il “momento perfetto”. Il momento in cui la casa diventa rifugio, un luogo dove coccolarsi e coccolare chi amiamo. E, mentre fuori la pioggia batte leggera sui vetri, accendere le candele, prepararsi un tè caldo e pregustare la gioia di leggere quel nuovo libro che aspettavamo da tempo. Preparare una zuppa calda e confortante in una cucina profumata di pane e spezie, bevendo un bicchiere di vino e chiacchierando con le persone che amiamo. Raggomitolarsi sul divano avvolti in un plaid a guardare la nostra serie tv preferita con una enorme ciotola di popcorn sulle ginocchia. Passeggiare per le vie della città, respirando l’aroma di dolci e caffè. Questo è l’autunno, la stagione che, più di tutte, incarna lo spirito del “vivere hygge”, la mia stagione. Finalmente...

10


Foto di Anna Marangella

11


Editoriale di Ida De Santo

Calpestare distese di foglie fruscianti, rosse, gialle e brune, fermarsi a leggere un libro sotto chiome dorate. Matite nuove da temperare e annusare e fogli immacolati da segnare. Dee da invocare per prosperi raccolti. Boschi da scoprire, annusare, violare, alla ricerca di odorosi funghi, troni ideali di folletti e fatine. Il cielo si vela di plumbee nubi che annunciano la pioggia e tutto si rinfresca ma come per incanto è sorprendentemente caldo. Autunno eccoti!

12


Foto di Ida De Santo

13


Editoriale

di Francesca Lentis

Ecco che arriva l’autunno la stagione perfetta per portare in casa vostra la filosofia hygge. Apportando solo alcune semplici modifiche creerete un’atmosfera di benessere. Il caldo tepore che arriva da un camino, cuscini e morbide coperte, le luci soffuse delle candele, una tazza di cioccolata o tè da condividere con le persone care. Un ambiente intimo e sereno che renderà le vostre serate autunnali rilassanti dal sapore hygge.

14


Foto di Francesca Lentis

15


Speciale Coccole d’autunno

16


17


Bring the hygge into your life

18

Se ne fa un gran discutere da parecchio tempo. Sull’argomento sono usciti libri, articoli, post. Stiamo parlando di “hygge”, parola ormai inflazionatissima coniata dai nostri cugini danesi per indicare l’arte dello stare bene, di vivere la vita con semplicità e consapevolezza. Ormai leggiamo “hygge” ovunque e sembra che ognuno, a suo modo, sia comunque un po’ hygge. Quello che è davvero certo, però, è che se esiste una stagione assolutamente hygge

questa è l’autunno. E’ il momento in cui si ha più voglia di coccole, di stare in casa per riscoprire il piacere di vivere il proprio nido ma anche (a differenza del più rigido inverno) di regalarsi delle passeggiate nella natura, respirando l’aria finalmente fresca e ammirando quei colori meravigliosi che solo l’autunno può regalarci. Se vogliamo portare un po’ di hygge nelle nostre vite questo è il momento giusto. Ed è assolutamente semplice, bastano piccole cose per sentirsi subito meglio. E’ hygge andare a fare una passeggiata


in campagna (ma anche in un parco cittadino) e raccogliere foglie, bacche, fiori, rami, piccole piume... insomma tutti quegli elementi naturali che in qualche modo ci affascinano e usarli per decorare la nostra casa, portando l’atmosfera dell’autunno fra le nostre quattro mura. E’ hygge cuocere il pane, una terapia rasserenante per eccellenza anche grazie al meraviglioso profumo che si sparge per casa, regalando immediatamente una sensazione di felicità. E’ hygge preparare la cioccolata calda e i biscotti e invitare le amiche per passare un pomeriggio di chiacchiere leggere che scaldano il cuore. E’ hygge appendere in giro per casa file di lucine bianche e colorate che rendono l’atmosfera calda e festosa. E’ hygge regalarsi per una volta un magnifico bagno caldo al posto della doccia, un bagno pieno di bollicine profumate e di candele accese che circondano la vasca e magari, per esagerare, un bicchiere di vino da sorseggiare immerse nell’acqua calda e profumata. E’ hygge accendere tante candele, raggomitolarsi su una poltrona avvolte in un plaid a leggere un libro che ci regala emozioni, mentre fuori scende la pioggia.

19


E’ hygge organizzare un picnic in una di quelle splendide giornate di sole che, seppur fredde, hanno una luce meravigliosa. Basta portare delle coperte e un cestino pieno di cose buone per sentirci in pace con il mondo. E’ hygge guardare un film con chi amiamo, condividendo un plaid e una ciotola di popcorn. E’ hygge preparare piatti caldi e confortanti, quelli che cuociono lentamente come zuppe e spezzatini, sapendo che poi ci gratificheranno con il loro calore e il sapore appagante. E’ hygge preparare con cura il letto,

20

vestendolo con biancheria di cotone profumata, cuscini e coperte morbide. E’ hygge indossare in casa un grande maglione morbido, dei leggins comodi e quei calzettoni che sono così buffi che ci fanno sorridere. E’ hygge incontrare un’amica per bene un caffè in quella pasticceria che ci piace tanto e mangiare quei dolcetti che sanno renderci felici e appagate, perchè la vita è bella ed è fatta soprattutto di piccoli piaceri, non dimentichiamolo mai. Forse è proprio questo il segreto della felicità: regalarsi ogni giorno piccoli piaceri e ricordarsi di viverli appieno.


“Le cose piccole hanno l’aria di nulla ma danno la pace.” (Georges Bernanos) Testi e foto a cura di Anna Marangella

21


22


Coccole handmade

Foto di Anna Marangella

23


Coccole handmade

Con l’arrivo dell’autunno aumenta il desiderio di coccolarci. Uno scrub per il corpo o una maschera per il viso hanno il potere di rigenerarci regalandoci un attimo tutto per noi. Un’idea molto carina è quella di provare a prepararli in casa. Naturalmente è meglio attenersi a preparazioni semplici e ricordarsi che, essendo privi di conservanti, i nostri cosmetici handmade vanno usati subito o conservati (per un breve periodo) in frigorifero. MASCHERA ALL’ARGILLA VERDE (rinfrescante e purificante) 1 bicchiere di argilla verde ventilata 1 cucchiaino di olio di mandorle dolci 1 cucchiaino di miele mezzo bicchiere d’acqua naturale Mescolare bene tutti gli ingredienti in una ciotola e applicare subito sul viso e sul collo. Lasciare agire sulla pelle fino a che l’argilla non si sia completamente seccata. Rimuovere con abbondante acqua tiepida.

24


SCRUB LABBRA AL MIELE (per labbra morbide, ideale per i primi freddi) 1 cucchiaino di miele 2 cucchiaini di zucchero 1 goccio di olio di mandorle dolci Mescolare gli ingredienti e massaggiare delicatamente sulle labbra. Sciacquare con acqua tiepida e applicare un po’ di burrocacao.

25


SCRUB PER IL C (purificante, drenante, lasci

4 cucchiai di sale 5 gocce di olio esse 3 cucchiai di olio d Mescolare in una ciotola e mass Sciacquare bene c

26


CORPO AL SALE ia la pelle pulita e vellutata)

e marino integrale enziale di lavanda di mandorle dolci saggiare bene sulla pelle umida. con acqua tiepida. Testi e foto a cura di Anna Marangella

27


Nordic Comfort Food

Il cibo come conforto, ovvero quei cibi che non si limitano a nutrire il corpo ma riescono a scaldare il cuore. Quei profumi, quei sapori che evocano ricordi e ci fanno stare bene. Quei piatti che sanno di casa e famiglia. Che ci danno calore e ci fanno sentire coccolati. Cibo per l’anima dunque, da assaporare in compagnia delle persone che amiamo...

28


Ricette

Foto di Anna Marangella

29


Ă„rtsoppa

Ingredienti:

30

450 grammi di piselli secchi spezzati 8 tazze acqua 1 cipolla 1 carota 4 fette di bacon 2 rametti di timo fresco 1 pizzico di zenzero 1 cucchiano di senape in polvere sale pepe dado vegetale in polvere olio d’oliva


Questa zuppa tipicamente autunnale in origine si preparava utilizzando un osso di prosciutto o uno stinco di maiale per insaporire. La nostra è una versione moderna, più leggera ma altrettanto saporita. Sciacquare bene i piselli spezzati e metterli in una pentola insieme all’acqua. Unire la cipolla e la carota finemente tritate. Portare a ebollizione eliminando la schiuma che si andrà via via formando. Abbassare la fiamma, unire un cucchiaino di dado vegetale e lasciare cuocere per un’ora e mezza circa o anche di più (i piselli dovranno sfaldarsi). Se vediamo che la minestra si asciuga troppo aggiungiamo poca acqua per volta. Pochi minuti prima di servire cuocere le fettine di bacon in una padella e tenerle da parte lasciandole sgocciolare su della carta assorbente. Condire la minestra con il timo, lo zenzero e un filo d’olio. Regolare di sale e pepe e unire la senape. Lasciare insaporire ancora perché pochi minuti e poi servire ben calda accompagnando con il bacon croccante. Testi e foto a cura di Anna Marangella

31


Polpette Svedesi

Ingredienti 300 grammi di carne macinata di manzo 200 grammi di carne macinata di maiale 2 fette di pane bianco ammorbidito nella latte e ben strizzato mezza cipolla tritata 1 uovo una manciata di prezzemolo fresco e aneto tritati sale pepe olio per friggere

32

Testi e foto a cura di Anna Marangella


Per la salsa: 600 millilitri di brodo di carne 3 cucchiai rasi di farina 2 cucchiaini di senape 1 cucchiaino di salsa Worcestershire 4 cucchiaini di panna una noce di burro sale pepe In una ciotola mescolare tutti gli ingredienti (tenerdo da parte un po’ di prezzemolo e aneto) e, con le mani inumidite, formare delle polpette della grandezza di una noce. In una larga padella friggere le polpette fino a dorarle bene, scolarle su carta per fritti e tenerle in caldo. In un’altra padella sciogliere il burro a fuoco dolce, unire la farina, mescolare bene e versare poco a poco il brodo caldo. Fare addensare a fuoco dolce per un paio di minuti sempre mescolando. Unire la senape, la salsa Worcestershire e la panna, mescolare, regolare di sale e pepe e mettere nella padella anche le polpette. Lasciare insaporire un paio di minuti e servire caldissime decorando con prezzemolo e aneto.

33


Patate hasselback

Ingredienti 4 patate di media grandezza 4 cucchiai di olio extravergine d’oliva una noce di burro 2 spicchi d’aglio timo fresco sale pepe

34


Preriscaldare il forno a 190 gradi. Lavare e spazzolare bene le patate senza sbucciarle. Inciderle a fettine sottili e regolari lasciandole attaccate alla base. Far sciogliere il burro e unirlo all’olio. Schiacciare l’aglio con lo spremiaglio e mescolarlo al composto di burro e olio. Trasferire le patate in una teglia ricoperta di carta da forno e spennellarle bene con metà del composto di burro e l’olio. Mettere qualche rametto di timo nelle fessure e condire con sale e pepe. Cuocere per 30 minuti e poi spennellare le patate con l’olio rimasto. Infornare nuovamente e cuocere ancora per 20-30 minuti (il tempo varia in base alla grandezza delle patate. Testi e foto a cura di Anna Marangella

35


Ă„ppelkaka

Ingredienti: 4 grosse mele 2 cucchiai di zucchero semolato 1 cucchiaino di cannella in polvere 140 grammi di burro molto morbido 150 grammi di farina addizionata con lievito 80 grammi di zucchero di canna 2 uova i semi di mezzo baccello di vaniglia

36


Preriscaldare il forno a 180 gradi. Tagliare le mele a fettine, metterle in una terrina e coprirle con la cannella e lo zucchero semolato. Mescolare bene e tenere da parte. In una terrina montare con le fruste elettriche il burro morbido con lo zucchero di canna. Unire la vaniglia e le uova, mescolando bene. Setacciare la farina e unirla all’impasto Imburrare e infarinare una tortiera del diametro di 21 centimetri e versarvi l’impasto. Scolare le mele e disporle a strati sull’impasto, facendone affondare una parte. Cuocere nel forno già caldo per circa 35 minuti. Servirla tiepida. Testi e foto a cura di Anna Marangella

37


Parole dal Nord

38

JĂŚgervatnet (


(Norvegia)

39


Colori d’autunno

Ebbene sì, ci siamo, settembre è arrivato e anche il Nord Europa si prepara ad affrontare l’autunno, stagione notoriamente caratterizzata da un clima molto instabile ma al tempo stesso accompagnata da un’atmosfera magica e da un’esplosione di colori che non possono lasciare indifferenti. Infatti, è proprio in questo periodo dell’anno che le foglie passano dal giallo squillante tipicamente estivo a un vivace rosso scarlatto che fa risplendere foreste, valli e colline di una rinnovata bellezza di cui si può godere a pieno passeggiando nel bosco alla ricerca di funghi ed erbe aromatiche. A tal proposito, è interessante notare che in Finlandia esiste il termine ruska, ampiamente usato per definire il paesaggio autunnale e i suoi colori vividi e menzionato già nel 1745 nel dizionario finnico-latino-svedese curato dal vescovo, linguista e scrittore finlandese

40


Daniel Juslenius. In particolare, possiamo distinguere tra puuruska (puu = “albero”) e maaruska (maa = “suolo”), che indicano rispettivamente i colori autunnali degli alberi e quelli del suolo. Nella vicina Svezia, invece, troviamo il termine höstfärger, molto simile al danese høstfarver e al norvegese høstfarger. Tutte queste varianti, proprio come quella islandese haustlitir e la faroese heystlitir, sono traducibili letteralmente con “colori d’autunno” (höst/ høst/haust/heyst = “autunno” + färger/farver/farger/litir = “colori”). Concludo questo excursus linguistico tra le meraviglie della natura nordica augurando a tutti i lettori un fantastico autunno in compagnia di Nordlys Magazine! Testi a cura di Flavia Di Luzio Foto a cura di Mikko Lönnberg

41


Miti e l

42

Lyngen N


leggende

Norvegia

43


L’equinozio d’autunno e le Ondine

Illustrazione di Benjanim Lacombe – Ondine

In autunno tutto ci ricorda il crepuscolo, – e tuttavia, mi sembra la stagione più bella: volesse il cielo allora, quando io vivrò il mio crepuscolo, che ci debba essere qualcuno che allora mi ami come io ho amato l’autunno. (Søren Kierkegaard) L’equinozio d’autunno è il giorno di transizione fra la metà chiara e quella scura dell’anno. In alcune comunità antiche, sappiamo che questa festa veniva celebrata in tre giorni, durante questo periodo tutti si riunivano per onorare gli Dei per il raccolto e pregavano per un buon anno, e un buon inverno; ma in altre comunità, sappiamo che si faceva molto di più. Venivano eseguiti rituali speciali per onorare la Disir e / o gli Alfar. Le Disir sono spiriti femminili che possono comprendere: antenate, divinità, semi-divinità, spiriti ancestrali di una tribù o linea famigliare, fino a spiriti locali (es: spirito del fiume) come ad esempio le Ondine. Nella tradizione esoterica, l’Equinozio d’Autunno rappresenta un momento speciale in

44

cui le forze della Luce e quelle delle Tenebre si bilanciano e si mantengono in equilibrio. Esso costituisce un momento molto importante per l’essere umano che inizia a riflettere su se stesso, guardando appunto al proprio interno, intraprendendo una sorta di viaggio introspettivo alla ricerca di se stesso.


Sin dall’antichità la celebrazione degli Equinozi e dei Solstizi rivestiva un’importanza fondamentale da un punto di vista astronomico ma soprattutto religioso e spirituale in quanto si riteneva che durante questi precisi momenti dell’anno si potesse aprire una porta sull’Aldilà, una sorta di varco spazio-temporale attraverso cui si poteva entrare in contatto con gli dei e con gli spiriti degli antenati. Tenendo conto di ciò, vi parlerò delle Ondine che, essendo associate dalla tradizione esoterica all’Ovest, hanno il loro momento evocativo in autunno e più precisamente durante l’equinozio. Queste favolose creature della letteratura nordica, erano geni femminili dalla natura benevola, fatta qualche eccezione. Il loro elemento era l’acqua, per cui abitavano mari e fiumi. Le Ondine sono elementi dell’acqua, e come tali, spiriti del mondo acquatico, potremmo anche dire che l’Ondina è la personificazione dell’acqua, molte scuole di pensiero paragonano le Ondine ai folletti, alle ninfee e alle sirene. L’ordine delle Ondine, è molto particolare e unico sotto diversi aspetti: Il termine Ondina viene dalla radice latina “Unda” che significa “onda”. Poiché sono entità collegate all’acqua, le Ondine sono governate dai moti della luna come ogni altro liquido. Le Ondine vengono comunemente associate con il dominio della direzione dell’ovest e, come entità dell’elemento acqua, più favorevoli ad avvicinare i segni di acqua come il Cancro, i Pesci e gli Scorpioni. Esse sarebbero le guardiane dell’elemento acqua e lo difenderebbero da ogni sopruso o alterazione. Sono in genere rappresentate come donne bellissime con la coda di pesce. A seconda delle tradizioni, sono considerate esseri maligni, innocui, o addirittura amichevoli. Hanno voci meravigliose, che, alcune volte, possono essere udite sovrapposte allo scrosciare dell’acqua. Secondo la tradizione, le ondine sono prive di anima, proprio per questo motivo è loro precluso l’accesso al Paradiso dopo la morte, ma possono guadagnarsene una sposando un uomo mortale e dando loro un figlio. Questa loro caratteristica le ha portate ad essere molto popolari nella letteratura romantica e tragica. Le Ondine marine, figlie di Ager, Re del Mare e di Ran, la bellissima sposa, avevano come compito guidare i naviganti, soccorrere i naufraghi e, se possibile, riportare alle madri i marinai annegati.

45


Illustrazione di Benjanim Lacombe

46


Erano nove e i loro nomi ricordano le saghe vichinghe e nibelunghe: Himinglifa – Dufa – Hadoha –Hedring –Udir – Hronn –Bylzia – Bora – Kolga. Quando non erano impegnate a proteggere o soccorrere naviganti, passavano il tempo giocando e nuotando con tritoni, delfini, cavallucci marini ed altre creature del mare. Oppure se ne stavano sugli scogli e promontori a suonare, danzare e cantare, poiché una delle loro qualità era il suono struggente della voce, capace di incantare ogni creatura. Anche le Ondine di fiume avevano simili caratteristiche. Queste abitavano le insenature di fiume, scogli, grotte, argini informi e anch’esse accompagnavano i naviganti fluviali con i loro meravigliosi canti. Erano bellissime e piene di fascino, avevano lunghissimi capelli fluttuanti al vento e dai riflessi blu che coprivano spalle e seni. Le Ondine erano solite ornare i loro splendidi capelli con fiori e minuscole conchiglie. Visto il loro fascino sono state spesso protagoniste di leggende di vario tipo. Una curiosità legata alle Ondine è data da una leggenda che dà il nome, addirittura, ad una patologia medica. Sto parlando della “maledizione di Ondina”, il nome storico dell’ipoventilazione alveolare primitiva, una grave forma di apnea del sonno. Questa malattia causa la perdita del controllo automatico del respiro, che significa che ogni singolo respiro dev’essere cominciato volontariamente. Se non curata, i pazienti affetti da questa sindrome moriranno non appena si addormenteranno, dato che durante il sonno non potranno controllare il loro respiro. Questa patologia prende il nome da una storia germanica nota come “Sonno dell’Ondina”. La storia è questa: Ondina era molto bella e si innamorò di un bel cavaliere, sir Lawrence, e i due si sposarono. Lawrence giurò che l’avrebbe sempre amata e le sarebbe stato fedele. Un anno dopo il loro matrimonio, Ondina partorì suo figlio, e da quel momento cominciò ad invecchiare. Il marito iniziò a perdere interesse verso la moglie, non più avvenente come un tempo. Un pomeriggio Ondina stava camminando vicino alle scuderie quando sentì russare il marito. Entrata nelle scuderie, trovò Lawrence addormentato fra le braccia di un’altra donna. Furiosa, urlando, lo maledì, dicendo: “Tu mi hai giurato fedeltà con ogni tuo respiro, ed io ho accettato il tuo voto. Così sia. Finché sarai sveglio, potrai avere il tuo respiro, ma dovessi mai cadere addormentato, allora esso ti sarà tolto e tu morirai!” Per la serie “mai far arrabbiare una donna”! Testi a cura di Ida De Santo

47


Ti racconto

48

Lofoten N


o una fiaba

Norvegia

49


La sirenetta di H.C. Andersen

Seconda parte

La sirenetta uscì dal suo giardino e si avviò verso il torrente ribollente, dietro il quale abitava la strega. Non aveva mai percorso quella strada; non vi crescevano né fiori né erba, solo un fondo di sabbia grigia si stendeva verso il torrente, dove l’acqua, che sembrava spinta dalle ruote del mulino, girava come un vortice e inghiottiva tutto quel che poteva afferrare. Lei dovette passare in mezzo a quei vortici tremendi per arrivare nel territorio della strega, e qui c’era da attraversare una vasta pianura bollente, che la strega chiamava la sua torbiera. Oltre la torbiera si trovava la sua casa, in mezzo a un bosco orribile. Tutti gli alberi e i cespugli erano polipi, per metà bestie e per metà piante: sembravano centinaia di teste di serpente che crescevano dal terreno, tutti i rami erano lunghe braccia vischiose, con le dita simili a vermi ripugnanti, che si muovevano in ogni loro parte, dalle radici fino alla punta più estrema. Si avvolgevano intorno a tutto quel

50


che potevano afferrare e non lo lasciavano mai più. La sirenetta si fermò spaventatissima; il cuore le batteva forte per la paura, stava per tornare indietro, ma pensò al principe e all’anima degli uomini, così le tornò il coraggio. Legò per bene i lunghi capelli svolazzanti, affinché i polipi non riuscissero a afferrarli; mise le mani sul petto e partì passando come un pesce guizzante nell’acqua, tra gli orribili polipi, che allungavano i vischiosi tentacoli verso di lei. Vide ciò che ognuno di essi aveva afferrato, centinaia di tentacoli trattenevano le prede come tenaglie di ferro: uomini che erano morti in mare e caduti sul fondo si affacciavano come bianchi scheletri tra i tentacoli; remi di imbarcazioni e casse erano tenuti stretti, scheletri di animali e persino una sirenetta che avevano catturato e soffocato. Questa vista fu per lei la più spaventosa! Poi giunse in un’ampia radura di fango nel bosco, dove grossi serpenti di mare si rivoltavano mostrando i loro orribili denti gialli. Nel mezzo si trovava una casa fatta con le bianche ossa di uomini calati sul fondo; lì stava la strega del mare e lasciava che un rospo mangiasse dalla sua mano, come gli uomini fanno con i canarini quando gli danno lo zucchero. Quegli orribili grossi serpenti di mare erano chiamati «pulcini» dalla strega che lasciava le strisciassero sui grossi seni cadenti. «So bene che cosa vuoi!» disse la strega del mare «sei proprio ammattita! comunque il tuo desiderio verrà soddisfatto, perché ti porterà sventura, mia bella principessa! Vuoi liberarti della tua coda di pesce e ottenere in cambio due sostegni per camminare come gli uomini, così che il giovane principe si innamori di te e tu possa ottenere un’anima immortale!» La strega rideva così sguaiatamente che il rospo e i serpenti caddero a terra e lì continuarono a rotolarsi. «Arrivi appena in tempo!» riprese. «Domani, una volta sorto il sole non potrei più aiutarti e dovresti aspettare un anno intero. Ti preparerò una bevanda, ma con questa devi nuotare fino alla terra, salire sulla spiaggia e berla prima che sorga il sole. Allora la tua coda si dividerà e si trasformerà in ciò che gli uomini chiamano gambe. Soffrirai come se una spada affilata ti trapassasse. Tutti quelli che ti vedranno, diranno che sei la più bella creatura umana mai vista! Conserverai la tua aggraziata andatura, nessuna ballerina sarà migliore di te, ma a ogni passo che farai, sarà come se camminassi su un coltello appuntito, e il tuo sangue scorrerà. Se vuoi soffrire tutto questo, ti aiuterò!» «Sì» esclamò la principessa con voce tremante, pensando al principe, e all’anima immortale. «Ma ricordati» aggiunse la strega «una volta che ti sarai trasformata in donna, non potrai mai più ritornare a essere una sirena! Non potrai più discendere nel mare dalle tue sorelle e al castello di tuo padre; e se non conquisterai

51


l’amore del principe, cosicché lui dimentichi per te suo padre e sua madre, dipenda da te per ogni suo pensiero e chieda al prete di congiungere le vostre mani rendendovi marito e moglie, non avrai mai un’anima immortale! e se lui sposerà un’altra, il primo mattino dopo il matrimonio il tuo cuore si spezzerà e tu diventerai schiuma dell’acqua!» «Lo voglio ugualmente!» disse la sirenetta, che era pallida come una morta. «Però mi devi ricompensare!» aggiunse la strega «e non è poco quello che pretendo. Tu possiedi la voce più bella tra tutti gli abitanti del mare, e credi con quella di poterlo sedurre; ma la voce la devi dare a me. Io voglio ciò che tu di meglio possiedi per la mia preziosa bevanda! Devo versarci del sangue, affinché il filtro sia tagliente come una spada a due lame!» «Se mi prendi la voce» chiese la sirenetta «che cosa mi resta?» «La tua splendida persona, la tua armoniosa andatura e i tuoi occhi espressivi, con questo riuscirai certo a conquistare il cuore di un uomo. Allora! hai perso il coraggio? Tira fuori la lingua così te la taglio; è il pagamento per quella potente bevanda!» «Va bene!» esclamò la sirenetta, e la strega mise sul fuoco la pentola per far bollire la bevanda magica. «La pulizia è un’ottima cosa!» disse mentre strofinava la pentola con alcune serpi legate insieme, poi si tagliò il petto e fece gocciolare il suo sangue nero, e il vapore assunse forme molto

52


strane che facevano proprio paura. «Eccola qui!» disse la strega e tagliò la lingua alla sirenetta, che ora era muta e non poteva più né cantare né parlare. «Se i polipi volessero afferrarti, mentre passi di nuovo attraverso il mio bosco» spiegò la strega «getta una goccia di questa bevanda su di loro e le loro braccia e dita si romperanno in mille pezzi.» Ma la sirenetta non ebbe bisogno di farlo; i polipi si allontanarono spaventati da lei non appena videro quella bevanda lucente che teneva in mano come fosse una stella luminosa. Così passò in fretta per il bosco, per la palude e per il torrente che ribolliva. Vide il castello di suo padre, le luci erano spente nella grande sala da ballo; certamente tutti dormivano, e lei comunque non avrebbe osato cercarli: ora era muta e doveva andarsene per sempre. Le sembrò che il cuore si spezzasse per il dolore. Andò in silenzio nel giardino e prese un fiore da ogni giardinetto delle sorelle; gettò con le dita mille baci verso il castello e salì per il mare blu. Il sole non era ancora sorto quando vide il castello del principe e salì per la bellissima scalinata di marmo. La luna splendeva meravigliosa. La sirenetta bevve allora il filtro infuocato, e subito fu come se una spada a due lame le trafiggesse il corpo delicato; svenne e rimase distesa come morta. Quando il sole spuntò all’orizzonte, si svegliò e sentì un dolore lancinante, ma proprio davanti a lei stava il giovane principe, bellissimo, che la fissava con i magnifici occhi neri, così lei abbassò i suoi e vide che la sua coda di pesce era sparita e ora possedeva le più belle gambe bianche che mai nessuna fanciulla aveva avuto. Ma era tutta nuda e così si avvolse nei suoi capelli. Il principe le chiese chi fosse e come fosse arrivata fin lì, lei lo guardò dolcemente e tanto tristemente coi suoi occhi azzurri: non poteva parlare. Lui la prese per mano e la portò al palazzo. A ogni passo le sembrava, come la strega le aveva detto, di camminare su punte taglienti e su coltelli affilati, ma sopportò tutto volentieri, e tenendo il principe per mano salì le scale leggera come una bolla d’aria e sia lui che gli altri ammirarono la sua armoniosa andatura. Ricevette costosi abiti di seta e di mussola, era la più bella del castello, ma era muta, non poteva né cantare né parlare. Graziose damigelle vestite d’oro e di seta avanzarono e cantarono davanti al principe e ai suoi genitori, una di loro cantò meglio delle altre e il principe batté le mani e le sorrise. In quel momento la sirenetta si rattristò; sapeva che avrebbe saputo cantare molto meglio, e pensò: «Dovrebbe proprio sapere che io, per stare vicino a lui, ho ceduto per sempre la mia voce!» Poi le damigelle danzarono balli meravigliosi su una musica dolcissima; allora anche la sirenetta tese le braccia bianche, si alzò sulla punta dei piedi e volteggiò, ballò come mai nessuno

53


aveva fatto; a ogni movimento la sua bellezza era sempre più visibile e i suoi occhi parlavano al cuore meglio dei canti delle damigelle. Tutti rimasero incantati, soprattutto il principe, che la chiamò la sua trovatella, e lei continuò a danzare, anche se ogni volta che i piedi toccavano terra, era come toccassero coltelli affilati. Il principe le disse che sarebbe dovuta rimanere per sempre con lui e le diede il permesso di dormire fuori dalla sua stanza su un cuscino di velluto. Fece preparare per lei un costume da amazzone, affinché potesse accompagnarlo a cavallo. Cavalcarono in mezzo ai boschi profumati, dove i verdi rami sfioravano loro le spalle e gli uccellini cantavano tra le foglie fresche. La sirenetta si arrampicò col principe sulle alte montagne, e nonostante i suoi piedi sanguinassero a tal punto che anche gli altri se ne accorsero, lei ne rideva e lo seguì fino a dove poterono vedere le nuvole spostarsi sotto il loro, come fossero state stormi di uccelli che si dirigevano verso paesi stranieri. Quando al castello di notte gli altri dormivano, lei andava alla scalinata di marmo e si rinfrescava i piedi doloranti immergendoli nell’acqua fresca del mare, e intanto pensava

54

a coloro che stavano nelle profondità marine. Una notte giunsero le sue sorelle a braccetto, cantarono tristemente, nuotando sulle onde, lei le salutò con la mano e loro la riconobbero e raccontarono quanto li avesse resi tristi. Da quella volta tutte le notti le facevano visita, e una notte vide, lontano, la vecchia nonna, che da molti anni non era più salita in superficie, e il re del mare, con la corona in testa; tesero le braccia verso di lei, ma non osarono avvicinarsi alla terra come le sue sorelle. Ogni giorno il principe le voleva più bene, la amava come si può amare una cara fanciulla, ma non pensava certo di renderla regina; eppure lei doveva diventare sua moglie, altrimenti non avrebbe mai ottenuto un’anima immortale, e al mattino successivo al matrimonio del principe con un’altra sarebbe diventata schiuma. “Non vuoi più bene a me che a tutti gli altri?” sembrava chiedessero gli occhi della sirenetta, quando il principe la prendeva tra le braccia e le baciava la bella fronte. «Sì, tu sei la più cara di tutte!» diceva il principe «perché hai un cuore che è migliore di tutti gli altri, poi mi sei molto devota, e assomigli tanto a una fanciulla che vidi una volta, ma che sicuramente non troverò mai più. Ero su una nave che affondò, le onde mi trascinarono a riva vicino a un tempio dove servivano molte fanciulle; la più giovane mi trovò sulla spiaggia e mi


salvò la vita, la vidi solo due volte; è l’unica persona che potrei amare in questo mondo, e tu le assomigli, e hai quasi sostituito la sua immagine nel mio animo. Lei appartiene al tempio e per questo la mia buona sorte ti ha mandato da me; non ci separeremo mai.» “Oh, lui non sa che sono stata io a salvargli la vita!” pensò la sirenetta. “Io l’ho sorretto in mare fino al bosco dove si trova il tempio, io mi sono nascosta tra la schiuma per vedere se arrivava gente. E ho visto quella bella fanciulla che lui ama più di me!” e intanto sospirava profondamente, poiché non poteva piangere. “Ma quella ragazza appartiene al tempio, ha detto il principe, e non verrà mai nel mondo, non si incontreranno mai più, e io sono vicino a lui, lo vedo ogni giorno, avrò cura di lui, lo amerò e gli sacrificherò la mia vita!” Un giorno si venne a sapere che il principe si doveva sposare con la bella principessa del reame confinante, e per questo stava allestendo una splendida nave. Il principe sarebbe andato a visitare il regno vicino, così si diceva, ma in realtà era per vedere la figlia del re; e avrebbe portato con sé un ricco seguito. Ma la sirenetta scuoteva la testa e rideva; conosceva il pensiero del principe molto meglio degli altri. «Sono costretto a partire» le aveva detto «devo incontrare quella bella principessa; i miei genitori lo vogliono, ma non mi costringeranno a portarla a casa come mia sposa. Non lo voglio! Non posso amarla, non assomiglia alla bella fanciulla del tempio, come le somigli tu. Se mai dovessi scegliere una sposa, allora prenderei te, mia trovatella muta con gli occhi parlanti!» E le baciò la bocca rossa, le carezzò i lunghi capelli e posò il capo sul suo cuore, che sognò una felicità umana e un’anima immortale. «Non hai paura del mare, vero, mia fanciulla muta?» le chiese il principe quando furono sulla meravigliosa nave che doveva portarli nel regno vicino, e le raccontò della tempesta e del mare calmo, degli strani pesci e di quello che i palombari avevano visto sul fondo, e lei sorrideva ai suoi racconti, lei che conosceva meglio di chiunque altro il fondo del mare. Nella chiara notte di luna, mentre tutti gli altri dormivano fuorché il timoniere, si appoggiò al parapetto della nave e guardò verso l’acqua trasparente; le sembrò di vedere il castello di suo padre e la vecchia nonna con la corona d’argento in testa che osservava, attraverso le correnti del mare, il movimento della nave. Poi giunsero alla superficie le sue sorelle, che la fissarono tristemente tendendo le mani bianche verso di lei; lei le salutò, sorrise, e avrebbe voluto dire che tutto andava bene, ma il mozzo si avvicinò e le sorelle si immersero nell’acqua, così lui credette che quel biancore che aveva visto fosse la schiuma

55


del mare. Il mattino dopo la nave entrò nel porto della bella città del re vicino. Tutte le campane suonarono e dalle alte torri suonarono le trombe, mentre i soldati, tra lo sventolare delle bandiere, presentavano le baionette lucenti. Ogni giorno ci fu una festa. Balli e ricevimenti si susseguirono, ma la principessa non c’era ancora, abitava molto lontano, in un tempio, dissero, per imparare tutte le virtù necessarie a una regina. Finalmente un giorno arrivò. La piccola sirena era ansiosa di vedere la sua bellezza e dovette riconoscere di non aver mai visto una figura così graziosa. La pelle era molto delicata e trasparente, e sotto le lunghe ciglia scure due occhi azzurri e fiduciosi sorridevano. «Sei tu!» esclamò il principe «tu che mi hai salvato quando giacevo come morto sulla costa!» e strinse tra le braccia la fidanzata, che era arrossita. «Oh, sono troppo felice!» disse alla sirenetta. «La cosa più bella, che non avevo mai osato sperare, è avvenuta! Rallegrati con me, tu che mi vuoi così bene tra tutti!» E la sirenetta gli baciò la mano, ma sentì che il suo cuore si spezzava. Il mattino dopo le nozze sarebbe morta, trasformata in schiuma del mare. Tutte le campane suonarono, gli araldi cavalcarono per le strade a annunciare il fidanzamento. Su tutti gli altari si bruciarono oli profumati in preziose lampade d’argento. I preti fecero oscillare gli incensieri mentre gli sposi si strinsero le mani e ricevettero la benedizione del vescovo. La sirenetta, vestita di seta e d’oro, reggeva lo strascico, ma le sue orecchie non sentivano quella musica gioiosa, i suoi occhi non vedevano quella sacra cerimonia: pensava alla sua morte e a tutto quel che avrebbe perso in questo mondo. La sera stessa gli sposi salirono a bordo della nave, i cannoni spararono, e le bandiere sventolarono; in mezzo alla nave era stata montata una tenda reale fatta d’oro e di porpora, con cuscini sofficissimi, su cui la coppia di sposi avrebbe dovuto dormire in quella quieta e fredda notte. Le vele sventolavano al vento, e la nave scivolava leggera, senza scossoni, sul mare trasparente. Quando venne buio si accesero le lampade variopinte e i marinai ballarono allegramente sul ponte. La sirenetta ripensò alla prima volta in cui si era affacciata sulla terra e aveva visto lo stesso splendore e la stessa gioia, si inserì nelle danze, volteggiò come fa la rondine quando viene inseguita, e tutti le mostrarono la loro ammirazione: non aveva mai ballato così bene. Sentiva i piedini come tagliati da coltelli affilati, ma non vi badò, le faceva più male il cuore. Sapeva che quella era l’ultima sera in cui vedeva colui per il quale aveva lasciato la sua gente e la sua casa, per il quale aveva rinunciato alla sua

56


bella voce, per il quale aveva sofferto ogni giorno tormenti senza fine, che lui neppure poteva immaginare. Quella era l’ultima notte in cui avrebbe respirato la sua stessa aria; guardò verso il profondo mare e verso il cielo stellato: una notte eterna senza pensieri né sogni la aspettava, poiché non aveva un’anima, né poteva ottenerla. L’allegria e la gioia sulla nave durarono a lungo anche dopo mezzanotte; anche lei rise e danzò ma aveva pensieri di morte nel cuore. Il principe baciò la sua bella sposa e lei gli accarezzò i capelli neri, poi a braccetto andarono a riposarsi nella splendida tenda. Calò il silenzio sulla nave, solo il timoniere era sveglio al timone; la sirenetta pose le bianche braccia sul parapetto e guardò verso est, per vedere il rosso dell’alba: il primo raggio di sole la avrebbe uccisa. Allora vide le sue sorelle spuntare fuori dal mare, erano pallide come lei, i loro lunghi e bei capelli non si agitavano più nel vento, erano stati tagliati. «Li abbiamo dati alla strega, perché ti venisse a aiutare affinché tu non muoia questa notte. Allora ci ha dato un coltello; eccolo! vedi com’è affilato? Prima che sorga il sole devi infilzarlo nel cuore del principe; quando il suo caldo sangue bagnerà i tuoi piedi, questi riformeranno una coda di pesce e tu ridiventerai una sirena e potrai gettarti in acqua con noi e vivere i tuoi trecento anni prima di morire e diventare schiuma salata. Fai presto! O tu o lui dovete morire prima che sorga il sole! La nonna soffre tanto e ha perso tutti i capelli bianchi, e i nostri sono caduti sotto le forbici della strega. Uccidi il principe e torna indietro! Presto! non vedi quella striscia rossa nel cielo? Tra pochi minuti sorgerà il sole e allora morrai!» Sospirarono profondamente e si reimmersero tra le onde. La sirenetta sollevò il tappeto di porpora della tenda e vide la bella sposina dormire col capo sul petto del principe, si chinò verso di lui e gli baciò la bella fronte, guardò verso il cielo dove la luce dell’alba si faceva sempre più intensa, guardò il coltello affilato e poi fissò di nuovo gli occhi del principe, che in sogno pronunciò il nome della sua sposa; solo lei era nei suoi pensieri, e il coltello tremò nella mano della sirena. Allora lo gettò lontano tra le onde, che brillarono rosse dove era caduto: sembrava che gocce di sangue zampillassero dall’acqua. Ancora una volta guardò con lo sguardo spento verso il principe; poi si gettò in mare e sentì che il suo corpo si scioglieva in schiuma. Il sole sorse alto sul mare, i raggi battevano caldi sulla gelida schiuma e la sirenetta non sentì la

57


morte, vedeva il bel sole e su di lei volavano centinaia di bellissime creature trasparenti; attraverso le loro immagini poteva vedere la bianca vela della nave e le rosse nuvole del cielo, la loro voce era una melodia così spirituale che nessun orecchio umano poteva sentirla; così come nessun occhio umano poteva vederle. Volavano nell’aria senza ali, grazie alla loro stessa leggerezza. La sirenetta vide che aveva un corpo come il loro, e che si sollevava sempre più dalla schiuma. «Dove sto andando?» chiese la sirenetta, e la sua voce risuonò come quella delle altre creature, così spirituale che nessuna musica terrena poteva riprodurla. «Dalle figlie dell’aria!» le risposero. «Le sirene non hanno un’anima immortale e non possono ottenerla se non conquistando l’amore di un uomo! La loro esistenza immortale dipende da una forza estranea. Anche le figlie dell’aria non hanno un’anima immortale, ma possono conquistarne una da sole, tramite le buone azioni. Noi andiamo verso i paesi caldi; dove l’aria calda e pestilenziale uccide gli uomini, noi portiamo il fresco. Spandiamo il profumo dei fiori nell’aria e portiamo ristoro e guarigione. Se per trecento anni interi continuiamo a fare tutto il bene che possiamo, otteniamo un’anima immortale e possiamo partecipare all’eterna felicità degli uomini. Tu, povera sirenetta, lo hai desiderato con tutto il cuore; anche tu, come noi, hai sofferto e sopportato, e sei arrivata al mondo delle creature dell’aria: ora puoi compiere delle buone azioni e conquistarti un’anima immortale fra trecento anni!» La sirenetta sollevò le braccia trasparenti verso il sole del Signore e per la prima volta sentì le lacrime agli occhi. Sulla nave era ripresa la vita e il rumore; vide che il principe e la sua bella sposa la cercavano, e guardarono tristemente verso la schiuma del mare, quasi sapessero che si era gettata tra le onde. Invisibile baciò la sposa sulla fronte, sorrise al principe e salì con le altre figlie dell’aria su una nuvola rosa che navigava nel cielo. «Fra trecento anni entreremo nel regno di Dio!» «Anche prima potremo arrivarci» sussurrò una di loro. «Senza farci vedere entriamo nelle case degli uomini, dove c’è qualche bambino; ogni volta che troviamo un bambino buono che rende felici i suoi genitori e merita il loro amore, il Signore ci abbrevia il periodo di prova. Il bambino non sa quando entriamo in casa, ma noi gli sorridiamo per la gioia, e così ci viene tolto un anno dei trecento che ci toccano; se invece troviamo un bambino cattivo e capriccioso, allora dobbiamo piangere di dolore e ogni lacrima aumenta di un giorno il nostro tempo di prova!» Testi e foto a cura di Ida De Santo

58


59


Speciale autunno nordico

60

Foto di Ida


a De Santo

61


Speciale autunno nordico

Autunno a Copenaghen << È bello qui d’autunno!>> disse la piccola bambina, e l’aria si fece doppiamente leggera e blu, la foresta prese le tinte più splendide del rosso, del giallo e del verde, i cani da caccia passarono di corsa, intere schiere di uccelli passarono in volo urlando sopra i dolmen dove dalle vecchie pietre pendevano i tralci di more. Il mare era blu notte con velieri bianchi e sull’aia le vecchie donne, le ragazze e i bambini stavano pulendo il luppolo in un grande recipiente; i giovani cantavano canzoni, ma i vecchi raccontavano fiabe sui folletti e sugli orchi. Non si poteva stare meglio!” Madre Sanbuco, Andersen

62


Piove oggi, siamo ancora in piena estate ma a me viene una gran voglia di autunno! Amo l’autunno, quel profumo di asfalto bagnato, quei colori così caldi che annunciano il freddo. Chi come me ama l’autunno non può non innamorarsi perdutamente di Copenhagen in questa stagione. Già da fine agosto l’autunno inizia a dare i suoi accenni. Le temperature calano rendendo il clima piacevolmente frizzante e le piogge, che iniziano ad avere una frequenza più assidua, rendono l’aria profumata di erba bagnata. Un tripudio di colori caldi annunciano il freddo che bussa alle porte con insistenza. La luce splendente cede il posto alla penombra. Le case chiudono le finestre al freddo e alla pioggia e diventano calde ed accoglienti tra le luci soffuse delle candele profumate alla cannella, preannunciando il natale alle porte. Ma la vita continua anche fuori. Il panorama è da togliere il fiato, i colori spettacolari! I numerosi parchi fanno da cornice con le loro chiome alberate dai colori del fuoco e a terra tappeti di foglie fruscianti. Passeggiare o fermarsi a leggere un libro nelle giornate di sole con i raggi che filtrano tra le foglie riporta ad atmosfere antiche, di quelle che si leggono nei romanzi. Le caffetterie si riempiono e sorseggiare una fumante tazza di cioccolata calda è un toccasana.

63


Per i danesi nessuna stagione impedisce di usare la bicicletta. Per loro è una parte della famiglia e anche nelle giornate di pioggia è il loro mezzo di trasporto ufficiale! Passeggiando per le strade della città, rallegrato dalle sue tipiche abitazioni colorate, ci si può facilmente imbattere in piccoli chioschi di hotdogs, pølser in danese. Se si vuole assaggiare tutti i tipi di cibo da strada c’è un posto magico, dove il riciclo arreda ogni angolo. “Street food” si chiama e lo si trova a Nyhavn vicino Christania. Lo si può raggiungere sia in bus traghetto che in bus normale. Una tappa è d’obbligo! Quello che sorprende di Copenaghen in autunno è che nonostante le ore di buio siano più lunghe la città non è grigia ma è comunque un’esplosione di colore e di vita che , seppur rallentata, scandisce le ore di luce.

64


Sono più miti le mattine e più scure diventano le noci e le bacche hanno un viso più rotondo. La rosa non è più nella città. L’acero indossa una sciarpa più gaia. La campagna una gonna scarlatta, Ed anch’io, per non essere antiquata, mi metterò un gioiello. (Emily Dickinson) Testi e foto a cura di Ida De Santo

65


66

Foto di Ida


Ritorniamo a scuola

a De Santo

67


Ritorniamo a scuola

La scuola scandinava

68

Ricordo con malinconia quei giorni che precedevano l’inizio della scuola. Un misto di emozioni contrastanti li accompagnavano: la voglia di rivedere i compagni di classe, la tristezza di lasciare gli amici del mare, l’angoscia del doversi alzare presto la mattina! Tutto iniziava con l’acquisto del diario che mi avrebbe accompagnata nelle lunghe mattinate scolastiche; compagno, confidente e complice delle mie giornate tra i banchi. Anche il clima mi faceva capire che mancava ormai poco. Ancora oggi, non so perché, ma quando arriva quel periodo ho le stesse emozioni anche se ormai quei giorni sono solo un piacevole ricordo. “Ogni mondo è paese”, recita il proverbio ma non sempre è così. Proviamo a scoprire come funziona la scuola nei nostri amati paesi nordici. Iniziamo con la Danimarca: L’anno scolastico inizia a metà agosto e finisce a giugno. La scuola superiore in Danimarca prevede diversi orientamenti, che vanno da un curriculum con un indirizzo generale (gymnasium) ad un indirizzo più orientato al professionale e al commerciale. Lo staff della scuola sceglierà per lo studente l’indirizzo più adeguato.


Un fiore all’occhiello nell’istruzione Danese è senza ombra di dubbio l’Ørestad Gymnasium di Copenaghen. Questa moderna scuola superiore è innovativa da tutti i punti di vista. Nasce da un progetto per dare un impulso concreto alla recente riforma della scuola secondaria in Danimarca e offrire servizi scolastici moderni all’utenza del territorio. Collocata in un’area nuova tra Copenaghen e l’aeroporto, fu edificata a partire dai primi anni del 2000, per farne un polo di sviluppo e traino culturale. Progettata per 715 studenti, attualmente ne ospita più di mille, la particolarità di questa scuola sta tutta negli spazi a disposizione degli studenti. L’edificio si compone di quattro livelli ed ha l’esterno ornato da lamelle colorate che filtrano la luce all’interno. La scala interna è il collegamento per i diversi livelli ma anche una «piazza verticale» per l’incontro degli studenti. La scuola è stata progettata con strutture e arredi mobili; al piano terra la mensa è uno spazio informale di incontro e la palestra diventa area multifunzionale. La scuola offre ambienti polifunzionali in cui gli studenti possono stare mattina e pomeriggio in continuità, lavorando in gruppi, rilassandosi di tanto in tanto su grandi cuscini e puff, partecipando ad eventi che coinvolgono l’intera comunità scolastica negli ambienti dell’agorà, usando le opportunità della scuola la sera o nel weekend. Infatti basta richiedere una tessera speciale ed anche la domenica è possibile lavorare su un particolare progetto, suonare, produrre video e utilizzare gli studi e l’attrezzatura della scuola.

69


La Danimarca è stata tra i primi paesi a integrare nella progettazione delle nuove scuole l’esigenza degli studenti di intervallare fasi di attività e studio con momenti di relax e movimento fisico. Attraverso la vista della panoramica dall’alto si comprende la continuità tra ambienti chiusi e aperti, tra ambienti formali ed informali, con il ruolo centrale della scala che diventa luogo di incontro e, perché no, anche un posto dove muoversi: il passamano, studiato per essere uno scivolo in tutta sicurezza, è qualcosa di geniale e semplice allo stesso tempo. Anche la luce naturale filtrata dal soffitto denota che nulla è lasciato al caso. Il concetto di una scuola che diventa luogo abitabile nella sua totalità, di condivisione sociale oltre che essere lo spazio dove studiare.

70


Passiamo alla Svezia: In Svezia c’è un sistema comprensivo in base al quale fino al compimento dei 16 anni tutti gli studenti seguono lo stesso identico percorso formativo. La scuola materna (Förskola) accoglie i bambini dall’età di 1 a 5 anni. La scuola pre-elementare (Förskoleklass) si frequenta a 6 anni. Dai 7 ai 16 anni c’è la scuola dell’obbligo (Grundskola), che prevede al suo interno 9 diversi livelli di studio. La scuola superiore, detta “Ginnasio” (Gymnasieskola), che dura 3 anni, è per i giovani che scelgono di proseguire gli studi, fino ai 19 anni. L’istruzione universitaria (Grundläggande högskoleutbildning ) ha una durata variabile dai 2 ai 5 anni. Nell’intero sistema scolastico non esiste la bocciatura. Tutti gli alunni passano alla classe successiva automaticamente. Nella scuola dell’obbligo fra la classe di prescuola e la classe 5 non si assegnano voti, mentre l’insegnante primario della classe sviluppa dei giudizi qualitativi che condivide in colloqui con i genitori e i bambini interessati. Nella classe 3, 6 e 9 si effettuano anche quelle che vengono chiamate ‘national prov’ (prova nazionale), che consistono in prove sviluppate dal Ministero dell’Istruzione e inviate a tutte le scuole per testare il livello di conoscenza degli allievi di fine ciclo. I voti vengono introdotti nella classe 6 e sono adattati al sistema europeo di A-B-C-D-E-F. I voti finali della classe 9 sono particolarmente importanti in quanto costituiscono la base di selezione per l’accesso a diversi ‘gymnasi’. Esistono diversi tipi di ‘gymnasi’, paragonabili alle nostre scuola superiori. Quello più prestigioso e considerato più difficile è il ginnasio di scienze naturali, seguito da quello di scienze sociali. Il voto finale del ginnasio è molto importante per l’accesso all’università. Quest’ultimo infatti avviene sulla base di una lista di preferenza dei corsi di studio e dell’università. I candidati vengono messi in lista sulla base di due possibili criteri: il risultato di una prova nazionale di cultura generale comune a tutte le facoltà, che si chiama ‘högskoleprov’ (prova dell’università) oppure la media finale del ginnasio. L’intero sistema educativo svedese, inclusa l’università, è gratuito, anche nelle scuole private. A prima vista il sistema scolastico svedese appare meno duro di quello italiano. Il carico di compiti e studio a casa è significativamente inferiore, non ci sono compiti durante le vacanze, non esiste la bocciatura e i voti vengono introdotti solo all’età di 13 anni. Ci sono tuttavia difficoltà che rendono questo sistema “crudele”. Per esempio, l’introduzione dei voti a 13 anni può essere scioccante per i ragazzi che non hanno mai

71


avuto voti prima e hanno sopravvalutato la propria prestazione. Inoltre, la selezione degli allievi per il ginnasio sulla base del voto finale della classe 9 e per l’università sulla base del voto finale del ginnasio rende il voto cruciale sin dai 16 anni di età e preclude possibilità di formazione e quindi di lavoro ai ragazzi con voti non eccellenti. Se per esempio un ragazzo esce dal ginnasio con una media B, è praticamente impossibile che diventi medico. Il risultato è una scuola che non riesce a livellare le differenze di classe sociali degli allievi. Quelli che vengono da una buona famiglia in cui si parla bene svedese e si dà importanza agli studi, hanno molta più probabilità di avere accesso a buona scuole superiori e universitarie. Gli immigrati, soprattutto quelli che abitano in periferia in zone quasi esclusivamente popolate da immigrati, hanno poche possibilità di ascesa sociale. Anche la Svezia, però, si è dimostrata innovativa nell’ambito scolastico creando, come la Danimarca, una scuola diversa dal solito. Stiamo parlando della scuola Vittra, una scuola senza aule cupe e orari rigidi. La filosofia di questi istituti è quella di lasciar liberi i propri studenti, tra i 6 e i 16 anni, in spazi sì, predisposti per lo studio, ma non predefiniti: salvo minime differenze strutturali, ogni scuola del Consorzio Vittra si compone di un’area centrale aperta da cui si diramano stanze laterali con pareti di grande vetri. Nelle scuole Vittra si entra senza scarpe e cappotti, da lasciare nei proprio armadietti all’ingresso. Il design è puramente svedese quindi essenziale, di grande impatto e soprattutto orientato all’eco-sostenibilità; pannelli solari, legno da coltivazioni intelligenti e numerose piccole accortezze eco-friendly sono d’obbligo.

72


Passiamo ad osservare cosa succede in Norvegia: Il sistema scolastico norvegese comprende una educazione scolastica obbligatoria di 10 anni, con inizio carriera a 6 anni. La scuola è pertanto obbligatoria sino al compimento del sedicesimo anno di età. Il sistema obbligatorio è diviso in 2 parti: -scuola elementare (Barneskole) dai 6 anni ai 13 anni (comprende 7 livelli) -scuola secondaria inferiore (Ungdomsskole) dai 13 anni sino ai 16 anni, che si concentra in particolare su studi di tipo accademico, in previsione soprattutto alla continuità agli studi. Il percorso di studi (non obbligatorio) continua con la scuola secondaria superiore (Videregående skole) che comprende studenti dai 16 ai 19 anni. Il terzo livello di educazione scolastica è quello universitario. Il sistema universitario dura in genere tre anni ed è suddiviso in vari livelli di studi, tra università e college universitari (Høgskole). L’anno scolastico norvegese inizia di solito a metà agosto e termina alla fine di giugno. Oltre alle vacanze estive, vi è una settimana di vacanza in autunno, due settimane a Natale, una settimana in febbraio ed una settimana a Pasqua. Tutta l’istruzione pubblica è gratuita fino al livello di istruzione secondaria superiore compreso. Quasi il 98,4% dei bambini delle elementari e delle medie inferiori ed il 96% delle medie superiori frequentano le scuole gestite dalle autorità locali. Le poche scuole private di denominazione religiosa o gestite da organizzazioni che rappresentano stili di vita specifici o approcci educativi alternativi ricevono sussidi finanziari dallo Stato su autorizzazione. Testi a cura di Ida De Santo Foto della scuola Vittra di Stoccolma: http://www.indire.it/quandolospazioinsegna/scuole/vittra/

73


Asili nel bosco

74

Amo da sempre l’autunno; i suoi colori, i suoi profumi... Se c’è un profumo che mi fa ricordare maggiormente l’autunno è quello delle matite colorate, quel misto di legno e cera che sa di buono, che sa di scuola. Beh in Danimarca e nei paesi nordici in generale accostare questo profumo alla scuola non sempre è scontato. Se deciderete di far frequentare ai vostri bimbi un asilo nel bosco il profumo di autunno che ricorderanno sarà sicuramente un altro. Di cosa stiamo parlando? Gli asili nel bosco sono una novità per gli italiani ma molto conosciuti ai danesi. Il primo asilo nel bosco fu fondato negli anni cinquanta del novecento da Ella Flauto, una mamma che decise di creare un piccolo asilo familiare in sostegno delle tante famiglie che vivevano in ristrettezze economiche. Per ovviare alla necessità di affittare locali

da destinare all'asilo decise di tenere i bambini all'aperto, portandoli ogni giorno a giocare nel parco. L’idea piacque a molti genitori del vicinato e diede origine ad un asilo nella natura. Skovbørnehaven si chiamano in lingua originale ma oggi sono maggiormente conosciuti con il termine tedesco Waldkindergarten. Si trovano nei boschi e sono destinati a bambini in età prescolare. La caratteristica principale e fondamentale è quella di vivere l’intera giornata, che solitamente va dalle 8 alle 16, all’aperto a contatto con la natura qualunque sia la stagione o le condizioni atmosferiche. Perché, come dice proprio un proverbio scandinavo, non esiste il brutto tempo ma solo i vestiti sbagliati, basta infatti vestire i bambini nel modo adeguato per lasciarli liberi di sentire la pioggia sui propri visini, i fiocchi di neve sulle manine o il vento tra i capelli. In caso


di forte maltempo, comunque, sono dotati di un piccolo rifugio (solitamente in legno) dove continuare la giornata scolastica. I bambini dai tre ai sei anni giocano insieme nella natura stando liberi di esplorare, giocare, toccare, scoprire, fantasticare... Un ramo secco può trasformarsi nella spada di un valoroso principe o nella bacchetta magica di una dolce fatina. Possono nuotare in mari di margherite o foglie secche, fare castelli di sassi e pigne; respirare la natura, toccarla con mano. Imparano il susseguirsi delle stagioni vedendo come muta il bosco intorno a loro, imparano a riconoscere il canto degli uccelli e le impronte degli animali. Non esistono regole tranne un paio: non allontanarsi troppo e non toccare

gli animali. Gli educatori, in rapporto 1 a 5, osservano i loro bambini ma li lasciano liberi di esplorare, di autodisciplinarsi, di socializzare. I bambini trovano spazio per essere bambini: correre, ridere, giocare, annusare, ascoltare. Usano tutti i loro sensi e soddisfano il loro bisogno di movimento. Questo li rende paradossalmente più calmi e meno aggressivi, migliora l’equilibrio interiore e a controbilanciare la vita frenetica, lo stress e la sovrabbondanza di giocattoli. Il bosco richiede iniziativa personale e stimola particolarmente la collaborazione: costruire una capanna insieme è più facile e più divertente!

75


I bambini avranno più fiducia in se stessi, saranno più sensibili alle relazioni, all’ecologia e al valore della natura nella vita. I risultati ottenuti sono di bambini che hanno buone capacità di concentrazione e autonomia a scuola, spiccata creatività e curiosità, minor aggressività ed impazienza e si ammaleranno anche di meno! In Italia, nel Lazio, da qualche anno è nato un asilo nel bosco proprio come quelli nordici! La strada è ancora lunga ma, la nascita in questi anni di tanti altri asili nel bosco e di corsi finalizzati all’apertura di

76

ulteriori sedi, farebbe ben sperare che anche nel bel paese le cose si stiano muovendo nel verso giusto. Sarebbe bellissimo se ogni città avesse il suo asilo nel bosco! Se è vero che da adulti facciamo tesoro di ciò che abbiamo conosciuto ed amato da bambini, a beneficiare di questi anni trascorsi nella e con la natura non saranno solo i bambini, ma la natura stessa, verso la quale essi, diventati adulti, continueranno a nutrire attenzione, rispetto e sensibilità. Testi e foto a cura di Ida De Santo


“Abbiamo la terra non in eredità dai genitori, ma in affitto dai figli!” (Proverbio indiano)

77


78

Foto di Ida


a De Santo

79


Un due tre… Hoppipolla!! di Marcella De Santo

80

Hoppípolla, Sigur Rós

Traduzione.

“Brosandi Hendumst í hringi Höldumst í hendur Allur heimurinn óskýr Nema þú stendur Rennblautur Allur rennvotur Engin gúmmístígvél Hlaupandi inn í okkur Vill springa út úr skel Vindurinn Og útilykt af hárinu þínu Eg lamdi eins fast og ég get Með nefinu mínu Hoppípolla I engum stígvélum Allur rennvotur (rennblautur) I engum stígvélum Og ég fæ blóðnasir En ég stend alltaf upp (Hopelandic) Og ég fæ blóðnasir Og ég stend alltaf upp (Hopelandic)”

“Sorridendo girando su se stessi tenendosi per mano il mondo intero in una macchia ma tu ci sei stabile Bagnato completamente inzuppato senza stivali di gomma correndo in noi stessi vogliamo uscire da una conchiglia Vento e il profumo dei tuoi capelli lo annuso più veloce che posso col mio naso Saltando nelle pozzanghere completamente inzuppato bagnato senza stivali E mi viene sangue dal naso ma io sono sempre preparato E mi viene sangue dal naso ma io sono sempre preparato”.


Cover del singolo Hoppipolla

81


Chi di voi ricorda l’ultima volta che ha saltato in una pozzanghera di fango? Quel senso di libertà misto a trasgressione, alle regole imposte dal bon ton “oddio no, non si fa!”. Esiste una parola islandese per descrivere tutte queste emozioni ed è hoppipolla. Il termine hoppipolla è una parola composta, formata dal verbo “hopa” (saltare) e il sostantivo “poll” (cioè pozzanghera). Hoppipolla è anche il titolo di un famoso singolo del 2005 dell’eclettico gruppo musicale islandese Sigur Rós - che nel testo interpreta e descrive il puro e semplice desiderio infantile del saltare nelle pozzanghere. Non è necessario conoscere la traduzione del brano per comprenderne la leggerezza e allegria che trasmette. I Sigur Rós sono una band islandese dalle innumerevoli note creative che riescono a fondere la leggerezza e l’emozione della musica, profonda e a tratti evanescente, con l’Islanda, conosciuta anche come terra del ghiaccio, famosa per i suoi spettacoli paesaggistici e naturali. Basti pensare che l’album Svigaplatanè racchiude nei testi l’utilizzo del vonlenska o speranzese, una sorta di lingua artificiale inventata dal gruppo stesso.

82

Foto dal web


Foto di Ida De Santo

Il video musicale di "Hoppípolla", diretto da Arni & Kinski, racconta la storia di due gruppi di amici ormai anziani, che non hanno intenzione di rinnegare il loro spirito fanciullesco. Durante il videoclip i due gruppi si incontrano in un cimitero considerato per loro come un parco divertimenti e incominciano a giocare alla guerra, armati di gavettoni e spade di legno, finché uno di questi non si ferisce cadendo (Og ég fæ blóðnasir En ég stend alltaf upp/ E mi viene sangue dal naso ma io sono sempre preparato). Gli avversari scappano impauriti, mentre gli altri celebrano la loro agognata vittoria. Un vero e proprio "Elogio alla follia", anziani fatui allegri e dissennati conquistano così l'eterna giovinezza. Sarebbe bello se hoppipolla non fosse solo una parola ma rappresentasse uno stile di vita dedito all’ottimismo, alla leggerezza e la fanciullezza. La pozzanghera in cui saltare rappresenta, se ci pensate, quello che resta di un temporale, il grigio interiore e poi quando tutto finisce un due tre … Hoppipolla!! Saltiamo finalmente liberi nel sereno. Link del video: https://www.youtube.com/watch?v=JAYb8ZyjzD0&feature=youtu.be

83


Tradizioni e cur

84

Foto di Ida


riositĂ Nordiche

a De Santo

85


Amanita muscaria nella mitologia scandinava

86

L’Amanita muscaria, conosciuta anche come l'ovolo malefico, è uno dei funghi velenosi più appariscenti del bosco e proprio per questo è spesso usato nelle illustrazioni delle fiabe. Il consumo di questo fungo causa l'insorgenza della cosiddetta sindrome panterinica, che prende il nome da un altro fungo appartenente alla stessa famiglia, Amanita pantherina. L'insorgenza di tale sindrome è dovuta alla presenza combinata di sostanze neuroattive nel fungo, come: l'acido ibotenico, il muscimolo e il muscazone. La sindrome è caratterizzata da manifestazioni come: disturbi gastrointestinali (non sempre manifesti), formicolio, delirio, allucinazioni visive e olfattive, depersonalizzazione, sensazione di sognare (stato onirico), depressione, talvolta agitazione psicomotoria e mania suicida quindi l’assunzione di questo fungo provoca una condizione solitamente contrassegnata da tiramenti, fremiti, leggere convulsioni, intorpidimento delle braccia, ed una sensazione di sollievo caratterizzata da felicità, un desiderio di cantare e ballare, visioni colorate, e macropsia (vedere le cose molto ingrandite). E l’inebriamento è spesso accompagnato da entusiasmo religioso.


L’Amanita muscaria cresce nelle regioni temperate dell’emisfero nord quindi nei paesi scandinavi è molto frequente. Proprio a tal proposito è molto probabile che tale fungo fosse molto conosciuto già dall’antichità. Sono state individuate, infatti, immagini di funghi nell'arte rupestre svedese, appartenente alla lunga Età del Bronzo scandinava, e numerose concentrazioni di arte rupestre norvegesi e danesi situate in vicinanza del mare. Un tipico elemento artistico di queste incisioni è rappresentato da una nave, simbolo del viaggio intrapreso dal sole per tornare a est, dopo aver percorso l'arco diurno al traino di cavalli, e anche simbolo del viaggio nell'aldilà intrapreso dai defunti. Al suo interno si possono trovare figure antropomorfe, alberi, lance, croci, animali stilizzati. Secondo R.W. Kaplan, alcune delle immagini interpretate generalmente come alberi o come lance sono in realtà forme stilizzate di funghi, della specie Amanita muscaria. Più recentemente, sono state evidenziate forme e stilizzazioni fungine nelle cosiddette pietre runiche dell’isola di Gotland, a sud della Svezia. Si tratta di centinaia di pietre di calcare con funzione commemorativa, prodotte a partire dal V secolo d.C. e associate al culto di Odino. A tal proposito, di seguito vi spiegherò come Odino possa essere paragonato all’Amanita muscaria. Odino è la principale divinità̀ delle popolazioni nordiche indoeuropee, è il dio della guerra, della sapienza e della conoscenza segreta, ma Odino è solo uno dei due o trecento nomi usati per indicare questo dio; altri epiteti sono Ygg = uovo, Jalk = gioventù, Sidhot = cappello, e Sidskeg = barba lunga. Questi nomi sono coerenti con il ciclo vitale dell’Amanita muscaria, che inizialmente si presenta come un cappello (il corpo fruttifero del fungo) chiuso e a forma emisferica, poi una volta matura si apre assumendo la classica

Rilievi di incisioni rupestri da Aby, Bohuslän, Svezia

87


forma a cappello che tutti conosciamo, per poi, infine, dare luogo alla lunga barba del micelio. Odino è anche il dio da un solo occhio, visto che ha donato un occhio alla fonte di Mimir per bere un sorso dalla fonte della Saggezza; e se si rimuove il cappello dal gambo di un fungo e si guarda la parte inferiore del cappello si vedrà̀ questi che appare come un unico occhio gigante. Infatti un ricorrente grafema monocolo dell’arte rupestre del Bohuslän (Svezia) è stato interpretato come una stilizzazione dell’Amanita muscaria. Altro collegamento con Odino si ha anche per la pratica di essiccazione, infatti sappiamo che l’Amanita muscaria fresca deve essere seccata prima del consumo, visto che l’acido ibotenico si trasforma mediante essiccazione in muscimolo, farmacologicamente almeno cinque volte più̀ attivo, e principale responsabile degli effetti psicoattivi dell’Amanita muscaria. Anche Odino, per apprendere l’arte delle rune e della divinazione, rimase appeso a un albero – l’Yggdrasill – per nove giorni e nove notti. L’Amanita muscaria cresce ai piedi delle betulle, ma anche sotto abeti rossi e sotto

Il dio Odino in trono con in mano la lancia Gungnir insieme ai lupi Geri e Freki e i corvi Huginn e Muninn. Illustrazione del libro “Walhall” di Felix e Therese Dahn, 1888.

altre conifere come i pini, alberi che da sempre vengono ritenuti sacri nei miti nordici. Nell’Edda (la raccolta poetica che narra i miti secondo la tradizione vichinga) l’albero cosmico di Yggdrasil, viene comunemente tradotto come “cavallo di Odino” o “Cavallo del selvaggio” ad indicare la componente di furore del padre degli Dei nordici (ed è noto che l’inebriamento da Amanita muscaria produce la sensazione di possedere una forza

88


ed energia fuori dal comune). Nella Voluspà (un poema dell’Edda) la profetessa dice: “Io so che esiste un albero di frassino chiamato Yggdrasil, un albero alto, bagnato di bianca brina; di là derivano le rugiade che cadono nelle valli, e sempre verde sta presso le fonti del Destino”. Analizzando questo è facile collegare l’albero cosmico all’Amanita muscaria, e anzi ci si può̀ azzardare ad affermare che l’albero sia il fungo stesso che vive in simbiosi con lo Yggdrasil; la “bianca brina” potrebbero benissimo essere le verruche bianche del fungo! Altra curiosità si trova nello Havamal (una delle composizioni dell’Edda). Lo Yggdrasil viene spesso chiamato “Laerathr”, la cui traduzione è “provocatore di danno” o anche “radice del danno” aggettivo un po’ strano per un albero, ma molto meno per un fungo velenoso! Infine, numerosi studiosi sostengono che i guerrieri vichinghi Berserker (sacri ad Odino) facessero uso di Amanita muscaria prima di prendere parte ad una battaglia, e secondo il mito era proprio Odino ad indurre lo stato d’estasi chiamato “Furor” nei membri di questa confraternita militare nordica. Testi e foto a cura di Ida De Santo

89


I Berserkr: guerrieri sotto effetto di droghe o uomini malati?

Erano feroci guerrieri scandinavi che rappresentavano élite dell’esercito vichingo ed erano fedeli al dio Odino. L’etimologia della parola è incerta, se vogliamo considerare un’etimologia puramente norrena, la parola significherebbe “quelli vestiti con pelli d’orso”. Infatti in tempi antichi era costume dei guerrieri vestirsi di pellicce di animali come orsi, lupi e renne. Sembra che i berserkir facessero parte di sette religiose o società di guerrieri. Alcune saghe parlano di gruppi di berserkir con dodici membri dove coloro che desideravano entrare a farne parte dovevano sostenere un combattimento (rituale o reale). Alcuni berserkr cambiavano i loro nomi in björn o biorn, come riferimento all’orso. Il soprannome che adottavano e la loro inaudita ferocia in battaglia generò infatti una leggenda secondo la quale essi si trasformavano letteralmente in enormi orsi durante la battaglia e si diceva che non potessero essere sconfitti, in quanto insensibili al dolore e alla paura, senza ricorrere all’asportazione di parti vitali, quali cuore o testa. Molte saghe descrivono i berserkir come assassini, ladri, saccheggiatori. Prima della

90


battaglia entravano in uno stato mentale di furia, detto berserksgangr, che li rendeva particolarmente feroci e insensibili al dolore. Le fonti nordiche descrivono spesso la condizione della berserksgangr con espressioni che al lettore moderno suggeriscono l’idea di uno stato di trance, e che non hanno mancato di suscitare tentativi di interpretazione di tipo psicologico o neurologico. La “furia dei berserkir” poteva giungere in un qualunque momento della quotidianità. Incominciava con un tremolio, il battere dei denti e una sensazione di freddo nel corpo. La faccia si gonfiava e cambiava colore. Seguiva una grande rabbia e il desiderio di assalire il prossimo. Quando la rabbia si esauriva, il berserker risultava stremato e questa condizione poteva protrarsi per giorni. Secondo le saghe, molti dei loro nemici ne approfittavano per ucciderli in questi momenti di debolezza. Secondo il professore statunitense Jesse L. Byock, tale furore potrebbe anche essere stata causata dalla malattia ossea di Paget. La crescita incontrollata delle ossa del cranio poteva causare una pressione dolorosa sulla testa. Altre possibilità sono epilessia e isteria. Altri studi hanno ipotizzato che i temuti Berserker vichinghi si eccitassero con un infuso di funghi allucinogeni del tipo Amanita muscaria. Questa bevanda, una volta ingerita, causava, allucinazioni, bava alla bocca, insensibilità al dolore e stati acuti d’ira.

91


L’utilizzo di quest’infuso e il vestiario rendeva il guerriero berserkr un mostro agli occhi del nemico. Ultimamente sulla scia degli studi di Luigi Luca Cavalli Sforza nella ricostruzione ‘storica’ del genoma umano, sono stati individuati tra Norvegia e Svezia tracce di una deriva genetica avvenuta nel passaggio alle culture del Neolitico, che sarebbe all’origine della malattia rara conosciuta come Porfiria. La malattia, nel Medioevo, era nota come ‘licantropia’ ed ha un profilo sintomatologico acuto particolarmente aderente alla berserksganga, come anche la descrizione leggendaria richiama la testa d’orso o di lupo che i Bersekir usavano come copricapo distintivo. La porfiria sarebbe dovuta al lungo isolamento e all’adattamento in regioni scarsamente soleggiate, prive di vegetazione e di cibi zuccherini, con un’alimentazione a base di sangue e latte di renna, in un territorio ostile, privo di riferimenti e popolato da predatori competitivi, come l’orso e il lupo. Se i risultati della ricerca genetica verranno confermati dalla ricerca archeologica, è probabile, in base alle tattiche e alle modalità di combattimento che i Bersekir fossero portatori di porfiria. Testi a cura di Ida De Santo Foto dalla serie tv “Viking”

92


93


Signe Aspelin e i suoi funghetti

Avete mai sentito, andando per boschi, quell’inconfondibile profumo di muschio misto a funghi? A me è successo spesso e mi ricorda la mia infanzia, quando con mamma, papà e sorellina andavamo alla ricerca di funghi in montagna. Che gioia era saltellare nelle foglie secche, che festa ogni fungo trovato! Ricordo quei momenti alla perfezione e se chiudo gli occhi sento ancora quei profumi di bosco... I boschi in Svezia sono, a seconda delle annate, molto generosi di funghi. A volte ce ne sono talmente tanti che è sufficiente fare una breve passeggiata per ottenere un raccolto di tutto rispetto. Sicuramente Signe Aspelin ne vide talmente tanti da bambina che, una volta diventata adulta li volle illustrare. Ci sono poche notizie su questa bravissima illustratrice di libri per bambini. Sappiamo che nacque nel 1881, visse a Stoccolma lavorando come insegnante e non si sposò mai fino alla morte avvenuta nel 1961. Scrisse e illustrò numerosi libri per bambini prediligendo la tecnica dell’acquarello. Uno dei suoi libri più famosi, scritto ed illustrato da Signe nel 1909 è “Småttingarnas

94

svampbok. Bilder med rim” (Il libro di funghi per bambini. Immagini con rime). Le sue illustrazioni furono usate per diverse raccolte tra cui “Min skattkammare” (10 volumi), collana di gran successo in Svezia negli anni 50/60. Inoltre, l’editore Axel Eliasson usò molti dei suoi lavori per illustrare cartoline augurali.


95


llustrazione di Signe Aspelin, “CHAMPINJON”

Ecco alcune delle filastrocche contenute nel libro dei funghi:

CHAMPINJON Här får du se Kung Champinjon så trind och rund och glad. Han lämnat för en stund sin tron och går på promenad. De små prinsessorna gå med och har sin mops i band. Se, mopsen stretar av på sned och lyder ej ett grand. Kung Champinjon på ängen har små vackra vita slott, men får ej längre ha dem kvar, de smaka ju så gott. Men Kungen aldrig ledsen är, om än hans hus man tar. Han bygger utan stort bervär ett nytt på några dar.

96

Qui puoi vedere il Re Champinjon così grassottello, rotondo e felice. Ha lasciato poco fa il suo trono e fa ora una passeggiata. Le piccole principesse lo accompagnano e portano il loro animale al guinzaglio. Guarda, tira di traverso e non obbedisce affatto. Il Re Champinjon nella radura possiede dei piccoli e graziosi castelli, ma non può tenerli, hanno un gusto così buono. Ma il Re non è mai triste, anche se qualcuno prende la sua casa. Senza grandi difficoltà ne costruisce una nuova in pochi giorni.


Illustrazione di Signe Aspelin “FLUGSVAMP”

FLUGSVAMP När vädret är vackert och soligt Har målare Flugsvamp så roligt. Han målar båd’soffor och stolar, och gumman gör mössor och kjolar. Men aldrig på Flugsvampsmor lita! Ibland klär hon småbarnen vita. Då likna de lätt Champignoner Till storlek och färg och fasoner. Just därför kom mången i fara För flugsvampars giftiga skara.

Quando il tempo è bello e soleggiato il pittore Amanita si diverte tanto. Dipinge sia poltrone che sedie, e la moglie fa cappellini e gonnelline. Ma non fidatevi mai della mamma Amanita! A volte veste i bimbi di bianco. Allora assomigliano con facilità ai Champignon quanto a dimensione, colore e sembianze. Proprio per questo molti sono stati in pericolo per la velenosa schiera della amanite. Testi a cura di Ida De Santo

97


Ecologia

98


Foto di Francesca Lentis

99


Ecologia I politici danesi e l’alimentazione vegana

100

La Danimarca, si sa, è da sempre ai primi posti per la lotta contro il riscaldamento globale per la salvaguardia del nostro pianeta, per questo non sono rimasta particolarmente sorpresa dalla notizia che, alcuni parlamentari abbiano deciso di agire, non solo a livello politico ma anche personale, seguendo un’alimentazione vegana per 22 giorni, in modo da sensibilizzare maggiormente l’opinione pubblica. I politici di Alternativa e Alleanza rosso-verde hanno quindi deciso di affrontare questo percorso, anche se per un breve periodo. Non salveranno sicuramente il mondo in 22 giorni, ma questa è una buona occasione per mettere in evidenza la correlazione tra alimentazione e i cambiamenti climatici, oltre alla sofferenza a cui gli animali sono sottoposti.


Tempo fa era stata anche proposta una tassa sulla carne dal Danish Council of Ethics, a causa dei suoi ingenti costi ambientali. Non tutti sono al corrente che oltre il 50% delle principali cause dei cambiamenti climatici è dovuto dalle emissioni di gas serra degli allevamenti intensivi, mentre il 30% dell’acqua della Terra viene utilizzato dalle industrie che producono latticini. Un’iniziativa comunque lodevole da cui prendere esempio. Nel resto del mondo altri esponenti politici sono passati ad un’alimentazione vegana sia per motivi di salute che etici, come per esempio l’ex presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, l’ex vice presidente e premio Nobel Al Gore e l’ex governatore della California

Arnold Schwarzenegger. L’Italia? Sempre all’ultimo posto. Anche se gli italiani, in questi ultimi anni, abbiano ridotto considerevolmente il consumo di carne, se ne consuma sempre il triplo di quanto viene consigliato per la prevenzione contro il cancro. Per alcuni il cambiamento può essere complicato, perchè si ha difficoltà ad organizzare i pasti. Per questo ho pensato di proporvi, per il prossimo numero di Nordlys, una settimana intera completamente vegana con menù giornalieri e ricette. Vi aspetto! Testi e foto a cura di Francesca Lentis

101


102

Foto di Francesca Lentis


Agricoltura 103


Agricoltura

Le mele

Uno dei frutti maggiormente coltivato in Danimarca è la mela. Dolci, croccanti e succose sono appartenenti alla famiglia delle rosacee, il suo frutto viene chiamato pomo e le dimensioni e la colorazione possono variare dal verde, al rosso e al giallo. Infatti le varietà sono tantissime e vengono suddivise in quattro gruppi: Gala, Jonagold, Stayman e Fuji. In Europa i meli vennero portati dai greci e dai romani e nel Medioevo nei conventi

104

venivano custodite le conoscenze per la loro coltivazione. La concimazione è una parte essenziale per la coltivazione del melo. Un'abbondante dose di sostanza organica sotto forma di letame o compost è fondamentale nella messa a dimora della pianta per la preparazione del terreno. Anche la potatura copre una parte importante per una sana crescita della pianta e per un abbondante raccolto.


La potatura a forma di cono, quasi a ricordare un albero di Natale, viene chiamata a fusetto e consiste nel lasciare un solo asse verticale dal quale si diramano gli altri rami da cui nasceranno i frutti. Il melo ha anni di carica con produzioni abbondanti e anni di scarica con scarse produzioni. Per avere produzioni più regolari è importante effettuare una potatura contenuta negli anni in cui si prevede una minore quantità di frutti e viceversa quando

la quantità di gemme a fiore è maggiore. Ogni anno, da Agosto a Novembre, viene ricercato personale per la raccolta. Se siete interessati a questa esperienza trovate informazioni nel sito internet PickingJobs. Questo lavoro stagionale è rivolto ad entrambi i sessi ed i requisiti richiesti sono la conoscenza della lingua inglese e l'esperienza nel settore agricolo. Testi e foto a cura di Francesca Lentis

105


106

Foto di Franc


cesca Lentis

Ricette vegane

107


Ricette vegane con i funghi Uno dei passatempi più popolari in Finlandia è quello della raccolta dei funghi. Ritrovarsi immersi nelle incantevoli foreste di questi luoghi è anche un modo per ritrovare il contatto con la natura, in totale relax, respirando un’aria che ci permette di

farsi accompagnare da chi è esperto in materia. I funghi, in particolar modo i porcini, si prestano facilmente alla preparazione di ricette vegane. Qui di seguito ve ne propongo alcune tra

rigenerarci. le mie preferite che vi consiglio vivamente Non tutti riconoscono i funghi commestibili di provare. da quelli velenosi, quindi è sempre meglio

Crespelle con ricotta e funghi

108


Ingredienti e procedimento per la ricotta di soia 1 l di bevanda vegetale di soia 4 cucchiai di aceto di mele o 4 cucchiai di succo di limone Portate ad ebollizione la bevanda di soia e versate velocemente l’aceto o il succo di limone. Si formeranno i fiocchi, quindi versate in un colino o in una forma per ricotta aiutandovi con un mestolo forato in modo da non raccogliere anche il liquido. Se utilizzate l’aceto sciacquate con l’acqua corrente e lasciate scolare per un giorno intero in frigorifero. Ora la ricotta di soia è pronta per essere utilizzata come meglio credete. Ingredienti e procedimento per le crespelle 200 gr di farina 0 300 ml di bevanda alla soia sale qb 1 cucchiaio d’olio extravergine d’oliva Lavorate la farina con la bevanda di soia e il sale ottenendo un composto liscio senza grumi. Ungete una padella con l’olio e versate il composto con un mestolo spargendo sino ai bordi. Lasciate cuocere a fiamma bassa per un paio di minuti da entrambi i lati. Ingredienti e procedimento per i funghi 200 gr di funghi freschi misti 1 spicchio d’aglio 1 mazzetto di prezzemolo 1 cucchiaio d’olio extravergine d’oliva sale qb pepe qb

109


Tritate finemente i funghi, l’aglio e il prezzemolo. In una padella rosolate per 10 minuti i funghi, l’aglio e il prezzemolo con l’olio. Terminata la cottura aggiustate di sale e pepe. Ora siete pronti per farcire le crespelle. In una ciotola, con l’aiuto di una forchetta, schiacciate la ricotta e mescolate con i funghi trifolati.

110


Farcite le crespelle con questo composto e chiudetele a fagottino chiudendo con del porro tagliato a strisce o con dell’erba cipollina. Testi e foto a cura di Francesca Lentis

111


Zuppa di funghi porcini e patate

Ingredienti 300 gr di funghi porcini 500 gr di patate 500 ml di brodo vegetale 250 ml di panna di soia 20 ml d’olio extravergine d’oliva 1 porro 1 spicchio d’aglio 1 mazzetto di prezzemolo sale qb

112


Procedimento Pelate le patate e tagliatele a cubetti. Tagliate i funghi porcini in quattro parti. Affettate il porro e tritate finemente l’aglio. Scaldate l’olio in una pentola e rosolate il porro e l’aglio. Ora aggiungete i funghi e proseguite la cottura per 5 minuti. Se occorre aggiungete del brodo vegetale. Aggiungete le patate e coprite con il brodo. Continuate la cottura per 20 minuti. Versate la panna di soia 5 minuti prima della fine della cottura. Aggiustate di sale. Ora con un frullatore ad immersione emulsionate il tutto fino ad ottenere una crema. Aggiungete il prezzemolo tritato. Servite caldo con crostini di pane nero e un filo d’olio a crudo. Testi e foto a cura di Francesca Lentis

113


Bocconcini di soia con i funghi Ingredienti

400 gr di bocconcini di soia reidratati 200 gr di funghi misti 1 cipollina fresca 1 spicchio d’aglio 1 mazzetto di prezzemolo 1 cucchiaio d’olio extravergine d’oliva sale qb

114


Procedimento In una padella rosolate con l’olio la cipollina tagliata a rondelle e l’aglio tritato. Aggiungete i funghi tagliati a fette, i bocconcini di soia e il prezzemolo tritato. Cuocete per circa 20 minuti aggiungendo quando occorre dell’acqua o del brodo vegetale. Aggiustate di sale e servite. Testi e foto a cura di Francesca Lentis

115


Handmade 116


Foto di Francesca Lentis

117


Hand made with l ov e

Candele a tema autunnale

Con l’arrivo dell’autunno tutto intorno a noi assume un aspetto di calma e di pace, come se dovessimo prenderci una pausa dalla vita frenetica di tutti i giorni. L’arrivo delle piogge e del freddo allenta le nostre corse quotidiane e ci costringe

118

piacevolmente a trascorrere più tempo in casa. Accocolati in una coperta, accompagnati dalla gradevole lettura di un libro e dalla luce soffusa di romantiche candele. Anche il vostro arredamento può cambiarsi


d’abito in questo periodo dell’anno, rendendo la vostra abitazione più intima e dal sapore autunnale. Realizzate una ghirlanda di fiori essicati da appendere alla porta d’ingresso, un centrotavola con rami secchi intrecciati e frutti autunnali, sostituite i cuscini del divano con altri dai colori come il giallo, l’arancio e il verde e realizzate candele da posizionare in un angolo strategico o sul camino. Per realizzare delle candele dal sapore autunnale vi occorreranno foglie e fiori secchi, dei vasetti di vetro, fette di agrumi essiccati, noci e nocciole, granturco, dello spago, candele e tanta fantasia. Riempite i bicchieri con la frutta secca, incollate le foglie nell’esterno dei vasetti,

avvolgete con dello spago e accendete le candele all’interno. Semplici mosse per un risultato assicurato. Un’idea che sarà di grande effetto e renderà l’atmosfera magica è quella di riempire una ciotola di vetro con dell’acqua, rametti secchi e foglie e posizionarvi le candele in modo che galleggino nell’acqua. Più candele aggiungerete e più gradevole sarà l’effetto. Ed ora cosa aspettate a preparare la vostra casa all’arrivo della nuova stagione? Io ho già un libro e una tazza di tè fumante che mi aspettano. Testi e foto a cura di Francesca Lentis

119


120


Riciclo creativo

Foto di Francesca Lentis

121


Riciclo creativo

Cassette della frutta

In casa mia non si butta via niente, ogni oggetto deve essere riciclato e come non farmi allettare dall’idea di riciclare le cassette di legno della frutta? Facili da riutilizzare e trasformare in originali complementi d’arredo: vassoi per la colazione, contenitori portaoggetti, mobiletti di vario genere e fioriere. Iniziate selezionando le cassette che non siano particolarmente danneggiate e che siano robuste soprattutto se dovete

122

utilizzarle per creare dei mobiletti. Utilizzate un foglio di carta vetrata per levigare ed eliminare eventuali schegge, in modo da rendere le superfici più sicure e facili alla pittura. Ora verniciate con colori che più si addicono al vostro arredamento. Sia che usiate l’oggetto realizzato per l’esterno o l’interno della vostra casa, vi consiglio comunque di utilizzare una vernice di finitura flatting, quindi resistente


all’acqua. Il vostro oggetto durerà nel tempo senza la necessità di ritoccarlo di frequente. Io ho pensato di dare un tocco romantico al mio bagno realizzando un mobiletto per gli asgiugamani e dei piccoli vassoi portaoggetti. Pizzi all’uncinetto, nastri colorati, cuori di legno, colla e cordincini è tutto ciò che vi occorre.

Tempo fa realizzai un vassoio per la colazione che utilizziamo spesso la domenica quando abbiamo il tempo per regalarci una coccola in più facendo la colazione a letto. Ora che aspettate a recarvi al mercato ortofrutticolo e selezionare le cassette di legno per creare e dare un tocco nuovo alla vostra casa? Testi e foto a cura di Francesca Lentis

123


Piccolo spaz

124


zio pubblicitĂ

125


Francesca Dani photographer “La fotografia è un difficile lavoro che attinge nell'anima più profonda della persona."

Francesca Dani, workshop e tour fotografici Francesca Dani, nata a Firenze, lavora per 13 anni come modella e cosplayer. Nel 2011 inizia a viaggiare per il mondo in cerca della sua libertà e raccoglie una serie di fotografie di viaggio. La sua specializzazione sono le fotografie notturne. Ora è una fotografa professionista full time e per circa 6 mesi l’anno viaggia tra la Lapponia, la Norvegia e Chernobyl in Ucraina, organizzando viaggi con corsi di fotografia, workshop e incontri specializzati sul fenomeno dell’aurora boreale. “La mia missione è quella di far comprendere quale piccolo posto occupa l’essere umano in questo Universo e la sua infinita piccolezza rispetto alla natura terrena e ultraterrena che lo circonda. Nelle mie foto, del resto, vi sono minuscole e anonime

126


forme umane in grandi spazi vuoti, giusto per rimarcare quale piccolo posto gli esseri umani occupano rispetto all’ infinita grandezza dell’Universo.”

Se volete partecipare ad uno dei tanti tours organizzati da Francesca Dani trovate maggiori informazioni sul sito: http://www.francescadani.com/Tours-Workshop Contatti Sito web: http://www.francescadani.com Pagina facebook: https://www.facebook.com/FrancescaDaniRTW/

127


128


Sogni di stoffa di Anna Brunella

129


130

Nordlys Magazine


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.